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Carbon-Ti X-Rotor SteelCarbon 3, li vogliono i pro’

28.06.2023
4 min
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FRANCOFORTE – Nei giorni di Eurobike, Carbon-Ti ha presentato ufficialmente i dischi della famiglia X-Rotor SteelCarbon 3, ovvero quelli utilizzati da Pogacar e dai compagni del Team UAE-Emirates, molto ambiti e richiesti da diversi team di primissima fascia.

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Marco Monticone, Product Manager dell’azienda bresciana, specializzata nella progettazione e produzione di componenti ultraleggeri, di altissima qualità e precisione.

In dotazione alle Colnago V4rS (foto Carbon-Ti)
In dotazione alle Colnago V4rS (foto Carbon-Ti)

SteelCarbon 3, leggerezza e sostanza

La versione 3 dei dischi di Carbon-Ti è la naturale evoluzione degli SteelCarbon 2, tanto utilizzati nella mtb e nati nel 2015. si tratta di un componente che al pari di un valore alla bilancia ridotto, fa collimare una tecnica costruttiva di precisione, materiali nobili e tanta sostanza.

«Il prodotto oltre che essere bello da vedere – spiega Monticone – deve anche durare e garantire la massima sicurezza. Non deve subire le alte temperature che si generano durante le frenate più lunghe ed essere efficiente nel tempo.

«La pista frenante è ricavata da un blocco unico di acciaio, non è un sandwich di materiali sovrapposti, un fattore che garantisce longevità e resistenza a temperature elevatissime. Rispetto alla versione 2, anche il design è stato rivisto, per dissipare meglio il calore e per ottenere la certificazione UCI. I bordi del disco sono arrotondati, proprio come è previsto dalla regolamentazione internazionale».

Si tratta di componenti che non arrivano ai 100 grammi di peso, 98 grammi (dichiarati) con il diametro da 160 e 86 grammi (dichiarati) per quelli da 140 millimetri (versione CenterLock, esclusa la ghiera di chiusura).

Rivetti in titanio

Tra lo spider in carbonio e la pista frenante in acciaio ci sono 6 rivetti in titanio della serie grado5, ma c’è anche dello spazio, considerando che i dischi non sono flottanti. Perché questa soluzione?

«Il materiale metallico è soggetto a dilatazione – continua Monticone – e raggiunge temperature altissime, si espande e nel momento in cui si raffredda torna alla forma originale quando è di ottima qualità ed è assecondato in modo corretto dalla struttura portante. Le spaziature che ci sono tra l’acciaio ed il carbonio hanno il compito di non bloccare l’espansione dell’acciaio durante le frenate più impegnative e prolungate.

«Abbiamo avuto modo di analizzare alcuni dei dischi utilizzati durante il Giro d’Italia, che anche per le condizioni meteo ha messo a dura prova i materiali dei corridori. Devo dire che siamo molto soddisfatti del comportamento dei dischi, così anche i tecnici ed i corridori del team UAE-Emirates. E’ stato un Giro d’Italia che ha messo a dura prova uomini e materiali».

Lo spazio che c’è dietro il rivetto in titanio
Lo spazio che c’è dietro il rivetto in titanio

Il carbonio non può mancare

Lo spider, ovvero la struttura portante del disco è in carbonio ed anche in questo caso adotta una lavorazione di precisione. Grazie ad un adattatore specifico, che prevede la piastra di contrasto in titanio, rispecchia le specifiche CenterLock, le più utilizzate per l’ingaggio ai mozzi.

«Lo spider in carbonio, così come tutto il disco nel suo complesso, nasce da un insieme di processi e di lavorazioni che richiedono tempo, pazienza e una precisione maniacale. Lo spider in carbonio – racconta Monticone – nasce con lo standard a sei fori, ma con il cambiamento di una regola imposta da Shimano, gli abbiamo cucito addosso un adattatore specifico che permette il montaggio sui mozzi di natura CenterLock. Lo abbiamo fatto con lo stile che contraddistingue Carbon-Ti, quindi con materiali di prim’ordine e senza lasciare nulla al caso».

Carbon-Ti

Perno passante, dischi, tubeless: più moto che bici

21.06.2023
6 min
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La caduta di Mader, nessuno ha visto niente. Ci sono solo le immagini – le foto e quelle riprese da un drone – che mostrano come quella curva non sembri poi così pericolosa. Che cosa può aver determinato la perdita di controllo della bici? Farsi tante domande è forse inutile, difficilmente se ne viene a capo e Gino non tornerà indietro.

Poi c’è stata la caduta di Zana e le sue parole su quello che ciascun corridore potrebbe fare in favore della sua stessa sicurezza. Quel che infatti appare chiaro è che le velocità siano aumentate in modo considerevole. E di conseguenza, quando si scende da una montagna a 100 all’ora, anche l’errore più piccolo diventa irrecuperabile. Che cosa rende queste bici così veloci?

Anche quest’anno Ballan, con Bettini e Dalia Muccioli, è stato ambassador di Mediolanum al Giro
Anche quest’anno Ballan, con Bettini e Dalia Muccioli, è stato ambassador di Mediolanum al Giro

Dischi e perno passante

Lo abbiamo chiesto ad Alessandro Ballan, che ha corso fino al 2014 e negli anni è stato tester di Campagnolo per i freni a disco. Oggi che continua ad andare regolarmente in bici, il confronto fra le bici di una volta e le attuali è davvero palpabile.

