Salvoldi già all’opera, con qualche bella notizia

08.03.2025
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Tra le tante novità legate alle nomine dal parte della Fci dei nuovi quadri tecnici nazionali ce n’è una… a metà. Nel senso che Dino Salvoldi resta al suo posto come titolare degli juniores, ma allarga il suo ambito a tutto il settore della pista maschile. Una scelta ragionata, perché consente di continuare a seguire ragazzi che ha cresciuto in questi due anni passati, portando numerosi risultati soprattutto su pista, ma chiamandolo anche a confrontarsi con nuove realtà.

Il tecnico milanese ha ottenuto in carriera qualcosa come 270 medaglie con i suoi atleti
Il tecnico milanese ha ottenuto in carriera qualcosa come 270 medaglie con i suoi atleti

Si comincia subito

Salvoldi ha preso di petto il suo nuovo ruolo e le sue giornate sono davvero lunghissime e dense, anche perché l’esordio è dietro l’angolo, la prova di Nations Cup su pista prevista per la prossima settimana. Intanto però il tecnico continua a seguire i ragazzi anche perché c’è una nuova nidiata di juniores da visionare sempre tenendo presente che per quella categoria il suo impegno è totale, comprendendo anche la strada.

La chiacchierata parte da un assunto: il tecnico attraverso la pista si riaffaccia nell’agone olimpico lasciato quand’era alla guida del settore femminile assoluto: «Per me è una soddisfazione che ha il sapore della novità, perché cambio completamente settore. Lavorare con gli elite rappresenta uno stimolo enorme comprendendo anche le difficoltà del ruolo assunto da Marco Villa, che ha portato la pista italiana ai vertici mondiali».

Stella e Sierra, la coppia madison U23: lavorare su loro è uno degli obiettivi di questo biennio
Stella e Sierra, la coppia madison U23: lavorare su loro è uno degli obiettivi di questo biennio
Sarà il tuo un approccio soft, considerando che questi due primi anni non sono in programma le qualificazioni olimpiche?

Non direi, penso invece che non ci sia tempo da perdere considerando che siamo in mezzo a un cambio generazionale. Ci sarà molto da lavorare con quei ragazzi appena passati di categoria per fare in modo che fra un paio d’anni siano maturi anche per competere proprio con l’obiettivo olimpico. Qualificarsi non sarà per nulla facile, la concorrenza è sempre più ampia e forte, attendiamo di sapere quali saranno i criteri considerando naturalmente il quartetto come specialità primaria anche per le sue ripercussioni sulle altre. Ma c’è anche altro da considerare…

Ossia?

In questi due anni si andrà avanti nell’evoluzione tecnica ma anche dei materiali, quindi non dobbiamo farci trovare impreparati. Saranno due anni che ritengo molto importanti per costruire tutto il cammino olimpico.

Salvoldi continuerà a seguire gli juniores su strada e programma alcune trasferte all’estero (foto Rubino)
Salvoldi continuerà a seguire gli juniores su strada e programma alcune trasferte all’estero (foto Rubino)
Assumi la guida del settore in un momento di passaggio importante, con Ganna, Milan, Consonni che si sono sfilati lasciando però una porta aperta per Los Angeles 2028. Come ti approccerai alla questione?

In realtà l’ho già fatto – sottolinea Salvoldi – ho parlato con loro e ritengo la loro scelta di concentrarsi sulla strada molto giusta, dopo aver dovuto dedicarsi a tempo quasi pieno alla pista per il breve quadriennio precedente. Ho avuto da loro ampie assicurazioni sul futuro, anzi non è detto che qualcuno di loro non possa anche tornare alla pista già ai mondiali di ottobre, considerando che la stagione su strada sarà conclusa.

Tu, seguendo tutte le categorie, potrai anche continuare a lavorare con quei ragazzi che avevano ottenuto il record mondiale nel quartetto juniores…

Sì, sono stati con me due anni, abbiamo stretto un rapporto personale, ma loro sanno come me che ora cambia tutto. L’impegno fra gli under 23 è complesso, sono in team che giustamente devono impiegarli e farli maturare su strada. Dovremo valutare in corso d’opera come muoverci, rientriamo in quel discorso fatto prima sulla maturazione di questi talenti in modo da averne qualcuno pronto per il 2027. In questo senso è fondamentale il dialogo con i team.

Milan dopo il titolo mondiale d’inseguimento. Che potrebbe difendere a ottobre
Milan dopo il titolo mondiale d’inseguimento. Che potrebbe difendere a ottobre
Villa aveva rapporti stretti con tutti i responsabili delle squadre WorldTour e Professional, farai lo stesso?

Ho già iniziato a farlo, ho avuto già contatti che mi hanno dato molta fiducia. Ho trovato una pressoché totale disponibilità a strutturare il lavoro dei vari ragazzi tenendo conto delle diverse esigenze. Devo dire che le risposte che ho ricevuto sono andate anche al di là delle mie aspettative. Ora è importante che i ragazzi stessi si immergano nella nuova realtà nella maniera giusta.

Con gli juniores continuerai sulla scia del lavoro svolto nel precedente quadriennio, facendoli lavorare in entrambe le discipline?

Sicuramente, coinvolgendone un ampio gruppo, portandoli quando possibile a gareggiare all’estero per far fare loro esperienza. Avere tanto lavoro davanti non mi spaventa perché penso che sia una buona cosa poter operare su questi ragazzi attraverso più anni di attività in una fascia molto delicata. Inoltre è in questo modo agevolata la ricerca del talento, del quale il ciclismo italiano ha molto bisogno.

Juniores, il primo squillo di Mengarelli, stradista e biker

07.03.2025
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C’era veramente tanta gente, domenica al GP Baronti, prima assoluta fra gli juniores. Procuratori e talent scout si sono dati convegno in Toscana per assistere alla sfida iniziale di una lunga stagione, con il cittì Salvoldi attentissimo per conoscere lo stato di salute della categoria. C’era curiosità anche per capire chi sarebbe stato il primo a sfrecciare sul traguardo, al cambio di categoria con gli apprendisti dello scorso anno che ora sono cresciuti e devono fare da contraltare a chi viene dalla categoria inferiore. Alla fine il nome che ha riassunto tutti questi concetti è quello di Matteo Mengarelli.

Il vincitore insieme al cittì Dino Salvoldi, presente a Cerbaia di Lamporecchio per valutare lo stato di salute della categoria (foto Rodella)
Il vincitore insieme al cittì Dino Salvoldi, presente a Cerbaia di Lamporecchio per valutare lo stato di salute della categoria (foto Rodella)

Su strada solo da un anno

Il diciassettenne savonese non è un vincitore comune e a spiegarne il perché è il suo direttore sportivo al Team Giorgi, Leone Malaga: «E’ impressionante constatare i progressi di Matteo se pensiamo che ha iniziato a correre su strada solo lo scorso anno. Sì, prima di approdare da noi non aveva esperienze su strada, venendo dalla mtb e questo significa che aveva un gap tecnico importante, eppure ha colmato le tappe rapidamente, ha mostrato subito di non aver paura nello stare in gruppo e di sapere come muoversi».

Malaga è felice di averlo nelle sue fila: «Un corridore così è una manna, perché puoi crescerlo, vederlo sbocciare sotto le tue mani. Mi sono accorto subito che ha un gran motore, davvero in pochi alla sua età ce l’hanno e credo che presto se ne accorgeranno tutti. E’ un passista davvero notevole, che va bene anche in salita ed è veloce. E poi è un generoso. Non ha paura di stare davanti e prendere il vento in faccia. Sa già come muoversi, ma sicuramente dal punto di vista tattico puoi fare ancora grandi progressi».

