E adesso parliamo della Alessio, rimasta nel mondo delle bici

04.01.2025
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Che fine ha fatto Camilla Alessio? Ce lo chiedevamo a proposito dell’evoluzione delle giovani azzurre dell’ultimo quinquennio, sottolineando come sia andato perso un talento autentico, testimoniato dai risultati fra juniores e U23. Della ragazza di Cittadella si erano perse le tracce nel 2022, dopo la sua prima stagione alla Ceratizit dove aveva assaggiato il WorldTour. Si sapeva di problemi fisici che l’avevano frenata, tanto che aveva evidenziato come, se non ne fosse venuta a capo, avrebbe smesso. E’ evidente che una soluzione nell’immediato non sia stata trovata.

Una carriera, quella della Alessio, durata fino al 2022, poi ha dovuto arrendersi ai problemi di stomaco
Una carriera, quella della Alessio, durata fino al 2022, poi ha dovuto arrendersi ai problemi di stomaco

La bici per amica

La carriera ciclistica è stata quindi messa alle spalle, ma Camilla è rimasta nell’ambiente e la bici non l’ha minimamente abbandonata.

«E’ una mia fedele compagna – afferma mentre è ancora alle prese con i fastidi dei mali di stagione con i quali ha convissuto nel passaggio dell’anno – appena posso torno a pedalare ma senza impegno. I problemi gastrici ora sono più sotto controllo: mi era stata riscontrata un’ulcera allo stomaco che si aggravava quand’ero sotto sforzo. Dopo un anno e mezzo che ho smesso ho finalmente trovato l’equilibrio per tenerla a bada, ma appena salgo di livello come sforzi fisici torna a farsi sentire. Quindi l’agonismo l’ho lasciato, a malincuore».

La Alessio oggi, in bici solo per diletto, quando il lavoro alla Selle Royal glielo consente
La Alessio oggi, in bici solo per diletto, quando il lavoro alla Selle Royal glielo consente
Che cosa fai ora?

Quando gareggiavo, continuavo parallelamente i miei studi in scienza della comunicazione. Appena mi sono ritirata, la Ceratizit mi ha offerto uno stage lavorativo nel settore marketing, poi ho seguito per 18 mesi il settore della Wilier Triestina e ora sono alla Selle Royal, sempre nel settore marketing.

Quindi non ti sei allontanata dal tuo mondo…

Non avrei mai potuto, devo anzi dire grazie al ciclismo perché ha schiuso le porte della mia carriera lavorativa anche se non è stata quella che sognavo da bambina. Ma per me è stato importante rimanere nell’ambiente.

Che cosa ti ha lasciato la tua breve eppure importante carriera, considerando i risultati ottenuti soprattutto nelle categorie giovanili?

Ci riflettevo proprio in questi giorni di festa, mentre trascorrevo del tempo con le mie amiche tutte fuori dal mondo ciclistico. Il mondo delle due ruote mi ha trasmesso un grande senso di praticità, di connessione con la natura: c’è gente che esce con la pioggia magari un paio di volte nella vita, chi fa la vita del corridore invece non si cura di pioggia o freddo, se deve allenarsi o correre, va. E’ un legame tutto particolare con l’ambiente in cui viviamo, che t’impone di non piangerti addosso ma di adattarti a quel che ti circonda e questo serve in ogni ambito della vita.

Agli europei di Trento 2021 Camilla (a destra) ha contribuito all’oro della Zanardi fra le U23
Agli europei di Trento 2021 Camilla (a destra) ha contribuito all’oro della Zanardi fra le U23
Guardandoti indietro, l’esperienza del WorldTour com’è stata?

Bella e bruttissima allo stesso tempo. Affrontavo un calendario completo, diciamo che avevo toccato la punta del mio sogno, ma non ero io, non ero più quella degli esordi, delle presenze in nazionale. Il fisico mi stava tradendo e non potevo dare quello che volevo. Ogni gara era una sofferenza, spesso mi fermavo. Era il mio ambiente, ma progressivamente mi stavo rassegnando al mio destino.

Le tue stagioni in azzurro avevano lasciato presagire per te un grande futuro. C’è una gara in particolare, fra quelle vissute con la nazionale, che ricordi con particolare piacere?

Gli europei disputati a Trento e non sono perché correvamo in casa. E’ stata una bellissima esperienza, ricordo che quando ero con la nazionale, affrontavamo la tensione della vigilia, poi le gare al massimo livello, pensavo «Questo è quello che voglio fare nella mia vita». E’ stata una bellissima esperienza, avevo preso slancio.

La veneta di Cittadella ha sempre avuto un rapporto molto stretto con i tifosi che la riconoscevano
La veneta di Cittadella ha sempre avuto un rapporto molto stretto con i tifosi che la riconoscevano
Tu hai vissuto il ciclismo al suo massimo livello, che cosa consiglieresti a chi oggi si appresta ad affrontare quel che hai affrontato tu?

E’ una bella domanda. Quello ciclistico è un mondo difficile, ma che semplifica molto le cose, nel senso che sei parte di un ambiente con regole certe, forse anche dure per certi aspetti, dove vige la legge del sacrificio. Ma hai le spalle sempre coperte, c’è chi pensa a ogni tua esigenza. La vita di ogni giorno diventa così più fluida, più protetta. Io penso che una ragazza debba innanzitutto godersela, divertirsi e trarre da quello la spinta per andare avanti, avendo però l’accortezza di non dimenticare che c’è tutta una vita anche al di fuori e che tutto va vissuto con calma, contestualizzandolo.

Un podio sfiorato a cronometro per Camilla agli europei del 2019
Un podio sfiorato a cronometro per Camilla agli europei del 2019
Ma la voglia di pedalare ti è venuta meno?

