Alessandro De Marchi, CTF, Cycling Team Friuli

Boscolo: «De Marchi è stato capace di incarnare lo spirito del CTF»

23.10.2025
5 min
Salva

Alla Veneto Classic si è conclusa la carriera di Alessandro De Marchi, il Rosso di Buja ha appeso la bicicletta al chiodo, ma le sue idee e quello che ha regalato al ciclismo rimarranno vive a lungo. Professionista dal 2011, quando di anni ne aveva 24, ha corso per quindici stagioni ai massimi livelli con l’istinto di chi ama attaccare. La squadra che lo ha lanciato nel professionismo è stato il CTF Friuli di Roberto Bressan e di Renzo Boscolo. Per De Marchi, friulano DOC non ci poteva essere altra maglia per arrivare tra i grandi

Durante la sua ultima gara sono tante le figure che sono venute a vederlo e salutarlo. Tra tutti c’è stato lo stesso Renzo Boscolo. 

«E’ stato un piacere e un onore essere presente all’ultima corsa di De Marchi – dice il diesse friulano – anche se i sentimenti erano contrastanti. Da un lato c’era l’amarezza di vederlo in gara per l’ultima volta, mentre dall’altra parte prevaleva l’orgoglio. Per salutare Alessandro abbiamo fatto un giro di chiamate tra staff e vecchi corridori del CTF e sulle strade della Veneto Classic ci saranno state un centinaio di persone solamente per lui. Insomma, fa capire cosa è stato capace di lasciare Alessandro De Marchi al ciclismo».

Alessandro De Marchi, Veneto Classic, ultima gara
Alla Veneto Classic Alessandro De Marchi ha corso la ultima gara in carriera
Alessandro De Marchi, Veneto Classic, ultima gara
Alla Veneto Classic Alessandro De Marchi ha corso la ultima gara in carriera
Il CTF lo ha lanciato nel professionismo, cosa ha significato per voi?

Alessandro ha concretizzato l’idea che Roberto Bressan ed io avevamo a proposito del Cycling Team Friuli. Ha dato un’anima a quella squadra e alla nostra passione per il ciclismo. De Marchi è stato l’atleta che per tenacia e combattività ha mostrato cosa fosse il CTF. Il grande ciclismo ai tempi era fuori dal Friuli e sono tante le squadre che nel corso degli anni lo hanno cercato, dal Veneto, dalla Toscana e dalla Lombardia. 

Ha sempre avuto un attaccamento forte alla propria terra?

Lui è il rappresentato del Friuli a livello ciclistico, non c’è strada che De Marchi non abbia solcato. Per noi è stato importantissimo, così come Fabbro gli anni successivi. Ecco, loro due sono i corridori friulani che sono stati capaci di aprire una strada per gli altri. 

Alessandro De Marchi, CTF, Cycling Team Friuli, Renzo Boscolo
Il Rosso di Buja è passato al Cycling Team Friuli al primo anno elite, era il 2009
Alessandro De Marchi, CTF, Cycling Team Friuli, Renzo Boscolo
Il Rosso di Buja è passato al Cycling Team Friuli al primo anno elite, era il 2009
Quali erano gli ideali che De Marchi rappresentava per voi?

L’attaccamento alla maglia, vi posso raccontare un aneddoto: è una casualità, ma riceveva davvero tante proposte da squadre molto più grandi della nostra. Lo chiamavano offrendogli soldi che noi all’epoca non avevamo. Lui rifiutava dicendo: «Sono già in una grande squadra. E se non lo è, la farò diventare». 

Com’è arrivato da voi?

Da under 23 è passato con la Bibanese ed è stato quattro anni con loro. Al CTF è arrivato al primo anno elite. La prima corsa vinta è stata al quarto anno da under 23, una tappa del Giro delle Pesche Nettarine. Quell’anno vinse ancora qualche gara e poi venne da noi e rimase per due stagioni.

Quindi passò professionista alla fine del secondo anno elite, una cosa che sembra preistoria…

Già all’epoca cominciava già a essere molto difficile passare da elite. De Marchi però era molto forte in pista, aveva vinto dei titoli nazionali 

E’ sempre stato un attaccante nato?

Già da junior era conosciuto per le fughe e i numerosi piazzamenti, anche se non aveva mai vinto una gara. Quando vinse il premio come corridore più combattivo al Tour de France 2014, qualcuno disse che era il premio che meglio rappresentava Alessandro De Marchi

Da sinistra: Roberto Bressan, Alessandro De Marchi, Renzo Boscolo
Da sinistra: Roberto Bressan, Alessandro De Marchi, Renzo Boscolo durante un incontro sulle strade spagnole in un ritiro invernale
Da sinistra: Roberto Bressan, Alessandro De Marchi, Renzo Boscolo
Da sinistra: Roberto Bressan, Alessandro De Marchi, Renzo Boscolo durante un incontro sulle strade spagnole in un ritiro invernale
Che figura era all’interno del CTF?

All’epoca avevamo anche corridori più grandi di lui, perché c’era l’accordo con la pista. Ma il soprannome che gli diedero in squadra fu: “il capitano”. Tutti si fidavano di lui, il suo carisma era incredibile e polarizzante. De Marchi aveva una determinazione, una grinta e una voglia immensa. Ricordo che andavamo a fare le gare a tappe in Romania o all’estero e partivamo in furgone da casa. Era bellissimo viaggiare con Alessandro perché si parlava di tutto, c’era una grande vitalità nei suoi discorsi. 

Quindi è sempre stato un uomo con le idee chiare, precise e con dei valori e dei principi saldi?

E’ sempre stato un uomo molto attento alla società, a quello che è il sociale, pronto ad aiutare gli altri, è una persona di principi e con un’etica estremamente forte. Questo lo si vede anche dall’evento che ha voluto organizzare sabato e domenica (25 e 26 ottobre, ndr) interamente dedicato ai giovani e ai bambini. Inoltre il ricavato di quella manifestazione andrà in beneficenza. Però Alessandro ha sempre avuto un’attenzione particolare agli altri, non c’è premiazione, evento o gara regionale alla quale rifiuti di partecipare se invitato. E’ un modo di fare che nei giovani si vede sempre meno.

Cycling Team Friuli, festa, Alessandro De Marchi, Nicola Venchiarutti, Matteo Fabbro, Jonathan Milan
De Marchi a un festa insieme ai tanti atleti passati dal Cycling Team Friuli
Cycling Team Friuli, festa, Alessandro De Marchi, Nicola Venchiarutti, Matteo Fabbro, Jonathan Milan
De Marchi a un festa insieme ai tanti atleti passati dal Cycling Team Friuli
Che effetto vi ha fatto vederlo crescere e diventare l’uomo che è ora?