L’arrivo vittorioso di Mengarelli, partito sull’ultima salita fiaccando la resistenza dei rivali (foto Rodella)
L’arrivo vittorioso di Mengarelli, partito sull’ultima salita fiaccando la resistenza dei rivali (foto Rodella)

Attacco calibrato nei tempi

Mengarelli non sembra neanche troppo sorpreso dalla tanta attenzione che gli viene riservata, in una settimana dove le interviste si sommano alla scuola e agli allenamenti: «Volevo un risultato importante come lo voleva tutto il team – racconta – e quando a metà gara è partita la fuga e ho visto che nel gruppo non prendevano l’iniziativa sono partito insieme a un altro per colmare il distacco. Poi sull’ultima salita sentivo di stare bene e ho attaccato per non portarmi troppi rivali in volata. In cima avevo 8” di vantaggio, in discesa guidando con attenzione ho guadagnato ancora e il finale è stato una goduria».

Il fatto che sia un diamante grezzo è il fattore che incuriosisce: «Ho iniziato direttamente con la mtb dalla categoria G3 militando in una squadra del mio paese, Andora. Lì c’era l’attuale cittì della nazionale Mirko Celestino che mi ha sempre seguito, siamo molto amici. In famiglia nessuno è particolarmente legato alla bici, mi hanno accontentato per farmi fare sport, ora sono i miei primi tifosi».

Mengarelli sul podio del GP Baronti, chiuso davanti a Matteo Rossetto e al russo Iaroslav Prosandeev (foto Rodella)
Mengarelli sul podio del GP Baronti, chiuso davanti a Matteo Rossetto e al russo Iaroslav Prosandeev (foto Rodella)

E’ ancora un work in progress…

Che cosa lo ha portato allora alla strada? «Quando ho compiuto 16 anni ho capito che se volevo avere un futuro in questa che è la mia passione dovevo provare la strada, perché solo lì si può fare del ciclismo un lavoro. Celestino mi ha detto che facevo bene, ma io avevo già deciso. Prima di approdare al Team Giorgi avevo fatto un paio di garette locali con la bici da ciclocross, questa era tutta la mia esperienza».

Matteo, al di là della vittoria, si rende conto che ha ancora molto da imparare: «Ogni gara, ogni uscita è un passo in avanti. Stare in gruppo, guidare la bici sono elementi fondamentali e io sto imparando ancora adesso. Rispetto allo scorso anno mi accorgo che tantissimo è cambiato al di là della crescita fisica, mi sento molto più a mio agio ma capisco che ho ancora tanto da fare, soprattutto tatticamente».

Il ligure sta migliorando rapidamente nella sua condotta in gruppo e nelle scelte tattiche (foto Rodella)
Il ligure sta migliorando rapidamente nella sua condotta in gruppo e nelle scelte tattiche (foto Rodella)

Sognando Van Aert

Un corridore con le sue caratteristiche sembra ideale anche per le prove contro il tempo: «Sono estremamente curioso di capire come posso andare, anche perché proprio per la mia genesi, per la mia esperienza in mountain bike, la cronometro può essere un ottimo approdo. Da un mese ho iniziato a fare allenamenti specifici con la bici da crono e non vedo l’ora che arrivi l’occasione della prima gara per capire come vado e dove posso arrivare».

C’è un corridore al quale ti ispiri? «A pensarci bene forse Van Aert, con tutto il rispetto. Il belga è uno che va forte dappertutto pur senza eccellere in qualcosa di particolare e credo che sia quella figura che piace a tutti, poi anche come persona mi piace molto».

Lo scorso anno il savonese aveva vinto il GP Ucat 1907 e ottenuto 7 Top 10
Lo scorso anno il savonese aveva vinto il GP Ucat 1907 e ottenuto 7 Top 10

Aspirante a essere leader

Mengarelli, già con il nome sottolineato sul taccuino di Salvoldi, deve dire grazie anche alla squadra: «Mi trovo benissimo, mi hanno accolto come una famiglia lavorando con pazienza per insegnarmi quel che serviva e che non avevo di mio. Ora voglio ripagarli con i risultati, fare qualcosa d’importante per tutto il corso della stagione fino a meritarmi un salto di categoria in una formazione di peso».

Tornando a Malaga, questo è il primo passo per il suo che è uno dei team che fanno da baricentro alla categoria. «La vittoria di Matteo non mi ha sorpreso perché avevo visto già lo scorso anno che poteva meritarsi un palcoscenico importante. Stiamo lavorando sulla sua consapevolezza per poterne fare un leader, sappiamo che ha le caratteristiche per esserlo. Ma come lui anche altri del team, che speriamo di veder crescere nel corso della stagione italiana, nella quale affronteremo tutto il calendario con particolare attenzione alle prove a tappe».

Amadio e le squadre nazionali: viaggio fra le nuove scelte

05.03.2025
7 min
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Quando si è trattato di impostare la conduzione tecnica delle nazionali per il prossimo quadriennio, i vertici della Federazione ciclistica italiana hanno valutato le professionalità che avevano in casa e assegnato i nuovi incarichi. L’unico che è rimasto fuori dai giochi e non per sua scelta è stato Daniele Bennati, ma Roberto Amadio dice che la decisione è stata presa dal presidente Dagnoni dopo gli europei su pista e che fino a quel momento era ancora tutto aperto.

Parliamo con il team manager azzurro proprio per spiegare la logica dietro alle scelte e immaginare la traiettoria che porterà le nostre nazionali alle Olimpiadi di Los Angeles 2028. Fra le novità che più stimolano la curiosità ci sono la scelta di Marco Villa come tecnico dei professionisti e quella di Dino Salvoldi alla guida della pista maschile. Da questo snodo passa tutto il resto.

Dino Salvoldi guiderà le nazionali della pista elite e degli juniores (foto FCI)
Dino Salvoldi guiderà le nazionali della pista elite e degli juniores (foto FCI)
Che ragionamento c’è stato alla base?

Partiamo dalla scelta di Salvoldi, che seguirà la pista uomini e terrà gli juniores. E’ stata fatta proprio in funzione del lavoro che ha fatto in questi tre anni e in prospettiva Los Angeles. Un certo ciclo della gestione di Villa sta terminando. Soprattutto nei prossimi due anni, Ganna, Milan e Consonni daranno precedenza alla strada, mentre Salvoldi conosce un ventaglio di corridori, più o meno 8-10 elementi ormai competitivi, con cui lavorare per arrivare al 2028. Poi è chiaro che se Milan, che è il più giovane del vecchio quartetto, dice che gli piacerebbe venire a Los Angeles, benvenga. Lui può fare la differenza e dà la garanzia di lottare anche per la medaglia d’oro.

Salvoldi però terrà anche gli juniores, i ruoli sono compatibili?

Il feedback delle società sul suo lavoro è positivo, quindi credo sia giusto che prosegua. Logicamente avrà dei collaboratori che lo sostituiranno quando gli impegni con gli elite lo terranno lontano, però penso che abbia dimostrato di saper lavorare con professionalità e i risultati si sono visti.

Come nasce l’idea di mettere Villa al posto di Bennati?

Serve per dare continuità al suo lavoro con un gruppo di ragazzi che su certi percorsi sono fra i migliori al mondo. E a livello di cronometro, Villa ha l’esperienza per lavorare bene. Sulla scelta di non confermare Bennati, ne avrete sentite di tutti i colori, però la scelta è stata fatta agli europei su pista, quando il presidente Dagnoni ha preso la decisione finale. Daniele si è sentito preso in giro, ma le cose non sono andate come lui immagina.

E’ stato difficile convincere Villa? Si dice che fosse turbato.

Sicuramente è onorato, però ha il cuore sempre sulla pista, tant’è che l’abbiamo lasciato sulle donne assieme a Bragato. La scelta di Diego ha una logica, perché ha fatto con loro il percorso da Tokyo a Parigi e secondo me il gruppo donne è quello che può arrivare a Los Angeles con grandissime ambizioni. La logica, il filo conduttore del progetto ha come focus l’obiettivo delle prossime Olimpiadi. Per una federazione sono l’evento più importante, visto anche il sostegno che abbiamo dal CONI e da Sport e Salute.

