Davide Ballerini

Volate e Roubaix, Ballerini piomba sul 2021

08.12.2020
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Ma che stagione ha fatto Davide Ballerini! Lui e la Deceuninck-Quick Step sono stati protagonisti di un’annata eccezionale. In particolare Davide ha fatto un grande salto di qualità: costanza di rendimento, una vittoria, gregario in salita e nel piano, uomo da fughe. 

Forte di tutto ciò, Ballerini si affaccia alla quinta stagione da professionista con molte attese, qualche speranza ma sempre tanta umiltà. Quasi troppa! Il lavoro di squadra per lui resta centrale, come vedremo, e forse è proprio questo che fa del team di Levefere una vera corazzata.

Ballerini ci risponde da Calpe (Spagna), dove è in ritiro.

Davide Ballerini
Davide impegnato sulle salite del Giro d’Italia, in testa per la Deceuninck
Davide Ballerini
Davide impegnato sulle salite del Giro d’Italia
Ciao Davide, ci dicono che oggi tiri un vento fortissimo da quelle parti. Uscite lo stesso?

Certo! Io esco nel pomeriggio però, questa mattina ho avuto da fare con le foto e impegni vari. In questo ritiro per ora si lavora su questi aspetti.

Un super 2020 per te…

E’ stata una bella stagione. Sono e siamo andati forte dopo il lockdown e non era facile. Tutti volevano andarci. Noi ci siamo riusciti.

Perché secondo te? Merito del ritiro in Val di Fassa?

Di sicuro quel ritiro ha aiutato, ma molto hanno influito la forza di volontà, la voglia che avevamo di correre e soprattutto il gruppo. Perché quello conta davvero tanto. Noi lo sentiamo. Alla fine al Giro la squadra doveva essere diversa: doveva esserci Remco, Cattaneo, Jakobsen, eppure siamo stati compatti. Io volevo stare in questo team perché so come lavorano. E che lavoriamo bene penso si sia visto. Credo che la mia crescita sia dovuta a questo, alla squadra. Di andare così forte in salita me lo aspettavo sì e no. A me piace la salita, ma posso dire che forse non mi aspettavo di andare così forte in volata. Mi sto completando.

Davvero non ti aspettavi di andare forte in volata? Ma allora che corridore sei?

Bella domanda! Non sono un velocista puro, ma sono riuscito a vincere in Polonia e a fare un podio al Giro e per questo voglio lavorare sullo spunto veloce. Poi certo non sono uno scalatore, sono più un passista veloce. Molto dipende dalla pendenza della salita. Mi piacerebbe testarmi nelle volate, ma non è facile con le esigenze del team.

Il bello e il “brutto” di essere in una corazzata come la Deceuninck forse è questo: vai forte, ma ci sono anche campioni enormi che ti precludono qualche spazio. Da una parte hai Bennet (per le volate) e dall’altra Alaphilippe (per le altre corse ondulate), per dire solo i primi due nomi che ci vengono in mente…

Posso garantire che se lavori per Julian lui ricambia sempre. Alla fine gli spazi ci sono per tutti. Vi faccio l’esempio. Se Jakobsen non fosse caduto, io non avrei vinto la tappa al Polonia perché avrei lavorato per lui. Bisogna cogliere le occasioni. Bisogna centrare i propri obiettivi, ma l’importante è che la squadra sia contenta.

Davide Ballerini
La volata di Villafranca Tirrena, con Demare e Sagan
Davide Ballerini
A Villafranca Tirrena, con Demare e Sagan
Cosa ti resta del super Giro che hai fatto?

E’ stata una bella gara. Lo spostamento ad ottobre mi è piaciuto. Abbiamo trovato un clima “mite” alla fine e per fortuna quella settimana di brutto tempo l’abbiamo trovata in pianura e non sulle montagne, altrimenti sarebbe stato impossibile andare avanti. Per me che soffro il caldo c’è stato un bel clima.

Cosa provi quando vai forte in salita e sei lì a tirare, in fuga o per la maglia rosa? Scatta l’adrenalina?

Io penso solo ad andare avanti il più possibile. Divento un computer. Guardo i watt, mi concentro, cerco di non fare i fuorigiri e man mano che passano i chilometri valuto la situazione. Al Giro fortunatamente il pubblico c’era e questo aiuta. Le gare di ciclismo senza tifo non sono belle. Se sei morto non che il tifo cambi le cose però quel calore ti dà qualcosa.

Qualche giorno fa con Chicchi si parlava di velocisti. Lui sostiene che il velocista puro tenda a scomparire, che i dislivelli aumentano… Che opinione hai?

Corro da 11 anni e vedo che le gare sono sempre più impegnative. A parte le classiche i cui tracciati sono quelli, nelle corse a tappe aumentano i chilometri e spesso anche le pendenze per renderle più spettacolari. Da un lato va bene, da un altro no. Al Giro abbiamo avuto un paio di tappe con 300-500 metri di dislivello, ma sono rarità. Un velocista che va alla Vuelta deve essere forte in salita, altrimenti non la finisce. Quest’anno in Spagna ci sono state due, forse tre volate. Sono tra i pro’ da quattro anni e non so come fossero i velocisti prima, ma credo che si vada incontro ad una rivoluzione più generale. I corridori del 1998-1999 vanno fortissimo, non ci sono più le gerarchie nelle quali i vecchi dettano legge.

Tu potresti essere il prototipo del velocista del futuro…

Essere veloce e tenere in salita mi dà buone opportunità. A me va bene, forse vado anche troppo in salita. E va a finire che la tappa di Villafranca la perdo. Ma con i se e con i ma… non si va da nessuna parte.

Però che arrivo quello: il colpo di reni a tre…

Sì, bello però brucia. Okay ho perso da Demare e Sagan ma non è come vincere.

Davide Ballerini
Ballerini alla Roubaix 2019
Davide Ballerini
Ballerini alla Roubaix 2019
Conosci già il tuo calendario? Che obiettivi hai per il 2021?

Vincere quelle volate! Inizierò con l’Algarve e poi punto alle classiche del Nord, quelle della prima parte al fianco di Alaphilippe.

Farai parte del gruppo Bennett?

Ancora non lo so, ma mi piacerebbe.

Tra le classiche ce n’è qualcuna che ti piace di più?

