Montoli, un altro anno di esperienza, poi il salto

06.02.2023
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Uno dei volti della Fundacion Contador, la squadra under 23 legata alla Eolo-Kometa, è Andrea Montoli: classe 2002, lombardo di Parabiago. Il 2022 è stata la sua seconda stagione corsa nella categoria che fa da anticamera al professionismo. L’inizio delle gare si avvicina e con Andrea bussiamo al 2023, cui chiede qualcosa in più, forte delle motivazioni trovate l’anno scorso. 

A settembre in Spagna per il lombardo è arrivata la prima vittoria tra gli under 23
A settembre in Spagna per il lombardo è arrivata la prima vittoria tra gli under 23

A breve si riparte

Mentre i professionisti hanno già attaccato il numero sulla schiena, gli under 23 si trovano ancora nel periodo pre-stagione. L’inizio però non sembra così lontano. 

«Ora sono in Friuli dalla mia ragazza – racconta Montoli – e ogni tanto vengo qui per stare con lei. Domani (oggi, ndr) sono previsti 18 gradi. Approfitto di questo clima anomalo per passare del tempo insieme a lei e per allenarmi, se fa caldo ti viene anche più voglia (dice ridendo, ndr). A breve, l’11 febbraio, andremo a fare un ritiro con la squadra in Spagna, poi il 18 ed il 19 ci saranno due gare. Sfruttiamo il tempo per lavorare insieme e scoprire quale calendario andremo a fare. Avevamo già fatto un ritiro a dicembre, ma si trattava più di un ritrovo. Arrivavo dalle vacanze e avevo anche qualche chiletto in più. Sapete, difficile non mangiare quando si va a Napoli e Catania, però avevo avvisato la squadra, mi ero portato avanti (dice ridendo di nuovo, ndr)».

Piganzoli Maurienne 2022
Piganzoli e gli altri ragazzi passati alla professional sono la testimonianza che il progetto della Eolo funziona (Foto Zoe Soullard)
Piganzoli Maurienne 2022
Piganzoli e gli altri ragazzi passati alla professional sono la testimonianza che il progetto della Eolo funziona (Foto Zoe Soullard)

I vecchi compagni

Nel ritiro di Oliva di dicembre era presente anche la formazione professional, in cui da quest’anno sono passati anche quattro suoi ex compagni. Che effetto fa trovarli “dall’altra parte?”.

«Ci vedevamo poco – continua – praticamente solo la sera per mangiare e qualche volta incrociavamo il loro gruppo di allenamento. Vedere i ragazzi che erano under l’anno scorso fa un certo effetto, a me ha dato una bella motivazione. Ha alimentato la speranza che un giorno possa arrivare anche per me quel momento. Ho avuto la sensazione che il progetto sia concreto, che impegnandomi come hanno fatto loro, possa arrivare anche il mio turno. 

«I lavori fatti a casa fino ad ora mi danno buone sensazioni – dice – si è lavorato molto sul fondo, tanto volume e qualcosa di intensità. Il ritiro di febbraio servirà proprio per capire il livello al quale siamo arrivati, sarà un primo feedback per il team».

Tra pochi giorni i ragazzi del team U23 si ritroveranno per il secondo ritiro stagionale
Tra pochi giorni i ragazzi del team U23 si ritroveranno per il secondo ritiro stagionale

Un passo indietro

Con Montoli, però, analizziamo prima quello che è successo nel 2022, alla sua seconda stagione con la Fundacion Contador. Qualche passo in più, una buona crescita ed il premio con lo stage tra i professionisti. 

«E’ stata una stagione in crescendo – racconta il lombardo – ero partito in sordina, ma dalle gare internazionali in poi sono migliorato pian piano. Fino ad ottenere la prima vittoria tra gli under 23 a settembre, in Spagna. Lo stage con i professionisti è stata una bellissima occasione dalla quale porto a casa numerose emozioni. La cosa più bella è essere riuscito a scambiare qualche battuta con Nibali alla Coppa Agostoni e Bernal al Giro della Toscana. In quelle corse la squadra mi aveva chiesto di mettermi a disposizione nelle fasi iniziali. Ho provato ad entrare in qualche fuga ma partivano sempre uno scatto dopo rispetto a quelli che riuscivo a fare (ride ancora. ndr).

«Il ritmo è tanto diverso da quello al quale sono abituato. Nei primi venti minuti si va fortissimo, poi si rallenta e le squadre si organizzano. La bagarre per prendere in testa le salite è tostissima, devi saper spingere il rapporto. Mi trovavo tra corridori di Ineos e UAE, mi ha fatto uno strano effetto, ma ho cercato di stargli a ruota. E’ stata una gran bella esperienza: salire sul pullman, fare la riunione pre corsa… Quando ero piccolo andavo a queste corse chiedendomi cosa ci fosse sul bus delle squadre, finalmente l’ho scoperto! Spero di tornarci di nuovo».

Montoli, con il numero 21, in corsa ai campionati italiani under 23 di Carnago
Montoli, con il numero 21, in corsa ai campionati italiani under 23 di Carnago

Il Giro Under 23

Tra le corse affrontate da Montoli nella scorsa stagione c’è stato anche il Giro d’Italia U23. Una prima volta speciale anche questa, per diversi motivi… 

«Si è trattata di una grande esperienza – ci dice – ti confronti con i corridori migliori al mondo. Molti di loro ora li vedi in televisione a correre con i professionisti. E’ un mondo completamente diverso, in qualche modo simile a quello dei grandi, con le dovute proporzioni. Fai tanta esperienza, imparando a “vivere come un professionista”, dalla colazione fino alla cena, e questo giorno dopo giorno. Dal punto di vista atletico l’ho trovato molto utile, ti dà una grande continuità ed impari a gestirti.

«Nella tappa di Santa Caterina, la più dura, fin dai piedi del Mortirolo dalla macchina mi hanno consigliato di risparmiare energie per arrivare al traguardo. Anche perché l’indomani dopo c’era una tappa (quella di Chiavenna, ndr) più adatta alle mie caratteristiche. Devi imparare a correre guardando la corsa nel suo insieme e non semplicemente giorno per giorno».

L’obiettivo per la prossima stagione è migliorare quanto fatto fino ad ora, cercando anche qualche vittoria in più
L’obiettivo per la prossima stagione è migliorare quanto fatto fino ad ora, cercando anche qualche vittoria in più

Debutto in Spagna

Il buon umore di Montoli è contagioso, il giovane corridore parla sciolto, sempre con la risata pronta. Ma non fatevi ingannare troppo, gli obiettivi per il 2023 ci sono e la motivazione anche, d’altronde inizia il terzo anno da under.

«L’obiettivo per la stagione che inizierà a breve – conclude Montoli – è quello di crescere ancora. Presentarmi alle corse che l’anno scorso ho affrontato per la prima volta e riuscire a fare meglio. Vorrebbe dire che ho imparato dalle esperienze pregresse e sarebbe un segno di maturità. Alla fine inizio il terzo anno da under 23 e vorrei provare a fare il grande salto, sono giovane ma per il ciclismo moderno non così tanto (ride, ndr)».

Lopez si prende la crono, ma scatta l’allarme per Bernal

03.02.2023
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Ieri la cronometro individuale con la vittoria di Miguel Angel Lopez, domenica la prova su strada dei campionati nazionali. Il ciclismo colombiano non aspettava altro, per una serie di motivi trasversali che stanno diventando di primario interesse. La disdetta inattesa da parte di Bernal ha lasciato i tifosi sgomenti. Il recupero di Egan ancora una volta si è inceppato su un problema fisico. La sensazione, avendolo osservato da vicino nei giorni argentini, è che probabilmente il processo avrebbe richiesto altri tempi. E che assecondare la meraviglia di quel rientro prodigioso, facendo crescere la potenza (necessaria per correre) su una struttura non ancora in grado di sostenerla, rischia ora di trasformarsi in un boomerang. Lo sforzo all’Alto del Colorado alla Vuelta a San Juan ha infiammato la rotula e ora bisogna farci i conti.

