Si apre con Alaphilippe e il suo ciuccio sulla riga. Ma certi tifosi…

26.06.2021
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La scena più emblematica di questa prima tappa del Tour 2021, più ancora delle due cadute e del fare l’appello dei feriti e di quelli che hanno già dovuto alzare bandiera bianca, si vede poco dopo l’arrivo. Alaphilippe si è già fermato e ha abbracciato i primi compagni, quando dalle sue spalle arriva Van der Poel. L’olandese avrebbe dedicato la tappa e la maglia gialla a suo nonno Raymond Poulidor, ma nulla ha potuto quando il campione del mondo ha preso il largo. Così Mathieu si ferma due metri dopo Alaphilippe e piegato sul manubrio ripassa la grandezza dell’avversario. Mentre il francese, che aveva a sua volta in animo la dedica per suo figlio appena nato e per questo è passato sulla riga con il pollice come un ciuccio per bambini, si gode il successo e la maglia gialla.

Fermi a due metri di distanza: Alaphilippe in paradiso, Van der Poel nel rammarico
Fermi a due metri di distanza: Alaphilippe in paradiso, Van der Poel nel rammarico

«Questa è una vittoria così speciale – dice Alaphilippe, con la gamba destra sporca di sangue e grasso – che non riesco a trovare le parole per dire come mi sento. Prima di tutto, voglio dire un grande grazie a tutti i miei compagni per essersi presi cura di me oggi e per aver mostrato uno straordinario spirito di squadra. Sono stato coinvolto in quella prima grande caduta, ma con il loro aiuto sono tornato in gruppo. Hanno creduto in me, hanno lavorato sodo tutto il giorno e sono felice di poterli ripagare»

Tifosi allo sbando

Era atteso e ha risposto presente. Alaphilippe ha vinto la prima tappa del Tour a Landerneau, battendo Matthews e Roglic. Lo ha fatto a modo suo, con quella creatività di cui aveva parlato il manager del team Patrick Lefevere e chiudendo con l’atteso gesto del ciuccio sulla riga. Ha attaccato a 2,2 chilometri dall’arrivo sulla salita di Fosse aux Loups (3 chilometri al 5,7 per cento), ultimo scoglio della tappa lunga 197,8 chilometri.

La Bretagna e le sue pietre hanno accolto il Tour alla grande
La Bretagna e le sue pietre hanno accolto il Tour alla grande

In una cornice finalmente di grande pubblico, quello di cui non si sentiva la mancanza era l’irresponsabilità dei tifosi, invece il Tour è partito nel segno della caduta provocata da un irresponsabile munito di cartello che, per ottenere un’inquadratura memorabile, ha falcidiato tutto il gruppo. Che adesso venga identificato e risponda penalmente e civilmente dei danni arrecati!

Froome malconcio

Gruppo nervoso e numeroso, strade strette. La prima caduta si è verificata in cima alla collina di Saint-Rivoal. Tony Martin ha urtato troppo a lato della carreggiata il cartello del suddetto spettatore, trascinando nella sua caduta gran parte del plotone. Diversi corridori sono finiti a terra. Fra loro il campione italiano Sonny Colbrelli e quello belga Wout Van Aert, che ha dovuto inseguire a lungo prima di rientrare. Il più malconcio, Jasha Sutterlin, è stato il primo a doversi fermare: il primo ritirato del Tour.

E mentre sembrava tutto lanciato verso il gran finale, con Ide Schelling ripreso a 28 chilometri dal traguardo, ai meno otto si è verificata un’altra caduta molto impressionante soprattutto perché si è verificata a velocità particolarmente elevata. Fra coloro che hanno subito l’urto più violento, sicuramente Chris Froome e Marc Hirschi, rivelazione del Tour 2020, che come raccontava stamattina puntava alla tappa e alla maglia gialla.

Il bollettino del Team Uae Emirates parla per Hirschi di una lesione del legamento della spalla, che è uscita, e si valuterà domattina se farlo ripartire.

Si decide in salita

Passato lo shock della caduta, la salita di Fosse aux Loups ha fatto ciò che ci si aspettava. E mentre tutti invocavano l’attacco Van der Poel e Van Aert, Julian Alaphilippe ha fatto vedere che al Giro di Svizzera non aveva ancora la gamba che voleva. Il campione del mondo ha attaccato sulle pendenze maggiori, lasciando sul posto gli avversari. Pogacar e Roglic hanno provato a inseguirlo, ma il francese, che ha percorso gli ultimi 500 metri della salita a 42,6 km/h, ha potuto assaporare la vittoria sulla linea. E ha preso la maglia gialla.

Cattaneo ha lavorato sodo e sul traguardo la vittoria è anche sua
Cattaneo ha lavorato sodo e sul traguardo la vittoria è anche sua

«Oggi il piano – dice dopo aver mimato sulla linea il gesto del ciuccio – era di rendere la gara difficile per gli uomini veloci, quindi ho chiesto ai ragazzi di andare a tutto gas fin dall’inizio. Poi, nel finale, Devenyns ha finito il suo sforzo e io sono decollato. Appena ho notato un piccolo vantaggio, ho continuato a tirare. Ho saputo di aver centrato la centesima vittoria di tappa in un grande Giro nella storia di questa squadra e tutto quello che posso dire è che sono orgoglioso di farne parte».

Ci salva Nibali

Nibali è stato come spesso gli accade il primo degli italiani. Avendo deciso di mettersi alla prova proprio nelle frazioni di apertura, il siciliano è passato indenne attraverso le tensioni del gruppo.

E così Alaphilippe ritrova la maglia gialla, indossata brevemente lo scorso anno e più a lungo nel 2019. Quel ciuccio era la dedica a suo figlio Nino
E così Alaphilippe ritrova la maglia gialla. Ha dedicato il successo al figlio Nino, mimando il ciuccio

Fra i corridori di classifica che hanno pagato il conto più saltao, Michael Woods è passato sul traguardo con 8’49” di ritardo mentre Froome alla fine è passato con 14’37”.

Miguel Angel Lopez è caduto la prima volta, poi è rientrato ed è caduto ancora, chiudendo a 1’49” con Martin e Kruijswijk. Valverde ha subito 5’33” mentre il compagno Marc Soler è scivolato addirittura a 24’38”. E’ andata meglio a Carapaz, che è finito nel secondo gruppetto ad appena 30″ da Alaphilippe. Il Tour è davvero cominciato con un Alaphilippe selvaggio e insieme tenero, mentre tagliava il traguardo con quel ciuccio. Peccato soltanto che per l’irresponsabilità di un imbecille, per altri la corsa sia già finita.