Dopo i grandissimi successi su pista con le nazionali elite e delle donne, per Villa si apre il capitolo complesso e affascinante della strada pro’
Dopo i grandissimi successi su pista con le nazionali elite e delle donne, per Villa si apre il capitolo complesso e affascinante della strada pro’
Il fatto di mettere Villa sulla strada e non scegliere qualcun altro preso dall’esterno, come pure i doppi incarichi di Salvoldi e Bragato può essere conveniente anche dal punto di vista economico?

Ai conti si deve guardare, soprattutto con le novità che ci sono. Si parla di affitti che adesso le Federazioni devono iniziare a pagare a Sport e Salute, di costi che non erano preventivati. Sicuramente risparmiare ci consente di investire sull’attività e sulle squadre nazionali, però la scelta di Marco ha la sua logica e la capiremo nei prossimi anni.

Cosa può portare Villa porti nel mondo della strada?

Nella pista è riuscito ad amalgamare un gruppo di atleti e sarebbe fondamentale ripeterlo sulla strada. Negli anni di Martini, la nazionale si ritrovava con corridori come Moser, Saronni, Baronchelli, Battaglin e tutti gli altri. Alfredo era grande nel creare lo spirito di squadra, che oggi è sempre più difficile. Gli atleti hanno il preparatore, il nutrizionista e la squadra che fa i programmi, è cambiato il modo di interpretare il ciclismo. Serve uno che riesca a tenere un filo conduttore quotidiano e nel giorno della gara sia capace di deciderne l’impostazione. Prima era diverso, c’erano le premondiali e un sistema molto meno complesso.

Invece adesso?

C’è un’evoluzione, un cambiamento veramente impressionante del ciclismo. Al punto che anche la Federazione e i suoi tecnici devono adeguarsi al cambiamento. Ci rimproverano il fatto di non vedere la nazionale correre più spesso in Italia, ma a cosa servirebbe? Con chi saremmo potuti andare oggi a Laigueglia, visto che più o meno i migliori ci saranno tutti con le loro squadre? Abbiamo investito quando si è trattato di far correre i ragazzi della Gazprom rimasti senza squadra, ma la maglia azzurra è importante e non avrebbe senso fare delle squadre solo per rappresentanza

Tornando per un attimo alla pista, finora Villa ha avuto il controllo su tutto. Aver nominato Salvoldi, Bragato e Quaranta commissari tecnici dipende dal fatto che loro sono cresciuti nel ruolo oppure Villa sarà meno disponibile?

Entrambe le cose, perché secondo me Marco non si è ancora reso conto di quale sia l’impegno del tecnico della strada. Però dall’altra parte c’è stata una crescita enorme, sia di Quaranta sia di Bragato, che rimane il responsabile del team performance. In questi tre anni, quel gruppo è cresciuto in maniera considerevole ed è sempre più apprezzato dai tecnici. Hanno capito la necessità di lavorare con una programmazione e Diego ha la visione a 360 gradi delle varie necessità. Per questo avere accanto Villa è una necessità. Con loro due, le donne sono in mani sicure. Sia da un punto di vista di programmazione sia di selezione e attività che faranno.

Non sarebbe la mancanza di risultati, ma i rapporti non più buoni con Dagnoni la causa della mancata riconferma di Bennati (foto Limago)
Non sarebbe la mancanza di risultati, ma i rapporti non più buoni con Dagnoni la causa della mancata riconferma di Bennati (foto Limago)
Mentre Quaranta?

Credo che promuoverlo sia stato giusto e dovuto. Il presidente ha riconosciuto lavoro che ha fatto e che sta facendo con i velocisti. Gli ultimi mondiali e gli europei hanno dato conferma di una crescita di gara in gara. E’ chiaro che avvicinandosi ai vertici mondiali del team sprint, d’ora in poi i progressi saranno meno evidenti, però ci sono. La qualificazione a Los Angeles è un obiettivo fattibile, come ci eravamo prefissati quando siamo partiti.

Sono venute conferme invece per U23 e fuoristrada: non era necessario metterci mano, tutto sommato…

Amadori è un grande conoscitore del mondo under 23, credo sia giusto averlo confermato. Anzi sicuramente è quello che in questo momento di difficoltà nel trovare le giuste come collaborazione con le squadre, può giocare un ruolo decisivo. Quanto alle nazionali fuoristrada, Pontoni ha lavorato in modo molto positivo, lo dicono i risultati. E anche Celestino è arrivato bene alle Olimpiadi e solo a sfortuna ci ha tolto una medaglia con Braidot. Però sta costruendo qualcosa di importante con i giovani e sta portando avanti un bel lavoro.

Poco fa hai detto che se ne sono sentite tante, forse anche troppe: perché non andare più avanti con Bennati?

A Daniele non posso rimproverare niente, ha fatto tutto quello che doveva in modo professionale in rapporto al momento del ciclismo italiano, cui manca un corridore alla Colbrelli, che stava crescendo in maniera importante. Noto che in questo inizio di stagione alcuni nostri ragazzi stanno venendo fiori con il piglio giusto. Parlo di Ciccone al UAE Tour, Tiberi che all’Algarve ha fatto una cronometro veramente bella e anche Piganzoli. I buoni corridori li abbiamo e sono adatti al mondiale del Rwanda. Ma se in un mondiale come quello ti trovi Evenepoel oppure Pogacar, sia su strada sia nella crono che è durissima, c’è poco da programmare. Non parto mai battuto, però la storia ci insegna che quando ci sono di mezzo questi atleti, diventa difficile.

Hai dichiarato che Bennati a un certo punto non fosse più in sintonia con la Federazione, eppure quando si è trattato di lasciare spazio a Viviani nella gara su strada delle Olimpiadi, non ha fatto un fiato.

Io credo che il suo fosse lo spirito giusto, cioè quello di onorare sempre la maglia azzurra, anche se a Zurigo il comportamento dei corridori non è stato proprio così. Sull’aver fatto spazio a Viviani, non posso dire nulla: è stato bravo e alla fine i risultati ci hanno dato ragione. Quando parlo di sintonia con la Federazione, parlo di sintonia col presidente. Più un fatto di rapporti personali che alla fine non c’erano più.

Grimod: l’europeo tra i grandi e l’onda verde della pista

24.02.2025
5 min
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PONTE SAN MARCO – Il camper della Biesse Carrera Premac è a pochi passi dal foglio firma della Coppa San Geo, prova elite e under 23 che apre il calendario italiano insieme alla Firenze-Empoli. Pochi passi fuori dal camper si intravedono le teste dei ragazzi del team continental bresciano, chiediamo di parlare con Etienne Grimod e in pochi secondi lo vediamo sbucare fuori. Il valdostano supera di pochi i 190 centimetri e quando vediamo la sua testa uscire ci viene naturale chiederci come facesse a stare comodo dentro a quel van. Lui sorride e con fare accogliente ci segue per l’intervista

Etienne Grimod è uno dei volti nuovi che abbiamo visto sfrecciare sul parquet del velodromo di Zolder ai recenti campionati europei su pista. Ha 19 anni compiuti da poco e pochi giorni fa si è affacciato nel mondo degli elite nelle discipline del quartetto e dell’inseguimento individuale. Da junior è stato uno dei volti della pista azzurra, guidato da Dino Salvoldi ha conquistato un mondiale e un europeo. Nel 2023 ad Anadia ha fatto parte del quartetto che ha fatto registrare il record del mondo nell’inseguimento di categoria, al suo fianco c’erano Juan David Sierra, Renato Favero e Luca Giaimi. I primi due sono stati anch’essi protagonisti all’europeo elite. 

