I dischi Carbon-Ti? L’efficienza in primis, poi il valore alla bilancia

14.03.2025
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I dischi Carbon-Ti sono leggeri. Eppure il valore alla bilancia non è il soggetto principale di questi componenti di altissima caratura tecnica, fattura, qualità complessiva. Il prezzo è di quelli importanti (220 euro per disco a prescindere dal diametro).

Efficienza aumentata della frenata in diverse condizioni. Sicurezza e tanta affidabilità, questi a nostro parere sono i principali fattori da considerare, ai quali si uniscono anche gratificazione personale e voglia di usare un componente da F1 della bici. Non ci siamo fermati al solo test, abbiamo chiesto a Marco Monticone, Product Manager di Carbon-Ti, di argomentare il componente nel dettaglio.

Una volta montato è un valore aggiunto alla bici
Una volta montato è un valore aggiunto alla bici

Una produzione di “nicchia” da oltre 20 anni

Carbon-Ti produce freni a disco fin da quando esiste l’azienda, da circa 20 anni. Inizialmente sono stati sviluppati per la mtb, con l’arrivo dei dischi anche nel settore strada i consensi hanno dilagato anche in ambito road.

Fedele all’utilizzo di materiali di elevata caratura tecnica ed alla precisione delle lavorazioni, Carbon-Ti produce dischi unici nel loro genere, per prestazioni, leggerezza e combinazioni dei diversi materiali. I dischi SteelCarbon 3 sono l’esempio lampante.

Disco, anello di battuta in titanio, adattatore CenterLock e ghiera
Disco, anello di battuta in titanio, adattatore CenterLock e ghiera
Marco Monticone, quanto tempo è necessario per produrre un singolo disco?

I dischi sono completamente progettati e prodotti in Italia. Carbon-Ti si occupa dalla progettazione alla manifattura, assemblaggio e distribuzione. Il processo produttivo per realizzare un disco richiede almeno una settimana. I dischi sono oggetto di lavorazioni molto sofisticate ed i materiali sono di altissima qualità.

Lavorazioni molto sofisticate?

La realizzazione della pista frenante in acciaio prevede tempra, taglio laser, rettifica e fresatura cnc. Il ragno in carbonio è tagliato con la tecnica waterjet e poi fresato cnc. Ogni singolo rivetto in titanio è prima tornito e poi trattato al laser. Ovviamente c’è l’assemblaggio.

Un rotore Carbon-Ti X-Rotor SteelCarbon 3 è più resistente rispetto ad un classico disco di alta gamma, pari categoria?

E’ certamente super resistente, ma la pista frenante in acciaio speciale di un disco Carbon-Ti offre dei vantaggi. Ad esempio può essere oggetto di un rebuild. Significa che si può sostituire insieme ai rivetti quando la vecchia inizia ad avere uno spessore ridotto che non garantisce più performance ottimali e sicurezza. E’ un servizio che offriamo ai clienti europei.

E’ quantificabile la durata di un disco?

E’ difficile. Inoltre la durata non dipende solo dal disco, ma anche da come si frena. Un esempio: quando si affrontano lunghe discese e si ha l’abitudine di pinzare per lunghi periodi, il rischio di vetrificare le pastiglie è più che reale. Questo mette in crisi la qualità della frenata nell’immediato ed accelera in modo esponenziale l’usura della pista frenante.

Le pastiglie organiche usate per il test
Le pastiglie organiche usate per il test
Ci sono delle pastiglie dedicate?

Non ci sono pastiglie specifiche. La pista frenante in acciaio permette di usare qualsiasi pastiglia, ma volendo massimizzare le prestazioni e la longevità, il consiglio è di usare pastiglie organiche (durante il test abbiamo usato le organiche Braking, ndr). Generano meno rumore e riducono l’usura del disco. In generale offrono una migliore resa tecnica. Le pastiglie originali degli impianti di alta gamma si adattano perfettamente ai dischi in acciaio Carbon-Ti. Alcune tipologie di pastiglie aftermarket arricchite con particelle ceramiche, sicuramente longeve, potrebbero accelerare l’usura della pista frenante, in quanto sono molto aggressive.

Che temperatura può raggiungere una pista frenante in acciaio?

Alcune centinaia di gradi, ma più che la cifra è necessario comprendere la causa del surriscaldamento. Uno dei fattori che influisce maggiormente è la durata della frenata, talvolta più della velocità e della potenza applicata. Uno dei vantaggi dei nostri dischi, in fatto di affidabilità, contenimento dell’ascesa della temperatura e deformazione, è la struttura in carbonio del supporto che svincola termicamente la pista dal resto del disco. Il disco è più stabile e la deformazione è contenuta.

Tra i rivetti c’è dello spazio per assecondare l’eventuale dilatazione dell’acciaio
Tra i rivetti c’è dello spazio per assecondare l’eventuale dilatazione dell’acciaio
Surriscaldamento contenuto, significa riduzione della manutenzione?

Il contenimento della temperatura di esercizio può effettivamente prolungare gli intervalli di manutenzione. Di sicuro limitare il surriscaldamento del fluido riduce il degrado dello stesso olio presente nell’impianto, tenuta migliore delle guarnizioni.

I dischi dei freni necessitano di rodaggio?

