Giro di Lombardia 2025, Tadej Pogacar vince a Bergamo

Pogacar sempre in fuga? La miglior difesa è l’attacco

15.10.2025
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Una stagione monumentale per Tadej Pogacar, un 2025 da record per la Uae Team Emirates-XRG. Non fosse bastato quanto visto prima di mondiali ed europei, vinti peraltro dallo stesso alieno sloveno, ecco il filotto degli ultimi 10 giorni. Dal 3 al 10 ottobre, la corazzata bianconera ha collezionato la bellezza di 8 successi, compresi la cinquina da leggenda al Lombardia di Pogi e l’acuto a Oropa di Adam Yates al Trofeo Tessile&Moda. Novantaquattro affermazioni in quest’anno solare e il numero potrebbe ancora crescere nelle ultime uscite di ottobre

Con Pogacar e Wellens, nel 2024 Baldato ha scortato l’iridato nel sopralluogo della Roubaix
Con Pogacar e Wellens, nel 2024 Baldato ha scortato l’iridato nel sopralluogo della Roubaix

La logica dietro l’attacco

Insieme a Fabio Baldato abbiamo provato ad analizzare non solo le fredde cifre, ma anche come arrivano queste vittorie, in particolare quelle del numero uno del ranking Uci. Se non fosse stata per la tenace azione del campione statunitense Quinn Simmons, il leitmotiv di sabato sarebbe stato quello di capire a che chilometro sarebbe partito Tadej. Ma perché, visto anche il suo incredibile spunto sugli arrivi esplosivi, non attende i chilometri finali e preferisce, invece, sfoderare attacchi da lontano che ricordano un ciclismo d’altri tempi. Smania di stravincere o scatto pianificato a tavolino?

«Ad una prima occhiata – comincia a spiegare Baldato – sembra che sia qualcosa di impulsivo. Se lo si analizza bene, lui parte da lontano quando non ha più compagni a disposizione. Lo si è visto anche ai mondiali. Nel momento in cui non c’è più nessuno che lo possa supportare, sa che tutti gli correrebbero contro perché è il più forte, per cui parte. E’ la logica, lui studia sempre l’attimo. Come alla Tre Valli, in cui si è mosso quando erano rimasti solo lui e Del Toro». 

Campionati del mondo Kigali 2025 strada professionisti, attacco Isaac Del Toro, Tadej Pogacar, Juan Ajuso
La fuga del mondiale. Prima con Del Toro e poi da solo: secondo Baldato, per Pogacar l’attacco resta la miglior difesa
Campionati del mondo Kigali 2025 strada professionisti, attacco Isaac Del Toro, Tadej Pogacar, Juan Ajuso
La fuga del mondiale. Prima con Del Toro e poi da solo: secondo Baldato, per Pogacar l’attacco resta la miglior difesa

Infallibile dopo le sei ore

E il copione si è ripetuto anche nella Monumento che ha chiuso la stagione. Jay Vine che si scosta perché ha finito il suo lavoro e Pogacar parte ai -37 chilometri dal traguardo, col messicano pronto a far da stopper su Remco e compagnia.

«Non è che si diverta sempre a partire a 60, 70 o 80 chilometri dall’arrivo solo per dare spettacolo – prosegue il cinquantasettenne ds veneto – si tratta di un ragionamento che arriva da lui, ma che è condiviso anche da noi in ammiraglia. E’ quasi obbligato a muoversi, per evitare di essere attaccato e isolato dagli altri. Si tratta di una situazione di corsa che lo porta a questa mossa che a molti può sembrare azzardata ma che, per uno come lui, non lo è affatto».

Ciò che stupisce di più è come in queste cronometro individuali riesca a tenere testa a gruppi più o meno folti e a specialisti del calibro di Evenepoel che detiene tutti i titoli possibili delle prove contro le lancette: «Quando la corsa è di sei ore, come avviene al Lombardia, ai mondiali o agli europei, entrano in scena altre dinamiche e pesa la gestione dello sforzo in questo ampio lasso di tempo. Tadej ha una grinta e una convinzione che non hanno eguali».

Giro di Lombardia 2025, Tadej Pogacar in azione sulla salita finale di Bergamo Alta
Il lavoro con Javier Sola e la maturazione hanno permesso a Pogacar di guadagnare in efficienza e definizione muscolare
Giro di Lombardia 2025, Tadej Pogacar in azione sulla salita finale di Bergamo Alta
Il lavoro con Javier Sola e la maturazione hanno permesso a Pogacar di guadagnare in efficienza e definizione muscolare

Maniacale per ogni aspetto

Certo è che se lo scorso anno aveva colpito la vittoria delle Strade Bianche con l’attacco da così lontano, quest’anno è diventato il marchio di fabbrica dei sigilli di Tadej nelle classiche: un aspetto su cui si è concentrato molto tanto lo scorso inverno.

«Lui lavora molto col suo allenatore personale, Javier Sola – prosegue Baldato – Tadej guarda, studia e prepara le corse nel minimo dettaglio. Javier gli dà le basi, ma poi sappiamo che tutti gli anni migliora. Il suo segreto è che al termine di ciascuna stagione fa tesoro di quello che ha fatto di buono e perfeziona quello che ha sbagliato. L’esperienza e gli anni di lavoro ti portano a capire quello che è meglio fare per alzare ancora il livello».

Da ex corridore e grande amante delle Monumento, Baldato stesso resta a bocca aperta nel vedere il continuo progresso del campione che si trova a guidare: «L’impegno e la costanza che mette ogni giorno sono qualcosa di straordinario. E’ un fenomeno, ma non si siede sugli allori ed è maniacale in qualunque aspetto. Dal mangiare all’allenarsi, fino alla vita quando non è in gara. Finché fa così, è imbattibile. L’aspetto che più affascina è che sta diventando sempre di più un uomo da classiche, dando spettacolo anche sul pavé, che è sempre stato il mio terreno prediletto quando correvo».

Parigi Roubaix 2025, Urska Zigart, Tadej POgacar
Il bello di Pogacar? Il divertimento. Dopo la prima Roubaix, sul prato del velodromo ha raccontato la corsa alla sua compagna
Il bello di Pogacar? Il divertimento. Dopo la prima Roubaix, sul prato del velodromo ha raccontato la corsa alla sua compagna

Nuovo assalto alla Roubaix

E a proposito di pietre, ecco che l’obiettivo del 2026, per Baldato, non è così irreale: «Non mi sono stupito a vederlo salire sul podio alla prima Roubaix, perché già in allenamento avevo visto quanto andava forte, anche se farlo al primo tentativo e senza esperienza pregressa, è qualcosa di superlativo. Il Fiandre l’ha vinto al secondo tentativo, vediamo che combinerà. Gli obiettivi chiedeteli a lui, ma io ci spero perché dovrei essere lì a guidarlo. Lo valuterà coi manager e con Matxin, ma credo che sia bello che l’ultima parola spetti a Tadej e lo squadra lo assecondi nei suoi desideri».

Nel 2025, per puntare su Sanremo e Roubaix, Pogacar ha rinunciato a Tirreno-Adriatico e Parigi-Nizza che aveva disputato nelle annate precedenti, riducendo i giorni di corsa per assecondare la voglia di dare spettacolo nelle Monumento. «Alla fine dell’anno, va a fare una sessantina di giorni di gara – spiega ancora Baldato – mentre noi abbiamo corridori che ne fanno anche 80-85. Però lui pianifica tutto e lo fa al meglio».

Parola agli sconfitti. Le tattiche di UAE e EF Education

31.05.2025
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SESTRIERE – L’epilogo più incredibile (e inaspettato) del Giro d’Italia ha lasciato gioie e dolori. Se Simon Yates conquista il suo secondo grande Giro dopo la Vuelta 2018, facendo scoppiare la festa in casa Visma-Lease a Bike, dall’altra parte c’è chi è deluso e deve incassare la sconfitta: parliamo della UAE Emirates di Isaac Del Toro e della EF Education-EasyPost di Richard Carapaz.