Scherziamo? La bici non l’ho mai lasciata, d’inverno nei weekend facciamo spesso uscite con i miei amici, d’estate anche un paio di allenamenti a settimana e poi di nuovo sui pedali nel fine settimana. Ma sempre in maniera tranquilla, scegliendo itinerari sempre diversi fra il Trevigiano e il Vicentino. L’agonismo fa parte del passato, mettermi alla prova nelle Granfondo non avrebbe senso, risveglierei i problemi fisici che ho. Per me ora la bici è solo divertimento puro…

Ciabocco, primo anno coi fiocchi. E chi ben comincia…

29.11.2021
5 min
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Pedala svelta così come parla. In sella alla bici è pragmatica così come risponde alle domande. Essenziale potrebbe essere la parola d’ordine del suo mantra. Quando ti spiega la prima annata da junior, Eleonora Ciabocco non ci gira intorno. Tanti concetti chiari e rapidi anche davanti ad una serie di risultati che ti farebbero emozionare e parlare molto di più.

Già, perché la 17enne di Corridonia – che corre in bici da quando aveva quattro anni nei “g-zero” e che frequenta la quarta classe all’Istituto Biologico Sanitario “Matteo Ricci” di Macerata – quest’anno ha ottenuto grandi risultati. Campionessa italiana su strada (lo fu anche nel 2018 da esordiente secondo anno), seconda all’europeo, terza al tricolore crono e altre tre vittorie parziali, condite da tanti piazzamenti anche nelle gare open.

La rintracciamo al telefono mentre è in viaggio per Schio per un breve raduno della sua formazione, la Ciclismo Insieme-Team Di Federico. Dalle Marche al Veneto, un blitz utile per rivedere lo staff e conoscere alcune nuove compagne. 

Eleonora, ti aspettavi un 2021 così?

Onestamente no, perché passare da allieva a junior era un bel salto. E’ stato un inizio di stagione molto particolare, non semplice. Ho avuto problemi con un ginocchio e risolto quello, il covid per tutto febbraio. Poi ho fatto le prime gare internazionali e piano piano è migliorato tutto. Non posso che essere soddisfatta.

Cosa hai tratto da questo primo anno da junior?

Sicuramente tanta esperienza. Nelle gare open ti ritrovi a correre con ragazze molto più grandi. Lì ho imparato anche a stare meglio in gruppo, più compatte. Anzi alle prime gare stavo attentissima, avevo paura di combinare guai e di buttarne giù qualcuna. 

Nel 2021, al primo anno da junior, ha vinto il tricolore a Darfo Boario (Barba Photo)
Nel 2021, al primo anno da junior, ha vinto il tricolore a Darfo Boario (Barba Photo)
E a livello tattico?

Rispetto alle allieve, quest’anno bisognava correre di squadra e aiutandosi. Aumentava la distanza e si facevano ritmi molto elevati. C’erano gare con più salita. Dovevamo risparmiare e gestire le energie. Mi è servito un periodo di adattamento per capire, ma sono state tutte cose che mi hanno aiutato a crescere.

A parte i tuoi migliori risultati, c’è un’altra giornata che ricordi in particolare?

La gara open di Tarzo del 25 luglio, che ha vinto la Sanguineti. E’ piovuto tutto il giorno e faceva freddo. E’ stata la prima corsa che facevo dopo il campionato italiano junior. Ed è stata anche la prima in cui sono riuscita a restare con il gruppetto di testa, tutte elite. Ho scollinato il gpm di Ca’ del Poggio, molto impegnativo, nelle primissime posizioni ed è stato emozionante (nella foto di apertura @ph_rosa, assieme a Debora Silvestri, ndr). Nel finale ci siamo frazionate ed io ho chiuso quinta e prima tra le junior.

Seconda all’europeo, poi nona al mondiale. Che effetto ti ha fatto?

Come dicevo, quest’anno ho fatto le prime esperienze internazionali. Fin dal ritiro a Livigno, col gruppo azzurro mi sono trovata subito molto bene, in particolare con Francesca Barale. All’europeo abbiamo corso assieme, ci siamo aiutate e lei è stata preziosa per me nel finale (Barale ha terminato quarta dopo aver lavorato per la Ciabocco, ndr). E’ stato bello legare con persone che durante l’anno sono tue rivali.

Nel tricolore della crono, ha centrato il terzo posto nonostante una partenza non eccezionale
Nel tricolore della crono, ha centrato il terzo posto nonostante una partenza non eccezionale
Ti abbiamo vista andare forte un po’ su tutti i terreni. Ci racconti che tipo di atleta sei?

Prediligo la salita, mi definirei scalatrice. Sono però riuscita ad ottenere risultati anche in gare piatte grazie ad uno spunto abbastanza veloce. A crono, così così… (ride, ndr). Mi difendo, ma mi sento meno adatta, anche se il campionato italiano si è deciso davvero sul filo di lana. Francesca e Carlotta (rispettivamente Barale e Cipressi, prima e seconda, ndr) erano divise da qualche decimo mentre io sono arrivata a tre secondi. Peccato perché quel giorno ero partita un po’ male.

Hai idoli tra i big?

Sì,Van Aert tra i pro’ perché è un corridore completo. Strada e cross (nel 2020 Eleonora è stata campionessa italiana allieve Cx, ndr). Volata, montagna e crono. Tra le elite invece Elisa Balsamo. Anche lei si difende bene su tutti i percorsi. Ammiro il suo modo di correre, avendola vista più da vicino.

E la tua corsa dei sogni qual è?

La Parigi-Roubaix per me è la più bella da vedere. E ora che c’è anche per le donne, un giorno mi piacerebbe correrla

La Callovi qualche giorno fa ci ha detto che seguirà le junior in ottica nazionale, ma che preferisce lasciarvi libere da pressioni. Cosa ne pensi?

Intanto mi fa piacere essere considerata da un tecnico azzurro. Poi credo sia giusto ciò che ha detto Rossella. E’ un bene correre più tranquilli, aiuta tanto. All’europeo sono andata bene proprio perché ero serena.

Eleonora, per il 2022 cosa ti aspetti? 

Ripetere questa stagione sarebbe già un sogno. Ovvio che si punta sempre a migliorarsi, non solo nei risultati, ma anche per me stessa, come persona. Poi vedremo come andrà.