Ah, senza dubbio la Roubaix! E’ un mio pallino e quest’anno mi è dispiaciuto non si sia disputata.

Il tono di Davide si fa molto più brillante. Alla Roubaix potrebbero non esserci Alaphilippe, Bennet, Evenepoel e magari con il “solo” Stybar qualche chance in più potrebbe averla. L’ha corsa solo nel 2019 quando era in Astana. Farla con la Deceuninck è tutt’altra cosa. Sappiamo quanto contino certe gare per questo team… Da italiani non possiamo che incrociare le dita per Ballerini.

A Calpe visto un Evenepoel più magro che mai

07.12.2020
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Proprio oggi riparte la stagione della Deceuninck-Quick Step e di Remco Evenepoel. Il giovane asso belga lo avevamo lasciato in quella curva verso sinistra al Giro di Lombardia, quando volò giù da un ponte. La sua stagione fin lì era stata costellata solo di vittorie: San Juan, Algarve, Polonia (foto in apertura), Burgos.

Remco riportò la frattura del bacino e fu costretto a chiudere quel giorno la sua seconda stagione da professionista. Ieri è arrivato in quel di Calpe. Maniche corte (si notava già il segno dell’abbronzatura), cuffie al collo, capellino, zaino in spalla e due bottigliette d’acqua tra le mani. Più che un corridore sembrava un adolescente che sta per entrare in classe!

L’arrivo di Remco (21 anni a gennaio prossimo) ieri a Calpe
L’arrivo di Remco (21 anni a gennaio prossimo) ieri a Calpe

Quanti esercizi a secco

Da quella caduta al Lombardia, l’annus horribilis della Deceuninck continuava, dopo Jakobsen e Cattaneo anche Remco incappava in un grande infortunio (e non sarebbe finita lì, mancava Alaphilippe). E soprattutto la corazzata di Bramati perdeva il suo faro del Giro.

Lo stop però non ha scalfito troppo le certezze del belga. Dopo il riposo forzato durato una ventina di giorni, Remco ha ripreso a lavorare. E lo ha fatto con una determinazione tale che lo stesso Bramati durante il Giro ci diceva tra le ammiraglie in quel di Catania: «Questo è proprio forte, anche di testa. Sta lavorando come un matto».

In effetti sembrava proprio che facesse gli esercizi di riabilitazione con una facilità disarmante. Merito dell’incoscienza dei 20 anni? Forse, ma il risultato non cambia. Evenepoel camminava dopo pochi giorni e dopo tre settimane era già nel pieno del lavoro. Ha eseguito (ed esegue tutt’ora) tantissimi lavori di “core”: stabilità, equilibrio, isometria… L’imperativo era far chiudere la frattura e rinforzare le fasce (muscolari e tendinee) che lo circondano. Soprattutto la parte alta della gamba destra, quella che ha subito il maggior danno.

Ripartire dal caldo

«Sono venuto poi in Spagna a Calpe – ha detto Remco alcuni giorni fa all’Het Nieuwsblad – perché qui è più caldo e questo mi aiuta. Posso allenarmi bene. Queste salite, queste strade e soprattutto la bici sono il mio habitat naturale e da quando sono qui il recupero va meglio del previsto».

E così lo abbiamo visto pedalare. Dapprima da solo, poi in compagnia di amici e da oggi del team. Le prime impressioni parlano di un Remco in piena efficienza. In Belgio le prime sgambate e dopo una settimana in Spagna già ben oltre 700 chilometri, pedalando per quasi 4 ore al giorno. La macchina da guerra si è riaccesa.

Il Remco-pensiero è già rivolto al 2021. L’obiettivo principale sembra essere la crono olimpica: «Io volevo ripartire subito. Speravo di farlo già dall’Australia, ma il Down Under è saltato. Magari lo farò alla Valenciana, ma quel che più vorrei è debuttare in un grande Giro».

La caduta nel dirupo all’ultimo Lombardia
La caduta nel dirupo all’ultimo Lombardia

E’ già Evenepoel-Ganna

E la crono di Tokyo 2021? Per tutti, tecnici e corridori, sembra già esserci un testa a testa tra Ganna e lo stesso Remco, ma occhio anche al connazionale Van Aert.

«Dicono sia una cronometro molto dura – ha dichiarato Evenepoel – in realtà chi ha visto il percorso dice che è un po’ più filante di quel che sembra su carta. Una cosa è certa, più c’è salita e meglio è per me che sono più leggero».

In Argentina, alla Vuelta San Juan, abbiamo visto dal vivo sia Ganna che Evenepoel a cronometro. La prima parte di questa gara contro il tempo era abbastanza piatta, gli ultimi 5 chilometri invece tendevano a salire. Ebbene il folletto belga le aveva suonate a Pippo anche nel tratto in piana. Vero, differenze non grandi fino a lì, però di fatto il duello lo aveva vinto lui. E lo stesso era accaduto due giorni dopo nella frazione in salita. Ganna in primis lo aveva attaccato nel vento, ma quando la strada aveva iniziato a salire Evenepoel gliele aveva rese con gli interessi. Insomma è un duello che infiamma non poco. Ganna è cresciuto molto nel frattempo, la crono di Valdobbiadene e la tappa di Camigliatello ne sono la prova, e su Remco pendono dei punti interrogativi.

Il podio della Vuelta San Juan: primo Evenepoel, secondo Ganna
Il podio della Vuelta San Juan: primo Evenepoel, secondo Ganna

Meno chili, ma stessi watt?

Dalla Spagna arrivano notizie più che confortanti. Evenepoel come ha detto anche il Brama è un mastino. Durante il suo stop è persino dimagrito, scendendo sotto la soglia dei 60 chili pur non perdendo troppa massa muscolare. Remco stesso ammette di non sapere che limiti e che wattaggi potrà toccare adesso. Quando è stato fermo è stato un sergente di ferro con la testa. Forse troppo? Si parla di un’attenzione maniacale sul fronte dell’alimentazione, tanto che Remco stesso ha assicurato sempre all’Het Nieuwsblad che non fosse diventato anoressico, ma che semplicemente aveva capito l’importanza dell’alimentazione e del peso nel ciclismo moderno.

