Quanto vale Carlos Rodriguez? Il punto sullo spagnolo

09.12.2024
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Carlos Rodríguez ha chiuso la stagione 2024 con emozioni contrastanti. Se da un lato ha dimostrato di avere il talento necessario per competere ai massimi livelli, dall’altro è stato protagonista di un’annata costellata di alti e bassi. Rodríguez è considerato, giustamente, uno dei giovani più promettenti del ciclismo spagnolo, ma la strada per affermarsi tra i grandi non è mai facile, anche quando sembra che tutto stia procedendo per il meglio.

Pensiamoci un attimo: nel 2023 lo avevamo visto chiudere al quinto posto al Tour, con tanto di tappone di montagna in tasca. Quest’anno si pensava che dovesse essere l’esplosione definitiva. Carlos Sastre addirittura lo vedeva sul podio. E invece…

Tour 2023: Carlos Rodriguez stacca tutti sul Joux Plane e vince a Morzine davanti a Vingegaard e Pogacar
Tour 2023: Carlos Rodriguez stacca tutti sul Joux Plane e vince a Morzine davanti a Vingegaard e Pogacar

Alti e bassi 2024

La stagione 2024 di Carlos Rodríguez è stata caratterizzata da alternanza di momenti di splendore e difficoltà. È iniziata alla grande, con una vittoria alla classifica generale del Romandia, che aveva alimentato le aspettative. Una conferma delle sue qualità è arrivata anche al Criterium du Dauphiné, dove ha conquistato il quarto posto e una tappa, dimostrando che il viatico verso la Grande Boucle era ideale e prometteva grandi cose. In particolare, nel finale della tappa vinta, ha fatto tremare nientemeno che Primoz Roglic, un segnale evidente delle sue ambizioni.

Tuttavia, le cose non sono andate allo stesso modo al Tour de France, dove Rodríguez non è mai riuscito a inserirsi nella lotta per le posizioni di vertice. Ha fatto fatica in tante occasioni, a quel punto non ha potuto che correre di rimessa… con l’obiettivo di non saltare.

Che poi detta così sembra stata una debacle, in realtà Rodriguez è entrato, e benone, nella top ten. E’ che ha stupito non averlo visto mai aggressivo o fare un tentativo, quando invece l’anno prima più di qualche volta era stato “sfacciato” tra i super big.

Nonostante tutto la Ineos resta una corazzata con uomini di grande qualità, a partire aìda Castrovejo (il primo della fila)
Nonostante tutto la Ineos resta una corazzata con uomini di grande qualità, a partire aìda Castrovejo (il primo della fila)

Con la Ineos…

Le voci in Spagna non sono mancate: doveva restare alla Ineos o cercare fortuna altrove? Okay, ma dove? Se fosse andato, ammesso ce ne fosse stato interesse, in squadre in questo momento più forti avrebbe rischiato di dover fare il gregario, senza la possibilità di disputare una corsa in piena libertà. Alla Ineos, benché in fase transitoria, Carlos può contare su una struttura solida e su una squadra con esperienza nelle grandi corse. Il team inglese continua ad avere tutte le carte in regola per far crescere un giovane talento come lui.

Per Rodríguez, restare alla Ineos rappresenta la scelta migliore. Sinora la squadra non gli ha mai fatto pesare troppo la pressione di essere il leader assoluto, ma la situazione in tal senso è destinata a cambiare. La filosofia del team è chiara: prima o poi, chi indossa il ruolo di capitano di quel gruppo deve assumersi la responsabilità di portare la squadra verso la vittoria. La vera sfida per Rodríguez sarà proprio quella di saper gestire questa responsabilità e sopportare il peso di diventare il leader per davvero.

Un aspetto positivo per lui è l’arrivo di un corridore esperto come Bob Jungels. Il lussemburghese è stato a sua volta un giovane rampante prima di diventare un gregario al servizio di altri capitani. Senza dimenticare che gente come Puccio, Castrovejo o Fraile, spagnoli come lui, di consigli ne possono dare in quantità.

Carlos (a destra) e i suoi compagni allenamento nel primo ritiro stagionale (foto @cyclingimages)
Carlos (a destra) e i suoi compagni allenamento nel primo ritiro stagionale (foto @cyclingimages)

Verso il 2025

Nonostante le difficoltà, il 2024 di Rodriguez non va certo gettato alle ortiche. Ottenere risultati di spessore non è mai facile, nemmeno per chi è già ai vertici. Quest’anno hanno faticato persino Evenepoel e Vingegaard! E lo stesso discorso vale per Juan Ayuso, eterno rivale di Rodríguez, anche lui non ha brillato più di tanto in questa stagione. Il fatto che Carlos alla prima esperienza sui due grandi Giri in stagione, sia riuscito a concludere sia il Tour che la Vuelta nei primi dieci, dimostra che la sua crescita continua. Settimo al Tour e decimo alla Vuelta, piazzamenti che dicono di una grande solidità.

Piuttosto si potrebbe rivedere il suo calendario. Ipotizzare gare che possano permettergli di tornare a essere esplosivo come nel 2023. Analizzando la sua stagione infatti si nota che ha corso appena due gare di un giorno: su 76 giorni di gara figurano solo la Clasica de Jaén e il Mondiale come prove uniche. Tra l’altro la prima e l’ultima in assoluto. Forse un calendario più equilibrato, con qualche gara a tappe in meno e qualche classica di un giorno in più, pensiamo alla Liegi-Bastogne-Liegi o al Lombardia, potrebbero essere occasioni importanti, anche dal punto di vista tecnico e atletico.

La strada è ancora lunga, ma il talento c’è e questo è quel che conta. Intanto il 2025 per Carlos e la Ineos è già iniziato, visto che proprio qualche giorno fa era lui a guidare i compagni sotto la pioggia nel primo raduno della stagione.

Puccio: «Carlos Rodriguez capitano e occhio a Bernal»

28.06.2024
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Dopo aver ascoltato Edoardo Affini, ecco un altro grande regista che fa le carte alla sua squadra impegnata al Tour de France: Salvatore Puccio. In questo periodo il tenente di lungo corso della Ineos Grenadiers è in una fase di stacco ma presto lo rivedremo all’opera.

«Correrò in Repubblica Ceca – ha detto Puccio – a luglio e poi vedremo: se farò la Vuelta ci sarà un certo programma, altrimenti farò altre corse. La Vuelta mi piacerebbe, ma è anche vero che tutto sommato cambiare un po’ non mi dispiacerebbe. Si esce dalla routine!».

