Presentazione Copa d'Oro 2019, Stefano Casagranda, Ugo Segnana

Coppa d’Oro, l’eredità di Casagranda nel ricordo di Ugo Segnana

09.11.2025
7 min
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«Stefano mancherà soprattutto perché sapeva fare squadra – dice Ugo Segnana – e sapeva coinvolgere le persone con una battuta e col suo modo di fare. Certe volte era diretto e anche dissacrante, senza mai prendere troppo sul serio le cose che non lo meritavano. Soprattutto aveva un gran coraggio, a volte al limite dell’incoscienza, ma non ha mai fatto pesare a nessuno il fatto di prendere su di sé tutte quelle responsabilità».

Ugo Segnana è stato per anni l’anima tecnica della Coppa d’Oro di Borgo Valsugana. Questa volta il compito che gli abbiamo assegnato lo porterà ad abbassare il tono e immergersi in ricordi per metà dolci e per metà dolorosi. E’ passato poco più di un mese dalla morte di Stefano Casagranda e questo tempo così veloce ha sommerso i giorni sotto i tanti eventi che si sono succeduti. Forse però vale la pena fermarsi per qualche istante e chiedersi quale sia stata l’eredità di Stefano per la Coppa d’Oro e la gente di Borgo che ogni anno riusciva a coinvolgere. E Ugo Segnana è la persona più giusta per spiegarlo.

Alla Coppa d’Oro partecipano sempre più di 500 ragazzi, un paio d’anni fa fu sfondato il muro dei 700 (foto Mosna)
Alla Coppa d’Oro partecipano sempre più di 500 ragazzi, un paio d’anni fa fu sfondato il muro dei 700 (foto Mosna)
Che cosa ha significato per Ugo Segnana avere il corridore di casa, l’ex professionista al lavoro per la Coppa d’Oro?

Una cosa determinante. Io venivo da anni come direttore sportivo, ma non avevo mai corso in bici. Giocavo a calcio e poi ho pedalato da amatore. Però il ciclismo mi ha sempre appassionato. Nel frattempo mio cognato era diventato presidente del Veloce Club Borgo, poi si è candidato a diventare sindaco e a quel punto abbiamo chiesto la disponibilità a Stefano.

La soluzione giusta?

La migliore che si potesse fare, perché Stefano è una persona eccezionale, la persona giusta nel posto giusto. E quando ha accettato, gli ho dato la parola che ho mantenuto sino alla fine, che ci sarei stato fino a che ci fosse stato lui. Poi negli anni sono cambiate alcune normative provinciali ed è stato necessario far confluire l’Associazione Coppa d’Oro nel Veloce Club Borgo. Stefano presidente e io sempre al suo fianco. Insieme abbiamo fatto la Coppa d’Oro, ma anche la Settimana Tricolore, i campionati italiani paralimpici, il Meeting dei Giovanissimi e altre manifestazioni.

La Coppa d’Oro è cresciuta tantissimo…

Essendoci trovati in due, con due visioni abbastanza spregiudicate, avevamo capito che la manifestazione avesse delle potenzialità incredibili. Partendo dai giovanissimi con la Coppetta d’Oro, avremmo potuto intercettare una fetta di ragazzi da seguire per buona parte della loro carriera. Da lì abbiamo iniziato a ragionare. Abbiamo portato la Coppetta su due giorni, perché i numeri lo imponevano. Poi abbiamo fatto crescere la Coppa Rosa e pensato di far diventare la Coppa di Sera un appuntamento importante. In un primo momento abbiamo fatto le gare uniche, poi le abbiamo sdoppiate. Dai giovanissimi sino agli allievi passano praticamente tutti qui. E’ una festa del ciclismo, la festa del ciclismo giovanile: quello vero. Quello che rimane ancorato ai paesi, alle realtà locali, alle società che portano i bambini a correre da piccoli.

Veloce CLub Borgo 2025, foto bambini dopo la morte di Stefano Casagranda
Una foto per salutare Casagranda pochi giorni la sua scomparsa: il VC Borgo non si è fermato, come lui aveva chiesto
Veloce CLub Borgo 2025, foto bambini dopo la morte di Stefano Casagranda
Una foto per salutare Casagranda pochi giorni la sua scomparsa: il VC Borgo non si è fermato, come lui aveva chiesto
Stefano, ex corridore, si è trovato subito a suo agio?