Il rodaggio è fondamentale. Noi raccomandiamo di evitare il surriscaldamento del disco nelle primissime fasi di utilizzo, eseguendo una ventina di frenate su asfalto ad una velocità di circa 25 chilometri orari, fino al completo arresto della bici. E’ bene sottolineare che le prestazioni ottimali di un disco, tipo SteelCarbon 3, si ottengono dopo alcune centinaia di chilometri. E’ interessante sottolineare che i team dei professionisti rodano abitualmente i dischi e le pastiglie in vista delle competizioni. Chi con macchinari appositi chi nelle fasi di training eseguite nei periodi antecedenti alle gare.

Le altre considerazioni

Un impianto di altissima gamma (abbiamo usato i dischi con le pinze Dura Ace e Sram Red) migliora ulteriormente le sue performance, in particolar modo quando è messo sotto stress. Ci riferiamo alle discese lunghe e tortuose, quando si può fare la differenza pinzando all’ultimo istante (prima dell’ingresso in curva/tornante) e senza dover “pelare” il disco per preparare la frenata. I dischi Carbon-Ti sono pronti all’istante.

Quando è necessario allungare il lasso di tempo delle pinzate i dischi rimangono perfettamente dritti, non si storcono e non sfiorano le pastiglie (si evita quel fastidioso rumore). Questa argomentazione però, fa riferimento ad un aspetto ben più importante legato alla dissipazione ottimale del calore, che rende tutto l’impianto più efficiente, più a lungo. In ogni situazione, anche alle basse andature e quando piove, è lampante un’aggressività maggiore della frenata, con le pastiglie che sembrano mordere la pista frenante. Non si tratta di una frenata rumorosa, ma di una sorta di azione che tanto mantiene la modulabilità (ed è così anche sotto il profilo del feeling immediato), tanto infonde sicurezza/certezza ogni volta che le mani sfiorano le leve dei freni.

Carbon-Ti

Formula Cura Road, le nuove pinze da strada 

04.02.2025
3 min
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Formula – distribuito in Italia da Ciclo Promo Components – è da quasi 40 anni un punto di riferimento per gli (esigenti) impianti frenanti del mondo mtb. Ora il brand italiano fa il suo ingresso anche nel ciclismo su strada con le pinze Cura Road. Esse partono dal collaudato modello offroad Cura e vogliono portare lo stesso livello di potenza di frenata, sicurezza e controllo anche tra le gomme “più magre”.

Con le pinze Cura Road Formula fa il suo ingresso nel ciclismo su strada (e nel gravel)
Con le pinze Cura Road Formula fa il suo ingresso nel ciclismo su strada (e nel gravel)

Per Shimano, Sram e Campagnolo

Le Cura Road nascono come possibile upgrade per i sistemi frenanti Shimano, Sram e Campagnolo. Se per i primi due però Formula ha prodotto delle pinze compatibili dedicate, per utilizzarle con Campagnolo è necessario acquistare un kit di raccordo venduto separatamente.

Quale che sia la scelta, le Cura Road sono comunque un prodotto di alta qualità, con un design a doppio pistone, un’elegante finitura in nero lucido e dettagli molto ricercati, come vedremo nel prossimo paragrafo.

La leggerezza è garantita dalla viteria in titanio
La leggerezza è garantita dalla viteria in titanio

Leggerezza e potenza

Nel ciclismo su strada si sa, il peso conta moltissimo, per questo il punto di forza di queste pinze è sicuramente la leggerezza. Per fare un esempio la Cura Road per Shimano pesa 105 grammi, mentre quella Dura-Ace 110 grammi. Una differenza minima, certo, ma in un mondo sempre più esasperato in cui si lotta per ogni grammo, è comunque un risultato notevole.

Formula ci è arrivata introducendo nella costruzione la viteria in un metallo nobile come il titanio, e  scegliendo delle pastiglie freno con piastra posteriore in lega di Ergal. Il tutto, naturalmente, senza sacrificare la potenza e la precisione di frenata tipiche dell’azienda.

Le pinze sono compatibili con i dischi Shimano, Sram e Campagnolo
Le pinze sono compatibili con i dischi Shimano, Sram e Campagnolo

Garanzie e prezzi

Il fatto che Formula sia certa della qualità del lavoro fatto sulle pinze è testimoniato dalla “Promessa di Supporto di 10 anni” con il quale l’azienda si impegna a fornire parti di ricambio, accessori e supporto per 10 anni dall’uscita del prodotto.

Inoltre – dettaglio molto interessante in un mercato molto mobile come quello delle bici – sono coperte da una garanzia trasferibile di due anni. Significa che la garanzia sarà valida anche sul prodotto usato, purché con meno di due anni di vita. Ogni pinza completa viene venduta a 115 euro, mentre il kit di raccordo per la versione Campagnolo costa 13,90 euro.

CicloPromoComponents

I dischi in acciaio Deda sono una garanzia, longevi e performanti

23.09.2024
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MISANO ADRIATICO – C’è anche un grande ritorno dell’acciaio anche nella componentistica (non solo in ambito telai, soprattutto in ottica gravel) e i dischi per i freni sono una conferma. Deda si pone come uno dei player più importanti.

Pista frenante in acciaio e spider di supporto in alluminio, per un disco che guarda alla sostanza, alla longevità e all’efficienza. A Italian Bike Festival 2024, Deda ha presentato ufficialmente i suoi rotori.