Le ammiraglie sono parcheggiate silenziose un chilometro più a valle rispetto all’arrivo. Si lavora nel silenzio dei meccanici che caricano le bici sui motorhome, mentre i bus viaggiano verso Roma da stamattina. Altri bus messi a disposizione dall’organizzazione porteranno i corridori dal Sestriere all’aeroporto di Torino e da lì a Roma.

A fine tappa, dopo premiazioni ed interviste, ecco tornare un timido sorriso a Del Toro abbracciato dalla stampa e dai tifosi sudamericani
A fine tappa, dopo premiazioni ed interviste, ecco tornare un timido sorriso a Del Toro abbracciato dalla stampa e dai tifosi sudamericani

Baldato e il sogno sfumato

E’ in questo contesto, con il Giro appena concluso e una classifica ribaltata che vede primo Simon Yates con 3’56” su Del Toro e 4’43” su Carapaz, che inizia a parlare Fabio Baldato, diesse della UAE Emirates.

«Tra i due litiganti il terzo gode – inizia Baldato, sinceramente dispiaciuto – I due si sono controllati in modo stretto, le indicazioni erano quelle, solo che ad un certo punto bisognava provare a seguire Yates, ma non era neanche così facile. Il rivale numero uno era Carapaz».

Baldato racconta poi la scalata del Colle delle Finestre del suo atleta. Una scalata impegnativa, ricca anche di grande tensione emotiva, e l’inaspettata azione del corridore della Visma è stato forse l’imprevisto in più. Le squadre oggi conoscono i dati e le caratteristiche degli avversari e, vista la quota, la salita lunga e quanto dimostrato nei giorni precedenti, era comprensibile marcare Carapaz, almeno sino ad un certo punto.

«No, no che dati: in tappe così i dati non contano nulla. Isaac ha sempre saputo tutto sui distacchi e quant’altro succedeva in corsa – riprende il diesse della UAE – tanto è vero che ad un certo momento gli abbiamo detto che stava perdendo la maglia e infatti lui ha anche provato a rimettersi sotto. Quello che doveva fare lo ha fatto, ma alla fine sono mancate le gambe».

Sia UAE che EF hanno preferito restare compatte e non mettere uomini in fuga
Sia UAE che EF hanno preferito restare compatte e non mettere uomini in fuga

Ma l’uomo in fuga?

Ed ecco una questione tattica non secondaria. La Visma ha messo un uomo tra i 39 della fuga, nello specifico Wout Van Aert; la UAE Team Emirates no. Forse un corridore ci stava bene.

Baldato è netto: «Yates non ha vinto il Giro perché aveva il compagno davanti, perché quando lo ha raggiunto noi avevamo già 2’20” di ritardo. Poi è chiaro: sapere che davanti c’è Van Aert aumenta le forze, perché nel fondovalle sapere di avere un uomo così è qualcosa di prezioso e può darti molto di più. E poi per come l’ho visto entrare in fuga, non penso neanche che lo abbiano fatto apposta. Wout è stato bravo ad uscire bene dall’attraversamento di un paesino. C’era un tratto in ciottolato e da lì si è ritrovato nel drappello davanti».

Anche la EF Education ha scelto di non mettere nessun uomo in fuga e chissà se anche per loro, magari con uno Steinhauser, tanto per citare un uomo che va bene in salita e ha fondo, le cose potevano cambiare. Alla fine hanno fatto il forcing violento all’attacco del Finestre, ma per meno di un chilometro. Magari uno sforzo così poteva farlo anche qualcun altro.

Ma non siamo qui a dire quale uomo doveva mettere davanti la EF. La questione, anche per loro, è del compagno in fuga come punto di appoggio. Loro hanno preferito restare compatti.

«La squadra – spiega Garate – ha provato a fare quello che volevamo, restare compatti e fare un’andatura molto forte all’inizio del Finestre per provare a staccare Del Toro. C’era un controllo ovvio su Richard da parte di Del Toro. Richie ha provato a staccarlo, non ci è riuscito. A quel punto è stato come giocare a poker. Yates ha provato a partire due o tre volte e sempre ha chiuso Carapaz, ma ad un certo punto abbiamo detto: “Okay, se non chiudi mai te, adesso non chiudo neanch’io. Io lo perdo, ma può darsi che lo perdi anche tu”».

«Verso fine scalata del Finestre abbiamo deciso così e gli ultimi tre chilometri di salita abbiamo fatto un’andatura per non fare rientrare i compagni di Del Toro, pensando che poi Isaac avrebbe tirato da solo nella valle. Però anche loro alla fine hanno deciso di aspettare. Dietro stavano rinvenendo Majka e McNulty e anche un terzo compagno, però era difficile capire i distacchi da loro. Noi li abbiamo passati in salita con l’ammiraglia e sapevamo che erano abbastanza lontani, anche un paio di minuti. Con Van Aert davanti non puoi avere dubbi e aspettare altri due minuti per cercare di chiuderne quattro. Noi a quel punto non potevamo fare altro che stare a ruota e lasciare la responsabilità a loro».

Juan Manuel Garate ha parlato a fine tappa
Juan Manuel Garate ha parlato a fine tappa

Garate, nessun rimpianto

Oggi Carapaz ha perso il Giro come lo vinse al contrario nel 2019, approfittando della lite fra Nibali e Roglic. Quando lo inquadravano e mancavano ancora una decina di chilometri si vedeva che aveva un muso lungo.

«Se è stata una questione di mancanza di gambe? No, le gambe di Richard – dice Garate – c’erano. E’ stata una questione tattica. Io non ti “faccio la gara” per rimanere secondo, perché secondo al Giro Carapaz ci è già arrivato (nel 2021, ndr). No, noi siamo venuti qui per vincere questo Giro e penso che abbiamo corso per farlo fino alla fine».

Carapaz e Del Toro si sono parlati e punzecchiati spesso. Garate riferisce che Richard ha solo spiegato a Isaac la sua tattica e quindi il perché non tirava. «Ma – aggiunge – non so cosa abbia chiesto Del Toro a Carapaz».

«Se abbiamo rimpianti? No, assolutamente zero. Non ce l’abbiamo fatta perché Del Toro stava bene e chiudeva su Richie sempre. Per il resto è andata così, ma sono molto orgoglioso dei ragazzi e di tutta la squadra».

Tappa bloccata dalle tattiche. E la UAE gongola

30.05.2025
6 min
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CHAMPOLUC – Le ammiraglie sono parcheggiate dietro alle transenne dell’ultima curva, esattamente laddove è caduto Giulio Pellizzari. I tecnici scendono e si sgranchiscono le gambe. Si scambiano anche i commenti, si parla di tattiche. Garate, direttore sportivo, della EF Education-EasyPost, passa e fa i complimenti a Fabio Baldato. E Baldato replica sincero: «Grazie, abbiamo una squadra forte». E’ proprio Baldato il nostro interlocutore

E sì, perché se da questo tappone alpino ci si aspettava qualcosa in più sia in termini di spettacolo che di movimenti in classifica, forse è per le tattiche messe in atto dai team. Tattiche in qualche caso non proprio chiarissime.

Di certo chi se la gode è proprio il direttore sportivo della UAE Emirates. Manca un solo tappone prima di Roma e il suo Isaac Del Toro è sempre (e di più) in maglia rosa. Oggi si sono difesi alla grande.

Fabio Baldato al termine della frazione di Champoluc
Fabio Baldato al termine della frazione di Champoluc
Fabio, avete controllato la tappa sin dall’inizio. Come è andata?