Il clima è quello ideale per analizzare dunque cosa potranno combinare i suoi compagni da domani al 21 luglio, quando la Grande Boucle si concluderà a Nizza.

Salvatore Puccio (classe 1989) corre in questo gruppo ininterrottamente dal 2011
Salvatore Puccio (classe 1989) corre in questo gruppo ininterrottamente dal 2011
Salvatore anche la tua Ineos Grenadiers si presenta con una formazione da urlo…

Negli ultimissimi anni più di prima si è tornati a puntare molto sul Tour, che resta una grade vetrina. Guardate solo in questi giorni cosa hanno fatto a Firenze… non si può negare che sia la corsa più grande e pertanto la squadra ha portato i migliori atleti, quelli più in forma. C’è gente che ha impostato la propria stagione tutta sul Tour. Partiamo con due capitani importanti.

Due capitani?

Carlos Rodriguez ed Egan Bernal. Rodriguez sta vivendo una delle sue stagioni migliori, ha fatto un bel salto di qualità, ha vinto diverse tappe e la generale del Romandia. E poi Egan quest’anno ha fatto uno step importante per quel che riguarda il suo recupero. Gli manca un ultimo piccolo gradino, ma è tornato ad alti livelli. E forse non tutti se lo aspettavano. Quindi io immagino che loro due saranno i capitani. Carlos Rodriguez leader assoluto e Bernal jolly a seguire.

E Thomas e Pidcock?

Da quel che so io Geraint è al Tour soprattutto in funzione di supporto, anche se è un grandissimo. Mentre Pidcock forse punterà più sulle tappe.

Pidcock è un capitolo grande e non scevro da qualche punto di domanda: tu dici le tappe, ma poi c’è chi dice abbia lavorato per la generale.

Potrebbe anche provare a fare classifica all’inizio e poi dopo il primo giorno di riposo fare una valutazione. Però, ripeto, per quel che riguarda l’uomo per la classifica quello è Rodriguez. Alla fine ha chiuso quinto l’anno scorso e con una brutta caduta alle spalle.

Secondo Puccio Bernal è in netta ripresa. Eccolo impegnato al Giro di Svizzera
Secondo Puccio Bernal è in netta ripresa. Eccolo impegnato al Giro di Svizzera
Ma come è Pidcock in squadra? E’ un compagnone, è un fumantino… Non è facile da decifrare da fuori.

E’ un talento ed è un giovane. Ecco, diciamo che è ancora giovane, in alcune cose si deve assestare, ma i talenti sono così, che poi è il bello del ciclismo. E’ un po’ come poteva essere il primo Sagan, fuori dalle righe, estroso… Però posso dire che in squadra quando siamo tra di noi è disponibile, tranquillo. Un bravissimo ragazzo.

E il fatto che faccia la spola con la mtb anche in piena stagione. Sembra come se fosse solo…

Ma no e poi si è visto anche con Van der Poel e con Van Aert: anche loro facevano la doppia attività. Tom fa la tripla visto che d’inverno fa anche il ciclocross. Poi gli dà comunque qualcosa in più sul piano tecnico. I loro cambi di ritmo sono superiori.

Salvatore, con questi ragazzi che sono al Tour quanto hai corso quest’anno?

Beh, con Thomas e Bernal ero allo Svizzera. Ed è proprio lì che ho rivisto un bell’Egan. Ha fatto un salto incredibile. Era davanti, o a 10”-15” da Yates e dagli UAE Emirates e posso assicurarvi che andavano fortissimo. Lo dicevo prima: lui è un talento e gli si è riaccesa la luce.

A proposito di UAE e degli altri team, chi sono gli uomini da battere?

Penso proprio loro. Guardate che squadra che hanno. Pogacar, Yates, Ayuso, Sivakov, Almeida… i gregari sono all’altezza del capitano quasi. Per attaccarli dovranno trovare un loro momento di difficoltà e penso che li attaccheranno tutti.

Pidcock avrà un ruolo che potrebbe cambiare in corso di Tour. Gli altri uomini della Ineos? Kwiatkowski (a sinistra), De Plus e Turner
Pidcock avrà un ruolo che potrebbe cambiare in corso di Tour. Gli altri uomini della Ineos? Kwiatkowski (a sinistra), De Plus e Turner
Dici? Perché in questi ultimi anni spesso si è visto più difendere le proprie posizioni che guardare avanti…

Ma se questi qui non li attacchi poi fanno la loro gara, praticamente da soli, e fanno male. Quando si mette a tirare gente di quel calibro e Pogacar accelera, significa regalargli la vittoria senza faticare. Siamo al Tour e anche le altre squadre hanno i capitani e gli uomini giusti per tentare qualcosa. I margini per attaccarli, magari con delle alleanze, ci sono. Anche se magari Vingegaard è un’incognita.

Cosa ci dici di lui? Come lo vedi?

Come lo vedo. Torna discorso di prima sui talenti. Lui lo è. Gli basta poco per tornare in forma… anche se è vero che ha ripreso ad allenarsi molto tardi. Per me già dopo la prima settimana capiremo molto di lui. O anche dopo oggi. Questa prima tappa è molto dura e lui non corre da parecchio. Come dicono tutti, la UAE Emirates ci proverà subito.

Salvatore, di solito sei tu il road capitan: chi sarà stavolta?

Castrovejo. Uomo esperto, che sa fare grandi prestazioni. Lui è un uomo squadra e poi, chiaramente, essendo spagnolo ha un certo feeling con chi parla la sua lingua.

Sastre incorona Carlos Rodriguez. Al Tour per il podio?

13.06.2024
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Alla fine, zitto zitto com’è nel suo stile, Carlos Rodriguez è arrivato quarto al Criterium du Dauphiné. Lo spagnolo è un regolarista, ma di una sostanza potremmo dire alla Indurain, tanto per restare nella penisola iberica e scomodare un gigante. Una sostanza e un rendimento che non hanno lasciato indifferente neanche Carlos Sastre, che un Tour lo ha vinto: quello del 2008.

«Non ci sono molti corridori spagnoli di altissimo livello oggi – ha detto Sastre ad Europa Press – ma quelli che ci sono, sono davvero molto bravi. Penso a Carlos Rodriguez e a Juan Ayuso. Sono corridori combattivi, che entrano bene in gara e, nonostante siano giovani, hanno già esperienza. Non ho dubbi che lotteranno per darci di nuovo grandi gioie».