Il nuovo disco Deda una volta montato, design essenziale e sostanzioso
Il nuovo disco Deda una volta montato, design essenziale e sostanzioso

Deda, maestri nelle leghe

Quando si tratta di Deda è lecito aspettarsi un componenti di qualità. L’azienda cremasca è leader, da sempre, nella categoria dei metalli. I nuovi rotori per i freni a disco si rivolgono al mondo road ed al gravel e sono costruiti combinando l’acciaio e l’alluminio.

Il primo si riferisce alla prima parte, quella superiore della pista frenante (nella zona a contatto con le pastiglie, il disco Deda ha uno spessore di 1,8 millimetri), l’alluminio 7075 è utilizzato per il ragno di supporto e per la zona di ingaggio (CenterLock) al mozzo. Non è disponibile in versione a 6 fori.

Soluzione flottante

Le due parti del disco Deda sono unite tra loro grazie ad un sistema flottate a 5 rivetti con rondelle elastiche. Questa tecnica permette un’elevata dissipazione del calore, evita la deformazione del materiale e contribuisce ad una efficienza straordinaria anche quando le temperature salgono in modo esponenziale. Il design superiore della pista frenante è arrotondato. Anche in questo caso, oltre a questioni di sicurezza, entra in gioco la ricerca di una forma adatta a garantire le migliori performance, con un valore alla bilancia ridotto.

Il disco Deda è frutto di una ricerca con analisi FEM, acronimo di Finite Element Method. Significa che le forme e l’impiego dei materiali devono collimare in modo perfetto, tanto da essere prestazionali e garantire costantemente l’integrità del componente. I diametri disponibili sono due: 160 e 140 millimetri.

Uno dei primi campioni, soggetto di uno stress test da parte nostra
Uno dei primi campioni, soggetto di uno stress test da parte nostra

Provato in anteprima

I primi test da parte nostra risalgono alla fine del 2023. Oltre 7000 chilometri, su strada e nel gravel, in inverno e con le temperature estive. I primi campioni dei dischi non avevano una livrea definitiva e alcuni dettagli erano da rifinire, ma era importante capire l’efficacia, la bontà dei materiali e la qualità complessiva del componente, così come la longevità.

I primi risultati ci hanno fornito dei riscontri eccellenti, soprattutto se messi a confronto con i dischi (tutti) in alluminio. Maggiore modulabilità della frenata e capacità di sopportare frenate protratte nel tempo. Una maggiore stabilità del componente che non cambia forma e non pizzica le pastiglie anche dopo lunghe discese. Nessun problema di adattabilità con i vari impianti. Ma il ragno in alluminio cambiava colore (senza deformarsi) per via delle elevate temperature al quale abbiamo sottoposto i dischi. Da qui la scelta, poi definitiva, di usare il ragno in livrea nera.

I dischi Deda non puntano ad una leggerezza estrema (per gli amanti dei confronti e numeri, un disco da 160 Shimano Dura Ace pesa 103 grammi), lo si nota anche dal valore alla bilancia rilevato, perché l‘obiettivo principale è quello di fornire un prodotto sostanzioso e durevole nel tempo, da usare su strada e in ambito gravel.

Deda Elementi

Carbon-Ti X-Rotor SteelCarbon 3, li vogliono i pro’

28.06.2023
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FRANCOFORTE – Nei giorni di Eurobike, Carbon-Ti ha presentato ufficialmente i dischi della famiglia X-Rotor SteelCarbon 3, ovvero quelli utilizzati da Pogacar e dai compagni del Team UAE-Emirates, molto ambiti e richiesti da diversi team di primissima fascia.

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Marco Monticone, Product Manager dell’azienda bresciana, specializzata nella progettazione e produzione di componenti ultraleggeri, di altissima qualità e precisione.

In dotazione alle Colnago V4rS (foto Carbon-Ti)
In dotazione alle Colnago V4rS (foto Carbon-Ti)

SteelCarbon 3, leggerezza e sostanza

La versione 3 dei dischi di Carbon-Ti è la naturale evoluzione degli SteelCarbon 2, tanto utilizzati nella mtb e nati nel 2015. si tratta di un componente che al pari di un valore alla bilancia ridotto, fa collimare una tecnica costruttiva di precisione, materiali nobili e tanta sostanza.

«Il prodotto oltre che essere bello da vedere – spiega Monticone – deve anche durare e garantire la massima sicurezza. Non deve subire le alte temperature che si generano durante le frenate più lunghe ed essere efficiente nel tempo.

«La pista frenante è ricavata da un blocco unico di acciaio, non è un sandwich di materiali sovrapposti, un fattore che garantisce longevità e resistenza a temperature elevatissime. Rispetto alla versione 2, anche il design è stato rivisto, per dissipare meglio il calore e per ottenere la certificazione UCI. I bordi del disco sono arrotondati, proprio come è previsto dalla regolamentazione internazionale».

Si tratta di componenti che non arrivano ai 100 grammi di peso, 98 grammi (dichiarati) con il diametro da 160 e 86 grammi (dichiarati) per quelli da 140 millimetri (versione CenterLock, esclusa la ghiera di chiusura).

Rivetti in titanio

Tra lo spider in carbonio e la pista frenante in acciaio ci sono 6 rivetti in titanio della serie grado5, ma c’è anche dello spazio, considerando che i dischi non sono flottanti. Perché questa soluzione?