E’ andata che abbiamo una squadra forte. Se riusciamo a tenere tranquillo Isaac come oggi, va bene. Isaac è alla sua prima corsa come leader, ha speso tanto sin qui, ma ascolta Majka, ascolta Adam Yates. E questa è la cosa più importante. Grazie a loro in corsa è rilassato, si è concentrato sul bere, sul mangiare, sul risparmiare energie. Domani è l’ultima battaglia, vediamo…

Proprio Majka, almeno visto da fuori, sembra aver preso in mano la squadra?

Sì, qualche volta dovrebbe stare anche più tranquillo! Scherzi a parte, dalla macchina li teniamo rilassati, li facciamo ragionare perché la corsa è lunga e alla fine presenta i conti. Si è visto alla fine oggi: tutti sono arrivati a lumicino. Chi ne aveva un pelino più degli altri ha provato a fare qualcosa, ma credo che tutti abbiano fatto una bella corsa. C’è anche chi ha provato a farla dura, la EF Education-EasyPost, come la Visma-Lease a Bike, magari pensando che Del Toro potesse pagare. E sinceramente anche noi non sapevamo fino alla fine come poteva arrivare. Invece…

Invece ha risposto alla grande…

Il ragazzo sta bene e domani ce la giochiamo.

Passo indietro, Fabio. Hai tirato in ballo la Visma e il suo lavoro. E’ vero, hanno tirato, ma non era un ritmo forsennato. Il gruppo era allungato ma non si staccava. Ma soprattutto tirano e poi il capitano, Simon Yates, non parte. E’ un po’ strano, no?

No, invece ha senso. E lo hanno fatto perché cercano di portare tutti all’esaurimento. Magari avevano fiducia nel loro uomo, sapevano che aveva risparmiato, che aveva mangiato e bevuto a dovere e quindi se la sono giocata così. E’ quasi un gioco di bilancino, salvare le energie e giocarsi la propria carta. In più loro sono molto scientifici, avevano visto che l’altro giorno dopo 5.000 metri di dislivello e con quel dispendio energetico Del Toro aveva pagato un po’ e hanno pensato di fare la stessa cosa. Se poi magari fossero riusciti a staccare Del Toro, tutti a dire che bravi, che bel lavoro…

Energie al lumicino per tutti, un po’ meno per Carapaz e Del Toro, che hanno guadagnato 24″ sugli altri uomini di classifica. Ora distacco fra loro due è di 43″
Energie al lumicino per tutti, un po’ meno per Carapaz e Del Toro, che hanno guadagnato 24″ sugli altri uomini di classifica. Ora distacco fra loro due è di 43″
Chiaro…

No, davvero penso che tutti oggi abbiano corso bene. Ognuno fa la sua tattica e oggi penso che tutte le squadre davanti abbiano fatto il meglio per i loro capitani. Di noi sono contento perché veramente abbiamo dei ragazzi d’oro, cominciando da Baroncini, Arrieta che era nella fuga, McNulty.

In effetti aver controllato a lungo la fuga con un solo uomo, Baroncini, è stato importante per risparmiare gli altri…

Vero, “Baro” sta trovando una condizione impressionante. Ci sta stupendo.

A proposito di fuga da controllare, non gli avete mai lasciato troppo spazio. Come mai? E’ stata una scelta pensando di poter contrattaccare come sulle Motte a Bormio, visto il finale di Antagnod, o c’è stato altro?

In realtà non è che non abbiamo lasciato andare lontano la fuga. E’ che tutte le volte che abbiamo provato a calare, c’era subito un rilancio da parte di qualcun altro. EF, ma anche Israel-Premier Tech, Visma… E andavano a strappi, così abbiamo detto: “Okay, ragazzi, facciamo noi”.

Garzelli in diretta ha fatto un’analisi interessante, e diceva che non lasciavate troppo spazio anche per rendere più difficoltosi i rifornimenti della fuga. In poche parole la giuria non faceva passare le ammiraglie per dare le borracce in questa prima vera giornata di caldo…

No, non era per quello. E poi sulle salite c’erano i rifornimenti da terra. E sulla salita più dura e più lunga, la giuria ha dato la possibilità di un ulteriore rifornimento. Quindi no, non è stato per non farli rifornire. Il ciclismo è già al limite, ci manca solo di dover fare le lotte tra le ammiraglie per i rifornimenti.

Andiamo in casa Visma

Qualche auto dietro a quella della UAE Team Emirates, c’è quella inconfondibile gialla e nera della Visma-Lease a Bike. Si affaccia il loro direttore sportivo Marc Reef. L’occasione è ghiotta per parlarci e lui, gentilissimo come sempre, non si tira indietro.

Gli chiediamo della tappa di Simon Yates, arrivato stanco ma non sfinito, anche se le strisce di sudore sul suo pantaloncino erano più marcate di molti rivali.

«Penso che abbiamo fatto un ottimo lavoro. Il nostro piano era di mettere alcuni ragazzi nella fuga, in modo che potessero essere utili in seguito. Stevie (Kruijswijk, ndr) e Wilco (Kelderman, ndr) hanno fatto un ottimo lavoro, tenendo un buon passo nelle ultime due salite e riducendo il gap. Nel finale, con Simon Yates volevamo seguire l’attacco di Carapaz, ma non aveva più le gambe. Abbiamo perso 24 secondi da Del Toro e Carapaz. Penso che sia stato anche abbastanza onesto. E’ stata una fase brutale della corsa».

Nessun muso lungo, ma tanta consapevolezza dunque in casa Visma. Probabilmente questo Giro d’Italia non lo vinceranno, ma non si smette di lottare anche perché in ballo c’è un grande obiettivo.

«Penso che in questo momento Simon sia il terzo miglior corridore della gara ed è ancora in lotta per il podio a Roma.

«Se domani correremo per il podio o per la vittoria? Manca ancora un giorno. Carapaz e Del Toro stanno meglio rispetto a Simon. Tutto è possibile e guardiamo avanti, a chi è sopra di noi. Ma quando non è possibile, quando ci sono due ragazzi forti, dobbiamo essere felici del podio e fare tutto il possibile per consolidarlo».

Baldato nella Foresta con un ospite speciale

12.02.2025
7 min
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Agile e potente. Capace di saltellare su sassi ancora infangati come se non avesse fatto altro per tutta la sua vita. Rilassato e sicuro. A forza di vederlo sfrecciare sul pavé nei video su Instagram, la curiosità di sapere come sia andato il viaggio al Nord di Tadej Pogacar è diventata irrefrenabile. Ed è per questo che abbiamo suonato alla porta di Fabio Baldato, che da esperto guerriero del Nord non si è perso un solo gesto del campione del mondo. E come al solito non ha potuto fare altro che ammettere il suo stupore.

Lo stesso dei tifosi, ignari di tutto, che se lo sono visto uscire dalla Foresta di Arenberg e indossare in tutta fretta il giubbino iridato per farsi una foto ricordo. Altrimenti per questa scorribanda sul pavé del Fiandre e della Roubaix, lo sloveno aveva puntato su un look all-black, anche per passare inosservato.

«Sta a noi essere bravi e proteggerlo – sorride Baldato – perché lui si fermerebbe con tutti. Non si nega a nessuno e non se la tira per niente. Si ferma per strada con il ragazzino che gli chiede di fare il selfie, l’autografo o di firmare la borraccia. E’ successo così all’uscita dell’Arenberg, come pure davanti all’hotel o sul percorso del Fiandre».