De Marchi nella sua vita ha dato molto di più di quanto ha ricevuto. Sicuramente all’inizio di carriera questo divario era ancora più grande perché ha fatto la scelta di venire da noi al CTF quando la società era nata da poco. Non era scontato avere un atleta del genere. Lui ha creduto nel progetto e ha creduto principalmente in noi. Il merito va a Roberto Bressan, il quale lo ha fortemente voluto, perché in De Marchi ha visto il prototipo di corridore e persona che volevamo in squadra. La tendenza di Alessandro è sempre stata quella di non mollare mai, di volersi migliorare ed è sempre stato ambizioso.

Pista, volate, salite e crono: tutto il Milan di Roberto Bressan

05.11.2024
5 min
Salva

Sentire che Luca Guercilena ha riconosciuto la bontà del lavoro svolto dal Cycling Team Friuli con Jonathan Milan fa sì che Roberto Bressan mandi attraverso queste righe un messaggio di ringraziamento al general manager della Lidl-Trek. Fra i corridori passati nelle sue mani, Johnny è forse quello che sta volando più alto e che ha dimostrato da subito di poterlo fare (in apertura, immagine photors.it).

«Le parole di Luca mi riempiono di orgoglio – dice il manager friulano – ma è qualcosa che mi sento di dividere con tutto il nostro gruppo. Io ho fatto la mia parte, prendendo le decisioni, ma anche Andrea Fusaz ha fatto tanto con Milan e tutto lo staff tecnico. Una cosa è certa: si vedeva che fosse un talento fuori dal comune».

Bressan, classe 1960, insieme a Roberto Fedriga, presidente della Regione FVG (immagine CTF)
Bressan, classe 1960, insieme a Roberto Fedriga, presidente della Regione FVG (immagine CTF)
Da cosa si vedeva?

Ne avevamo sentito parlare e così quando era ancora junior avevamo cominciato a seguirlo, finché con Andrea Fusaz gli facemmo un test e fummo letteralmente impressionati dai numeri che saltarono fuori. Noi un ragazzo di 18 anni con quei valori non lo avevamo mai visto in vita nostra e, tutto sommato, faccio questo mestiere da qualche anno. Sono stato anche il direttore sportivo di suo padre Flavio, insomma. Jonathan ha dei geni fuori dal comune che gli vengono proprio da suo padre e da sua madre. Ha una forza fisica tutta da esprimere che non permette di sapere dove potrà arrivare. I suoi limiti sono ignoti, siamo ancora lontani secondo me. Secondo me se va al Tour e gli mettono a disposizione un bel treno, due tappe le vince di sicuro. Altro che Philipsen e gli altri…

Al primo anno da U23 lo portaste in pista: si vedeva quel tipo di talento oppure fu un tentativo?

Fu un esperimento. Il giovane Jonathan non aveva un carattere facile e anche tenerlo con la testa sulla bici non era semplicissimo. Così lo portai in pista per gestirlo e dargli la completezza che avevamo già sperimentato con Fabbro, nonostante fosse uno scalatore, e con De Marchi. Sapevamo tutti quello che potesse diventare Alessandro, ma andare in pista completa la dotazione del corridore.

Pare che Villa abbia detto a Guercilena già da allora che Jonathan avrebbe potuto fare il record del mondo.

Villa ha creduto in quello che gli dicevo e inserendolo nel quartetto ai mondiali di Berlino 2020, aggiunse 100 cavalli al quartetto. Quando presero il bronzo a squadre e poi fece 4’08” nell’individuale, che per me fu pazzesco, gli dissi che il suo traguardo doveva essere battere Ganna. Non perché si possa cancellare Pippo, visto che è un’istituzione, ma perché Ganna all’età di Jonathan non faceva gli stessi tempi, quindi era chiaro che il suo cammino fosse quello di batterlo. Attenzione: Ganna ha aperto la via e tracciato un metodo di lavoro dal quale Jonathan è stato di certo avvantaggiato.

Ti aspettavi che potesse fare il record del mondo?

Direi di sì. Quella sera ho chiamato Giovanni Carini, il meccanico della nazionale, e gli ho chiesto di passarmi Jonathan. Era ancora nel mezzo della festa, abbiamo parlato pochi minuti. Gli ho fatto i complimenti perché aveva raggiunto l’obiettivo che si era prefissato quattro anni prima.

Il suo presente è fortemente orientato sulle volate, credi che sia potenzialmente anche un corridore da classiche?

Milan è destinato a vincere le classiche, perché lui ha la salita nelle gambe. Nel tappone del Giro d’Italia U23 del 2020 in cui Aleotti fece quarto, Milan tirò da solo per le prime due salite. E’ più di un Viviani, col massimo rispetto, che fa le volate e vince in pista. Jonathan va forte anche a crono. Il campionato italiano U23 del 2020 era lungo 25,6 chilometri e lui batté Piccolo e Tiberi a 48,200 di media. Quando vincemmo il campionato italiano cronosquadre a 55 di media, lui fece il giro di riscaldamento da solo a 50 di media. Lo vedo più dalla parte di un Boonen o Pedersen che di un velocista puro.

Come si spiega secondo te che all’europeo non sia riuscito a venire fuori nel finale in volata?

Jonathan non è ancora capace di fare le volate da solo, ma se gli danno un treno come quello di Cipollini, non c’è nessuno che possa batterlo, perché ha dei valori di potenza fuori dal comune. Quel giorno, al netto di quello che hanno sbagliato e di cui hanno parlato, secondo me non stava bene, altrimenti uno con quella potenza sarebbe venuto fuori lo stesso. Non so se sia stato per la condizione o la tensione, ma secondo me quel giorno qualcosa deve essere successo.

Quanto della velocità di Milan su strada deriva dalla pista? Secondo Bressan i due ambiti sono legati con corda doppia
Quanto della velocità di Milan su strada deriva dalla pista? Secondo Bressan i due ambiti sono legati con corda doppia
Si dice che dal 2025 potrà puntare solo alla strada: tu gli diresti di andare comunque in pista per allenarsi?

Farebbe male a mollarla, perché la punta di velocità gli viene da quei lavori. Le partenze da fermo con certi rapporti, i lavori specifici sono cose che in strada non riesci a simulare bene. Non so se andrà in pista solo per allenarsi, come pure Ganna. Secondo me però un pensiero al mondiale lo faranno. Non credo che a Ganna faccia piacere aver perso il record del mondo, come credo che se Charlton dovesse battere il record, anche Jonathan, che ora magari potrebbe essere appagato, ritroverebbe la voglia di provare. 