Eravamo curiosi di vederlo prima, figuriamoci adesso…

Fausto Masnada, Joao Almeida, Tao Geoghegan Hart, Madonna di Campiglio, Giro d'Italia 2020

Masnada vola fra Caruso e grandi sogni

Giada Gambino
30.11.2020
3 min
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E’ lunedì mattina, a Montecarlo fa freddo, Masnada indossa i vestiti invernali. Mette il casco, prende gli occhiali e mentre sta per posizionarli sul viso, il suo sguardo è rivolto verso l’orizzonte. E improvvisamente, le pupille dei suoi occhi si dilatano come se volesse guardare ancor più lontano: cerca di carpire cosa ha in serbo per lui il futuro

«Se ripenso a come si è completamente rivoltata questa stagione mi vengono i brividi. Dovevo correre con la CCC Team e invece, causa Covid, mi sono ritrovato a stagione già iniziata alla Deceunick-Quick Step che, accogliendomi calorosamente, mi ha fatto sentire subito a casa. Conoscendo già molto bene alcuni corridori come Ballerini, Cattaneo e Bagioli, è stato un po’ come se facessi parte della squadra già da tanto tempo». 

Fausto Masnada, San Giovanni Rotondo, Giro d'Italia 2019
Vince a San Giovanni Rotondo, Giro d’Italia 2019, e si spalancano le porte del WorldTour
Fausto Masnada, San Giovanni Rotondo, Giro d'Italia 2019
San Giovanni Rotondo, Giro 2019: il sogno!

Sullo Stelvio

Posa gli occhiali da sole sopra il naso, stringe gli scarpini e sale sulla bici. Si guarda attorno, ammira l’azzurro del mare della costa. Ci sono pochissime macchine, la mattina presto non c’è alcun rumore, è il luogo perfetto per allenarsi e concentrarsi. La strada inizia a salire, Masnada si alza sui pedali e un ricordo improvviso gli giunge alla mente.

«Inizio a scalare lo Stelvio, sento le voci di tanti tifosi che urlano il mio nome così forte che quasi riescono a spingermi. Le mie gambe rispondono al meglio, sto bene e il mio obiettivo è uno solo: aiutare Almeida a difendere la maglia rosa. Mi volto, Joao è alla mia ruota, sono rimasto solo io. Sono il suo ultimo uomo e questo è un motivo di grande orgoglio; ha sempre mostrato tanta gratitudine nei confronti del lavoro che abbiamo fatto per lui. Ci ha sempre dato tanta fiducia e questo è stato determinante per costruire un clima sereno all’interno della squadra. 

«Improvvisamente, però, sento che dalla radiolina mi dicono qualcosa, mi volto e vedo una macchia rosa che perde sempre più terreno. Mi fermo ad aspettarlo e cerco di motivarlo il più possibile. E’ il mio capitano, la maglia rosa, devo proteggerlo. In questo momento sì che mi sento un vero professionista!».

Fausto Masnada, Delfinato 2020
Delfinato 2020, corre per pochi mesi alla CCC, poi passa alla Deceuninck-Quick Step
Fausto Masnada, Delfinato 2020
Pochi mesi alla CCC, poi la Deceuninck

Come Caruso

Il suo volto si illumina ed accenna appena un sorriso di soddisfazione.

«Aiutare la maglia rosa, proteggerla e sostenerla è stato gratificante quasi quanto una vittoria. In questo mi rivedo molto in Damiano Caruso. Anche se i miei punti di riferimento sono Froome per il suo essere preciso e calcolatore e Nibali per la sua fantastica imprevedibilità, mi rivedo molto di più nel corridore ragusano. Credo che sarà proprio questo il mio ruolo nei prossimi anni. Certo, vincere è tutt’altra cosa…

«Quando due anni fa ho vinto la tappa del Giro a San Giovanni Rotondo – prosegue Masnada – ho provato un concerto di emozioni indescrivibili. Era il mio sogno fin da bambino e riuscirci è stato un po’ come una liberazione da tutti i sacrifici fatti. Quando ho superato il traguardo il primo pensiero è andato a mio zio che era morto una settimana prima dell’inizio della Corsa Rosa, ho sentito il cuore esplodere. Ma poter stare accanto, per tutte le tre settimane del Giro, ad una promessa come Almeida ed aiutarlo è stata una bellissima esperienza!». 

La sua corsa

Masnada, però, non ha fatto solo questo, non si è limitato a fare da grande gregario a Joao. Ha concluso la sua corsa in nona posizione nella classifica generale regalando, insieme al settimo posto di Nibali, tanti sorrisi agli italiani. Forse non si è parlato abbastanza di questo ragazzo durante il Giro, non si è prestata la giusta attenzione al duro lavoro fatto. Ma certamente, in futuro si parlerà tanto di lui. 

Inizia la di discesa, Fausto assume la posizione aerodinamica e si lancia sicuro… verso le due grandi corse a tappe che gli hanno già… promesso per il 2021. Per aiutare al meglio Remco ed Almeida.

Remco Evenepoel

Deceuninck e Specialized, alla radice di tanti successi

29.11.2020
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Oggi facciamo un viaggio particolare nel dietro le quinte del ciclismo. Un viaggio che unisce la tecnica all’agonismo. Il nostro “Cicerone” è Gian Paolo Mondini, responsabile Specialized area racing strada, che ci fa scoprire la collaborazione tra la Deceuninck-Quick Step e il brand californiano. Un qualcosa che va ben oltre il rapporto di sponsorizzazione. E’ la collaborazione tecnica più longeva nel grande ciclismo.

Gian Paolo Mondini
Gian Paolo Mondini, responsabile Specialized area racing strada
Gian Paolo Mondini
Gian Paolo Mondini, responsabile Specialized area racing strada

Pacchetto completo

«Con loro – racconta Mondini anche lui ex pro – collaboriamo ininterrottamente dal 2012, ma con il gruppo di Patrick Lefevere già avevamo fatto tre anni a partire dal 2006. Noi forniamo tutto il pacchetto, quindi anche caschi, scarpe… Da quest’anno abbiamo per le scarpe una fornitura di squadra, mentre prima potevano scegliere i singoli atleti. Per noi è importante. Anche lì l’assistenza è totale, dalle solette al disegno. E quando alcuni corridori (anche importanti) ci chiedono le scarpe senza logo perché non possono utilizzare brand differenti nelle loro squadre, è una bella soddisfazione. E sì, che un corridore può avere sponsorizzazioni anche di 100.000 euro nell’indossare una scarpa. Se vi rinuncia per le nostre vuol dire che abbiamo fatto un bel prodotto».