Sui muri del Fiandre, testando i nuovi materiali, per ricreare le condizioni del 2023
Sui muri del Fiandre, testando i nuovi materiali, per ricreare le condizioni del 2023

Il volo di andata il venerdì sera, il ritorno di domenica sera. Wellens e Pogacar da Nizza, Baldato da Venezia. E in mezzo il personale con i mezzi. Era una trasferta programmata da tempo, soprattutto per testare i nuovi materiali. Pogacar non corre il Fiandre dal 2023 (quando lo vinse) e voleva recuperare il tempo perso.

Quando è nato il progetto?

Lo avevamo pensato a dicembre. Saremmo dovuti andare in quattro, ma all’ultimo momento Morgado ha dovuto fare un piccolo intervento a una ciste, mentre Politt si è fermato a Mallorca e non era il caso che venisse su certe strade. Quindi alla fine da quattro corridori sono rimasti in due.

Qual era l’obiettivo?

Vedere il percorso. Tadej non ha fatto il Fiandre l’anno scorso e abbiamo materiali nuovi: ruote, anche tubeless e pressioni da provare. Quindi abbiamo voluto fare i test anche per lui, partendo dall’esperienza fatta nel 2024. Eppure, nonostante i test da fare, non ha sdegnato di fare due buoni allenamenti, belli intensi. Abbiamo fatto il Fiandre dall’inizio dei tratti in pavé, quindi 180 chilometri. E più o meno lo stesso per la Roubaix.

Il test della Roubaix è stato tanto per provare oppure c’è sotto qualcosa?

Quest’anno è stato tanto per provare. Che lui ce l’abbia nella testa, l’ha già detto anche in passato, ma non è nel programma di quest’anno. Al momento, almeno. Il motivo principale del nostro viaggio era rinfrescarsi il Fiandre e usare i materiali. C’era in programma di fare anche due giorni di buon allenamento, un buon carico di lavoro e siamo riusciti a fare tutto bene. Eravamo nel nostro classico Park Hotel di Waregem, che viene molto comodo per fare le ricognizioni.

Pogacar ha corso (e vinto) il Fiandre per l’ultima volta nel 2023. Baldato era sull’ammiraglia
Pogacar ha corso (e vinto) il Fiandre per l’ultima volta nel 2023. Baldato era sull’ammiraglia
C’erano anche i meccanici quindi?

Sì, c’era Maurizio Da Rin, che era con me già al Fiandre lo scorso anno. E con lui per le corse ci sarà anche Bostjan, il meccanico di Tadej. Volutamente abbiamo portato uno dei meccanici che ha più esperienza e che segue tutto il discorso delle gomme, delle pressioni e altro. Tadej ha provato. Si è fidato di quello che avevamo usato l’anno scorso, poi ha saggiato un paio di opzioni di pressione per come erano state suggerite dal settore performance. Ha provato ad abbassarle un po’, quindi ha rimesso quello che era stato consigliato e alla fine si è fidato di quello che gli era stato consigliato. Il corridore deve avere l’ultima parola, sentirsi sicuro. Altrimenti succede che parte in un modo, poi si ferma e si mette a sgonfiare le gomme e non sai mai se va bene.

Anche perché dietro c’è uno studio. 

Va tutto in base al peso. Vengono calcolate le pressioni ed è buono soprattutto quando puoi avere gli stessi materiali dell’anno precedente. Invece questa volta avremo materiali diversi rispetto al 2023 ed era importante riuscire a ricreare condizioni simili.

Tu che qualche Roubaix l’hai vista e l’hai anche fatta, come hai visto Pogacar sul pavé?

Lo avevo visto già al Fiandre e ti impressiona. Possiamo classificarlo come corridore per tutti i terreni, uno scalatore che va fortissimo sul pavè, anche se non lo puoi classificare come scalatore. Puoi dire che sia anche un cronoman, uno scalatore, un passista e tra un po’ anche un velocista. Non ha paura. E nonostante non abbia una stazza massiccia e pesante, stupiscono la stabilità, la velocità e la forza che imprime sui pedali.

Cosa si può dire del suo colpo di pedale sul pavé?

Va di cadenza. Ha una bella pedalata rotonda e la cadenza lo aiuta. C’è il corridore che va di forza e lo vedi calciare i pedali e quello che invece li fa girare. Che spinge, tira, spinge e tira. Una pedalata rotonda, quasi da pistard o da scatto fisso, che è quella che rende sul pavé. Io riuscivo a andarci bene perché venivo dalla pista. Rui Oliveira è un altro che pedala da pistard. Tanti invece riescono ad andare bene perché vanno di forza. Sono due diversi modi di andare che alla fine rendono.

Pogacar si è allenato per entrambi i giorni vestito di nero: solo all’uscita dell’Arenberg, racconta Baldato, ha indossato il giubbino iridato
Pogacar si è allenato vestito di nero: solo all’uscita dell’Arenberg, racconta Baldato, ha indossato il giubbino iridato
In effetti veniva da notare che anche Nibali era riuscito ad andare bene sul pavé al Tour del 2014…

E anche Vincenzo infatti era uno che la pedalata la faceva rotonda, non buttava il rapportone, non era un corridore alla Ballero. Lo ricordiamo tutti al Tour del 2014

E’ vero che dopo la recon della Roubaix, Tadej era contento come un bimbo?

Era entusiasta, ha passato una bella giornata. Si è divertito, quello sì: ve lo confermo. Sono stati due giorni in cui è andato tutto liscio. E non vi nascondo che avevo un po’ di brividi, perché il pavé non era dei più belli e lui andava dentro deciso come se niente fosse. Eravamo a una settimana dal UAE Tour, pensavo che se fosse successo qualcosa, mi sarebbe convenuto restare in Belgio. Ora lo dico scherzando, ma quando ero in macchina, ci ho pensato un paio di volte e sono rimasto zitto. Non avevo neanche coraggio di dirgli nulla, perché vedevi che gli veniva tutto naturale. Aveva la faccia sporca di chi ha fatto tante Roubaix.

Il pavé era ridotto davvero male?

Quando arrivi vicino alla Roubaix, un paio di settimane prima danno una pulita al pavé. Ma domenica c’erano parecchi tratti sporchi per i trattori che vanno a lavorare nei campi. C’erano punti infangati e alcuni anche sommersi. Non eravamo in gara, si potevano prendere con cautela, ma non troppo piano, perché sennò si correva il rischio di scivolare. Devi riuscire a far correre la bici come nella mountain bike o nel ciclo cross, trovare il giusto compromesso. Se vai piano, è più facile che scivoli.

Hai visto tanti di corridori, com’è per Fabio Baldato lavorare insieme a Tadej Pogacar?

E’ una soddisfazione, ma non voglio prendermi più di meriti di quelli che ho. E’ un ragazzo che si allena da solo, con il suo allenatore. E’ molto preciso. Noi possiamo dargli l’assistena e qualche consiglio, una nostra visione di corsa, ma lui ha le idee molto chiare. Capisce e vede la corsa, conosce tutti gli avversari, anche qualche new entry che dall’ammiraglia magari può sfuggire. Non voglio dire che sia facile, però ti fa sentire a tuo agio. Non è uno che se la tira, non ha bisogno di un portaborse. E’ importante fargli trovare le cose organizzate, semplici e che funzionano.

Baldato ha iniziato la stagione con il Tour Down Under: qui con Narvaez che ha conquistato la classifica finale
Baldato ha iniziato la stagione con il Tour Down Under: qui con Narvaez che ha conquistato la classifica finale
Avete trovato novità nei due percorsi?

Sono riuscito a avere entrambi i percorsi definitivi di Fiandre e di Roubaix. Ci sono un po’ di varianti, piccole cose, però siamo riusciti a fare il percorso del Fiandre e anche il nuovo ingresso della Foresta di Arenberg. Non ci sarà più la chicane dell’ultima volta, ma una doppia curva destra-sinistra a 90 gradi. Farli rallentare era necessario. L’anno scorso ci sono entrati a 30 all’ora e non è successo niente. Con i materiali di adesso e la strada che un po’ scende, sarebbero capaci di entrarci anche a 60 all’ora e ci sarebbero dei bei problemi di sicurezza.