Dopo l’europeo su pista è il momento di iniziare la seconda stagione da U23 con la Biesse Carrera Premac
Dopo l’europeo su pista è il momento di iniziare la seconda stagione da U23 con la Biesse Carrera Premac

Tra i grandi

Lo aveva anticipato il cittì della pista Marco Villa, ora ex visto che dal recente Consiglio federale sono arrivati dei cambiamenti per quanto riguarda il quadriennio 2025-2028, che questo appuntamento continentale avrebbe aperto le porte a tanti giovani. Un modo per lanciare il prossimo grande appuntamento: Los Angeles 2028. Etienne Grimod è uno dei ragazzi della nuova leva portati a Zolder per prendere le misure e i ritmi dei grandi della pista.

«L’Europeo è andato bene – ci racconta – non me l’aspettavo ma eravamo in forma. E’ mancato qualcosa per salire sul podio nell’inseguimento a squadre, ma in quello individuale sono andato forte, segnale che stavo bene. Il primo appuntamento con i grandi è stata prima di tutto una bellissima esperienza. Ho imparato molto da chi questo ambiente lo vive da anni, come Francesco Lamon. Lui è uno dei riferimenti per le mie discipline».

Il quartetto che ha ottenuto il quarto posto a Zolder era composto da: Francesco Lamon, Davide Boscaro, Renato Favero e Etienne Grimod
Il quartetto che ha ottenuto il quarto posto a Zolder era composto da: Lamon, Boscaro, Favero e Grimod
Cosa vi ha detto?

Di non preoccuparci, che siamo giovani e di fare quello che saremmo riusciti come se fosse un allenamento. Tutte parole utili, anche perché non siamo mai stati così tranquilli prima di una finale di un quartetto.

Com’è stato entrare nel quartetto sapendo che cos’è il quartetto per la pista italiana?

Diciamo che è stata una grande emozione correre nella categoria maggiore. Entrare nel quartetto sapendo che a Tokyo hanno vinto l’oro e che a Parigi sono riusciti a conquistare il bronzo è un onore. 

E qual è il momento che ti è rimasto?

Direi il gruppo. Non mi aspettavo di trovare un così grande affiatamento. Eravamo tanti atleti di differenti età ma siamo stati benissimo insieme. Poi devo dire che mi è piaciuta anche la mia prestazione nell’inseguimento individuale (il valdostano è arrivato sesto, ndr).

Etienne Grimod ha corso anche nell’inseguimento individuale, per lui il sesto posto con il tempo di 4’09” e 838
Etienne Grimod ha corso anche nell’inseguimento individuale, per lui il sesto posto con il tempo di 4’09” e 838
Ci racconti i passi di avvicinamento a questo primo europeo?

A novembre e dicembre ero spesso a Montichiari a girare. Poi sono stato in ritiro con la squadra in Spagna e infine c’è stata la settimana prima dell’europeo che abbiamo fatto interamente lì a Montichiari. E’ stato bello vivere così tanto il velodromo e girare con tanti ragazzi con i quali non avevo mai lavorato prima. Nella settimana di lavoro prima di partire per Zolder ho lavorato insieme agli altri del quartetto: Lamon, Boscaro, Galli e Favero (Grimod è subentrato per la finale che è valsa il bronzo al posto di Galli, ndr). 

Cosa avete fatto?

Abbiamo testato le varie combinazioni. Alla fine serviva avere un certo feeling in vista dell’Europeo. 

Quando ti è arrivata la comunicazione che avresti fatto l’europeo come ti sei sentito?

Mi trovavo a Sanremo, dove ho una casa, per allenarmi su strada. L’ho presa benissimo, sinceramente non me l’aspettavo.

Con i suoi 192 centimetri Grimod spicca per doti atletiche e fisiche fuori dal comune
Con i suoi 192 centimetri Grimod spicca per doti atletiche e fisiche fuori dal comune
Ma sull’emozione che ti porti di questa esperienza?

E’ che si tratta solo del primo europeo elite. Penso a quanti ce ne potranno essere e fare già parte di questa squadra con un livello abbastanza alto mi fa dire: «Cavoli, sono andato abbastanza bene e si può ancora migliorare tanto».

Una volta lì con Sierra e Favero, voi che siete stati i pilastri del quartetto juniores, cosa vi siete detti?

Ci conosciamo da tre anni, siamo come fratelli: andiamo in vacanza assieme e facciamo tutto insieme. Da un lato questo è stato un vantaggio perché parlavamo di tutto, senza problemi. Grazie al nostro rapporto non ho sentito la tensione nell’avvicinamento alla gara. A fine europeo ero in viaggio con Favero in aereo, e pensavo al nostro percorso. Da juniores siamo passati alla categoria elite, non è che ce ne siano stati tanti come noi. Ho pensato a Consonni, Milan e Ganna che sono amici da una vita, così ho guardato Favero e gli ho detto: «Mi sa che siamo sulla buona strada».

Grimod, Favero e Sierra torneranno a lavorare su pista con Salvoldi che da poco è stato nominato cittì della disciplina (foto Federciclismo)
Grimod, Favero e Sierra torneranno a lavorare su pista con Salvoldi che da poco è stato nominato cittì della disciplina (foto Federciclismo)
Ora il cittì della pista sarà Salvoldi, con il quale avete lavorato da juniores, un modo per proseguire un cammino in vista di obiettivi più grandi?

Il suo arrivo può essere un vantaggio, sicuramente ci conosce molto bene. Ma alla fine abbiamo lavorato con Villa un anno, quindi anche lui ci stava iniziando a conoscere. Sono due tecnici completi, non penso sia un cambiamento così grande. Con Salvoldi ci troveremo bene, visto che conosciamo già il metodo di lavoro. Vedremo come andrà.

EDITORIALE / Le grandi manovre della nazionale

17.02.2025
6 min
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Quando si è trattato di scegliere il nome del successore di Sven Vanthourenhout alla guida della nazionale belga, il presidente federale Tom Van Damme ha puntato su Serge Pauwels. Si trattava di sostituire il tecnico vincitore dell’europeo con Merlier e con Evenepoel del mondiale di Wollongong su strada, quelli a crono di Glasgow e Zurigo e il doppio oro olimpico di Parigi. Eppure, nonostante abbia parlato anche con Philippe Gilbert, il dirigente belga alla fine ha scelto Serge Pauwels, un ex professionista che da qualche anno seguiva le nazionali giovanili e collaborava per i pro’ con il tecnico uscente. Una scelta fatta per coerenza tecnica e per risparmiare qualcosa.

«La visione della Federazione – ha spiegato il presidente – è più vicina a quella di Serge. Ci sono stati diversi colloqui, ma i candidati stessi erano piuttosto vaghi. Spesso non sapevano esattamente quale percorso volessero intraprendere, mentre internamente avevamo un candidato a pieno titolo. Il legame tra giovani e professionisti è diventato così importante che è necessario progredire. Abbiamo mantenuto questa linea».

Cosa succede da noi? Si dà per scontato che Bennati non sarà confermato. Chi lo sostituirà? Il tema è caldo. Le indiscrezioni di stampa si susseguono, ma resteranno tali fino al Consiglio Federale del prossimo fine settimana, quando si saprà finalmente tutto. Eppure i nomi emersi hanno stimolato alcune considerazioni, che annotiamo come contributo per la scelta: ammesso che servano e soprattutto che siano gradite.

Bennati ha guidato la nazionale per tre mondiali: l’ultimo a Zurigo 2024
Bennati ha guidato la nazionale per tre mondiali: l’ultimo a Zurigo 2024

Villa ai professionisti?

Si è letto di Marco Villa alla guida della nazionale dei professionisti e dello stesso tecnico della pista che negli ultimi tempi sarebbe apparso preoccupato. Lo hanno detto gli atleti che hanno avuto a che fare con lui. Se questa è la prospettiva che gli è stata offerta, la preoccupazione è legittima.