Trento 2021, due mesi dopo i numeri del successo

16.11.2021
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Ci sono le corse, il pubblico e i corridori. E poi c’è il backstage, quello che la televisione non mostra e che cogli (se ti va bene) leggendo gli sguardi degli organizzatori e di chi a vario titolo ha partecipato a costruire l’evento. I campionati europei di Trento sono finiti in archivio con le vittorie di Colbrelli, Silvia Zanardi e della staffetta a cronometro di Ganna e compagni, ma a distanza di due mesi, in una conferenza stampa che si è svolta oggi a Trento sono stati letti gli altri numeri. Quelli che giustificano tanto lavoro e che domani si potranno mostrare ad altri investitori.

«Che l’evento sia andato meglio di quanto ci aspettassimo – spiega Maurizio Evangelista, direttore dell’organizzazione – è chiaro. La risposta c’è già stata. Ho visto nei volti e negli occhi di chi ci ha aiutato la convinzione di aver fatto una bella cosa e averla fatta bene. Ma partendo da questo, l’ufficio marketing ha valutato di fare una valutazione economica, affidandosi a Nielsen: azienda americana specializzata nella misurazione dell’audience di tv, radio e giornali».

La vittoria di Colbrelli in Piazza Duomo ha concluso in modo trionfale gli europei di Trento
La vittoria di Colbrelli in Piazza Duomo ha concluso in modo trionfale gli europei di Trento

La giusta consapevolezza

Gli europei di Trento tornavano dopo la scelta di non disputarli nel 2020 per il rischio che le complicazioni Covid vanificassero gli sforzi. Proprio il fatto di aver attraversato un periodo di grandi incertezze ha reso il successo della manifestazione ancora più eclatante.

«La nostra esigenza – conferma Maurizio – è fare in modo che il territorio e i soggetti coinvolti serbino un buon ricordo e abbiano consapevolezza di quello che si è avverato. Affinché un domani proprio le realtà imprenditoriali coinvolte abbiano gli strumenti per valutare ogni fattore se e quando gli verrà proposto di nuovo qualcosa del genere».

I numeri delle gare

I campionati europei Trentino 2021 hanno visto cinque giorni di gare con 13 titoli in palio. A fronte di 2.762 tamponi rapidi eseguiti in loco, hanno gareggiato 768 atleti in rappresentanza di 39 Paesi, con 439 fra tecnici e accompagnatori, 130 rappresentanti della stampa. In totale 1.967 accrediti consegnati, compresi quelli per la produzione televisiva curata dalla Eurovisione con uno staff di 72 persone.

Da sinistra: Villotti, Della Casa (Uec), Bertagnolli (APT), Ianeselli (Sindaco di Trento), Failoni, Rossini (Trentino Marketing), Evangelista
Oggi a Trento: Villotti, Della Casa, Bertagnolli, Ianeselli, Failoni, Rossini, Evangelista

Il dato complessivo sull’occupazione alberghiera attesta un +20 per cento nella città di Trento rispetto all’analogo periodo del 2020 e +15 per cento nei territori limitrofi. La ricaduta economica dell’evento si è propagata in molte altre zone del Trentino integrando l’offerta alberghiera della città.

I numeri di Nielsen

I dati di Nielsen danno l’esatta dimensione del successo. A fronte di un investimento di 1,6 milioni di euro, fra costi organizzativi, compensi e investimenti in comunicazione, il media value generato dall’evento è di 48.494.868 euro. Il successo della manifestazione ha moltiplicato di oltre 30 volte il valore dell’investimento.

A ciò si aggiungono i dati di audience televisiva, con 15 emittenti collegate in diretta, 71 Paesi coperti in Europa e Asia, 20 ore di produzione totale di cui 17 in diretta.

Maurizio Evangelista, presentazione Tour of the Alps
Maurizio Evangelista, già direttore del Tour of the Alps, ha condotto molto bene in porto anche gli europei
Maurizio Evangelista, presentazione Tour of the Alps
Maurizio Evangelista, già direttore del Tour of the Alps, ha condotto molto bene in porto anche gli europei

I numeri dei social

Non mancano neppure i dati sui digital media, che oggi come oggi spostano il gradimento in maniera davvero importante.

Instagram ha collezionato 1.236.000 utenti, per 2.347.000 impressions. Facebook 277.000 utenti e 445.000 impressions. Sul fronte video, 265 ore complessive di visualizzazioni. Mentre il sito ufficiale dell’evento ha avuto 186.000 sessioni per un totale di 116.700 utenti.

Asticella più alta

«Questi numeri – prosegue Evangelista – mettono dei paletti, dei riferimenti per i quali potremo dire di aver portato bene a casa un compito di cui inizialmente non eravamo tutti convinti. Ma c’era fiducia nelle strutture che lo avrebbero organizzato, che hanno dimostrato di avere gli strumenti per farlo. Il risultato ottenuto alza l’asticella e anche la Uec in futuro potrà faticare per trovare una località alla stessa altezza e insieme potrà pretendere uno standard superiore rispetto ai primi anni, quando gli europei non erano eventi così ben organizzati. Hanno lavorato molto bene per promuoverli, portandoli a una dimensione economica sostenibile. Magari noi abbiamo dato una spinta dal basso perché crescano ancora. Non si tratta di lodarsi, quando piuttosto di apprezzare i risultati di valutazioni economiche importanti».

La stagione di Colbrelli si celebra in Sidi

08.11.2021
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Sonny Colbrelli ha recentemente reso omaggio a Sidi, il brand veneto che gli fornisce le calzature. Ha visitato l’azienda di Maser al termine di una stagione che l’ha visto trionfare al campionato italiano, al campionato europeo e alla mitica Parigi-Roubaix. Tutti successi che abbiamo avuto il piacere di raccontarvi.