L’occasione mancata: Baldato e la rincorsa al Giro del Veneto…

18.11.2024
4 min
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Non è facile, per chi ha trascorso questa stagione sull’ammiraglia della UAE Emirates, individuare una vera occasione mancata. Pogacar e compagni hanno praticamente vinto tutto. Eppure, quando si cerca la perfezione, qualche dettaglio viene sempre fuori. A raccontarcelo è Fabio Baldato, uno dei direttori sportivi del team emiratino.

Tutto è accaduto nelle ultimissime gare della stagione, soprattutto al Giro del Veneto, ma in parte anche alla Veneto Classic, quando Baldato e la sua squadra si sono ritrovati a dover affrontare un gruppo che remava contro. Ecco come sono andate le cose, direttamente dalla voce di Baldato.

Fabio Baldato è uno dei direttori sportivi della UAE Emirates
Fabio, sappiamo che stiamo cercando il pelo nell’uovo, ma hai definito il Giro del Veneto un’“occasione mancata”. Con voi le virgolette sono d’obbligo!
Fabio Baldato è uno dei direttori sportivi della UAE Emirates

Esatto, il Giro del Veneto. Ogni volta ti fai un’idea prima del via: guardi i partenti, analizzi i favoriti. Quella mattina ce n’erano tre o quattro che spiccavano, su tutti Kaden Groves, della Alpecin-Deceuninck, e Corbin Strong, della  Israel-Premier Tech. Da lì inizi a capire chi potrebbe muoversi in corsa e chi attenderà. Noi eravamo la UAE Emirates, con oltre 80 vittorie all’attivo e Hirschi in gara, che era tra i favoriti, anche se giustamente in calo dopo un’estate così intensa.

E non era solo lui il vostro uomo di punta…

Esatto, c’erano anche Ulissi e Vine. Ma era una corsa adatta a un passista veloce, molto veloce. Il dislivello complessivo era di 1.800-1.900 metri. Per farla breve, decidiamo di tenere d’occhio soprattutto Israel e Alpecin. Parte una fuga, ma nessuno si muove. Allora ci mettiamo a tirare. Avevamo Giaimi, un giovane della nostra development, che ha fatto un ottimo lavoro. Ad un certo punto mi avvicino alla macchina della Israel e chiedo di collaborare, ma loro rispondono: «Vincete voi, fate tutto voi». Che fare? Se lasciavamo andare la fuga, prendeva 15 minuti e la corsa era persa.

Chiaro…

Soprattutto considerando che è una corsa a cui tengo molto, da buon veneto. Quindi controlliamo la situazione, e nel finale ci provano sia Ulissi sia Vine per rendere la gara dura. Ma il percorso non era abbastanza selettivo: alla fine è arrivato un drappello di una trentina di corridori. Noi, avendo speso più energie degli altri, ci siamo dovuti accontentare di un quinto posto con Hirschi. Tornando indietro, forse non mi metterei a controllare la corsa. È una situazione che ci è capitata più volte a fine stagione, anche quando non avevamo il favorito numero uno.

Israel guardinga e alla fine Strong si porta a casa la corsa
Israel guardinga e alla fine Strong si porta a casa la corsa
Perché?

Proprio perché quest’anno abbiamo vinto di tutto e di più. Ci siamo trovati spesso nella posizione in cui, se non tiravamo noi, la corsa andava alla fuga. Al Giro del Veneto ero io a dirigere con il supporto di Marcato. Una dinamica simile si è ripetuta alla Veneto Classic, diretta invece da Marcato con il mio supporto.

E com’è andata lì?

Alla Veneto Classic è arrivata la fuga da lontano. Certo, c’erano corridori di livello, ma anche noi abbiamo iniziato a controllare più tardi. Le altre squadre ci aspettavano, e c’è stata una lunga fase di attesa e gioco tattico, in particolare con la Groupama-FDJ, che poi è arrivata seconda con Gregoire. Anche in quel caso ci siamo ritrovati a tirare, pur non avendo i favoriti principali. Ulissi, il nostro regista, aveva capito subito l’importanza di quella fuga e ci aveva consultati in ammiraglia, ma alla fine abbiamo atteso oltre 100 chilometri prima di entrare in azione.

Ci sta…

Sì, lo farei anch’io se fossi dall’altra parte. Dopo una stagione simile, capisco gli altri. Con il diesse della Israel ci siamo fatti una risata alla fine del Giro del Veneto. E non avevamo nemmeno pressioni enormi… fino a un certo punto.

Baldato si scopre e mette Giaimi a tirare prima che Ulissi e compagni entrino in gioco (come nella foto di apertura)
Baldato si scopre e mette Giaimi a tirare prima che Ulissi e compagni entrino in gioco (come nella foto di apertura)
In che senso?

Ad inizio anno ci eravamo posti l’obiettivo di alzare l’asticella: essere la migliore squadra al mondo, fare punti. Dopo il Tour era chiaro che avremmo vinto la classifica UCI, ma a quel punto volevamo anche battere il record di vittorie in un anno: 84, stabilito dal Team Columbia HTC nel 2009. Tra Cavendish, Boasson Hagen e altri velocisti, vinsero 84 corse. Noi ci siamo fermati a 81.

È anche una questione di stimoli, però. Bello così, no?

Quando sei lì, ci tieni a battere i record. La cosa bella è che gli stimoli sono rimasti alti fino alla fine. Merito anche di Matxin, che sa valorizzare tutti. E poi, quando hai leader come Pogacar o Hirschi, sai che il lavoro di squadra può finalizzare qualcosa di grande. Io ricordo una Sanremo in cui, lavorando per Petacchi, iniziai a tirare prima della Cipressa e riuscii a farlo fino al Poggio. Probabilmente, se avessi corso per me stesso, mi sarei staccato molto prima. Si innesca un meccanismo di autofiducia che fa rendere al massimo.

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La Tirreno di Ayuso vista con gli occhi di Baldato

15.03.2024
5 min
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La Tirreno-Adriatico vinta da Jonas Vigegaard ha lasciato pochi dubbi su chi sia stato il più forte. Il danese ha colto le occasioni, vinto e convinto sulle strade della Corsa dei Due Mari, agli avversari è rimasto poco o nulla. Uno dei più combattivi, insieme a Jay Hindley, è stato Juan Ayuso. Il giovane spagnolo, classe 2000, ha messo tutto se stesso sulle strade, provando a contrastare lo strapotere della Visma – Lease a Bike. In ammiraglia, al suo seguito, c’era Fabio Baldato, il diesse lo ha visto, ci ha parlato tutti i giorni. E’ il miglior interlocutore per tirare una somma finale rispetto alla corsa fatta da Ayuso. 

«Eravamo partiti con l’intenzione di fare bene – racconta Baldato che in questo momento si trova già in Belgio per le prossime corse – Ayuso ha fatto un avvicinamento promettente. Ha vinto in Francia alla Faun Ardeche, è arrivato secondo alla Drome Ardeche e poi terzo al Laigueglia. Insomma, che stesse bene si capiva».

Nella cronometro di Camaiore Ayuso ha massimizzato il vantaggio nei confronti degli avversari
Nella cronometro di Camaiore Ayuso ha massimizzato il vantaggio nei confronti degli avversari

Crono preparata

La prestazione a cronometro di Ayuso, sulle strade di Camaiore, dove ha preceduto Ganna per un solo secondo, ha stupito sì, ma non troppo. L’obiettivo del UAE Team Emirates era quello di partire forte fin da subito, andando a guadagnare il più possibile sugli avversari.