Villa è su pista quello che Vanthourenhout è stato su strada per il Belgio e dopo Parigi aveva già iniziato a pensare al 2028. Ha un bagaglio di conoscenze fuori dal comune e il carisma per imporle, mentre su strada si troverebbe a partire da zero nella gestione di atleti che hanno esperienze di gran lunga superiori alla sua. E’ un azzardo e certamente il modo per risparmiare sull’ingaggio di un tecnico esterno. Nasce dalla volontà di imporre un metodo di lavoro? E’ possibile, ma che metodo si può imporre ad atleti che gestisci per due corse all’anno, senza allenarli e discutendone al massimo i programmi con le squadre di appartenenza?

Roberto Amadio, qui con Viviani a Parigi 2024, è il team manager della nazionale
Roberto Amadio, qui con Viviani a Parigi 2024, è il team manager della nazionale

Il metodo Ceruti

Quando nel 1998 si trattò di sostituire Alfredo Martini alla guida della nazionale, il presidente federale Ceruti tentò una mossa analoga. Prese Antonio Fusi e lo gettò nella mischia. Il lombardo, che aveva guidato fino a quel momento juniores e under 23 con risultati esaltanti, non poté rifiutare l’incarico o ne fu allettato, per cui accettò.

Si disse che avrebbe portato il suo metodo di lavoro e in effetti provò a farlo. Solo che a un certo punto il professionismo lo respinse e rese impossibile il suo lavoro, che era fatto di programmazione e preparazione di atleti che si affidavano a lui in vista degli appuntamenti. Sta di fatto che dopo qualche dissapore e il mondiale di Plouay del 2000, la sua carriera si concluse per lasciare il posto a Franco Ballerini. Fusi tornò agli under 23 e a fine 2005 lasciò la Federazione.

Negli ultimi tre anni, Dino Salvoldi ha rilanciato la categoria juniores, in pista e su strada (foto FCI)
Negli ultimi tre anni, Dino Salvoldi ha rilanciato la categoria juniores, in pista e su strada (foto FCI)

Salvoldi alla pista?

Salvoldi al posto di Villa nella pista degli uomini ha una logica diversa e potrebbe funzionare. Dino è il tecnico degli ultimi record del mondo dell’inseguimento a squadre. I suoi juniores hanno fatto faville nelle gare loro riservate e costituiscono l’ossatura della nazionale che di qui a quattro anni lotterà per le Olimpiadi di Los Angeles. Villa è stanco e la FCI vuole rifondare il settore? Questa può essere la strada giusta.

Salvoldi è uno che studia e avrebbe tutto il tempo per crescere e farli crescere, provandoli nelle rassegne di ogni anno di qui al 2027. Fino ad allora Ganna, Milan, Consonni, Moro e gli altri corridori WorldTour saranno impegnati più su strada che in pista. Il suo problema con loro sarebbe infatti subentrare dopo anni di lavoro con Villa, in un rapporto personale che va oltre quello fra tecnico e atleta. Ma Dino è un tecnico vincente, forse il più vincente fra quelli d’azzurro vestiti e alla fine, dopo essersi annusati, anche i senatori riconoscerebbero il suo valore. A patto che lui sia in grado di dare risposte alle loro domande.

Bragato alla pista donne?

La pista delle donne andrebbe invece a Diego Bragato, attualmente responsabile del Team Performance della FCI. Si tratterebbe di ufficializzare un ruolo che il veneto svolge già da qualche anno, sotto la supervisione attenta di Villa. Avendo collaborato con Salvoldi quando guidava il settore femminile, Bragato ha le conoscenze e i rapporti personali per disimpegnarsi bene nel ruolo, ma dovrebbe probabilmente mettere da parte il suo ruolo di studio o quantomeno ridurre il suo impegno.

Bragato ha già grande familiarità con la pista donne: riuscirebbe a portare avanti anche il Team Performance?
Bragato ha già grande familiarità con la pista donne: riuscirebbe a portare avanti anche il Team Performance?

Velo alla strada donne?

Si è poi parlato di Marco Velo come tecnico per le donne, al posto di Paolo Sangalli che nel frattempo è approdato alla Lidl-Trek. Alle sue competenze si aggiungerebbe il controllo del settore crono, di cui il bresciano era già il referente unico per tutti i livelli della nazionale. Dopo tanto parlare dell’opportunità di avere per le donne un tecnico donna, sarebbe un chiudere la porta senza la sensazione che una donna per quel ruolo sia stata davvero cercata.

Riconoscendo a Velo la sua competenza, dovendo seguire donne elite e anche le junior, ci chiediamo se lascerebbe il ruolo in RCS Sport che lo impegna per la maggior parte della stagione.

Insomma, dalla necessità di trovare un rimpiazzo per Bennati (la cui colpa più grande è stata quella di aver detto qualche sì di troppo ed essere arrivato alla nazionale in anni di corridori incapaci di lasciare il segno) si andrebbe incontro a una rivoluzione. Restano da definire i tecnici di juniores e under 23 (ci sarà un ruolo per Mario Scirea?), come quelli per il fuoristrada. Non si sa se le ragioni della stessa discendano da esigenze tecniche ed economiche o da debiti elettorali, ma lo capiremo presto.

Sta di fatto che la struttura attuale funzionava e che, al netto di un paio di aggiustamenti nei rapporti fra i settori, potrebbe funzionare ancora. Sostituito il cittì dei pro’, il lavoro fluirebbe ancora bene. Siamo certi che un rimpasto di questo tipo sia ciò di cui il ciclismo italiano ha bisogno?

Da juniores ai devo team: gli otto volti (+ uno) del ciclismo italiano

17.01.2025
6 min
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Nel 2025 saranno otto gli azzurri che passeranno under 23 in un devo team: Stefano Viezzi, Lorenzo Mark Finn, Andrea Bessega, Davide Stella, Enea Sambinello, David Zanutta, Ludovico Mellano e Luca Attolini. A questi si aggiunge un nono volto, che è quello di Roberto Capello. Quest’ultimo andrà a correre il suo secondo anno da juniores all’estero: al Team Grenke-Auto Eder. Una migrazione massiccia, segno che i nostri ragazzi attraggono lo sguardo delle grandi squadre che su di loro sono pronte a investire. Affrontiamo il discorso con Dino Salvoldi, cittì della nazionale juniores, il quale è rimasto in contatto con loro fino a pochi mesi fa. 

«Partiamo con il dire – ci aggancia Salvoldi – che non conosco le motivazioni di ognuno di loro. Alcuni parlano, chiedono dei consigli, mentre altri vanno per la loro strada. Quello che differenzia l’andare in un devo team, oppure in una formazione come la Vf Group-Bardiani-CSF Faizanè, è la prospettiva che queste realtà offrono a medio termine. Solitamente i ragazzi firmano contratti di quattro anni con la formula “due più due” ovvero: due stagioni nel devo team e due anni già nel WorldTour (la squadra dei Reverberi non ha una formazione di sviluppo, quindi i ragazzi passano subito professionisti, ndr)».

Davide Stella (a sinista) ed Enea Sambinello (a destra) sono passati U23 con il UAE Team Emirates Gen Z
Davide Stella (a sinista) ed Enea Sambinello (a destra) sono passati U23 con il UAE Team Emirates Gen Z

Programmazione

La grande differenza che le formazioni di sviluppo offrono è un calendario di livello e la sicurezza di avere, nella maggior parte dei casi, già degli accordi per passare professionisti. Non è sempre così, e molti ragazzi scelgono comunque di fare il salto tra gli under 23 in un devo team piuttosto che rimanere in Italia. 

«In queste squadre – prosegue Salvoldi – i corridori affrontano un calendario di grande qualità e per lo più internazionale, cosa che una squadra continental italiana fatica a proporre, alcune eccezioni in positivo ci sono. In una squadra development si affronta la stagione con una programmazione diversa. Si corre un po’ meno ma per obiettivi, i ragazzi apprendono delle caratteristiche funzionali al mondo dei professionisti. Non si guarda alla continuità di rendimento ma a una crescita. Sono discorsi che esulano dal “è troppo presto, è troppo tardi”».