Sonny Colbrelli firma le Sidi tricolore con le quali ha vinto la Parigi-Roubaix
Sonny Colbrelli firma le Sidi tricolore con le quali ha vinto la Parigi-Roubaix

Wire 2, le preferite…

«Proprio il giorno del mio successo al campionato italiano a Imola – ha dichiarato Colbrelli – è scattato qualcosa nella mia testa. La maglia tricolore è un vero orgoglio per ciascun corridore del nostro Paese ed io sono davvero fiero di indossarla. Sono felicissimo, certo, dopo mesi di allenamento in altura lontano dalla mia famiglia sono finalmente riuscito ad ottenere un risultato che attendevo da tanto tempo. Qualche mese dopo ho avuto poi l’opportunità di riascoltare l’inno di Mameli anche sul podio del campionato europeo di Trento e poi alla Parigi-Roubaix. Incredibile».

«Vincere la classica più ambita, quella delle pietre, in una giornata infernale con tanto fango e acqua, è davvero qualcosa di unico. Ancora oggi, rivedendo i video di quella giornata e di quel successo, non riesco a credere di aver vissuto tutte quelle emozioni. Grazie Sidi».

«Personalmente – ha continuato Sonny – ho un piede con una conformazione particolare, non facile da assecondare, ma Sidi è sempre stata pronta a venire incontro alle mie richieste. Durante il Tour de France, quando mi sono arrivate le scarpe speciali con la livrea tricolore, le ho indossate immediatamente. Non è una cosa da tutti, ma io mi fido ciecamente di Sidi e so benissimo che le mie calzature sono realizzate al millimetro. La mia scarpa preferita è la Wire 2. L’ho scelta dopo aver provato tutti i modelli e devo dire che sembra sia stata concepita proprio per i miei piedi».

«E’ sempre bello vedere i ragazzi vincere – ha ribattuto Rosella Signori – come Sidi supportiamo Sonny da oramai molti anni, e sapere che ha coronato alcuni dei suoi sogni ci riempie di grande gioia. In qualche modo anche noi siamo parte di questa sua meravigliosa stagione, fornendogli il meglio delle nostre calzature per ciclismo. Frutto di una lunghissima esperienza nel settore con l’obiettivo (centrato) di assicurargli assoluto comfort e prestazioni al top».

Sonny all’interno dei reparti Sidi alle prese con gli attrezzi del mestiere
Sonny all’interno dei reparti Sidi alle prese con gli attrezzi del mestiere

Un successo per il made in Italy

La visita che Sonny Colbrelli ha effettuato in Sidi ha anche rappresentato l’occasione per riconfermare la collaborazione esistente tra l’atleta e l’azienda. Un’attività che sancisce la volontà reciproca di sviluppare nuovi prodotti unendo alla lunga esperienza Sidi i preziosi feedback di chi, come Colbrelli, testa le calzature nelle condizioni più estreme. Il dialogo continuo tra il brand e gli atleti ha infatti contribuito all’impronta lasciata dall’azienda nel panorama del Made in Italy e dell’artigianato di settore.

La stagione 2021 non è stata diversa dai trend degli anni passati. Sidi è stata protagonista delle grandi competizioni internazionali e partecipe dei successi di grandi campioni. Sono numerosi i successi ottenuti: partendo dal Giro d’Italia con Egan Bernal e continuando con Richard Carapaz campione olimpico. Quella conquista dal corridore ecuadoriano è la quarta olimpiade vinta dall’azienda di Dino Signori. I successi sono poi continuati a Leuven, dove Elisa Balsamo è diventata campionessa del mondo nella categoria elite donne e Filippo Baroncini campione del mondo under 23. Gli ultimi successi sono arrivati sul parquet di Roubaix con Martina Fidanza vincitrice della medaglia d’oro nello scratch e Liam Bertazzo componente prezioso del quartetto iridato.

Sidi

Thibau Nys 2021

Thibau Nys, quanto pesa essere “figlio d’arte”…

20.09.2021
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Nel ciclismo i figli d’arte hanno sempre trovato molte strade sbarrate, troppo pesante l’eredità lasciata, a meno che non cerchi vie nuove ed è quello che sta cercando di fare Thibau Nys, il nuovo campione europeo Under 23 che punta a sorprendere anche in casa, a Leuven, aggiungendo un’altra maglia a quella fresca con le stellette. Quando hai un cognome simile il fardello è pesante, perché parliamo di Sven Nys, uno dei più grandi ciclocrossisti della storia, due volte iridato e per ben 25 volte vincitore di una grande challenge, fra cui 3 Coppe del Mondo, ma soprattutto capace di attirarsi grandi simpatie da parte dei tifosi.

Quando Thibau ha iniziato nel ciclocross, i dubbi erano tanti: «Ecco, un altro che vuole imitare il padre». In Belgio il fardello dell’eredità di un campione è pesante, ne sa qualcosa Axel Merckx, che dopo aver cercato gloria su altre strade (il calcio), non resistette alla voglia di mettersi in gioco, vivendo una carriera lunga ben 14 anni e contraddistinta da 14 successi tra cui un titolo nazionale su strada, ma lontana anni luce dai fasti del padre, anche se vinse quel che a Eddy non riuscì: una medaglia olimpica (bronzo ad Atene 2004 dopo una coraggiosa quanto vana caccia a Bettini).

Nys volata trento 2021
La volata vincente di Nys a Trento, battendo l’azzurro Baroncini e lo spagnolo Ayuso
Nys volata trento 2021
La volata vincente di Nys a Trento, battendo l’azzurro Baroncini e lo spagnolo Ayuso

Il vantaggio di chiamarsi Nys

Questo peso Thibau lo ha sempre sentito: «Dipende da come lo si guarda – ha affermato dopo aver vinto nel 2020 il titolo mondiale junior di ciclocross – in fin dei conti quando ti chiami Nys, gli sponsor vengono a cercarti e questo è un vantaggio, dall’altra parte però c’è una tale pressione addosso che non ti lascia mai e so che dovrò farci i conti per sempre».

Questo concetto lo ha fatto suo anche chi lo segue giorno dopo giorno, il suo allenatore Sven Van Den Bosch, tecnico di lunga esperienza che seguendo il ragazzo ha capito che era necessario trovare nuovi sbocchi, diversi da quelli del padre per tagliare una volta per tutte quel cordone che li lega: «Le aspettative pesano non poco su di lui, perché Nys è un cognome che in Belgio è sinonimo di vittoria, ma qui parliamo di un’altra persona e questo andrebbe sempre tenuto nel dovuto conto».