«Nella cronometro – afferma Baldato – volevamo guadagnare tempo, soprattutto su Vingegaard, infatti Ayuso ha fatto una prestazione perfetta. Farlo partire così presto era per evitare la pioggia, poi abbiamo avuto anche un po’ di fortuna. Le ultime gocce sono cadute proprio dieci minuti prima che partisse, quindi la strada non era così bagnata. Questo ha fatto la differenza, ha potuto spingere di più in curva, anche se il divario, minimo, con Ganna lo ha determinato il vento. Vincere è stata una piacevole sorpresa».

Il podio finale della Tirreno: Vingegaard ha regolato Ayuso e Hindley
Il podio finale della Tirreno: Vingegaard ha regolato Ayuso e Hindley
Per il resto com’è andata la Tirreno?

Come ci aspettavamo Vingegaard era di un altro livello, è un ragazzo che non si può sottovalutare. Noi abbiamo fatto la nostra corsa, fino a quando la maglia è stata in casa ci siamo presi le responsabilità, anche nelle tappe piatte. Nei primi quattro giorni ci siamo messi a controllare bene, tirando spesso il gruppo. 

Poi sono arrivate le salite.

Si è visto come Vingegaard sia di un altro pianeta, nella prima tappa dura (la quinta, ndr) Ayuso ha pagato un po’ di più. Mentre il giorno dopo, nella frazione con arrivo a Monte Petrano, ha tenuto più botta, perdendo solo 26 secondi. 

A quale livello si è presentato Ayuso?

Ha ancora margini di crescita, non ha preparato la Tirreno come un obiettivo principe, facendo quindi altura, casa e poi gara. Ma ha corso prima, quindi non si è risparmiato, come dimostrano i risultati. E’ arrivato in forma, ma non al top. Vingegaard arrivava dal Gran Camino, che aveva dominato. Mentre per Ayuso era la prima corsa a tappe. 

Ayuso ha raccolto tanti risultati di rilievo a inizio stagione qui al Laigueglia dove ha fatto terzo
Ayuso ha raccolto tanti risultati di rilievo a inizio stagione qui al Laigueglia dove ha fatto terzo
Vigegaard è andato davvero forte, vi spaventa anche in ottica futura?

Si tratta del miglior scalatore al mondo al momento, ma non siamo privi di soluzioni. Abbiamo una squadra forte, che può contrastarlo. Per come ne parlate sembra che Ayuso dovesse dare un minuto in salita a Vingegaard ma non può essere così. Il danese ha vinto due Tour, Juan è arrivato terzo in una Vuelta. Poi hanno due età diverse, Juan è giovane e di margini ne ha ancora tanti. 

Ayuso si è trovato spesso gomito a gomito con Hindley…

Quello è stato un confronto più confortante, dove il nostro ragazzo ha tenuto testa ad un corridore che ha vinto un Giro d’Italia. Noi abbiamo raccolto il massimo, secondo me, considerando anche le defezioni dell’ultimo minuto. 

Chi?

Nel piano originale avremmo dovuto portare Adam Yates, ma la caduta al UAE Tour ce lo ha impedito. Con lui, che avrebbe potuto provare a seguire Vingegaard in salita avremmo potuto fare una corsa diversa. Con un vantaggio numerico (Ayuso e Yates contro Vingegaard) avremmo potuto giocare diversamente. 

Al posto di Yates è venuto Del Toro, che ha fatto una grande prova.

Bisogna fargli una statua. Non è da tutti essere chiamati all’ultimo e farsi trovare pronti, soprattutto da così giovani. Ha dato una grande mano ad Ayuso, specialmente nella tappa di Valle Castellana dove ha tirato il gruppo inseguitore. 

Con Ayuso che bilancio avete fatto a fine corsa?

Ottimo. Con la Tirreno conclusa Ayuso è il corridore con il maggior numero di punti in questo momento. Poi da domani magari la classifica cambierà, però in un ciclismo che guarda anche i numeri è un ottimo segnale. Cresce e migliora, non serve mettere fretta, ci pensa lui stesso. 

In che senso?

Pretende tanto dalle sue qualità. E’ un vincente, vuole arrivare ed è convinto di poterlo fare. Ora Vingegaard è un gradino sopra, ma l’obiettivo di Ayuso è quello di salirlo.

Arriva Baroncini, caro Baldato sarà alter ego di Trentin?

29.08.2023
4 min
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Un campione che va. Un campione che viene. In UAE Team Emirates il bilancio è apparentemente in pareggio, perché se Matteo Trentin saluta la squadra di Mauro Gianetti, vi approda Filippo Baroncini. Un campione di esperienza al posto di un campione giovane.

Non che l’iridato U23 di Leuven 2021 sia arrivato per rimpiazzare il campione europeo 2018, ma certo questa staffetta ha delle suggestioni. E allora con Fabio Baldato, uno dei diesse della UAE, vorremmo capire quanto queste suggestioni possano avere dei risvolti tecnici.

Baroncini (classe 2000) a fine stagione passerà dalla Lild-Trek alla UAE Emirates
Baroncini (classe 2000) a fine stagione passerà dalla Lild-Trek alla UAE Emirates
Fabio, arriva Baroncini…

Eh – sospira Baldato – Baroncini è un gran bel corridore. L’ho seguito soprattutto durante quel mondiale tra gli under 23 e fu entusiasmante, lo vinse alla grande. Tra i pro’ deve ancora far vedere il suo valore. Sappiamo con certezza che ha grandi qualità e potenzialità enormi. Starà anche a noi fargliele esprimere.

E parte Trentin. Filippo è il suo sostituto? Ci sono delle analogie fra i due?

Matteo ha una cosa che non puoi comprare oltre alle qualità atletiche e fisiche ed è l’esperienza. L’occhio che ha della corsa. Specie nelle corse adatte a lui dove anche Filippo può fare bene, penso alle classiche del Belgio. Matteo ha accumulato questa esperienza negli anni, Baroncini ci può arrivare. Il modo in cui ha vinto il mondiale ha mostrato che sa muoversi.

Che spazi avrà? Abbiamo parlato di classiche indirettamente, ma dovrà aiutare Pogacar?

Mi aspettavo questa domanda! Vedremo… Prima di tutto non sono io che prendo certe decisioni, poi bisognerà vedere tante cose: le intenzioni della squadra, quelle di Tadej, la condizione dei singoli corridori… Certo, mi sento di dire che se Pogacar vuol puntare al Fiandre, per esempio, è chiaro che che anche un Baroncini eventualmente sarebbe chiamato in causa per aiutarlo. Alla fine parliamo di un atleta che, in due Fiandre che ha fatto, uno lo ha vinto e nell’altro ci è andato vicino.

Trentin ha scortato Pogacar per tre anni. Lo sloveno ne faceva un punto di riferimento
Trentin ha scortato Pogacar per tre anni. Lo sloveno ne faceva un punto di riferimento
In effetti…

Ma ciò non toglie che Baroncini non possa correre alla Trentin. Essere cioè l’ago della bilancia, un aiuto fondamentale per Tadej. E correre comunque da protagonista.

Che corridore ti aspetti di guidare?

Non lo conosco così bene, lo conoscete più voi! Non posso che rifarmi a quanto visto da quel che ha fatto tra gli under 23. E oltre ad aver vinto e ad andare forte, so che ha aiutato tanto e bene Ayuso nel Giro Under 23. Lo scoprirò nel corso dei mesi, anche dal punto di vista umano.

Trentin e Baroncini per te si somigliano?

Un po’ sì. Col tempo, come detto, Matteo è diventato un punto di riferimento, ma questo paragone va preso con le pinze. Lui è gli occhi del direttore sportivo in corsa. E’ uno di quei corridori che non ha bisogno di fare “uno più uno per dire due”. Lui va direttamente al due. Anche al Renewi Tour nella tappa vinta da Mohoric si è gestito alla grande nel finale. Un corridore così ci mancherà. 

