Marco Haller, crono Caen Tour 2025, cronoman

Il logoramento del cronoman? Pinotti: «Più di testa che di gambe»

15.10.2025
5 min
Salva

La stagione volge al termine e si iniziano a tracciare i primi bilanci. E nel “pianeta cronometro” il dominatore, senza se e senza ma, è stato Remco Evenepoel. Il belga ha conquistato il suo terzo mondiale consecutivo contro il tempo, esattamente come Michael Rogers, primo cronoman a conquistare tre titoli iridati di specialità consecutivi.

Al risuonare di questo nome, ci è venuta in mente una frase che ci disse nel 2022, commentando la delusione di Ganna dopo i mondiali di Wollongong del 2022, che chiuse al secondo posto dopo le due vittorie del 2020 e 2021.
E lui: «E’ proprio la testa il problema. Per preparare un grande evento come una crono ci vuole tanta energia mentale, anche e soprattutto nella fase di allenamento, perché è molto specifico. Non è facile. L’abbiamo visto. Io sono stato il primo, poi è arrivato Fabian Cancellara e poi Tony Martin. Eravamo tutti intorno a quel podio e io ho fatto fatica al quarto mondiale.
«Non avevo più la concentrazione o la grinta per spingermi così tanto nella fase di allenamento, come quando lottavo per vincere. Preparando il quarto, mi accorsi subito che non avevo la fame per fare fatica. Quasi vomitavo dopo ogni ripetuta».

Pinotti in carriera è andato a migliorare, ma forse è stato una particolarità. E comunque aveva stimoli per raggiungere i migliori. Non aveva vinto tre titoli iridati
Pinotti in carriera è andato a migliorare, ma forse è stato una particolarità. E comunque aveva stimoli per raggiungere i migliori. Non aveva vinto tre titoli iridati

Senza dover fare processi a nessuno, abbiamo ripreso questo discorso con Marco Pinotti. Stavolta il tecnico della Jayco-AlUla lo abbiamo sentito come ex cronoman per commentare questo concetto, in base alle sue esperienze. Davvero il tempo all’apice del cronoman è di 3-4 anni?

Insomma Marco, davvero la cronometro è una specialità così usurante?

Non si può dare una risposta univoca: dipende da come uno li distribuisce, questi anni, e da cosa fa nel mezzo. Secondo me non è detto che uno perda questa verve, anzi, magari può anche aumentare. Certo è che la cronometro impone una capacità di soffrire per un tempo continuo e prolungato che va anche allenata. E qui sta il bello.

Il bello per il cronoman…

Probabilmente quando un atleta fa fatica a soffrire a cronometro, fa fatica a soffrire anche nelle altre gare. Non è una cosa specifica del cronoman. Forse in una prova contro il tempo questi problemi si accentuano.

Da un paio di anni Ganna non riesce a battere Remco a crono. Sul podio dell’europeo la sua espressione non era certo felice
Da un paio di anni Ganna non riesce a battere Remco a crono. Sul podio dell’europeo la sua espressione non era certo felice
Perché?

Perché bisogna andare a toccare un livello di profondità, di sforzo e di sofferenza molto elevato. Uno sforzo che dopo un certo punto uno non ce la fa più. E’ quello che succede magari agli inseguitori che fanno i quattro chilometri da soli o a squadre. Sono discipline dure. Però, attenzione: non è solo questione della cronometro in quanto tale, perché se ci pensiamo bene magari il suo sforzo è paragonabile a quello di uno scalatore nella salita finale. Non è una cosa tanto differente come tipo di sforzo… almeno a livello fisico.

Però la gara è il termine di un percorso. Rogers parlava anche di allenamenti al limite del vomito. C’erano esercizi particolarmente stressanti che facevi?

Alcuni allenamenti specifici li facevo in pista, per una questione di sicurezza e di fattibilità in quanto a numeri e dati. Però ci sono allenamenti che venivano più facili in salita. Quando invece devi lavorare in pianura e raggiungere certi livelli, è vero che ci vogliono più convinzione e più grinta. Queste due capacità per me sono fondamentali.

Perché?

Perché se ti vengono a mancare, va bene un giorno o due, ma se è di più forse è il momento di cambiare mestiere o di prendersi una pausa.

Evenepoel nella crono, per lui terribile di Peyragudes al Tour 2025: vero che era in salita, ma quel giorno la testa fece la differenza in negativo per lui
Evenepoel nella crono, per lui terribile di Peyragudes al Tour 2025: vero che era in salita, ma quel giorno la testa fece la differenza in negativo per lui
Quali sono i lavori del cronoman che più lo svuotano?

Quando devi lavorare a velocità di gara in pianura, o nei lavori intermittenti. Esercizi che non sono specifici per lo sforzo, ma per aumentare l’efficienza sulla bici da crono. Perché ci sono lavori intermittenti che fai anche su strada, però con la bici da cronometro sono ancora più duri.

Come mai sono più duri?

Perché sei sul mezzo che ti deve dare il risultato e soprattutto perché sei in posizione. Sei schiacciato. La bici da cronometro è la bici “scomoda” per eccellenza. Già questo ti porta via altre psicoenergie, mettiamola così. Se devo fare cinque ore in bici è una cosa, se ne faccio tre a cronometro ad una certa intensità è un’altra.

Quando capisci che la concentrazione non è al top?

In gara lo capisci subito. Lo capisci già la mattina prima di partire, secondo me. Magari quelli sono anche i momenti in cui uno cade, sono i momenti in cui non riesci più a stare rilassato e focalizzato nello stesso momento.

Per durare a lungo Pinotti parla di sana gestione: questa è a 360° e impone anche la voglia spasmodica di ricercare nuovi materiali e soluzioni tecniche
Per durare a lungo Pinotti parla di sana gestione: questa è a 360° e impone anche la voglia spasmodica di ricercare nuovi materiali e soluzioni tecniche
Ti è mai capitato di avere un rifiuto della preparazione e di dire: «Basta, questo esercizio non lo voglio fare più»?

Sinceramente no. Può capitarti un periodo in cui fai più fatica ad allenarti, perché magari hai altre cose per la testa. A me è successo quando studiavo, per esempio. Ero ancora dilettante. Senti quella mancanza d’aria, ti senti assillato dagli impegni.

E come te la cavasti?

Mi sarei dovuto prendere una pausa. Adesso ho capito che era inutile provare a far tutto.

Uscendo dalla parte mentale, esiste invece un tempo fisiologico di massima espressione della performance per il cronoman?

Per me sì, ed è di 10 anni. Se ti gestisci bene, e intendo a 360 gradi, puoi essere al top per dieci anni.

Scopriamo Donati, cronoman un po’ per caso

03.09.2023
5 min
Salva

Se il Trofeo Paganessi aveva incoronato il belga Widar, che sarebbe stato poi protagonista al Giro di Lunigiana, il Trofeo Vertova del giorno prima (allestito dalla stessa società organizzatrice) aveva regalato la più grande gioia internazionale a Davide Donati e guardando bene la sua carriera da junior un suo squillo era lecito attenderselo.