Stefano – sorride Segnana – era la persona più buona che io abbia conosciuto. Buono nell’animo, su di lui non puoi dire niente. E’ sempre stato molto ironico, non si è mai preso troppo sul serio. Noi lo chiamavamo “Champion” perché era il campione del paese, aveva vinto il campionato italiano allievi, aveva corso professionista, aveva raggiunto anche dei bei risultati. Però lui su questo faceva ironia, non imponeva alcun distacco. Era uguale con tutti, nella vita privata come fuori. Non lo abbiamo mai percepito come inarrivabile. Si è sempre messo al livello degli altri: fossero quelli che dedicavano cinque minuti come quelli che lavoravano tutto l’anno per il Veloce Club Borgo.

In che modo vi siete divisi i compiti?

Io mi occupavo di tutta la parte tecnica, lui invece teneva la squadra unita e quello per me è stato la parte fondamentale. Ci ha fatto andare avanti per tanto tempo, ci ha fatto andare d’accordo e ottenere grandi risultati.

La Coppa d’Oro è sempre stata un evento per tutto il paese?

Dal 1968, la Coppa d’Oro ha avuto sede fissa a Borgo Valsugana. Negli anni è sempre stata guidata da personaggi importanti, fino a fare i vari salti di qualità che l’hanno portata al livello di ora. Per il paese è sempre stata un evento immancabile. C’erano manifestazioni per tutta la settimana precedente. Spettacoli in piazza, i fuochi d’artificio, la grande sfilata. Per anni sono stati fatti dei grandi investimenti che noi abbiamo ereditato e cercato di mantenere vivi. Non nascondo che ci siano stati anche momenti di stanchezza, ci sono state fasi in cui non sembrava che ci fosse così tanto interesse. Abbiamo sempre trovato un po’ di difficoltà nel reperire i contributi, per cui ci siamo inventati tante cose per cercare di smuovere la situazione.

Quella che porta alla Coppa d’Oro, spiega Segnana, è da sempre una settimana di celebrazioni, feste e sfilate
Quella che porta alla Coppa d’Oro, spiega Segnana, è da sempre una settimana di celebrazioni, feste e sfilate
Pensi che in giro ci sia la consapevolezza del livello raggiunto?

Forse non tutti hanno capito che si tratti di una cosa totalmente diversa da quello che c’è in giro per l’Italia o per l’Europa. E’ veramente particolare: ce l’ha detto anche chi viene dall’estero. Gli inglesi e gli sloveni che l’hanno vista crescere e cambiare. Anche i tedeschi, specialmente le ragazze, che l’apprezzano perché è unica nel suo genere.

Stefano è rimasto al timone finché ne ha avuto la forza.

Ne parlavamo anche con lui, dal primo momento che mi ha detto di essere malato. Ho capito che non avrebbe mai fatto un passo indietro, a meno che non fosse stato costretto da impedimenti medici. Quello che mi ha sempre colpito e ha lasciato un segno nel cuore sono state proprio la sua determinazione e l’attaccamento alla vita. Ha sempre detto: «Voglio vivere, finché posso. Poi quando non ce la farò più, allora mi fermerò». E’ l’esempio che ha lasciato a tutti, l’attaccamento alla vita e la voglia di vivere.

Un grande esempio…

Ti colpisce la grande forza che ha avuto. Finché non ci sei in mezzo, non capisci. Chi invece ha vissuto storie difficili capisce ancora di più quale sia stata la sua grandissima forza. In più, era un atleta incredibile: ben poche persone avrebbero potuto sopportare a livello fisico quello che ha passato lui.

Coppa d'Oro 2025, partenza, Stefano Casagranda
Al via dell’ultima edizione, Casagranda era ancora presidente del VC Borgo (foto Coppa d’Oro)
Coppa d'Oro 2025, partenza, Stefano Casagranda
Al via dell’ultima edizione, Casagranda era ancora presidente del VC Borgo (foto Coppa d’Oro)
Perché dopo la morte di Casagranda hai deciso di uscire dalla società?