L’emiliano è un corridore completo. Va forte a crono, è veloce e anche in salita si difende benone
L’emiliano è un corridore completo. Va forte a crono, è veloce e anche in salita si difende benone
E con Baroncini?

Possiamo costruire delle belle cose. I programmi sono ancora tutti da fare. E’ un corridore che mi stimola, che non vedo l’ora di guidare e spero di riuscire a fare qualcosa di bello con lui.

Per quali corse lo vedi più adatto?

Come detto il Fiandre. Ma anche un’Amstel Gold Race… Tutte quelle corse in Belgio che ormai non sono più solo per velocisti. Ci metterei anche una Gand. Ma perché no, anche una Sanremo. Sarà tutto scoprire, da capire anno per anno, in base alla sua crescita, alla sua condizione. Che poi è il bello e il difficile del nostro mestiere, tanto più in una squadra ricca di campioni come la UAE Emirates.

Due giorni al Fiandre: Pogacar getta la maschera

31.03.2023
5 min
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«Spero e penso che Michele abbia ragione – dice Baldato, riferendosi alle parole di Bartoli sulle chance di Pogacar al Fiandre – pensiamo tutti che dopo sei ore e mezza Tadej possa avere una maggiore resistenza alla fatica rispetto a Van der Poel e Van Aert. Le azioni della settimana scorsa alla E3 Saxo Classic sono state delle prove. Abbiamo capito che il Qwaremont è la salita più adatta a lui, quella in cui li può mettere in difficoltà. Invece quanto all’osservazione di Michele sui tanti scatti della Sanremo

«Ha ragione, anche io che ero a casa l’ho notato. Forse avrebbe potuto voltarsi una volta di più e si sarebbe accorto che Van der Poel stava rientrando a ruota di Van Aert senza fare fatica, ma quando sei lì e sai che hai solo quei 500 metri, tante volte ragionare non è facile. Oggi abbiamo fatto tre ore, due asciutte e una con la pioggia. E’ andata meglio dell’anno scorso quando trovammo la neve. Stiamo bene e abbiamo una bella squadra. Ma del resto non ho mai sentito Tadej Pogacar lamentarsi perché sta male».

Pogacar sembra molto a suo agio ed estremamente sereno parlando della sfida di domenica
Pogacar sembra molto a suo agio ed estremamente sereno parlando della sfida di domenica

Due giorni al Fiandre

Le cinque del pomeriggio a Waregem. Nell’hotel del UAE Team Emirates parla Tadej Pogacar, ma cominciare dal direttore sportivo che lo guiderà domenica al Giro delle Fiandre serve per avere il polso della situazione. Fuori piove, per tutto il giorno la temperatura è rimasta intorno ai 10 gradi, ma per domenica danno bel tempo.

Pogacar ha la consueta espressione serena e dalle sue parole traspare il gusto di esserci, che è alla base della passione di ogni professionista che venga quassù a sfidare queste stradette di sassi e fango, ma in lui si concretizza in un sorriso contagioso.

E’ vero che l’altro giorno hai fatto le prove?

Ho voluto capire cosa c’era ancora nelle gambe, sapendo che domenica quello sarà il punto in cui inizierà la fase decisiva della corsa. In più stamattina siamo andati a fare la ricognizione sul percorso ed è stato importante, perché non conosco ancora bene queste strade. Ne avevo bisogno per riprendere il feeling con questi posti. Negli ultimi giorni sono stato a Monaco. Avevo qualche appuntamento e ne ho approfittato per fare un paio di allenamenti duri. Ho cercato anche di recuperare prima di tornare quassù. Sarà importante ricordare i punti chiave, soprattutto quando Van Aert schiererà il suo squadrone e Van der Poel partirà all’attacco.

Le Colnago appena rientrate dalla ricognizione sono piuttosto sporche: ha iniziato a piovere
Le Colnago appena rientrate dalla ricognizione sono piuttosto sporche: ha iniziato a piovere
Che cosa rappresenterà il Qwaremont nel tuo Fiandre?

E’ la salita più lunga, quella in cui posso far valere le mie doti, quella con il pavé sino in cima. Il Paterberg invece è troppo corto per le mie caratteristiche. So che arrivare da solo sarà molto difficile, bisognerà trovare il momento giusto. L’anno scorso il mio grosso problema fu lo spreco di energie per recuperare le posizioni, ero sempre indietro. Quest’anno mi sembra di essere migliorato con l’esperienza e soprattutto dopo sei ore ci saranno gambe più stanche e meno stress.

E se non arrivassi da solo?

In un sprint con loro due, dovrei essere contento per la conquista del podio. Preferisco concentrarmi sull’ipotesi di essere il più forte sulle salite, per provare ad arrivare da solo, ma faccio fatica a dire dove si potrebbe provare.

Perché ti piace il Fiandre?

Per l’atmosfera, i tifosi a bordo strada, le strade spettacolari e il percorso interessante per me. Se il Tour è il primo obiettivo di stagione, il Fiandre potrebbe essere il secondo, anche se non mi piace fare classifiche. Diciamo che è uno dei più grandi. Il Belgio mi piace per questa atmosfera speciale…

Anche ai campioni capita di mettere piede a terra: una risata e si riparte…
Anche ai campioni capita di mettere piede a terra: una risata e si riparte…
Le statistiche dicono che soltanto Merckx e Bobet hanno vinto Tour e Fiandre.

Non lo sapevo, non conosco la storia del ciclismo e onestamente preferisco vivere il presente e pensare al futuro. Certi calcoli semmai li farò a fine carriera.

La Jumbo-Visma ha dominato in lungo e largo, come siete attrezzati voi?

Abbiamo una bella squadra, con Wellens e Trentin che sono in ottima forma. Probabilmente non si può fare un paragone, ma non credo che sarà facile dominare il Giro delle Fiandre. In ogni squadra c’è almeno un potenziale vincitore e non credo che tutti vorranno stare ad aspettare le mosse di pochi. Questo ciclismo è diventato bellissimo, ogni giorno fuochi d’artificio. Mi piacciono queste corse, vengo a farle perché è molto meglio che guardarle in televisione.

Qualcuno dice che essere più leggero di Van Aert e Van der Poel sia uno svantaggio.

Non sono tanto leggero, in realtà. Sono certamente più pesante di quando corro il Tour, due giorni fa ero a 67 chili. Ma la differenza in salita la fai con la potenza e se hai quella, vai forte a prescindere da quanto pesi.

La UAE Emirates parte con una bella squadra. Accanto a Pogacar, anche Wellens e Trentin (foto Instagram)
La UAE Emirates parte con una bella squadra. Accanto a Pogacar, anche Wellens e Trentin (foto Instagram)
Quei 16 chilometri dalla fine del Paterberg all’arrivo sono una condanna?

Sono lì per tutti, ma certo non sono pochi. Soprattutto dopo sei ore e mezza di corsa. Confido di avere le gambe migliori dopo una corsa così lunga. Non so se con Van der Poel e Van Aert possa nascere un’alleanza, ma fra i due mi capisco meglio con Mathieu. Non so perché, deve essere un fatto di affinità. Ma da qui a dire che saremo alleati…

Giovani corridori e aspettative: come si lavora?

24.01.2023
7 min
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Nel guardare le varie statistiche sui siti di riferimento ci ha colpito la grande differenza che si trova nei giorni di corsa tra i neoprofessionisti: ragazzi giovani che si affacciano al mondo dei grandi. Così abbiamo voluto indagare tra le varie squadre per capire come gestiscono i loro ragazzi. Tra i team selezionati sono rientrati due professional e due WorldTour. 