«Tutti devono capire – ha detto il preparatore Xavi Artetxe ad ADN Cycling – che qualunque cosa accada, Egan è qui è per la sua voglia di correre i campionati nazionali davanti alla sua gente. E se non lo fa, la frustrazione più grande è certo la sua. Vogliamo essere ottimisti, ma la verità è che la situazione è complicata. Quello che invece non vogliamo è che uno o due giorni di gara compromettano la buona traiettoria che ha per il resto della stagione».

La Vuelta a San Juan ha mostrato un Bernal in ripresa, ma ancora fragile
La Vuelta a San Juan ha mostrato un Bernal in ripresa, ma ancora fragile

Nairo ci sarà

A fronte della complessa situazione di Bernal, sulle strade dei Campeonatos Nacionales de Ruta 2023 di Bucaramanga, i riflettori saranno puntati per motivi simili su Nairo Quintana e ovviamente Miguel Angel Lopez.

Il primo torna alle corse dopo il mondiale di Wollongong. Ha preso atto che il tacito bando emesso ai suoi danni dopo la positività al Tramadol ha congelato l’interesse delle squadre. I campionati nazionali non erano nei suoi programmi, per alcuni problemi di salute di cui aveva parlato in precedenti interviste. Tuttavia, dopo la conferenza stampa in cui ha cercato di rilanciarsi come corridore, il corridore di Combita ha cambiato rotta e annunciato la sua partecipazione. Correrà nella nazionale mista diretta da Mario Jaramillo, esperto tecnico colombiano.

«Nairo Quintana – spiega il presidente della federazione Mauricio Vargas – è una figura di rilievo nazionale e giusto qualche giorno fa stavamo discutendo di alcune cose sul ciclismo colombiano. Ha preso da solo la decisione di venire ai campionati nazionali. Ha fatto alcune consultazioni con il suo staff medico e ha ricevuto l’approvazione in modo che potesse essere presente a Bucaramanga. E’ importante che un uomo come Nairo partecipi, perché conosciamo il peso che ha in nazionale. E’ una gioia che siano presenti le grandi figure del nostro ciclismo».

Lopez ha vinto la crono del campionato nazionale colombiano oltre i 48 di media (foto Noticiclismo)
Lopez ha vinto la crono del campionato nazionale colombiano oltre i 48 di media (foto Noticiclismo)

Al fianco di Superman

La ricorsa di Lopez è cominciata con la vittoria della Vuelta a San Juan: un trionfo che gli ha permesso di inserirsi nella sua nuova squadra, che si è schierata al suo fianco contro i presunti soprusi subiti, eleggendolo a bandiera.

«La vittoria di Miguel alla Vuelta a San Juan – ha raccontato Brayan Sanchez, suo compagno al Team Medellin – è stata bella, qualcosa che la squadra voleva ottenere e che stavamo aspettando, visto che avevamo lavorato duramente per ottenerla. Anche nella tappa che ha vinto, abbiamo lottato per lui. E’ stata una grande gioia. Io ho sempre voluto essere in una grande squadra. Ho lavorato per ottenere risultati per me e per gli altri. Aiutare Lopez è qualcosa di bello, perché è una persona fantastica. Abbiamo avuto l’opportunità di trovarlo sulla nostra strada e ci siamo resi conto che oltre ad essere un corridore di gran classe, è un grande essere umano».

Il campionato colombiano su strada si svolge a bassa quota, su un circuito di 23,6 chilometri da fare 10 volte
Il campionato colombiano su strada si svolge a bassa quota, su un circuito di 23,6 chilometri da fare 10 volte

La crono di Lopez

Superman intanto si è portato a casa il titolo nazionale della cronometro. Ha percorso i 43,5 chilometri in 52’59” a 48,876 di media, lasciandosi dietro Vargas e Contrerars, che un giorno fu a sua volta corridore della Quick Step e poi dell’Astana.

«Sono contento – ha detto Lopez – è stato un giorno molto buono, per me e per la squadra. Conoscevo il percorso e ho avuto un direttore tecnico molto esperto. Ieri sera siamo andati a vedere la strada in macchina, in modo da ricordare ogni piccolo dettaglio. Penso che domenica sarà dura come oggi, per cui per ora ci riposeremo, recupereremo e domenica vedremo cosa inventare».

La corsa su strada si svolgerà su un circuito di 23,6 chilometri da ripetere 10 volte per un totale di 236 chilometri. Nessuna quota proibitiva. Discesa, salita e poca pianura. Probabilmente sarà corsa per uomini da classiche più che per scalatori, ma questo Lopez vola. Ed ha ancora il dente avvelenato.

La svolta di Ellena: nuova vita alla Eolo-Kometa

02.02.2023
7 min
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La solita storia, lo sapevamo, ma abbiamo atteso l’ufficialità della notizia. E intanto in Argentina scherzavamo con Biagio Conte sull’imminente arrivo di Giovanni Ellena sull’ammiraglia della Eolo-Kometa.

«Allora lo sai?», rideva il siciliano.

«Che cosa? Ma figurati…», rispondevamo con identica allegria.

«E’ uno in gamba – ancora Conte – e una mano ci serviva».

Ellena alla Eolo, Spezialetti alla Bingoal: i due diesse più esperti della Drone Hopper attesi a sfide importanti
Ellena alla Eolo, Spezialetti alla Bingoal: i due diesse più esperti della Drone Hopper attesi a sfide importanti

Tutti gli uomini di Savio

Adesso che il comunicato è arrivato, si può finalmente condividere il cammino che ha portato il direttore sportivo piemontese nella squadra di Basso e dei fratelli Contador, al termine di un periodo non semplice. Dalla scorsa estate, quando è stato palese che la Drone Hopper fosse una bolla di sapone già scoppiata, tutti coloro che erano coinvolti nel progetto hanno iniziato a cercarsi una nuova casa.

Mariano Umberto, osteopata, è andato alla Tudor. Andrea Foccoli, meccanico, alla Ineos. Stefano Di Zio, massaggiatore, alla Israel. Andrea Zanardini, massaggiatore, alla Bardiani. Barbero e Tessaro al UAE Team Adq, Paolo Alberto, massaggiatore, alla Eolo. Licio Scartozzi a giornate sul bus della Jayco-AlUla e a breve su quello della Ineos. Lo staff di medici e preparatori alla Bardiani.

Fra i direttori sportivi non è stato facile. Daniele Righi, l’ultimo arrivato, non è riuscito ancora a sistemarsi, ma potrebbe entrare nella continental di Savio. Spezialetti è alla Bingoal. Canciani alla China Glory. Cheula ha un negozio di bici ed è team manager della Aries nei dilettanti. Ellena (che in apertura è con Bernal dopo il Tour 2019, nel Ristorante Buasca in cui l’ha accolto) ha trovato la sua strada.

Ivan Basso, Alberto Contador, Giro di Sicilia, Rcs, 2019
Un incontro a Oliva (Spagna) a gennaio con Basso e i due fratelli Contador ed è arrivato l’accordo con Ellena
Ivan Basso, Alberto Contador, Giro di Sicilia, Rcs, 2019
Un incontro a Oliva (Spagna) a gennaio con Basso e i due fratelli Contador ed è arrivato l’accordo con Ellena
A che punto si è palesata l’opzione Eolo?

E’ venuta fuori con il passare dei giorni. Per un po’ c’erano stati dei contatti con una WorldTour, ma l’ipotesi è naufragata. Ho fatto un colloquio e ne siamo usciti anche bene, poi però non se ne è fatto niente. Tutto sommato però, sono contento che sia andata così. 

Perché?