Il Consorzio Montasio DOP “in sella” con il  Cycling Team Friuli

27.06.2024
3 min
Salva

E’ stata recentemente definita una partnership di rilievo che legherà il Cycling Team Friuli a un’altra eccellenza del Friuli Venezia Giulia, in un progetto di crescita comune. Questa collaborazione avviene all’indomani del Giro Next Gen, durante il quale il Cycling Team Friuli Victorious ha avuto un ruolo da protagonista. In particolare, la squadra ha brillato grazie alla performance del giovane Alessandro Borgo, che ha conquistato il quarto posto nella settima tappa con arrivo a Zocca. Ora, la formazione friulana può festeggiare l’entrata di un nuovo importante partner regionale: il Consorzio Montasio DOP. Questo consorzio, celebre per il suo formaggio, sarà portato sulle strade di tutto il mondo dagli atleti del Cycling Team Friuli.

Il Consorzio Montasio DOP affiancherà i corridori del Cycling Team Friuli
Il Consorzio Montasio DOP affiancherà i corridori del Cycling Team Friuli

Il matrimonio tra la squadra friulana e il Consorzio Montasio DOP va ben oltre la semplice sponsorizzazione di un team sportivo. Si tratta difatti di un progetto ambizioso che coinvolgerà tutti gli atleti del team, integrando il formaggio Montasio DOP nella loro personale dieta sportiva, sotto la supervisione di esperti di nutrizione. Durante il percorso comune, verranno raccolti dati di performance e fisici che dimostreranno, ancora una volta, come il prodotto caseario friulano sia un perfetto alleato dello sport, adatto anche per atleti di altissimo livello. Oltre ai benefici per gli sportivi, il formaggio Montasio DOP è anche un importante alleato per una sana alimentazione quotidiana.

Le caratteristiche organolettiche e nutrizionali del formaggio Montasio DOP rappresentano un elemento aggiuntivo che legherà ancora di più gli atleti al territorio friulano. Questo prodotto entrerà a far parte di una filiera regionale che ha reso il Friuli Venezia Giulia una vera e propria “terra di campioni”. La regione combina infatti competenze tecniche, un ambiente naturale ideale per l’attività sportiva, e prodotti genuini, fondamentali per una sana nutrizione sportiva e per l’educazione al benessere.

Il Montasio DOP è un formaggio tipico del territorio del Friuli-Venezia-Giulia
Il Montasio DOP è un formaggio tipico del territorio del Friuli-Venezia-Giulia

Nutrizione e sostenibilità

«Per noi – ha dichiarato il Direttore del Consorzio per la Tutela del Formaggio Montasio, Renato Romanzin – è importante sostenere le realtà sportive, in particolare quelle del territorio, che utilizzano e apprezzano il Montasio e che possono trarre importanti benefici in termini nutrizionali dal suo consumo. I risultati li vedremo direttamente sulle strade percorse da questi giovani ciclisti. Loro saranno la testimonianza di come un prodotto antico e semplice possa fungere da “carburante” per prestazioni di alto livello».

«L’accordo con il Consorzio Montasio DOP – ha replicato Renzo Boscolo, il Direttore Sportivo del CTF – rappresenta un importante passo di crescita, unito all’orgoglio di rappresentare uno dei prodotti storici del nostro territorio. Abbiamo già inserito il Montasio DOP nelle schede alimentari degli atleti e i risultati sono stati eccellenti, oltre all’apprezzamento per il gusto del prodotto. I nostri tecnici ed esperti di nutrizione stanno monitorando le performance e il gradimento e siamo molto soddisfatti dei risultati. Ma ci teniamo a segnalare un altro elemento fondamentale. Il Consorzio Montasio DOP è un prodotto d’eccellenza del territorio, ciò ci permette di fare attività sportiva ad alto livello in maniera più sostenibile, accorciando ulteriormente la filiera. Utilizzare prodotti in sintonia con i nostri valori, di una regione che rappresentiamo con orgoglio, è una motivazione aggiuntiva per tutto il team. Ringraziamo pertanto il Consorzio di Tutela per l’opportunità che ci ha concesso e riservato».

Montasio

Olivo si sblocca alla San Geo e Boscolo se lo coccola

24.02.2024
5 min
Salva

SAN FELICE DEL BENACO – Per capire quanto Bryan Olivo avesse bisogno di questa vittoria vi basta guardare l’immagine di apertura (immagine photors.it). Stampatevi quell’esultanza in testa e leggete le parole del corridore del CTF cercando di cogliere le sue emozioni. 

La volata ristretta mancava al repertorio di Olivo, che tra i suoi numerosi pregi aggiunge ora anche lo sprint, nel quale anticipa Donati e Bortoluzzi. Dopo la linea del traguardo fatica anche a frenare tanto è il freddo accumulato in queste 4 ore di gara. Sui monti intorno al lago di Garda la neve fa da cornice ad un primavera ancora lontana. Anzi, a complicare l’ultima ora di corsa si alternano pioggia e grandine, per la felicità di corridore e pubblico. 

Cattiveria

Olivo vince di cattiveria, per la gioia e il freddo finisce la sua corsa più di 200 metri dopo il traguardo. Quando lo raggiungiamo sta spiegando ai suoi compagni come ha fatto a vincere e non smette di sorridere. Siamo sicuri che la felicità sia alle stelle, ma anche il freddo non lo aiuta a cambiare espressione e mentre ride batte i denti. 

«Ho vinto di cattiveria – ci dice al parcheggio delle ammiraglie – anche perché il successo mi mancava da quando ero allievo secondo anno. I due anni da junior e le ultime due stagioni da under 23 sono state complicate. Come ho già detto voglio che il 2024 sia il mio anno e ho trovato il modo giusto di cominciare la stagione. E’ stato il miglior primo passo che potessi fare e ora devo continuare così.

«Mi ero staccato sullo strappo finale – continua a raccontare Olivo con gli occhi scavati dalla fatica – non ne avevo più, ma sono rientrato. Nell’ultimo giro avevano attaccato in tre ma non sono andati via, probabilmente anche loro erano al limite. Una volta capito che saremmo arrivati in volata mi sono posizionato per farla nel migliore dei modi. E’ andata bene, anche se non sono un velocista (dice ridendo, ndr). Mi sono trovato in un gruppetto dove tutte le gambe erano stanche, comprese le mie e sono riuscito a farmi valere». 

Gara al rallentatore

La centesima edizione della Coppa San Geo è stata caratterizzata, nelle sue prime tre ore, dalla fuga solitaria di Albert Walker della Rime Drali. Quasi tutta la gara fuori, con tanto coraggio e voglia di mettersi in mostra. Ma, quando un corridore solo rimane allo scoperto per così tanto vuol dire che dietro il gruppo ha deciso di lasciar fare.

«E’ stata una gara strana – conferma Olivo – con una fuga di quattro, diventata poi di un solo corridore, gli abbiamo lasciato tanto vantaggio, quasi sette minuti. Le prime tre ore siamo andati davvero piano, poi il gruppo ha accelerato sulla salita delle Zette, quella più lunga. Ci siamo spezzati e si è formato il drappello dei 10 che è arrivato praticamente fino alla fine. La pioggia e il freddo hanno inciso su un percorso molto tecnico. Noi del CTF avremmo dovuto controllare bene la corsa e aspettare evoluzioni. Io avevo il compito di buttarmi nelle fughe, ho trovato quella giusta ed è andata nel migliore dei modi».