Carlos Sastre (classe 1975) ha vinto il Tour 2008, oggi ha un grande negozio di bici ad Avila
Carlos Sastre (classe 1975) ha vinto il Tour 2008, oggi ha un grande negozio di bici ad Avila

Avanti così

Dopo il suo ormai classico avvicinamento al Tour de France, il corridore della Ineos Grenadiers era andato al Delfinato con lo scopo di rifinire la preparazione. E forse ha reso anche meglio di quel che lui stesso si aspettava. Tanto che dopo la vittoria ottenuta nella tappa finale a Plateau des Glières (nella foto di apertura) è stato più loquace del solito.

«E’ una vittoria che aiuta molto a rafforzare la mia fiducia – ha detto Rodriguez – nell’ultima tappa abbiamo fatto un buon lavoro di squadra, stavo molto bene. In generale concludo questa gara in buona forma e con grande ottimismo per il futuro. Il buon lavoro fatto nella salita finale ha detto di una Ineos che funziona alla perfezione, tutto è andato secondo i programmi. La preparazione è stata buona».

Tra l’altro si parla non poco del grande feeling tra lui e Laurence De Plus, mentre Pidcock, altro capitano designato della Ineos Grenadiers al Tour, dal Giro di Svizzera non ha lanciato grandi segnali di amicizia. «Sono io quello che deciderà come voglio che sia il mio Tour», le sue parole.

Per Carlos Rodriguez ancora qualcosa da mettere a punto a crono
Per Carlos Rodriguez ancora qualcosa da mettere a punto a crono

L’erede di Sastre

Ma torniamo a Carlos Rodriguez. «Nel caso di Carlos – ha ripreso Sastre – l’anno scorso è stata un’esperienza unica per lui. Quest’anno arriva al Tour appunto con quell’esperienza che è stata estremamente importante, gli ha mostrato molte cose. Carlos è stato colui che è rimasto più vicino a Vingegaard e Pogacar e magari si è avvicinato ancora un po’».

In qualche modo i due Carlos si somigliano: entrambi amano andare di passo, non sono esplosivi, vanno molto forte a crono. Forse Rodriguez è un po’ più scalatore di Sastre, ma oggi poi queste etichette – cronoman, scalatore – contano poco quando si parla di classifica nei grandi Giri. Bisogna andare forte su tutti i terreni.

«Rodriguez è completo e come detto si è avvicinato a Vingegaard e Pogacar e per questo credo che in un modo o nell’altro potrà esserci», riferendosi presumiamo al podio. E ancora: «E’ emozionante vederlo in azione».

Podio possibile?

Davvero quindi Carlos Rodriguez può puntare al podio del Tour? Facciamo “due conti”. Da inizio anno ha mostrato grande solidità. La sua preparazione non ha avuto intoppi e tutto è filato secondo programma. E’ stato un crescendo rossiniano: trentunesimo al Gran Camino, ventottesimo alla Parigi-Nizza, secondo ai Paesi Baschi, primo al Romandia. E quarto al Delfinato.

Di certo Carlos Rodriguez fa parte della schiera di atleti subito alle spalle dei due ultimi dominatori del Tour. Come si è visto anche al Delfinato la lotta con Roglic è stata quasi alla pari. Molto simili in salita: più esplosivo Roglic quando stava bene, ma più solido Carlos alla distanza.

Lo spagnolo ha pagato qualcosa contro il tempo: ì deve crescere ancora un po’. Al Delfinato ha ceduto un minuto allo sloveno, ma solo nella crono aveva già perso 1’02”(abbuoni esclusi entrambe le parti).

E a proposito di Roglic, chi era sul posto ha notato che la defaillance dello sloveno indirettamente abbia dato un grande impulso a Rodriguez, rimasto del tutto stupito dalla controprestazione della Bora-Hansgrohe. «Sono stati fortissimi per tutta la settimana non immaginavamo di batterli», ha detto Carlos ai suoi. Un tarlo di ottimismo che chi lo conosce, assicura, ha messo in cascina pensando al Tour.

Le suole Michelin, ecco una bella novità al Giro d’Italia

27.05.2024
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Le corse a tappa e le Classiche Monumento rappresentano da sempre una vetrina privilegiata che le aziende scelgono per presentare le loro novità di prodotto. Non sfugge l’edizione di quest’anno del Giro d’Italia e ancora prima il Tour de Romandie. Proprio nella breve corsa a tappa elvetica hanno fatto il loro debutto le nuove suole Michelin realizzate per scarpe strada. Si è trattato di un debutto vincente visto che erano ai piedi di Carlos Rodriguez, giovane stella del team Ineos Grenadiers, capace di portarsi a casa la classifica generale del Romandia. Le nuove suole Michelin hanno debuttato anche al Giro d’Italia grazie a Thymen Arensman, sempre del team Ineos Grenadiers.

Le suole Michelin hanno esordito anche al Giro, ai piedi di Arensman
Le suole Michelin hanno esordito anche al Giro, ai piedi di Arensman

Tocca alla strada

Per gli appassionati delle discipline offroad, le suole Michelin non rappresentano una novità essendo già presenti nelle discipline enduro, gravel, downhill e cross country. Il debutto su strada è merito di JV International srl. Si tratta di un’azienda italiana a cui Michelin ha affidato la licenza mondiale dal 2013 per la progettazione, lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione delle suole a marchio Michelin.

In collaborazione con JV International, e attraverso la partnership con il brand francese Ekoi, Michelin è oggi il primo produttore di pneumatici per il ciclismo su strada ad avere anche una suola per scarpe dedicata.

La possiamo infatti ammirare sul modello Road C12 Proteam di Ekoi.
La possiamo infatti ammirare sul modello Road C12 Proteam di Ekoi.

Niente colle e viti

La principale innovazione della suola risiede nel suo metodo di produzione. Puntale e contrafforte del tallone, sviluppati esclusivamente da JV International per Ekoi, sono co-modellati. Questo processo porta all’eliminazione di colle e viti, aumentando così la leggerezza della scarpa, una caratteristica sempre ricercata e fondamentale nel ciclismo su strada. La suola presenta inoltre un set di combinazioni innovative.

Alla struttura in carbonio intrecciato, che garantisce ulteriore leggerezza e rigidità, è stato aggiunto un sistema di gradazioni di spessore diverso, come sul puntale e sul contrafforte del tallone, per massimizzare le prestazioni, proteggere il carbonio dal contatto con il suolo e aumentare la sicurezza del ciclista quando sgancia i pedali. I componenti sono realizzati in un polimero termoplastico con una percentuale limitata di gomma, migliorando ulteriormente la protezione della suola. 