A dicembre Stefano aveva chiesto al direttivo di fare un passo indietro, perché si era reso conto che le cure non avevano più modo di proseguire. Io dissi che quest’anno ci sarebbero state le elezioni comunali e avrei fatto una lista con mio cognato. Non potevo prendermi altri impegni, per cui ho proposto al direttivo di cercare altre risorse e io semmai sarei rimasto per collaborare. Invece nessuno si è fatto avanti e la presidenza è rimasta a Stefano. In ogni caso, nell’ultima edizione ho continuato a curare le iscrizioni, la gestione delle società, le autorizzazioni, la richiesta di chiusura strade e tutto quello che facevo di solito. Quando poi è subentrato il nuovo direttivo, ho percepito di non essere più gradito, anzi forse davo anche fastidio e questo mi ha persuaso a fare un ulteriore passo indietro. Oggi non sarei sereno né convinto di poter portare avanti altri impegni. Però lo ripeto: il tempo può dare altre risposte e se ci sono altri progetti o altre squadre o altre volontà, allora è chiaro che ne possiamo sempre parlare.

L’eredità di Stefano Casagranda è un forziere enorme pieno di saggezza, empatia, ironia, condivisione, capacità di unire e riconoscere il merito a chiunque si spenda, a prescindere dal livello dell’impegno. Il vero campione è colui che ringrazia in egual modo il gregario che l’ha fatto vincere e il massaggiatore che l’ha messo nelle condizioni di farlo. La sua morte ha privato il Veloce Club Borgo di un riferimento carismatico difficile da rimpiazzare. Da fine ottobre alla guida della società è salita Giovannina Collanega, che in una delle prime riunioni ha detto di voler seguire la linea dettata da Casagranda. E’ un peccato però che la Coppa d’Oro perda con Ugo Segnana colui che con Stefano ha condiviso chilometri, chiacchiere, progetti, ragionamenti e sogni.

Marco Andreaus, Bahrain Victorious Development Team 2025, Sibiu Tour 2025 (foto Instagram)

Marco Andreaus: l’anno peggiore e il futuro incerto

22.10.2025
5 min
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La quarta e ultima stagione tra gli under 23 di Marco Andreaus si è conclusa con il secondo posto nel campionato italiano cronometro a squadre. Il trentino insieme ai compagni della Bahrain Victorious Development: Thomas Capra, Bryan Olivo e Alessandro Borgo, è stato battuto dai ragazzi della Technipes #InEmiliaRomagna. Ora il più grande dei due fratelli Andreaus si sta godendo qualche giorno di svago sulle montagne di casa prima di partire per le vacanze (in apertura foto Instagram).

«Andrò a Cuba insieme alla mia fidanzata – ci dice Marco Andreaus – staremo poco meno di due settimane. Sarà la prima volta che esco dall’Europa, un’esperienza che mi mancava. Fino ad adesso il volo più lungo che ho mai fatto è stato quello per Tenerife, di quattro ore. Per arrivare a Cuba ne serviranno il doppio, devo trovare il modo di passare il tempo, anche perché di dormire in aereo non se ne parla. Non ci riesco proprio».

Marco Andreaus, campionato italiano crono a squadre, Bahrain Victorious Development Team 2025
Marco Andreaus alla partenza del campionato italiano crono a squadre di domenica scorsa (Photors.it)
Marco Andreaus, campionato italiano crono a squadre, Bahrain Victorious Development Team 2025
Marco Andreaus alla partenza del campionato italiano crono a squadre di domenica scorsa (Photors.it)

Un anno difficile

Marco Andreaus quest’anno ha affrontato una delle stagioni più complicate, con diversi stop e tanti momenti difficili da mettere alle spalle.

«Penso sia stata l’annata peggiore della mia carriera – racconta – perché ho iniziato a correre in Grecia e dopo due gare mi sono ammalato. Ho perso due settimane di allenamento, una volta rientrato sentivo di non essere in condizione. La squadra però aveva bisogno di un corridore per il Trofeo Piva e sono andato. Nell’ultima discesa il corridore davanti a me è scivolato, io non sono riuscito ad evitarlo e nel cadere mi sono rotto la scapola. Altri due mesi fermo.