La prima volta di Mattia ha il sapore di un ritorno

25.06.2021
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C’è aria di prima volta per alcuni italiani del Tour. E se si tratta del primo assaggio per Davide Ballerini, con cui abbiamo parlato giusto ieri, non serve allontanarsi troppo per rendersi conto che anche Mattia Cattaneo, ugualmente in casa Deceuninck-Quick Step, non sappia assolutamente a cosa stia andando incontro.

Due profili diversi, i loro. Se il primo per caratteristiche tecniche potrebbe diventare un vero… animale da Tour, cacciatore di tappe con tutti i crismi, il bergamasco (in apertura nella foto Wout Beel) è sulla porta della riscoperta di sé ed è al via da Brest in appoggio ad Alaphilippe. Ciò detto, se un italiano si poteva individuare in passato con le caratteristiche tecniche per fare bene al Tour, Mattia era sicuramente uno dei più indiziati. Forte sulle salite regolari, forte a crono, terzo al Tour de l’Avenir, capace di vincere corse a tappe – il Giro delle Pesche Nettarine e il Giro d’Italia U23 – sin dai vent’anni.

Il Tour inizierà domani, ma già ieri alla presentazione era tornato il pubblico
Il Tour inizierà domani, ma già ieri alla presentazione era tornato il pubblico

«Sembrerà strano dirlo – racconta – ma nei miei primi quattro anni non ho corso tantissimo. Devo ancora maturare e spero che adesso vengano finalmente degli anni buoni. Non è tutto da buttare, ho comunque fatto le mie esperienze, anche se non in condizioni ottimali. A volte la vita non va come vuoi, ma devi continuare ad avanzare e mantenere il tuo ottimismo».

Terzo nella crono tricolore, dietro Sobrero e Affini, come nel 2011 da U23 dietro Mammini e Coledan
Terzo nella crono tricolore, dietro Sobrero e Affini, come nel 2011 da U23 dietro Mammini e Coledan

Scendere per risalire

Di Mattia Cattaneo a ben vedere si parlava ieri con il suo procuratore Massimiliano Mori. Fu lui, rendendosi conto che l’ambiente Lampre-Merida (in procinto di diventare Uae Team Emirates) non facesse più al caso suo, a suggerirgli di lasciare il WorldTour per ritrovare stimoli e voglia alla Androni. L’operazione andò bene, non tanto in termini di vittorie quanto di continuità. Vinto il Giro dell’Appennino del 2019, Mattia mise in fila una serie di piazzamenti molto promettenti che nel 2020 gli hanno riaperto le porte del WolrdTour, con una superiore consapevolezza di sé e la maglia della Deceuninck-Quick Step.

«Venire in questa squadra – spiega – mi ha fatto tornare a livelli alti e soprattutto costanti. Quando mi hanno cercato, ho subito detto al mio procuratore di accettare. Il gruppo conta tanto, per le persone e tutto quello che riguarda preparazione e materiali. Sono qui per aiutare Alaphilippe e magari provare a inserirmi in qualche fuga, perché comunque sto bene. Il terzo posto al campionato italiano della crono lo dimostra e mi soddisfa. Era la prima volta che ho provato a prepararlo e non sarà l’ultima».

Uno step importante

La stagione finora fa testo fino a un certo punto perché, come ha raccontato alla vigilia del Giro, alcuni dei programmi sono saltati a causa di Covid e le sostituzioni da fare. Però il segnale della svolta si era già avuto nel 2020, quando in una Vuelta da cui aveva poco da aspettarsi, è andato più volte in fuga, ha centrato il settimo posto nell’arrivo in salita di Aramon Formigal e il settimo nella crono con arrivo in salita al Mirador de Ezaro. Se non hai buoni numeri, non le fai certe cose a novembre.

«E così sono arrivato al primo Tour – racconta e sorride – una corsa di cui ho sempre sentito parlare, ma cui non ho mai preso parte. Credo che per starci bene dentro si debbano avere obiettivi ben precisi, perché poi se hai la gamba si vede. Spero e sono certo che per me sarà uno step importantissimo. Anche se si tratterà di tirare a lungo, va bene lo stesso. Ho buone sensazioni e sono super entusiasta dopo aver sempre corso il Giro e la Vuelta. Non so cosa renda il Tour così speciale, di sicuro una tappa qui può cambiare la tua carriera». 

Il debutto al Tour, “Cav” e l’occhio a mondiale e Roubaix

24.06.2021
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Per Davide Ballerini mancano due giorni al debutto nel Tour de France. E allo stesso modo in cui con Michael Morkov avrebbe fatto parte del treno di Bennett, a partire da sabato sarà una delle guardie del corpo di Mark Cavendish, richiamato dalla panchina quando si è scoperto che il ginocchio dell’irlandese non sarebbe guarito in tempo.

Capelli corti e biondi, lo sguardo divertito di quando parti per la gita scolastica nell’anno della maturità, nelle sue espressioni ci sono la sicurezza per aver fatto la sua parte e l’evidente incertezza davanti a un viaggio tanto impegnativo.

Proprio alla vigilia del Tour è stato annunciato il rinnovo fra Specialized e Deceuninck-Quick Step (foto Wout Beel)
E’ stato appena annunciato il rinnovo fra Specialized e Deceuninckp (foto Wout Beel)

Cav e il gruppo

Il gioco per il ragazzo di Como, approdato dallo scorso anno alla Deceuninck-Quick Step, si sta facendo grande come sperava e così, nonostante la stagione abbia registrato il rinvio a ottobre della Roubaix costringendo le squadre a un altro cambio di piani, anche il Tour si annuncia come un altro step di crescita molto importante.

«Purtroppo – dice – del ginocchio di Sam si è saputo bene al Giro del Belgio, ma quando iniziano questi problemi si è sempre a rincorrere. Con Cav il rapporto è ottimo, ho fatto con lui le ultime tre corse e lo vedo molto convinto. Non sapevo fosse vicino al record di Merckx di tappe vinte (34 per il grande belga, 30 per il britannico, ndr) perché lui non ne parla. Però si è inserito bene, scherziamo, sa fare gruppo…».