«Come organizziamo il lavoro? Di solito facciamo un ritiro, che è più un meeting tecnico, a fine ottobre. Forniamo il materiale e prima svolgiamo le “visite” biomeccaniche partendo dalle selle scelte, soprattutto per chi viene da selle diverse. Finito questo incontro gli atleti hanno il materiale nuovo anno con già le posizioni definitive e il posizionamento delle tacchette. A quel punto nel secondo ritiro già iniziamo a verificare che tutto abbia funzionato bene».

Crono first

Successivamente si passa alla performance. Il lavoro verte molto sulla questione crono.

«Eseguiamo dei test metabolici dapprima su un nostro macchinario e poi verifichiamo il tutto sul campo in velodromo. Partiamo da una posizione estrema, la più aerodinamica possibile. Il test si esegue con la maschera dell’ossigeno alla soglia. Spostiamo in tempo reale la posizione di un millimetro alla volta fino a quando il consumo d’ossigeno ha un calo sensibile. Bisogna trovare il giusto compromesso tra aerodinamica e respirazione».

Quando il VO2 Max crolla, significa che quella posizione l’atleta non la tollera e che si è trovato un limite. Da questo test emergono le due-tre posizioni sulle quali lavorare.

Questo esame si fa con la bici da crono perché su quella da strada si hanno troppe variabili e inoltre gli atleti ci devono stare per molte ore e si presuppone che un pro’ abbia già una posizione consolidata. Poi chiaramente si cerca di migliorare, rivedere… ma non è un test riproducibile su bici da strada.

Oggi nel trovare la migliore posizione i tecnici di Specialized coinvolgono molto anche i fisioterapisti, specialmente per quel che concerne i nuovi arrivi o se qualcuno ha avuto infortuni, fratture… I fisio indicano dove insistere e dove no. Insomma i trascorsi del corridore contano eccome.

Deceunick Quick Step
Remco Evenepoel e Julian Alaphilippe
Deceuninck Quick Step
Remco Evenepoel e Julian Alaphilippe

Le gomme di Alaphilippe

La corazzata belga è piena zeppa di campioni. Una volta puntava quasi solo alle classiche, adesso fa la voce grossa anche nelle corse a tappe. Remco Evenepoel, non ultimo Joao Almeida, e poi Julian Alaphilippe… E proprio di questi tre assi siamo curiosi.

«Sarà che collaboriamo con Alaphilippe già dal 2014 quando era nelle giovanili della Etixx. Sarà che il team gli ha dato tutto, ma Julian si fida proprio. Si lascia condurre. Gli dai il materiale e non discute mai. Non si è mai tirato indietro anche di fronte alle novità. Proprio per questo non ha un atteggiamento curioso. E’ l’opposto di Asgreen, lui chiede, prova, s’informa… Julian solo una volta è stato restio alle nostre dritte. E’ accaduto in occasione del mondiale di Imola con le gomme. Noi gli abbiamo proposto il copertoncino. Numeri alla mano, uno del suo peso avrebbe guadagnato 6 watt oltre i 40 all’ora. Tuttavia ha preferito usare le Roval 50 per tubolare. Io credo che la sua scelta non fosse stata tanto perché non si fidasse, ma perché aveva potuto provare poco quel setup. Noi glielo avevamo portato a fine giugno nel ritiro in Val di Fassa. Però il prossimo anno li userà. Lui, così come il team. Abbiamo lasciato delle “finestre” per alcune classiche, soprattutto Fiandre e Roubaix, ma faremo comunque dei test su campo tra fine gennaio e marzo.

«Li faremo con gli atleti perché per noi è importante avere dei feedback dai professionisti, soprattutto da quelli che già conoscono i materiali. E in tal senso l’appoggio della squadra è importante. Lefevere ha dato al team la giusta mentalità. E’ un crescere insieme. Tony Martin usò i copertoncini già nel 2015, a volte incappando anche in forature perché il lattice non era all’altezza… però per noi è stato importante questo passaggio. Il vero sviluppo avviene così. Pensate che solo per la Roubaix se dovessimo calcolare le ore impiegate c’è un mese di lavoro complessivo: tra gomme, bici, accessori… E se non hai un team che ti aiuta, non fai niente. Però siamo sempre nei primi cinque a fine gara».

Evenepoel verso Tokyo

«Di Remco riesci a vedere il ragazzino a cui brillano gli occhi quando consegni la bici nuova come accaduto quando gli abbiamo dato la bici con i colori del campionato europeo, e il professionista determinato, che vuol capire cosa deve avere per raggiungere i risultati.

«Per lui è molto importante il discorso della cronometro e il fatto che le Olimpiadi siano state rinviate di un anno è un bel beneficio per lui. Negli ultimi tre anni è cresciuto dai 30 ai 60 watt l’anno e sta ancora metabolizzando il lavoro fatto. Inoltre la crono di Tokyo è durissima, 40 chilometri e 1.500 metri di dislivello, quindi molto adatta a lui».

Remco è stato già inserito nel progetto Retul, specifico sulla crono. Ogni anno 4-5 atleti per i quali è importante lavorare su questa disciplina sono portati a Morgan Hill, nella sede Specialized, dove in galleria del vento si fanno dei test.

«Sella 3D? No, lui non la usa. Solo in due per ora l’hanno provata, ma il prossimo 8 dicembre abbiamo un incontro con il team proprio per presentarla». E’ importante che il prodotto passi dalla porta principale e soprattutto che i corridori siano ben consci di cosa possono usare.

Sam Bennett
Sam Bennett total green all’ultima tappa del Tour
Sam Bennett
Sam Bennett total green all’ultima tappa del Tour

Almeida e suoi margini

«Beh, il portoghese l’ho conosciuto tre anni fa quando era ancora nella squadra americana. Joao molto serio, non si lamenta mai e soprattutto non chiede nulla. Lavora a testa bassa, punto. Pensate che pur essendo stato un uomo di classifica ancora non era stato inserito nel programma Retul. E infatti lui così come Cattaneo, Bagioli, e persino Remy Cavagna (campione nazionale francese a crono, ndr) faranno parte del gruppo che verrà in California.