«Volevo ripartire – prosegue Marco Andreaus – e così sono andato in ritiro insieme ai compagni che preparavano il Giro Next Gen, giusto per allenarmi con qualcuno. A giugno avevo solamente quattro giorni di gara e la condizione era ben lontana dall’essere al meglio. Di conseguenza non ho corso tanto, sono andato spesso a tappare dei buchi o a tirare per i miei compagni».

Marco Andreaus, CTF Victorious 2024
Marco Andreaus è entrato nel progetto di Roberto Bressan e Renzo Boscolo quando ancora era Cycling Team Friuli nel 2022
Marco Andreaus, CTF Victorious 2024
Marco Andreaus è entrato nel progetto di Roberto Bressan e Renzo Boscolo quando ancora era Cycling Team Friuli nel 2022
Forse l’unica gara dove potevi fare bene era proprio il campionato italiano cronosquadre…

Sì, avevo aspettative più alte del secondo posto finale. Però era l’ultima gara dell’anno e a metà ottobre. Gli altri miei compagni avevano quasi il doppio dei miei giorni di corsa, quindi le motivazioni erano diverse. Ci tenevo a vincerla perché era l’ultima chance per indossare la maglia tricolore, da under 23. L’ho sfiorata da allievo e due volte nel campionato di cronometro a squadre visto che anche nel 2024 siamo arrivati secondi.

Il prossimo anno cosa farai?

Sono un elite, e le squadre continental vogliono gli under 23. Non so ancora nulla, il futuro è incerto. Una cosa è sicura: gli elite non li vogliono, sembra che nel giro di un mese sia diventato vecchio. Eppure, ho fatto 22 anni lo scorso settembre.

Fino alla stagione 2023 la crescita di Marco Andreaus è stata costante, in quell’anno vinse anche due gare (photors.it)
Fino alla stagione 2023 la crescita di Marco Andreaus è stata costante, in quell’anno vinse anche due gare (photors.it)
Dove stai cercando?

Ne ho parlato con il mio procuratore, Maurizio Fondriest, che per rilanciarsi è meglio cercare una continental estera. Ce ne sono di interessanti in Austria, ma ormai anche quelle preferiscono avere gli under 23. Sinceramente da quando mi sono rotto la scapola mi è caduto il mondo addosso. Alla fine per un corridore come me le gare importanti erano a inizio stagione, sarebbe stato importante vincere nei primi mesi dell’anno.

Che momento è?

Strano, non so cosa farò. Fondriest mi ha detto di andare in vacanza e di non pensarci, lui intanto lavora per cercare una soluzione. Quando tornerò da Cuba capiremo. Mi piacerebbe continuare per riscattare l’ultimo anno e mezzo dove non ne è andata bene una. Non ho mai avuto la sensazione di essere al meglio. Poi sapendo di andare alle corse per tirare non alza il morale, ecco. Credo che la mia generazione sia una di quelle maggiormente penalizzate, perché quando ero junior non c’era questa esasperazione. Mentre ora devi fare tutto bene ed entrare nelle devo da fenomeno, così da fare un cammino lineare.

Stefano Casagranda, Marco Andreaus
Stefano Casagranda insieme a Marco Andreaus, entrambi di Borgo Valsugana, il giovane ciclista ha corso fino agli allievi al Veloce Club Borgo
Stefano Casagranda, Marco Andreaus
Stefano Casagranda insieme a Marco Andreaus, entrambi di Borgo Valsugana, il giovane ciclista ha corso fino agli allievi al Veloce Club Borgo
Poi c’è stata anche la scomparsa di Stefano Casagranda, anche lui di Borgo Valsugana e con il quale hai corso tanto…

Ero molto legato a lui, e sono tanto amico dei suoi figli Niccolò e Andrea. Ci conosciamo da quando avevamo cinque anni.  Con Stefano ho corso al Veloce Club Borgo, team del quale era il presidente, da quando ero G1 fino agli allievi. E’ stato un punto sicuro per tutti questi anni e ci sentivamo spesso.

Com’era?