«La guida è cambiata tantissimo – comincia Alessandro – visto che oltre ad esserci i freni a disco, c’è anche il perno passante. Quindi l’insieme è molto più rigido e in discesa non sono più bici, queste sono moto. Inoltre con le coperture più grandi, riesci a piegare molto di più e di conseguenza le velocità si sono alzate tantissimo».

Questa foto di Gino Mader è stata scattata durante la tappa in cui lo svizzero è caduto
Questa foto di Gino Mader è stata scattata durante la tappa in cui lo svizzero è caduto
Al punto da richiedere capacità di guida superiori rispetto a qualche anno fa?

Stiamo parlando di persone che sono tutto il giorno in sella alla bici e che sanno guidarla molto bene. Nel caso di Mader si potrebbe parlare forse di una distrazione, che può essere risultata fatale in quel momento. Magari anche semplicemente voltarsi indietro che ti fa sbandare quei 5 centimetri o ti manda verso un avversario. Però anche questo è da capire, perché se sei a 100 all’ora, non ti deconcentri. Può succedere quando vedi la strada dritta, se intorno non hai nessuno e la velocità magari arriva anche agli 80 all’ora. Sai di avere una frazione di secondo in cui puoi distrarti un attimo. Però non lo fai se sei in prossimità di una curva, oppure a stretto contatto con un altro corridore.

La distrazione diventa pericolosa proprio perché si va più veloci e si ha meno tempo per frenare?

Anche sulla bici col freno tradizionale, mi sembra proprio in un Giro di Svizzera, avevo superato i 105 all’ora. Adesso però sei molto più sicuro e col fatto che in frenata riesci a staccare tanto dopo, è logico che raggiungi velocità molto più elevate. La senti proprio sicura. Se devo decelerare per entrare in un tornante, con i freni a disco sono tranquillo. Prima invece non era così, anche perché in gara avevamo le ruote in carbonio e la frenata non era mai uguale. Cambiava fra bagnato e asciutto, quindi dovevi capire il punto in cui staccare. Dovevi dare prima un colpetto perché pattini e cerchio trovassero grip per la frenata vera e propria. Invece adesso col disco la risposta è sempre identica e quindi sei sempre sicuro.

Nibali era uno dei maghi delle discese, quando guidare con i freni caliper era ancora più difficile di adesso
Nibali era uno dei maghi delle discese, quando guidare con i freni caliper era ancora più difficile di adesso
Le bici ormai hanno raggiunto tutte gli stessi standard?

Non starei a fare classifiche, perché ormai sono a un livello talmente alto da essere tutte più o meno uguali. Io addirittura trovo più differenza fra una ruota rispetto a un’altra, che fra un telaio rispetto a un altro. Quindi diciamo che gli incidenti non avvengono per il diverso livello delle biciclette, ma certo fra queste e quelle di 10 anni fa, c’è un abisso.

E’ più facile sbagliare? Meglio: queste bici ti perdonano meno gli errori?

Evidentemente la volta che sbagli, rischi di pagarla più cara. Abbiamo visto anche Zana su quella curva: è arrivato un po’ lungo ed è stato costretto a correggere la curva. Non c’è riuscito e fortunatamente non ha trovato il guardrail. Dopo c’era un prato e non un precipizio. Quando sei in discesa, fai sempre delle considerazioni. Se vedi il guard rail, sai che di là c’è un burrone e se cadi, rischi di più. Però per fare un’ultima riflessione, io adesso seguo mia figlia che corre in bici e vado a vedere le sue corse.

I cerchi di carbonio con i freni caliper rendevano la frenata diversa in base alle condizioni
I cerchi di carbonio con i freni caliper rendevano la frenata diversa in base alle condizioni
Che cosa hai notato?

L’altra sera per vedere una notturna mi sono messo su una curva. E’ impressionante vedere come questi ragazzini pieghino le bici. Accanto a me c’era anche Ivan Ravaioli, che è stato professionista anche lui, e ha fatto la stessa considerazione. Ovviamente si parla di biciclette moderne, perché noi a quell’età non piegavamo così. Lo stesso è successo anche qualche settimana fa. Ero a vedere una gara con Gilberto Simoni e anche lui ha fatto la stessa osservazione. I giovani di oggi sono più spericolati, perché la bici è cambiata e gli permette di guidarla in un modo completamente diverso.

Parlavi della differenza di frenata fra disco e caliper su cerchio in carbonio…

Dovevi prima dare una pinzata per scaldare il pattino, ma non troppo altrimenti si incollava al cerchio, quindi rischiavi di inchiodare con la ruota dietro. Dovevi tenere conto di molte cose, che magari ti facevano andare meno di adesso. Oggi invece non hai assolutamente paura. Ho testato anche i dischi per Campagnolo. Mi buttavo giù da discese veramente pendenti, tipo Zoncolan, frenando al 75 per cento con l’anteriore e usando il posteriore solo per qualche correzione. Davvero sembrava di essere su una moto. Comunque tornando al povero Gino…

Nelle discese in gruppo, le velocità sono altissime ed è vietato distrarsi
Nelle discese in gruppo, le velocità sono altissime ed è vietato distrarsi
Che cosa?