La suola Michelin realizzata per il modello Road C12 Proteam di Ekoï non è che il primo importante tassello nella collaborazione fra l’azienda francese e JV International.

Jv International

Maglia bianca e l’erede di Pogacar? Gasparotto ha le idee chiare

08.12.2023
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Una certezza del prossimo Tour de France è che Tadej Pogacar non sarà la maglia bianca di Parigi. Dopo averne vinte quattro di fila, il corridore della UAE Emirates infatti diventerà grande e questo lascerà spazio, spazio pregiato, ad altri corridori.

Con Enrico Gasparotto, direttore sportivo della Bora-Hansgrohe, abbiamo cercato di capire chi potranno essere gli eredi dello sloveno, visto che con Cian Uijtdebroeks è chiamato in causa per quel che riguarda le maglie bianche. Il giovanissimo belga infatti ha detto che vorrà fare classifica al Giro e anche in Italia tra l’altro c’è un habitué della maglia bianca, Joao Almeida.

Enrico Gasparotto (classe 1982) è sull’ammiraglia della Bora-Hansgrohe dal 2022
Gasparotto (classe 1982) è sull’ammiraglia della Bora-Hansgrohe dal 2022
Enrico, a prescindere dai programmi, i nomi possibili per le prossime maglie bianche, sono parecchi: Ayuso, Evenepoel, Pidcock, Carlos Rodriguez, Arensman, Uijterbroecks, Buitrago, Zana, Martinez…

Se parliamo di Tour ne dico due e basta: Remco Evenepoel e Carlos Rodriguez. Loro sono senza dubbio i più papabili, anche perché non so se Ayuso andrà al Tour e anche se ci andasse cosa farebbe?

La UAE sarebbe concentrata su Tadej?

Esatto, ma penso anche alla Jumbo-Visma.

Cioè?

Per loro ripetere il 2023 sarà difficile e… lo sanno. Hanno una pianificazione decisa e precisa. Quest’anno punteranno sul Tour chiaramente, ma punteranno tanto anche sulle classiche. Vogliono un monumento, un Fiandre, una Roubaix, che ancora gli manca. In più non avranno Van Aert, né Van Hooydonck, due pedine fondamentali. Tornando al discorso dei giovani quindi, sarà un’occasione ancora più ghiotta per Pogacar. Ayuso sarebbe più bloccato. Mentre Remco o Carlos Rodriguez avrebbero più libertà. Credo che Carlos Rodriguez, quinto assoluto nel 2023 (secondo nella maglia bianca, ndr), sarà capitano della Ineos-Grenadiers.

Rodriguez più di Pidcock?

Per me sì, Pidcock ha anche le classiche in testa. Bisognerà vedere bene che programma farà e cosa vorrà veramente dal Tour. Ma non per questo dico che in ottica futura non possa migliorare. Tuttavia resto dell’idea che Rodriguez e Remco sono i primi due pretendenti alla successione della maglia bianca di Pogacar. E credo che Rodriguez abbia qualche possibilità in più.

Alla Vuelta si è assistito in parte allo scontro per la maglia bianca fra Evenepoel e Rodriguez
Alla Vuelta si è assistito in parte allo scontro per la maglia bianca fra Evenepoel e Rodriguez
Perché?

Perché Evenepoel non ha paura di attaccare e questo magari ad un certo punto del Tour potrebbe pagarlo, sia da un punto di vista tattico che fisico. Mentre Rodriguez è più un regolarista, corre in modo più tradizionale se vogliamo ed è in una squadra leader per le corse a tappe.

Come detto non sappiamo i programmi di tutti i ragazzi, ma poniamo che Ayuso vada in Francia. Non lo vedi un pretendente alla maglia bianca?

Numeri sulla carta sì, non si può certo dire di no, ne ha già vinte due alla Vuelta. Ma poi bisogna contestualizzare le situazioni e quando hai Tadej in squadra sono pochi gli obiettivi personali. Quest’anno è stata una particolarità: quando hanno capito che non avrebbero vinto il Tour hanno cercato di portare, riuscendoci, Adam Yates sul podio. Un risultato importante per la squadra, per i punti.

Chiaro…

In generale un po’ tutti i nomi che abbiamo fatto all’inizio sono validi ma poi, come ripeto, vanno contestualizzati nell’ambito della corsa e della squadra. Anche Buitrago può fare molto bene per esempio, ma non lo vedo all’altezza di un Remco o di un Carlos Rodriguez.

Questa estate Pidcock è stato 4° nella classifica della maglia bianca del Tour a 40′ da Pogacar. Pensate che il quinto, Skjelmose, era ad oltre 2 ore
Questa estate Pidcock è stato 4° nella classifica della maglia bianca del Tour a 40′ da Pogacar. Pensate che il quinto, Skjelmose, era ad oltre 2 ore
Sinceramente credevamo che dopo la presentazione del Giro, Remco cambiasse idea. Due crono, nessuna salita estrema. E’ ancora possibile in questo ciclismo della programmazione cambiare i piani a questo punto?

Onestamente il giorno dopo la presentazione del Giro d’Italia anche io ho pensato: «Remco cambia idea e verrà al Giro». E’ una corsa particolare: due crono lunghe e da specialisti. Quella di Desenzano nella prima parte è molto tecnica. Poi ci sono molte salite lunghe, quasi tutte oltre i 10 chilometri, ma nessuna scalata estrema tipo Zoncolan, Tre Cime o Mortirolo, salite da 8 all’ora. E quindi questa sua decisione un po’ mi ha stupito. Però Remco ha provato la Vuelta, ha provato il Giro e ci sta che voglia provare anche il Tour. Riguardo al cambio dei piani che dire: sono questi i mesi in cui team progettano le loro strategie e magari da qui a fine febbraio, quando i programmi saranno definiti, ci sarà qualche sorpresa.

Torniamo alla maglia bianca e all’ormai duello Rodriguez-Evenepoel: il percorso del Tour chi avvantaggia?

Bella domanda. Alla fine la tappa gravel non favorisce nessuno dei due. Li vedo in difficoltà entrambi e lì nessuno dei due, nello scontro diretto, uscirà da vincente o perdente. Poi sta alle capacità di recupero di entrambi. E questo non sarà facile, perché dovranno essere in forma sin dall’inizio. La partenza in Italia non sarà semplice e stare tre settimane piene al “top-top” non è così scontato. La maglia bianca andrà a chi non avrà giornate no.

Oltre a Remco e Carlos prevedi qualche sorpresa?

No, il Tour è talmente duro, difficile e complesso nella sua interpretazione che non c’è spazio per le sorprese.