Uno forte. Sapevamo da anni che fosse malato, ma non si è mai fatto abbattere. Dallo scorso febbraio gli avevano dato poche settimane di vita, invece lui ha tenuto duro. Lo vedevi andare a caccia e in bici. Condividevamo le stesse passioni, oltre alla bici. Anche a lui piaceva tanto la montagna e sciare. Mi dispiace, avrei voluto dedicargli una vittoria, per questo ci tenevo tanto al campionato italiano crono a squadre.

Marco Andreaus, montagna, sci alpinismo (foto Instagram)
Marco Andreaus durante una delle sue uscite invernali sulla neve, la montagna era una passione comune con Stefano Casagranda (foto Instagram)
Marco Andreaus, montagna, sci alpinismo (foto Instagram)
Marco Andreaus durante una delle sue uscite invernali sulla neve, la montagna era una passione comune con Stefano Casagranda (foto Instagram)
Che rapporto avevate?

Stretto. Da quando è venuto a mancare mio padre, nel 2017, Stefano ha ricoperto un po’ quella figura. Parlavamo tanto, sia della bici ma anche di molti aspetti umani legati al ciclismo. Lui in me credeva tanto, mi diceva sempre che avevo il potenziale per diventare un corridore e di stare tranquillo. Per questo ci tengo a continuare, vorrei dimostrargli che aveva ragione.

Stefano Casagranda 2025, battuta di caccia al cervo, foto sulla bara

Pomeriggio a Borgo: lacrime, sorrisi e il ricordo di Stefano

07.10.2025
8 min
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BORGO VALSUGANA – Passi lenti e abbracci forti. Per un’ora la navata centrale è un lento avvicinarsi al suo ultimo sguardo. Sulla bara di legno chiaro c’è la foto di una battuta di caccia, l’altra grande passione di Stefano. L’espressione è serena, appagata, vivace. La prima fila a sinistra è per la famiglia. Ci sono Andrea, Niccolò, Caterina, poi la mamma, suo papà e il fratello, che gli somiglia come una goccia d’acqua. E’ curioso accorgersi che le persone cerchino il conforto da chi ha subito la perdita, come se il dolore che provano non fosse sufficiente e dovessero sobbarcarsi anche quello degli altri. Amici che sono arrivati da ogni angolo del mondo, persino da New York. La serenità della famiglia lascia intuire il cammino degli ultimi anni, anche se pronti non si è mai davvero. L’abbraccio di Caterina toglie il respiro: questa donna ha mostrato per quattro anni la fierezza della leonessa e la solidità del porfido trentino.

Caterina Giurato, Stefano Casagranda, bridisi con birra
Caterina e Stefano hanno creato una splendida famiglia con due figli: Niccolò e Andrea
Caterina Giurato, Stefano Casagranda, bridisi con birra
Caterina e Stefano hanno creato una splendida famiglia con due figli: Niccolò e Andrea

L’esempio di Stefano

Poi a un certo punto il prete inizia a parlare e la liturgia della messa porta via il pensiero e cattura l’attenzione. Tutto si ferma. E’ il funerale di Stefano Casagranda: marito, padre, atleta, dirigente, cacciatore, ma soprattutto amico. E anche l’idea di scrivere qualcosa è una lotta con se stessi. In un angolo, un cronista armato di taccuino e telefono per fare foto, annota tutto e scatta. Il coro propone le note struggenti di Marco Frisina: «Eccomi, eccomi, Signore io vengo. Eccomi, eccomi, si compia in me la tua volontà». La gola si strozza, lasciamo scorrere le lacrime.

«Quando un ciclista si prepara per la gara – dice il sacerdote – sa dove incontrerà le salite impegnative e le discese più difficili. Sa dove può risparmiarsi e dove potrà attaccare. Ma nella corsa della vita non abbiamo una mappa, né l’altimetria. Non sappiamo quando arriva il momento della discesa paurosa, della salita dura o invece il tratto in pianura dove si può andare più veloci. Dobbiamo essere pronti all’imprevisto, bisogna prepararsi anche al cambiamento, alle sorprese. Tanti hanno avuto da Stefano l’esempio di come si affrontano i momenti bui, anche le difficoltà grosse. E’ sempre stato consapevole della sua malattia e tanti di noi sanno affrontare la vita perché hanno visto delle persone veramente care che ci hanno dato uno stile, un esempio. Andrea, Niccolò, ci sarà un momento in cui il papà vi mancherà tanto, ma non vi mancherà mai il suo esempio e allora la vita non sarà più un’incognita totale».