Ho visto delle foto, non saprei dire se la curva fosse pericolosa, ma non dà quell’idea. Non si stava giocando la classifica ed era tagliato fuori anche dalla vittoria di tappa. E’ vero che l’arrivo era in fondo alla discesa, ma non credo che sia andato a rischiare così tanto sapendo di non lottare per la vittoria. 

Quindi?

Credo sia stato un tragico destino. Avesse trovato erba e non quella condotta, adesso sarebbe ancora qui. Personalmente non lo conoscevo, però mi ha sempre dato una bella impressione. Ne ho sempre sentito parlare molto bene dagli altri corridori. Era una persona carismatica, sempre col sorriso. Un po’ com’era Michele Scarponi. Non capisco perché certi tragici finali capitino solamente alle persone speciali.

Freni a disco, una scelta definitiva. Pengo spiega perché

01.11.2022
4 min
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I freni a disco sono ormai una realtà più che consolidata anche nell’ambito delle biciclette da strada. Lo sono per le quote di mercato che occupano ad oggi, lo sono anche nell’ottica di una resa tecnica che non si concentra solo sull’impianto frenante.

Abbiamo interpellato Enrico Pengo, una lunga carriera fra i pro’, un punto di riferimento anche per diverse aziende del settore, persona che ha vissuto e vive i numerosi cambiamenti della bicicletta.

Premiato al Tour de France per le 20 edizioni raggiunte
Premiato al Tour de France per le 20 edizioni raggiunte
Il ciclismo attuale ha realmente bisogno dei freni a disco?

Dall’essere scettici si è passati alle conferme, si tratta di un cambio generazionale e non è solo marketing. E’ oggettivo che le biciclette con i freni a disco che vediamo ora sono belle, vanno bene e sono il risultato di un’evoluzione. Quindi potrei dire di sì, considerando anche i fattori legati alle biciclette con i freni tradizionali. Qualche azienda non le produce più e iniziano a scarseggiare i pezzi di ricambio. Nel momento in cui si acquista una bici con i freni tradizionali oggi, purtroppo è già vecchia.

Dai primi freni a disco road molto è cambiato
Dai primi freni a disco road molto è cambiato
Quindi non è solo questione di freni a disco e dell’impianto frenante!

Dietro c’è molto altro, basti pensare e per fare un esempio, che Nibali era un fenomeno in discesa con le bici normali e lo è stato con le biciclette con i freni a disco. Le biciclette con i freni a disco non vanno bene solo quando piove. E’ un cambio totale del mercato che tocca tutti i componenti, fare un discorso legato solo ai freni a disco, a mio parere è riduttivo. Includiamo anche la ricerca sfrenata sui materiali e la riduzione del peso.

Enrico Pengo alla Bahrain
Pengo alla Bahrain ha contribuito allo sviluppo delle bici disc
Enrico Pengo alla Bahrain
Pengo alla Bahrain ha contribuito allo sviluppo delle bici disc
Come funziona un impianto dei freni a disco per la bici da strada?

A mio parere è necessaria una premessa, fondamentale per sfruttare un impianto frenante di ultima generazione a lungo termine, a prescindere dal marchio. Un utente che non è pratico non deve inventarsi meccanico e dovrebbe agire solo su quello che vede. I freni sono una brutta bestia da affrontare. Basti pensare che i tre attori principali del mercato, Shimano, Sram e Campagnolo hanno tre sistemi differenti di funzionamento e manutenzione.

Uno dei primissimi prototipi di Sram (foto Sram)
Uno dei primissimi prototipi di Sram (foto Sram)
Hai qualche dritta per far funzionare un impianto con i dischi al massimo delle potenzialità?

Affidarsi sempre al meccanico. Utilizzare per quanto possibile le parti originali dell’impianto frenante. Far fare la manutenzione accurata sui pistoni che sono soggetti a diventare pigri con le ore di utilizzo, perché accumulano tanto sporco. Il fai da te in punti delicati come questo può essere pericoloso anche ai fini della sicurezza e deleterio per l’efficienza di tutto l’impianto.

Cosa si deve sapere?

Ogni volta che si cambiano le pastiglie andrebbe fatto lo spurgo veloce. E poi quando si lava il mezzo bisognerebbe stare attenti a non far cadere il sapone sulle pinze e sulle pastiglie. Queste ultime tollerano senza problemi solo l’acqua. I saponi hanno comunque una base grassa e le pastiglie sono come delle spugne, assorbono tutto ed è un attimo rovinarle. Io consiglio, quando si lava la bici a casa, di coprire le pinze.

Una parte del circuito idraulico Shimano collegato allo shifter di ultima generazione (foto Irmo Keizer-Shimano)
Una parte del circuito idraulico Shimano collegato allo shifter di ultima generazione (foto Irmo Keizer-Shimano)
Freni a disco è sinonimo di una manutenzione quasi raddoppiata?