Boscolo sorride

Il più felice di tutti, però, sembra Renzo Boscolo, che si coccola Olivo e il suo talento, sul quale ha investito e creduto. Non ha mai perso la fiducia verso questo ragazzo e oggi i suoi sforzi sono stati ampiamente ripagati. 

«E’ tornato il Bryan che ci aspettavamo – dice sotto al podio – non ha gestito bene il finale, ma ha vinto comunque, quindi stava davvero bene. Per Olivo il 2023 è stato un anno davvero difficile, ha saltato gli ultimi quattro mesi a causa di un problema fisico. Questa stagione può essere la sua, quella giusta. Il nostro progetto su di lui matura e può giungere al termine, regalandoci tante soddisfazioni. Non dimentichiamo che Bryan è un profilo interessante, oltre per strada e cronometro, anche per la pista. E’ un ragazzo che potrebbe interessare anche Villa. Ha il futuro davanti, vedremo di dargli le giuste opportunità e sono sicuro saprà coglierle.

«Poi va detto che Olivo è un ragazzo d’oro – conclude – si dà sempre da fare per la squadra, questo quando sali al piano superiore lo notano. Il suo anno parte oggi e deve continuare in questo modo. Ha vinto la prima, in maniera combattiva, è un bene per lui ma il percorso non è finito».

Skerl è ambizioso: «Voglio conquistare un contratto da pro’»

22.02.2024
5 min
Salva

Nella stagione Under 23 che parte proprio in questo fine settimana molti sono i prospetti italiani tenuti sotto osservazione e uno di questi è certamente Daniel Skerl. Il ventenne friulano è considerato uno degli elementi maggiormente in ascesa, tanto che non sarebbe una sorpresa vederlo a fine stagione approdare nel ciclismo che conta anche perché, militando nel Cycling Team Friuli devo team della Bahrain Victorious, ha già una strada privilegiata a sua disposizione.

Il friulano è nel taccuino di più squadre pro’, non solo della Bahrain
Il friulano è nel taccuino di più squadre pro’, non solo della Bahrain

I contratti però arrivano solo per chi se li merita a suon di risultati e questo Skerl lo sa bene. Ha lavorato duro durante tutto l’inverno e non vede l’ora d’iniziare, proprio da quella San Geo dove lo scorso anno una caduta sembrava aver gettato una fosca nube su tutta la sua stagione.

«Poi per fortuna non fu nulla di grave, anzi subito dopo infilai una serie di tre vittorie consecutive in 7 giorni. Nel complesso la stagione è stata positiva, sono arrivate anche due vittorie in Francia e Romania, oltre a tanti piazzamenti. Ho avuto un livello alto per tutta la stagione. Sicuramente militare in un team di prestigio come il CTF aiuta, è come stare in una piccola squadra WT, gli input per far bene ci sono tutti, ma poi la risposta è sempre affidata alle gambe…».

Skerl, con la maglia della nuova stagione, punta a una primavera ricca con i fuochi d’artificio (foto Nicola Blasi)
Skerl, con la maglia della nuova stagione, punta a una primavera ricca con i fuochi d’artificio (foto Nicola Blasi)
Sai bene che questa stagione sarà molto importante, quindi al di là delle prove di categoria saranno fondamentali anche i confronti con i pro’. Ne hai in programma?

Penso proprio di sì, d’altronde ho già avuto modo di confrontarmi con corridori molto più maturi negli anni scorsi all’Adriatica Jonica Race o in Slovacchia, ottenendo anche qualche risultato importante. Quando gareggi in quelle prove ti accorgi di come le cose cambiano, di quanto ottenere un risultato in quel contesto vale più di una vittoria nella tua categoria. Nel 2023 ho centrato un paio di Top 5, spero quest’anno di fare ancora meglio, vorrei alzare l’asticella.

Guardandoti, quali sono i tuoi punti forti e dove invece devi migliorare?

Sicuramente la volata è il mio marchio di fabbrica, posso ormai definirmi un velocista puro. Ma questo non basta, perché si vede ben come nel ciclismo attuale per emergere bisogna anche saper tenere in salita: tutti i migliori velocisti riescono a tenere il passo sugli strappi, corse perfettamente pianeggianti non ne esistono quasi più. Devo migliorare la mia resistenza in salita se voglio competere a livelli più alti e allargare il range delle corse a me adatte.

Lo scorso anno il friulano è emerso in volata anche al Tour de l’Alsace (foto organizzatori)
Lo scorso anno il friulano è emerso in volata anche al Tour de l’Alsace (foto organizzatori)
Quando si parla di velocisti, si parla anche di treni per la volata. Voi al CTF come siete messi?

Dipende molto dal tipo di corsa. In una prova a tappe si gareggia in pochi e se hai qualcuno che bada alla classifica (come a noi capita quasi sempre) è difficile sacrificare la squadra per la volata. Devo dire però che con i compagni si lavora bene e spesso comunque uno o due compagni mi aiutano nel trovare la posizione. E’ importante il feeling che si crea nel team, tanto è vero che in ritiro abbiamo anche provato in alcune occasioni il lavoro per gli sprint, per impostare il treno soprattutto nel periodo di preparazione in Spagna.

Ma quando il treno a disposizione non c’è, riesci a cavartela, a gestirti in una volata?

Nel ciclismo attuale è difficile emergere se non hai compagni che ti pilotano, ma il discorso è corretto, è importante anche sapersela cavare da soli. In questo mi aiuta molto il mio passato nella mountain bike. Bisogna saper leggere bene quel che succede in pochissimi attimi, avere la freddezza di fare le scelte giuste pur avendo l’adrenalina a mille. Quando è capitato me la sono sempre cavata bene portando comunque a casa risultati importanti.

Inizio marzo 2023: tre vittorie in una settimana. Qui a San Pietro in Gu (Photors)
Inizio marzo 2023: tre vittorie in una settimana. Qui a San Pietro in Gu (Photors)
Il fatto che molti pronosticano un tuo prossimo approdo fra i professionisti ti mette pressione?

Non particolarmente, so che sta a me, alla mia capacità di portare risultati. Io non posso far altro che cercare di dare il massimo in qualsiasi occasione e come dice sempre mia madre “se son rose, fioriranno”. Sono altri quelli che devono decidere per me, io posso solo dare loro materiale per farlo.

Ma sai che è una stagione fondamentale…

Sì, è una sorta di spartiacque per capire quale potrà essere il mio futuro, dovrò dare più del 100 per cento. A me comunque non pesa, anzi mi fa essere ancora più determinato. Se sarò abbastanza bravo spero di guadagnarmi anche qualche chance per correre con la squadra maggiore nella seconda parte di stagione, sarebbe già quello un bel segnale, un bel passo avanti.