Allenamento per il team sulle strade della Bretagna (foto Wout Beel)
Allenamento per il team sulle strade della Bretagna (foto Wout Beel)

Rivale Colbrelli

Il suo 2021 si è aperto col botto, con due vittorie al Tour de la Provence e quella alla Omloop Het Nieuwsblad che ha schiuso un’interessante finestra sul suo futuro nelle classiche. Poi per il Ballero si è trattato di aiutare bene gli altri leader della squadra, da Alaphilippe ad Asgreen, strappando per sé un podio nella tappa di Gualdo Tadino alla Tirreno dietro Van Aert e Van der Poel.

«Cosa aspettarmi dal Tour – dice – onestamente non lo so. Non ho studiato il percorso, lavorerò per Cavendish e semmai le tappe cui potrei ambire sono quelle in cui andrà via la fuga. Il fatto è che ci sono tanti grossi nomi, per cui per fare qualcosa di buono serviranno tanta fortuna e tante gambe. La condizione non è male. Sono sceso dall’altura, la gamba gira. Ma certo pensare di doversela giocare contro Colbrelli è un bel grattacapo. Ha dimostrato una gamba super, però è in condizione da tanto. Di sicuro per Cavendish sarà uno dei rivali più forti».

Per Ballerini si tratta del debutto al Tour de France (foto Wout Beel)
Per Ballerini si tratta del debutto al Tour de France (foto Wout Beel)

Mastro Asgreen

Perché sia scuola, serve qualcuno che insegni e il suo maestro di ciclismo e strade quest’anno è stato Kasper Asgreen, con cui ha diviso la stanza durante il periodo delle classiche del Nord e che ritrova come compagno di avventura al Tour, anche se questa volta il vincitore del Fiandre giocherà probabilmente da battitore libero (i due sono insieme nella foto Wout Beel in apertura).

«E’ una grande persona – dice Ballerini – da cui c’è tanto da imparare. Non lascia niente al caso e in quelle corse in cui certi dettagli fanno davvero la differenza, sulla bici e sui componenti da scegliere, anche solo guardarlo è stato illuminante».

Cavendish torna al Tour e mira alle 34 vittorie di Merckx
Cavendish torna al Tour e mira alle 34 vittorie di Merckx

Mondiale e Roubaix

Quegli stessi consigli, quelle strade Ballerini le ritroverà a fine stagione. E anche se sembra brutto parlare d’altro alla vigilia del debutto al Tour de France, che richiede rispetto e dedizione e potrebbe riservargli spazi inattesi (resta da capire infatti se il livello di Cavendish sarà tale da permettergli di giocarsela con gli altri velocisti, da Ewan a Demare), il focus nella sua testa sembra più avanti nella stagione. Nell’accoppiata mondiale di Leuven+Roubaix che tra fine settembre e primi di ottobre riprodurrà un clima da Nord che fa venire l’acquolina in bocca.

«Al mondiale – ammette con un sorriso malandrino – ci penso da dopo il Fiandre, da quando è stata spostata la Roubaix. Cercherò di arrivarci al massimo, è il mio grande obiettivo di stagione. Saranno dieci giorni che valgono un anno intero. Ci penso, certo che ci penso…».

Cavendish giro belgio 2021

Cavendish e un sogno che dista quattro tappe

23.06.2021
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Sabato indosserà maglia, calzoncini, il casco e tornerà lì, sulla linea di partenza, per affrontare la sua 13ª avventura al Tour de France: se a inizio stagione glielo avessero detto, Mark Cavendish avrebbe pensato a una presa in giro, una battuta di cattivo gusto. Invece il ciclismo è così, ti riserva sorprese quando meno te lo aspetti.

A dir la verità, Mark non se lo aspettava neanche una settimana fa. Al Tour doveva andare Sam Bennett, questi erano i programmi sin da inizio stagione. E’ pur vero che il nativo dell’isola di Man aveva provato a mettere in discussione le gerarchie con 4 vittorie in Turchia e buone prestazioni, mai viste negli ultimi tre anni, ma non sembrava abbastanza.

Cavendish 2021
Cavendish torna al Tour dopo 3 anni, forte di 4 successi in Turchia e 1 al Giro del Belgio (foto di apertura)
Cavendish torna al Tour dopo 3 anni, forte di 4 successi in Turchia e 1 al Giro del Belgio (foto di apertura)

Acque agitate in casa Deceuninck

Patron Lefevere era stato chiaro: «La sua presenza innervosirebbe Bennett – aveva dichiarato a Cyclingnews – alla Schelderprijs abbiamo perso proprio perché i due erano insieme (secondo Bennett e terzo Mark, ma quel che conta è sempre e solo la vittoria, in questo caso di Jasper Philipsen, ndr). La maglia è di Bennett, fine della discussione».

Macché fine… Tre giorni dopo le dichiarazioni cambiano e sono improntate alla furia: «Bennett ha sbattuto il ginocchio al manubrio prima del Giro del Belgio e non ci ha detto niente. Poi ha fatto tira e molla ogni giorno per allenarsi. Questo dice molto su di lui». Le loro strade stanno per dividersi, Bennett forse tornerà alla Bora Hansgrohe, certo che questi addii anticipati non fanno bene alla Deceuninck Quick Step

Scheldeprijs 2021
Il podio della Scheldeprijs 2021 con Philipsen fra Bennett e Cavendish: un esito che a Lefevere non è piaciuto
Scheldeprijs 2021
Il podio della Scheldeprijs 2021 con Philipsen fra Bennett e Cavendish: un esito che a Lefevere non è piaciuto

30 vittorie e non è ancora finita…

Intanto però Mark c’è e ha risposto presente appena glielo hanno detto. Il britannico con il Tour ha un rapporto idilliaco, iniziato nel 2008 con 4 vittorie, 6 l’anno dopo, 5 nel 2010 e 2011, 3 nel 2012, 2 l’anno dopo e ancora una nel 2015 e 4 nel 2016. Il bello è che a queste ha quasi sempre abbinato vittorie negli altri grandi Giri, 13 in Italia e 3 in Spagna. Ha anche provato il tris consecutivo (quello che vuole tanto Ewan, magari ritirandosi prima…), ma nel 2011 non ne aveva più e alla Vuelta resistette solo 4 tappe.