Più o meno è così. Le biciclette con i freni a disco necessitano di una maggiore e più accurata manutenzione. Almeno una volta durante la stagione del grande utilizzo andrebbe cambiato l’olio dell’impianto, che raggiunge delle temperature altissime, specialmente in estate quando si fanno le discese lunghe. La pulizia di tutto il circuito andrebbe fatta almeno una volta nell’anno, a prescindere dal sistema e dalle ore di utilizzo.

Importante la coppia di serraggio per l’allineamento disco/pinza
Importante la coppia di serraggio per l’allineamento disco/pinza
Quanto è importante la coppia di serraggio del perno passante?

E’ un fattore importante, non solo per i freni a disco, ma anche nell’ottica di non sfondare le parti dove si va a stringere con forza. Ci sono delle biciclette che hanno la coppia di serraggio scritta sul telaio, ma il riferimento è 10Nm. Una sorta di uniformità di serraggio permette anche di limitare gli aggiustamenti delle pinze quando si tolgono le ruote e poi si rimontano.

Braking entra nel mondo strada con il disco Lightwave

04.04.2022
3 min
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Braking, azienda leader nella produzione di impianti frenanti nel mondo delle moto, ha creato il suo primo prodotto legato al ciclismo su strada: Lightwave.

«La nostra azienda – ci spiega Marcello Fusi Sales Manager di Braking – è sempre stata forte nella produzione e nello sviluppo di dischi legati al motociclismo. Nel 2010 abbiamo lanciato i nostri prodotti anche nel ciclismo partendo dalla Mtb, che per conoscenze tecniche era molto più vicino alla nostra realtà».

La strada

«In questi ultimi anni – riprende Marcello – forti delle nostre conoscenze e del nostro settore di progettazione e sviluppo, siamo entrati anche nel ciclismo su strada. E’ stato un passo importante ma ponderato, il lavoro si è concentrato principalmente sul rendere il prodotto leggero mantenendo i nostri standard di qualità. Stiamo prendendo le misure con il ciclismo su strada un passo alla volta, il prodotto viene presentato oggi (lunedì 4 aprile, ndr) e sarà in commercio dalla fine del mese».

Disco Lightwave

Il materiale con cui il Lightwave è costruito è l’acciaio Aisi420, lo stesso che viene usato per le moto. Lo spessore è di 1,9 millimetri, il taglio, tramite laser, è ideato per una gestione ideale della temperatura

Il mozzo è in ergal alleggerito e ossidato duro, mentre i  punti di ancoraggio sono 6, questo comporta maggiore rigidità e meno flessione. L’utilizzo del disco Lightwave è indicato principalmente per la strada, ma funziona bene anche in campo gravel e ciclocross.

Le dimensioni disponibili sono le standard: 140 e 160, rispettivamente dal peso di 97 e 109 grammi. I prezzi partono da 99 euro.

Braking

Basso: i freni a disco, Moscon e il sogno di un grande Giro

11.11.2021
5 min
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Leonardo Basso ha ripreso a far girare il motore fra palestra e bici. Ultima corsa la Coppa Agostoni, la pausa è stata più breve del solito. Un paio settimane, ma in compenso una ripartenza per niente traumatica.

L’aria di cambiamento è frizzante, i prossimi due anni all’Astana sono una sfida diversa per il trevigiano che dalla Zalf passò direttamente al Team Sky e in quel gruppo è rimasto finora.

«Continuo ad allenarmi con quei colori e la mia Pinarello – sorride – un po’ perché il nuovo materiale ci verrà fornito in ritiro e un po’ perché quello che è successo a Higuita fa riflettere. I social sono un coltello a doppia lama, serve concentrazione. Siamo personaggi esposti, usarli con troppa disinvoltura può ritorcersi contro».

Sergio Higuita è stato licenziato un paio di giorni fa dalla EF Education-Nippo perché in un video si è fatto riprendere mentre provava la Specialized della Bora-Hansgrohe con cui correrà il prossimo anno. La consuetudine è che i team… uscenti diano una sorta di nulla osta, altrimenti i corridori non potrebbero neppure partecipare ai primi ritiri della nuova squadra. Evidentemente nel caso del colombiano qualcosa non ha funzionato.

Febbraio 2018, prima stagione da pro’. Dopo il debutto a Mallorca, ecco Basso ad Abu Dhabi
Febbraio 2018, prima stagione da pro’. Dopo il debutto a Mallorca, ecco Basso ad Abu Dhabi
A proposito di Pinarello, tu eri del partito dei freni a disco o dei freni tradizionali?

Se devo uscire da solo, preferisco i freni normali. Ma in gruppo eravamo gli ultimi ad averli e anche se in frenata le prestazioni sono molto elevate, eravamo costantemente a rischio. Quelli con i dischi staccavano all’ultimo momento e se fai parte del gruppo non puoi anticipare la frenata. Per cui ci ritrovavamo a frenare con loro, ma per noi era troppo tardi. Eri sempre in stato di attenzione. E quando siamo passati ai dischi, ci siamo sentiti tutti più sicuri.

Che cosa porti con te di questi quattro anni… britannici?