Van den Bosch 2020
Sven Van Den Bosch, il preparatore di Thibau Nys, che ha fortemente spinto per un suo futuro su strada
Van den Bosch 2020
Sven Van Den Bosch, il preparatore di Thibau Nys, che ha fortemente spinto per un suo futuro su strada

Il padre in Mtb, il figlio su strada

Il ciclismo su strada può, anzi dovrà essere il mondo di Nys proprio perché lì quel cognome non pesa come nel fuoristrada. Suo padre ha corso su strada, ma quello non fu mai il suo mondo, tanto che pensò invece di dedicarsi alla Mtb, riuscendo per due volte a qualificarsi per le Olimpiadi ma non andando al di là del 9° posto a Pechino 2008. Ecco perché proprio la strada potrebbe essere il suo futuro.

L’Europeo di Trento ne è stato la perfetta dimostrazione: «Forse le nazionali più forti, Italia in testa, mi hanno sottovalutato, ma ora sapranno con chi hanno a che fare – ha dichiarato dopo la vittoria – Per me era lo scenario perfetto, quando ho visto che ero riuscito a resistere nel gruppo dei migliori ho capito che potevo farcela».

Nys Trento 2021
Thibau Nys, nato il 12 novembre 2002, vanta un titolo europeo e mondiale junior nel ciclocross oltre a quello di Trento
Nys Trento 2021
Thibau Nys, nato il 12 novembre 2002, vanta un titolo europeo e mondiale junior nel ciclocross oltre a quello di Trento

Un velocista adatto ad alcune classiche

Che tipo di corridore può essere Nys nel ciclismo su strada? Van Den Bosch ha le idee abbastanza chiare in proposito: «Lo vedo come un velocista capace di emergere anche in classiche con pendenze brevi. Non uno sprinter puro, alla Caleb Ewan per esempio, ma sicuramente in grado di dire la sua in volate di gruppo nei grandi giri, ma anche di puntare ad alcuni appuntamenti dove la selezione è più stringente».

«La forza di Thybau – riprende il tecnico – è che ha grandi valori di potenza, se facciamo il rapporto tra wattaggio e chilogrammi. Valori che si esprimono sia sul breve, nell’arco di 30 secondi, quanto sul lungo periodo, anche 20 minuti e questo potrebbe portarlo anche a progredire nelle cronometro. Sicuramente andrà avanti sia su strada che nel ciclocross, perché una specialità beneficia dell’altra, ma per carità non facciamo paragoni con i 3 Tenori, ha già un peso importante sulle spalle…».

Nys Thibau Sven
Thibau Nys con suo padre Sven, grande campione del ciclocross, iridato nel 2005 e 2013
Nys Thibau Sven
Thibau Nys con suo padre Sven, grande campione del ciclocross, iridato nel 2005 e 2013

Non essere solo il “figlio di Sven”

Già, sempre quel peso. Anche quando ha vinto a Trento, tutti lo hanno etichettato come il “figlio di Sven” più che come Thibau. La sua parabola è solo agli inizi, ha già promesso che il prossimo anno lo vedremo di più su strada e magari un giorno verrà nel quale, vedendolo insieme a suo padre (oggi dirigente sportivo alla Baloise Trek Lions) qualcuno dirà: «Scusa, chi è quello con Thibau Nys?»…

Silvia Zanardi lancia la volata lunga verso Parigi

20.09.2021
4 min
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Nelle rispettive giovani storie, Silvia Zanardi entrò nelle pagine di bici.PRO lo scorso 12 ottobre, pochi giorni prima dell’effettiva messa online del sito, per la vittoria agli europei under 23 della corsa a punti a Fiorenzuola. Rimanemmo colpiti quando ci raccontò che alla fine del lockdown, per celebrare quell’insolito ritorno alla vita, prese la bici e partì dalla casa del ragazzo in cui aveva trascorso la clausura e se ne tornò verso Piacenza pedalando. C’era da approfondire e così, durante il ritiro della nazionale sull’Etna a gennaio, raccontammo un’altra interessante fetta della sua storia. A distanza di otto mesi, Silvia è diventata campionessa europea delle under 23 e quel suo urlo sul traguardo di Trento ha mostrato una grinta spesso nascosta dietro il suo sorriso.

«Ho urlato – ride – perché non ero affatto sicura di riuscire a vincere. Blanka Vas mi aveva già battuto, per cui ho lasciato che fosse lei a lanciare la volata dal davanti. Io mi sono messa dietro, sapendo che ho una bella rimonta. E quando effettivamente ci sono riuscita e lei si è piantata, allora ho urlato davvero forte».

L’inizio di stagione non era stato dei migliori, ma assieme al suo allenatore Walter Zini, Silvia è ripartita alla grande
L’inizio di stagione non era stato dei migliori, ma assieme al suo allenatore Walter Zini, Silvia è ripartita alla grande

Fino a ieri, l’atleta della Bepink era a Barcellona per delle gare su pista. E se pure il 26 correrà su strada in Italia, nel suo mirino ora ci sono gli europei elite su pista, cui è certa di partecipare.

Ti aspettavi una stagione così buona?

La verità? No. Non era cominciata benissimo, avevo qualche chiletto di troppo. Poi con il mio preparatore abbiamo fissato degli obiettivi, che erano vincere qualcosa agli europei in pista, a quelli su strada e vincere finalmente una classica su strada. Prima degli europei in pista ho cominciato ad avvertire buone sensazioni. E alla fine gli obiettivi li ho centrati tutti.

Hai detto che l’europeo di Trento vale più di quello su pista.

Perché non avevo mai vinto una grande classica su strada ed era importante dimostrare di poterlo fare. Per me la strada vale più della pista, ma non ho mai avuto un riferimento, qualcuno da seguire. Ero vicina alla Bronzini, che mi ha sempre dato una mano. Seguivo i suoi allenamenti e una volta mi portò dal suo preparatore. Per il resto mi piace Sagan, ma perché è veloce come me.