A 36 anni Cavendish è uno che ha vinto tutto: ha la collezione completa delle maglie della classifica a punti nei tre grandi giri, ha vinto Mondiali e classiche, ha anche una medaglia d’argento olimpica a casa (nell’omnium a Rio 2016, battuto solo da Viviani), perché allora riprovarci, rimettersi in gioco?

Cavendish Tour 2017
L’ultima vittoria di Cavendish al Tour, nel 2017 a Parc des Oiseaux. Quell’anno vestì anche il giallo…
Cavendish Tour 2017
L’ultima vittoria di Cavendish al Tour, nel 2017 a Parc des Oiseaux. Quell’anno vestì anche il giallo…

Una risalita partendo da… zero

Una ragione è legata ai suoi ultimi tre anni, contraddistinti da una mononucleosi che ci ha messo tantissimo a scomparire e soprattutto a un forte stato depressivo, quella malattia subdola e sotterranea che colpisce sempre più i protagonisti delle due ruote. Non poteva finire così, Mark non voleva questo. Si è rimesso in gioco, al punto che quando alla Deceuninck Quick Step gli hanno proposto un ingaggio a stipendio zero, guadagnandosi gli euro con fatica, sudore e risultati, ha detto sì.

Ma forse c’è anche altro: Cavendish ha vinto 30 tappe al Tour e il primato dista solo altri 4 centri. E’ uno dei tanti record in possesso del “Cannibale” Eddy Merckx, forse a 36 anni pensare di vincere almeno 4 volte è difficile, ma il suo treno è da leccarsi i baffi (Ballerini e Morkov daranno l’anima per pilotarlo) e poi chissà se gli altri hanno una spinta emotiva forte quanto la sua…

Masnada riparte da Imola e punta la Vuelta. E sulle Olimpiadi…

17.06.2021
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«Le salite sono dure e poi fa caldo. Non è come il nostro caldo, è un caldo… da Asia. E poi tanta umidità, con questa nebbiolina che non ti fa respirare». Fausto Masnada ricorda il percorso di Tokyo su cui si correrà a fine luglio e intanto benedice il fatto di trovarsi a Livigno a godersi il fresco, anche se da ieri è arrivata un’ondata di calore che presto scioglierà i muri di neve rimasti ai lati delle strade più alte. Domani, se tutto andrà bene, il lombardo tornerà giù per la sfida tricolore di Imola. Si riparte…

«Ieri siamo andati in Svizzera – dice – e non mi era mai capitato di scendere dai 2.500 metri di quei passi senza neanche infilare la mantellina. Oggi sarà la volta dell’ultimo allenamento duro, poi se Dio vuole della tendinite del Giro non resterà che il ricordo e il tricolore sarà l’inizio di un’altra storia».

Con il terzo posto al Romandia, dietro Thomas e Porte aveva dato un ottimo segnale
Con il terzo posto al Romandia, dietro Thomas e Porte aveva dato un ottimo segnale

Il corridore della Deceuninck-Quick Step è uno dei quattro azzurri, con Ulissi, Formolo e Cataldo, che nel 2019 volò in Giappone per provare il percorso olimpico e anche per questo lo abbiamo strappato alla quiete della montagna.

Non si respira

«Ricordo un percorso duro – dice – e non facemmo il Monte Fuji, che è la salita più lunga e dura delle Olimpiadi, con i suoi 15 chilometri. Si corse alla garibaldina, perché nessuna squadra fu in grado di controllare la corsa. Partimmo appena fuori Tokyo e da subito fu tutto un saliscendi, senza un metro di pianura. Anche il circuito automobilistico in cui si arriva è duro e poi l’ultima salita è davvero un muro di 6 chilometri. Ma su tutto questo peserà l’influenza del clima, per quel caldo di cui vi dicevo, e il fuso orario. Noi arrivammo 4 giorni prima e ricordo che, complice anche l’umidità e il calore, avevo i battiti più alti del solito».

E’ il 2019, Masnada è il primo da destra, gli azzurri provano il percorso olimpico. Si riparte da qui…
E’ il 2019, Masnada è il primo da destra, gli azzurri provano il percorso olimpico. Si riparte da qui…

Occhio alle fughe

Corsero alla garibaldina e accadrà molto probabilmente anche nella gara olimpica, dato che le squadre partiranno con 5 corridori e ci sarà poco da assegnare ruoli blindati.

«Difficile dire chi potrà controllare – prosegue Masnada – e se qualche corridore forte entra nella prima fuga di giornata, poi diventa complicato andare a chiudere. Resta da capire come sarà lo sviluppo di corsa con il Monte Fuji. Ricordo che andammo a vederlo in auto ed è una salita vera e impegnativa. La strada è a due corsie e l’asfalto è buono, ma ricorda un po’ il Foscagno. Sarà una gara dura, in cui sarà difficile anche l’adattamento».

Brillante nei primi giorni del Giro: qui a San Giacomo con Moscon e Fabbro
Brillante nei primi giorni del Giro: qui a San Giacomo con Moscon

Obiettivo Vuelta

La sua stagione sta tornando insomma sul binario progettato sin dall’inizio, senza cambiamenti dell’ultima ora e senza farsi ingolosire ad esempio dalla possibilità di fare il Tour. E purtroppo le Olimpiadi, che per un Masnada in condizione sarebbero state un bel banco di prova, dovrà semmai guardarle in televisione.

«Farò questo ultimo allenamento – dice – e domani scenderò per correre i campionati italiani, dove spero di ben figurare. Ho ripreso piano piano e sono stato parecchio fermo, non so cosa aspettarmi. Per questo sono venuto a Livigno, per provare a migliorare ancora un po’. Poi però si riparte. Tornerò in ritiro con la squadra, con la Vuelta nel mirino. Probabilmente rientrerò alle corse al Giro di Vallonia, poi al Tour de l’Ain, quindi andrò in Spagna. Dalle Olimpiadi sono fuori e mi dispiace, ma è giusto che il posto vada meritato. Ho fatto le visite olimpiche a Roma, ma dopo il ritiro dal Giro, le cose sono andate a farsi benedire».