Joao Almeida ha vinto la maglia bianca del Giro 2023. In realtà è la prima, ma in quattro partecipazioni al Giro l’ha indossata per oltre 30 giorni
Joao Almeida ha vinto la maglia bianca del Giro 2023. In realtà è la prima, ma in quattro partecipazioni al Giro l’ha indossata per oltre 30 giorni
Prima di congedarci, Enrico, un paio di domande anche sull’erede di Joao Almeida, spesso maglia bianca del Giro d’Italia: chi sarà? Voi tra l’altro avete un serio pretendente, Cian Uijtdebroeks.

Eh, ma non svelo i nostri programmi!

Ma lo ha dichiarato lui che sarà in Italia…

Non so rispondere con precisione, dipenderà da chi farà il Giro. Di certo Cian è valido per le corse a tappe. Quest’anno in quelle WordTour che ha fatto è sempre stato nella top ten. Ha il talento dalla sua parte e anche molte cose da migliorare. Forse in Italia ci potranno essere più sorprese e non solo per la maglia bianca. Avendo i grandi nomi al Tour, ci sarà una top ten molto incerta. Ad ora vedo molto bene Geraint Thomas. Riguardo ai giovani non è facile rispondere perché anche se i numeri del dislivello non sono paragonabili a quelli del 2022 e del 2023 e le tappe sono più corte, le insidie non mancano e il Giro resta difficile. Per esempio dopo le due crono c’è sempre l’arrivo in salita e il rischio è che qualcuno si possa svuotare nella crono. L’esperienza potrebbe fare la differenza.

Vista così e l’importanza delle crono, giochiamo la carta italiana e diciamo Antonio Tiberi.

Resto dell’idea che individuare un pretendente alla maglia bianca al Giro è davvero difficile.

Pogacar attacca, ma Vingegaard gli mette paura

15.07.2023
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MORZINE – Pari e patta. Anche oggi le due star del Tour si sono sfidate testa a testa e la conferma che si trae sull’arrivo è che i due sostanzialmente si equivalgano. Carlos Rodriguez ha vinto la tappa, anche perché una moto dell’Equipe e una della televisione, quasi ferme in mezzo alla strada, hanno costretto Pogacar e Vingegaard a fermarsi durante l’ultimo scatto. A quel punto sulla testa della corsa è calata una cortina di torpore e Rodriguez ha riguadagnato terreno.

Carlos Rodriguez, spagnolo classe 2001, marca la terza vittoria spagnola al Tour
Carlos Rodriguez, spagnolo classe 2001, marca la terza vittoria spagnola al Tour

I piani di Vingegaard

Adesso c’è da capire chi dei due terrà questa condizione sino in fondo o chi eventualmente dovrà calare. Il lavoro ai fianchi di Pogacar riuscirà a demolire le difese di Vingegaard? Oppure il danese, sornione e cinico, sta prendendo le misure al rivale, riservandosi di sparare tutte le sue cartucce in un giorno prestabilito, come fu lo scorso anno sul Granon?

«Penso ancora – dice la maglia gialla – che a un certo punto ci saranno differenze maggiori fra noi. Facciamo sempre dei piani, l’anno scorso come quest’anno. Noi continuiamo a seguire quello che abbiamo progettato e forse sarò in maglia gialla a Parigi. Manca qualcosa più di una settimana. Pogacar ha fatto un bell’attacco, io ho preso il mio tempo e alla fine sono riuscito a raggiungerlo. Ho anche guadagnato un secondo, ora ne ho 10 di vantaggio. Non so dire se ne esco vincitore, ma sono soddisfatto. Stiamo andando molto veloci, più dello scorso anno. Siamo felici di quello che abbiamo fatto. Voglio ringraziare tutti i compagni che hanno lavorato sodo».

Poagacar ha attaccato forte, ma non è riuscito a distanziare Vingegaard
Poagacar ha attaccato forte, ma non è riuscito a distanziare Vingegaard

La lettura di Vanotti

Probabilmente la riflessione giusta la faceva stamattina alla partenza da Annemasse quella vecchia volpe di Alessandro Vanotti, che il Tour lo vinse nel 2014 accanto a Vincenzo Nibali.

«Non credo che Vingegaard sia in calo – ha detto il bergamasco – fateci caso. Quando Pogacar lo attacca, lui si spinge fino ad un certo punto, poi è come se chiudesse il gas per non andare fuori giri. Prende la sua velocità e non molla. Lo tiene nel mirino e poi semmai torna sotto».

Esattamente quello che è successo oggi sul Col de Joux Plane. Pogacar ha messo Yates a tirare e poi ha attaccato, guadagnando un massimo di 5 secondi. Voltandosi ripetutamente, mentre l’altro faceva il suo ritmo e alla fine è riuscito a riprenderlo, dando la sensazione di non essere affatto sfinito. Considerando che il Tour è appena giunto a metà strada, viene da chiedersi quale sia la tattica che paga maggiormente.

Sepp Kuss è il valore aggiungo della Jumbo-Visma: l’ultimo uomo più solido del Tour
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Le tattiche di Pogacar

Pogacar bisogna capirlo e probabilmente aspettarlo alla distanza. Sa di dover attaccare oppure vuole farlo. Potrebbe aspettare la crono, ma la sensazione è che fra i due sia in corso anche una guerra psicologica per eleggere il maschio alfa.

«Tadej è un ragazzo intelligente – spiega Gianetti, team principal della UAE Emirates – non devi dirgli le cose per tre volte. Cosa deve fare? Ha capito che la differenza tra lui e Vingegaard è minima e quindi deve correre bene, non può buttar via energie perché l’altro è un gran corridore. Sappiamo che sulle grandi montagne abbiamo un blocco più completo rispetto alla Jumbo, fermo restando che loro hanno un super Kuss, che da solo fa un lavoro eccezionale.

«Speravamo che il lavoro fatto fosse già sufficiente e a Bilbao eravamo contenti. Invece abbiamo perso terreno nella prima tappa pirenaica, forse per le troppe energie spese prima. Però Tadej ha avuto una bella reazione e ha iniziato a migliorare. Certo, parliamo di una crescita comunque minima. Vingegaard è arrivato con un’ottima condizione e la sta mantenendo, Tadej ha trovato l’equilibrio che cercava».

Rodriguez e la Bmx

In tutto questo, quel lungagnone di Carlos Rodriguez è rientrato sui due subito prima che iniziasse la discesa e poi li ha lasciati lì a sfidarsi anche nella picchiata.