Di Donati aveva già parlato – e bene – Luca Giaimi, suo avversario in tante gare, ma anche compagno d’avventura nella crono iridata di Glasgow. Spesso piazzato, vincitore di una tappa all’Ain Bugey Valromey Tour, la stella della Ciclistica Trevigliese mostra già dalle prime parole una certa padronanza della sua attività, come hanno coloro che sanno bene che cosa vogliono.

La vittoria al Trofeo Vertova, battendo nello sprint a due il belga Widar (foto Benagli)
La vittoria al Trofeo Vertova, battendo nello sprint a due il belga Widar (foto Benagli)

«Sono stato abituato sin dallo scorso anno ad affrontare gare internazionali, non mi metto in soggezione, è anche vero però che non riuscivo ad emergere per come avrei voluto, probabilmente perché ero un po’ acerbo. La vittoria in Francia mi aveva dato fiducia, conquistando anche la maglia di miglior sprinter, ma sinceramente tornando dai mondiali con un 23° posto che non mi aveva soddisfatto non pensavo di essere così in forma. Invece già pochi giorni prima alla Collegno-Sestriere avevo visto che le gambe giravano e il percorso del Vertova si adattava alle mie capacità».

Considerando la tua propensione per le cronometro, possiamo considerarti un passista?

A dir la verità non ho ancora ben capito che cosa sono. In salita non vado male, anche se soffro certe pendenze, considerando che sono abbastanza robusto, in pianura vado bene e non sono certo fermo in volata. So che sono considerato un cronoman, ma faccio gare contro il tempo solo da quest’anno.

Donati in gara alla crono iridata in Scozia. Ha chiuso 23° a 2’01” dal vincitore Chamberlain (AUS)
Donati in gara alla crono iridata in Scozia. Ha chiuso 23° a 2’01” dal vincitore Chamberlain (AUS)
Tutte caratteristiche però ti indicano come un prospetto per le corse a tappe…

Io mi vedo più come corridore da classiche, da percorsi impegnativi che si giocano tutti in gara secca. La mia dimensione ideale può essere quella delle brevi corse a tappe, soprattutto se ci sono certi percorsi. D’accordo con la mia squadra, ad esempio, abbiamo pensato che in luogo del Giro di Lunigiana potesse essere più adatto il GP Ruebliland in Svizzera, che ha 4 tappe su percorsi non troppo impegnativi. Lì potrei anche provare a giocarmela per la classifica generale.

Perché dici che sono gli altri a considerarti un cronoman e non tu?

La crono l’ho fatta un paio di volte, è vero che ai campionati italiani sono giunto secondo, ma l’ho fatta senza alcun allenamento specifico, probabilmente perché sono partito nel primo blocco e dopo è venuto il cattivo tempo penalizzando quelli che partivano dopo. Quel risultato però mi ha fatto capire che posso fare qualcosa di buono. Ho avuto una Giant specifica sulla quale allenarmi e mi sono impegnato per fare sempre meglio. Probabilmente in questo contesto mi è d’aiuto la mia esperienza in mountain bike.

Donati ha una grande predisposizione per la mtb. Lo scorso anno è stato 1° di categoria alla Gimondibike
Donati ha una grande predisposizione per la mtb. Lo scorso anno è stato 1° di categoria alla Gimondibike
Parliamone…

La mtb è stata il mio primo amore, con quella ho iniziato a gareggiare da allievo e su 5 gare ne ho vinte 2. La Ciclistica Trevigliese in questo mi ha aiutato tanto, mi ha fatto gareggiare in gare nazionali e anche a qualche prova di Coppa del mondo all’estero e andavo piuttosto bene. Quest’anno ho preso la mtb d’inverno, facendo le primissime gare stagionali (2° ad Albenga e 3° a San Zeno di Montagna nell’Italia Bike Cup, ndr) e anche lì ho avuto buoni risultati, poi mi sono concentrato sulla strada.

La tua esperienza fa venire in mente l’esempio di Jasper Philipsen, iridato sia su strada che in mtb, che tra l’altro sarà anche lui in Svizzera. Non potresti seguire il suo esempio e abbinare le due specialità?

Philipsen può farlo perché ha un motore eccezionale e un gran talento. Io dico che nel futuro sarà all’altezza dei fuoriclasse attuali, da Van Der Poel a Van Aert. Abbinare le due bici non è per nulla facile: lo scorso anno notavo che quando cambiavo trovavo difficoltà nella guida, ho preso batoste che non mi sono piaciute. Per poter fare entrambe devi avere davvero tanto tempo a disposizione per fare preparazioni mirate.

Il prossimo anno il lombardo passerà nelle file della Biesse Carrera, approdando fra gli U23
Il prossimo anno il lombardo passerà nelle file della Biesse Carrera, approdando fra gli U23
Pensi quindi di lasciarla da parte?

No, a inizio stagione è utile fare qualche gara di mountain bike, ti dà il ritmo giusto e allena moltissimo la guida, ma poi dovrò concentrarmi sulla strada anche perché il 2024 sarà un anno importante.

Passerai di categoria…

Sì, approdando alla Biesse Carrera che mi ha proposto un progetto che mi è molto piaciuto. Il prossimo anno avrò la maturità, quindi la prima parte dell’anno dovrò giocoforza essere più concentrato sullo studio. Poi cambieranno tante cose, i chilometraggi delle gare, gli allenamenti, Servirà tempo e pazienza, ma se potrò crescere senza bruciare le tappe, sono fiducioso che i risultati arriveranno.

Crono: perché schiena e muscoli posteriori sono tanto importanti?

17.08.2023
4 min
Salva

Parlando con i corridori ma anche i tecnici, è emerso come la schiena e la muscolatura posteriore giochino un ruolo fondamentale nella posizione della crono. Tutta questa catena, dalle spalle ai polpacci, è chiamata fortemente in causa. E lo è sia per la spinta che per l’equilibrio.

Diego Bragato, responsabile del Settore Performance della Fci, conferma tutto ciò. Lui lavora moltissimo con i ragazzi della pista e del quartetto i quali, ovviamente, hanno una posizione da crono piuttosto estrema. Ma anche sulla strada non si è certo da meno. Mattia Cattaneo, per esempio, dedica molto tempo alla muscolatura della schiena. E lui stesso ci spiegava come grazie a certi lavori specifici riuscisse ad adottare una posizione più estrema con relativa facilità.

Diego, gli atleti ci dicevano che a crono la parte posteriore della muscolatura e della schiena contano moltissimo. Incide anche nella guida. E’ così?

E’ vero, ma direi che è tutta la parte centrale del corpo e non solo quella posteriore che gioca un ruolo fondamentale nel gesto della pedala e in particolare della pedalata a crono.

Perché?

Perché una muscolatura tonica stabilizza l’atleta sulla bici. E un ciclista più stabile guadagna due volte. Una muscolatura forte stabilizza le spinte sui pedali, soprattutto quando si hanno posizioni estreme e si spingono i rapporti lunghi di oggi. Se il “core” è dunque forte, il bacino è più stabile e c’è meno dispersione di forza. Insomma, si spinge di più. Secondo aspetto: un atleta più forte e stabile evita d’innescare una serie di problematiche secondarie come infiammazioni, dolori…

Che poi è un po’ quello che giusto ieri ci diceva Yankee Germano, parlando dell’arretramento più corto anche sulle bici da strada…

Le posizioni a crono invece sono più estreme. Devi essere più flessibile, quindi avere una mobilità maggiore, ma anche più stabile… E conciliare le due cose non è facile.