Dubbi, sorrisi e Olimpiadi: quanti pensieri nella testa di Remco

16.06.2021
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Il Giro del Belgio non è forse la corsa più complicata del mondo, né tantomeno la sola ad essere andata in scena nella prima decade di giugno, ma vincere è sempre la miglior medicina, anche se ti chiami Remco Evenepoel e in qualche modo appartieni già alla mitologia ciclistica.

Il fuoriclasse della Deceuninck-Quick Step sta mostrando sempre più il suo lato umano. Quello che tutti noi credevamo essere un corridore invincibile, quasi un “robot progettato” per vincere, dopo la famosa caduta al Giro di Lombardia della scorsa estate ha rivisto i suoi valori e sul podio di Beringen, dove terminava la corsa, per poco non ci scappava la lacrimuccia. La mazzata del Giro, per chi come lui era abituato a vincere facilmente, deve averlo cambiato in qualche modo. Di sicuro lo ha fatto maturare e una volta che avrà recuperato in tutto e per tutto, questa esperienza gli tornerà utile. E lo renderà più forte. In fin dei conti dopo 18 giorni dalla caduta verso Sega di Ala questo ragazzo ha vinto una (breve) corsa a tappe.

Marchand “ringrazia” Remco per aver tirato molto nella fuga della 1ª tappa. Sullo sfondo Ghys esulta
Marchand “ringrazia” Remco per aver tirato molto nella fuga della 1ª tappa. Sullo sfondo Ghys esulta

Ritorno alla vittoria

Ma vediamo cosa ha combinato Evenepoel al Baloise Belgium Tour, il nome corretto del Giro del Belgio. Nella prima ondulata frazione è stato secondo, preceduto di un soffio da Ghys, ma sempre nel vivo della corsa. E’ andato in fuga e la fuga è arrivata. Un bel segnale dopo il mesto ritiro del Giro d’Italia. Già quella sera, voci di chi gli stava intorno dicevano di averlo visto con altri occhi.

La luce intorno al tunnel si è fatta ancora più chiara il giorno successivo. La seconda frazione infatti prevedeva una crono individuale di 11,2 chilometri. E lì Remco, che ha provato piccole novità tecniche in chiave olimpica, ha davvero mostrato al suo Paese di essere tornato.

«Il giorno prima ho corso per la classifica – ha detto Evenepoel ai microfoni di Rtbf, riferendosi al fatto che nella fuga aveva tirato molto più dei suoi due compagni di attacco – ma nella crono volevo vincere. E’ stato importante aver sviluppato certi livelli di potenza dopo l’incidente del Lombardia. E’ un grande sollievo aver vinto la cronometro e la classifica generale. Ringrazio davvero tutti coloro che mi hanno sostenuto in questo periodo difficile. Ora posso tornare a guardare al futuro». 

Il secondo giorno si è rifatto vincendo la crono di Knokke-Heist con 2″ su Lampaert
Il secondo giorno si è rifatto vincendo la crono di Knokke-Heist con 2″ su Lampaert

Tra Giro e Olimpiadi

«Tornare a guardare al futuro»: parole di chi si è tolto un peso dallo stomaco. Con questo successo in tasca Remco potrà allenarsi con maggiore serenità. 

«Io volevo essere pronto per l’inizio del Giro e arrivare qui dopo aver fatto bene nella corsa rosa – ha detto Evenepoel sempre a Rtbf – però ho visto che ho recuperato bene, che abbiamo fatto un buon lavoro, difficile, ma che ha funzionato».

Prima però ci sono da affrontare i campionati nazionali, sia a crono che su strada. Ma Remco sembra molto più interessato a quelli contro il tempo, che tra l’altro si corrono oggi pomeriggio. Lui partirà alle 16,18.

«Non vedo l’ora di correre la crono di domani – ha detto ieri Remco – sarà l’ultima prima dei Giochi. La distanza sarà la stessa, è un buon esame. Sento di avere forza e velocità nelle gambe».

In realtà la crono belga è leggermente inferiore (circa 37 chilometri) rispetto ai 44 e passa chilometri di Tokyo. Ma poco cambia.

Per Evenepoel è la seconda vittoria nel Giro del Belgio
Per Evenepoel è la seconda vittoria nel Giro del Belgio

Ancora tanto lavoro

Ma a bocce ferme il corridore della Deceuninck ha parlato anche del suo futuro e ha fatto un punto più generale del suo stato di forma.

«Ho ancora del lavoro da fare in termini di esplosività e d’intensità – ha continuato a dire Remco a Rtbf – La crono dei campionati nazionali sarà un test anche dal punto di vista atletico. E’ da un po’ che sono tornato a spingere e a fare fatica, ma non sono ancora il Remco di prima della caduta. La differenza è che prima potevo accelerare anche dopo i lunghi sforzi».

«Dovrei andare in altura ma non so per quanto tempo. Perché se vai in quota non puoi fare certi tipi di lavori molto intensi. Probabilmente andrò in Spagna. Mentre parto a inizio luglio per Tokyo».

E quest’ultimo è un aspetto molto interessante. Come mai così presto? C’è da giurarci che lavorerà molto con i materiali. Già durante il Giro fonti Specialized ci avevano detto che Remco sarebbe addirittura tornato negli Usa prima di andare a Tokyo. Magari la sua partenza è così anticipata perché arriverà in Giappone direttamente dagli Usa. Chissà?

L’importante è che Remco abbia ritrovato il sorriso. La squadra lo ha celebrato alla grande e in tal senso non sono passate inosservate le parole di Mark Cavendish dopo l’ultima frazione in Belgio. «Nella mia carriera ho corso con molti campioni ma Remco e Wiggins hanno qualcosa in più. Hanno una determinazione una concentrazione incredibili. Sono rispettosi e ridono anche – e infine rivolgendosi a Remco stesso, Cav ha aggiunto – Non cambiare ragazzino».

Forza Andrea, vogliamo rivederti così

02.06.2021
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L’ultima immagine ufficiale risale al Trofeo Laigueglia, terza gara di stagione. Andrea Bagioli è coinvolto nella stessa caduta di Kwiatkowski e sembra stordito, con un taglietto alla testa che induce alla prudenza. In piena emergenza Covid, li assiste un signore senza mascherina che per caso si è trovato nel punto dell’incidente. Ma mentre il polacco della Ineos torna in gara tre giorni dopo alla Strade Bianche, di Andrea si perdono le tracce.