Magari è il discorso della volpe e l’uva, però mi chiedo se in certe squadre sia ancora possibile fare il direttore sportivo per come lo intendo io. Non ho mai provato, quindi non posso dirlo, però mi sembra tutto molto sterile, freddo. Da quello che si sente dire, le persone sono come numeri. Qua invece, anche se inizio in punta di piedi, mi sento già parte del gruppo

Sorpreso?

Non mi aspettavo una fiducia del genere. Ci sono colleghi con cui parlo un po’ di più, come possono essere Volpi, oppure ogni tanto il “Brama” con cui si scherza, oppure Cozzi. Con Zanatta invece penso di non essermi sentito al telefono una sola volta in tanti anni, quindi mi fa molto piacere il fatto che loro abbiano così fiducia. Vuol dire che fondamentalmente l’ho mostrata sul campo.

Zanatta ed Ellena sono entrambi direttori di vecchia scuola, molto preparati, bravi con i giovani e di poche parole (foto Borserini)
Zanatta ed Ellena sono entrambi direttori di vecchia scuola, molto preparati, bravi con i giovani e di poche parole (foto Borserini)
Come è avvenuto il contatto?

Questa è stata una cosa un po’ strana. Ivan Basso l’avevo sentito già due anni fa. Poi con Drone Hopper era venuto fuori un discorso di crescita, quindi avevamo lasciato perdere per vari motivi. A dicembre ho semplicemente fatto a Ivan gli auguri di Natale e il giorno di Santo Stefano mi ha chiamato Zanatta, chiedendomi come fossi messo. Non credo che le due cose siano in relazione. Perché effettivamente loro avevano bisogno di un supporto (alla fine del 2022 Sean Yates ha lasciato la squadra, ndr) e lì è iniziato il discorso.

Nel frattempo avevi cominciato a lavorare con la continental?

Sì, ma di fatto non si sapeva che cosa diventerà. Potrebbe essere anche un bel progetto, però non lo sentivo mio. Avevo già cominciato a organizzare anche il modo di farli venire in Europa. Dovrò sempre ringraziare Savio e Bellini per avermi introdotto in questo ambiente. Ho imparato tanto da loro, ma l’idea di trovare nuovi stimoli mi è subito piaciuta.

Cosa è successo dalla telefonata di Zanatta?

Mi hanno invitato per due giorni in Spagna. Sono stato a Oliva con loro e abbiamo parlato di punti di vista, vari aspetti del lavoro. Finché mi sono trovato allo stesso tavolo per un colloquio con Alberto e Fran Contador, Zanatta e Basso e abbiamo chiuso il discorso.

Sean Yates, che aveva guidato Basso, si occupava dello sviluppo dei materiali, ma ha lasciato il team
Sean Yates, che aveva guidato Basso, si occupava dello sviluppo dei materiali, ma ha lasciato il team
Inizialmente si era parlato di un contratto a giornate?

Vero, però alla fine abbiamo trovato la soluzione di fare un mezzo fisso, chiaramente molto ridotto. Ho detto che il contratto a giornata non è nella mia mentalità. Voglio sapere tutto di tutti, infatti ieri sera abbiamo già fatto la prima riunione online con i preparatori e i diesse, anche se chiaramente in questo momento posso solo ascoltare. Ho chiesto di essere coinvolto, perché quando il direttore sportivo va a una corsa, deve sapere di cosa parla. Non deve essere quello che è lì per una sola giornata, non vado solo per guidare la macchina. Ho visto che quando ho fatto questo discorso, l’hanno apprezzato e hanno capito la mia filosofia.

In squadra trovi qualche corridore con cui hai già lavorato, giusto?

Sì, Gavazzi e anche Mattia Bais. Poi c’è qualche pallino del passato come Fancellu, che non conosco bene, ma avrei sempre voluto conoscere meglio per sentire cosa c’è sotto. Sarebbe tutto più facile se fossi entrato al primo ritiro, ieri sera l’ho detto durante la riunione. Ho passato la maggior parte del tempo ad ascoltare, perché sentivo tantissime cose completamente nuove dal punto di vista delle caratteristiche di corridori che non conosco. E quindi dovrò imparare tutto pian pianino.

Si comincia con il Gran Camino…

Andrò con Jesus Hernandez, quindi farò la seconda ammiraglia, ma ben volentieri perché questa squadra è un meccanismo nuovo, quindi devo capire come funziona

Gavazzi è stato un corridore di Ellena alla Androni: per il tecnico è uomo di grande carisma
Gavazzi è stato un corridore di Ellena alla Androni: per il tecnico è uomo di grande carisma
Nel frattempo hai parlato con Savio e Bellini?

Prima di andare in Spagna ho chiamato Bellini, mentre a Gianni che era ancora in Venezuela, ho mandato un messaggio quando sono tornato e avevo ormai raggiunto l’accordo. Poi ho richiamato Marco, spiegandogli la situazione. Entrambi hanno detto che faccio bene, dall’altro lato ovviamente dispiace, perché siamo stati insieme per 17 anni, ma hanno capito il mio punto di vista.

Che cosa ci si aspetta in una squadra nuova?

Ho già ottenuto tantissimo. La fiducia che ho visto da parte di Basso e di Zanatta e l’apertura nei miei confronti da parte dei due fratelli Contador, che non mi conoscono, è un ottimo punto di partenza. Adesso sta a me dimostrare qualcosa. Dopo tanti anni, voglio provare qualcosa di diverso. Ho avuto parecchie volte la voglia di cambiare, ma non c’era stata mai l’occasione. Adesso è arrivata, e voglio sfruttarla davvero al mio meglio.

Nel frattempo ti sei rimesso sui libri…

Ho sentito la necessità di crescere. Se vai a fare dei colloqui, che cosa metti sul piatto? Se l’esperienza non basta, devi metterci la cultura, la preparazione e la voglia di imparare ancora. Quindi ti rimetti a studiare. Diciamo spesso che i tecnici italiani sono i più bravi e sono anche d’accordo. Però attenzione, perché sta arrivando un’ondata di giovani che sono molto più preparati. E’ vero che a livello psicologico e di conoscenza dei ragazzi forse siamo migliori, perché la mentalità latina e italiana permette di avvicinarsi con maggiore empatia alla persona. Devi essere bravo a capire il momento di crisi, ma anche a indicare la strada giusta. E se non hai una base di preparazione importante, il ragazzo giustamente scappa.

Giovanni Ellena ha 56 anni, ha corso nei dilettanti ed è direttore sportivo dal 2006
Giovanni Ellena ha 56 anni, ha corso nei dilettanti ed è direttore sportivo dal 2006
Ti è mai capitato di non sapere cosa rispondere?

Ancora no, perché di fronte alla situazione più spinosa, al massimo ho preso tempo e sono andato a documentarmi. Però in futuro vorrei essere pronto subito. E così mi sono iscritto a Scienze Motorie, anche se qualcuno mi ha preso per matto. Mia moglie mi ha dato un grande appoggio. Sia per riprendere gli studi, sia per cambiare squadra. E a me invece è venuto in mente il mio vecchio professore di inglese…

Cosa diceva?

Una volta, facendo una battuta in classe, raccontò che era andato da lui per delle ripetizioni un signore di 80 e passa anni. E lui gli aveva chiesto perché mai fosse andato a studiare inglese. E questo qua in piemontese gli aveva detto: «Ma metti che vado su e San Pietro parla inglese? Che cosa gli rispondo?». Volete che a questo punto anche io non possa mettermi a studiare a 56 anni?

EDITORIALE / Torniamo in Europa, ma tanto si è già visto

30.01.2023
5 min
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Se ne va anche gennaio e da stanotte inizierà il lungo volo di ritorno verso l’Europa delle squadre e degli inviati dalla Vuelta a San Juan, mentre è già iniziato il rientro dall’Australia. Una puntatina nel deserto arabo, con Saudi Tour appena iniziato e UAE Tour in arrivo, prima di atterrare a casa e si concluderà la prima fase… esotica del calendario. Corse al caldo, il modo per gratificare un pubblico (australiano e argentino) altrimenti escluso dal grande ciclismo.

