EDITORIALE / La vittoria di Conca e il meccanismo che s’inceppa

30.06.2025
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Se Filippo Conca non avesse vinto la maglia tricolore, chi avrebbe saputo parlare di lui? Quanti corridori come il lombardo sono passati e continuano a passare, archiviati come pratiche scadute per lasciare spazio alle altre? Qualcuno ha scritto che sarebbe il tempo di riscrivere le regole: forse non accadrà, ma di certo è utile fermarsi per una riflessione.

Ci bombardano con l’equazione del momento, che collega in maniera diretta l’insieme dei valori fisiologici e le prospettive di carriera e guadagno di un atleta. Sarà pure giusto, anzi lo è di certo. Tuttavia si è persa di vista la consapevolezza che non si possa archiviare un lavoratore se per i più svariati motivi non è ancora riuscito a esprimersi. Qui si parla di vite, famiglie, mutui, aspirazioni, sofferenze e futuro. Si parla di persone e lo si fa con superficialità, spinti dall’obiettivo del guadagno e con la leva piantata a fondo nei sogni di ragazzini non troppo consapevoli.

Conca ha 26 anni ed ha corso per quattro tra i pro’: gli ultimi mesi sono stati una prova di volontà, ma non sono stati facili
Conca ha 26 anni ed ha corso per quattro tra i pro’: gli ultimi mesi sono stati una prova di volontà, ma non sono stati facili

Niente accade per caso

Se Filippo Conca non avesse vinto la maglia tricolore, l’equazione avrebbe confermato l’atteso risultato. Invece l’ordine di arrivo del campionato italiano mette alle spalle di Filippo il meglio del ciclismo italiano: il lungo elenco dei ragazzi più o meno prodigiosi, fra cui quelli che in un modo o nell’altro hanno preso il suo posto nel gruppo. Non solo. Lo Swatt Club, che ha permesso a Conca di continuare a correre, ha piazzato nei primi cinque anche Mattia Gaffuri. E allora ti chiedi: come è possibile?

Certo, la maglia tricolore già in altre occasioni è finita su spalle estemporanee, ma questo non è più il ciclismo di ieri. Questo è il ciclismo in cui un’equazione stabilisce chi possa o non possa vincere e allora la vittoria di Conca non può essere per caso. Lo ha detto benissimo Covi, intervistato subito dopo da Filippo Lorenzon. E lo dicono anche i valori di Conca, che è arrivato alla gara tricolore lavorando in altura e correndo dovunque gli sia stato permesso, con piazzamenti di eccellenza nel gravel e anche al Giro d’Austria.

Nizzolo abbraccia Conca: fino al 2024 i due sono stati ompagni di squadra, poi la Q36.5 ha scelto di non confermare Filippo
Nizzolo abbraccia Conca: fino al 2024 i due sono stati ompagni di squadra, poi la Q36.5 ha scelto di non confermare Filippo

Il granello nel meccanismo

Se Filippo Conca non avesse vinto la maglia tricolore, probabilmente avrebbe smesso di correre. Magari non subito, tuttavia il binario lungo il quale lo avevano incanalato portava verso un silenzioso abbandono delle scene. Al momento di ricomporre il suo organico, la Q36.5 aveva scelto infatti di fare a meno di lui, puntando su altri nomi. Forse per questo, tagliando il traguardo, Filippo ha imposto a sua volta il silenzio con un chiaro gesto della mano.

Alle sue spalle sul rettilineo di Gorizia c’erano corridori WorldTour in condizione per il Tour de France e quelli delle professional che lottano su ogni traguardo per la caccia ai punti. Anche atleti dei vari devo team e delle continental di casa nostra. Un tricolore così non si vince per caso, eppure fino a pochi minuti dal via nessuno avrebbe puntato un solo centesimo su Conca. C’erano i grandi campioni e i giovani talenti. In questo ciclismo che a volte dimentica cosa sia davvero un corridore e che spesso viene governato dagli agenti più che dai tecnici, la vittoria di Conca è il classico granello che fa inceppare il meccanismo. Qualcosa di cui parlare, per evitare che venga ricondotto a casualità o fortuna.

Clamoroso a Gorizia. Vince (meritando) il non-pro’ Filippo Conca

29.06.2025
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GORIZIA – Nel ciclismo dei grandi budget, del WorldTour, della ricerca, può accadere anche che un ragazzo non professionista vinca il campionato nazionale. A Gorizia il tricolore è finito sulle spalle di Filippo Conca. Il corridore lecchese ha battuto Alessandro Covi della UAE Emirates e Thomas Pesenti, quest’ultimo appartenente al devo team della Soudal Quick-Step.

Attenzione, Filippo Conca non è uno sconosciuto. E’ un non professionista solo a livello burocratico, perché è un corridore vero. Uno di quelli che fino a tre anni fa era nel WorldTour con la Lotto Soudal e fino allo scorso autunno correva per la Q36.5. Ma il fatto che un atleta di un club, perché la sua squadra, lo Swatt Club, è una ASD, neanche una continental – vinca una corsa del genere, è una notizia. E’ un titolo. E anche qualcosa che fa riflettere.

Battuto Covi

Ricostruiamo questa giornata. Partenza torrida, o quantomeno afosissima, da Trieste. Subito un attacco con dentro alcuni compagni di Conca, tra cui Francesco Carollo e Lorenzo Ginestra. Poi la gara scorre sorniona tutto sommato. Tutti aspettano la XDS-Astana: sono in dieci e sono forti, controllano ma evidentemente le gambe non sono al top.

Al secondo passaggio sul San Floriano, lo strappo di giornata, si muove Covi. Lo seguono Pesenti, Aleotti, Conca, e rientrano alcuni dei fuggitivi. Covi prova ad andare via sull’ultimo scollinamento, e quasi ci riesce, ma Conca stringe i denti fino all’ultimo e tiene. Mattia Gaffuri, anche lui dello Swatt Club, rientra e la volata è a cinque.

Conca vince con mezza ruota su Covi, poi si porta il dito alla bocca, prima di accasciarsi a terra e dire: «Ora tutti zitti». Sfogo sincero, che non ci rivelerà neanche più tardi, ma che probabilmente ha dei destinatari ben precisi.

Splendidi gli scenari del Collio. Il caldo, a detta di molti, tra cui De Marchi si è fatto sentire: «Se facevi un fuorigiri non lo recuperavi»
Splendidi gli scenari del Collio. Il caldo, a detta di molti, tra cui De Marchi si è fatto sentire: «Se facevi un fuorigiri non lo recuperavi»

Scoppia la gioia

«Davvero è una grandissima emozione – racconta Conca – sono stati mesi difficili. A ottobre mi sono trovato senza squadra, dopo quattro anni di sacrifici per le varie squadre in cui ero. Aspettavo questo momento proprio da ottobre. In questi mesi ho lavorato tanto. Mi sono dedicato un po’ al gravel, giusto per avere degli obiettivi, per restare focalizzato, perché altrimenti sarebbe stato davvero duro fare nove, dieci mesi senza gare».

Conca quest’anno ha all’attivo, compreso oggi, 11 giorni di corsa. Oltre alla Torino-Biella di aprile, l’unica corsa su strada a cui ha preso parte è stata l’Oberösterreich Rundfahrt, una breve gara a tappe austriaca di categoria 2.2. Le altre prove erano tutte gravel, tra cui la nota Traka.