Squat (in foto, dal web) e stacchi sono ideali anche per i glutei
Squat (in foto, dal web) e stacchi sono ideali anche per i glutei
E allora quali sono i muscoli più chiamati in causa nella crono?

I primi restano i quadricipiti, ma cresce l’apporto del grande gluteo e di tutta la parte dorsale. Sia per il discorso delle spinte che della guida.

Come ci si lavora dunque?

Con esercizi a corpo libero, esercizi per il core. Ma proprio perché è un tema molto importante andiamo a monte. In Federazione spingiamo molto affinché su stabilità e mobilità si lavori sin da ragazzi. La mobilità è la prima cosa che dalla nascita in poi si va a perdere, pertanto va curata. Poi serve il potenziamento. Quindi i classici stacchi, lo squat… e infine la parte specifica per il core, come gli addominali.

Stacchi e squat… come li fai fare?

Io preferisco farli fare con il bilanciere libero, tanto più se l’argomento sono la crono e la stabilità. Perché stando liberi non solo devi comunque fare il tuo esercizio di forza, ma devi continuamente controllare il movimento con tutti i muscoli. Magari ho meno carico rispetto a chi lavora con i macchinari, ma farò un lavoro più completo.

Trazioni a braccia larghe per far lavorare di più la muscolatura della schiena
Trazioni a braccia larghe per far lavorare di più la muscolatura dorsale
E questi esercizi vanno bene anche per la parte posteriore?

Sì, anche se poi per bicipiti femorali e glutei si lavora pedalando: partenze da fermo, SFR… sono movimenti che ti permettono di lavorare su una spinta completa. Io le chiamo progressioni di forza.

Diego resta la parte alta: la schiena che a quanto pare serve moltissimo per l’equilibrio…

Per la schiena si fanno le classiche trazioni alla sbarra, gli esercizi a corpo libero, i dorsali… specie lavorando con ampie aperture.

Come mai con ampie aperture?

Perché una presa più larga, specie con i palmi rivolti verso l’esterno e non verso la faccia, fa sì che si usino meno i bicipiti e più i muscoli dorsali e scapolari. L’obietto di tutto questo tema alla fine è uno: trovare il miglior compromesso tra forza e una posizione estrema come quella richiesta dalla crono.

Il monte ore annuo del cronoman: numeri da capogiro

15.08.2023
5 min
Salva

All’inizio dell’anno viene decisa gran parte della stagione, sia quella agonistica (il calendario) sia quella relativa alla preparazione. Sempre più spesso si sentono parlare coach ed atleti di ore di allenamento, non solo nel ciclismo, e non di chilometri. Questo approccio dà un quadro d’insieme di quanto siano grandi i volumi di attività nel corso dell’anno.

In questa suddivisione colpisce moltissimo la differenza di ore di sella fra chi è anche un cronoman e chi no. Possono esserci differenze pari a dieci volte, tra chi vi pedala per 10-12 ore e chi per 100-120 ore. Quando si entra in tema di cronometro e di preparazione va quasi da sé che l’interlocutore sia Marco Pinotti, coach della Jayco-AlUla.

Una bici da crono (da allenamento) per Foss. L’ex iridato ci fa anche le distanze in quota
Una bici da crono (da allenamento) per Foss. L’ex iridato ci fa anche le distanze in quota
Marco, davvero si parla di quelle quantità di ore e di quelle differenze?

Magari 120 ore sono effettivamente molte, anche se non è un numero impossibile, tuttavia può starci specie se ci si include le gare.

Il monte ore si stabilisce ad inizio stagione?

Non del tutto. Non si pongono delle percentuali di ore a crono e di ore su strada. Diciamo che ad un cronoman si cerca di fornire prima di altri la bici “da tempo” e la prende almeno per un’uscita a settimana. Sempre. Che diventano due prima di un grande Giro o di una gara in cui c’è una crono e tre prima di un evento come un mondiale, un’Olimpiade, un campionato nazionale… Tutte cose che lo stradista in linea non fa e che chiaramente contribuisce a spostare il monte ore di allenamento verso la crono.

E a fine stagione, in percentuale, quanto tempo del suo monte ore uno specialista passa sulla bici da crono?

Si va dal 10 al 50 per cento, per i super specialisti. Io credo che una quantità di ore più concreta sia tra le 80 e le 100 ore l’anno per un cronoman sulla bici da crono. Mentre gli altri si attestano al di sopra delle 20 ore.

Quanto può dare in più lo stare in sella alla bici da crono? Ammesso che si possa stabilire…

E’ difficile, dipende molto da come si passano quelle ore sulla bici da crono e anche dalla posizione che ha quello specialista, cioè se è più o meno estrema. Diciamo che può esserci una differenza di miglioramento del 5 per cento. Ma è un dato molto grossolano.

Chi era un atleta che passava davvero tante ore sulla bici da crono?

Mi viene in mente Kung, ma forse più di tutti Rohan Dennis. Lui ci fa anche i lavori specifici e forse anche per questo è uno dei pochissimi atleti in grado di esprimere gli stessi watt, se non di più, sulla bici da crono che non su quella da strada. Perché va ricordato che la vera differenza il cronoman la fa con l’efficienza biomeccanica. E’ una questione muscolare.

Sin qui abbiamo parlato dei cronoman. Ma quanto è importante che su quella bici ci passi del tempo anche lo scalatore?

E’ importante, ma questo non deve togliere nulla alla sua attività principale che è andare forte in salita. Poi è chiaro che è importante, specie nel ciclismo super livellato (in alto) di oggi, ma gli obiettivi per cronoman e scalatore sono diversi.

Grazie all’aumento del monte ore sulla bici da crono, Kristen Faulkner è migliorata molto anche nella guida di questo mezzo
Grazie all’aumento del monte ore sulla bici da crono, Kristen Faulkner è migliorata molto anche nella guida di questo mezzo
Cioè?

Il cronoman si allena a crono per andare forte in quella disciplina. Lo scalatore soprattutto perché il giorno dopo la tappa contro il tempo non deve accusare troppo a livello muscolare il cambio di bici. Si chiama transizione. Simon Yates (nella foto di apertura, ndr) per esempio, ci ha lavorato parecchio e non a caso al Tour il giorno dopo la crono ha fatto secondo. Ovviamente quando dico che è importante per lo scalatore, mi riferisco a quello che deve fare classifica.

Marco, prima hai detto che a grandi linee usare molto la bici da crono può dare un 5 per cento in più rispetto a chi la usa di meno in termini di prestazione, di efficienza biomeccanica, e in termini di guida?