«Il materiale metallico è soggetto a dilatazione – continua Monticone – e raggiunge temperature altissime, si espande e nel momento in cui si raffredda torna alla forma originale quando è di ottima qualità ed è assecondato in modo corretto dalla struttura portante. Le spaziature che ci sono tra l’acciaio ed il carbonio hanno il compito di non bloccare l’espansione dell’acciaio durante le frenate più impegnative e prolungate.

«Abbiamo avuto modo di analizzare alcuni dei dischi utilizzati durante il Giro d’Italia, che anche per le condizioni meteo ha messo a dura prova i materiali dei corridori. Devo dire che siamo molto soddisfatti del comportamento dei dischi, così anche i tecnici ed i corridori del team UAE-Emirates. E’ stato un Giro d’Italia che ha messo a dura prova uomini e materiali».

Lo spazio che c’è dietro il rivetto in titanio
Lo spazio che c’è dietro il rivetto in titanio

Il carbonio non può mancare

Lo spider, ovvero la struttura portante del disco è in carbonio ed anche in questo caso adotta una lavorazione di precisione. Grazie ad un adattatore specifico, che prevede la piastra di contrasto in titanio, rispecchia le specifiche CenterLock, le più utilizzate per l’ingaggio ai mozzi.

«Lo spider in carbonio, così come tutto il disco nel suo complesso, nasce da un insieme di processi e di lavorazioni che richiedono tempo, pazienza e una precisione maniacale. Lo spider in carbonio – racconta Monticone – nasce con lo standard a sei fori, ma con il cambiamento di una regola imposta da Shimano, gli abbiamo cucito addosso un adattatore specifico che permette il montaggio sui mozzi di natura CenterLock. Lo abbiamo fatto con lo stile che contraddistingue Carbon-Ti, quindi con materiali di prim’ordine e senza lasciare nulla al caso».

Carbon-Ti

Perno passante, dischi, tubeless: più moto che bici

21.06.2023
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La caduta di Mader, nessuno ha visto niente. Ci sono solo le immagini – le foto e quelle riprese da un drone – che mostrano come quella curva non sembri poi così pericolosa. Che cosa può aver determinato la perdita di controllo della bici? Farsi tante domande è forse inutile, difficilmente se ne viene a capo e Gino non tornerà indietro.

Poi c’è stata la caduta di Zana e le sue parole su quello che ciascun corridore potrebbe fare in favore della sua stessa sicurezza. Quel che infatti appare chiaro è che le velocità siano aumentate in modo considerevole. E di conseguenza, quando si scende da una montagna a 100 all’ora, anche l’errore più piccolo diventa irrecuperabile. Che cosa rende queste bici così veloci?

Anche quest’anno Ballan, con Bettini e Dalia Muccioli, è stato ambassador di Mediolanum al Giro
Anche quest’anno Ballan, con Bettini e Dalia Muccioli, è stato ambassador di Mediolanum al Giro

Dischi e perno passante

Lo abbiamo chiesto ad Alessandro Ballan, che ha corso fino al 2014 e negli anni è stato tester di Campagnolo per i freni a disco. Oggi che continua ad andare regolarmente in bici, il confronto fra le bici di una volta e le attuali è davvero palpabile.

«La guida è cambiata tantissimo – comincia Alessandro – visto che oltre ad esserci i freni a disco, c’è anche il perno passante. Quindi l’insieme è molto più rigido e in discesa non sono più bici, queste sono moto. Inoltre con le coperture più grandi, riesci a piegare molto di più e di conseguenza le velocità si sono alzate tantissimo».

Questa foto di Gino Mader è stata scattata durante la tappa in cui lo svizzero è caduto
Questa foto di Gino Mader è stata scattata durante la tappa in cui lo svizzero è caduto
Al punto da richiedere capacità di guida superiori rispetto a qualche anno fa?

Stiamo parlando di persone che sono tutto il giorno in sella alla bici e che sanno guidarla molto bene. Nel caso di Mader si potrebbe parlare forse di una distrazione, che può essere risultata fatale in quel momento. Magari anche semplicemente voltarsi indietro che ti fa sbandare quei 5 centimetri o ti manda verso un avversario. Però anche questo è da capire, perché se sei a 100 all’ora, non ti deconcentri. Può succedere quando vedi la strada dritta, se intorno non hai nessuno e la velocità magari arriva anche agli 80 all’ora. Sai di avere una frazione di secondo in cui puoi distrarti un attimo. Però non lo fai se sei in prossimità di una curva, oppure a stretto contatto con un altro corridore.

La distrazione diventa pericolosa proprio perché si va più veloci e si ha meno tempo per frenare?

Anche sulla bici col freno tradizionale, mi sembra proprio in un Giro di Svizzera, avevo superato i 105 all’ora. Adesso però sei molto più sicuro e col fatto che in frenata riesci a staccare tanto dopo, è logico che raggiungi velocità molto più elevate. La senti proprio sicura. Se devo decelerare per entrare in un tornante, con i freni a disco sono tranquillo. Prima invece non era così, anche perché in gara avevamo le ruote in carbonio e la frenata non era mai uguale. Cambiava fra bagnato e asciutto, quindi dovevi capire il punto in cui staccare. Dovevi dare prima un colpetto perché pattini e cerchio trovassero grip per la frenata vera e propria. Invece adesso col disco la risposta è sempre identica e quindi sei sempre sicuro.