«Nel finale – riprende Filippo – ho sofferto tanto. Non ero il più forte, ma ho tenuto duro. Proprio tanto duro. Oltre me stesso sull’ultima salita. Ogni giro scollinavo al limite. In volata sapevo che Covi era più veloce, ma sapevo anche che se fossi entrato nel tratto in pavé con più velocità, avrei avuto una chance. E così è stato».

Terremoto Conca

Senza dubbio, quella di Conca è una storia importante. Una storia che in qualche modo ricorda il ciclismo di 80-100 anni fa, quando c’erano i famosi “isolati”, corridori senza squadra. Filippo una squadra ce l’ha, ma non è professionistica. Dove vedremo la maglia tricolore? Che succederà ora? E cosa si dirà del ciclismo italiano? Queste erano le domande che circolavano tra gli addetti.

Il suo procuratore, Manuel Quinziato presente sul traguardo, era felice. Sa che da oggi dovrà e potrà trovargli una sistemazione in un altro team. Non essendo nemmeno in una continental, a Conca non serve aspettare il 1° agosto per cambiare maglia. Tutto è (già) in movimento.

I meno sorpresi, qualcuno è addirittura felice, sono i corridori. Tra tutti, Giacomo Nizzolo, ex compagno di squadra e amico di allenamenti quotidiani, appena arriva, lo abbraccia: «Ma cosa hai fatto? Cosa è successo? Bravo, bravo!». Quasi piange Nizzolo, che ha appena annunciato il suo ritiro a fine stagione.

Ma se c’è chi si pone dubbi, c’è chi festeggia. Lo Swatt Club esplode di gioia: amici, appassionati, compagni di Conca, cicloamatori tesserati del club venuti a dare una mano… Alzano cori su cori. Il suo team manager Beretta è commosso: «Ha vinto un ragazzo fortissimo. Non capisco perché uno con dei numeri come i suoi sia fuori dal giro che conta. Quanto prende Conca? Ma quale stipendio. A fine anno gli lascio due bici».

Intanto il neotricolore è appena sceso dal podio e sfoggia la sua maglia che sa di spumante: «Se mi rendo conto che questa vittoria è un terremoto per il ciclismo italiano? Sì, sicuramente è un terremoto. Non so cosa cambierà, né voglio pensarci. So solo che io sono uno dei pochi che ha creduto in questa giornata. Ringrazio loro… e me stesso».

La volata di Gorizia. Conca parte lungo e si lancia forte prima degli ultimi 100 metri in pavè… Covi invece segue un’altra traiettoria

Preparazione miratissima

Conca, classe 1998, ha un buon palmarès tra gli Under 23 e anche qualche piazzamento tra i pro’. Oggi a fare la differenza è stata la determinazione. E lui lo sa. Lo dice.

«Mi sono preparato benissimo, anche senza il supporto di una WorldTour. Ho fatto uno step in avanti. Questo ciclismo è talmente veloce che tanti corridori corrono troppo. Tappano i buchi e non arrivano mai pronti come ho fatto io negli ultimi quattro anni. Alla fine non mi sono mai davvero potuto preparare bene ed essere al top. Stavolta, invece, ho potuto preparare al meglio questo obiettivo.

«In altri sport, come la maratona, ci si prepara per mesi per una gara. Questo mi ha aiutato. Sapevo che molti oggi erano stanchi dopo il Giro d’Italia. Un tempo si usciva dal Giro con gran forma, oggi sembra il contrario. E questo, pur non avendo ritmo gara, è stato a mio favore».

Ma se questa vittoria è clamorosa per molti, lo è meno per Conca stesso. Sentite qua: «Nizzolo è un grande amico. Con lui, ma anche con Marco Tizza, Simone Petilli… mi sono allenato tanto. Mi hanno motivato a non mollare. Sono stato anche in altura: a maggio ero a Livigno e ho fatto una brutta caduta per colpa di una marmotta in discesa. Ma non ho mollato. Dopo una settimana fermo, ho ripreso a prepararmi per questo obiettivo».

«Davvero sono contento. Contento di aver vinto, ma forse ancora di più di aver avuto la testa per non mollare in questi mesi».

Il progetto Swatt Club, una squadra diversa dalle altre

05.02.2025
5 min
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Due corridori lo scorso anno, ora sono 8, ma il cammino dello Swatt Club è appena iniziato. E piano piano nell’ambiente ciclistico si parla sempre più del team lombardo, che pur non essendo neanche continental sta scalando rapidamente le gerarchie. Nel team c’è chi il WorldTour l’ha anche assaggiato come Filippo Conca e chi ha vestito la maglia di campione continentale come il danese Kasper Andersen (oro junior nel 2020) correndo per breve periodo anche al fianco di Pogacar.

Carlo Beretta, ex azzurro di sci alpino, che ha lanciato il progetto Swatt Club con grandi ambizioni
Carlo Beretta, ex azzurro di sci alpino, che ha lanciato il progetto Swatt Club con grandi ambizioni

Dal blog alla strada

A gestire il tutto è un giovane imprenditore, Carlo Beretta, con un passato azzurro nello sci alpino, che ha iniziato con il progetto svariati anni fa.

«Inizialmente era un semplice blog, Solowattaggio – racconta – poi nel 2017 abbiamo lanciato il club ciclistico trovando fra coloro che ci seguivano sui social un riscontro enorme, superando i 900 affiliati provenienti da tutta Europa. Ci siamo dedicati alle gran fondo con ottimi risultati, ma volevamo di più. Così lo scorso anno abbiamo iscritto la squadra con soli due corridori: Mattia Gaffuri e il danese Asbjorn Hellemose, approdato quest’anno al team Jayco Alula. Mattia nelle GF vinceva a ripetizione, ma non era quella la sua dimensione, mentre Asbjorn ha ritrovato la verve giusta per risalire dopo le due stagioni alla Trek».

Mattia Gaffuri, corridore del team e preparatore per i suoi compagni, tornato in finale alla Zwift Academy
Mattia Gaffuri, corridore del team e preparatore per i suoi compagni, tornato in finale alla Zwift Academy
Guardando la carta d’identità dei vostri corridori, non è un club di under 23…

Noi guardiamo oltre, vogliamo dare a chi lo merita una seconda chance, l’opportunità di guadagnarsi il ciclismo che conta anche avendo superato l’età che oggi viene ritenuta imprescindibile, quella della categoria juniores o i primi anni da U23. Vogliamo dare spazio a chi non trova un’occasione, un contratto, ma non siamo noi a cercarli e su questo punto vorrei mettere l’accento. Ci sono arrivate oltre 200 richieste dopo che abbiamo dato diffusione al nostro progetto.

Come vi state muovendo per entrare nel ciclismo che conta, pur non essendo neanche continental?

Il ciclismo deve essere di alto livello a prescindere da queste che sono etichette. Noi ad esempio abbiamo messo insieme partner tecnici di livello assoluto, degni del WorldTour, ma vogliamo procedere per gradi, consolidandoci e seguendo la nostra filosofia. Ad esempio il nostro calendario sarà per il suo 90 per cento estero. Abbiamo già ottenuto molti inviti, saremo in Norvegia per due Grand Prix a maggio e a giugno andremo addirittura oltre Atlantico, correndo a New York e il Giro del Canada. Forse saremo anche all’Oberosterreich. Di corse potrebbero essercene tantissime, ma noi vogliamo anche arrivarci preparati, fare la nostra figura, non partecipare tanto per esserci. Inoltre c’è la componente gravel…

Farete quindi la doppia attività?