«Joao è davvero un ragazzo semplice. Anche al Giro non ha mai chiesto nulla, ha seguito le nostre indicazioni e stop. Anche sul vestire di rosa? Ah, per quello a inizio anno prepariamo maglie, calzini, salopette, caschi… con tutte le maglie di tutti i Giri in programma. Materiale che diamo alle squadre le quali lo gestiscono senza difficoltà. Prepariamo anche la bici, ma quella la diamo solo in caso di vittoria all’ultima tappa, come è stato per Bennet quest’anno al Tour. Gli abbiamo dato la bici verde (Sam ha vinto la maglia verde) il giorno prima».

Michael Morkov, Sam Bennett, Tour de France 2020, Saint Martin de Ré

Bramati non ha dubbi: Morkov è una star

28.11.2020
5 min
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Poche squadre come la Deceuninck-Quick Step sono in grado di supportare bene un velocista. Lo dicono tutti quelli che per scelta di vita e soldi ne sono andati via o vorrebbero farne parte. Lo ha detto Mareczko alla Vuelta. Lo ripete a oltranza Cavendish, che con Lefevere è tornato a parlare di recente. Probabilmente da qualche mese lo starà pensando anche Viviani. Il bello è che qualunque velocista ci metti, lui vince. Se però va via, almeno inizialmente non vince più. Come mai? Cosa fanno di tanto esclusivo da scavare un solco così netto? Lo abbiamo chiesto a Davide Bramati, che la prossima settimana con la sua ammiraglia raggiungerà Altea, per il primo raduno del team.

Fernando Gaviria, Tour de France 2018, Fontenay le Comte
Fernando Gaviria vince la tappa di Fontenay le Comte al Tour 2018
Fernando Gaviria, Tour de France 2018, Fontenay le Comte
Gaviria, Tour 2018, 1° a Fontenay le Comte

«Siamo fra i pochi – dice – che lo faranno. Il solito hotel è chiuso fino a febbraio e per questo abbiamo preso quello in cui di solito andava l’Astana. E’ necessario, con tutte le precauzioni del caso. Chi ha smesso dopo il Giro e dopo De Panne è fermo da oltre un mese. Per questo nei giorni scorsi abbiamo parlato con tutti i corridori, uno ogni mezz’ora. In questo modo andiamo per 11 giorni, ci alleniamo. Facciamo tutto quello che serve a inizio stagione. E quando si farà il prossimo ritiro a gennaio, non avremo formalità da sbrigare e potremo iniziare subito a lavorare».

E adesso il treno, i velocisti, le vittorie…

E’ la nostra mentalità. Quando tanti anni fa nello staff è entrato Tom Steels con la sua esperienza di velocista, la spinta è anche aumentata. Ci abbiamo lavorato e continuiamo a farlo. Non è solo il velocista, è soprattutto quello che c’è intorno. Morkov ad esempio è uno dei migliori nel suo ruolo, ma abbiamo avuto anche Renshaw, Richeze e Sabatini che negli anni hanno supportato campioni come Cavendish, Kittel, Gaviria e Viviani.

Dipende tutto dall’ultimo uomo?

Chiaro che no. Tutti si mettono a disposizione. Se c’è da stare avanti a tirare, anche Alaphilippe e Remco fanno la loro parte. In qualsiasi corsa abbiamo il velocista, se perdiamo vogliamo farlo sulla linea. Si sbaglia, si fa bene, ma di sicuro ce la giochiamo. E Morkov adesso è un fuoriclasse, importante quanto il velocista che vince. Al mondo al suo livello ci sono giusto Richeze e Guarnieri, magari altri due, ma non di più. 

Bramati, dicci, come si asseconda il velocista?

Bisogna creare il gruppo. Quando facciamo i programmi, prevediamo anche chi sarà il penultimo. In ritiro facciamo mille prove. C’è il giorno che partiamo e iniziamo a simulare gli ultimi 5 chilometri di gara, prevedendo curve, rotonde e tutte le situazioni. Poi mettiamo i birilli per indicare la distanza dal traguardo e facciamo le simulazioni. Scambiamo i ruoli e cerchiamo la soluzione migliore.

Elia Viviani, Tour de France 2019, Reims
Elia Viviani, tappa di Nancy al Tour del 2019
Elia Viviani, Tour de France 2019, Reims
Viviani 1° a Nancy al Tour 2019
E chi va via non vince più…

Non è una situazione che puoi creare subito. Chi ha fatto i passi avanti migliori negli ultimi due anni è la Groupama. Sono cresciuti tanto. Al Giro sono venuti con 5 uomini per Demare e si è visto. Hanno vinto anche la tappa di Matera senza tirare un metro, ma alla fine erano tutti lì. Con un solo uomo, che magari inizia a prendere vento negli ultimi 5 chilometri, non fai tanto. Ormai il velocista vincente è diventato importante quanto l’uomo di classifica. E visto che non tutti possono vincere il Giro o il Tour, forse a volte conviene concentrarsi sulle volate.

Anche perché, caro Bramati, gestire i finali richiede forze fresche.

Non è facile prendere la testa della corsa. I 5-6 velocisti vogliono giocarsela e mettono davanti la squadra. Portarli davanti ai 200 metri è un’impresa. Per questo è importante anche studiare i finali. Guardare curve e rotonde. Capire che se possono partirti da dietro, è meglio mettere un uomo a ruota del velocista. Ormai devi essere al 110 per cento in ogni cosa che fai.

Per questo Viviani non vince più?

Credo abbia avuto un anno particolare, anche perché a causa del Covid non ha mai avuto con sé i suoi uomini. Con noi ha vinto tanto e credo, da italiano, che sia stato quello che meglio ha approfittato del treno. Abbiamo vinto con tanti campioni, ma Elia a ruota di Morkov era infallibile. Seguiva il treno, doveva solo sprintare. Gli ho consigliato di farsi un gruppo di 5 uomini che lo seguano dovunque. Se prendi uno così, devi assecondarlo. E credo che possa tornare ai suoi livelli. Noi non abbiamo potuto tenerlo, volendo puntare su Remco e Julian. L’offerta che ha ricevuto era troppo più alta. Certo, restare gli avrebbe permesso di arrivare alle Olimpiadi con altre sicurezze, ma sono certo che tornerà vincente come sempre.