Sono stati i primi a darmi fiducia. Avevo fatto uno stage alla Trek, ma Sky mi propose un contratto grazie al quale ho vissuto per quattro stagioni in una delle squadre migliori al mondo. Partire dispiace sempre, ma io sono sempre uno che guarda avanti. Cosa mi porto dietro? Il livello altissimo di pianificazione e professionalità. Quando c’è un obiettivo, sono capaci di progettare, ragionare e raggiungerli con un metodo tutto anglosassone.

E’ cambiato qualcosa dagli anni di Froome a quelli di Bernal e Carapaz?

Non nella pianificazione e nel metodo di lavoro. Diciamo però che dal Finestre di Froome c’è stato un cambio di immagine poi ribadito dal Giro del 2020 con le tante tappe vinte e poi dall’ultimo. Ma anche quando eravamo la squadra di Froome, non ho mai avvertito ostilità da parte dei tifosi. Avvertivano l’importanza, mentre per me era fare parte di qualcosa di grande che mi spingeva a fare di più.

Nel 2013 è al secondo anno da U23 e corre nella Zalf in cui debutta anche Moscon (foto Scanferla)
Nel 2013 è al secondo anno da U23 e corre nella Zalf in cui debutta anche Moscon (foto Scanferla)
Che cosa porti in dote all’Astana?

La mia specializzazione è il ruolo di gregario per aiutare i capitani a finalizzare il lavoro. So che all’Astana si parte per vincere ogni corsa, conosco la mentalità di Vinokourov. Per cui darò il mio contributo per il leader, ma se la squadra mi riterrà all’altezza, magari proverò anche a entrare in qualche fuga.

Un passaggio per due, ci sarà anche Moscon…

Con lui c’è un rapporto di amicizia che inizia dagli anni alla Zalf, che con il tempo si è trasformato anche in collaborazione professionale. Mi piace aiutarlo e allenarmi con lui.

Credi che cambiare lo aiuterà a venir fuori?

Ogni cambio porta con sé nuovi stimoli, in ogni ambito lavorativo. Vivo Gianni da vicino e posso dire che ha la fame di sempre, la stessa di quando eravamo alla Zalf. L’ho visto fare palestra la mattina presto in cima allo Stelvio: se non hai voglia non lo fai. Lui ha sempre generato grandi aspettative, che a loro volta generano pressione. E la pressione non è sempre facile da sopportare, l’aspetto mentale è determinante. Alcuni fanno fatica, però poi tornano. Il motore non cambia, si è visto alla Roubaix. Il corridore c’è, mi sarebbe piaciuto vederlo in televisione, invece l’ho sentita alla radiolina, visto che ero anche io là in mezzo. Ora si aggiungono gli stimoli dall’esterno, come i nuovi materiali e i nuovi tecnici. Credo che faremo bene.

C’era anche Basso nella Roubaix in cui Moscon ha sfiorato il colpaccio
C’era anche Basso nella Roubaix in cui Moscon ha sfiorato il colpaccio
Cosa trovi in Astana?

L’ho sempre vista come una squadra di tanti campioni. Armstrong e Contador, poi Nibali e Aru. C’è un anima italiana, sono curioso di vedere come si fonderà con la nostra formazione anglosassone.

Intanto come cambia, se cambia, la tua preparazione?

Fino a quest’anno ho lavorato con Dario (Cioni, ndr) e visto il mio ruolo, ho sempre fatto una preparazione diluita lungo tutto l’anno ed equilibrata. Per ora ho ripreso come negli anni passati, forse dal primo ritiro si vedrà qualche cambiamento. Non si inventa niente, ma voglio vedere i benefici della nuova preparazione.

Programmi?

E’ ancora presto, ma ci chiederanno. E io dirò che vorrei tornare in Belgio, perché lassù mi sono specializzato. E poi mi piacerebbe fare un grande Giro. Ho 27 anni e non ne ho mai corso uno. Voglio vedere se è vero che faccia crescere il motore. Alla Ineos ci sono così tanti campioni e si parte sempre per la classifica generale, che non sono mai entrato nei giochi. Lo ammetto, sarebbe un sogno. E per il resto, porterò la mentalità di sempre. Ogni corsa che fai è la migliore. E serve sempre tanta voglia di fare fatica.

Pogacar e i freni: facciamoci spiegare come li sceglie

12.10.2021
4 min
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Quando anche le scelte tecniche diventano guerre di religione, si rischia di perdere l’obiettività. Con i freni a disco ormai è così. Perciò quando ci si rende conto che Pogacar vince il Lombardia con i freni di una volta, le fazioni si rianimano. Eppure, andando a vedere, Tadej usa bici montate con entrambi i sistemi frenanti (rim-brakes e appunto disc-brakes: freni sul cerchio e freni a disco) e vince lo stesso. Allora chi meglio del vincitore di due Tour può spiegarci il perché della sua scelta?

Scelte diverse

Basta voltarsi indietro di poche corse e ci si accorge che alla Tre Valli Varesine, sulla Colnago V3RS dello sloveno facevano bella mostra di sé i freni a disco. Pioveva e il percorso non presentava salite particolarmente impegnative (secondo i suoi standard, ovviamente). Nel giro di pochi giorni invece, proprio al Giro di Lombardia, la sua bici era tornata indietro ai freni di una volta. Al Tour stessa storia. Nella tappa vinta sotto la pioggia a Le Grand Bornand i freni a disco, in quella sul col du Portet i freni tradizionali.