«E’ una sensazione incredibile essere qui – dice lo spagnolo – vincere lo è ancora di più. Non so se riuscirò a salire sul podio, anche gli altri sono molto forti. Lo prenderò giorno per giorno, cercando di fare del mio meglio e sperando che da qui in poi le mie gambe mi rispondano. Quando stavo inseguendo Pogacar e Vingegaard, mi sono concentrato per rendere il resto della salita il più breve possibile. Salivano molto forte, però a un certo punto hanno iniziato a guardarsi e questo mi ha permesso di riprenderli. Poi in discesa, mi sono concentrato solo a scendere il più velocemente possibile. So di andare forte, ho vinto per questo e per i tanti anni di Bmx che ho fatto da piccolo».

Per la Ineos, seconda vittoria in 24 ore, dopo il successo di ieri di Kwiatkowski
Per la Ineos, seconda vittoria in 24 ore, dopo il successo di ieri di Kwiatkowski

Una dedica e si riparte

Ha gli occhi lucidi. Uno spagnolo prova a chiedergli che cosa pensi del possibile cambio di maglia del prossimo anno, ma prima lo incenerisce lo sguardo dell’addetta stampa britannica e poi Rodriguez stesso finge di non aver sentito e risponde a un’altra domanda.

«Sono molto grato al mio team – dice – e a tutti i miei colleghi per il loro supporto. Se però devo dedicare questa vittoria a qualcuno, è ai miei genitori e alla mia famiglia, che mi hanno sostenuto fin da piccolo. Hanno fatto tutto il possibile per me; mi hanno dato tutto. Essere qui sarebbe stato impossibile senza di loro. Mi supportano ancora oggi e cercano di essere con me in tutte le gare che possono. Questa vittoria è per loro. Il ciclismo spagnolo è di buon livello. Non possiamo essere sempre i migliori, ma i tifosi spagnoli possono essere sicuri che facciamo tutto il possibile per renderli orgogliosi».

Domani si riparte. Vingegaard ha 10 secondi su Pogacar, 4’43” su Rodriguez e dopo un secondo c’è Hindley. I primi due avranno accumulato altra fatica e la tappa di Saint Gervais Mont Blanc promette sfracelli, con i suoi 179 chilometri e le tante salite. Eppure vedendoli sfidarsi oggi con scatti che non erano scatti, ce ne andiamo da Morzine con la consapevolezza di quanto sia stato un privilegio veder correre Marco Pantani.

Tosatto: «Rodriguez sa cosa vuole, è tosto e migliora»

23.10.2022
6 min
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Primo grande Giro concluso al settimo posto. Una caduta tremenda. Tante buone prestazioni e una tenuta psicofisica da veterano nell’arco delle tre settimane e dell’intera stagione. Vogliamo tornare a parlare di Carlos Rodriguez. E lo facciamo con chi in quella Vuelta lo ha guidato dall’ammiraglia e gli è stato vicino da Utrecht a Madrid, vale a dire il diesse Matteo Tosatto.

Il gioiellino spagnolo della Ineos Grenadiers è un campione che, a nostro avviso, dovremmo imparare a conoscere. E bene. Meno appariscente del suo “storico” rivale Juan Ayuso e di un Remco Evenepoel, non ha però meno sostanza di loro. Anzi…

Matteo Tosatto (classe 1974) è sull’ammiraglia dal 2017
Matteo Tosatto (classe 1974) è sull’ammiraglia dal 2017
Matteo, Carlos Rodriguez: cosa dici di questo atleta?

E’ un bravissimo ragazzo, molto giovane. Ha già fatto vedere belle cose. E’ arrivato da noi che era uno juniores. E la cosa più importante è che anno dopo anno si è sempre migliorato e lo ha fatto su ogni terreno: salita, crono, sprint… Quest’anno avevamo in programma di fargli fare il primo grande Giro ed è arrivato alla Vuelta consapevole di poter far bene. Aveva vinto il campionato spagnolo, una tappa ai Paesi Baschi e avendo fatto altre belle performance era fiducioso. Poi noi gli abbiamo lasciato carta bianca.

Poteva quindi attaccare, essere libero?

Poteva fare classifica o aiutare Carapaz nel caso Richard fosse stato in lotta per la Vuelta. Poi Richard è uscito quasi subito dai giochi e Carlos è stato più libero. Unico rammarico: la caduta terribile. Questa non gli ha permesso di lottare per il podio o arrivare quarto. Nei primi cinque ci sarebbe stato di sicuro. E’ arrivato settimo, ma per noi è come se fosse stato tra i primi cinque. Un altro sarebbe andato a casa.

Una brutta caduta in effetti, almeno da quel che si è visto dalle immagini…

Bruttissima. Ha mostrato una solidità impressionante. Vi dico solo che al Lombardia aveva ancora le ferite della Vuelta. Dopo la caduta è ripartito subito. Ma avendo rotto il casco lo abbiamo fermato. Ci sono dei protocolli da rispettare. Gli dicevo di fermarsi, di aspettare un attimo. E lui: “Sto bene, sto bene. Vado avanti”. “No – ribattevo io – hai rotto il casco, hai sbattuto la testa dobbiamo essere sicuri che puoi continuare”. 

Coriaceo…

Io dalla macchina gli chiedevo: “Come ti chiami?”. Lui mi guardava un po’ così, ma rispondeva bene, quasi con ironia. “Mi chiamo Carlos Rodriguez, Matteo Tosatto. E sono nato ad Almunécar il 2 febbraio 2001. Sto bene e voglio andare avanti”. Dopo una decina di chilometri, visto che si andava piano, lo abbiamo fermato. Ha parlato con il dottore. Ha fatto i suoi test per una trentina di secondi ed è ripartito.

E quella sera?

Già sul bus, poverino, era martoriato. In hotel, poi, mi diceva che gli faceva male tutto, ma anche che sarebbe potuta andare peggio. Lì ho davvero capito che non voleva mollare di un centimetro. Il giorno dopo ancora, ancora. Ma due giorni dopo ha sofferto tantissimo. Bisogna solo fargli un monumento per ciò che ha fatto. Ha mostrato un grande carattere.

E si è anche guadagnato il rispetto dei compagni?

Quello già ce lo aveva. E’ un ragazzo che si fa voler bene. Ma ho visto che dallo staff, dai meccanici ai massaggiatori, tutti hanno detto e capito quanto grande sia stato a portare a termine la Vuelta in quelle condizioni. Nelle ultime tappe gli ho detto: “Noi proviamo, ma se ti stacchi anche nei primi dieci minuti di corsa la tua Vuelta l’hai già vinta prima della caduta”. E lui: “No, la mia Vuelta finisce domenica”. Questo ti fa capire tante cose e quanto sia determinato.