Felix Gross è uno dei giovani della UAE che sta facendo un percorso graduale di crescita
Felix Gross è uno dei giovani della UAE che sta facendo un percorso graduale di crescita

Per la UAE parla Baldato

La prima persona interrogata su questo delicato tema è Fabio Baldato, diesse della squadra degli Emirati. Tra i ragazzi visti dal veneto spicca il nome di Ayuso, spagnolo classe 2002 che alla prima partecipazione alla Vuelta ha chiuso al terzo posto nella classifica generale. 

«Prima di tutto – inizia Baldato – è tutto molto soggettivo, ci sono giovani che hanno bisogno di un ambientamento più lungo. Altri, invece, vedi che sono già pronti, ma anche in questi casi il lavoro da fare è delicato. Ayuso lo abbiamo “rallentato” cercando di tenere la sua esuberanza a bada. Non è il primo corridore già maturo che mi capita tra le mani, in BMC ho avuto Kung e Dillier che erano già pronti. In questi caso noi diesse dobbiamo essere bravi a valutare, non bisogna mai esagerare, spesso i ragazzi giovani non si pongono limiti. Sono più spavaldi, si vede dall’atteggiamento in corsa. Ti ascoltano fino ad un certo punto, predicare va bene ma poi bisogna mettersi nei loro panni. Sono consapevole del fatto che noi diesse possiamo insegnare qualcosa ma quello che rimane è la “batosta”. Ayuso stesso ad inizio 2022 ne ha prese alcune ed è cresciuto».

«Poi ci sono i corridori normali, uno che abbiamo in UAE è Felix Gross. Lui ha fatto lo stagista nel 2021 con dei buoni dati ma senza cogliere risultati. La scorsa stagione ha avuto più continuità ed ha ottenuto un bel quarto posto in una tappa al Giro di Germania. I corridori così vanno sostenuti, anche mentalmente perché devono capire che la loro crescita deve essere graduale e passa prima da corse minori dove imparano ad essere competitivi».

Lato Intermarché

L’Intermarché Circus Wanty ha un progetto di crescita solido da molti anni, al quale ha affiancato anche la nascita del Development team. Valerio Piva, diesse della squadra belga ci racconta anche che relazione hanno tra di loro le due squadre

«La squadra development ha una struttura a parte – spiega – l’obiettivo è prendere ragazzi giovani e far nascere dei corridori. Lo scambio tra una squadra e l’altra ci sarà, lo stesso Busatto farà qualche gara con noi. Per quanto riguarda il team WorldTour l’obiettivo è diverso, i ragazzi giovani che prendiamo arrivano da team professional o continental. Non crediamo nel “salto di categoria” da junior a professionisti, i ragazzi devono fare uno step intermedio: gli under 23. I ragazzi devono imparare a gestire l’impatto della corsa e le diverse tipologie di allenamento. In un ciclismo che viaggia sempre più rapido è bene ricordare che i margini di errore sono al minimo e si rischia di bruciare l’atleta pretendendo qualcosa che non può fare. I giovani che abbiamo nella squadra WorldTour li inseriamo gradualmente, non li vedrete mai partecipare a corse di primo livello». 

«In questa stagione la squadra ha fatto una rivoluzione – continua Piva – prendendo tanti giovani e perdendo corridori di esperienza come Kristoff. Non è che non credessimo in lui, ma abbiamo preferito un progetto più a lungo termine. Non vinceremo tante corse come lo scorso anno ma è una cosa che abbiamo preventivato, fa parte di quello che è il ricambio generazionale. Gerben Thijssen, è un corridore sul quale nel 2022 abbiamo speso molto in termini di uomini e di occasioni. Ha dimostrato qualcosa di buono e quest’anno è chiamato al salto di qualità, ma è stato tutto graduale. Per il suo bene e quello del team».

La visione delle professional

La Green Project Bardiani è la squadra professional che ha un progetto diverso dalle altre, i giovani vengono presi e diventano subito professionisti. Almeno a livello di contratto, poi però all’interno del team si opera una distinzione, creando praticamente due squadre distinte. Rossato diesse di riferimento per questi ragazzi ci spiega il metodo di lavoro e le sue “criticità”. 

«La prima cosa – racconta dalla Vuelta a San Juan – è cercare di non stressare troppo i ragazzi. Quelli che arrivano dall’ultimo anno di juniores hanno la scuola e per loro deve essere una priorità. L’anno scorso a Pinarello e Pellizzari abbiamo costruito un programma idoneo. A livello di ambientamento per loro è un sogno: avere uno staff dedicato ed essere seguiti in questo modo è una bella cosa. Non dimentichiamo che gli juniores l’anno scorso avevano ancora i rapporti bloccati, una volta con noi abbiamo dovuto insegnargli anche a gestire questa cosa. Si è lavorato anche tanto sull’alimentazione, sul peso e l’allenamento. Dettagli che quando sei professionista fanno la differenza. Dai giovani dell’anno scorso abbiamo ottenuto dei bei risultati. Pellizzari e Pinarello, a fine stagione, hanno corso con i professionisti il Giro di Slovacchia e la Tre Valli. Siamo stati molto contenti della loro risposta».

«Chi arriva da noi che ha già fatto qualche stagione da under 23 fa un programma più intenso. Sempre ponderato alle qualità ed al fatto che sono alla prima esperienza con i professionisti. I corridori che possono correre anche da under fanno calendari misti con diverse esperienze. Marcellusi prima di vincere il Piva ha corso in Turchia e la Milano-Torino, due belle palestre per crescere. Tolio è un altro che ha corso molto tra gli under 23 ed i professionisti, aggiungendo al suo calendario corse importanti come Strade Bianche e Lombardia. Sono corse che un ragazzo giovane può guadagnarsi, sono come un premio che arriva alla fine di un bel percorso di crescita».

Ultima parola alla Eolo

La Eolo Kometa ha nella sua idea di team una visione diversa, con due squadre divise: la professional e la under 23. Stefano Zanatta ha lavorato per tanti anni con i giovani e di cose ne ha viste.

«Le nostre due squadre sono direttamente collegate – apre il discorso Zanatta – vedi da subito i ragazzi giovani e ne segui la crescita. Questo perché una volta che passano in prima squadra hai già un’idea di che corridore ti trovi davanti. Io credo che anche i grandi campioni abbiano bisogno di un anno tra gli under 23. Anche in Liquigas, dove avevamo corridori come Kreuziger e Sagan, abbiamo tenuto la stessa ideologia. Prima almeno un anno di esperienza nella categoria giovanile. I corridori possono anche aver talento ma hanno bisogno di una crescita umana e fisica. Anche i nostri giovani che arrivano dalla squadra under 23 avranno bisogno di adattarsi alle corse. Non vogliamo caricarli di pressioni o aspettative troppo alte».

«Il percorso per i ragazzi che arrivano da noi – continua il diesse della Eolo – è di partire da corse più semplici. Poi si passa a quelle di qualità superiore e si prova a vedere come reagisce un ragazzo nel correre da protagonista. Dalla mia esperienza posso dire che un ragazzo arriva ad avere risultati tra i 24 e i 25 anni. Nibali stesso ha fatto tanta esperienza maturando, successivamente ha ottenuto i risultati che tutti conosciamo. Serve un’attività continua ma equilibrata: una cinquantina di giorni di corsa sono giusti. La cosa migliore è dare ai ragazzi delle pause e farli recuperare, senza creare buchi troppo grandi nel calendario, altrimenti si perde il lavoro fatto. Ora ai giovani è concesso meno sbagliare, non è corretto nei loro confronti perché li si sottopone a pressioni maggiori. Forse devi essere più forte mentalmente per fare il corridore ora».