Nibali era uno dei maghi delle discese, quando guidare con i freni caliper era ancora più difficile di adesso
Nibali era uno dei maghi delle discese, quando guidare con i freni caliper era ancora più difficile di adesso
Le bici ormai hanno raggiunto tutte gli stessi standard?

Non starei a fare classifiche, perché ormai sono a un livello talmente alto da essere tutte più o meno uguali. Io addirittura trovo più differenza fra una ruota rispetto a un’altra, che fra un telaio rispetto a un altro. Quindi diciamo che gli incidenti non avvengono per il diverso livello delle biciclette, ma certo fra queste e quelle di 10 anni fa, c’è un abisso.

E’ più facile sbagliare? Meglio: queste bici ti perdonano meno gli errori?

Evidentemente la volta che sbagli, rischi di pagarla più cara. Abbiamo visto anche Zana su quella curva: è arrivato un po’ lungo ed è stato costretto a correggere la curva. Non c’è riuscito e fortunatamente non ha trovato il guardrail. Dopo c’era un prato e non un precipizio. Quando sei in discesa, fai sempre delle considerazioni. Se vedi il guard rail, sai che di là c’è un burrone e se cadi, rischi di più. Però per fare un’ultima riflessione, io adesso seguo mia figlia che corre in bici e vado a vedere le sue corse.

I cerchi di carbonio con i freni caliper rendevano la frenata diversa in base alle condizioni
I cerchi di carbonio con i freni caliper rendevano la frenata diversa in base alle condizioni
Che cosa hai notato?

L’altra sera per vedere una notturna mi sono messo su una curva. E’ impressionante vedere come questi ragazzini pieghino le bici. Accanto a me c’era anche Ivan Ravaioli, che è stato professionista anche lui, e ha fatto la stessa considerazione. Ovviamente si parla di biciclette moderne, perché noi a quell’età non piegavamo così. Lo stesso è successo anche qualche settimana fa. Ero a vedere una gara con Gilberto Simoni e anche lui ha fatto la stessa osservazione. I giovani di oggi sono più spericolati, perché la bici è cambiata e gli permette di guidarla in un modo completamente diverso.

Parlavi della differenza di frenata fra disco e caliper su cerchio in carbonio…

Dovevi prima dare una pinzata per scaldare il pattino, ma non troppo altrimenti si incollava al cerchio, quindi rischiavi di inchiodare con la ruota dietro. Dovevi tenere conto di molte cose, che magari ti facevano andare meno di adesso. Oggi invece non hai assolutamente paura. Ho testato anche i dischi per Campagnolo. Mi buttavo giù da discese veramente pendenti, tipo Zoncolan, frenando al 75 per cento con l’anteriore e usando il posteriore solo per qualche correzione. Davvero sembrava di essere su una moto. Comunque tornando al povero Gino…

Nelle discese in gruppo, le velocità sono altissime ed è vietato distrarsi
Nelle discese in gruppo, le velocità sono altissime ed è vietato distrarsi
Che cosa?

Ho visto delle foto, non saprei dire se la curva fosse pericolosa, ma non dà quell’idea. Non si stava giocando la classifica ed era tagliato fuori anche dalla vittoria di tappa. E’ vero che l’arrivo era in fondo alla discesa, ma non credo che sia andato a rischiare così tanto sapendo di non lottare per la vittoria. 

Quindi?

Credo sia stato un tragico destino. Avesse trovato erba e non quella condotta, adesso sarebbe ancora qui. Personalmente non lo conoscevo, però mi ha sempre dato una bella impressione. Ne ho sempre sentito parlare molto bene dagli altri corridori. Era una persona carismatica, sempre col sorriso. Un po’ com’era Michele Scarponi. Non capisco perché certi tragici finali capitino solamente alle persone speciali.

Freni a disco, una scelta definitiva. Pengo spiega perché

01.11.2022
4 min
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I freni a disco sono ormai una realtà più che consolidata anche nell’ambito delle biciclette da strada. Lo sono per le quote di mercato che occupano ad oggi, lo sono anche nell’ottica di una resa tecnica che non si concentra solo sull’impianto frenante.

Abbiamo interpellato Enrico Pengo, una lunga carriera fra i pro’, un punto di riferimento anche per diverse aziende del settore, persona che ha vissuto e vive i numerosi cambiamenti della bicicletta.

Premiato al Tour de France per le 20 edizioni raggiunte
Premiato al Tour de France per le 20 edizioni raggiunte
Il ciclismo attuale ha realmente bisogno dei freni a disco?

Dall’essere scettici si è passati alle conferme, si tratta di un cambio generazionale e non è solo marketing. E’ oggettivo che le biciclette con i freni a disco che vediamo ora sono belle, vanno bene e sono il risultato di un’evoluzione. Quindi potrei dire di sì, considerando anche i fattori legati alle biciclette con i freni tradizionali. Qualche azienda non le produce più e iniziano a scarseggiare i pezzi di ricambio. Nel momento in cui si acquista una bici con i freni tradizionali oggi, purtroppo è già vecchia.

Dai primi freni a disco road molto è cambiato
Dai primi freni a disco road molto è cambiato
Quindi non è solo questione di freni a disco e dell’impianto frenante!