Dopo due stagioni alla Borgo Molino Bessega è approdato alla Lidl-Trek Future Racing (foto Lidl-Trek)
Dopo due stagioni alla Borgo Molino Bessega è approdato alla Lidl-Trek Future Racing (foto Lidl-Trek)
Tutti i ragazzi che passano nel 2025 sono pronti?

Penso di sì, tutti con possibilità e caratteristiche differenti. Sono diverse anche le squadre, quindi generalizzare diventa un rischio. 

Ad esempio Lorenzo Finn continua un percorso iniziato nel 2024, quando era ancora juniores. 

Avete detto un nome non a caso. Lui è l’esempio di un corridore che ha le qualità naturali per diventare un professionista che gareggia per i grandi risultati. E’ tutto un altro modo di correre, improntato a vincere. Finn è l’esempio di uno che è pronto subito ad un certo tipo di attività, la stagione scorsa ne è un esempio (in apertura foto Maximilian Fries).

Poi c’è chi si è guadagnato questa occasione a suon di risultati, come Bessega e Sambinello

Questi due si sono guadagnati lo spazio nei rispettivi devo team grazie ai risultati ottenuti da juniores. Magari per il profilo di carriera che potranno fare non sarà di primo livello, cosa paragonabile a chi non ha avuto la stessa occasione. 

Ad esempio?

Andrea Donati e anche suo fratello Davide. Il secondo, che è più grande di un anno, ha fatto la prima stagione da under 23 alla Biesse Carrera e poi è passato al devo team della Red Bull-BORA-hansgrohe. Lo stesso cammino si prospetta per Andrea, il quale correrà con la Biesse nel 2025. 

Stefano Viezzi è approdato alla Alpecin Deceuninck Development, il suo percorso è legato molto alla doppia attività: ciclocross e strada
Stefano Viezzi è approdato alla Alpecin Deceuninck Development, il suo percorso è legato molto alla doppia attività: ciclocross e strada
Andrea Donati non ha ottenuto grandi risultati da juniores…

Non conta solo questo. Chi fa le selezioni all’interno dei team di sviluppo dovrebbe guardare il risultato legato alla prestazione. Un conto è vincere un campionato del mondo alla Lorenzo Finn, un altro è vincere tante gare restando sempre a ruota. Una figura che ha il compito di cercare il talento dovrebbe concentrarsi maggiormente sulle prestazioni. I risultati contano fino a un certo punto. 

Per chi arriva da squadre juniores italiane un salto del genere rischia di essere troppo grande?

No. Il ciclismo si sta evolvendo e questo processo fa parte di un normale cammino di adattamento che coinvolge anche le squadre juniores. Quello che si faceva fino a un po’ di anni fa ora non basta più. Per i ragazzi approcciarsi a queste realtà nuove e professionali è solamente uno stimolo. Si sentono seguiti, controllati e li domina la curiosità, come giusto che sia nei giovani. Entrano in una routine, è come se fosse un lavoro.

Andrea Donati è rimasto in Italia e correrà alla Biesse Carrera Premac (photors.it)
Andrea Donati è rimasto in Italia e correrà alla Biesse Carrera Premac (photors.it)
Poi ci sono Attolini, Mellano e Zanutta che sono passati con la XDS Astana Development, consideri il loro passaggio più “soft”. 

Se intendete dire che sia meno impattante perché trovano più italiani direi di no. Non so che calendario faranno ma stiamo comunque parlando di una formazione di sviluppo di un team WorldTour.

Cosa pensi di questi tre ragazzi?

A mio avviso Mellano e Sambinello sono equiparabili. Sono i ragazzi che hanno avuto maggiore continuità durante la passata stagione. A livello di piazzamenti non hanno saltato una gara, erano sempre tra i migliori nelle corse più importanti del calendario italiano. Zanutta è un corridore di qualità, lui è un esempio di coloro che sono stati valutati per i numeri e non per i risultati ottenuti, alla pari di quanto fatto dalla UAE Team Gen Z con Davide Stella. 

Roberto Capello sarà il nuovo volto italiano del Team Grenke-Auto Eder, squadra juniores del panorama Red Bull (foto Maximilian Fries)
Roberto Capello sarà il nuovo volto italiano del Team Grenke-Auto Eder, squadra juniores del panorama Red Bull (foto Maximilian Fries)
Rimane Roberto Capello, che prende il posto di Finn alla Grenke-Auto Eder. 

E’ un atleta che in salita ha tantissima qualità, nonostante sia all’inizio del suo secondo anno da juniores. Si tratta di un corridore che è abituato a fare certi volumi di allenamento. Per concretizzare questi numeri in risultati deve migliorare molto tatticamente e nella guida della bici, ma è nel posto giusto. La Grenke-Auto Eder non prende i ragazzi a caso…

Andrea Donati: la crescita tra gli juniores e il primo anno da U23

23.12.2024
4 min
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Andrea Donati è appena tornato da scuola e si sta preparando per andare in palestra. Il suo inverno sta passando tra qualche uscita leggera in bici, lo studio e delle sessioni di pesi. Non si parla ancora di carichi di allenamento elevati, la sua prima stagione da under 23 inizierà tra qualche mese e non è necessario spingere fin da subito. Meglio fare le cose passo dopo passo. 

«In questa prima parte della stagione – ci racconta – meglio restare calmo per non avere picchi di forma troppo presto. Sono tornato in bicicletta da un mesetto, le prime due settimane sono state toste. Tornare a pedalare dopo un lungo periodo di pausa non è mai semplicissimo, anche un’ora e mezza a ritmi blandi si sente tutta. Ora mi sto adattando a carichi di lavoro sempre maggiori».

Andrea Donati ha corso i due anni da juniores con la Ciclistica Trevigliese (photors.it)
Andrea Donati ha corso i due anni da juniores con la Ciclistica Trevigliese (photors.it)

Ancora lontani

La prima stagione da under 23 Andrea Donati la correrà in maglia Biesse Carrera Premac. Il bresciano arriva dalla Ciclistica Trevigliese (in apertura foto Instagram), squadra juniores con la quale è cresciuto parecchio guadagnandosi di diritto la stima del cittì Dino Salvoldi. Il quale ha puntato molto su Donati, convocandolo per diverse prove con la nazionale. L’ultima esperienza, in ordine cronologico, è stata la cronometro juniores ai mondiali di Zurigo.

«Il grande salto a livello di crescita fisica – racconta Donati – c’è stato lo scorso inverno quando ho aumentato la mia massa muscolare di due o tre chilogrammi. Una cosa dovuta allo sviluppo ma anche a una maturazione mentale. Infatti, in quello stesso periodo è arrivato anche un cambiamento importante sulla gestione degli allenamenti. Sono diventato più consapevole, quasi maniacale. Anche per quello che riguarda la dieta».

Prima di passare su strada il bresciano ha corso in mtb (foto Instagram)
Prima di passare su strada il bresciano ha corso in mtb (foto Instagram)
Passi under 23 con la Biesse-Carrera, come hai scelto questa squadra?

Mi avevano contattato molto presto, a inizio 2024. Qui correva mio fratello Davide che mi ha sempre parlato bene della squadra, nel 2025 correrà con il devo team della Red Bull-Bora ma i suoi consigli sono stati preziosi. Quando si è presentata l’occasione di correre qui sia la mia famiglia che il procuratore erano contenti. E’ una buona squadra per crescere, e poi andando ancora a scuola era importante avere una squadra vicino a casa. 

Hanno bussato altre squadre alla tua porta?