Diciamo che alla squadra per la strada sarà affiancato un gruppo più ristretto che seguirà il calendario gravel, con 4 corridori. E’ un progetto diverso. Sarebbe stato scontato fare una squadra continental, ma avremmo dovuto avere il 50 per cento dei corridori di categoria U23 e non è quello il nostro scopo. I nostri corridori hanno ruoli ben definiti: Conca e Garavaglia sono gli elementi più esperti, saranno i nostri leader a rotazione, mentre Gaffuri unirà il suo ruolo di corridore a quello di preparatore dandogli modo di proseguire in questa attività che gli sta dando molte soddisfazioni.

Conca è un elemento di spicco, uscire dall’ambiente WorldTour/professional non è semplice. Come lo avete convinto?

Filippo è il prototipo del ciclista cui ci rivolgiamo. Uno che è arrivato nella top 10 di tappa alla Vuelta non può non avere qualità, io credo che con noi avrà modo di rimetterle in mostra e tenere vivo il suo sogno. Inoltre so che tiene a far bene al campionato italiano e noi gli daremo tutto il supporto necessario.

Filippo Conca è il nome di spicco del club, in cerca di rilancio dopo un approccio difficile con i pro’
Filippo Conca è il nome di spicco del club, in cerca di rilancio dopo un approccio difficile con i pro’
Perché tante gare all’estero?

Perché sono esperienze fondamentali. La maggior parte dei nostri corridori ha corso raramente fuori, ma il ciclismo vero è quello, lì si impara davvero. Io voglio gente motivata, è stato questo concetto alla base delle nostre scelte, analizzando le richieste che ci arrivavano, vogliamo corridori affamati non solo di risultati, ma di esperienze nuove, di vita. Il calendario italiano non fa crescere, i ragazzi hanno bisogno di altro. Noi comunque alcune gare le faremo, soprattutto daremo modo a chi non è in trasferta di non rimanere fermo.

Come avete scelto i corridori?

Abbiamo anche chiesto in giro, a contatti dei quali ci fidiamo. Sui due danesi, ad esempio, abbiamo sentito Hellemose che li conosce e ha garantito per loro. Uno come Petitti, ad esempio, ha già vinto una classica U23 come quella di Poggiana, ora deve crescere e come lui Carollo. Intorno a loro stiamo costruendo la struttura, ci sarà ad esempio un meccanico fisso, poi a sostegno di tutto abbiamo anche fatto qualcosa di innovativo.

Il successo di Nicolò Petitti al GP Sportivi di Poggiana nel 2023
Il successo di Nicolò Petitti al GP Sportivi di Poggiana nel 2023
Spiegati meglio…

Noi ci affidiamo anche alla vendita di abbigliamento e materiale sportivo attraverso il nostro sito, questo sostiene anche il progetto insieme agli sponsor. Abbiamo chiesto a Giorgio Brambilla, voce e volto di GCN Italia, di seguire i nostri ragazzi all’estero come direttore sportivo e ci ha detto di sì compatibilmente con altri impegni, ma avremo anche un altro paio di ragazzi già avvezzi al ruolo, tra cui uno danese. Poi ci sarò anche io. Andremo avanti accumulando esperienze, correggendo il tiro, perché abbiamo intenzione di compiere un cammino lungo e fruttuoso.

Allarme soprasella, Conca e Masnada tra i tanti

03.11.2023
6 min
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Due casi in pochi mesi. Due stagioni martoriate da questo “infortunio”. Fausto Masnada e Filippo Conca sono due dei tanti casi che hanno riscontrato problemi al soprasella. Situazioni simili, non uguali, che portano alla luce una piaga a cui molti ciclisti ogni anno vanno malauguratamente incontro. 

Filippo e Fausto per ripartire sono dovuti ricorrere all’operazione chirurgica. Entrambi si sono affidati all’esperienza del Chirurgo maxillo facciale, Antonino Cassisi: «Spero che questo articolo sia letto da più persone possibili e che aiuti a sensibilizzare chi si trova a fare i conti con questa condizione. E’ un problema risolvibile con una diagnosi mirata. Masnada ha perso più di un anno e di recente ho operato un ex dilettante che ha dovuto smettere dopo anni senza sapere di cosa stava soffrendo». 

Antonino Cassisi chirurgo che in passato ha operato anche Vincenzo Nibali
Antonino Cassisi chirurgo che in passato ha operato anche Vincenzo Nibali
Partiamo con lo spiegare di cosa si tratta…

Innanzitutto loro (Masnada e Conca, ndr) non sono gli unici, sono solo gli ultimi di una lunga lista. E’ una condizione molto comune a questi atleti, se noi pensiamo che passano parte della loro vita su un sellino piccolissimo. Cinque o sei ore al giorno di allenamento più le gare su una zona che di per sé è molto delicata. Ci sono delle ghiandole sebacee particolari, ci sono ghiandole sudoripare. Se non si è maniacali nell’igiene di quella zona, è chiaro che poi si comincia con una follicolite e poi si passa ad una piccola cisti e infine si arriva ad avere delle cisti di dimensioni anche di 10 centimetri. E’ una zona molto particolare, dove tra l’altro ci sono anche degli spazi proprio anatomici, per cui certe volte capita che delle cisti sembrino più piccole di quelle che in realtà sono, perché si insinuano in questi spazi. 

Quali sono le cause?

Fondamentalmente lo sfregamento continuo in una zona molto delicata. Spesso vediamo delle semplici micosi nella zona inguinale nelle persone normali. Immaginiamo in questi atleti che continuamente sfregano per ore al giorno. 

Come si può prevenire?

Con un’igiene scrupolosa. Per igiene, io consiglio sempre la depilazione completa in tutta la zona del perineo e nella zona inguinale. E’ importante tenere quell’area sempre molto asciutta. Dopo la doccia è fondamentale asciugarsi molto bene. E’ una cosa banale ma può essere determinante. Usare creme particolari non serve, è meglio usare un po’ di talco. 

L’infezione ha costretto Conca a concludere la stagione anticipatamente
L’infezione ha costretto Conca a concludere la stagione anticipatamente
L’igiene anche del pantaloncino…

Esatto. In ogni squadra sarebbe molto utile che ognuno pulisse il proprio. Non tutti in una lavatrice perché anche questo può portare ad una contaminazione batterica, che in caso di infezione si traduce in un processo infiammatorio. Tant’è vero che appena somministriamo l’antibiotico specifico agli atleti, quasi sempre la cisti si riduce a tal punto che poi può essere operata. Perché quando queste cisti sono molto infiammate non possono neanche essere operate. 

Si arriva in dei casi a un’infezione…

In un area così delicata avere una cisti di 10-12 centimetri è una condizione molto impegnativa per il fisico. Essendo atleti di alto livello, una terapia antibiotica non è proprio l’ideale. Come sappiamo, gli antibiotici in atleti di altissimo livello, che sono sottoposti a sforzi enormi, possono avere conseguenze anche sui tendini e sui muscoli. Ci sono degli antibiotici che noi non diamo proprio per questo, perché sappiamo che possono determinare lesioni tendinee o muscolari. Quindi è chiaro che non è una situazione facile. Appena cominciano i primi sintomi, che può essere anche solo un foruncolo, bisogna  intervenire con l’antibiotico e possibilmente anche con l’escissione. Perché ormai è esperienza comune che quando una cisti sebacea si infetta, anche se gli si dà la terapia antibiotica, se non si fa un’asportazione chirurgica dopo qualche mese ritorna perché è sottoposta allo stimolo di sfregamento. La frizione meccanica che c’è in quell’area è devastante.