Dietro c’è molto altro, basti pensare e per fare un esempio, che Nibali era un fenomeno in discesa con le bici normali e lo è stato con le biciclette con i freni a disco. Le biciclette con i freni a disco non vanno bene solo quando piove. E’ un cambio totale del mercato che tocca tutti i componenti, fare un discorso legato solo ai freni a disco, a mio parere è riduttivo. Includiamo anche la ricerca sfrenata sui materiali e la riduzione del peso.

Enrico Pengo alla Bahrain
Pengo alla Bahrain ha contribuito allo sviluppo delle bici disc
Enrico Pengo alla Bahrain
Pengo alla Bahrain ha contribuito allo sviluppo delle bici disc
Come funziona un impianto dei freni a disco per la bici da strada?

A mio parere è necessaria una premessa, fondamentale per sfruttare un impianto frenante di ultima generazione a lungo termine, a prescindere dal marchio. Un utente che non è pratico non deve inventarsi meccanico e dovrebbe agire solo su quello che vede. I freni sono una brutta bestia da affrontare. Basti pensare che i tre attori principali del mercato, Shimano, Sram e Campagnolo hanno tre sistemi differenti di funzionamento e manutenzione.

Uno dei primissimi prototipi di Sram (foto Sram)
Uno dei primissimi prototipi di Sram (foto Sram)
Hai qualche dritta per far funzionare un impianto con i dischi al massimo delle potenzialità?

Affidarsi sempre al meccanico. Utilizzare per quanto possibile le parti originali dell’impianto frenante. Far fare la manutenzione accurata sui pistoni che sono soggetti a diventare pigri con le ore di utilizzo, perché accumulano tanto sporco. Il fai da te in punti delicati come questo può essere pericoloso anche ai fini della sicurezza e deleterio per l’efficienza di tutto l’impianto.

Cosa si deve sapere?

Ogni volta che si cambiano le pastiglie andrebbe fatto lo spurgo veloce. E poi quando si lava il mezzo bisognerebbe stare attenti a non far cadere il sapone sulle pinze e sulle pastiglie. Queste ultime tollerano senza problemi solo l’acqua. I saponi hanno comunque una base grassa e le pastiglie sono come delle spugne, assorbono tutto ed è un attimo rovinarle. Io consiglio, quando si lava la bici a casa, di coprire le pinze.

Una parte del circuito idraulico Shimano collegato allo shifter di ultima generazione (foto Irmo Keizer-Shimano)
Una parte del circuito idraulico Shimano collegato allo shifter di ultima generazione (foto Irmo Keizer-Shimano)
Freni a disco è sinonimo di una manutenzione quasi raddoppiata?

Più o meno è così. Le biciclette con i freni a disco necessitano di una maggiore e più accurata manutenzione. Almeno una volta durante la stagione del grande utilizzo andrebbe cambiato l’olio dell’impianto, che raggiunge delle temperature altissime, specialmente in estate quando si fanno le discese lunghe. La pulizia di tutto il circuito andrebbe fatta almeno una volta nell’anno, a prescindere dal sistema e dalle ore di utilizzo.

Importante la coppia di serraggio per l’allineamento disco/pinza
Importante la coppia di serraggio per l’allineamento disco/pinza
Quanto è importante la coppia di serraggio del perno passante?

E’ un fattore importante, non solo per i freni a disco, ma anche nell’ottica di non sfondare le parti dove si va a stringere con forza. Ci sono delle biciclette che hanno la coppia di serraggio scritta sul telaio, ma il riferimento è 10Nm. Una sorta di uniformità di serraggio permette anche di limitare gli aggiustamenti delle pinze quando si tolgono le ruote e poi si rimontano.

Braking entra nel mondo strada con il disco Lightwave

04.04.2022
3 min
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Braking, azienda leader nella produzione di impianti frenanti nel mondo delle moto, ha creato il suo primo prodotto legato al ciclismo su strada: Lightwave.

«La nostra azienda – ci spiega Marcello Fusi Sales Manager di Braking – è sempre stata forte nella produzione e nello sviluppo di dischi legati al motociclismo. Nel 2010 abbiamo lanciato i nostri prodotti anche nel ciclismo partendo dalla Mtb, che per conoscenze tecniche era molto più vicino alla nostra realtà».

La strada

«In questi ultimi anni – riprende Marcello – forti delle nostre conoscenze e del nostro settore di progettazione e sviluppo, siamo entrati anche nel ciclismo su strada. E’ stato un passo importante ma ponderato, il lavoro si è concentrato principalmente sul rendere il prodotto leggero mantenendo i nostri standard di qualità. Stiamo prendendo le misure con il ciclismo su strada un passo alla volta, il prodotto viene presentato oggi (lunedì 4 aprile, ndr) e sarà in commercio dalla fine del mese».

Disco Lightwave

Il materiale con cui il Lightwave è costruito è l’acciaio Aisi420, lo stesso che viene usato per le moto. Lo spessore è di 1,9 millimetri, il taglio, tramite laser, è ideato per una gestione ideale della temperatura

Il mozzo è in ergal alleggerito e ossidato duro, mentre i  punti di ancoraggio sono 6, questo comporta maggiore rigidità e meno flessione. L’utilizzo del disco Lightwave è indicato principalmente per la strada, ma funziona bene anche in campo gravel e ciclocross.

Le dimensioni disponibili sono le standard: 140 e 160, rispettivamente dal peso di 97 e 109 grammi. I prezzi partono da 99 euro.