Foto di gruppo al belvedere di Taormina durante il ritiro azzurro di gennaio. Silvia Zanardi è la prima in basso a sinistra
Foto al belvedere di Taormina durante il ritiro di gennaio. Silvia Zanardi è la prima in basso a sinistra
Qual è il bello di uscire in bici?

Il fatto di poter stare da sola e pensare. Mi aiuta a sfogare il mio stress, che è tanto e pesante. Non si può essere sempre al top, mantenere sempre le aspettative. Io poi mi faccio condizionare molto…

Da cosa?

Dal giudizio della gente. Ci resto male se arriva una critica. Sul momento sembra che non ci faccia caso, invece mi metto a rimuginarci sopra. Per fortuna non sono una grande fan dei social. Leggo e rispondo a chi mi scrive, ma meglio se c’è da commentare una vittoria.

Quanto cambia la tua dimensione dopo la vittoria negli europei?

Direi di nulla, salvo per il fatto che ho più consapevolezza di me stessa. Ora so di essere all’altezza di certi appuntamenti.

Hai mai riguardato il finale degli europei di Trento?

Mi capita spesso e ogni volta mi viene la pelle d’oca. Sul traguardo c’era tutta la mia famiglia, ci tenevo a dimostrare.

Zanardi Pordenone 2021
La vittoria di Silvia Zanardi al Giro Provincia di Pordenone, che l’ha finalmente sbloccata (foto Ossola)
Zanardi Pordenone 2021
La vittoria di Silvia Zanardi al Giro Provincia di Pordenone, che l’ha finalmente sbloccata (foto Ossola)
Ti è dispiaciuto non andare a Tokyo?

Certo, ma ero consapevole che ci fossero delle altre ragazze forti. Adesso voglio andare a Parigi, per cui parteciperò agli europei su pista di Grenchen e poi spero di conquistarmi una convocazione per i mondiali di Roubaix.

Di recente abbiamo dedicato spazio al mondo juniores maschile, ma veniamo tirati da più parti per ficcare il naso nel femminile…

C’è un po’ la tendenza a esagerare. In nazionale pretendono tanto perché abbiamo un potenziale importante, ma non si deve strafare. Lo dico sempre alle ragazze della mia squadra, bisogna crescere senza saltare gli step.

E tu con quella maglia addosso, sei pronta per il WorldTour?

Ancora non so niente, ma certo che mi piacerebbe. Qualcuno mi ha cercato, ma la stagione è ancora lunga.

Colbrelli, è tutto nella testa. E la pressione si può gestire

15.09.2021
5 min
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«Sono davvero contento, non è mai semplice partire, correre e vincere da favorito. Correvamo in casa, non ero nella super condizione, perché un po’ di pressione me la sono messa. Ero in po’ bloccato. La nazionale girava alla grande e volevo ricambiarli».

Con queste parole Sonny Colbrelli ha iniziato il racconto della vittoria di Trento, spiegando che a causa della pressione che si era messo addosso da solo, non avesse delle grandi sensazioni in bici. Il suo coach Artuso ha invece spiegato come i test fossero ottimali. E allora noi prendiamo spunto delle parole del campione europeo per capire che rapporto ci sia fra testa e gambe quando la pressione sale in modo deciso. Per farlo siamo nuovamente con la dottoressa Manuella Crini, psicologa piemontese super titolata, con cui in passato abbiamo sondato più volte le abitudini e i disagi degli atleti.

Le lacrime dopo la vittoria di Trento fanno capire quanto fosse alta in lui la pressione
Le lacrime dopo la vittoria di Trento fanno capire quanto fosse alta in lui la pressione
E’ possibile che correre vicino casa ed essere per la prima volta leader della nazionale possa bloccarti?

Certo che sì, ti viene il peso addosso. E’ ansia. E’ stress, una roba che ormai abbiamo fatto diventare patologica. Sono funzionamenti fisiologici del corpo volti a garantirci la sopravvivenza. L’ansia è strettamente connessa alla paura. La paura è un’emozione regolata dall’amigdala, che scatena tutta una serie di azioni ormonali che provocano tre reazioni comportamentali: fuga, attacco o freezing. Tre modalità che abbiamo per affrontare uno stimolo esterno pericoloso.

Come funzionano?

Sono una preda, arriva il predatore e posso scappare. Quindi ovviamente c’è l’azione del battito cardiaco con il sangue che viene portato nelle parti distali, svuoto gli intestini, mi libero di tutto e scappo. Oppure attacco, se sono bravo nel gestire il predatore. Altrimenti con il freezing mi congelo. Se io mi paralizzo, il predatore magari non mi vede più.

Manuella Crini, piemontese, nostra guida nei complessi meandri dei comportamenti
Manuella Crini, piemontese, nostra guida nei complessi meandri dei comportamenti
E se il predatore ce l’abbiamo dentro?

Il problema di noi esseri umani è che ci facciamo spaventare dai pensieri e non dal predatore, però le reazioni sono le stesse. Quindi quel senso di peso nelle gambe, la condizione che non è ottima, può essere un mix tra il blocco del freezing e l’incertezza. La scelta è fra scappare e combattere. Il pensiero non è valutabile tanto quanto un predatore, ma certo hai un’attivazione del sistema nervoso autonomo. E se porta con sé un senso di pesantezza, allora è avvenuto anche il passaggio nel sistema nervoso autonomo. In questo caso più che paura è stress. E lo stress se ben gestito ti aiuta ad aumentare la performance, come anche la paura. Perché produci comunque adrenalina. Il battito cardiaco accelera e quindi corri più veloce.

La situazione ambientale incide?

E’ il limite, che probabilmente in questo caso è stato superato. Perché sei in un ambiente familiare e quindi devi dimostrare di più. Poi ci sarà sicuramente la sua storia di vita, cioè com’era giudicato nel suo paese quindi l’ansia la prestazione aumenta. E quella ti può paralizzare. E’ stato molto bravo Colbrelli a un certo punto ad elaborarla.