Chiaramente serve, ma con i fenomeni e i materiali che ci sono adesso conta un po’ meno che in passato. Oggi ci sono dei super specialisti e qualche fenomeno tra gli uomini di classifica: basta. Tanti corridori per svariati motivi (traffico, tempistiche, certezza di rispettare determinati wattaggi…) utilizzano la bici da crono sui rulli. In questo modo magari migliorano sul piano muscolare e della posizione, ma non su quello della guida. Tuttavia questo tipo di miglioramento è strettamente legato alle capacità di guida del singolo atleta. Matteo Sobrero per esempio è molto bravo e, parlando di guida, non avrebbe così necessità di passarci tante ore. Kristen Faulkner, al contrario, ne aveva tanto bisogno. Da quest’anno ha aumentato il suo monte ore con la bici da crono ed è migliorata parecchio.

Tratnik, una freccia in più per l’arco della Jumbo-Visma

26.01.2023
4 min
Salva

La Jumbo-Visma ha vinto il ranking UCI 2022. E’ stata la miglior squadra, quella che ha raccolto più punti. Merito di un grande team, di atleti come Vingegaard, Van Aert, Roglic ma anche di tanti corridori che hanno permesso loro di poter primeggiare. Insomma, merito dei gregari. E proprio perché sanno bene che il ciclismo, checché se ne dica, è uno sport di squadra, ecco che ne hanno preso un altro di gregario, Jan Tratnik (in apertura foto Instagram Jumbo-Visma).

Lo sloveno viene dalla Bahrain-Victorious. E’ uno di quei corridori tosti. Forse in bici non è un “cigno”, ma di certo ci puoi contare. Tratnik sa vincere e sa far vincere. Porta punti e li fa fare. Un uomo così lo vorrebbero tutti.

Occasione giallonera

Mentre era intento a farsi fare il calco del piede per le nuove scarpe Nimbl, Tratnik ci ha raccontato  del suo passaggio.

«Sono stato in contatto con diverse squadre – ci ha detto qualche tempo fa Tratnik – e vengo da una squadra importante come la Bahrain. Ma alla fine ho deciso per questo team perché penso sia il massimo in questo momento.

«Qui penso di poter ottenere il top dal punto di vista dei materiali, della preparazione… E così la scorsa estate, quando si fanno i contratti, c’è stata questa opportunità ho deciso di accettare».

A dispetto della sua statura, ma ormai conta poco vedendo Evenepoel, lo sloveno è un ottimo cronoman. E anche questo, ci aveva detto Mathieu Heijboer, responsabile della performance, aveva inciso sul suo passaggio. Poter disporre di un corridore così duttile è un’arma in più. Può essere utile in più occasioni.

Lo sloveno è un ottimo cronoman. Ha vinto quattro titoli nazionali contro il tempo
Lo sloveno è un ottimo cronoman. Ha vinto quattro titoli nazionali contro il tempo

Missione rosa

E infatti Tratnik è stato inserito nella missione Giro d’Italia, dove il leader sarà Roglic. Con così tanta crono, oltre al fatto che potrebbe cogliere un buon successo, magari Jan potrà essere utile al suo capitano e connazionale Primoz Roglic.

Potrà essere una pedina molto interessante per capire gli ultimi dettagli prima della prova del leader. Spesso infatti si fa fare al gregario la crono “a tutta” proprio per capire i punti critici e le condizioni del tracciato e riportare così info preziose per il leader. E se questo “gregario” è anche un cronoman tanto meglio. E ovviamente anche per tutto il resto: salita, pianura, il fatto che sono entrambi sloveni…

«Sono nel miglior team per quanto riguarda le crono – prosegue Tratnik – e penso di poter fare delle prove abbastanza buone. In questa squadra avrò bici, scarpe, materiale, tutto il meglio e per questo sono curioso di vedere come andrà. Il mio obiettivo è raggiungere il mio massimo».

Tratnik Giro 2020
L’impresa di San Daniele del Friuli al Giro 2020. Tratnik vinse al termine di una lunga fuga
Tratnik Giro 2020
L’impresa di San Daniele del Friuli al Giro 2020. Tratnik vinse al termine di una lunga fuga

Motivazione super

Ma come abbiamo detto all’inizio, un atleta come Tratnik non è solo un gregario. E’ vero che in certe squadre il “pedigree” si alza, ma se vinci quattro titoli nazionali a crono in uno stato in cui ci sono Pogacar, Roglic e Mohoric, se alzi le braccia in una tappa del Giro, non sei uno qualunque. 

«Dovrò aiutare e lo so bene – spiega Tratnik – ma penso anche che se ci sarà la possibilità potrò essere libero per cogliere dei risultati personali. 

«Sembro molto motivato? E’ vero, lo sono. So che non sono più giovane e forse proprio per questo sento di avere con questa nuova sfida la maggior motivazione della mia carriera.

«Mi piace molto la cura di tutti gli aspetti, come ho detto, dalla preparazione all’alimentazione. So che tanti altri ragazzi sarebbero voluti venire qui, proprio per l’organizzazione che c’è e per la possibilità che si ha di esprimersi al massimo. E per questo non vedo l’ora di scoprire come andranno le cose. Loro sanno bene cosa vogliono».

La squadra olandese rinforza così la sua rosa con un altro corridore di sostanza. E se Tratnik dovesse rivelarsi un nuovo Laporte ne vedremo delle belle.

Affini ci apre la porta di casa. Chiacchiere di autunno

13.11.2022
6 min
Salva

Il sole cala e l’umidità sale a Serraglio, paesino del mantovano dove in una casa stile castello vive Edoardo Affini. Due torrette in pietra, i gerani, un portico… il cronoman ci accoglie col sorriso. Andiamo a trovare il gigante della Jumbo-Visma in un pomeriggio di novembre. E’ in momenti come questi che si racconta in tranquillità quel che è stato e di quel che sarà.

Affini, classe 1996, è alla sua terza stagione da professionista. Una stagione tutto sommato bella per lui, suggellata dalla maglia rossa alla Vuelta. Mentre ci mostra la sua bella casa che è ancora in fase di costruzione iniziano le nostre domande. E la prima è una curiosità da “cicloamatore”.

Edoardo con le due maglie rosse della Vuelta, quella speciale per le frazioni olandesi e quella tradizionale
Edoardo con le due maglie rosse della Vuelta, quella speciale per le frazioni olandesi e quella tradizionale
Edoardo, qui di montagne neanche l’ombra. Come fai per gli allenamenti?

I primi strappetti, le colline moreniche, sono a 30 chilometri, altrimenti devo andare sul Garda. Se devo fare una distanza senza lavori ci vado in bici, ma se devo fare degli specifici mi avvicino con la macchina. Altrimenti tempo che arrivo è ora di tornare a casa!

E si diventa cronoman anche per tutta questa pianura? Al netto di un certo fisico chiaramente…

Di certo con la pianura c’è feeling. La faccio spesso. Anche i rapporti: vai a cercare quelli più lunghi.

Che stagione è stata?

Direi una bella stagione per me, molto bella per la squadra. Per quel che mi riguarda ci sono stati alti e bassi. Tra gli alti, c’è senza dubbio la maglia rossa alla Vuelta arrivata dopo una vittoria, quella della cronosquadre. O il podio nella tappa del Giro. E poi quando sei in corsa e i tuoi capitano finalizzano. Come Wout (Van Aert, ndr) alla Omloop o ad Harelbeke.