Braking

Basso: i freni a disco, Moscon e il sogno di un grande Giro

11.11.2021
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Leonardo Basso ha ripreso a far girare il motore fra palestra e bici. Ultima corsa la Coppa Agostoni, la pausa è stata più breve del solito. Un paio settimane, ma in compenso una ripartenza per niente traumatica.

L’aria di cambiamento è frizzante, i prossimi due anni all’Astana sono una sfida diversa per il trevigiano che dalla Zalf passò direttamente al Team Sky e in quel gruppo è rimasto finora.

«Continuo ad allenarmi con quei colori e la mia Pinarello – sorride – un po’ perché il nuovo materiale ci verrà fornito in ritiro e un po’ perché quello che è successo a Higuita fa riflettere. I social sono un coltello a doppia lama, serve concentrazione. Siamo personaggi esposti, usarli con troppa disinvoltura può ritorcersi contro».

Sergio Higuita è stato licenziato un paio di giorni fa dalla EF Education-Nippo perché in un video si è fatto riprendere mentre provava la Specialized della Bora-Hansgrohe con cui correrà il prossimo anno. La consuetudine è che i team… uscenti diano una sorta di nulla osta, altrimenti i corridori non potrebbero neppure partecipare ai primi ritiri della nuova squadra. Evidentemente nel caso del colombiano qualcosa non ha funzionato.

Febbraio 2018, prima stagione da pro’. Dopo il debutto a Mallorca, ecco Basso ad Abu Dhabi
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A proposito di Pinarello, tu eri del partito dei freni a disco o dei freni tradizionali?

Se devo uscire da solo, preferisco i freni normali. Ma in gruppo eravamo gli ultimi ad averli e anche se in frenata le prestazioni sono molto elevate, eravamo costantemente a rischio. Quelli con i dischi staccavano all’ultimo momento e se fai parte del gruppo non puoi anticipare la frenata. Per cui ci ritrovavamo a frenare con loro, ma per noi era troppo tardi. Eri sempre in stato di attenzione. E quando siamo passati ai dischi, ci siamo sentiti tutti più sicuri.

Che cosa porti con te di questi quattro anni… britannici?

Sono stati i primi a darmi fiducia. Avevo fatto uno stage alla Trek, ma Sky mi propose un contratto grazie al quale ho vissuto per quattro stagioni in una delle squadre migliori al mondo. Partire dispiace sempre, ma io sono sempre uno che guarda avanti. Cosa mi porto dietro? Il livello altissimo di pianificazione e professionalità. Quando c’è un obiettivo, sono capaci di progettare, ragionare e raggiungerli con un metodo tutto anglosassone.

E’ cambiato qualcosa dagli anni di Froome a quelli di Bernal e Carapaz?

Non nella pianificazione e nel metodo di lavoro. Diciamo però che dal Finestre di Froome c’è stato un cambio di immagine poi ribadito dal Giro del 2020 con le tante tappe vinte e poi dall’ultimo. Ma anche quando eravamo la squadra di Froome, non ho mai avvertito ostilità da parte dei tifosi. Avvertivano l’importanza, mentre per me era fare parte di qualcosa di grande che mi spingeva a fare di più.

Nel 2013 è al secondo anno da U23 e corre nella Zalf in cui debutta anche Moscon (foto Scanferla)
Nel 2013 è al secondo anno da U23 e corre nella Zalf in cui debutta anche Moscon (foto Scanferla)
Che cosa porti in dote all’Astana?

La mia specializzazione è il ruolo di gregario per aiutare i capitani a finalizzare il lavoro. So che all’Astana si parte per vincere ogni corsa, conosco la mentalità di Vinokourov. Per cui darò il mio contributo per il leader, ma se la squadra mi riterrà all’altezza, magari proverò anche a entrare in qualche fuga.

Un passaggio per due, ci sarà anche Moscon…

Con lui c’è un rapporto di amicizia che inizia dagli anni alla Zalf, che con il tempo si è trasformato anche in collaborazione professionale. Mi piace aiutarlo e allenarmi con lui.

Credi che cambiare lo aiuterà a venir fuori?

Ogni cambio porta con sé nuovi stimoli, in ogni ambito lavorativo. Vivo Gianni da vicino e posso dire che ha la fame di sempre, la stessa di quando eravamo alla Zalf. L’ho visto fare palestra la mattina presto in cima allo Stelvio: se non hai voglia non lo fai. Lui ha sempre generato grandi aspettative, che a loro volta generano pressione. E la pressione non è sempre facile da sopportare, l’aspetto mentale è determinante. Alcuni fanno fatica, però poi tornano. Il motore non cambia, si è visto alla Roubaix. Il corridore c’è, mi sarebbe piaciuto vederlo in televisione, invece l’ho sentita alla radiolina, visto che ero anche io là in mezzo. Ora si aggiungono gli stimoli dall’esterno, come i nuovi materiali e i nuovi tecnici. Credo che faremo bene.

C’era anche Basso nella Roubaix in cui Moscon ha sfiorato il colpaccio
C’era anche Basso nella Roubaix in cui Moscon ha sfiorato il colpaccio
Cosa trovi in Astana?

L’ho sempre vista come una squadra di tanti campioni. Armstrong e Contador, poi Nibali e Aru. C’è un anima italiana, sono curioso di vedere come si fonderà con la nostra formazione anglosassone.

Intanto come cambia, se cambia, la tua preparazione?