In realtà no. Alla fine con la Biesse ho firmato a giugno del 2024 ed ero convinto della scelta, quindi non mi sono guardato intorno. Se avessi voluto magari una devo team l’avrei trovata, credo, ma non mi sono interessato. La Biesse-Carrera è un’ottima continental, si trova vicino a casa e inoltre credo che imparare a vincere in Italia sia una bella cosa

Nel 2024 ha collezionato diverse esperienze con la nazionale guidata da Salvoldi, qui all’Eroica Juniores Nations Cup (photors.it)
Nel 2024 ha collezionato diverse esperienze con la nazionale guidata da Salvoldi, qui all’Eroica Juniores Nations Cup (photors.it)
Non è obbligatorio andare all’estero.

Se sei un fenomeno è diverso. Magari anche lontano da casa e in un devo team riesci a costruirti le giuste occasioni per vincere. Io non penso di essere un fenomeno ma un buon corridore sì.

Che passi in avanti senti di aver fatto, oltre a quelli fisici?

La cosa in cui sono migliorato parecchio è la gestione in gara, soprattutto nella capacità di stare in gruppo. Il 2024 è stato il mio secondo anno nel quale mi sono dedicato alla strada, prima facevo mountain bike. Il 2023 ho fatto un po’ più fatica, mentre quest’anno mi sono mosso bene. Poi il fatto di aver corso molto all’estero mi ha dato una grande mano. 

L’ultima gara con la nazionale è stata la prova a cronometro di categoria a Zurigo
L’ultima gara con la nazionale è stata la prova a cronometro di categoria a Zurigo
Com’è stato confrontarsi con tanti corridori diversi?

Stimolante. A inizio stagione ero molto vicino ai più forti e mi sono giocato diverse chance. Ci sono state anche delle giornate difficili ma fa parte della crescita, l’obiettivo è continuare a migliorare grazie a esperienze del genere. Penso però di essere nel posto giusto, i miei compagni sono forti e lo staff del team è valido.

Sai già come dividerai la stagione?

Principalmente in due blocchi: prima della maturità e dopo. Non ho ancora il calendario ufficiale. Nel 2025 avrò come obiettivo quello di migliorare, credo che con il giusto lavoro potrò essere competitivo. Tra poco tocca mettersi al lavoro, a fine gennaio andremo in Spagna per un ritiro tutti insieme e inizieremo ufficialmente.

Salvoldi: il lavoro continua tra pensieri e voglia di cambiare

11.10.2024
7 min
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Il tempo di smaltire e mettersi alle spalle l’euforia del successo iridato di Zurigo e Dino Salvoldi è già tornato al lavoro. A livello di calendario il triennio alla guida della nazionale juniores si è concluso con la prova iridata e la vittoria della maglia arcobaleno di Lorenzo Finn. Tuttavia il cittì non ama rimanere con le mani in mano. Un successo del genere porta felicità, ma non fa di certo terminare gli impegni e il lavoro iniziato ormai tre anni fa

«Il ricordo di Zurigo – dice Salvoldi mentre in sottofondo si sente lo scorrere dell’auto sull’asfalto – è vivo e bello nella mia testa. Ma nel mio lavoro si deve sempre volgere lo sguardo avanti. Ieri e oggi (mercoledì e giovedì, ndr) sono stato a Montichiari a visionare gli allievi 2008. Ovvero coloro che nel 2025 passeranno juniores».

Il lavoro continua

Tre anni passano in fretta, in particolare se al termine di questi c’è un successo grande come la vittoria di un mondiale che mancava da 17 anni. Salvoldi ha capito l’importanza di tale traguardo, ma non si è fatto distrarre. Il lavoro svolto è tanto, ma non manca quello futuro (in apertura una foto del Giro della Lunigiana foto Duz Image / Michele Bertoloni).

«Partiamo con ordine – analizza – perché quando sono arrivato in una fase di cambiamento del ciclismo giovanile. Questa era già in atto tra gli juniores, seppur da poco tempo. Nel frattempo c’è stata una grande evoluzione e un cambiamento radicale della categoria a livello internazionale. Tuttora mi sento di dire che l’Italia fa un po’ fatica nell’attività di vertice. La vittoria di Finn riempie di felicità e orgoglio ma non mancano i passi da fare per adattare tutta la categoria a quello che è il livello internazionale».

Salvoldi ha unificato sotto il suo controllo pista e strada, dando una programmazione al lavoro dei ragazzi
Salvoldi ha unificato sotto il suo controllo pista e strada, dando una programmazione al lavoro dei ragazzi
A riguardo ci sono delle motivazioni?

Certo, più di una. In primo luogo come Italia siamo molto legati alla nostra storia, alla tradizione e alle strutture presenti. Un po’ di anni fa eravamo il riferimento internazionale, ora però le cose sono cambiate. Il ciclismo è una questione globale, è inutile chiudersi in abitudini e tradizioni. Il rischio è di avere un limite di crescita importante. 

C’è un cambiamento sempre più evidente rispetto al passato. 

In primo luogo credo la prima risposta data dalla mia gestione sia stata quella di riunire l’attività di strada e pista. Questo ha fatto sì che ci fossero maggiori possibilità di crescita e programmazione. Abbiamo preso ragazzi con caratteristiche e potenzialità per fare entrambe le cose. In passato questo non sarebbe stato possibile, con il senno di poi direi che è stata una mossa corretta. 

La vittoria di Finn a Zurigo è stato il coronamento di un lavoro lungo tre anni (foto Federiciclismo / Maurizio Borserini)
La vittoria di Finn a Zurigo è stato il coronamento di un lavoro lungo tre anni (foto Federiciclismo / Maurizio Borserini)
Le squadre come l’hanno presa all’inizio?

C’è stata comprensione e collaborazione. Quasi oltre alla possibilità di gestire certi numeri. Come tecnico credo che tutti dovrebbero allenarsi su strada e pista, è una cosa che aiuta dal punto di vista formativo. E chiaro che non posso occuparmi personalmente di 800 ragazzi, ma il modello deve essere da esempio. Noi come Federazione abbiamo modo di poterci occupare di 40 atleti e solo sei di questi saranno poi selezionati per le competizioni principali. Quello che deve passare è che i restanti 34 non hanno perso tempo, ma hanno comunque svolto un’attività formativa. 

Serve una programmazione, da parte di tutti. 

Credo che in questo periodo il ciclismo non sia una questione europea ma mondiale. Questo comporta che non si può pensare di sopravvivere grazie alla casualità del super talento. Ora il fuoriclasse può nascere in ogni angolo del mondo e ogni nazionale è in grado di scovarlo. Anni fa il ciclismo era una questione tra 20 Paesi, ora siamo in 50, se non di più. Fino a 15 anni fa gli juniores erano 3.000, ora 800. E’ evidente che la selezione naturale non è più possibile. Si deve essere bravi a programmare per alzare il livello medio ed essere competitivi. 

Il confronto con gli organizzatori e le squadre è costante e volto alla ricerca dell’attività migliore per i ragazzi
Il confronto con gli organizzatori e le squadre è costante e volto alla ricerca dell’attività migliore per i ragazzi
La speranza è che la vittoria di Finn possa fare da traino?

E’ chiaro che avere un campione in casa aiuti a crescere. Guardate il tennis ora, grazie a Sinner aprono scuole e la gente si appassiona. Se voglio guardare il bicchiere mezzo pieno riguardo la vittoria di Finn direi che può essere un esempio. E’ un ragazzo che ha cambiato realtà e calendario andando all’estero, ma ha vissuto la sua quotidianità in Italia andando a scuola e facendo quello che fanno tutti i ragazzi. 

Può essere un insegnamento…

Se fai quel che hai sempre fatto rimani dove sei. Invece bisogna avere il coraggio di cambiare, anche contro le proprie tradizioni. Fare calendari differenti o avere regole diverse per permettere una crescita globale. 

Si parla di aggiungere un anno alla categoria, passando da due a tre.