Affini ha ricavato uno stanzino per i suoi trofei
Affini ha ricavato uno stanzino per i suoi trofei
E i bassi, invece , quali sono stati?

Le due mazzate del Covid. Una a febbraio, che ha scombussolato un po’ i piani della primavera, e una alla Vuelta. Quella mattina in Spagna ho fatto un controllo quasi per scrupolo visto che qualche caso c’era stato. Dopo il tampone stavo andando a fare colazione quando con la coda dell’occhio ho visto la seconda lineetta del test. Non avevo assolutamente niente, ma c’è un protocollo di squadra che parla chiaro e sono tornato a casa.

Hai parlato della squadra. Con tutte queste vittorie vi sentite più forti quando siete in corsa. Per la serie: “Fatevi largo arriviamo noi della Jumbo-Visma”?

Questa sensazione c’era già l’anno scorso e quest’anno ancora di più. Siamo sempre pronti a prendere in mano la corsa e fare il meglio per far vincere i capitani. Non solo, ma quando poi hai capitani del nostro calibro anche le altre squadre ci lasciano fare. “Che ci pensino loro”, dicono. Ma al Fiandre, anche senza Wout fermato dal Covid, abbiamo dato il nostro contributo e corso come volevamo noi.

Insomma c’è questa sensazione di essere una squadra…

Siamo un collettivo. Sono qui da due anni, di prima non posso parlare, ma da quel che mi dicono è che proprio negli ultimi due anni si è fatto un bello step. Specie nel cercare di fare la corsa.

Il treno della Jumbo-Visma guidato da Affini nella cronosquadre della Vuelta che gli permesso di vestire in rosso
Il treno della Jumbo-Visma guidato da Affini nella cronosquadre della Vuelta che gli permesso di vestire in rosso
Parliamo di leader. Van Aert che capitano è? Cosa chiede in corsa?

Wout sa quel che vuole. Non è uno che ti martella, però è capace di farti tirare fuori il meglio per il tuo specifico lavoro. E te ne rendi conto dopo. Tu stesso percepisci che vuoi dare il 100%.

Roglic invece?

Anche lui è un leader, ma è diverso rispetto ad un Van Aert. E’ più espressivo, nel senso che parla di più è più “nervoso”. Poi magari certe volte su una salitella sta faticando tanto e ti dice: “Ti vedo bene, io invece oggi ho mal di gambe”. Allora lo guardi e visto che un po’ lo capisce, gli dici in italiano: “Primoz, mettiti a ruota!”. A quel punto capisce e si mette a ridere… Però è un capitano vero.

E poi c’è Vingegaard…

Con Jonas non ho corso tanto a dire il vero. Ci ho fatto la Tirreno, quando ha fatto secondo dietro Pogacar. Che dire: è un talento. Di certo è un tipo tranquillo. Quando si è detto che dopo il Tour fosse saltato di testa è perché lui non cerca attenzioni, non è da social. E’ introverso. Però quando è in corsa sa come gestire la squadra. E gli piace stare dietro a me! 

La fuga di Treviso. Grande collaborazione e ottime gambe hanno permesso ai quattro di andare al traguardo. Affini fu secondo
La fuga di Treviso. Grande collaborazione e ottime gambe hanno permesso ai quattro di andare al traguardo. Affini fu secondo
Ah sicuro: dietro ad Affini si sta bene!

La posizione di Wout alla Sanremo è stata una cosa micidiale. Anche lui riesce a stare ben coperto dietro a me. Per risparmiare energie ha fatto tutta la corsa alla mia ruota. E queste erano le consegne. Lui si fermava a fare pipì? Io mi fermavo. Lui andava all’ammiraglia? Io andavo dietro. Così fino alla Cipressa.

Come hai passato quest’ultimo periodo?

Bene dai. Riposo vero. La prima settimana sono stato a casa, poi sono andato in Olanda dalla mia ragazza per 15 giorni e adesso sono di nuovo qui. Ho ripreso giusto questa settimana, con piccole cose, giusto per dire al fisico che è ora di riprendere, mentre da domani si riprende più seriamente.

Dal balcone, fra le due torrette in pietra, un saluto prima di andare via
Dal balcone, fra le due torrette in pietra, un saluto prima di andare via
Si dice che si va sempre forte, quali sono stati i giorni in cui in stagione ha spinto di più?

Beh, nella cronosquadre della Vuelta siamo andati forte davvero. Ma anche nel giorno della fuga al Giro. Negli ultimi 60 chilometri abbiamo pedalato di brutto. Giravamo tutti e quattro.. come un quartetto. Abbiamo mantenuto la velocità alta. Anche Gabburo, che era più piccolo, girava con noi passistoni. Ci stava un attimo, ma la velocità non calava. E poi un altro giorno che abbiamo menato e in cui ho avuto paura di restare solo indietro è stato nel giorno del Crocedomini in avvio. Nella tappa dell’Aprica. Mi sono detto: “Almeno fino in cima devo restare attaccato. Poi vediamo”. So solo che per un’ora e 4′ ho fatto 430 watt… per restare attaccato.

E il Giro d’Italia con tre crono ti piace?

Diciamo due nel mio caso! Penso sia un percorso interessante. Ci sono anche delle tappe dure. La prima crono è interessante, ma anche la seconda è insolitamente lunga per il Giro. In generale penso sia giusto che in un grande Giro ci siano anche dei bei chilometri contro il tempo. E infatti penso che al Tour quest’anno abbiano un po’ sbagliato. Pensiero mio almeno…

Qual è l’obiettivo di Affini?

Continuare a migliorare. Certo anche vincere, quello fa piacere a tutti, ma di base dico migliorare.

Forti in salita, forti a crono? Slongo convinto a metà

31.10.2022
5 min
Salva

«Chi va forte in salita, va forte anche a crono», parole di Ivan Basso che a sua volta le aveva riprese da Bjarne Riis. Alcuni giorni fa avevamo avuto il piacere di fare qualche pedalata al fianco di Davide Piganzoli. E ci aveva colpito che un atleta così longilineo potesse andare tanto bene anche nelle cronometro.

Oggi i giovani sembrano tutti andare forte in entrambi i terreni: Evenepoel, Pogacar, Vingegaard, Almeida, Ayuso, Vlasov (nella foto di apertura), Carlos Rodriguez… Però quanti di questi sono scalatori puri? Eppure “Piga”, che il prossimo anno passerà alla professional della Eolo-Kometa, sembra essere parecchio scalatore, ciò nonostante è campione nazionale a crono U23.

Paolo Slongo è stato uno dei preparatori che in carriera ha seguito Basso, ma soprattutto ha gestito diversi scalatori chiamati ad andare forte contro il tempo. A lui abbiamo posto alcune domande su questo tema, per capire se poi è effettivamente così e perché. 

Paolo Slongo è oggi uno dei tecnici della Trek-Segafredo ma in passato ha avuto anche Nibali e Basso
Paolo Slongo è oggi uno dei tecnici della Trek-Segafredo ma in passato ha avuto anche Nibali e Basso
Paolo, “chi va forte in salita, va forte anche a crono”: è così dunque? Come si fa? 