Velocisti e campioni non si sono sottratti alla sfida, in barba ai calcoli più prudenti. L’Australia ha visto la ribalta vittoriosa dei due atleti arrivati alla strada dalla Zwift Academy – Jay Vine ha vinto il Tour Down Under, mentre Loes Adegeest s’è portata a casa la Cadel Evans Great Ocean Road Race –  e di atleti come Simon Yates e Pello Bilbao. L’Argentina invece ha segnalato le prime accelerazioni di Evenepoel e Bernal, ha ribadito la classe innata di Filippo Ganna, regalato un volto nuovo alle volate con Welsford e si è consegnata prevedibilmente a Miguel Angel Lopez.

Lopez ha vinto la Vuelta a San Juan. Il suo Team Medellin è atteso anche in Europa
Lopez ha vinto la Vuelta a San Juan. Il suo Team Medellin è atteso anche in Europa

Certi avvertimenti

Prevedibilmente, certo. Era stato palese, in occasione del primo incontro alla vigilia della corsa, che Superman morisse dalla voglia di riscattarsi dopo il licenziamento dall’Astana. Il medico con cui è stato messo in relazione di recente ha raccontato di avergli dato dei consigli legati all’alimentazione. Il suo procuratore lo ha lasciato libero, pur ammettendo di non ritenerlo un corridore dopato. Il Team Medellin lo difende a spada tratta, accusando l’Astana di ipocrisia e scarsa umanità. E così alla fine, in attesa che la famosa indagine porti a qualcosa, un corridore di livello WorldTour come Lopez (al netto delle sue stranezze più volte evidenziate) si ritrova ai margini per una telefonata ricevuta dalla squadra kazaka. Uno di quegli avvertimenti amichevoli tipici delle regioni più calde, con cui si fa intendere tutto e l’esatto contrario. Un altro modo, già visto in precedenza, con cui si esercita il potere.

E’ iniziato oggi il Saudi Tour, antipasto per il UAE Tour. Poi il ciclismo tornerà in Europa
E’ iniziato oggi il Saudi Tour, antipasto per il UAE Tour. Poi il ciclismo tornerà in Europa

Campionati colombiani

Lo stesso trattamento è toccato infatti a Quintana, messo ai margini dalla positività al Tramadol, che non è vietato in nessun’altra parte del mondo al di fuori del ciclismo. Nairo non trova squadra e difficilmente ci riuscirà. Per lui si tratta di una seconda scivolata: non dimentichiamo gli integratori sospetti che gli furono trovati due anni fa e per i quali tuttavia fu prosciolto. Usando il Tramadol e sapendo di non poterlo fare, il colombiano ha commesso una leggerezza purtroppo imperdonabile e adesso è atteso ai campionati nazionali colombiani, dove come Lopez farà il diavolo a quattro per farsi vedere e lanciare un nuovo appello ai team WorldTour, dopo quello di qualche giorno fa.

Sia Lopez che Quintana sottolineano di avere passaporti biologici nella norma.

Il ritiro di Bernal non comprometterà il suo programma: sarà al via dei campionati colombiani
Il ritiro di Bernal non comprometterà il suo programma: sarà al via dei campionati colombiani

Apprensione per Bernal

Accanto a Higuita, secondo a San Juan e in continua crescita, il quarto colombiano che più tiene in apprensione i tifosi è Egan Bernal. Il fuorigiri all’Alto del Colorado lo ha pagato con un’infiammazione del ginocchio battuto nella caduta del primo giorno, di cui nessuno si era accorto. Egan è il solito modello di determinazione e simpatia, ma non ha ancora l’aspetto di un corridore in salute. Le sue gambe sono ancora sottili, i polpacci non hanno la tonicità di quando vinse il Giro, nel muoversi per infilare la maglia osserva ancora mille cautele. L’incidente mostra i suoi segni, inevitabilmente. E certamente per andare al Tour contro Pogacar, Vingegaard e chissà chi altri, dovrà lavorare sodo, crescere e sperare che il tempo gli basti. Il suo livello migliore rischia di non bastare.

La Vuelta a San Juan è stat per Evenepoel un bel rodaggio in vista del UAE Tour
La Vuelta a San Juan è stat per Evenepoel un bel rodaggio in vista del UAE Tour

Attacco a Evenepoel

Egan non ha mai dominato. Vinse il Tour del 2019 grazie al vantaggio sull’Iseran, prima che il resto della tappa venisse neutralizzato per grandine. E poi al Giro del 2021 ebbe il suo bel da fare per contrastare i rivali. I successivi problemi alla schiena e l’incidente del 2022 hanno arrestato un processo di crescita che lo pone ora in posizione di svantaggio rispetto ai rivali del momento.

L’attacco della Ineos Grenadiers a Evenepoel c’è stato e ha fatto capire che gli stessi dubbi dimorano nella squadra britannica, che però ora fa quadrato attorno al piccolo colombiano, cercando di capire quale ruolo potrà avere in futuro Pidcock. Vorrebbero dirottarlo sui Giri, ma pare che Tom non abbia la minima voglia ancora di scegliere, divertendosi ancora molto in tutte le altre discipline.

Tadej Pogacar è il vincitore del UAE Tour 2022, cui quest’anno arriverà in modo più blando
Tadej Pogacar è il vincitore del UAE Tour 2022, cui quest’anno arriverà in modo più blando

Remco e Tadej

Insomma, la carne al fuoco è davvero tanta. Il UAE Tour ci proporrà il primo scontro fra Pogacar ed Evenepoel. Ieri Remco ha attaccato con Simmons nel finale piattissimo dell’ultima tappa argentina, mentre Pogacar sarà al debutto. La sensazione è che il belga arriverà negli Emirati per cogliere la prima vittoria di peso, mentre lo sloveno sarà al debutto stagionale, ma non si sottrarrà alla sfida.

Perciò in attesa di tornare a fusi orari uguali per tutti, vi diamo appuntamento a Montichiari dove vivremo la preparazione degli azzurri per gli europei su pista della prossima settimana e vi aspettiamo a Hoogerheide, da dove vi racconteremo i mondiali di ciclocross. Sarà pure appena iniziato, ma questo nuovo anno di corse promette già molto bene.

Bernal, il ciclismo è soprattutto un fatto di testa

25.01.2023
4 min
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Bernal ha le braccia sottili come quelle di un bambino e del bambino ha anche lo sguardo, che però in certi momenti lampeggia di fuoco e lava. Le gambe brunite dal sole sono un guizzare di muscoli: nulla guardandolo dal di fuori fa pensare all’incidente dello scorso anno. Egan è padrone della situazione. Accetta con disinvoltura di posare per le foto e di rispondere a domande spizzicate qua e là. In corsa, durante questi primi giorni della Vuelta a San Juan, lo si è visto spesso in testa a tirare per Elia Viviani, come dopo il rientro dello scorso anno si mise a disposizione dei compagni. La parola d’ordine è sempre la stessa: ricostruire. Il fisico, la mente e la fiducia. Perché il mondo nel frattempo è andato avanti, altri padroni si sono impossessati del gruppo e alla difficoltà della sfida si è aggiunto l’incidente.

«Penso di essermi ripreso molto bene – dice – e le mie sensazioni sono abbastanza buone. Finalmente sono riuscito ad allenarmi normalmente in questi ultimi mesi, moralmente è importante. Le mie ultime uscite di allenamento sono state soddisfacenti, ma ora bisogna vedere come andrà nelle prossime gare. Ciò che sarà importante è che ora potrò capire quali sono davvero le mie paure sulla bici. Sono stati mesi di sofferenza in cui ho dovuto essere paziente. Questo Vuelta a San Juan mi permetterà di sapere dove mi trovo realmente».