Prima dell’operazione Conca ci disse che doveva rimanere a riposo assoluto…

Assolutamente. Se ci si allena in bici, si infiamma e se si erano fatti due passi avanti se ne fanno dieci indietro. Si può fare palestra e qualche passeggiata per mantenere un po’ di allenamento. Tutto questo però perché Filippo è arrivato ad uno stadio avanzato che ha richiesto una fase pre operatoria importante. 

Fausto Masnada dopo l’operazione ha ripreso la stagione risolvendo chirurgicamente il problema al soprasella
Fausto Masnada dopo l’operazione ha ripreso la stagione risolvendo chirurgicamente il problema al soprasella
In cosa consiste l’operazione?

Dipende perché in Masnada ho fatto un certo tipo di intervento in quanto la problematica era diversa. In Filippo ho fatto un altro tipo di intervento perché la problematica era un’altra ancora. In altri ho fatto l’escissione di una cisti vera e propria. Quindi dipende e va valutato. Non è che sempre si presenta con le stesse problematiche, non sono sempre uguali, certe volte c’è una ciste ben formata che si fa sfiammare con la terapia antibiotica e poi fai un’escissione e la si porta via. In altri invece devi portar via del tessuto dove ci sono delle ghiandole che si sono infiammate. In Conca, per esempio, ho dovuto asportare un tessuto fibroso perché quando queste cisti poi vengono trattate come nel suo caso con una terapia antibiotica molto importante, anche endovenosa, a quel punto si forma proprio una fibrosi.

I tempi di recupero ovviamente variano in base anche a questo?

No, anche se dipende dalla grandezza, l’estensione, per esempio. Masnada era molto estesa. Filippo era un po’ più particolare, l’incisione chirurgica è stata meno estesa, anche se è stata importante. Dopo un mese loro possono riprendere appieno la loro attività e questo vale per tutti. Dopo due settimane, la ferita è guarita. A quel punto, si consiglia sempre di finire tutta la fase post operatoria comunque perché c’è sempre l’edema chirurgico, il gonfiore post operazione.

Il lavaggio del pantaloncino è un passaggio fondamentale della prevenzione (foto Mantel)
Il lavaggio del pantaloncino è un passaggio fondamentale della prevenzione (foto Mantel)
Rimane il rischio di una ricaduta?

No, nella zona dove in genere si fa l’intervento no. E’ vero, si può formare dall’altra parte o in altro posto. E questo nessuno lo può dire. Il segreto è la prevenzione

La tipologia di detersivo può incidere nella prevenzione? Oggi si utilizzano prodotti ecologici e quantità sempre minori…

No, non direi. Conta più, come ho detto lavare singolarmente i pantaloncini ed evitare il contatto con altri. Perché magari uno ha una micosi e non lo sa o la sottovaluta perché sente solo prurito. 

Ha visto un aumento di questi casi?

Aumento no, ma si sta sensibilizzando. Stanno venendo sempre più da me perché ormai si sta spargendo la voce. Molti ragazzi non si rendono conto e dicono: «Vabbè, un po’ di rossore». Invece basterebbe una visita e dire: «No aspetta un attimo, guarda che il problema può diventare più serio». Masnada per questo motivo è stato fermo un anno. Bisogna saper fare diagnosi. Faccio questo lavoro da quarant’anni e io quando l’ho visto gli ho detto: «Guarda, il problema io te lo risolvo. Bisogna intervenire e si sarebbe potuti intervenire prima. Se l’avessi visto l’anno scorso, sicuramente sarebbe stato diverso».

Conca riparte dopo due mesi senza bici (come Masnada)

22.10.2023
6 min
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CALDARO – Siamo in Trentino per il training camp di Q36.5 pronti a partire per un itinerario gravel, propensi a testare il materiale tecnico del marchio bolzanino. Ivan Santaromita (ex campione italiano, nonché tester e consulente R&D per Q36.5) ci sta parlando delle innovazioni tecniche che il brand sta progettando per il prossimo futuro. Vediamo arrivare un ragazzo alto, vestito con l’abbigliamento da riposo del Q36.5 Pro Cycling Team. «Oggi non pedalo con voi – dice sorridendo amaramente Filippo Conca – anzi a dir la verità non pedalo da inizio settembre». 

Proprio così, vi avevamo raccontato dell’infortunio di Fausto Masnada un mese fa e oggi troviamo con lo stesso medesimo problema al soprasella Filippo Conca. Un’infezione che lo ha costretto a riporre la bici in garage per due mesi senza altre possibilità. Per lui un anno complicato, ricco di aspettative, ridimensionate a seguito di tanti intoppi susseguitisi uno dopo l’altro inesorabilmente. 

Conca ha scelto il Q36.5 Pro Cycling Team dopo due anni in Lotto Dsnty
Conca ha scelto il Q36.5 Pro Cycling Team dopo due anni in Lotto Dsnty
Com’è andato questo tuo anno?

Un quarto di anno. Squadra nuova, tutto partiva da zero anche per loro. Le ambizioni erano comunque alte, sia come team sia per me stesso. L’anno scorso, a fine stagione, finalmente ero riuscito a trovare continuità, due o tre mesi senza problemi e stavo raccogliendo bene alla Vuelta. Alla diciassettesima tappa ho ripreso il Covid, quindi la stagione è finita anche lì in modo brusco. Dopo un bell’inverno ho iniziato bene, avevo buone sensazioni già a gennaio e febbraio alla Valenciana. Dopodiché al Tour of Rwanda sono stato male per colpa di un virus intestinale dopo solo un giorno di gara. Alla Strade Bianche comunque, non sono andato forte, ma col livello che c’era, neanche pianissimo, cioè mi sono staccato sul Monte Sante Marie da 50 corridori.

Poi?

A quel punto, sono andato alla Tirreno-Adriatico. I primi due o tre giorni stavo bene, poi tutto d’un colpo, da un giorno all’altro ero morto, mi staccavo prima dei velocisti e non si capiva il perché. Avevo un mal di schiena forte, non riuscivo a dormire, però non avendo né tosse né raffreddore, non abbiamo pensato neanche di fare un tampone Covid. Così ho fatto un mese completamente senza forze, fino a quando ho iniziato avere problemi respiratori. Tutte le volte che ho avuto il Covid ho sempre avuto problemi analoghi. Per 20-30 giorni, era difficile sia camminare che andare a 30 all’ora. Quindi molto probabilmente avevo passato il Covid senza essermene accorto.

Qui Conca all’italiano di Comano Terme con alla sua ruota Simone Velasco
Qui Conca all’italiano di Comano Terme con alla sua ruota Simone Velasco
Questo ha complicato la tua stagione?

Sì perché continuavo ad allenarmi, ma andavo sempre più piano, fino a quando poi abbiamo deciso di fermarci a inizio aprile. La squadra mi ha fatto un test VO2 Max e abbiamo visto  che avevo perso 12 punti di VO2 Max e 80 watt in soglia nonostante non avessi mai interrotto gli allenamenti fino a quel giorno. Da lì ho dovuto ricostruire tutto da capo, altura a Livigno e quant’altro, a fine aprile ho ripreso con le corse. Gare diciamo non adattissime, però facevo il mio, cercavo di aiutare la squadra, giustamente perché ero stato fuori la prima parte di stagione.