Importante per la sua crescita saranno i confronti con team professionistici, previsti in Belgio e Croazia
Importante per la sua crescita saranno i confronti con team professionistici, previsti in Belgio e Croazia
Farai anche gare all’estero?

Penso proprio di sì, dal programma che ci hanno dato andremo a correre anche in Belgio e per me questa sarà una prima assoluta. Sono quelle gare che guardavo sempre in televisione iniziando a sognare, sono molto curioso di vedere come mi troverò in quella che reputo l’università del ciclismo.

Pedalare in pianura? Non è facile come sembra, parola di Fusaz

16.02.2024
5 min
Salva

Nella nostra recente intervista a Davide De Cassan, sul suo ambientamento nel mondo dei professionisti, è emersa la difficoltà di reggere i loro ritmi in pianura. «Ho avuto modo di vedere quanto vanno forte – ci aveva detto – e questo mi ha impressionato. La differenza tra le due categorie è davvero tanta (under 23 e pro’, ndr). In inverno ci ho lavorato tanto, anche con allenamenti specifici come ripetute lunghe all’inizio e alla fine degli allenamenti. Oppure sprint e partenze da fermo». 

Siamo andati a verificare con Andrea Fusaz, allenatore del team Bahrain Victorious e del CTF Friuli. Lui, che lavora a cavallo tra queste due categorie, ci può fornire una visione d’insieme e aiutarci a comprendere le difficoltà nel riuscire a pedalare a certi ritmi

«In prima cosa – ci dice Fusaz – bisogna dire che il passaggio è più difficile per i corridori leggeri, come De Cassan. Nel mondo dei professionisti, e in particolare nel WorldTour, ci sono dei motori impressionanti. Di categoria in categoria le velocità medie aumentano, ma il vero gradino è tra U23 e pro’».

Un corridore leggero, come De Cassan (61 chili), fatica molto in pianura rispetto a atleti più strutturati
Un corridore leggero, come De Cassan (61 chili), fatica molto in pianura rispetto a atleti più strutturati

Questione di muscoli

Nonostante ci si ostini a far arrivare nel mondo WorldTour, e non solo, corridori sempre più giovani, ci si deve ricordare che spesso si parla di ragazzi di 19/20 anni. La maturazione fisica per alcuni di loro è già arrivata, mentre per altri no. 

«Un atleta professionista navigato – prosegue Fusaz – è molto più strutturato: ha una maggiore potenza e, di conseguenza, maggiore velocità in pianura. In salita i giovani faticano meno a tenere il passo, sono leggeri e meno strutturati. Questo li aiuta. E’ anche una questione di abitudine a certe velocità. Da under 23 in gara fai sforzi più brevi e intermittenti. Quando passi professionista lo sforzo aumenta e diventa una costante».

Nel WT ci sono motori dalle cilindrate elevatissime, come Van Aert, che in pianura fanno la differenza
Nel WT ci sono motori dalle cilindrate elevatissime, come Van Aert, che in pianura fanno la differenza
Perché la differenza maggiore si ha in pianura e non in salita?

Il tipo di pedalata che si fa in salita è tanto diverso rispetto a quello che si fa in pianura. La prima potremmo definirla un carico passivo: ovvero che la pendenza mi obbliga a fare uno sforzo, per questo in salita si fanno più watt. Al contrario, in pianura, lo sforzo è attivo, è l’atleta che deve decidere di aumentare l’andatura. 

Facci un esempio…

Il fondo: Z2 e Z3. Per migliorare in pianura bisogna allenare tanto queste zone e “alzarle”. La grande differenza tra un allenamento di un U23 e di un pro’ è la velocità media. Lo stesso percorso il primo lo fa ai 32 chilometri orari di media, il secondo a 35. Capite che quei 3 chilometri orari di differenza, nell’arco di 4-5 ore di allenamento, sono tanti. 

La salita attiva dei meccanismi diversi di pedalata, la falcata si allunga
La salita attiva dei meccanismi diversi di pedalata, la falcata si allunga
Che tipo di allenamenti si fanno per alzare il ritmo?

Per prima cosa direi che si devono aumentare le ripetute in pianura. Se chiedete agli atleti quando fanno le ripetute, il 90 per cento vi dirà che le fa in salita. Questo è utile se si hanno davanti gare con tanto dislivello, ma se ci si appresta a fare gare “piatte” serve a poco. La dinamica della pedalata tra pianura e salita è tanto diversa. La cosa migliore che un ragazzo può fare è allenarsi con ripetute lunghe in Z2 e Z3.

In che senso?

In salita si fanno pedalate più “lunghe” perché si devono sfruttare anche i momenti morti. In pianura nei punti morti non spingi, quindi la pedalata è più breve. L’atleta si trova a scaricare sulle pedivelle tutta la potenza in un breve periodo. Un’attività che insegna molto da questo punto di vista è la pista, dove una pedalata dura 100 millisecondi. 

La strada per diminuire la differenza di potenza passa dagli esercizi in palestra
La strada per diminuire la differenza di potenza passa dagli esercizi in palestra
Quindi sarebbe utile portare i ragazzi in pista, per fare lavori specifici?

Lo sarebbe, se ci fossero le strutture per farlo, ma in Italia questo non è possibile. Se avessimo qualche velodromo in più, specialmente coperto, vedremmo molti più ragazzi in pista ad allenarsi. E saremmo noi allenatori i primi a portarli. 

Fuori dalla bici, invece?

La palestra è un grande aiuto, sia con i macchinari che a corpo libero. Qui entra anche in gioco il discorso di prima dello sviluppo fisico. Se un ragazzo non ha finito la crescita muscolare certi lavori li assorbirà meno. In determinati esercizi buona parte la gioca il peso dell’atleta, inteso come massa muscolare. Se a livello ormonale un ragazzo non è pronto gli effetti si vedranno di meno. 

La pista tornerebbe molto utile per imparare a ottimizzare la pedalata in pianura
La pista tornerebbe molto utile per imparare a ottimizzare la pedalata in pianura
Che macchinari si usano?

Squat, a corpo libero e con sovraccarichi oppure stacchi da terra. Questi esercizi aiutano ad aumentare la forza e hanno una ricaduta sul fisico. 

Olivo davanti a un bivio: nel 2024 si gioca parecchio

14.02.2024
4 min
Salva

Le parole di Bryan Olivo tradiscono tutta la sua determinazione: questo è un anno importante, forse decisivo nella carriera del friulano (nella foto di apertura Lucia & Stefano Photo) Una carriera quasi turbinosa, iniziata come grande prospetto nel ciclocross, poi approdata alla strada, ma con occhi privilegiati sulla pista dove ha collezionato trofei e nella cronometro dov’è campione italiano in carica under 23. Ora però Olivo vuole di più soprattutto nelle corse in linea.