Egan Bernal è nato a Zipaquira, in Colombia, il 13 gennaio 1997. Ha vinto il Tour 2019 e il Giro 2021
Egan Bernal è nato a Zipaquira, in Colombia, il 13 gennaio 1997. Ha vinto il Tour 2019 e il Giro 2021
Alla presentazione di due giorni fa hai parlato di recupero psicologico più duro di quello fisico.

Ho passato lunghe ore a pensare, mentre lavoravo nella speranza di tornare almeno a una vita normale. Ero combattuto tra la voglia di bruciare le tappe quando le cose andavano bene e i dubbi quando qualcosa non andava. Molte volte mi sono chiesto se ne valesse davvero la pena. E’ stato difficile ricominciare tutto da capo, imparare di nuovo a camminare e persino a mangiare. Ma durante quei momenti, ho imparato che la famiglia è una delle cose più importanti.

Hai davvero pensato di fermarti?

Ad un certo punto ho detto ai miei parenti che avrei mollato tutto. Per settimane ho analizzato la situazione per capire se valesse ancora la pena tornare a pedalare con il rischio di cadere nuovamente. A parte le varie foto su internet, non sapevo se sarei stato in grado di tornare in sella a una bici in modo efficace, figuriamoci se sarei stato in grado di tornare a un buon livello. Ho pensato a tutto questo, ma come ho già detto: sono nato per essere un corridore e non riesco a immaginare la mia vita senza il ciclismo. E così sono ripartito.

E alla fine siamo ancora qua…

I consigli dei medici sono stati molto importanti e il supporto della famiglia anche di più. L’unione delle due cose mi ha permesso di rientrare anche più velocemente. Quando sono tornato alle gare in Danimarca, in Germania e in Italia, mi sono reso conto di quanto il gruppo andasse veloce e dei rischi che si corrono.

La Vuelta a San Juan servirà a Bernal per fare un primo punto della situazione
La Vuelta a San Juan servirà a Bernal per fare un primo punto della situazione
Poco fa hai parlato nuovamente della paura.

Quando sono tornato a velocità superiori ai 60 orari, la stessa velocità di quando ho avuto l’incidente, ho avuto paura. Anche al Giro di Germania e Danimarca i primi chilometri sono stati strani, ma poi è andata meglio. Credo ormai di essermi lasciato alle spalle quella sensazione.

Osservandoti, si capiva che qualcosa non andasse.

Mi sono rialzato più di una volta, ritirandomi per tre volte come non mi capita mai. Sentivo che poteva esserci un pericolo e temevo che mi potesse succedere qualcos’altro. Mi sono detto che avevo sofferto anche troppo, che avevo vinto Tour e Giro, quindi perché rischiare ancora? Per me il ciclismo è soprattutto un fatto di testa.

Perché hai scelto il Tour per rientrare?

Il Tour de France è sempre stata una corsa molto importante per me e ovviamente voglio tornarci. Amo questa gara e ho solo bei ricordi. Ma la strada è ancora lunga e bisognerà vedere come andranno le cose fino ad allora, restando sereni e senza farsi prendere la mano. Sono nella lunga lista dei miei compagni che progettano di andarci, starà a me dimostrare di essere pronto.

Remco ed Egan, due campioni rinati dal dolore

21.01.2023
6 min
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Due ragazzi diventati uomini alla svelta. Sono rinati dal dolore di cadute che potevano porre fine alla loro carriera e alla loro stessa vita. Ma mentre Remco si è rialzato e ha iniziato a vincere senza tregua, Egan è ancora alle prese con i mille dubbi del rientro. Come loro ci sarebbe anche Jakobsen, ma ieri sul palco dell’Hotel Del Bono hanno fatto salire Remco Evenepoel ed Egan Bernal affinché parlassero di sé.

Mezz’ora di domande per ciascuno alla vigilia della Vuelta a San Juan: alcune variopinte in pieno stile argentino, altre più puntuali. Remco con la cuffia per la traduzione e sorrisini ironici. Bernal più sulle sue, ma padrone della situazione. Il primo già in rotta per il Giro, con 2-3 chili da perdere e una grande leggerezza nel raccontarlo. Il secondo puntato sul Tour, per riprendere il cammino interrotto dallo scontro col bus.

Remco Evenepoel ha ascoltato le domande tradotte in cuffia e ha poi risposto in inglese
Remco Evenepoel ha ascoltato le domande tradotte in cuffia e ha poi risposto in inglese
Si ricomincia dalla Vuelta a San Juan…

EVENEPOEL: «Non aspettavo altro che iniziasse la stagione. Ho grandi attese, ma vincere non è facile. Proveremo ad aiutare il più possibile Fabio, ma io per primo proverò a rivincere la maglia di leader. Sono contento di essere qui, in una bella corsa e con dei bei paesaggi. Sarebbe stato bello avere ancora una crono, non sarà facile replicare il successo dell’ultima volta».

BERNAL: «Questa è la corsa che più mi conviene per iniziare bene. Ha una buona organizzazione e io ho moltissima voglia di correre. Sarà perfetta per prendere il ritmo. Mi sento bene. Ho fatto tutto quello che serviva, ma una cosa è allenarsi, altro è correre. Il percorso ha poche salite, ma con il caldo e i corridori che ci sono, sarà una corsa molto fisica, molto interessante per il pubblico».

Sono successe tante cose nell’ultimo periodo: in che modo ti senti diverso?

EVENEPOEL: «In tre anni sono sicuramente diventato più vecchio. Nel frattempo sono successe molte vittorie e cadute che mi hanno cambiato. Sono un nuovo corridore. E’ bello tornare con la certezza di non essersi fermati dopo quella caduta».

BERNAL: «Si impara molto da un anno come quello che ho passato, forse il peggiore della mia vita. Ho imparato ad avere pazienza e che la famiglia è tanto importante. Siamo esseri umani, siamo fragili. Pensiamo sempre che capiti tutto agli altri, invece questa volta è successo a me, compreso il fatto che mia madre abbia il cancro e anche mio padre non sia stato bene»

Egan Bernal ha raccontato spicchi della sua storia dolorosa degli ultimi 12 mesi
Egan Bernal ha raccontato spicchi della sua storia dolorosa degli ultimi 12 mesi
Come vivrai la corsa?

EVENEPOEL: «Noi siamo qui con Fabio Jakobsen, il corridore più veloce al mondo. Farò parte del suo treno, sarò il terzo uomo. Io proverò a vincere sull’Alto del Colorado, confrontandomi con i corridori colombiani che in questo periodo volano perché sono ad allenarsi qui in altura da tutto l’inverno. Mi ricordo dell’ultima volta lassù. Non ero ancora abbastanza sveglio, ero indietro e troppo rilassato. Non ero pronto per stare davanti, ma per fortuna sono riuscito a rimediare. Probabilmente per voi in televisione è stato un bello spettacolo».

BERNAL: «Sarà una corsa da vivere giorno per giorno. La tappa di montagna sarà dura, ma ce ne saranno altre con molto vento: sarà importante salvarsi dai ventagli. Abbiamo una squadra molto buona. Per le tappe veloci abbiamo Viviani, che è molto in forma. Proveremo a fare qualcosa con lui, poi ci saremo noi per le salite. L’importante sarà avere attorno la squadra per arrivare a giocarmi la montagna con chi ci sarà. Ma sono tranquillo, c’è Ganna, quando vuole è una vera macchina».

Come va la vita?

EVENEPOEL: «Procede bene, in Spagna si sta bene, grazie per avermelo chiesto. Essermi trasferito è stato un passo importante della mia storia personale. Calpe è un ottimo posto per allenarmi e lavorare per il mio futuro. L’importante per avere una buona forma è andare sempre per il massimo e poter lavorare nel modo giusto. Spero che continui tutto così, perché finora è andata benissimo».