Mi ricordo gli anni in Liquigas e Ivan già all’epoca diceva questa cosa. Però non è che sia proprio una regola fissa. Di base non è sbagliato: lui e Riis sostengono che se tu riesci a fare un certo sforzo, di 30′-40′ in salita, dovresti essere in grado di replicarlo a crono. Ma dove sta la differenza? A crono devi avere un atteggiamento diverso e una certa predisposizione.

Vai avanti…

A crono sei da solo. Magari quando sei in salita ci sono gli avversari e hai stimoli diversi. E poi devi avere la predisposizione vera e propria per la crono. Ti deve piacere e devi dare il 100% da solo: non tutti ci riescono. Chi riesce a sviluppare più watt ed è più leggero è avvantaggiato in salita. Ma il discorso del peso s’inverte in pianura per il cronoman. Diciamo però che i due mondi, scalatore e cronoman, si possono incontrare.

Davide Piganzoli in azione al tricolore crono U23, da lui vinto. Poi ha ottenuto ottime prestazioni anche in salita, come all’Avenir
Davide Piganzoli in azione al tricolore crono U23, da lui vinto. Poi ha ottenuto ottime prestazioni anche in salita, come all’Avenir
Come?

Con lo studio aerodinamico, con lo sviluppo dei materiali e della posizione. L’atleta più piccolo (in teoria lo scalatore, ndr) ha meno impatto con l’aria e può trasformarlo in un punto a suo vantaggio.

Il concetto di Evenepoel…

Esatto. Ti puoi avvicinare ad uno specialista da questa via.

Ma in una crono piatta non c’è la gravità che va incontro allo scalatore. Non è il rapporto potenza/peso, ma solo la potenza a incidere. Contano principalmente i watt…

La potenza non cambia: è quella. Torno a parlare della predisposizione del soggetto. Uno mingherlino può insistere molto sull’aerodinamica. E sui materiali, a partire dal body, dal casco.. altrimenti non ci sono vie di scampo. Il Ganna di turno lo batterà sempre. Uno di 80 chili è sempre avvantaggiato.

Stando alle misure antropometriche Mas dovrebbe essere il cronoman e Remco lo scalatore. Invece è il contrario
Stando alle misure antropometriche Mas dovrebbe essere il cronoman e Remco lo scalatore. Invece è il contrario
Come faccio a trasmettere quella forza che ho in salita, in quanto scalatore, in pianura?

E’ impossibile. Posso avvicinarmi con tutte le cose che ho detto, ma uno scalatore non può competere con uno specialista della crono.

E per migliorare, lo scalatore oltre ai materiali, deve insistere sull’agilità, oppure deve lavorare di più sulla forza e i rapporti più lunghi? 

E’ complicato. Bisogna trovare un equilibrio tra la sua prestazione e l’aerodinamica. Molti atleti non riescono a sviluppare a crono gli stessi watt che hanno sulla bici da strada proprio per la posizione estrema. Ma se fai un calcolo di “costi/ricavi” tra potenza e aerodinamica, meglio fare meno watt ed essere più aero. E’ la bellezza e al tempo stesso il dubbio delle crono. 

E invece allungare le pedivelle aiuta lo scalatore?

Dipende. Sia nel caso Basso che Nibali avevano 172,5 millimetri su strada e 175 a crono. Si cerca di sfruttare ogni cosa chiaramente. Con la leva più lunga si esprime più forza. E anche la posizione della sella più avanzata (che spesso veniva tagliata) aiuta… Ma anche in questo caso va fatta un’analisi. Se il corridore punta a una classifica generale, per fare certe scelte sulle posizioni estreme bisogna stare attenti. Perché se opti per una troppo forzata rischi che il giorno dopo gli possa creare dei problemi muscolari. E se è previsto un tappone dolomitico? Devi trovare il giusto mix. Magari perdi 10” ma il mattino dopo ti alzi senza mal di gambe. Sono test che si fanno di anno in anno.

Quintana è forse l’esempio migliore di scalatore puro che va bene a crono. Merito anche di femori lunghi per la sua statura?
Quintana è forse l’esempio migliore di scalatore puro che va bene a crono. Merito anche di femori lunghi per la sua statura?
Abbiamo spesso detto che ormai lo scalatore puro è in via di estinzione. Ma ne ricordi qualcuno che negli ultimi anni si sia difeso davvero bene a crono? 

Quintana, ma se andiamo più indietro, anche Pantani fece delle belle crono. Poi io credo che quando hai la forma fisica, magari indossi anche la maglia di leader, il rendimento aumenta.

A parità di statura incide la lunghezza del femore? Chi ce l’ha più lungo è avvantaggiato?

In teoria sì, poi però c’è la pratica. Se guardo i calcoli meccanici, le leve di forza, è così. Ma poi può succedere il contrario perché non è predisposto, anche mentalmente, per la crono. Guardiamo Dumoulin ed Evenepoel: i due hanno di certo un femore diverso ma chi va più forte? La matematica è una cosa, la bellezza del ciclismo è un’altra.

Ripensando alle parole di Slongo, che insiste molto sulla predisposizione anche mentale alla crono, e sulla posizione, è giusto allora che la nuova generazione cresca lavorando sin da subito su questa specialità. Dalle uscite settimanali in allenamento, ai test in galleria del vento. E forse questo spiega perché scalatori come Piganzoli, Ayuso o Pogacar vadano forte anche contro il tempo: non è (solo) questione di misure antropometriche.

La dura vita del cronoman. Un viaggio con Guercilena

22.09.2022
6 min
Salva

Il fatto che l’asticella continui a salire non è sempre un bene. Sì, vediamo medie orarie strabilianti, campioni fare numeri intriganti, ma di pari passo aumenta lo stress a cui è sottoposto l’atleta, specialmente colui che che è chiamato a vincere. E ancora di più se è un cronoman. Non ultimo l’esempio di Filippo Ganna, “solo” settimo a Wollongong. Come se un settimo posto al mondo fosse robetta.

Certo che se si vince sempre, poi in qualche modo si è condannati al successo e la vittoria diventa lo standard: tutto ciò che non lo è considerato dalla massa un fallimento. Pensiamo a Pogacar al Tour. Ma non è vero. Avviene così nel calcio, nella Formula 1, nel tennis.

Tornando al nostro mondo, questo concetto del “dover vincere” viene amplificato nell’esercizio della cronometro individuale. Disciplina assai complessa, specie appunto nel ciclismo attuale in cui ogni minimo aspetto fa brodo ed è esasperato.

Ne abbiamo parlato con Luca Guercilena, ora team manager della  Trek-Segafredo, ma prima direttore sportivo e preparatore anche di un certo Fabian Cancellara

Guercilena con Cancellara. Eccoli alla cerimonia in cui veniva dedicato uno sterrato della Strade Bianche al cronoman svizzero
Guercilena con Cancellara. Eccoli alla cerimonia in cui veniva dedicato uno sterrato della Strade Bianche al cronoman svizzero
Luca, in questa specialità hai visto lo svizzero crescere, vincere, poi avere una flessione (a crono) e quindi tornare a vincere sul finire della carriera… La crono pesa più della strada dunque?