Quando ti assale di solito?

In teoria ti aggredisce nel momento in cui hai la valutazione dello stimolo. In pratica puoi avere l’ansia anticipatoria, cioè inizi a pensare alla situazione e il tuo cervello la raffigura come se la stessi vivendo davvero. E’ come se fosse reale. Il cervello vive solo nel tempo presente, quindi attiva l’ansia e con essa arriva un’immagine mentale che può anche indurti a rinunciare .

Con la ricerca della giusta concentrazione, anche gestire la pressione diventa più agevole
Con la ricerca della giusta concentrazione, anche gestire la pressione diventa più agevole
Il cervello fa tutto da sé?

Alla fine lavoriamo costantemente oscillando tra il passato e il futuro. La memoria non è solo il ricordo di quello che ci è accaduto, ma anche una memoria prospettica, quindi in grado di pianificare. E nella pianificazione, immaginiamo sempre ogni decisione. Appena sappiamo di partecipare alla data gara, nel cervello si attiva già l’immagine del contesto e del luogo. E in automatico le emozioni vengono trascinate dentro, quindi anche la paura.

Un passaggio davvero automatico?

All’inizio magari pensi che sia figo correre vicino casa, però poi nel tempo i pensieri lavorano e quelli non li comandi. Emeronoe in maniera spontanea e magari resta a livello subcosciente. Poi nel momento in cui ti trovi lì, nel contesto reale e con stimoli più forti, dal subconscio viene fuori nel cosciente e a quel punto scattano tutti i meccanismi. Più che di stress, in questo caso è veramente ansia. Ansia intesa come paura, ma non relativa alla prestazione, quanto piuttosto legata al giudizio. E ti sembra di non avere forze.

In realtà il suo preparatore dice che la condizione fisica era ottima.

Allora è stato freezing, quando senti un peso che ti blocca. Il freezing è ricorrente nel mondo animale. Avete presente i due animaletti dell’Era Glaciale che si fingono morti? Quello è freezing. Nell’uomo non è così, a meno che ad esempio non stai subendo un abuso sessuale, allora puoi veramente avere un freezing totale. Altrimenti stai nel range tra la performance normale e il blocco totale. Senti pesantezza alle gambe, la paura ti blocca, ti frena.

Solo la grande convinzione ti permette di resistere agli attacchi dei rivali più forti
Solo la grande convinzione ti permette di resistere agli attacchi dei rivali più forti
Una volta che l’hai sconfitta non torna più?

Si crea uno storico molto forte, cioè ci appoggiamo molto a quello che abbiamo già passato. Se in passato l’abbiamo superato e siamo abbastanza bravi da averne memoria, allora non accade più. Se invece pensiamo che quella volta è stata un’eccezione alla regola, allora la volta successiva vado ancora in ansia.

Fa parte di un processo di crescita, giusto?

Nella nostra storia c’è comunque qualcosa di un vissuto che ti porti dentro. Quando sei sicuro di te dei tuoi mezzi, non vuol dire pensarsi immortali o in grado di fare tutto. E’ avere una buona conoscenza delle proprie capacità e dei propri limiti. Capire come funzioni ti permette di funzionare al meglio. Se sei insicuro su alcune cose, i tuoi limiti vacillano. Quindi non sei molto in grado di gestire tutto. Ripeto, lui è stato molto bravo…

Quasi 480 watt per seguire Remco. E ora rotta su Leuven

15.09.2021
4 min
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Ragionando sui mondiali di Leuven, racconta Paolo Artuso, avendo letto i dati sulla bici di Colbrelli, che nei 6 minuti di attacco selvaggio da parte di Evenepoel sulla salita di Povo agli europei, Sonny saliva a 470-480 watt.

«Era al limite – ammette il preparatore del Team Bahrain Victorious – anche se sono numeri che aveva già fatto al Tour. Aveva già fatto lo “sforzone” al terzultimo giro per rientrare nella scia dei francesi. Evenepoel ha impresso un cambio di intensità da metà salita, un’accelerazione lunghissima. Ma Sonny è rimasto con lui, è stato grande».

Sabatini nel mirino

Basta socchiudere gli occhi per rivedere la scena e provare ancora una volta il senso di esaltazione per la vittoria del campione italiano, mentre l’autostrada lo porta in Toscana dove oggi correrà il Giro di Toscana e domani la Coppa Sabatini. Nell’ammiraglia c’è già il casco un po’ tricolore e un po’ con i colori d’Europa, mentre alla bici stanno ancora pensando. Artuso pensa e racconta. E un po’ per curiosità e un po’ per scaramanzia, avendolo già fatto prima degli europei, gli chiediamo di spiegarci quale sarà ora il cammino di Colbrelli dall’europeo al mondiale.

«Nella settimana precedente Trento – sorride – abbiamo fatto poco, per recuperare il Benelux Tour. Quattro ore il giovedì, tre ore il venerdì. Le sensazioni non erano super, ma era normale visto l’affaticamento della corsa. I dati visti all’europeo sono stati gli stessi fatti al Benelux, la condizione era ancora ottima. Lunedì era stanco ed è stato bravo a non festeggiare. Perciò al Giro di Toscana correrà libero, senza alcun tipo di pressione. Mentre punteremo a qualcosa di più alla Coppa Sabatini. Poi ci saranno due giorni di recupero, quindi Memorial Pantani, Trofeo Matteotti e una fase di scarico come prima di Trento».

Rispetto all’europeo, a Leuven si correrà per 98,1 chilometri in più: cruciale l’alimentazione in gara
Rispetto all’europeo, a Leuven si correrà per 98,1 chilometri in più: cruciale l’alimentazione in gara
Lo schema sembra chiaro…

Non sappiamo quanto abbia effettivamente recuperato dopo gli europei, per questo non serve che al Giro di Toscana abbia addosso qualsiasi tipo di pressione. In ogni caso è un bene poter gestire l’avvicinamento al mondiale prevedendo delle corse, perché mettersi a progettare sedute di allenamento a fine stagione diventa pesante. In più gareggiando, si mette insieme la fatica giusta.