Le prospettive per la nuova stagione acquisiscono nuovi colori partendo dall’anno appena trascorso. Anno che, seppur fortunato per la conquista della maglia tricolore, non è ricordato da Olivo con così grande rimpianto.

«Anzi – dice – per me non è stato un anno propriamente positivo. Troppi problemi fisici. Prima quelli intestinali con il dimagrimento di 3 chili in primavera, poi quelli alla gamba sinistra ai mondiali, infine l’infiammazione al miocardio che mi ha pregiudicato il finale di stagione, anche se per fortuna non sono comparse aritmie. Una stagione troppo turbolenta, ma io non ho perso il mio ottimismo e riparto anzi con ancora più carica».

Olivo, nato il 4 gennaio 2003, con la nuova divisa del Cycling Team Friuli
Olivo, nato il 4 gennaio 2003, con la nuova divisa del Cycling Team Friuli
Hai cambiato qualcosa proprio in considerazione di questi problemi fisici?

No, anche perché alla resa dei conti erano tutti disgiunti l’uno dall’altro. Cose che possono capitare, solo che a me sono capitate in rapida sequenza. La preparazione comunque non ne ha risentito e questo è importante.

Nel tuo calendario hai invece intenzione di rivedere qualcosa?

Rispetto allo scorso anno farò meno pista, questo è sicuro. Non l’abbandonerò, anche perché sono sempre convinto che sia utilissima per migliorare alcuni aspetti della strada, ma mi concentrerò maggiormente su quest’ultima. Oltretutto il calendario abbina alcuni appuntamenti importanti su pista a gare su strada che quest’anno non posso perdere.

Il friulano quest’anno punta fortemente alle gare in linea, per arrivare al professionismo
Il friulano quest’anno punta fortemente alle gare in linea, per arrivare al professionismo
Si nota una concentrazione particolare sulla strada, come mai?

Questo è un anno fondamentale. Una sorta di giro di boa. Devo ottenere più risultati possibili, anche in virtù di quanto accaduto nel 2023. Mi gioco tutto, perché voglio che a fine stagione ci sia ad aspettarmi un contratto da professionista. Il fatto di far parte del devo team di una squadra prestigiosa come la Bahrain Victorious è sì un vantaggio, ma nessuno regala niente nel ciclismo di oggi. Il contratto bisogna guadagnarselo e solo i risultati sono il valore utile per ottenerlo.

Il fatto di essere comunque in una squadra satellite ti mette più tranquillo per la ricerca del contratto?

Di tranquillo in questo ambiente non c’è nulla… Certo è importante, ma il mondo va veloce e convincere i dirigenti a darmi una chance non è semplice. Io posso fare una sola cosa, cercare di ottenere il meglio.

A Glasgow problemi alla gamba sinistra hanno pregiudicato la sua prestazione nella crono
A Glasgow problemi alla gamba sinistra hanno pregiudicato la sua prestazione nella crono
Quando comincia la tua stagione e che cosa prevede nella prima parte?

Inizierò con la San Geo, poi andrò avanti fino al 21 aprile con la Gand-Wevelgem U23, a quel punto tireremo una linea e si vedrà come andare avanti. In questa prima parte di stagione ci saranno anche occasioni per corse a tappe, che sono una palestra importantissima, guardata sempre con grande attenzione non solo dal punto di vista dell’ordine d’arrivo, ma anche come prestazione complessiva.

Nell’ottica di cui parlavi, quella di un contratto da professionista, quanto sarebbero importanti occasioni di confronto proprio con i pro’?

Moltissimo, spero di averne e spero anche di raccogliere risultati in quelle occasioni. Rispetto alle gare di categoria, si vede che si viaggia a un ritmo diverso. Ma soprattutto sono gare che danno più visibilità. Per me sarebbero molto importanti.

Lo scorso anno Olivo ha conquistato il titolo tricolore a cronometro, che vuole riconfermare
Lo scorso anno Olivo ha conquistato il titolo tricolore a cronometro, che vuole riconfermare
A parte quello di fine stagione, sapendo che poi i contatti iniziano prima, hai un obiettivo in particolare per questo 2024?

Vorrei avere una costanza di rendimento per tutto l’anno, proprio pensando a quel che è successo nella passata stagione. Poi vorrei confermare il titolo tricolore a cronometro. Io sono convinto che tutto il resto verrà di conseguenza, intanto mi concentro su questo.

A Brema con Donegà: un furgone, due bici e qualche soldo in tasca

21.01.2024
7 min
Salva

Il furgone con le scritte del VC Mendrisio e 15 ore di autostrada, che all’andata sono parse cariche di promesse e al ritorno pesanti come certe processioni che non finiscono mai. Così Matteo Donegà e lo svizzero Nicolò De Lisi hanno partecipato alla Sei Giorni di Brema (immagine Frontalvision Photo Agency in apertura). La prima edizione si svolse nel 1910, questa era la prima dopo il Covid e gli atleti non si sono tirati indietro. Addirittura la UEC è stata costretta a rimodulare il calendario degli europei per dare loro modo di raggiungere la città tedesca.

Così, dopo i reportage di Filippo Lorenzon da Gand, ci siamo affidati a Donegà per sapere come è andata in Germania. Nelle sue gambe c’erano già la Sei Giorni di Rotterdam e la Quattro Giorni di Ginevra, a breve invece partirà per la Due Giorni di Berlino. Matteo si è prestato al gioco ed è diventato nostro inviato in pista

Dopo 15 ore di viaggio, hotel raggiunto per Donegà e De Lisi
Un viaggio parecchio impegnativo?

De Lisi abita in Svizzera, a San Gallo, per cui sono arrivato da lui in auto e il giorno dopo siamo ripartiti verso Brema. Uguale al ritorno. Ne ho fatti di viaggi lunghi, ma questo si è sentito. Facevamo turni di guida di 2-3 ore. Abbiamo speso 450 euro di carburante e alla fine siamo arrivati a Brema. Dovendo portare due bici e almeno 4-5 paia di ruote, il furgone conviene. A Berlino vado in aereo, ma porto una bici sola e mi costa 120 euro in più. Per Rotterdam ho noleggiato un furgone mio e ho speso 800 euro. Averlo in prestito è stato positivo.

Che ambiente avete trovato a Brema?

Bellissimo, a me è piaciuto molto. C’ero già stato nel 2019 e avevo corso con Ferronato la gara U23, arrivando secondi. Sono passati cinque anni e mi è piaciuto tanto tornare in quell’ambiente che è stato più una festa che una gara.

Tutte le sere in bici fino alle due?