E’ chiaro che parliamo di una disciplina che richiede un grande impegno mentale. Per prepararla devi fare tanti chilometri, tanti lavori specifici e tutti con un grande sforzo. L’impegno pertanto è fisico ma anche mentale e le energie mentali non sono infinite. In più mettiamoci che al di fuori di qualche seduta dietro motore, in cui sei a ruota dell’allenatore, per il resto del tempo sei solo. Puoi contare solo te stesso. Non è come su strada che puoi condividere la fatica. Questo accentua non poco lo sforzo e il dispendio mentale.

Come ti spieghi questa “onda” nella carriera di Cancellara? 

Io ho seguito Fabian all’inizio della sua carriera (in Mapei Giovani, ndr) e poi negli ultimi anni. Per me molto dipende anche dagli impegni e dai programmi che si fanno con la propria squadra. Nei primi anni ha lavorato sulla crono. E’ cresciuto ed ha vinto. Poi nella fase centrale della sua carriera si è concentrato maggiormente sulle classiche, per poi tornare a puntare sulle prove contro il tempo nelle ultime stagioni.

Per esempio, Rogers ha detto in questi giorni a Wollongong, che dopo il terzo titolo mondiale aveva quasi la nausea pensando alle crono…

Hai talmente tanta pressione che ad un certo punto molli. Si tratta di una disciplina così specifica che quando l’abbandoni e poi torni a concentrarti su di essa la riprendi subito. Implica delle caratteristiche fisiche che ti restano addosso… per tornare all’esempio di Cancellara. Anche Tony Martin ad un certo punto ha detto basta. Lui ha avuto una crescita lineare e poi ha “cambiato mestiere”, si è messo a lavorare per altri. Rogers, è sempre stato forte a crono, sin da juniores. Io l’ho avuto quando vinse il suo secondo titolo a Verona. Poi ad un tratto ha cercato di fare classifica nelle corse a tappe e ha lasciato il discorso crono… Anche se sia lui che Martin restavano due cronomen molto forti.

In corsa e in allenamento il cronoman è solo
In corsa e in allenamento il cronoman è solo. E questo di certo non facilita le cose
Quindi è certamente un peso elevato. E anche in virtù di ciò, a tuo avviso si può fare un paragone con la maratona del podista? Loro hanno due grandi focus l’anno, sui quali si riversa una grossa pressione: i tanti aspetti da mettere a fuoco, i dettagli su cui lavorare…

Direi di sì, ma è un po’ tutto il ciclismo attuale che cura i dettagli al limite. Se ripenso all’Olimpiade del 2016 con Cancellara e ancora di più a come preparai Rogers per Verona e Madrid (anni 2004 e 2005, ndr) già c’era una bella differenza. In quelle occasioni sostanzialmente si lavorava con le corse su strada e si rifiniva con dei lavori a crono.

E adesso invece?

Ora si fa un lavoro superspecialistico: le medie sono più alte e più alto è il numero dei competitor. Se vogliamo, prima era una disciplina di nicchia, adesso il podio invece è l’obiettivo di molti e chi punta alla vittoria deve avere numeri ancora più alti. Tutto, dunque, è più estremizzato.

Prendiamo l’esempio di Ganna, settimo. Pippo viene da un anno estremamente dispendioso dal punto di vista psico-fisico: il prologo del Giro con la maglia rosa in ballo, le Olimpiadi, il mondiale a crono, il mondiale su pista, i tanti ritiri… Tutto ciò incide?

Di certo può pagare tutto ciò, ma questo discorso vale anche per Van der Poel. Anche lui quest’anno non è stato super a lungo come gli altri anni. Se tu fai la multidisciplina la tua stagione in pratica non finisce mai. E tutto ciò ripetuto negli anni si fa sentire. Non sei al tuo livello. Non raggiungi i tuoi obiettivi. Strada e pista, cross e strada, strada e Mtb: tenere alto il livello per tutta la stagione è molto complicato. E poi c’è un altro aspetto a mio avviso che conta molto.

Dover essere ogni volta chiamato a vincere non è facile… specie se si è dei cronoman come Ganna
Dover essere ogni volta chiamato a vincere non è facile… specie se si è dei cronoman come Ganna
Quale?

Questi grandi atleti della multidisciplina hanno colto risultati importanti in tempo di pandemia, quando si viaggiava molto meno. Non c’erano trasferte esagerate, ma adesso che si è tornato a farle tutto è più complicato e si paga dazio. E’ un dato di fatto. Con questo non voglio dire che sono contrario alla multidisciplinarietà.

Sempre parlando di Ganna, per lui è stato programmato (l’8 ottobre prossimo) anche il tentativo di Record dell’Ora e, sembra, il condizionale è d’obbligo, che Pippo stesso non fosse super contento di farlo in questo momento. Il rischio è di esporlo ad un fallimento…

Su questo non posso dire molto. Non conosco le condizioni precise dell’atleta, ma suppongo che se la Ineos-Greandiers abbia programmato il tentativo in questo momento è perché pensano di riuscirci. Ma sono cose in seno alla loro squadra.

Luca, quanto tempo serve per preparare una crono importante come quella iridata o olimpica?

Non meno di due mesi. Quando con Cancellara abbiamo preparato quella di Rio 2016 abbiamo fatto due mesi di lavori specifici, con anche 15 giorni di Tour de France. Per raggiungere la condizione al 100%, totalmente finalizzata a quello specifico obiettivo, servono due mesi. Anche tre.

Dopo aver conquistato il terzo titolo iridato a crono, Rogers ha avuto la necessità di rivedere i suoi obiettivi
Dopo aver conquistato il terzo titolo iridato a crono, Rogers ha avuto la necessità di rivedere i suoi obiettivi
Parlando ancora di multidisciplina e di molteplici impegni, tu quale credi sia il binomio migliore per un cronoman?

Quello strada-pista, decisamente. Quella dell’inseguimento e quella crono sono due discipline molto simili. L’adattamento è più facile. Anche se inseguimento e crono sono due estremi: uno dura 4 chilometri ed è molto violento, l’altro magari ne misura 40… Quel che cambia è l’intensità, ma le caratteristiche sono quelle. 

Ti abbiamo fatto questa domanda perché una volta Davide Cassani ha detto che il biker è un buon cronoman…

Un crosscountrista fa uno sforzo di un’ora e mezza e un crossista di un’ora: sono sforzi adeguati alla durata di una crono. Un crossista fa tanti rilanci brevi e intensi con sforzi simili a quella di uno sprinter, ma non tutti i crossisti sono buoni velocisti. Come ho detto, credo che l’inseguimento su pista sia vicino alla crono, anche per aspetti fisiologici. Poi molto dipende dalla lunghezza della prova. Fossero state crono vecchio stile, cioè di 70 chilometri, allora sarebbero emerse le qualità dello stradista anche nelle gare contro il tempo. Ma vista la lunghezza media nel corso dell’anno, oggi le crono sono più da pistard.