Alla Liegi, ripida e asciutta, corre e vince con freni a disco
Alla Liegi, ripida e asciutta, corre e vince con freni a disco

Quasi 300 grammi

Sembra che la cosa lo diverta e probabilmente ha ragione lui. Il rapporto fra Pogacar e la bici è improntato a una sola regola: deve essere leggera.

«Il peso è molto importante per me – ci ha detto ieri – perché sulle salite il valore che comanda è il rapporto watt/chilo e io non sono di sicuro il corridore più leggero del gruppo (Tadej pesa 66 chili, ndr). Fra le due bici montate diversamente, la differenza è di 300 grammi. Molto, se pensate che per abitudine mi concentro molto sui dettagli. Anche la scelta delle scarpe con i lacci, ad esempio, che alla Vuelta del 2019 usavo solo io mentre ora in gruppo se ne vede già una decina, sono certamente molto belle, ma anche superleggere».

Al Tour, sul Col du Portet, usa freni tradizionali e vince
Al Tour, sul Col du Portet, usa freni tradizionali e vince

Ruote leggere

Torniamo però ai freni, punto caldo della storia, per capire se esista un criterio in base al quale Tadej scelga l’uno o l’altro. Se preferisca un sistema o l’altro quando piove, se ci sono discese difficili…

«In alcune corse – ha spiegato – abbiamo l’opzione di usare una bici o l’altra. A me piacciono entrambe e così prima del Lombardia mi sono lasciato guidare dall’istinto. Ho pensato che soprattutto nel finale c’erano due salite molto ripide e nel finale magari avrei potuto provare un’azione. Così ho pensato che sarebbero servite le ruote più leggere e quelle le hai soltanto con i freni normali. Non mi faccio condizionare dal meteo, i due sistemi per me vanno bene anche se piove. Comanda il peso. Per questo ho scelto di lasciare sul camion la bici con i dischi».

Tour 2021, Le Grand Bornand: piove, attacca da lontano, guadagna quasi 4 minuti con freni a disco
Tour 2021, Le Grand Bornand: piove, attacca da lontano, guadagna quasi 4 minuti con freni a disco

Un fatto di testa

A questo punto però la curiosità da utente ci porta a chiedergli se per lui sia così facile passare da una frenata all’altra, dato che la risposta della bici all’azione frenante è piuttosto diversa. La sua risposta fa pensare a quanto tutto gli riesca facile e la naturalezza con cui vive il suo feeling con la bici e con lo sport.

«La differenza c’è – ha risposto – ma non trovo che cambiare sia tanto difficile. Ne ho una montata con i dischi in Slovenia e una con i freni normali a Monaco, così mi alleno indistintamente con l’una e con l’altra. L’importante è avere la concentrazione di ricordarsi quale sto usando. Bastano due pinzate per riprendere le misure e poi si va tranquilli».

Potendo scegliere, i freni sono come le gomme: si cambiano a seconda dei percorsi e tutto sommato il discorso ha la sua logica. Aveva freni a disco alla Liegi, ad esempio, dove le pendenze estreme non mancano. Ha usato un sistema e l’altro, assecondando le sue sensazioni e a tratti le esigenze dello sponsor. Con estrema naturalezza, come fanno i campioni.

Freni a disco e tradizionali: consumi a confronto

25.07.2021
5 min
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Proviamo a fare un confronto su alcuni consumi fra le bici con freno a disco e quelle con freni tradizionali. Un paragone che di riflesso riguarda anche le gomme. L’idea nasce nella prima tappa del Giro della Valle d’Aosta. In ammiraglia Colpack-Ballan già a metà della prima discesa era forte l’odore dei pattini freno sulle piste in carbonio che proveniva dai corridori che ci prevedevano di qualche secondo.

E così abbiamo chiesto alle due squadre italiane maggiori presenti nella corsa valdostana come è andata. Le due squadre sono la Colpack che in questa occasione ha usato freni tradizionali, e il Cycling Team Friuli, che invece ha usato freni a disco.

I freni caliper della Colpack. Dopo due tappe sono stati sostituiti
I freni caliper della Colpack. Dopo due tappe sono stati sostituiti

I tradizionali della Colpack

«Il consumo dei pattini freno dipende molto sia dal cerchio che dalla mescola del pattino – spiega Stefano Casiraghi, meccanico della Colpack – chiaramente qui parliamo di cerchi in carbonio. Nell’ultimo Valle d’Aosta se avessimo scelto una mescola più dura avremmo coperto l’intera tre giorni, invece li ho sostituiti dopo due tappe. Ma come abbiamo visto il percorso era molto esigente.

«Noi usiamo dei pattini Swisstop che ci fornisce Ursus quando ci dà le ruote. Sono pattini abbastanza morbidi. Al Giro U23, dove non tutte le tappe erano così difficili (altimetricamente parlando, ndr) li ho cambiati ogni 5 giorni. E con la pioggia si consumano il doppio: sia perché i corridori frenano di più, sia perché con lo sporco si ha un effetto “carta vetrata”. In tappe alpine il consumo è sensibile anche durante la tappa e di conseguenza varia la corsa della leva, ma questa cosa le gestiscono i corridori stessi con la “rotellina” sul freno e regolano la corsa della leva in gara».