Quando hai rivisto la luce?

Finalmente sono riuscito a raggiungere un buono stato di forma all’italiano e ho fatto ottavo. Una piccola dimostrazione che mi ha dato fiducia per proseguire a testa bassa. In quelle situazioni ti aggrappi anche a risultati così. Alla sera dell’italiano sono partito e sono stato a Livigno 26 giorni, poi sono sceso e ho corso subito in Spagna dove ho ritrovato una buona gamba.

Poi cos’è successo?

Mi sono allenato ancora a casa e dopo 20 giorni sono andato a Burgos, dove è successo il misfatto perché ho fatto le prime tre tappe forte. Alla terza sentivo di stare bene, mi sono risparmiato per tutto il tempo, quando poi è arrivata la salita l’ho presa a tutta e sono rimasto subito da solo. Dopo tre, quattro minuti, tutto d’un tratto, sono esploso come se di colpo mi fossi surriscaldato. E’ una cosa di cui non avevo mai sofferto ed è suonato un campanello d’allarme. Con il dottore ci siamo accorti dell’infiammazione al soprasella, ma non abbiamo collegato le due cose. Nell’ultima tappa, sono stato malissimo, ho sofferto tutto il giorno e poi dopo l’arrivo febbre, vomito, mal di testa e l’ascesso tutto insieme. Da lì si è fermata la mia stagione…

Il Covid e l’infezione hanno alterato la stagione e la condizione fisica di Conca
Il Covid e l’infezione hanno alterato la stagione e la condizione fisica di Conca
E adesso?

Ho fatto l’operazione come ha fatto Masnada. Si rimuove l’ascesso e si riparte da zero. Infatti l’intervento è stato fatto dallo stesso chirurgo che ha operato Fausto.

Riprenderai la bici a novembre dopo 50 giorni. Ti aspetta un inverno anomalo?

Più o meno partirò nello stesso periodo, forse un po’ più tardi degli altri anni, perché di solito parto a inizio novembre. Anche se gli altri anni stavo fermo 20 giorni, dipendeva dall’annata, adesso però ripartirò da zero. 

Come ti sei tenuto in forma in questi due mesi senza bici?

In realtà ho provato a prenderla qualche volta quando l’infiammazione si sgonfiava, ma ogni volta facevo un danno più grosso. Così in accordo con i preparatori sto facendo camminate e molta palestra. Sono anche curioso di vedere come andrà, perché comunque non ho mai lavorato così tanto sulla forza. Pensavo di mettere molti più chili con la palestra. Proverò a far tutto l’inverno, tenendo gli allenamenti in palestra due volte a settimana.

La cronometro quest’anno gli ha regalato la terza top 10 stagionale
La cronometro quest’anno gli ha regalato la terza top 10 stagionale
Per quanto riguarda il team come ti sei trovato quest’anno in Q36.5?

Mi sono trovato bene. Comunque l’ambizione della squadra è alta, gli sponsor sono molto buoni, quindi c’è anche budget per lavorare bene. Il primo anno non è mai semplice, però credo sia stata un’annata positiva per la squadra.

Senti di aver trovato il tuo giusto spazio, sai che lo troverai anche anno prossimo?

Sì, a dir la verità, ho scelto di venire qua per questo. Sono professionista da tre anni e nelle poche occasioni in cui sono riuscito a trovare anche solo due mesi di costanza, che è pochissimo nel nostro sport, ho trovato un ottimo livello di performance. Con continuità potrei arrivare a livelli importanti anche di risultato. La possibilità di rinnovare in Lotto-Dstny ce l’avevo, però ho preferito cambiare aria. Il ruolo di gregario non lo disdegno, certo preferirei farlo in una squadra WorldTour italiana. Però qui sento che posso giocare le mie carte e mettermi a disposizione quando serve. Il tutto dimostrando di essere all’altezza anno dopo anno. 

Il tuo “quarto di anno” si è concluso. Ora obiettivi e ambizioni sono tutti spostati al 2024. Si parla di Giro d’Italia per Q36.5. Se così fosse?

Voglio esserci. Dovevo farlo nel 2022, ma il Covid me lo ha tolto due giorni prima del via. 

Regista in corsa? Brambilla vuole molto di più…

19.11.2022
5 min
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Nella sua disamina del nuovo team, Douglas Ryder era stato molto chiaro a proposito dell’ingaggio di Gianluca Brambilla, avendo visto nel 35enne di Bellano una sorta di regista in corsa per il team Q36.5. Il manager sudafricano, che pure non aveva mai avuto modo di lavorare con lui, lo ha fortemente voluto, come caposaldo del suo nuovo team. Proprio questa forte volontà ha restituito a Gianluca quell’entusiasmo che temeva essere svanito.

Brambilla ha chiuso la sua stagione anzitempo, prima di Ferragosto. Proprio in quei giorni prendeva corpo il contatto con la nuova formazione, favorito e gestito dal suo procuratore Carera.

«Sapevo la storia del Team Qhubeka – ammette il corridore lombardo – ma non mi ero mai addentrato nello specifico. Sentendolo però parlare dei valori alla base della sua creatura, l’obiettivo chiave nell’educazione e nello sviluppo dell’Africa, mi sono sentito coinvolto. Lì la bici non è un mezzo di svago o di lavoro come per noi, ma un mezzo di sussistenza anche per prendere l’acqua. Dobbiamo fare di più».

Brambilla e Nibali, insieme alla Trek e anche in nazionale. Ora con ruoli diversi alla Q36,5
Brambilla e Nibali, insieme alla Trek e anche in nazionale. Ora con ruoli diversi alla Q36,5
Tu vieni da un team WorldTour, pensi di essere sceso di uno scalino?

Tecnicamente no, è solo un dato statistico. Ho trovato una squadra all’avanguardia nella sua creazione, supportata da un brand emergente, italiano, che vuole crescere. Avremo tutto materiale di primissima qualità, a cominciare dalle bici Scott.

Quando hai incontrato Ryder avete anche parlato del tuo ruolo in squadra?

Mi ha dato carta bianca e questo mi ha molto invogliato a mettermi all’opera. So che se capita potrò cercare spazio per qualche affermazione, per il resto sarò un po’ l’uomo dei consigli, l’aiutante di campo, d’altronde sono sempre stato una pedina importante per i capitani che si sono succeduti nei team dei quali facevo parte.

A proposito di capitani, se Moschetti e Sajnok saranno i velocisti di punta, chi pensi sarà l’uomo per le corse a tappe?

Io credo che con Hagen siamo ben coperti. Non arrivi per due volte nella top 10 della Vuelta se non sei attrezzato. Io potrò dargli una mano, in carriera ho provato più volte a puntare alla classifica dei grandi giri ma si vede che non fa per me (il suo massimo risultato è stato il 16° posto alla Vuelta nel 2018, ndr). Poi ci sono molti giovani interessanti, che potranno crescere con calma. E’ il nostro primo anno, tutto quel che arriva è guadagnato. Attenti ad esempio a Calzoni che è uno molto promettente, d’altronde ha vinto sul Monte Grappa come me…

Si è cercato molto tra i giovani.