«Ma per fortuna – sorride – due settimane fa sono potuto risalire sulla bici. Prima sui rulli e poi lentamente su strada. Che cosa sia successo è un piccolo mistero. Ricordo bene la caduta, non è stata di quelle paurose. Eravamo tutti convinti che il problema principale fosse la testa, anche perché sul ginocchio non c’era neanche un segno. Appena un po’ di ematoma più in basso. Invece quando sono tornato a casa e dopo un paio di giorni ho ripreso ad andare in bici, è venuto fuori un fastidio. Solo quando pedalavo. E alla fine il 16 aprile mi hanno operato, in Belgio. Si era creata un’aderenza per la quale mi hanno prescritto quattro settimane di riposo assoluto. Dopo la terza il ginocchio era ancora gonfio. Poi finalmente ha iniziato ad andare a posto…».

Nel ciclismo che va così veloce, una pausa così lunga è una bella scocciatura. Non tanto per la paura di non tornare come prima, ma soprattutto per la necessità di ricominciare quel lavoro di preparazione già fatto d’inverno e che nelle prime corse aveva dato i primi frutti, con la vittoria di forza alla Drome Classic (foto di apertura).

Come è stato il mese post operatorio?

Sicuro non è stato facile. Dopo le prime tre settimane fermo sul divano, la testa iniziava a perder colpi. Per fortuna sentivo tutti i giorni il medico della squadra e la mia famiglia e la mia ragazza mi sono stati molto vicini.

Abbiamo visto le prime foto in bicicletta…

Ma ancora faccio poco. Posso caricare il ginocchio, ma è meglio essere prudenti. Vado in palestra per riprendere tono muscolare e piccole uscite. Mio fratello (Nicola, che corre con la B&B Hotels, ndr) fa troppe ore per stargli dietro. In questo periodo ci sono pochi corridori vicino casa, è appena tornato Gavazzi dal Giro. Ma per luglio dovrei andare bene e raggiungerò la squadra in ritiro a Livigno.

E’ stato operato al ginocchio il 16 aprile in Belgio, poi sono servite 4 settimane di stop (foto Instagram)
Operato al ginocchio il 16 aprile in Belgio, poi 4 settimane di stop (foto Instagram)
Quindi la tua giornata come funziona?

Sveglia. Palestra, poi un’ora di bici. Pranzo. E nel pomeriggio ancora bici per due ore. Un riposo a settimana. Ovviamente il tutto a ritmo blando, tenendo d’occhio col misuratore di potenza di non strafare, anche se vengono fuori numeri abbastanza deprimenti (ride, ndr).

Nel frattempo sei arrivato a 100 chili?

No (ride, ndr), sono stato attento. Ma certo a stare sul divano si rischia grosso.

Che cosa dà più fastidio: dover dimostrare di nuovo quanto vali o ricominciare da zero?

Un po’ tutte e due le cose, ma soprattutto scoccia non aver dimostrato ancora molto. Ci tenevo a fare bene quest’anno e con la prima vittoria sembrava tutto incanalato nel modo migliore. Adesso devo ricostruire la condizione. So come si fa e so che servirà tempo. Speriamo in una seconda parte di stagione di buon livello. In un modo o nell’altro, mi sono ricavato un altro lockdown ciclistico, che non era nei programmi e di cui facevo volentieri a meno.

E’ tornato in bici blandamente da due settimane (foto Instagram)
E’ tornato in bici blandamente da due settimane (foto Instagram)
Le tre settimane sul divano ti sono servite per seguire bene il Giro?

Tutte le tappe, senza perderne una. La vittoria di Bernal non mi ha stupito, era dall’inizio il mio favorito.

Del Giro di Remco cosa ti è parso?

Nelle prime settimane è andato bene, poi era prevedibile che calasse. L’assenza di gare si è fatta sentire. Forse per lui perdere è stato un colpo, visto che ha sempre vinto, ma sono sicuro che gli servirà per tornare ancora più forte.

Hai continuato a sentire i compagni?

Spesso, certo. Sono andato a trovarli alla partenza del Giro a Torino e poi hanno continuato a scrivermi. Serry, Lampaert, un po’ tutti. A luglio li rivedo, poi speriamo che si faccia ancora in tempo per la Vuelta.

Lefevere, l’estro di Julian e l’ego di Remco. Parla il capo

01.06.2021
5 min
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Patrick Lefevere ci mette la faccia e si carica sulle spalle la Deceuninck-Quick Step, che al Giro d’Italia ha suscitato qualche perplessità e per l’ennesima volta è stata costretta a fare mercato tenendo conto di un budget non certo illimitato. Vanno via Benett e Almeida, restano Evenepoel e Alaphilippe. Al suo fianco rimane Specialized, che nel 2022 legherà la sua sponsorizzazione al team belga e probabilmente a quello in cui finirà Peter Sagan. Mentre sul fronte dei marchi, nello squadrone belga si sussurra che dovrebbe approdare anche il maglificio Castelli in odore di lasciare il Team Ineos Grenadiers. Al netto di tutto ciò, oggi con Patrick, 66 anni e dirigente sportivo dal 1979, parliamo dei due gioielli di casa, Remco e Julian, per capire il suo punto di vista.

Lefevere mantiene il suo team ai vertici facendo spesso scelte dolorose
Lefevere mantiene il suo team ai vertici facendo spesso scelte dolorose
Vincere il Giro a 21 anni, al primo assaggio e senza aver corso per 9 mesi…

Non c’era tempo perché corresse prima, per come era pianificata la sua preparazione in altura. Si è rovinato tutto quando a gennaio è stato costretto a fermarsi ancora. A quel punto avremmo potuto e forse dovuto cambiare i nostri piani, ma avevamo fatto quella scelta e sarebbe sciocco rinnegarla adesso.

In un’intervista con Het Laaste Nieuws hai detto che l’ego di Remco ne è uscito ammaccato.

Dico tante cose, a volte vengono anche ingigantite. E’ un fatto però che quel ragazzo non avesse mai perso. Ha vinto tutto da junior e anche i suoi primi due anni da professionisti sono stati pieni di vittorie. Questo Giro è stato la sua prima sconfitta.

Forse c’erano troppe attese: avete creduto davvero che fosse più grande di Merckx?