Sam Bennett, Mark Cavendish, Caleb Ewan, Uae Tour 2020
Bennett il presente del team, Cavendish il nostalgico, Ewan lo sfidante
Sam Bennett, Mark Cavendish, Caleb Ewan, Uae Tour 2020
Bennett, Cavendish, Ewan, 3 generazioni di sprint
Bramati, voi avete Bennett in palla e Jakobsen da recuperare.

Bennett è arrivato con noi nel 2020 e, nonostante il Covid e il calendario sballato, ha vinto due tappe al Tour e una alla Vuelta. Fabio ha davanti un cammino più lungo. Verrà in ritiro e si allenerà da solo. A fine settembre sono stato in Belgio. Prima ho pranzato con lui e poi sono andato a casa di Evenepoel. Erano i miei due ragazzi per il Giro, mi è sembrato giusto fargli sentire la mia presenza.

Altro particolare da annotare. Tra i fattori che rendono vincente un gruppo, ci sono anche direttori sportivi come Davide Bramati.

Mattia Cattaneo

Passeggiata con Laky e 2 biscotti, i must di Cattaneo

27.11.2020
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Continua il viaggio di bici.PRO per scoprire le giornate tipo dei corridori professionisti. Oggi siamo “andati” da Mattia Cattaneo. Lo scalatore lombardo, vincitore del Giro d’Italia U23 del 2011, ha concluso da poco la sua stagione. Lo ha fatto alla Vuelta dove tra l’altro è stato il migliore degli italiani, chiudendo al 17° posto.

«Ho ripreso da poco a fare qualche camminata in montagna – racconta Cattaneo – 2-3 ore sulle alture del mio Comune visto che non possiamo andare troppo in giro e dalla prossima settimana riprenderò la bici».

Mattia, la tua giornata tipo: partiamo dalla sveglia. Hai un orario fisso?

Sì, metto la sveglia alle 7,30 ma mi alzo sempre un po’ prima. Mi piace programmare. So che se mi sveglio a quell’ora riesco a fare le cose senza fretta. Anche perché non voglio che l’uscita in bici mi prenda tutta la giornata e rientrare così a pomeriggio inoltrato. In un anno capiterà dieci volte che rimando la sveglia o sono io a spegnerla.

Quindi passi alla colazione o magari fai il risveglio muscolare?

No, niente stretching o simili, sono già molto flessibile di mio. Questo tipo di esercizi li faccio con la squadra quando sono in ritiro. A casa invece mi alzo, mi vesto e vado a fare 30-40 minuti di camminata con il mio cane Laky, scritto proprio così e non come “fortuna”! Una camminata che faccio anche quando sono in piena stagione, solo alle gare e nei ritiri la salto. Quando poi torno, doccia e colazione.

Cattaneo
Mattia Cattaneo verso l’Alto de Angliru all’ultima Vuelta
Cattaneo
Cattaneo verso l’Angliru alla Vuelta
Cosa mangi a colazione?

Vario un po’. Yogurt e cereali non mancano quasi mai, poi alterno pane e marmellata o philadelphia o omelette, dipende dalla voglia del momento e dal lavoro che devo fare. Se devo “distruggermi” i muscoli mangio un po’ più di proteine. E accompagno il tutto con un caffè americano e dei frullati di frutta che mi preparo. Non amo invece la brioche e il cappuccino e neanche le merendine. 

Quindi esci in allenamento…

Mai oltre le 9,30 d’estate e le 10 d’inverno. Le mie zone sono quelle del bergamasco. Faccio spesso il Selvino e il Monte di Nese, 7 chilometri parecchio impegnativi. Questa è la mia salita. Parte dal mio paese natale, Alzano Lombardo, e la facevo anche da bambino, solo che poi ad un certo punto tornavo indietro perché non ce la facevo! Sono abbastanza abitudinario nei miei giri e nelle mie salite. Preferisco quelle perché lì ho i miei tempi, i miei riferimenti. E lo stesso vale per i lunghi: ho 4-5 percorsi tra Val Brembana e Val Seriana. Poiché spesso faccio degli specifici mi dà fastidio se arrivo in cima ad una salita e magari mi mancano 2′ per terminare il lavoro.

Hai introdotto il capitolo allenamenti. Come distribuisci la settimana?

Di solito faccio tre giorni di carico e uno di scarico o anche quattro di carico e due di scarico, ma a quel punto uno è di stop totale e un’altro è una passeggiata. 

Dei giorni di carico quando fai la distanza, la forza, la soglia…

Da quando sono in Deceuninck-Quick Step non faccio più un giorno la forza, un giorno le volate, un giorno la distanza… Ogni uscita comprende più cose. E mi piace. Magari faccio un medio e su un’altra salita la forza, alternata all’agilità. Quando sono in condizione faccio molti lavori di ritmo. 

Fai i lavori anche quando fai la distanza quindi?

Sì, non mi piace fare l’uscita lunga e regolare. Ormai sono io a dirlo al mio preparatore, Vasilis Anastopoulos (della Deceuninck, ndr). Comunque non faccio molte ore. Sì, in ritiro con la squadra è capitato anche di farne 7 e mezza, ma solitamente a casa non vado oltre le 5 ore, 5 ore e un quarto. Se ci pensate quante sono le gare in un anno che durano sette ore? Non più di cinque: la Sanremo, la Liegi, il Lombardia… forse.

Tasche piene o sosta al bar?

Una sosta la faccio sempre, ma attenzione la mia sosta bar è: arrivare in cima ad una salita, mettere la mantellina, prendere una coca, berla e ripartire. Non dura più di tre minuti. Non mi piace fermarmi, soprattutto se devo fare i lavori. Inoltre io il 90 per cento delle volte esco da solo, a quel punto sedermi per guardare il telefono non ha senso. Se invece devo fare scarico allora mi piace uscire a digiuno per un’ora. Fermarmi al bar e farmi servire il caffè con calma e poi ripartire per un’altra oretta.

E quindi tasche piene?

Sì, porto con me le solite cose. Barrette e almeno un gel. Il gel di sicurezza, lo chiamo. Non si sa mai. Ma quasi sempre lo riporto o comunque non torno con le tasche vuote. Meglio avere qualcosa in più.