Al mondiale ci sarano due ore di corsa più che a Trento, Sonny sarà ugualmente forte?

Ci sarà sicuramente un diverso approccio tattico, dubito che ai mondiali partano a tutta come a Trento. Ma se ricordate anche il campionato italiano era lunghissimo e Sonny non ha avuto problemi di tenuta. Siamo al top, si tratta di rimanerci.

Che cosa farà la prossima settimana?

Molto dipende da come uscirà dal Matteotti, che correrà con la nazionale. Comunque direi che lunedì e martedì si farà recupero. Mercoledì si farà volume e giovedì prevedo una bella distanza con un po’ di lavoretti specifici.

Stando a quel che ha detto Cassani, giovedì saranno già a Leuven per provare il percorso.

Bisogna che giovedì si possa fare un bel lavoro, di 4-5 ore. Giovedì e non mercoledì oppure venerdì. Si guarderà il meteo, ma non vedo eccezioni.

Prima del via, anche a Leuven cercherà la giusta ispirazione
Prima del via, anche a Leuven cercherà la giusta ispirazione
Che tipo di… lavoretti dovrà fare?

Fuorigiri, un mix con salite di 10-15 minuti facendo lavori di forza e anaerobici, per tenere allenate quelle qualità. Come prima degli europei.

Il ginocchio sta bene?

E’ a posto, abbiamo fatto tanta terapia e credo che il prossimo inverno neanche servirà il piccolo intervento di cui si era parlato.

Il peso invece?

A posto anche quello, è bello concentrato. Bisognerà battere il ferro finché è caldo. Va forte dal Romandia ed è stato bravo a restare concentrato. Se avesse mollato quando non poteva allenarsi a Livigno, adesso saremmo a parlare d’altro. Ma Sonny è davvero un grande professionista, ha fatto tutto come andava fatto. Arriverà lassù veramente a posto.

EDITORIALE / Ripartiamo dai tempi di Zenoni e Fusi?

13.09.2021
4 min
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L’11 ottobre del 1998 era di domenica. I mondiali juniores si correvano a Valkenburg e nella prova su strada degli juniores, un irlandese poco noto di nome Mark Scanlon si lasciò alle spalle Filippo Pozzato (foto di apertura). Il vicentino era convinto di vincere e non la prese affatto bene, per cui sul podio si mise in faccia il grugno migliore e ascoltò l’inno del vincitore come una marcia funebre. Aveva già conquistato il podio nella crono, terzo dietro Cancellara e Hieckmann, per cui il secondo piazzamento in pochi giorni gli parve insostenibile. Quando di questo si accorsero Davide Balboni e Antonio Fusi, tecnico di categoria e responsabile delle nazionali giovanili, Pozzato venne richiamato all’ordine perché non era possibile che un secondo posto venisse accolto come una sconfitta. Negli juniores si corre per fare esperienza e qualunque risultato va preso e analizzato, per farne tesoro la volta successiva.

Nel 2019 per De Candido l’oro nella crono con Tiberi, del Team Franco Ballerini
Nel 2019 per De Candido l’oro nella crono con Tiberi, del Team Franco Ballerini

Una vecchia casa (gloriosa)

Ventitré anni dopo, agli europei di Trento, è successo qualcosa che a suo modo ci ha riportato a quel giorno. Solo che in questo caso la parte dell’infuriato l’ha recitata il tecnico della nazionale, che ha puntato il dito contro i corridori e la loro passività. La storia è nota, ne stiamo discutendo da quel giorno, e ci permette di proseguire nell’analisi.

Il ciclismo italiano è come una gloriosa casa di campagna, costruita di pietra antica. E’ andata bene per decenni, ma quando si è trattato di ristrutturarla e adeguarla alle nuove normative tecniche, anziché ragionare su come farlo in modo duraturo e organico, si è cominciato ad aggiungere accessori e piani, senza sincerarsi che la struttura fosse in grado di sorreggerne il peso e fosse completamente compatibile.

Idee chiare

Il passo indietro è stato evidente, ma forse è visibile soltanto a chi c’era anche prima. Siamo passati da una nazionale presente e capace di coinvolgere le società, gestendo la preparazione degli atleti convocati, a una nazionale che non si intromette. L’ha raccontato bene ieri Luca Colombo. Zenoni, ha detto, e Fusi dopo di lui seguivano le corse in moto, prendevano appunti, sceglievano, si formavano un’idea e la portavano avanti sino in fondo. Nessuno era a favore di Gualdi nel 1990 in Giappone, ma Gualdi divenne campione del mondo. Nessuno avrebbe lasciato a casa Bartoli per fare posto a Casartelli a Barcellona 1992, ma Fabio divenne campione olimpico. Nessuno nel quartetto avrebbe tolto di mezzo lo stesso Colombo a Oslo 1993, ma Fusi inserì Fina e vinse il mondiale con la Cento Chilometri.

Selezionare non basta

Il cambiamento lo vollero il presidente Di Rocco e i suoi consulenti tecnici a partire dal 2005. Non più tecnici giovanili che preparano, bensì largo ai selezionatori. Così dai tempi di Zenoni e Fusi, capaci anche di porre un argine all’eccesso di attività dei più giovani con provvidenziali raduni in altura, si è lasciato tutto in mano alle squadre. Si fissa la data e sta a loro portarceli tirati a lucido. Ma come? Sono iniziati gli eccessi, il conteggio delle vittorie, l’abuso tecnologico e la gestione smodata di talenti che arrivano al professionismo già spremuti.

Nibali fu il risultato della prima gestione, che lo accompagnò longitudinalmente dagli juniores agli under 23 e poi al professionismo. Oggi non c’è regia. Si formano le squadre e si va alle corse senza alcuna garanzia tecnica che andrà bene. Qualcuno in tutto questo ha davanti agli occhi un progetto a lungo termine per i ragazzi che vestono l’azzurro sin dagli juniores?