Fino a quest’anno ho lavorato con Dario (Cioni, ndr) e visto il mio ruolo, ho sempre fatto una preparazione diluita lungo tutto l’anno ed equilibrata. Per ora ho ripreso come negli anni passati, forse dal primo ritiro si vedrà qualche cambiamento. Non si inventa niente, ma voglio vedere i benefici della nuova preparazione.

Programmi?

E’ ancora presto, ma ci chiederanno. E io dirò che vorrei tornare in Belgio, perché lassù mi sono specializzato. E poi mi piacerebbe fare un grande Giro. Ho 27 anni e non ne ho mai corso uno. Voglio vedere se è vero che faccia crescere il motore. Alla Ineos ci sono così tanti campioni e si parte sempre per la classifica generale, che non sono mai entrato nei giochi. Lo ammetto, sarebbe un sogno. E per il resto, porterò la mentalità di sempre. Ogni corsa che fai è la migliore. E serve sempre tanta voglia di fare fatica.

Pogacar e i freni: facciamoci spiegare come li sceglie

12.10.2021
4 min
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Quando anche le scelte tecniche diventano guerre di religione, si rischia di perdere l’obiettività. Con i freni a disco ormai è così. Perciò quando ci si rende conto che Pogacar vince il Lombardia con i freni di una volta, le fazioni si rianimano. Eppure, andando a vedere, Tadej usa bici montate con entrambi i sistemi frenanti (rim-brakes e appunto disc-brakes: freni sul cerchio e freni a disco) e vince lo stesso. Allora chi meglio del vincitore di due Tour può spiegarci il perché della sua scelta?

Scelte diverse

Basta voltarsi indietro di poche corse e ci si accorge che alla Tre Valli Varesine, sulla Colnago V3RS dello sloveno facevano bella mostra di sé i freni a disco. Pioveva e il percorso non presentava salite particolarmente impegnative (secondo i suoi standard, ovviamente). Nel giro di pochi giorni invece, proprio al Giro di Lombardia, la sua bici era tornata indietro ai freni di una volta. Al Tour stessa storia. Nella tappa vinta sotto la pioggia a Le Grand Bornand i freni a disco, in quella sul col du Portet i freni tradizionali.

Alla Liegi, ripida e asciutta, corre e vince con freni a disco
Alla Liegi, ripida e asciutta, corre e vince con freni a disco

Quasi 300 grammi

Sembra che la cosa lo diverta e probabilmente ha ragione lui. Il rapporto fra Pogacar e la bici è improntato a una sola regola: deve essere leggera.

«Il peso è molto importante per me – ci ha detto ieri – perché sulle salite il valore che comanda è il rapporto watt/chilo e io non sono di sicuro il corridore più leggero del gruppo (Tadej pesa 66 chili, ndr). Fra le due bici montate diversamente, la differenza è di 300 grammi. Molto, se pensate che per abitudine mi concentro molto sui dettagli. Anche la scelta delle scarpe con i lacci, ad esempio, che alla Vuelta del 2019 usavo solo io mentre ora in gruppo se ne vede già una decina, sono certamente molto belle, ma anche superleggere».

Al Tour, sul Col du Portet, usa freni tradizionali e vince
Al Tour, sul Col du Portet, usa freni tradizionali e vince

Ruote leggere

Torniamo però ai freni, punto caldo della storia, per capire se esista un criterio in base al quale Tadej scelga l’uno o l’altro. Se preferisca un sistema o l’altro quando piove, se ci sono discese difficili…

«In alcune corse – ha spiegato – abbiamo l’opzione di usare una bici o l’altra. A me piacciono entrambe e così prima del Lombardia mi sono lasciato guidare dall’istinto. Ho pensato che soprattutto nel finale c’erano due salite molto ripide e nel finale magari avrei potuto provare un’azione. Così ho pensato che sarebbero servite le ruote più leggere e quelle le hai soltanto con i freni normali. Non mi faccio condizionare dal meteo, i due sistemi per me vanno bene anche se piove. Comanda il peso. Per questo ho scelto di lasciare sul camion la bici con i dischi».

Tour 2021, Le Grand Bornand: piove, attacca da lontano, guadagna quasi 4 minuti con freni a disco
Tour 2021, Le Grand Bornand: piove, attacca da lontano, guadagna quasi 4 minuti con freni a disco

Un fatto di testa

A questo punto però la curiosità da utente ci porta a chiedergli se per lui sia così facile passare da una frenata all’altra, dato che la risposta della bici all’azione frenante è piuttosto diversa. La sua risposta fa pensare a quanto tutto gli riesca facile e la naturalezza con cui vive il suo feeling con la bici e con lo sport.

«La differenza c’è – ha risposto – ma non trovo che cambiare sia tanto difficile. Ne ho una montata con i dischi in Slovenia e una con i freni normali a Monaco, così mi alleno indistintamente con l’una e con l’altra. L’importante è avere la concentrazione di ricordarsi quale sto usando. Bastano due pinzate per riprendere le misure e poi si va tranquilli».

Potendo scegliere, i freni sono come le gomme: si cambiano a seconda dei percorsi e tutto sommato il discorso ha la sua logica. Aveva freni a disco alla Liegi, ad esempio, dove le pendenze estreme non mancano. Ha usato un sistema e l’altro, assecondando le sue sensazioni e a tratti le esigenze dello sponsor. Con estrema naturalezza, come fanno i campioni.