BERNAL: «Sto facendo gli stessi allenamenti che ero capace di fare nei periodi migliori. Sono tranquillo. La parte più difficile del recupero non è stata quella fisica, tutto sommato, ma quella psicologica. Ci sono stati giorni in cui ho dovuto convincermi del fatto che volessi continuare a uscire mentre a casa mia madre e la mia fidanzata mi aspettavano con la paura addosso. Ma ho capito che la mia vita è sulla bicicletta e che tante persone non hanno avuto la mia stessa fortuna».

Stamattina tanti bambini vestiti da corridori ti hanno chiesto di fare una foto: come vivi il fatto di essere un’ispirazione?

EVENEPOEL: «Ai ragazzi posso dare pochi consigli, se non quello di godersi la bici, sempre e comunque. Gli dico di essere sempre concentrati sulla corsa che ancora deve venire, combattendo per quello in cui credono e che possono ottenere».

BERNAL: «Essere un riferimento per i più giovani è motivante. Mi ricordano quando avevo la loro età. Avevo 12-13 anni e sognavo di correre sulle strade del Tour. Vedere dei bambini che sognano di imitarmi fa pensare che presto arriveranno nuovi talenti. E forse anche quello che è successo a me può essere un’ispirazione per tante persone che proprio adesso stanno passando momenti difficili, perché davvero credo di aver vinto la corsa più dura».

E alla fine, dopo Bernal ed Evenepoel, sul palco sono salite tutte le stelle della corsa argentina
E alla fine, dopo Bernal ed Evenepoel, sul palco sono salite tutte le stelle della corsa argentina
Cosa potete dire l’uno dell’altro?

EVENEPOEL: «Con Egan abbiamo parlato per cinque minuti al buffet, ma non ci siamo detti molto. Lo seguo su Strava e vedo che pubblica a volte dei dati incredibili, ma mi dicono che a volte lascia dentro anche i tratti dietro moto. Comunque è bello rivederlo in sella e spero che possa tornare al livello del 2019, poi potrà correre nuovamente per vincere i grandi Giri».

BERNAL: «Remco è un’ispirazione, per la caduta che ha avuto e il modo in cui ne è venuto fuori. Non deve essere stato facile, soprattutto in un Paese come il Belgio in cui lo hanno subito paragonato a Merckx. Ma ha lavorato tanto e ha vinto. Ho ammirazione per lui».

Sfida doppia a casa Bernal, il cancro e il Tour

24.10.2022
4 min
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Bernal sta affilando le unghie. E se da un lato è concentrato su se stesso e la ripresa, dall’altro sta trascorrendo il suo tempo accanto alla mamma Flor Marina che a sua volta lotta contro un cancro al seno.

Dopo aver corso solo 12 giorni nel 2022, dopo l’incidente, gli interventi, il recupero e il ritorno, Egan non ha rinunciato alla speranza di tornare al suo miglior livello. Il vincitore del Tour de France 2019 e del Giro 2021 (in apertura un’immagine Instagram) si è detto fiducioso di tornare alla normalità nel 2023, con la probabile ripartenza in casa al Tour of Colombia (sul cui svolgimento c’è ancora più di un dubbio), poi il ritorno in Europa per la Parigi-Nizza o la Strade Bianche.

Il Giro di Toscana è fra le corse che Bernal non è riuscito a finire
Il Giro di Toscana è fra le corse che Bernal non è riuscito a finire

Obiettivo Tour

Se tutto dovesse andare come spera e il lavoro darà i frutti sperati, Bernal spera di essere in buona forma al Tour de France, pur sapendo che a quel punto il livello della sfida sarà altissimo.

«Vorrei iniziare l’anno come un corridore normale – dice – e mi piacerebbe fare di nuovo il Tour. Ho otto o nove mesi per prepararmi, mi sento mentalmente pronto per una simile sfida. Quindi sì, al 100 per cento, voglio fare di nuovo una gara di tre settimane nel 2023 e vorrei che fosse il Tour».

La prima immagine di un Bernal vigile e vispo, pochi giorni dopo gli interventi (foto La Sabana)
La prima immagine di un Bernal vigile e vispo, pochi giorni dopo gli interventi (foto La Sabana)

Recupero miracoloso

Il suo ritorno in gruppo era parso già di per sé un’impresa dopo l’incidente dello scorso gennaio, in cui avrebbe potuto perdere la vita e di sicuro vedere compromessa la carriera. Colpendo quel pullman mentre si allenava sulla bici da crono, Bernal si era fratturato il femore, la rotula, una vertebra e diverse costole, oltre a soffrire di pneumotorace e trauma cranico.

E con tempi di ripresa incredibilmente rapidi, ad agosto Egan è tornato alle corse nel Giro di Danimarca, ritirandosi dopo cinque tappe passate a tirare per i compagni. Poi ha partecipato il Giro di Germania dieci giorni dopo e al Giro di Toscana. Tuttavia, viste le difficoltà e qualche dolorino inatteso, è tornato in Colombia, dove ha subito un intervento al ginocchio e dove ha già ripreso ad allenarsi.

Egan è molto legato a sua madre Flor Marina, che a sua volta è stata la suo fianco dopo l’incidente (foto El Tiempo)
Egan è molto legato a sua madre Flor Marina, che a sua volta è stata la suo fianco dopo l’incidente (foto El Tiempo)

La sfida di Flor Marina

Nel frattempo, il 2 ottobre sua madre Flor Marina ha fatto l’ultima seduta di chemioterapia ed è ancora in pieno trattamento per cercare di sconfiggere la malattia.

«Quando si dice la parola cancro si pensa alla morte – ha detto mamma Bernal – ma il cancro non è sempre morte. I medici fanno molto e bisogna avere un buon atteggiamento, spingersi avanti. L’accompagnamento e l’amore della famiglia sono fondamentale per avere più forza combattere. La mia malattia è nella fase 2. E’ un cancro che si nutre dei miei ormoni, ma per fortuna era circoscritto e non ha metastatizzato».

Al via della Sabatini, con Denis Favretto, uomo di Sidi in gruppo
Al via della Sabatini, con Denis Favretto, uomo di Sidi in gruppo

Andrà tutto bene

Egan, che alla madre è molto legato, ha approfittato del ritorno anticipato in Colombia per starle accanto e non si può escludere che sia ripartito dall’Europa proprio per assistere la mamma. 

«La chemio è finita – ha spiegato il campione – ora devono rimuovere un seno. Si sta riprendendo e sta cercando di prepararsi per ciò che accadrà nel miglior modo possibile. Siamo molto ottimisti e crediamo che tutto andrà bene». 

Puccio e il racconto di quei 120 chilometri con Bernal

11.09.2022
7 min
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Un Giro d’Italia vinto insieme e tanti chilometri da fare uno a fianco all’altro per centrare nuovi obiettivi. Salvatore Puccio è uno dei gregari per eccellenza della Ineos Grenadiers e nel maggio 2021 ha aiutato il suo capitano Egan Bernal a conquistare la tanto bramata maglia rosa che è andata a fare compagnia alla gialla conquistata nel 2019.

Quest’anno, l’asso colombiano che va pazzo per l’Italia voleva tornare in Francia per provare a indossarla ancora una volta, ma il tremendo incidente di gennaio ha stravolto i suoi piani. Scongiurate conseguenze più gravi, Bernal ha ricominciato da capo e finalmente ad agosto è tornato a riattaccarsi il numero sulla maglia, partecipando al Giro di Danimarca.

La scorsa settimana, tra la Costa Azzurra e la Riviera dei Fiori, il trentatreenne siciliano ha riabbracciato l’amico Egan e ci siamo fatti raccontare come procede il recupero del talento sudamericano in vista del 2023.

Un allenamento in Costa Azzurra ha permesso a Puccio di valutare la condizione di Bernal
Un allenamento in Costa Azzurra ha permesso a Puccio di valutare la condizione di Bernal
Salvatore, innanzitutto come stai?