Naturalmente avevamo sperato in meglio, non dico di no, ma io non ho mai detto che avrebbe vinto il Giro. Abbiamo assecondato i suoi desideri, ma non sono così pazzo. Sapevamo che la tappa di Montalcino, dopo l’incidente del Lombardia, sarebbe stata un passaggio chiave. Remco non poteva iniziare il Giro in modo normale. A gennaio poteva soltanto nuotare, si è allenato solo negli ultimi tre mesi. Nelle Fiandre qualcuno però credeva che potesse fare un miracolo. Non possiamo giudicarlo per quello che si è visto.

Lefevere netto: il Giro ha fatto assaggiare a Evenepoel per la prima volta la sconfitta
Il Giro ha fatto assaggiare a Evenepoel per la prima volta la sconfitta
Però al netto di tutto questo, si è messo Almeida al suo servizio.

L’ho detto prima che il Giro partisse e lo ripeto ora. Ci conosciamo da anni e sapete che la maglia del team è la cosa più importante per me, non la bandiera o una nazione, e così deve essere anche per i corridori. Quando abbiamo chiesto ad Almeida di aiutare Remco, aveva appena preso 6 minuti nella tappa di Sestola, sarebbe stato lo stesso a parti invertite. Queste sono le nostre regole.

Quale sarà ora il programma di Remco?

Ora recupera e a fine settimana faremo il punto. Si voleva tenerlo un po’ fermo, ma si sta aprendo la possibilità che faccia i campionati nazionali, strada e crono, prima delle Olimpiadi.

A proposito di Olimpiadi, perché Alaphilippe si è chiamato fuori?

Perché sta per diventare padre e vuole essere presente. E poi perché vuole fare bene al Tour. Ha cambiato programma. E’ appena disceso da Sierra Nevada e farà il Giro di Svizzera invece del Delfinato, poi i campionati nazionali e il Tour. Gli ho detto che mi auguro vinca altri tre mondiali, ma l’esperienza di correre il Tour con la maglia iridata resta per ora irripetibile. Andrà in Francia per fare cose alla Alaphilippe e vedrete che di riflesso si ritroverà anche in classifica.

Almeida al servizio di Evenepoel dopo i 5’58” persi a Sestola. Lefevere non ammette equivoci
Almeida al servizio di Evenepoel dopo i 5’58” persi a Sestola
E’ stato pesante tenerlo?

Sicuramente parliamo di una cifra importante e l’acqua non è tanto profonda da non rendercene conto. Ma lui voleva rimanere e abbiamo trovato l’accordo. E’ un personaggio che corre in modo aggressivo e sa vincere. E’ simpatico. Fa gruppo. Sta bene con noi.

Con lui al Tour ci sarà Bennett?

Bennett e il suo treno, che si prenderà sulle spalle un bel po’ di pressioni, in modo che Julian sia più libero. Per Sam sarà l’ultimo anno con noi, si dice che tornerà alla Bora, ma ancora non ci sono certezze. E così per il prossimo anno, ci affideremo alle volate di Jakobsen, perché sono certo che il suo ritorno sarà un successo.

Porterete anche Cavendish al Tour?

Chi?

Cavendish, Mark Cavendish…

Sì, avevo capito. Mark ha fatto poche corse, è stato anche sfortunato, perché alcune che doveva fare sono state cancellate. Si è ritirato alla terza tappa della Vuelta Andalucia, dicendo che non era una corsa per velocisti e il giorno dopo ha vinto Greipel. Il Tour forse è troppo duro per lui ora.

Come stanno i quattro italiani?

Bagioli è stato sfortunato, non corre da Laigueglia e speriamo possa fare una bella seconda parte di stagione. Di Ballerini siamo contenti. Masnada ha fatto 40 giorni di altura e ha dovuto ritirarsi dal Giro per una tendinite. E Cattaneo lo aspettiamo al Tour. Il ciclismo non è una scienza esatta. Lavori tanto, poi speri che tutto vada bene. Ogni anno, all’inizio della stagione, faccio lo stesso discorso ai corridori: «Sono già stato diverse volte a Lourdes, ma non ho mai visto miracoli».

Evenepoel

Il Giro di Evenepoel ai “raggi X”: sfumature e dettagli

29.05.2021
7 min
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Per alcuni doveva essere la sua consacrazione definitiva e magari anche la maglia rosa di Milano. Per altri doveva solo fare esperienza e ritrovarsi dall’infortunio: c’erano tante aspettative e pressioni su Remco Evenepoel.

Qui più che parlare di cosa ci si aspettava dal belga, vogliamo analizzare il suo Giro d’Italia, spulciando piccoli dettagli e comportamenti tenuti tappa per tappa. E non solo in corsa.

Remco nella crono di Torino, chiusa al 7° posto. Ottimo avvio
Remco nella crono di Torino, chiusa al 7° posto. Ottimo avvio

Leone a Torino

Le prime frazioni sono filate con il sorriso stampato sulla bocca. Il ritornello stava quasi diventando un “disco incantato”: «Sono contento di essere tornato in gara dopo l’incidente al Lombardia», diceva Evenepoel.

E con il sorriso, ma anche con tanta determinazione il gioiellino di Lefevere si lancia dalla rampa della crono di Torino. Cosa ci ha colpito? La scioltezza con cui ha guidato la sua bici da crono. Solo Ganna ha fatto (e rischiato) di più, segno che ci credeva e che si allena molto su quella bici. L’ultima volta che Remco aveva affrontato Pippo a crono era stato in Argentina un anno fa e lo aveva schiantato. Su tali presupposti si potrebbe dire che il belga abbia perso una battaglia invece è stato il primo tra gli uomini di classifica.

Nelle due tappe successive non commette errori, né atti particolari se non che corre davanti, scortato dai compagni il che fa pensare che in Deceuninck-Quick Step ci credono eccome e non ci sia solo la storiella dell’esperienza. Tutto scorre tranquillo e la gamba sembra esserci.

A Sestola si salva

A Sestola, primo arrivo duro e con brutto tempo, Remco perde 10”. Si fa un po’ sorprendere nel momento dell’attacco. Per la prima volta resta solo. Tuttavia quello è, crono a parte, uno dei momenti migliori del suo Giro. Di certo lo è sulla gestione dei nervi. Piove, è solo, è il primo vero banco di prova, resta indietro, nel finale ci sono degli avvallamenti in discesa affatto semplici… Lui però si rimbocca le maniche e perde molto meno di quel che ci si poteva aspettare dopo gli attacchi di Landa e Bernal.