Usi anche la bici da crono?

Sì, tanto. Due, anche tre volte a settimana. Ci faccio sia i lavori che lo scarico.

C’è differenza nella velocità media?

Eh, parecchia. Se faccio un’uscita lunga anche con molta salita, con la bici normale faccio 29-30,5 di media, con quella da crono 34-35. Se poi c’è pianura e ci sono anche i lavori torno con 38 di media.

Quando rientri prendi proteine o integratori?

No.

Mattia Cattaneo
Anche in allenamento Cattaneo preferisce partire con le tasche piene
Cattaneo
Anche in allenamento preferisce le tasche piene
Arriviamo poi all’ora di pranzo. Cosa mangi?

Il 99 per cento delle volte pasta o riso, quasi mai prendo anche il secondo, mentre preferisco poi la frutta, un caffè e un paio di biscotti. 

Nel pomeriggio cosa ti piace fare?

Relax sul divano e le varie cose di una persona normale: commissioni per la casa, per il cane, la macchina. E va a finire che totalmente sul divano ci sto poco!

E infine la sera…

Vivo da solo e cucino da me. Ceno tra le 20 e le 20,30, quasi sempre mangio un secondo, un po’ di pane e della verdura. Ma se il giorno dopo devo fare tanti chilometri mangio anche un po’ di pasta. E per finire anche un caffè e due biscotti. Quelli non mancano mai!

Hai gusti specifici in tal senso?

No, decido sul momento quando vado a fare la spesa.

Come finisce la tua giornata?

Tv. Guardo Netflix, film, documentari e verso le 23, massimo mezzanotte, vado a dormire.

Ma Cattaneo non esce mai?

Di amici ne ho diversi, ma di quelli con cui davvero esco e passo del tempo ne ho uno, Francisco. Alcuni pomeriggi vado da lui. Capita ogni tanto che si faccia un giro e una birra in quel caso me la faccio.

Wellens bis da finisseur. Bagioli che fatica

04.11.2020
3 min
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La distanza che divideva Lugo da Ourense era di 205 chilometri e di questi Tim Wellens ne ha passati 165 in fuga. Anche oggi la Vuelta ha regalato una giornata intensa, almeno per quel che riguarda il traguardo di giornata. Dietro infatti la Jumbo Visma ha controllato la situazione cercando un ritmo tranquillo, ma neanche così lento che potesse invogliare qualcuno a prendere in mano la situazione.

Wellens finisseur

E sulla veloce rampa finale il belga Tim Wellens della Lotto Soudal ha ottenuto la sua seconda vittoria in questa Vuelta. La fuga, come detto, era partita attorno al chilometro 40. Con Wellens c’era gente del calibro di Marc Soler, Michael Woods, Zdenek Stybar…

Il drappello guadagna quasi 6′. Dietro è calma piatta, così i fuggitivi capiscono di aver buone chances di andare all’arrivo. Non a caso gli scatti iniziano ad una ventina di chilometri dal termine. Nel finale con un tempismo perfetto e buone gambe, Wellens piazza il colpaccio. Segno anche di serenità. In fin dei conti lui la sua Vuelta l’aveva già “vinta”.

«Dopo il successo nella quinta tappa – dice Wellens – eravamo più “leggeri”. Sapevo che questa frazione era ideale per me, ma una cosa è aspettare con ansia una tappa, un’altra è essere nella fuga giusta, avere le gambe per finirla e la testa libera. Non bisogna però pensare ad una vittoria facile. C’è stata una grande lotta per entrare in fuga. Siamo andati forte per tutto il giorno e gli avversari erano davvero forti. Per questo ho anche cercato di attaccare null’ultima discesa».

Tutto però si è deciso nel chilometro finale. E se Woods è partito come un finisseur ai 700 metri sembrava avercela fatta, Wellens ha mostrato delle super gambe. Lo ha ripreso e scavalcato negli ultimi 75 metri.

«In salita – riprende Wellens – ho notato che Woods e Soler avevano gambe forti. Temevo Woods nello sprint in salita, per questo ho fatto di tutto per prendere all’interno l’ultima curva».

La frazione di oggi era in Galizia, nel Nord Ovest della Spagna
La frazione di oggi era in Galizia

Giornataccia Bagioli

Gli italiani in corsa sono rimasti in tre: i due Deceuninck-Quick Step Andrea Bagioli e Mattia Cattaneo, e il portacolori della UAE, Davide Formolo.

Cattaneo ancora una volta ha mostrato di essere sulla strada giusta. L’ex vincitore del “Giro baby” ci ha persino provato ad inizio tappa. Tuttavia proprio perché non era messo male in classifica e nella pericolosa fuga (oltre 20 corridori) c’era gente come Waut Poels (6° a circa 6′ da Roglic), dietro si è mossa tutta la “cavalleria”.

Formolo si è staccato nel finale. Se la gamba c’è, ci sono anche i dolori delle botte rimediate nella caduta della scorsa settimana. Chissà che paura per il veronese che porta con sé ancora le streghe del Tour.

E poi c’è Andrea Bagioli. Il campioncino valtellinese invece inizia a pagare il conto della sua giovane età e della prima partecipazione ad un grande Giro. E alla fine oggi taglia il traguardo con oltre 15′ di ritardo. Per Andrea giornata no fin dalla partenza. Ciò nonostante ha tenuto duro per tutta la tappa, che comunque prevedeva diverse salite, e si è staccato solo quando mancavano 25 chilometri da Osorio. «Ho avuto brutte sensazioni – dice Bagioli – speriamo di stare meglio domani!».

Mattia Cattaneo, Alto de Angliru, Vuelta 2020

Lo Zoncolan è più duro, parola di Cattaneo…

01.11.2020
2 min
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Questa volta Cattaneo in fuga c’è andato per arrivare e aveva trovato anche la compagnia giusta. Perché oltre al drappello degli stranieri, stando al vento si riusciva anche a fare quattro chiacchiere con Formolo e Gasparotto. Anche loro fra gli ultimi superstiti della pattuglia tricolore. Al traguardo il corridore della Deceuninck-Quick Step è arrivato infine 21° a 6’12” eppure segnali positivi se ne sono visti.

Si poteva arrivare, ma…

Ma non ci hanno lasciato tanto spazio. Sembrerà una frase fatta, però si va forte davvero.