Per avere un parametro di confronto sui consumi, ecco cosa ci ha detto Matteo Cornacchione, meccanico della Ineos, squadra che utilizza ancora i freni tradizionali. «Al Giro d’Italia (tre settimane, ndr) gestivo le bici di Ganna e Moscon e se non ricordo male ho cambiato due volte i pattini di Ganna sul freno anteriore e una volta sul freno posteriore. Calcolate che Filippo è un “ragazzino” di 80 chili e quando “pinza” non scherza! Noi usiamo solo pattini Shimano».

Le ruote del Cycling Team Friuli: da notare l’ampio diametro del disco
Le ruote del Cycling Team Friuli: da notare l’ampio diametro del disco

I dischi del Ctf

A Casiraghi replica Andrea Fusaz. Quest’ultimo è diesse e preparatore del Ctf, ma è stato anche responsabile tecnico del team friulano al Valle d’Aosta.

«Anche se il percorso della tre giorni aostana è stato impegnativo – dice Fusaz – noi non abbiamo registrato un consumo eccessivo del sistema frenante. Dischi e pastiglie li abbiamo sostituiti  prima del via. Su cinque corridori, quindi dieci coppie di ferodi, ne abbiamo sostituite solo due».

Il motivo di un consumo così basso è dovuto anche al fatto che il Ctf, ha utilizzato (come fa spesso) dei dischi molto grandi: 160 millimetri. Questi dipanano meglio il calore e oltre che essere più potenti (ed offrire una frenata più modulabile) sono anche più gentili con le pastiglie stesse. «Noi – riprende Fusaz – usiamo le pastiglie che ci fornisce Campagnolo».

Anche in questo caso facciamo un paragone con il mondo dei pro’. Gabriele Tosello, capo dei meccanici in Astana ci dice che: «Al Giro tutti i giorni di riposo facciamo il check delle bici. In quel momento controlliamo anche dischi e pastiglie e queste le sostituiamo. Ma attenzione, non sono finite. Sono al 50 per cento della loro durata o poco più. Tuttavia preferiamo cambiarle per evitare che nelle tappe successive il corridore si trovi “senza freni” all’improvviso. Che poi senza freni non ci restano, ma la frenata gli si allunga parecchio. Specie in caso di maltempo: con lo sporco che alza l’acqua si consumano un po’ di più. La durata del disco? Un Giro ce lo fai tutto, almeno che non prendano una scaldata importante. E il paio di dischi che ho cambiato è stato per questo motivo. Altrimenti 4.500-5.000 chilometri ce li fanno tranquillamente».

Al Valle d’Aosta 2021 poche tappe ma molto severe, anche per i mezzi
Al Valle d’Aosta 2021 poche tappe ma molto severe, anche per i mezzi

E i consumi delle gomme?

Ma la scelta fra dischi e freni a pattino si ripercuote anche sulle gomme: sulla loro scelta e di conseguenza sui loro consumi.

«Con il freno tradizionale – riprende Casiraghi della Colpack – preferisco non montare i tubeless, ma solo i tubolari. L’eccessivo calore che si sviluppa in frenata con il tubeless o il copertoncino rischia di spaccare il cerchio, meglio il tubolare. Infatti al Giro, Gazzoli e Baroncini che avevano i dischi hanno usato il tubeless: un po’ più pesante, ma più scorrevole. Pirelli ci fornisce molto materiale e per questo sono partito per il Valle d’Aosta con gomme tutte nuove. La corsa è stata di poco superiore ai 400 chilometri e non ho sostituito gomme. A fine competizione il battistrada aveva ancora il 60% da consumare».

E questa teoria (a parti inverse) ce la conferma Fusaz. «Noi con i dischi abbiamo optato per i tubeless. Pensate, abbiamo avuto quattro forature, ma tutti i ragazzi hanno finito la corsa regolarmente grazie al liquido sigillante. Certo, avevano la pressione a 3 bar, ma non hanno avuto bisogno di fermarsi o di farlo con urgenza. Non abbiamo problemi di frenata e sono più scorrevoli. Semmai il problema è convincere i ragazzi ad usare pressioni più basse in gara. Per un atleta di 60 chili non andiamo oltre le 6,5 bar, mentre loro vorrebbero sempre gomme “di pietra”. Con i Veloflex (25 millimetri) ci troviamo molto bene. Hanno una mescola molto morbida e infatti al termine del Valle d’Aosta ci restava circa il 20% di battistrada».

Roche, le bici veloci e i corridori che non frenano

25.05.2021
3 min
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Nicholas Roche ha la testa che gira più veloce delle parole. E così quando, nel giorno di riposo del Giro d’Italia, in un discorso a proposito della sua bici si finisce a parlare di quanto siano migliorati i mezzi meccanici e quali conseguenze ciò abbia sulla sicurezza in corsa, davanti a noi si apre il mondo affascinante e un po’ folle di ciò che c’è in realtà nella testa dei corridori.