Questa settimana sono tornato un po’ a casa in Umbria e, oltre a pedalare, ho finalmente rivisto familiari e amici con un po’ più di calma. Sono ad Assisi dal 2012 e mi trovo bene qui. La stagione è quasi finita per me, faccio le ultime due gare la settimana prossima, Giro di Toscana e Coppa Sabatini, poi si pensa all’anno nuovo. Dovevo fare la Vuelta, ma poi la squadra ha optato per compagni più giovani: siamo tanti, in 32, ma era giusto questa volta che facessero un po’ di esperienza quelli che ne hanno meno.

La scorsa settimana hai pedalato con Egan Bernal. Come l’hai visto, dato che tanti tifosi non aspettano altro che tornare ad applaudirlo a bordo strada?

Dovevo uscire con lui da inizio luglio, perché dopo il campionato Italiano sono rimasto a Monaco quasi due mesi e mezzo. Non ci siamo beccati perché lui prima era in Andorra per un ritiro in altura, dopo ero alle gare io. Per cui gli ho scritto un giorno e siamo riusciti a organizzare. Io dovevo fare anche poco, ma quando lui mi ha scritto che voleva fare una bella distanza gli ho detto: «Dai, vengo». 

Così il 1° settembre vi siete sciroppati 120 chilometri fianco a fianco con circa 1.600 metri di dislivello, sconfinando anche in Italia. 

Sì c’era anche Brandon (Rivera, ndr), che è un altro ragazzo molto simpatico, per cui ci siamo divertiti. Mi faceva piacere rivedere Egan perché era da un annetto che non lo vedevo, pur sentendolo per telefono. Che dire, l’ho visto bene, poiché sappiamo tutti che l’infortunio è stato importante. Non è stato facile perché aveva tante ossa rotte e varie complicazioni, però in quella giornata l’ho trovato tranquillo e sono molto ottimista. Secondo me può tornare a grandi livelli. Ha talento, è giovane, secondo me può far bene. Anche Brandon si era rotto la clavicola a inizio anno, ma lui è tornato molto prima alle corse e abbiamo corso insieme il Tour of the Alps e qualche allenamento. Invece Egan era davvero da tanto che non lo vedevo e mi ha fatto piacere ritrovarlo in sella. 

Bernal è ripartito, lanciando segnali altalenanti. La caduta al Danimarca ha suggerito prudenza
Bernal è ripartito, lanciando segnali altalenanti. La caduta al Danimarca ha suggerito prudenza
Cosa ci dici di Egan?

Non voglio essere di parte, ma io stravedo per lui. E’ uno di quei fenomeni a cui viene tutto facile. C’è chi si deve allenare come noi comuni mortali e poi c’è gente come Egan, Evenepoel o Pogacar, che hanno quel qualcosa in più. Sono nati per andare in bici e vincere

Tu ne hai aiutati tanti a vincere, basta ricordare anche il Giro d’Italia con Chris Froome come accaduto con Egan. Che cosa scatta nella testa di un campione dopo una brutta caduta?

Egan l’ho visto molto motivato, con una gran voglia di tornare a correre su palcoscenici importanti. Fosse stato per lui, sarebbe rientrato anche qualche mese prima, solo che visto qualche problema al ginocchio, ci voleva l’okay dei dottori della squadra, per cui il debutto è slittato di una ventina di giorni. Lui si sentiva pronto, ha voglia di ritornare e lo vedi anche in allenamento.

Vi ha tirato il collo?

Quel giorno lì abbiamo fatto un bel giro dalle parti di Baiardo e Perinaldo: borghi splendidi. Lui voleva fare un giro ancora più impegnativo col Col de Turini, ma quella mattina dava brutto tempo in Francia, quindi abbiamo optato per l’Italia. Dopo essere saliti in quei posti, siamo scesi da Dolceacqua e allungato un po’ sulla zona francese, per arrotondare sulle quattro ore e mezza

Oramai quelle strade le conoscete tutte.

Sono dieci anni che sono lì, per cui sia la parte francese sia quella ligure la conosco come le mie tasche. La Francia ha un asfalto migliore, mentre in quella ligure è un po’ da rivedere, altrimenti i percorsi mi piacciono più in Liguria.

Hai rivisto l’Egan dei giorni migliori?

Abbiamo fatto un passo normale, senza lavori specifici, però lo vedi subito la differenza tra i campioni e i meno campioni: il talento è un’altra cosa.

Una sosta l’avete fatta?

In allenamenti così ci fermiamo sempre a metà per mangiare qualcosa, prendere un caffè o rilassarsi un attimo. Lui prende sempre il cappuccino, ne va matto. Poi parla bene la nostra lingua, è un italiano adottato ed è stato bello perché in quel giorno lì, in tanti l’hanno riconosciuto per strada. Anche a Verrandi, una salita un po’ sconosciuta dietro a Dolceacqua, un furgone con 3 operai l’ha acclamato. Gli ho detto: «Vedi, io vengo qui quasi tutti i giorni, ma riconoscono solo te!».

Prima del rientro in Danimarca, Bernal aveva rifinito la preparazione ad Andorra, sottoponendosi a sedute pesanti (foto Twitter)
Prima del rientro in Danimarca, Bernal aveva rifinito la preparazione ad Andorra (foto Twitter)
Vi siete sentiti spesso mentre era infortunato?

Lui parla bene italiano, quindi magari con noi ha un rapporto ancora più profondo, però in realtà è abbastanza socievole con tutti. Ha un bel carattere e penso che si veda bene anche dall’esterno.

Dunque, per i Grandi Giri del 2023 c’è anche lui nella sempre più fitta mischia o meglio procedere per gradi?

Io lo spero, perché sarebbe l’ideale per lo spettacolo e per chi segue il ciclismo anche in tv. Una bella sfida tra Vingegaard, Bernal e Pogacar penso che la sognino un po’ tutti: sono i tre più forti in salita. Ci sono poi anche altri talenti come Evenepoel, ma penso che loro tre abbiano dimostrato di avere quel qualcosa in più come scalatori, per cui sarebbe bello vederli battagliare al Giro o al Tour. Più atleti di alto livello ci sono e meglio è per il ciclismo e per chi lo ama. Dalle prime gare si vedrà subito se ha recuperato al meglio oppure no. Tra Tirreno e Parigi-Nizza avremo il polso della situazione: nel ciclismo non ti nascondi mai e devi subito dimostrare di poter stare coi migliori in salita, non esiste tatticismo, lo si è visto anche con Evenepoel sin dai primi giorni di Vuelta.

Tutti lo aspettano.

Egan se lo merita, è stato proprio sfortunato. A differenza di Chris (Froome, ndr), può recuperare molto più velocemente perché lui è giovane. L’età ha inciso tanto nel caso di Froome. Poi, mi ricordo ancora oggi che quando sono andato a trovarlo in ospedale non pensavo che tornasse a correre, lo dico in tutta franchezza. Solo i campioni di quel livello hanno la testa per rimettersi in sella.

Puccio avrebbe voluto fare la Vuelta come nel 2021, ma la squadra ha mandato avanti i più giovani per fare esperienza
Puccio avrebbe voluto fare la Vuelta come nel 2021, ma la squadra ha mandato avanti i più giovani per fare esperienza
Com’è Egan da capitano in corsa e che ricordi hai del Giro vinto insieme?

Lui è molto sicuro di sé e i giorni che stava bene ce lo diceva via radio. Quando senti il tuo capitano che ti dice: «Oggi sto bene», cerchi di dare ancora di più di quello che hai e ti carica a dismisura. Ci dava quel 20 per cento in più e l’ha dimostrando attaccando diverse volte al Giro. Un carattere diverso rispetto a Chris, che invece era più tattico e studiava maggiormente la corsa, passo per passo. Egan, invece, è istintivo: «Sto bene, attacco».

Sai già i tuoi piani in vista della nuova stagione?

Abbiamo un primo ritiro a metà ottobre a Nizza, dopodiché dei programmi di gara si parlerà a dicembre. Egan penso che lo vedrò prima, appena torno su a Monaco. 