Abbiamo fatto degli orari strani, in realtà. Quando cominciavamo alle 20, finivamo intorno all’una e mezza. Un giorno abbiamo corso il pomeriggio, poi abbiamo fatto una pausa e abbiamo corso nuovamente la sera. Un’altra volta invece solo pomeriggio, dalle 16 alle 20. Cinque anni fa correvamo tutti i giorni fino alle due di notte.

La coppia Donegà-De Lisi aveva come sponsor FAHRRADja!24, e-commerce tedesca (Frontalvision Photo Agency)
La coppia Donegà-De Lisi aveva come sponsor FAHRRADja!24, e-commerce tedesca (Frontalvision Photo Agency)
Che livello c’era?

Abbastanza buono. Il giorno prima c’era stata la madison all’europeo e tanti sono venuti diretti a Brema, perché da Apeldoorn sono due ore di strada. Magari non era al livello di Gand, perché lì ci sono proprio i top, però si andava forte. 

Com’era strutturata la tua giornata tipo?

Avevamo l’hotel a 100 metri dalla pista, quindi si andava a piedi. Mi alzavo la mattina alle 9-9,30. Alle 10 colazione. Se correvamo di pomeriggio, andavo subito in pista per fare i massaggi. Il mio massaggiatore aveva sei corridori, quindi avevamo dei turni e io l’ho sempre fatto per primo. Poi aspettavo in pista, nella cabina. Facevo pranzo lì e poi correvo.

Se invece correvi la sera?

Allora la giornata era più tranquilla. Facevo colazione con più calma, andavo in pista verso le tre per fare il massaggio e alle cinque mangiavo. Se invece si correva alle due del pomeriggio, bastava fare colazione al mattino. E poi si mangiava nuovamente a cena, anche a orari impossibili.

La cabina è la casa del seigiornista fra una prova e l’altra (Frontalvision Photo Agency)
La cabina è la casa del seigiornista fra una prova e l’altra (Frontalvision Photo Agency)
Il pranzo delle cinque era come la colazione prima di una gara su strada?

All’incirca è così, perché correvamo per almeno 4-5 ore. Ogni sera si fanno dagli 80 ai 130 chilometri e sempre a ritmi belli allegri. Di solito preferisco non mangiare tantissimo per non ritrovarmi pieno nelle prime gare. E poi all’estero hanno un’alimentazione abbastanza strana.

Vale a dire?

A Brema ho mangiato soltanto pasta in bianco, mentre loro avevano una serie di condimenti che ho evitato per paura che mi tornassero su durante la gara. Quindi pasta in bianco senza esagerare e poi barrette e gel.

E durante la gara?

I massaggiatori ti fanno il riso tra una gara e l’altra, quindi di fatto mangiavo ogni mezz’ora. Ed è il regime alimentari tipico delle Sei Giorni. Rotterdam è stata più regolare perché correvamo sempre alla stessa ora, a Brema abbiamo dovuto variare di più.

Fra una prova e l’altra, musica, concerti e fiumi di birra (Frontalvision Photo Agency)
Fra una prova e l’altra, musica, concerti e fiumi di birra (Frontalvision Photo Agency)
Tanto pubblico?

Tanta gente nel mezzo della pista. Fra una gara e l’altra c’erano dei concerti, tanto che a volte facevamo pause di mezz’ora. E lì in mezzo c’era davvero una marea di gente, più che in tribuna. Non è facile riempire seimila posti se al centro della pista ci si diverte di più.

Sei soddisfatto del risultato?

Abbastanza, visto il livello che c’era. L’unico rammarico è il fatto che non avevo mai corso con De Lisi, per cui abbiamo passato la prima madison a prenderci le misure. Fare un’americana senza conoscersi non è così scontato, basta avere due tecniche diverse di cambio e perdi tempo…

Non potevate fare qualche prova?

Avevamo fatto in modo di arrivare il giorno prima per allenarci, ma quando siamo entrati in pista stavano ancora montando, quindi il rodaggio l’abbiamo fatto 10 minuti prima della gara. Comunque il podio era già deciso e anche il quarto e quinto posto. Per cui arrivare sesti su dodici coppie non è stato tanto male. Abbiamo vinto un’eliminazione e un derny e per noi l’importante era farci conoscere.

Anche meccanici e massaggiatori erano agli europei: ecco Donegà con Sven ed Etienne Ilegems, con la tuta azzurra
Anche meccanici e massaggiatori erano agli europei: ecco Donegà con Sven ed Etienne Ilegems, con la tuta azzurra
Massaggiatori e meccanici li avete trovati in Germania?

Anche quello non è stato facile, perché tanti erano a fare gli europei. Per fortuna abbiamo trovato un meccanico tedesco che ci ha aiutato per tre giorni, mentre al quarto ci siamo arrangiati. Sono capace di montarmi la bici, ma il meccanico serve. Quando fra una prova e l’altra hai 10 minuti, non riesci a cambiare il rapporto o riparare una gomma bucata.

Dieci minuti sono pochi…

Sei lì, il massaggiatore ti cambia la maglia, ti asciuga, ti lava. Magari vai in bagno e alla fine non hai tempo per pensare alla bici. E comunque averne due permette di avere i rapporti giusti. Una più dura per il derny e una meno per le prove di gruppo.

Quanto hai guadagnato a Brema?

L’ingaggio non era come immaginavo. Mi hanno dato 1.500 euro lordi per quattro giorni di gara, mentre a Rotterdam ne ho presi 4.000 per sei giorni. A Berlino, per soli due giorni mi daranno 1.000 euro. Però era la prima dopo il Covid, meglio non chiedere nulla adesso e magari spuntare un ingaggio migliore per il prossimo anno.

La Sei Giorni di Brema è stata vinta da Reinhardt e Kluge, oro pochi giorni prima nella madison di Apeldoorn
La Sei Giorni di Brema è stata vinta da Reinhardt e Kluge, oro pochi giorni prima nella madison di Apeldoorn

Fra strada e Coppa

La Sei Giorni di Brema l’hanno vinta Reinhardt e Kluge, freschi vincitori dell’europeo nella madison. In attesa di sapere se l’ex seigiornista Villa vorrà convocarlo per qualche Coppa del mondo (magari quella di Hong Kong che si corre durante le classiche), Donegà si accinge a preparare le valigie per Berlino e poi a schierarsi su strada in maglia CT Friuli. Il sogno resta quello di trovare posto come specialista in un corpo militare, ma ad ora le porte sono chiuse.

«Magari quest’anno spero di correre di più – ammette – l’anno scorso non ho fatto tantissimo su strada. Tranne la Vuelta a San Juan con la nazionale, non ho partecipato a corse a tappe. Il guaio è che essendo elite in una squadra di U23, prima fanno correre i giovani e poi se c’è posto tocca a me. Abbiamo questo tipo di accordo e a me sta bene. Ora faccio Berlino e poi vediamo. C’è chi preferisce andare ad allenarsi in Spagna, io faccio le mie Sei Giorni. Mi alleno e porto a casa anche qualche soldino in più».