Era la scelta giusta da fare perché potranno correre cercando di sfruttare la loro voglia di emergere. Il bello di questo team è che è pieno di corridori che, ognuno per sue ragioni, hanno voglia di darsi da fare, di riscattarsi oppure di lanciarsi nella mischia. E’ il miglior mix per vincere..

Tom Devriendt, 4° alla Roubaix di quest’anno. Nel 2023 punterà a ripetersi sulle strade del Nord
Tom Devriendt, 4° alla Roubaix di quest’anno. Nel 2023 punterà a ripetersi sulle strade del Nord
Per le classiche su chi punterete?

Premesso che nel team saranno le corse e le settimane a dire su chi puntare, io penso che uno come Devriendt sarà sicuramente una delle punte per il periodo delle classiche del Nord. Uno che è arrivato 4° a Roubaix vorrà dimostrare che non è stato un caso e d’altro canto su quei percorsi ha fatto vedere di saperci fare. Un altro sul quale sarà giusto tenere un occhio è Filippo Conca: ha sempre lavorato per gli altri, ma tante volte è toccato a lui salvare la baracca, io sono convinto che se dovrà fare la corsa con la squadra in supporto, potrà fare bene.

Tu come giudichi il tuo 2022?

Mah, diciamo che ci sono nella carriera di ognuno delle stagioni un po’ sottotono. Quando ho corso non sono poi andato così male, 7 top 10 in 45 giorni di gara, anche in qualche classifica di corse a tappe, non è un bilancio da buttar via. La mia delusione è più a livello personale, per come si è chiusa la mia avventura alla Trek-Segafredo durata 5 anni, penso che avrei meritato un po’ più di considerazione. Quando fai parte di un team, diventa come una famiglia, ci passi almeno 150 giorni di full immersion, sentirsi messo da parte fa male. Spero quanto prima di avere occasione di chiarirmi con alcuni dei dirigenti, ammetto che ci sono rimasto male.

Per Conca un’occasione per riproporsi come uomo d’attacco, in un contesto più adatto
Per Conca un’occasione per riproporsi come uomo d’attacco, in un contesto più adatto
Cerchiamo allora di pensare in positivo: che cosa vorresti da questo nuovo capitolo della tua storia?

Io sono passato pro’ nel 2007, ma le mie squadre non sono state poi tante e sono sempre rimasto un bel po’ in ogni team, credo che questo pesi. Ho dalla mia tanta motivazione e grinta, voglio tornare a correre alla mia maniera, anche un po’ alla garibaldina. Insomma: voglio tornare ad alzare le braccia al cielo…

Sono tutti pronti per il WorldTour? Il caso di Conca

21.10.2022
4 min
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Per uno di quei collegamenti involontari che si creano quando parli spesso con corridori e di corridori, dopo aver letto il pezzo di ieri sulla scelta di rapporti di Filippo Conca, la chiamata a Marco Milesi per farsi raccontare la Biesse-Carrera del 2023 è diventata lo spunto per un altro tema. Si può dire davvero, come ha fatto Basso, che a Colleoni e Conca avrebbe fatto bene correre due anni all’Androni anziché rompere il primo contratto e andare alla Bike Exchange e alla Lotto Soudal? Passare diretti nel WorldTour è sempre la scelta migliore?

I due ragazzi lombardi hanno ottenuto le cose migliori fra gli under 23 proprio con Milesi ed è sotto gli occhi di tutti che il loro adattamento nel WorldTour sia stato finora laborioso. E mentre Colleoni ha firmato a gennaio il rinnovo con il team australiano prolungandolo di un anno, Conca ha chiuso i due anni alla Lotto con una buona Vuelta (foto di apertura) e passerà alla nuova Q36.5 con Missaglia come direttore.

Colleoni e Conca (qui a Laigueglia alle spalle di Giordani) hanno corso con la Biesse-Arvedi fino al 2020
Colleoni e Conca (qui a Laigueglia alle spalle di Giordani) hanno corso con la Biesse-Arvedi fino al 2020
Marco, sarebbero stati davvero meglio in una professional?

Conca sicuramente. Alla Lotto non ha trovato il suo ambiente. Io ho corso in Belgio e se non entri nel loro clima, ti trovi davanti a un muro. Con Missaglia invece potrebbe tornare il Conca che attacca e che in alcune tappe si è visto alla Vuelta.

Non si poteva prevedere che alla Lotto non avrebbe trovato il suo ambiente?

Diciamo che è stato un anno particolare, perché non avendo risultati erano tutti nervosi e alla fine sono retrocessi.

Mentre Colleoni?

Kevin potrebbe dare di più e glielo dico sempre. Ha qualità. Ma nelle WorldTor ci sono altre regole e la corsa spesso è bloccata attorno al capitano. Le uniche occasioni che hai di fare la corsa sono quando non c’è un leader, come per Conca alla Vuelta. Se non hai le gambe e la testa per emergere subito, puoi scegliere di fare il gregario di lusso, altrimenti finisci ai margini.

Colleoni ha esteso il contratto con la Bike Exchange, ma secondo Milesi può fare molto di più
Colleoni ha esteso il contratto con la Bike Exchange, ma secondo Milesi può fare molto di più
Possibile che non ci sia nessuno che ti segua e ti metta nelle condizioni di emergere?

Difficilmente trovi un direttore sportivo che lo faccia, per andare in certe squadre devi essere grandicello. Uno è Davide (Bramati, ndr), ma ce ne sono pochi che danno la scossa ai giovani. Gli altri ti dicono che va bene finché va bene il capitano.

Nel 2023 qualche tuo corridore passerà professionista?

Spero Ciuccarelli con Savio, pare che alla fine riusciranno a fare la squadra. Poi Foldager, che ha firmato con la Bike Exchange dal 2024, quindi farà ancora un anno con noi. Garosio va alla Eolo-Kometa. Invece Svrcek da luglio è alla Quick Step e in Slovacchia è andato anche bene. Peccato si sia rotto la clavicola sul più bello: di fatto non lo abbiamo mai visto.

Sarete ancora Biesse-Carrera-Premac?

Esatto. In più gli sponsor tecnici hanno rinnovato tutti subito, alcuni hanno chiesto un contratto triennale. Evidentemente come immagine abbiamo lavorato bene. Sono arrivati D’Amato e Arrighetti. Abbiamo preso Rinaldi che correva nella Swiss Racing Academy di Cancellara. Ho parlato con Fabian e non sono riusciti a inserire nella Tudor tutti i giovani e mi pare che abbia un bel motore. E poi viene su qualcuno dal vivaio.

Dopo le due vittorie 2021, Ciuccarelli aveva firmato con la Drone Hopper: la squadra si farà?
Dopo le due vittorie 2021, Ciuccarelli aveva firmato con la Drone Hopper: la squadra si farà?
Prosegue il team juniores?

Certo ed è anche un bel gruppo, con gli stessi sponsor della continental. Questo ci permette di prendere allievi interessanti. Abbiamo 11 juniores con 2 campioni italiani e uno di questi, fatemelo dire, è mio figlio Alessandro. E con l’arrivo di Enrico Barbin che affiancherà Renato Galli, riusciremo a seguirlo bene.

Barbin che hai avuto anche come corridore…

Alla Trevigiani, per tre anni, nello stesso periodo di Mattia Cattaneo. Con me ha vinto il Liberazione e il De Gasperi, parliamo la stessa lingua.