Negli altri sport, soprattutto quelli di squadra, tutti gareggiano contro i propri pari livello. Nel calcio la Primavera del Milan non gioca contro quella del Montichiari, ad esempio. Nel ciclismo un ragazzo meno preparato compete contro quelli più forti e a fine stagione è destinato a smettere. Penso sia giusto parlarne a tutela dei numeri. Se parliamo di aggiungere un anno alla categoria mi trovate d’accordo. E può anche essere una regola nazionale, solo italiana. D’altronde i francesi hanno sempre corso con il rapporto libero, anche quando a livello internazionale c’era il blocco al 52×14. Perché non possiamo aumentare la categoria di un anno a favore di chi ha ancora bisogno di crescere e maturare?

Bessega e Sambinello nel 2025 passeranno in due devo team entrando nel mondo WorldTour
Bessega e Sambinello nel 2025 passeranno in due devo team entrando nel mondo WorldTour
Modificare il calendario passando da gare di un giorno a gare a tappe è un argomento tanto discusso tra gli addetti ai lavori. 

Se si dovesse passare a più gare a tappe va da sé che una squadra non potrebbe farle tutte, ma sarebbe costretta a scegliere e quindi programmare. In più una gara a tappe vede diversi sforzi al suo interno: salite, volate, cronometro… I ragazzi dovrebbero prepararsi per essere in grado di correre ovunque, altrimenti rischiano di essere tagliati fuori. L’idea è di fare qualcosa che non si fa di solito, altrimenti si coltiva sempre il proprio orticello. Però, se si vuole diventare un corridore professionista è importante sapersi destreggiare su ogni terreno. In più, per concludere, se si fanno 10 corse a tappe durante l’anno si arriva comunque a 40 giorni di gara, il che sarebbe diverso dal correre 40 domeniche. 

A sentir parlare Dino Salvoldi si capisce come la sua voglia sia quella di continuare un cammino che non reputa finito. Per lui, ma come per tutti gli altri commissari tecnici nazionali, un grande spartiacque saranno le prossime elezioni federali. Chiunque dovesse vincere dovrebbe tenere conto di quanto fatto e dei percorsi iniziati. Tutte queste considerazioni fatte dal cittì dovrebbero diventare tema di confronto sui tavoli federali, per evitare che il ciclismo italiano sia costretto a rincorrere. Al contrario si potrebbe provare ad anticipare i tempi. L’arcobaleno di Finn ha brillato nel cielo di Zurigo e del Ghisallo. Il ragazzo però l’anno prossimo passerà under 23 e continuerà la sua crescita con il devo team della Red Bull-Bora hansgrohe. Cosa rimarrà della sua vittoria e della maglia iridata? Speriamo possa essere un insegnamento per tutto il movimento e non solo un ricordo destinato a sbiadire nel tempo.

Salvoldi corona il suo triennio con la maglia iridata

27.09.2024
4 min
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ZURIGO (Svizzera) – Siamo sempre stati abituati a vedere Dino Salvoldi come un uomo dal carattere duro, come il suo sguardo. Alto, con un piglio o fermo e deciso, tanto da incutere timore e richiamare rispetto. Invece quando lo vediamo arrivare in mixed zone per le interviste post mondiale l’emozione e la commozione hanno preso il sopravvento. Lorenzo Finn ha appena vinto la prova iridata su strada tra gli juniores con una bellissima azione dal lontano. Ha viaggiato per tutti gli ultimi 20 chilometri da solo, si è girato spesso a parlare con l’ammiraglia nella quale era seduto il cittì. A due chilometri dalla fine quella vettura ha affiancato il giovane scalatore azzurro e solo Dio sa cosa si sono detti

«Non ce n’era per nessuno oggi – dice con fare orgoglioso Salvoldi – Lorenzo (Finn, ndr) è andato fortissimo. Ha attaccato fin da subito, diciamo molto prima di quanto avevamo ipotizzato in partenza. Evidentemente era la sua giornata, soprattutto in salita. Non ha avuto rivali».

Dino Salvoldi insieme ai cinque azzurri che hanno corso a Zurigo
Dino Salvoldi insieme a quattro dei cinque azzurri che hanno corso a Zurigo

Un lungo cammino

I passaggi che hanno portato alla vittoria di Lorenzo Finn sono iniziati in primavera, quando Salvoldi ha iniziato a costruire un gruppo sul quale lavorare in vista degli eventi della stagione (i due sono insieme nella foto di apertura di Federciclismo / Maurizio Borserini). 

«Come nazionale – prosegue – abbiamo condiviso un bel percorso di avvicinamento al mondiale. Proprio con voi avevo chiesto di aspettare oggi prima di fare un bilancio di questi tre anni di gestione del gruppo juniores. Oggi abbiamo raggiunto e conquistato un titolo che nella categoria mancava da 17 anni. Il risultato di Finn secondo me deve essere interpretato come un bello spot per il nostro ciclismo giovanile. Prima di quello di oggi, nel corso dei tre anni, sono arrivati anche tanti risultati in altri campi, come la pista. Tutto questo è la dimostrazione che applicandosi, con metodo, non siamo poi così distanti dagli altri. I ragazzi che hanno voglia di emergere e hanno fame agonistica ce li abbiamo anche noi. Certo dobbiamo fare questo step tutti insieme».

Salvoldi arrivava dalla rassegna iridata juniores su pista, molto fruttuosa anche quella
Salvoldi arrivava dalla rassegna iridata juniores su pista, molto fruttuosa anche quella
Finn è uno di loro, quando ti sei reso conto che era davvero la giornata giusta?

Un po’ prima, quando ha attaccato nel giro precedente all’ultimo passaggio sotto lo striscione d’arrivo. Era rimasto in un gruppo di 15 corridori con tante squadre formate da coppie. Finn è un ragazzo meticoloso, quindi probabilmente aveva già ragionato decidendo di anticipare. Ha pensato che poi gli sarebbero andati sotto i più forti, tenendo quella distanza di controllo. 

Poi sono rientrati e davanti erano in sei. 

In quel momento l’attenzione si è spostata su Philipsen, che era il campione del mondo in carica. Credo però che fosse nervoso, si è mosso spesso e in alcuni momenti male. Finn ne aveva di più, la sua azione da lontano lo ha dimostrato. Poi era proprio tranquillo nel fare le cose, non ha mosso passi azzardati, fondamentalmente ha attaccato due volte e gli sono bastate per vincere.

Una parte importante del lavoro di Salvoldi sono i ritiri, dove i ragazzi costruiscono il gruppo e il feeling
Una parte importante del lavoro di Salvoldi sono i ritiri, dove i ragazzi costruiscono il gruppo e il feeling
Quando lo hai affiancato a due chilometri dall’arrivo che gli hai detto?

Chiedete a lui, non me lo ricordo, ero in trance agonistica. 

Invece quando ai 400 metri siete entrati nella corsia delle ammiraglie, perdendolo di vista, cosa hai pensato?

C’è sempre un po’ di apprensione per il disguido che può succedere all’improvviso. Però c’è stato un flashback su tutto, anche il mio percorso professionale. Chiaramente questa emozione mi mancava, a me e ai miei uomini, tutti. Ho ripensato a tutto quello che c’è stato prima, proprio in modo super rapido, e dici questa ci mancava, doveva arrivare e ce l’abbiamo fatta.

Il campionato del mondo su strada è il successo che mancava nella carriera da cittì di Salvoldi
Il campionato del mondo su strada è il successo che mancava nella carriera da cittì di Salvoldi
In questi tre anni hai trovato tanti ragazzi, costruendo un cammino con loro. 

Vero che oggi ha vinto Finn, ma è il coronamento di un percorso, che è iniziato cercando un dialogo con chi c’era da prima di noi. Abbiamo cercato di imparare, di informarci e di proporre anche un metodo che chiaramente ha bisogno di tempo per essere attuato. Perché i miracoli nello sport di alto livello non esistono. O almeno, io ci credo poco. Quindi oggi si chiude un triennio con uno dei più bei successi che si possono ottenere, e ripeto: credo che sia un bene per tutto il nostro movimento e di questo sono particolarmente contento.