Kung, questa volta il cronometro è stato dalla sua parte

21.09.2022
5 min
Salva

Ci sono giorni buoni e meno buoni. Stefan Kung lo sa, la sua carriera è sempre stata un andare su e giù. Fino all’inizio dell’estate tutto bene, molto, poi duri colpi al morale, medaglie che hanno l’amaro sapore della sconfitta. Ecco perché l’oro nella staffetta a Wollongong ha un sapore speciale. 3″ sull’Italia, difesi con i denti dalle ragazze che hanno fatto tesoro del gruzzoletto consegnato da lui, Bissegger e Schmid. 3 secondi, soli 3 secondi. Il tempo della caduta di una foglia, ma in quel lasso passa una carriera. Per lui è sempre stato così.

Salendo sul podio ha un mezzo sorriso. Si vede che nella mente si affollano tante sensazioni. Rivive passo dopo passo emozioni ancora fresche. Quest’oro aiuta, sì, ma ci vorrà tempo per digerire quanto avvenuto domenica, quella crono breve e interminabile, dolcissima e amara nel suo ultimo boccone. 3 secondi, anche lì, dietro i quali si cela una storia…

Kung in mezzo, con lui Bissegger e Schmid. Primo oro per la Svizzera, grazie anche alle ragazze Reusser, Koller e Chabbey
Kung in mezzo, con lui Bissegger e Schmid. Primo oro per la Svizzera, grazie anche alle ragazze Reusser, Koller e Chabbey

Viaggio nella beffa del tempo

Corre veloce, la bici di Stefan. Sempre più veloce, verso quel traguardo che sembra non voler arrivare mai. I rilevamenti lo danno in testa, forse è la volta buona, forse è il giorno della conquista del titolo mondiale a cronometro così a lungo inseguito. Nella sua ancor giovane carriera (in fin dei conti lo svizzero di Wilen, con il doppio passaporto elvetico e del Liechtenstein) di vittorie ne ha collezionate tante, quasi tutte in prove contro il tempo, ma questa rappresenta qualcosa di speciale.

Il tempo ha un valore particolare e quando sei solo sulla bici, concentrato sì sul movimento ma anche determinato a cogliere un obiettivo, la mente è come uno specchio, qualcuno con cui confrontarsi attraverso il pensiero. Di pensieri, nella mente di Kung lungo quei 34 chilometri così delicati da affrontare, tra salite all’8 per cento e curve da affrontare alla Valentino Rossi o Marc Marquez, ne passano tanti.

Kung ha vinto 2 titoli europei a cronometro e 2 medaglie mondiali, ma l’iride resta un tabù
Kung ha vinto 2 titoli europei a cronometro e 2 medaglie mondiali, ma l’iride resta un tabù

Una beffa come il mese prima (e a Tokyo)

Stefan, spingi a tutta perché il tempo corre sempre più veloce e sa anche essere beffardo. Ricordi quel che è successo poche settimane fa? Sentivi che la vittoria agli europei di Monaco era in tasca, te la stavi giocando, ma per un secondo, un solo secondo Bissegger ti ha beffato. Potevi fare tripletta consecutiva di successi ma quel grido di vittoria ti è rimasto in gola.

Ha fatto male? Sì, ma non come lo scorso anno a Tokyo, quando in palio c’era il podio olimpico. Quattro corridori in lotta per due medaglie, a giocarsi tutto su quel rettilineo finale che non finiva mai. Kung era il terz’ultimo a finire, con quel cronometro che sembrava andare veloce, troppo veloce. Alla fine il verdetto: secondo Dumoulin per 3”, terzo Dennis per 1” e poi lì, con quei secondi che gli erano scivolati tra le dita come sabbia.

Quest’anno lo svizzero ha ottenuto grandi risultati nelle classiche: qui 3° alla Roubaix
Quest’anno lo svizzero ha ottenuto grandi risultati nelle classiche: qui 3° alla Roubaix

Non più solo un cronoman

Sei lì e pedali, e spingi, e ci pensi. Questa volta no, questa volta finirà diversamente. Questo è l’anno tuo, Stefan, quello nel quale hai dimostrato di non essere solo un grande cronoman. Alla Groupama non credevano di avere per le mani un simile gioiello, capace di collezionare grandi piazzamenti nelle classiche: 5° al Giro delle Fiandre, 3° alla Parigi-Roubaix, 8° all’Amstel come a dire: «Ehi, ci so fare anche nell’1 contro 1, non solo con il cronometro in mano…».

A proposito di Fiandre, ti ricordi quell’enorme sagoma che ti raffigurava e che campeggiava lungo il percorso? Quelli del fans club l’avevano commissionata in Italia, enorme, un gigante che guardava tutto il tracciato e che sembrava pronto sul punto di dire «Ragazzi, è all’orizzonte…». Sarebbe stato bello averlo anche qui, ma come fai a portare una cosa simile fino in Australia?

L’ormai famoso pupazzo raffigurante l’elvetico, posto dai suoi tifosi a margine del Giro delle Fiandre
L’ormai famoso pupazzo raffigurante l’elvetico, posto dai suoi tifosi a margine del Giro delle Fiandre

Quei 3 maledetti secondi…

Il tempo scorre insieme ai pensieri e forse niente come il tempo sa far male. Fino all’ultimo rilevamento, eri in testa, gli altri a inseguire e tutti a dire che in bici eri il più bello, il più ergonomico, il più redditizio. Ma era un rilevamento, non il traguardo. Spingi a tutta, sullo schermo c’è impresso il tempo di Foss, il norvegese che è già arrivato, era nettamente dietro prima, ma nel finale ha volato. C’è da spingere, c’è da sbrigarsi. Ma non basta: 3”, i soliti 3” che si tramutano in un groppo in gola che non riesce ad andar giù.

Stavolta è difficile nascondere la delusione: «Oggi pensavo davvero che ce l’avrei fatta – sono le sue parole ai microfoni della Tv svizzera – 4 anni fa magari sarei stato anche contento, ma questa volta no, ci sono andato vicino troppe volte. Stavolta non mi basta. Mi sento frustrato. Quando ho visto l’elenco dei partenti mi sono detto che in fin dei conti, una volta o l’altra, li avevo battuti tutti, quindi potevo farcela. Qualcuno però non era d’accordo». Chissà, forse alludeva al tempo, ma quello non lo batti mai, ha sempre ragione…

La delusione in camper, ancora una volta per questione di secondi
La delusione in camper, ancora una volta per questione di secondi

Il responso dei parziali

Tornando verso il camper, sente dentro di sé una grande voglia di piangere, ma la gente non capirebbe. Come lo spieghi che sei comunque medaglia d’argento ma che se finisce così non è una vittoria, non è una conquista? Riguardi i parziali e così scopri che tutto è nato nei 10 chilometri finali. Lì Foss ha volato mentre tu hai ottenuto solo il quinto parziale (Ganna non è neanche nei primi 10, preceduto anche da Sobrero e questo dice molto della sua prestazione). A questo punto però una spiegazione c’è e quel dolore resta sì dentro, ma è più facile mitigarlo. Sul podio magari un timido sorriso si riuscirà anche a tirarlo fuori e a chi chiederà riuscirai a dare una delle risposte meno di pancia, più di prammatica: «Un epilogo simile è quel che rende il nostro sport così interessante, ma anche spietato».