Corone grandi? La catena gira meglio. Parola di Conca

20.10.2022
5 min
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In occasione di un incontro con il Team Lotto-Soudal avevamo parlato con il meccanico del team, Nick Mondelaers: ruote, componenti, rapporti… gli argomenti sul tavolo della discussione. In particolare ci aveva detto che molti dei suoi ragazzi, tra cui Filippo Conca, avevano spesso scelto corone più grandi.

Un po’ per l’avvento dei nuovi gruppi Shimano e un po’ per l’aumento delle velocità la tendenza era quella. E proprio a Filippo Conca abbiamo fatto qualche domanda tecnica per saperne di più, per capire come si trovano gli atleti con questi nuovi gruppi.

Filippo Conca in salita: una corona grande dovrebbe “sostenere” di più, specie un atleta della sua stazza
Filippo Conca in salita: una corona grande dovrebbe “sostenere” di più, specie un atleta della sua stazza
Filippo, che rapporti usi?

Con il nuovo Shimano sono passato dal classico 53-39 al 54-40. Il 42 non l’ho usato io, ma lo hanno utilizzato dei miei compagni. Al netto del mio nome, quel che diceva il meccanico era vero pertanto. Non solo, ma alcuni miei compagni hanno anche utilizzato il 46. E lo hanno montato principalmente per le classiche del Nord. C’è chi ha montato un 58-46. Dipende molto dal tipo di corsa che non deve essere troppo dura.

Certo è chiaro…

Quando non servono i rapporti corti, tipo per una Roubaix, si può osare e avere i vantaggi si una guarnitura più grande. Con il 58, o anche con un 57, è possibile mulinare meglio i rapporti centrali al posteriore. E la catena lavora più dritta.

Come ti sei trovato ad utilizzare corone più grandi?

Meglio che in passato, perché essendo grosso e pesante devo spingere tanto. Per me non è un problema ritrovarmi con qualche dente in più. In questo ciclismo dove si va sempre molto forte, il 53 non basta, almeno per me. E posso dire che a volte non basta il 54!

Il set 54-40 è stato quello più utilizzato in stagione da Conca
Il set 54-40 è stato quello più utilizzato in stagione da Conca
Non hai mai pensato ad utilizzare corone ancora maggiori?

No, ma per il semplice fatto – e torniamo al discorso di prima riguardo ai percorsi – che non ho fatto le classiche veloci del Nord. Altrimenti avrei di certo optato per corone più grandi. In media ho fatto gare dure o durissime come i Paesi Baschi o il Delfinato…In quel caso un 42, come per una Liegi per dire che tipo di classiche ho fatto, non è il massimo. “E’ duretto”.

Però Filippo, con i vostri watt e con la scala posteriore che ormai arriva al 34 non va bene lo stesso un 42? La catena dovrebbe fare meno attrito…

Sì, in teoria è sufficiente, ma se vuoi tenere una certa cadenza dovresti usare un 42×34: la catena in quel caso non lavorerebbe dritta. Non è il massimo. Invece con il 40, o ancora di più il 39 visto che parliamo di una corsa molto dura come la Liegi, puoi usare un paio di denti in meno dietro e tenere la catena più dritta. E credetemi non è una cosa banale.

Non hai la sensazione che queste corone più grandi ti “sostengano” meglio? Soprattutto quando ti alzi in piedi?

Personalmente no, non c’è differenza se hai una corona più grande o più piccola. Specialmente quando sei in fuga, se hai la gamba per spingerlo, è chiaro che avere un rapporto grande ti dà una mano. Ma per uno che alto 160-170 centimetri e pesa 50-60 chili queste corone grandi sono difficili da spingere.

Il sistema Leomo per la messa in bici su strada
Il sistema Leomo per la messa in bici su strada
Tu sei molto alto (190 centimetri), che pedivelle usi?

Le 175 millimetri su strada e le 172,5 a crono.

Una volta sarebbe stato il contrario…

Questo perché con angoli “tremendi” per essere aerodinamici siamo sempre più chiusi. Dicono che con delle pedivelle appena più corte si è un po’ agevolati nella pedalata.

E hai mai pensato, anche in virtù di dentature maggiori, di usare le 172,5 anche su strada? Oppure vista la tua statura è un po’ azzardato?

Ci ho pensato eccome. Solo che bisognerebbe fare dei test appositi. Fare allenamenti con entrambe le pedivelle con dei sensori. Ci sono dei sensori di un sistema che si chiama Leomo, li ha messi a punto Adam Hansen. Questi si mettono su varie zone del corpo: piedi, cosce, zona pelvica… per capire come reagisci durante la pedalata su strada, perché c’è una bella differenza che trovare la posizione stando in laboratorio. L’anno scorso ci ho lavorato un po’, per fare appunto delle piccole modifiche sulla posizione.

A crono utilizzare un 58 vuol dire sfruttare meglio l’inerzia della catena che non è costretta a girare sull’11
Cambierai squadra, magari è l’occasione per fare questi test con i nuovi materiali…

Sì, ma vorrei concentrarmi soprattutto sulla cronometro: sia per gli allenamenti specifici che per l’aerodinamica e quindi per i materiali. 

E a crono le corone maggiori le hai usate?

Sì, 58-56 la grande e 42-44 la piccola. Alla fine di crono dure non ce ne sono e ci si trova bene sugli strappi che s’incontrano.

Invece dietro? Con le corone più grandi cercavi l’11-34 o preferivi l’11-30 così da averli un po’ più lineari?

Di base preferisco l’11-30. La cassetta 11-34 l’ho usata solo per le tappe più dure, come alcune frazioni della Vuelta

Vuelta a sorpresa, ma con 25 giorni di altura Conca è pronto

18.08.2022
7 min
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Quello che è successo al Giro d’Italia, ma a parti inverse. Filippo Conca, si ritrova al via della Vuelta. Il corridore della Lotto Soudal sta per affrontare il suo primo grande Giro.

Lo ha saputo così, a sorpresa, prima del via di una corsa. Talmente a sorpresa che per raggiungere la squadra in Olanda in pratica si è dovuto sciroppare un “interrail” per mezza Europa.

«Ero – racconta Conca – alla Polynormande (corsa tra Bretagna e Normandia, ndr), da lì ho preso un treno per Parigi, viaggio di 4 ore e mezzo. Poi un altro treno per Bruxelles. Da Bruxelles ancora in treno fino ad Herentals dove abbiamo la logistica della squadra e da lì con loro sono arrivato ad Utrecht».

Con le valigie e la bici al seguito, Conca (24 anni a settembre) ha raggiunto il via della Vuelta
Con le valigie e la bici al seguito, Conca (24 anni a settembre) ha raggiunto il via della Vuelta
Come mai non hai viaggiato in aereo?

Perché di questi tempi con i voli è sempre un bel problema, come si è visto. Io avevo la bici al seguito e molte volte i bagagli non stanno arrivando. All’italiano per esempio mi hanno annullato il volo. Alla fine ne ho dovuti prendere due: Milano-Roma, Roma-Bari. Sono partito alle 7 e sono arrivato in hotel alle 21,30. Niente massaggi, sgambata… e infatti nel finale di corsa il giorno dopo non ero brillante.

Filippo, questa Vuelta dunque è stata davvero una sorpresa…

Ero riserva per la gara spagnola. L’altroieri mi hanno avvertito per dirmi che sarei stato della partita. Un altro ragazzo appena uscito dal Covid non dava garanzie e così hanno chiamato me. In pratica è accaduto, a parti inverse, quel che è successo a me al Giro.