Un punto forte di questo ragazzo è la testa dunque?

Assolutamente sì. Non ha mollato. Ma allo stesso tempo, a mio parere, non sente la pressione. Si concentra e s’innamora delle corse che gli piacciono. Alla sua età sa già cosa vuole. Prima di quest’anno per esempio ci ha detto: “Voglio fare la Strade Bianche perché una corsa che mi piace”. Era la prima volta che la faceva è stato l’unico che ha risposto agli attacchi di Pogacar. Idem il Lombardia e la Vuelta. Vuole migliorare ogni anno… E’ questo il piano nella sua testa ed è un piano chiaro.

Nella crono di Alicante Rodriguez è stato quarto a 1’22” da Evenepoel
Nella crono di Alicante Rodriguez è stato quarto a 1’22” da Evenepoel
In salita è un po’ al limite o per te ha dei margini ulteriori?

Per me ha dei margini. Non ha lo scatto secco o il cambio di ritmo netto, ma preferisce andare di passo e con le sue doti da cronoman e la sua giovane eta, ricordo che ha 21 anni, può fare ancora molto. Abbiamo visto i suoi dati e i suoi step di stagione in stagione e per me anche fisicamente non è del tutto maturo.

Il fatto che Carlos non abbia la “botta secca” è una limitazione nel ciclismo moderno?

Non penso. Ognuno ha il suo modo di correre, ma rispetto ad altri va più forte a crono. E sulla bici da crono ci lavora tanto e questo è di certo un punto favorevole.

Ti ricorda qualcuno? Tu sia da corridore che da diesse nei hai visti tanti…

Mah – ci pensa un po’ Tosatto – forse un Ivan Basso, uno regolare. Ha le caratteristiche di un passistone ma che va forte in salita. Non è lui che ti fa dieci scatti in salita. Però ha la capacità di essere al limite per tanto e si sa gestire in quei momenti. Ed è una cosa a dir poco importante.

Che programmi di lavoro avete previsto? 

Per ora non lo sappiamo. Nel ritiro degli scorsi giorni abbiamo stilato il programma di gare che faremo come squadra ma ancora non siamo scesi nello specifico. A dicembre, con i feedback dei coach e con gli incontri tra gli atleti e i direttori, vedremo cosa fare. E di conseguenza decideremo, soprattutto per i grandi Giri e per le classiche maggiori.

Il duello tra Carlos Rodriguez e Juan Ayuso ha infiammato la Vuelta e gli spagnoli
Il duello tra Carlos Rodriguez e Juan Ayuso ha infiammato la Vuelta e gli spagnoli
C’è la possibilità di vederlo al Giro d’Italia?

Può avere delle possibilità. Ma dipende da molte cose. Per esempio se vuol fare bene la primavera con le classiche e la Strade Bianche, o più avanti con il Catalunya e i Baschi. Inoltre dovremmo vedere chi sarà il capitano. Di certo dopo la Vuelta può provare a fare altro. L’Italia gli piace. Ama le nostre corse e magari questo inciderà. Ma essendo così solido magari dirà alla squadra: “Voglio andare al Tour”. O non mi stupirei se volesse fare la Vuelta da leader. Ma sono idee mie.

In Spagna hanno messo su un dualismo con Ayuso…

Fanno i paragoni con Ayuso perché entrambi sono vincenti, forti, giovani e lottano già dalle categorie minori. Carlos ha un anno di più… Poi dopo che anche Valverde ha smesso i media vogliono creare un po’ rivalità, fare notizia. In più sono molto diversi, come persone e come corridori.

Lo scorso anno all’Avenir, sul Piccolo San Bernardo abbiamo la sua immagine mentre attendeva il verdetto: si giocava la maglia gialla finale per una questione di secondi. Ha mostrato il suo essere ingegnere in tutto e per tutto: una sfinge. Ma è davvero così chiuso e serio o a “telecamere spente” è più aperto?

E’ professionale al 110%, ma quando si stacca il numero è altrettanto professionale… a fare festa! I genitori lo hanno educato bene. Ha grande rispetto per ogni membro dello staff. Sa cosa vuol dire fare fatica e rispetto. Ha le basi solide per una lunga e ottima carriera.

La Pinarello Dogma F di Rodriguez per Il Lombardia

08.10.2022
4 min
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Siamo andati in casa Ineos-Grenadiers a curiosare la Pinarello Dogma F del campione spagnolo in carica, Carlos Rodriguez.

L’iberico, per l’edizione 2022 de Il Lombardia utilizzerà la bicicletta numero 2, ovvero quella con le ruote dal profilo medio e una scala pignoni molto agile. Entriamo nel dettaglio.

La bici numero 2 di Rodriguez è quella per la salita
La bici numero 2 di Rodriguez è quella per la salita

Colori spagnoli

Fondo bianco lucido e la bandiera rossa e gialla che celebra la vittoria al Campionato Nazionale e, il titolo spagnolo non è per nulla facile da conquistare. La bicicletta di Rodriguez è una Pinarello Dogma F taglia 55. Ci sono i tubeless e le Dura-Ace C36 di Shimano e la rapportatura ha una combinazione interessante. Ci ha spiegato il mezzo meccanico Giacomo Panconi, che cura abitualmente il setting del corridore spagnolo.

«Carlos è un atleta molto serio e sempre concentrato, un corridore che è capace di vincere, ma soprattutto di essere un riferimento per la squadra quando è necessario fare del forcing. E’ un atleta che parla poco e pensa a fare bene il suo mestiere, ma sa fornire dei feeback interessanti anche sotto il profilo tecnico. Difficilmente cambia la sua posizione nel corso della stagione agonistica. Si tratta di un atleta longilineo bello da vedere pedalare, molto composto e ha un peso di 67 chilogrammi».

Con il numero 2

C’è un manubrio integrato full carbon Most con una larghezza di 42 centimetri e uno stem da 130. Le leve del cambio sono leggermente inclinate verso l’interno.

La sella è una Fizik Arione con il foro centrale di scarico. La versione è quella con i rails in carbonio e un’imbottitura di livello medio. Non è la 00 per intenderci.

La trasmissione è Shimano Dura Ace 12 velocità: 54/39 per il plateau anteriore, 11/34 per i pignoni. Le pedivelle sono da 172,5. C’è il chain-catcher che evita la caduta della catena ed è marchiato K-Edge e il power meter è quello della generazione precedente. I pedali sono Dura Ace.