Stefano Casagranda nel suo negozio con i ragazzi del Veloce Club Borgo
Il Velo Club Borgo è sempre stato la seconda casa di Stefano Casagranda
Stefano Casagranda nel suo negozio con i ragazzi del Veloce Club Borgo
Il Velo Club Borgo è sempre stato la seconda casa di Stefano Casagranda

Un momento di pace, speranza e amicizia

Simoni è seduto accanto a sua moglie Arianna, tre o quattro file alle spalle di Caterina e dei suoi figli. Hanno viaggiato spesso insieme, l’ultima volta per cinque giorni alla Vuelta, con il pretesto di salutare Pellizzari che la stava correndo. E oggi Giulio, compagno della figlia Andrea, è seduto una fila avanti a loro, sulla sinistra. Divide la panca con la ragazza di Niccolò, nata a Roma da madre giapponese e padre trentino. Respiriamo il senso di un’immensa famiglia.

«Mi sono accorto che la mattina faceva fatica a mettersi in moto – ha raccontato Simoni incontrato prima della funzione – poi però era capace di stare su fino alle dieci di sera, senza battere ciglio. Sapevo che se si fosse fermato per più di due giorni nel letto, non ne sarebbe uscito. E così è stato, quando ha cominciato a salirgli la febbre».

Alla fine della messa, anche lui sale i tre gradini che dividono i banchi dall’altare, ma quello che vuole dire gli si strozza in gola.

«Non sono pronto per questo – dice e inizia a piangere – era davvero un grande ragazzo. Noi amici abbiamo perso il conto dei raduni che abbiamo fatto, pensando ogni volta che fosse l’ultimo. Stefano era un duro. Il padre mi ha rubato il concetto – dice rivolgendosi al sacerdote – ma lo ripeto. Stefano ci ha insegnato che questo momento non deve essere solo tristezza e pianto, ma anche pace, speranza e amicizia. Ha ricevuto tanto da Borgo, ma tanto ha restituito come atleta e come dirigente».

Che paura alla Strade Bianche

Stava male da quattro anni. Ce lo disse Caterina con gli occhi gonfi al Giro del 2021, al via della tappa da Rovereto a Stradella: l’avevano scoperto da poco. Quello stesso anno, assieme a Simoni e sua moglie, i due sarebbero venuti a pedalare per solidarietà nelle zone del terremoto. Cinque anni prima, per il debutto di quell’evento conosciuto come #NoiConVoi2016, il VC Borgo aveva donato quasi 1.000 euro provenienti dalla lotteria della Coppa d’Oro.

«Crediamo che insegnare ciclismo – ci aveva detto Stefano in quell’occasione – significhi non solo far praticare uno sport a dei ragazzi, ma aiutarli a crescere insegnando loro dei sani principi. Con questa donazione vogliamo che anche ragazzi lontani da noi abbiano la possibilità di percorrere strade sicure in bicicletta e, se possibile, ci piacerebbe finanziare qualche ciclabile o ciclodromo».

Era così forte, che anche il dannato male per batterlo ha dovuto faticare. Tanto che a un certo punto abbiamo iniziato a pensare che si sarebbe stancato di provarci e Stefano ce l’avrebbe fatta. Quante volte era già morto? L’ultima nel giorno della Strade Bianche, mentre sua figlia Andrea era impegnata in gara ed era all’oscuro di tutto. Come fai a sostenere lo sforzo del ciclismo, se la testa è piena di tanta sofferenza? Sembrava finita lì, invece i medici erano riusciti a dargli del tempo in più. E un paio di giorni dopo, per burla e per mangiarsi la vita, lui quel tempo se l’era preso andando in giro per il paese su una bici da passeggio.