Scortato dai compagni nella tappa di San Giacomo (tappa 6)
Scortato dai compagni nella tappa di San Giacomo (tappa 6)

Voglia di rosa

Le tappe passano, la fatica inizia a farsi sentire. Remco però continua a recuperare posizioni in classifica generale (è secondo) e anzi punta alla maglia rosa. E’ un furetto pronto persino a sprintare sui traguardi volanti pur di indossarla come verso Foligno. Un atteggiamento che ci è piaciuto, sia nei confronti del Giro sia per il suo entusiasmo.

Ma non corriamo avanti e facciamo un passo indietro. Ascoli, Guardia Sanframondi, Campo Felice: si affrontano tappe impegnative, nervose, tatticamente delicate e spesso corse sotto l’acqua. E’ forse questo il nemico principale di Evenepoel: la pioggia in discesa.

Evenepoel
Il forcing potente a Campo Felice, dove è quarto e sfiora la maglia rosa
Evenepoel
Il forcing potente a Campo Felice, dove è quarto e sfiora la maglia rosa

Assaggi di fatica sugli Appennini

Scendendo da Forca di Presta attorno a lui la Deceuninck piazza degli uomini. Remco fa un po’ l’elastico: a volte è in fondo al gruppo, anche un po’ rigido, e a volte è davanti. E’ evidente che ha delle difficoltà. Difficoltà che però non sono di gambe, in quanto in quella stessa tappa, a San Giacomo, arriva con Bernal staccando i migliori. 

Qualcosa di simile lo ripete due giorni dopo a Campo Felice. Nel giorno della consacrazione di Bernal, Remco resta imbrigliato nel tratto sterrato tra le transenne e un corridore. Smette di pedalare, mentre Egan scappa. Nei 400 metri finali forse è il più veloce in assoluto, rimonta 7-8 corridori. Chiude quarto, senza abbuoni e sfiora la maglia rosa.

In ritardo con Almeida a Montalcino. Alla fine Remco pagherà poco di 2′ da Bernal
In ritardo con Almeida a Montalcino. Alla fine Remco pagherà poco di 2′ da Bernal

Lo schiaffo di Montalcino

Ogni mattina in mix zone Evenepoel è letteralmente preso d’assalto dai giornalisti, belgi soprattutto. E lui imperterrito continua a ridere e a dispensare tranquillità. Noi invece qualche dubbio iniziamo a nutrirlo. Il sorriso c’è, ma inizia ad essere inespressivo, “vuoto”.

Nel giorno di riposo va in scena un conferenza stampa fiume. Remco non sta fermo un attimo, ride. Parte il refrain: «Sono già contento di essere qui –  ma poi aggiunge – se pensavo di non poter vincere il Giro non sarei neanche partito». La bomba è definitivamente innescata. Lo stress della corsa inizia a salire e il giorno dopo a Montalcino quella bomba scoppia.

Una tappa delicata, complicata per un veterano, figuriamoci per un novellino (dal quale media e tifosi si aspettano la luna). Scricchiola sul primo sterrato ma in qualche modo anche grazie all’Astana ci mette una pezza, poi crolla prima di nervi e poi (un po’) di gambe nel secondo. In quel momento cambia tutto il suo Giro. Si stacca la radiolina, non vuol parlare con l’ammiraglia. Almeida prima lo aspetta, poi lo la lascia lì, poi lo riaspetta. Dieci minuti di totale blackout. Sembrava si ritirasse. La cosa “strana” di questa crisi era che nonostante davanti menassero forte, Remco non perdeva poi così tanto. Nei tratti su asfalto andava quasi come i migliori e se non hai gambe questo non puoi farlo. A fine tappa, il diesse Bramati ancora in ammiraglia è delusissimo, ma più per l’atteggiamento. «Stasera riordineremo le idee», ci disse a botta calda.

Evenepoel
Prima e dopo le tappe Remco era sempre gentile con i tifosi, dandogli la propria borraccia
Evenepoel
Prima e dopo le tappe Remco era sempre gentile con i tifosi, dandogli la propria borraccia

Il crollo…

Remco continua a sorridere, ma è un sorriso senza entusiasmo. Forse ha capito che in bici si soffre anche. Va lodato però il suo comportamento. Continua a correre nelle posizioni che contano del gruppo (ma non più in salita e si vede già verso Bagno di Romagna), si muove bene. Sul piano tecnico non sbaglia un colpo: mantellina quando serve, alimentazione (notiamo che mangia spesso), ha sempre la borraccia nel portaborraccia e lo vediamo anche quando a fine tappa fra le transenne dopo l’arrivo le regala ai tifosi. Sotto questo punto di vista è ineccepibile.

Ma il destino lo aspetta al varco. Anche se fai tutto bene, un grande Giro e il meteo non sono facili da domare. Neanche se ti chiami Evenepoel. Il gelo della Sacile-Cortina lo respinge. E lo fa già prima del Giau. Adesso sì che forse inizia a pagare anche sul piano fisico. Arriva stremato nella Perla delle Dolomiti, ma non molla ancora.

Il ritiro

Sfrutta il giorno di riposo e ci riprova verso Sega di Ala. Di fatto il suo Giro finisce sul Passo di San Valentino, penultima ascesa di giornata. Il sole lo aiuta e lui si apre la maglia. Rispetto ai giorni dello Zoncolan e del Giau si muove proprio in modo diverso sulla bici, tuttavia si stacca quasi subito. E’ solo, non ha compagni. Si mette con la testa bassa e mulina il rapporto. Ad un tratto si riaccoda alla scia delle ammiraglie. In questi casi il corridore sa che il gruppo non è lontano e con ancora maggiore piglio rientra sulla maglia rosa. Da applausi, se non altro per il carattere.

Poi però in discesa cade. Riemergono (forse) i fantasmi del Lombardia e prende una forte botta al braccio sinistro. Gli ultimi 35 chilometri sono uno stillicidio. Arriva a Sega di Ala scortato dai compagni che in precedenza gli erano dietro a 36’28”. La squadra lo ferma: «Continuare così adesso non ha più senso».  «Tornerò», dice lui. E noi glielo auguriamo, in fin dei conti è un patrimonio del ciclismo mondiale.