«Rodriguez è uno di quei corridori ai quali piace la molla del pedale tirata a tutta-ci spiega Panconi-gli piace sentire la tensione e la scarpa bloccata sulla piattaforma del pedale. Quando gli faccio le regolazioni, la molla viene tirata a blocco e poi rilasciata di un mezzo giro, solo per sicurezza».

Sempre tubeless da 28

In occasione de Il Lombardia ci sono le ruote con il profilo medio, ovvero le C36, ma gli pneumatici sono quelli che vengono utilizzati sempre dallo spagnolo: i tubeless Continental GP5000s da 28. Saranno gonfiati con delle pressioni di 4,3 davanti e 4,4 dietro.

Carapaz fa il bis, Evenepoel incassa e fa gli scongiuri

03.09.2022
4 min
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«Avessi avuto al Giro, una gamba come questa…». Mentre spingeva a più non posso sui pedali, in quella che più che una scalata è stata un arrembaggio verso il traguardo di Sierra de la Pandera, Richard Carapaz ripensava all’esito della corsa rosa, di quel penultimo giorno quando gli scatti di Hindley (finito mestamente dietro in Spagna) e soprattutto la tattica vincente della Bora Hansgrohe lo avevano mandato in crisi.

Alla Vuelta si è tornato a vedere l’ecuadoriano che lo scorso anno ha portato a casa il titolo olimpico, che al Tour era stato l’unico vero antagonista, anche se soccombente di fronte a Pogacar.

Seconda vittoria di tappa per Carapaz, con il redivivo Lopez e Roglic arrivati a 8″
Carapaz Pandera
Seconda vittoria di tappa per Carapaz, con il redivivo Lopez e Roglic arrivati a 8″

Trasformazione in una settimana

In due settimane Carapaz si è trasformato. Quando era partito per la Vuelta, doveva essere il leader della Ineos, uno dei pretendenti al trono di Roglic, ma le prime tappe non sono andate perché la forma ancora non c’era. Le gerarchie in casa Ineos Grenadiers sono presto cambiate, si corre in favore del giovanissimo Carlos Rodriguez e Carapaz si è messo alle sue dipendenze. O forse no?

«Sono partito per la Vuelta con altri obiettivi – affermava all’arrivo della 12esima tappa, vinta per distacco a Penas Blancas – ma è anche vero che vincere una tappa ha sempre un bel sapore. Sulle salite lunghe sto rapidamente guadagnando la forma migliore e il fatto di essere fuori dalla lotta per le prime posizioni mi favorisce. Posso vincere correndo in maniera intelligente».

Ancora un tentativo di fuga per Filippo Conca, sempre più protagonista alla Lotto Soudal
Ancora un tentativo di fuga per Filippo Conca, sempre più protagonista alla Lotto Soudal

La prima crisi per Evenepoel

A Sierra de la Pandera Carapaz ha sfruttato l’attacco di Sanchez, andandogli dietro e poi recuperando uno a uno i fuggitivi di giornata (tra cui il bravissimo Conca) non solo andandosi a prendere la vittoria, ma scatenando un pandemonio alle sue spalle. Roglic ha preso spunto per andargli dietro, Evenepoel ci ha provato e mal gliene è incolto, andando incontro alla sua prima vera crisi della Vuelta con 48” ceduti allo sloveno. Gli resta 1’49”, ma anche tante incognite soprattutto sapendo che la tappa successiva è quella dell’arrivo a Sierra Nevada, dopo una salita che sembra non finire mai…

«Non è stata una buona giornata – ha dichiarato il belga al traguardo – non sentivo delle buone gambe. In fin dei conti ho ancora un buon gruzzolo, ma ho anche dolori muscolari. Credo sia normale, domani cercherò di sopravvivere, la situazione non mi preoccupa più di tanto».

Perché dicevamo di Rodriguez? Perché il giovane iberico ha pagato l’attacco di Carapaz, ma è stato bravo a salire sul suo passo, a recuperare su Evenepoel e precederlo di 20″. E’ chiaro che se vorrà salire ancora di classifica, dovrà considerare che Carapaz fa un’altra corsa, tesa ora alla conquista delle vittorie di tappa che, agli occhi dei responsabili della Ineos, hanno sempre un gran valore.

Una giornata difficile per la maglia rossa Evenepoel, che diceva di temere particolarmente Sierra Nevada…
Una giornata difficile per la maglia rossa Evenepoel, che diceva di temere particolarmente Sierra Nevada…

E intanto Rodriguez scalpita…

Quando aveva chiuso vittorioso a Penas Blancas, Carapaz aveva già dato appuntamento a Sierra Nevada. Quell’ascesa, che porta a oltre 2.500 metri di quota, gli piace particolarmente. L’aria è rarefatta, esattamente com’è abituato a respirare quando si allena dalle parti di casa sua. Intanto però si è messo in tasca un’altra vittoria e fa capire che gli altri potranno pure scornarsi per il successo finale, ma quel traguardo lo sta aspettando…

D’altronde Tosatto, diesse della formazione inglese, era stato molto chiaro sulle sue aspettative, già prima che il sudamericano andasse all’attacco e tagliasse per primo al traguardo di Sierra de la Pandera: «Sarebbe l’ideale se Richard vincesse un’altra tappa e Rodriguez recuperasse quanto basta per salire sul podio».

E’ pur vero però che in una Vuelta che si rimette così in discussione e che è incentrata sulle incognite intorno alla terza settimana di Evenepoel, che non ha mai vissuto in un grande giro, Rodriguez ha tutto il diritto di guardare in alto.

Rodriguez in maglia bianca di miglior giovane. Arrivo con Mas, Evenepoel è dietro
Rodriguez in maglia bianca di miglior giovane. Arrivo con Mas, Evenepoel è dietro

L’eredità dell’ecuadoriano

Che cosa farà allora Carapaz? E’ il grande interrogativo della tappa domenicale, 152,6 chilometri da percorrere con la salita finale che caratterizzerà gli ultimi 22 e soprattutto con la sua prima parte con rampe già durissime.

Chi vuole disarcionare il belga della Quick Step Alpha Vynil potrebbe farlo proprio dall’inizio. Chissà allora che i due targati Ineos non facciano gioco di squadra, in fin dei conti Carapaz, con già in tasca il contratto del prossimo anno con la EF Education EasyPost vuole onorare fino all’ultimo quello in essere e magari lasciare un’eredità attraverso il “giovane allievo”…