Bressan, il bilancio del CTF e un dubbio sulla categoria U23

14.12.2023
5 min
Salva

Se inizialmente qualcuno fu contrario al fatto che il Cycling Team Friuli diventasse team di sviluppo per la Bahrain Victorious, quello fu sicuramente Roberto Bressan. Poi, vista la convinzione dei suoi collaboratori, anche il grande capo fece un passo indietro, accettò la novità e si mise a studiare la situazione.

La sua squadra non è un vero e proprio “devo team”, perché per esserlo dovrebbe avere la stessa amministrazione e gli stessi finanziatori. Nonostante ciò, il rapporto che si è creato è strettissimo e simbiotico. Gli stessi materiali e un kit con grafiche comuni. Andrea Fusaz è passato dall’essere preparatore dei ragazzi della continental a lavorare in pianta stabile per la WorldTour. Per sostituirlo, ex corridori del CTF si sono laureati in Scienze Motorie e ora sono entrati nell’organico come tecnici. La filiera funziona. Così siamo tornati dal manager di Udine, per farci raccontare se nel frattempo abbia cambiato opinione.

Jonathan Milan, Roberto Bressan, Rod Ellingworth, Giro d'Italia 2020, Udinea
Giro 2020, quello del Covid a ottobre: Milan e Bressan incontrano Ellingworth, al tempo manager alla Bahrain
Jonathan Milan, Roberto Bressan, Rod Ellingworth, Giro d'Italia 2020, Udinea
Giro 2020, quello di ottobre: Milan e Bressan incontrano Ellingworth, al tempo manager alla Bahrain

«Proverei ad ampliare il discorso – dice – parlando prima di tutto del senso delle devo team. Oggi ne hanno uno ben preciso, perché il ciclismo cambia continuamente. E se adesso vuoi fare ciclismo ad alto livello, devi diventare una devo team. La Colpack è l’eccezione che riesce ancora a fare le cose da sé, ma probabilmente hanno una forza economica che altri non hanno. Io non riuscirei a fare quello che faccio senza la Bahrain».

Fino a due anni fa ci riuscivi, cosa è cambiato?

Non girano abbastanza soldi. D’altronde lo vedete quali sono le squadre più forti. La Jumbo, la Quick Step, la Lotto. Hanno tutto il meglio, anche quello delle devo team è diventato un piccolo WorldTour. Sono di un altro mondo e i corridori più forti fanno la fila per essere con loro.

Quindi alla fine hai cambiato idea?

Una volta che entri nell’ordine delle idee, non puoi farne a meno. Noi non siamo una devo, lo siamo per metà. Io sono titolare della mia società, loro mi sponsorizzano e abbiamo le stesse bici. Non ci vedono più come una squadra dilettantistica, c’è un rapporto strettissimo. Se abbiamo bisogno di parlare con un loro preparatore, ci mettiamo in contatto. Mi danno i corridori che vogliono, però alla fine la società resta mia.

Andrea Fusaz è cresciuto come preparatore al CTF Lab, ora è una delle colonne della Bahrain Victorious
Andrea Fusaz è cresciuto come preparatore al CTF Lab, ora è una delle colonne della Bahrain Victorious
Qual è il vantaggio?

Siamo cresciuti. Stiamo allargando la base dei preparatori, dei massaggiatori, dei corridori che acquisiscono una mentalità diversa. Sanno che hanno delle possibilità, quindi sono anche più stimolati. Siamo CTF, ma alla fine siamo come una WorldTour, quindi il progetto funziona. Io avevo le mie perplessità all’inizio, ma se non l’avessi provato, non ci sarei mai arrivato.

Che cosa servirebbe per migliorare ancora?

Se avessi più soldi, farei un’attività ancora più importante e terrei più corridori. Ho una schiera di friulani che vorrei prendere, ma non posso per budget e per politica. Il ragionamento del Bahrain è condivisibile: vogliono una base più ampia e internazionale. La mia è più una mentalità italiana, ma quando ti ritrovi dei corridori così forti in Friuli, non puoi non prenderli. 

Daniel Skerl ha vinto quattro corse nel 2023. Qui il Trofeo Alessandro Bolis a marzo
Daniel Skerl ha vinto quattro corse nel 2023. Qui il Trofeo Alessandro Bolis a marzo
E chi li prende? Può essere il ruolo delle piccole squadre U23 che non sono continental?

Per come la vedo io, le squadre dilettantistiche italiane non agganciate a nessuno sono spacciate. Per come è strutturato il ciclismo internazionale, in questo momento non ha nemmeno più senso che esista la categoria under 23. Sarebbe meglio allungare di un anno la categoria juniores e poi passare direttamente alla continental. Ormai chi può fare bene nelle gare internazionali? Solo una squadra strutturata, per cui le squadre più piccole come quelle toscane che attività possono fare?

E allora chi li prende questi corridori friulani?

Due sono andati alla Fior, mentre i 3-4 più importanti hanno già i procuratori. Se ne chiamo uno e gli chiedo di darmi un suo corridore friulano, lui in cambio mi chiede due anni nella continental e poi il contratto WorldTour. Ma come è possibile far firmare un contratto WorldTour, se ancora non si è visto di che corridore parliamo? Secondo me è esagerato quello che attualmente chiedono i procuratori. Bruttomesso è migliorato tanto, finisce le corse a tappe, ma probabilmente neanche lui è pronto per la WorldTour.

Bruttomesso passa alla Bahrain Victorious dal 2024, per Bressan deve crescere ancora molto (photors.it)
Bruttomesso passa alla Bahrain Victorious dal 2024, per Bressan deve crescere ancora molto (photors.it)
Come è andato il 2023?

Abbiamo avuto parecchi problemi, ma è vero che fare il confronto con la squadra di tre anni fa sarebbe difficile. Jonathan Milan faceva la differenza, anche Aleotti. Abbiamo vinto un sacco di gare, però nel 2023 mi sarei aspettato qualcosa di più. Per contro abbiamo trovato Skerl che diventerà un corridore di peso. Il prossimo anno si ricomincia un ciclo. A parte Brian Olivo, Andreaus e Skerl, avremo tutti primi anni.

L’obiettivo è ancora vincere oppure, avendo dietro la WorldTour, si può correre con meno pressione?

E’ cambiato il modo di pensare, perché la Bahrain non ti dà la pressione immensa che prima dovevi mettere ai corridori. Vedono che se fanno qualcosa di buono, hanno lo spiraglio. Nessuno parla di De Cassan, ma correndo con noi, si è ricavato la possibilità di passare professionista, anche se non al Bahrain. Non gli abbiamo mai dato pressione, è arrivato bene nelle gare giuste e ha trovato il suo posto. L’importante è lavorare come Dio comanda, solo facendo così si tirano fuori dei corridori.