«Ci hanno venduto i freni a disco parlando della sicurezza – ride l’irlandese – omettendo di dire che grazie ai dischi, ai telai sempre più aerodinamici e alle ruote velocissime, ci si spinge ancora più vicini al limite. Le discese sono pazzesche. In pianura si vola. Negli ultimi due o tre anni, c’è stato un salto di qualità pazzesco».

La cadute non sempre dipendono dagli ostacoli, ma dai corridori che non frenano
La cadute non sempre dipendono dagli ostacoli, ma dai corridori che non frenano
Anche in salita?

Anche in salita. Bernal è Bernal, ma i nuovi materiali hanno alzato le velocità anche sulle montagne e sugli strappi e ovviamente in pianura. Le bici perdonano meno errori e questo secondo me è la causa di tante cadute. Okay, le regole dell’Uci sono a volte pazzesche, ma non è sempre colpa degli altri. Gli organizzatori cercano tutte le situazioni che possano produrre spettacolo. Il ponte con il vento, messo proprio per fare i ventagli. Il tratto di strada flagellato dal vento, per lo stesso motivo. Gli organizzatori fanno la loro parte, il resto lo fanno i corridori.

Che cosa significa?

Che non freniamo. Che il livello è così alto, che anche per prendere una salita di 15 chilometri fai la volata. Devi stare in posizione, usare la squadra, non c’è posto per la prudenza. Vi racconto un aneddoto.

Prego…

Anni fa andammo da uno psicologo dello sport in Danimarca. Ci portò Riis e siccome non avevamo dietro le bici, durante il giorno facevamo palestra. Un giorno il tipo venne e ci chiese di immaginare che cosa avremmo fatto se avessimo trovato davanti un tunnel buio. Io gli risposi che avrei accelerato, lui mi rispose che la normalità sarebbe stato frenare. Deve aver pensato che fossi pazzo, ma è un fatto che ad ogni curva pericolosa, tunnel o strettoia, il corridore accelera. In gruppo c’è tanto stress che produce cadute inutili. Se la radio annuncia che dopo il Gpm c’è una discesa pericolosa, ci sono almeno 8 squadre che fanno la volata per prenderla davanti. La colpa è dei corridori che non frenano.

Quando il gruppo vede una galleria buia, secondo Roche, di solito accelera
Quando il gruppo vede una galleria buia, secondo Roche, di solito accelera
Quando dovrebbero frenare?

Avete presente le rotonde in Italia, che hanno quella specie di rientranza del marciapiede, fatta per costringere le auto a fare una semicurva e rallentare? Se sei sulla destra e ti allarghi per fare segno del pericolo, in quel poco spazio di sicuro si infila qualcuno. Se la discesa è veloce e lasci spazio davanti per sicurezza, ne trovi almeno due che si infilano e si buttano dentro.

Sempre stato così?

Diciamo che la mentalità del corridore è sempre stata questa, ma ultimamente è peggiorata. E’ l’evoluzione della gara e di chi impara dagli errori e diventa a sua volta più cattivo, stressato preciso. Se perdi una corsa perché mentre eri a centro gruppo qualcuno ti è andato via da davanti, stai sicuro che la volta dopo vorrai stare davanti anche tu. E cosa succede se 180 corridori vogliono stare davanti? Si cade. Rischiare fa parte del mestiere, basta solo essere consapevoli che tante volte ce la cerchiamo con manovre da matti.

Giant Propel, la bici perfetta per sfidare il vento

24.05.2021
2 min
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La Giant Propel cattura immediatamente l’attenzione per la forma del telaio, realizzato ricorrendo alle più elevate tecnologie della casa taiwanese, che appare solido e aerodinamico. Infatti la bici è stata progettata meticolosamente per riuscire a esaltare le prestazioni, nelle situazioni in cui c’è una particolare resistenza da parte del vento frontale e laterale. Il telaio è realizzato con fibre di carbonio di alta qualità che conferiscono alla bici caratteristiche interessanti in termini di rigidità e leggerezza. Osservandola bene ci si rende conto che i raccordi fra i segmenti che compongono il telaio sono stati sagomati per ridurre al minimo le turbolenze create dagli angoli vivi e rendono anche più avvincente l’estetica della Propel 2021. Il tubo piantone è sagomato e riduce la sua sezione nella parte inferiore che si congiunge al movimento centrale per accorciare ulteriormente il carro. In questa configurazione la Propel 2021 è presentata con ruote Giant SLR 1 Carbon, con un profilo di 42 mm per l’anteriore e 65 mm per quella posteriore, entrambe con perno passante che migliora la rigidità della bici.

La nuova Giant Propel 2021
La nuova Giant Propel 2021

Propel, reattiva e comoda

Montata con freni a disco è una bicicletta estremamente reattiva, infatti nel momento in cui si scatta asseconda la spinta in maniera soddisfacente. Il manubrio e l’attacco manubrio sono integrati, al fine di migliorare la guidabilità del mezzo. I freni a disco invece sono integrati nel telaio con pinze Flat Mount. Il design è sobrio ed elegante, con una colorazione a tinta unita. Il prezzo consigliato al pubblico parte da 5.149 euro.

giant-bycicles.com