Mattia Cattaneo, Enrico Gasparotto, Alto de Angliru, Vuelta 2020
Cattaneo e Gasparotto, tocca a loro tirare
Mattia Cattaneo, Enrico Gasparotto, Alto de Angliru, Vuelta 2020
Turno in testa alla fuga per Cattaneo e Gasparotto
Avevi già fatto l’Angliru?

No, prima volta assoluta. E’ duro, ma secondo me lo Zoncolan è peggio. Oggi ho visto un chilometro davvero terrificante, quel tratto dritto al 23 per cento. Per il resto è una salita dura con dei tratti in cui respirare. Lo Zoncolan invece molla un po’ solo nella galleria e poi è di nuovo cattivo.

Che effetto fa una salita così dura senza pubblico?

Altro effetto spettrale. Il pubblico fa differenza, non senti niente, ti passa meglio. Oggi si sentivano i rumori del gruppo e quelli delle moto e delle macchine, di cui normalmente non ci accorgiamo. L’Angliru così è solo sofferenza.

Non si sono viste grandi differenze, come li vedi i primi?

Sono allo stesso livello ed è un gran bel livello. Togliendo la giornata forse non brillantissima, Roglic mi sembra il più determinato.

Il fatto che si corra di novembre abbassa le prestazioni?

Non credo, magari fosse vero. Vanno fortissimo e anche io non sto andando male. Sono venuto con tre settimane di allenamento dopo tutto il lavoro del Giro. Mi manca qualcosa, ma va sempre meglio. Noto che le salite lunghe smascherano la mancanza di fondo, ma sto crescendo e ci riprovo di certo. Domani si riposa. Veniamo da tre giorni durissimi in una Vuelta strana e durissima. Le prime tappe sono state folli, senza giorni di rodaggio. Dovendo ridurre il numero delle tappe, hanno tolto proprio i giorni di avvio. Vogliono il sangue questi spagnoli…

Primoz Roglic, Nuances, Vuelta Espana 2020

Bagioli, un arrivo per prendere le misure

30.10.2020
3 min
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Bagioli stavolta ci ha provato. Mancavano poche centinaia di metri al traguardo di Suances, quando il valtellinese della Deceuninck-Quick Step ha visto partire Guillaume Martin e si è fiondato nella sua scia. La tappa poteva concludersi con una volata, per questo la squadra belga si era messa in testa a tirare per riprendere la fuga, con il tacito accordo che se Bennett non se la fosse sentita di fare la volata in salita, il peso della corsa sarebbe passato sulle spalle di Bagioli.

Due capitani

«La tappa – racconta Andrea – era più dura di quanto si vedesse su carta. Siamo partiti per fare la volata con Sam, che voleva riscattarsi dopo la squalifica di ieri, ma se si fosse staccato sarebbe toccata a me. E lui ha detto che non si sentiva tanto bene già a 120 chilometri dall’arrivo…».

Partenza da Castro Urdiales, si va verso le Asturie
La partenza da Castro Urdiales

Dov’è Valverde?

Sarebbe l’arrivo di Valverde, ma se quest’anno senza i soliti schemi tanto è pesato a Nibali, immaginate voi che cosa può essere stato per il murciano che ad aprile ha compiuto 40 anni. Alejandro è lì davanti, ma quando Guillaume Martin allunga e dietro di lui esplode la tappa, ha già la riserva accesa e deve sedersi sotto il peso degli anni che si traducono in tre miseri secondi, ben più pesanti per il suo orgoglio. Nei commenti però Alejandro guarda avanti.

«Affrontiamo i prossimi due giorni nelle Asturie – dichiara – con entusiasmo e curiosità. Saranno due tappe molto dure, in cui il fattore strategico può essere importante. Attaccheremo, comunque vada ci avremo provato. Le due giornate, sia la Farrapona sia l’Angliru, possono essere decisive. La vittoria di Roglic? Per me sta dimostrando di essere il più forte della Vuelta».

Bagioli attacca

Ci vuole un po’ per raggiungerlo, il dopo corsa ha rituali e trasferimenti, ma alla fine Bagioli è dei nostri e il suo racconto riprende, mentre pensiamo che l’Italia forse ha trovato un altro nome da mandare a memoria.

Andrea parte e si accorge subito che sulla sua destra una freccia verde accelera brutalmente. Roglic ha letto lo stesso movimento di Martin e ha capito che quello è il punto. Il cambio di ritmo non è contrastabile, ma Bagioli non molla. Si siede e dà veramente tutto fino al traguardo, anche se Grosschartner lo affianca e lo passa di un soffio.

«E’ stato un onore avere compagni come Morkov e Stybar che lavoravano per me – racconta Andrea – quindi ho provato a dare un senso alla giornata. Roglic in questo momento è il più forte al mondo. Ho rivisto il video e guardandolo in faccia sembra che non abbia fatto fatica. Ma io sono soddisfatto delle mie sensazioni, meglio che nei giorni scorsi quando ho fatto gruppetto nella tappa di montagna».

Nella tappa di Laguna Negra, per Bagioli un passaggio a vuoto ormai dimenticato
Dimenticato il passaggio a vuoto di Laguna Negra

«Anche io proverò ad andare in fuga nei prossimi giorni – prosegue il valtellinese – non terrò duro sulle prossime salite, perché non ha senso sfinirsi per portare a casa un ventesimo posto in classifica. Credo che la tappa di domani sia la più dura ma domenica c’è l’Angliru, che ho sempre visto solo in tivù. Ricordo l’ultima volta di Contador. E’ come il Mortirolo? Non lo faccio spesso quando sono a casa e quasi sempre dal versante di Monno che è meno duro. Non so cosa aspettarmi».

Roglic va dritto

Chi sa cosa vuole e cosa aspettarsi è il vincitore di tappa, che corre con il numero uno perché la Vuelta l’ha vinta l’anno scorso dopo la beffa del Giro. Quest’anno forse vorrà lavare labeffa ben peggiore del Tour?

«Vincere è sempre bello – dice Primoz, di nuovo in maglia rossa – ed è bello riprendere il primato. Ma cambia poco nell’approccio dei prossimi due giorni. So di avere una squadra forte in montagna, altro non posso prevedere. Se siete curiosi, basterà aspettare domani sera…».