Obiettivi per il 2023?

Io di solito sono nel gruppo del Giro, visto che sono italiano e sono ormai tanti anni che lo faccio. Il Tour mi stuzzicava a inizio carriera, ma adesso non ci penso neanche più: è sempre stata una lotta continua da noi in squadra.

Slongo e il rientro del campione dopo un infortunio

22.08.2022
6 min
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Egan Bernal è rientrato in corsa 345 giorni dopo la sua ultima gara. Un lasso di tempo davvero importante, di fatto è una stagione. Non è facile gestire uno stacco così, specialmente dopo un infortunio e ancora di più quando di mezzo c’è un super campione. Tutto diventa più delicato: più accortezze, più attenzioni mediatiche, più interesse da parte di team, sponsor, tifosi…

Premesso che il colombiano in Danimarca si è ritirato per una caduta (foto di apertura), ma per precauzione, da Paolo Slongo diesse e in questo caso ancora di più, preparatore di lungo corso, ci facciamo spiegare come si gestisca questa fase. Lui ci è passato più volte con Vincenzo Nibali, in particolare dopo la caduta nella quale riportò la frattura di una vertebra al Tour de France sulle rampe dell’Alpe d’Huez.

Slongo Nibali Dorelan
Slongo ha lavorato per anni con Nibali. Anche nel 2018, quando lo Squalo si ruppe la vertebra al Tour
Slongo Nibali Dorelan
Slongo ha lavorato per anni con Nibali. Anche nel 2018, quando lo Squalo si ruppe la vertebra al Tour
Paolo, appunto, come evolve una situazione simile?

I campioni, ma direi i corridori in generale, chiaramente sono dispiaciuti quando sono vittime di infortuni, ma restano campioni anche in quel momento poiché sanno che non ci possono fare nulla. A livello psicologico è qualcosa che pesa, ma riescono a prenderlo dal lato giusto. E soprattutto dopo poco tempo hanno voglia di tornare. E qui si rischia l’errore.

Quale?

Quello di affrettare i tempi. Un errore che si ripercuote sia nell’immediato che nel lungo periodo. Il campione ancora di più deve dare tempo al corpo di riassestarsi. Il ciclista poi è un “gladiatore” e a seconda di cosa abbia, dopo una settimana ti chiede se può fare i rulli, oppure fare questa o quella attività.

Bisogna tenerlo a freno, insomma…

Esatto, ho constatato che è così. Poi però dall’altra parte subentra il discorso del peso. Perché è vero che non deve fare nulla, ma neanche può ingrassare e così gli devi stare dietro e dirgli di stare attento a cosa e quanto mangiare. 

In Danimarca Bernal si è messo a disposizione del team. Nonostante l’altimetria easy prima del ritiro aveva oltre 20′ di ritardo
In Danimarca Bernal si è messo a disposizione del team. Nonostante l’altimetria easy prima del ritiro aveva oltre 20′ di ritardo
E poi c’è il rientro…

La prima parte del ritorno in sella è quella forse più difficile. Il campione ha in testa ciò che era e dopo un’ora che pedala ha il fiatone oppure vede l’amatore che lo passa e pensa: una vita a costruire, un attimo a perdere tutto. La sua testa vorrebbe una cosa, le sue gambe e il suo corpo no. Eppure già dopo 7-8 giorni ritrova un colpo di pedale dignitoso e da quel momento tutto è un po’ più facile e il campione torna a volare con la testa. Alla fine ci sono delle fasi per il rientro.

E quali sono?

Nella prima fase prende coscienza dell’infortunio sul momento dell’incidente e realizza quando inizia a pensare che ne può uscire al meglio che può. La seconda fase è quella prima di ripartire o quando è appena ripartito e si rischia di affrettare i tempi (è ancora una fase psicologica). La terza è la ripresa graduale e traumatica, quando testa e corpo ancora non vanno all’unisono, come dicevamo. La quarta fase, la più facile, quando capisce che può tornare ai suoi livelli. E in quel caso regna l’ottimismo.

Magari non è bellissimo da dire, ma per un campione che è “più prezioso” e caro rispetto ad un corridore normale ci sono delle accortezze?

Secondo la mia esperienza, il medico del team cerca sempre più pareri, il più possibile autorevoli, interroga vari settori interessati a quell’infortunio: non si può sbagliare. L’atleta deve continuare a produrre determinate prestazioni. Poi c’è il team che cerca di non affrettare i tempi e la prima cosa (come sta facendo la Ineos-Grenadiers con Bernal, ndr) che vuole è che l’atleta torni come era prima dell’incidente. Valuta le varie opzioni per il suo rientro perché c’è un patrimonio da recuperare ed eventuali scelte anche sul suo futuro.

La sfortunata caduta di Nibali verso l’Alpe d’Huez nel 2018 che gli costò una frattura vertebrale
La sfortunata caduta di Nibali verso l’Alpe d’Huez nel 2018 che gli costò una frattura vertebrale
Paolo, parlando di termini più tecnici, abbiamo visto che Bernal, scalatore, è tornato in corsa al Danimarca, dove la salita più grande è poco più di un cavalcavia. Giusto o sbagliato?

Direi che questa è la quinta fase: la scelta del rientro alle corse. E per me Bernal e la sua squadra hanno fatto bene. L’importante è correre e non dove. Anzi, se non è una corsa troppo adatta alle caratteristiche del corridore è quasi meglio. Poi bisogna valutare anche altri fattori, come la paura dell’atleta. Per esempio penso ad Evenepoel quando è caduto in discesa al Lombardia: lì c’è anche un problema psicologico. In quel caso, e vado forse un po’ contro a quanto ho detto, cerchi anche di affrettare il suo rientro.

E’ come quando si cade da cavallo. Si dice che bisogna risalire in sella subito…

Esatto. Certe risposte, fisiche e mentali, le trovi sono in corsa. Se c’è la paura del gruppo, della caduta solo ributtandolo nella mischia vedi se il trauma è stato cancellato. Tornando al caso Bernal per me ha scelto la corsa migliore per rientrare.

Perché?

Ha potuto riprendere a correre con gradualità, non c’erano salite, doveva “solo” stare nella mischia e fare ritmo. In questo modo non ha avuto neanche bisogno di conferme per la salita, per lui che è scalatore. Magari si è staccato e questo gli è pesato. Lui deve fare le cose in progressione e alla sua squadra non interessava il risultato, ma ritrovare l’atleta.

I dati di una seduta di Egan: in Ineos chiaramente conoscevano il livello di Bernal prima di farlo gareggiare (foto Twitter)
I dati di una seduta di Egan: in Ineos chiaramente conoscevano il livello di Bernal prima di farlo gareggiare (foto Twitter)
Tanto che in Danimarca alla prima caduta lo hanno fatto fermare…

Per esempio, quando Nibali cadde al Tour e si ruppe la vertebra pensava al rientro al mondiale. Vincenzo è un campione e per il mondiale ha recuperato in tempi brevi, ma gli mancava qualcosa. Due settimane dopo al Lombardia ha fatto secondo, ma stava crescendo. Più passava il tempo e più era competitivo. Questo gli ha dato le risposte giuste. E ha potuto passare un inverno sereno, senza dubbi circa la possibilità di essere ancora competitivo. Se invece il Bernal della situazione si stacca avrebbe dei dubbi. Non avrebbe trovato delle risposte alle sue domande.

E con il ritmo come la si mette? Si fa parecchio dietro motore?

Dipende da come sta il corridore e quando torna. Ma ormai gli staff hanno i loro dati, i loro parametri. Di Bernal per esempio ho visto che già avevano pubblicato dei dati (incoraggianti) sulla sua Vam: hanno dei riferimenti. A quel punto la preparazione è quella standard prima di una corsa e se faceva dietro motore prima dell’infortunio, lo farà anche dopo il post infortunio.