Però Filippo qualcosa è mancato in questa stagione…

Direi che in generale sono mancati questi due anni. Non tanto le corse o gli allenamenti, ma non sono mai riuscito a trovare la condizione giusta. Un mese correvo e poi per un motivo o per un altro mi fermavo. In questo modo non prendi continuità e non trovi mai la giusta forma.

Ai Baschi grande fatica. Filippo ha preso il Covid, toccando il punto più basso e duro della sua stagione
Ai Baschi grande fatica. Filippo ha preso il Covid, toccando il punto più basso e duro della stagione
E adesso come stai? 

Dopo il Covid di aprile non ho avuto più problemi. Lo sento e lo vedo dalle prestazioni in bici. La ruota sta iniziando a girare per il verso giusto. L’avevo preso ai Baschi. Sono stato fermo per nove giorni, ho ripreso ma poco dopo avevo una stanchezza tremenda. Mi sono ripreso solo a fine maggio e solo da quel momento ho iniziato ad allenarmi con intensità.

Come arrivi allora a questa Vuelta?

Ho le sensazioni migliori da due anni a questa parte.

Ma i risultati non sono ancora arrivati, speriamo possano arrivare alla Vuelta…

Vero e non è facile tra la condizione che non c’era e il fatto che debba lavorare per la squadra. Con il discorso che servono punti si lavora soprattutto per i primi dieci. Se avessi avuto più spazio, magari avrei fatto meglio.

Che poi sei scadenza di contratto, giusto?

Esatto. E non è facile. Al Tour de l’Ain nonostante mi sia messo a disposizione, non ho mollato una volta finito il mio lavoro. Sono arrivato 14° ma serve a poco. Magari una top 10 mi avrebbe aiutato un po’. 

Ben 25 giorni in altura. Il lombardo si è allenato molto bene. E sente di andare forte
Ben 25 giorni in altura. Il lombardo si è allenato molto bene. E sente di andare forte
E sarai a disposizione anche in Spagna?

In Spagna andiamo per le fughe e tutti abbiamo carta bianca. Giusto Cras (Steff Cras, belga di 26 anni, ndr) proverà a tenere per la classifica, ma senza pressione.

Te lo auguriamo! Filippo, passiamo alla preparazione. Hai detto che finalmente vedi la prestazione. Come ti sei preparato a questo tuo primo grande Giro… senza saperlo?

Tutto sommato è stata una preparazione adatta ad un grande Giro, anche perché ci speravo: questa Vuelta volevo farla a tutti i costi. Alla fine sono stato in altura a Livigno ben 25 giorni: i primi dieci con la squadra a Trepalle (quota 2.300 metri, ndr) e poi in appartamento a Livigno (1.800 metri, ndr). Non avevo mai fatto un’altura così. Ho parlato con la squadra, avrei dovuto fare delle gare, ma volevo restare lassù per fare un grande volume. Se fossi sceso prima, magari sarei andato più forte all’Ain, ma non sarei stato “giusto” per la Vuelta. Ho fatto qualità proprio con il Tour de l’Ain e la Polynormande.

Cosa hai fatto dunque in altura?

Come detto, quantità. Ho fatto dei blocchi da due e tre giorni, intervallati da un giorno di scarico: un’uscita facile con pausa bar! Ho lavorato senza tirarmi il collo, solo nell’ultima settimana ho aumentato un po’ l’intensità, ma senza ancora fare dei fuori soglia. Se avessi tirato, sarei entrato in forma subito, ma mi sarei bruciato presto, vanificando i benefici della montagna. Quindi facevo delle uscite tra le 4 ore e mezzo e le 5 ore e mezzo e un paio da sei ore, ma sempre con molto dislivello: 3.500 e anche oltre i 4.000 metri. Ho inserito la palestra, una volta a settimana, per il sistema neuromuscolare.

Per il lecchese una bella fuga alla Sanremo, ma in queste due stagioni pochi risultati
Per Conca una bella fuga alla Sanremo, ma in queste due stagioni pochi risultati
Palestra: pesi o corpo libero?

Pesi, ma senza esagerare, anche perché io tendo a mettere su muscolo e non voglio appesantirmi. Sono a 75 chili che per la mia statura (190 centimetri) vanno bene. Magari potrei essere un filo più magro per andare più forte in salita, ma poi perderei forza. Per quel che mi riguarda, meglio cercare di aumentare i watt che dimagrire.

Prima hai parlato d’intensità, ma facevi anche dei lavori?

La forza l’ho sempre curata in bici. Facevo delle SFR di 2′-3′ ma con i watt alla soglia. Poi lavori al medio in salita con i 2′ finali a soglia. 

Hai lavorato anche con la bici da crono? Visto che ci sarà persino una cronosquadre. A proposito, ne hai mai fatte?

Da pro’ no, ma da under 23 sì, all’Avenir del 2019. Giusto l’altro ieri abbiamo fatto delle prove con il team nell’autodromo di Zolder. Non tanto perché puntiamo sulla crono, ma per cercare di non combinare guai e prendere rischi inutili. E poi ci sono team che sui materiali sono più avanti di noi.

Cioè?

Su strada siamo messi molto bene con ruote, bici e il resto. Siamo molto competitivi. A crono invece siamo un po’ indietro e stiamo aspettando la nuova bici per il prossimo anno.

E in altura ti sei allenato a crono?

Poco, anche perché come detto neanche conviene investirci troppo. Anche se sei al 100%, sei in svantaggio con i materiali. 

E ci lavorerai?

Mi piacerebbe farlo. Magari fra due-tre anni succederà che sono lì a giocarmi una breve corsa a tappe e dovrò fare la crono a tutta. Se non ci lavori dal puntare ad una top 5 ti ritrovi fuori dalla top 10.

Al Tour de l’Ain è tornato il sorriso sul volto di Conca. E ora sotto con la Vuelta
Al Tour de l’Ain è tornato il sorriso sul volto di Conca. E ora sotto con la Vuelta
Alla luce di quanto ci siamo detti, qual è la tappa ideale di Filippo Conca?

Una tappa non semplice, ma neanche durissima. Mi piacerebbe ci fossero salite lunghe, anche lunghissime, ma pedalabili. Per me non c’è una tipologia di corsa preferita. Su una salita secca ci sono 30 corridori più forti di me, quindi devo anticipare, devo puntare sulle fughe. Io poi ho notato che a inizio gara ci sono tanti corridori più forti di me, mentre nei finali vado meglio. Il divario diminuisce

Ti appresti ad affrontare il tuo primo grande Giro: cosa ti aspetti dunque?

Considerando quanto appena detto spero che possa emergere questo aspetto e fare bene man mano che si va avanti. Sono curioso di vedere come reagirà il mio fisico nella terza settimana. Sin qui la corsa a tappe più lunga che ho fatto è stata di 10 giorni: due volte il Giro da dilettante e due volte sono arrivato quinto nella generale. Sul piano delle prestazioni spero di andare forte perché sento di stare bene, so che con la preparazione fatta posso crescere e fare qualcosa di bello.

Hai già visto qualche tappa?

Non sapendo di andare in Spagna, no. Gli ultimi giorni sono stati super intensi, ma da stasera mi metterò a studiare quale può essere quella più adatta a me. Di certo non le prime tappe in Olanda. Lì i velocisti avendo poche possibilità non vorranno lasciarsi scappare le occasioni di volata.