Il giorno più bello della sua vita

Passano i genitori di Sara Piffer, passa tutto il ciclismo possibile. C’è Bertolini, che ha portato sua figlia. Miozzo e Donadello, suoi direttori sportivi. Dario Broccardo, riferimento del ciclismo trentino. Daniel Oss, assieme a Marangoni e la compagna Lisa. Andrea Ferrigato, l’amico per la pelle. Tutti i ragazzi e le ragazze del Veloce Club Borgo. E mentre li vediamo passare, torna alla memoria la cena di maggio, nella sera in cui Pellizzari mise il naso alla finestra nella tappa di San Valentino

Ci eravamo ritrovati allo stesso tavolo per una cena di selvaggina e affettati, con la sua famiglia, poi Stefano Cattai, Cristian Salvato e Stefano Masi. Racconti di caccia, qualche buona bottiglia e l’ammissione a bassa voce di sentirsi un po’ stanco. Era smagrito, con le medicazioni sotto la camicia che copriva tutto per non farci pensare ad altro che all’intensità dei momenti. Ma era ugualmente un leader, con i modi del condottiero e lo sguardo buono del gregario.

Una settimana prima di andarsene, ha radunato tutti gli amici per una festa che questa volta ha avuto il sapore del saluto. Hanno mangiato e di più hanno bevuto. E quando tutto è finito, Stefano ha spiegato a Caterina come in vita sua avesse conosciuto la felicità soprattutto i tre momenti. Quando si sono sposati e poi quando sono nati i due figli. «Ma questo – ha detto – è davvero il giorno più bello della mia vita».

Giro del Trentino 1998, Stefano Casagranda, Merano
E’ il 1998, Casagranda centra al Giro del Trentino (tappa di Merano) una delle sue cinque vittorie
Giro del Trentino 1998, Stefano Casagranda, Merano
E’ il 1998, Casagranda centra al Giro del Trentino (tappa di Merano) una delle sue cinque vittorie

L’abbraccio di Niccolò, le parole di Caterina

«L’amministrazione comunale di Borgo – dice la sindaca Ferrai – porterà avanti le idee di Stefano per sostenere lo sport come mezzo di costruzione di relazioni sane. Seguiranno tanti giorni in cui sentiremo la sua mancanza, ma ci saranno tanti giorni di gratitudine. Stefano era un uomo di un’intelligenza luminosa. Ci troveremo a sorridere pensandolo ancora insieme a noi».

Stefano Casagranda ci lascia la dignità e la capacità di vivere ogni giorno al massimo. Ci lascia la serietà dei momenti seri e la leggerezza di quelli leggeri. Ci lascia l’ironia e l’amore. La capacità di guardare in faccia l’avversario e sfidarlo, pur sapendo che alla fine ne sarebbe stato sconfitto.

Raccontano che per andarsene abbia aspettato che tornasse suo figlio Niccolò. Già dal mattino si era capito che non mancasse molto. La febbre era salita e anche l’idea di fare un viaggio a Roma con Ferrigato per andare a mangiare bene, era naufragata. Quando Niccolò è arrivato, lo ha abbracciato e poi gli ha detto: «Papà, stiamo tutti bene, vai pure». E Stefano Casagranda, 52 anni compiuti il 2 ottobre, ha chiuso gli occhi e alla fine si è lasciato andare.

«Io avrei voluto dire qualcosa in chiesa a braccio – dice Caterina mentre il sagrato della chiesa si riempie di gente – perché non avevo preparato niente di scritto. Ma visto tutte le persone che mi hanno salutato, ho fatto fatica a girarmi e a guardare tutti. Però ho un messaggio che mi ha lasciato per i suoi atleti e anche per quelli delle altre società. Mi ha raccomandato di dirvi che domenica nessuno deve restare a casa, nessuna commemorazione, nessun minuto di silenzio. Spingete più forte che potete sui pedali».

Il Manghen, le sfide, la scuola. Quanto spinge il piccolo Andreaus

09.02.2025
6 min
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La sua casa si trova quasi ai piedi del Passo Manghen, la salita che nell’immaginario di chiunque sia nato a Borgo Valsugana e sogni di fare strada con la bicicletta rappresenta il confine fra diventare grandi o restare piccoli. La prima volta che Elia Andreaus ha salito il gigante della Valsugana aveva 15 anni. Arrivò in cima con Thomas Capra e i compagni del Veloce Club Borgo e oggi, a tre anni di distanza, il suo sogno sta per diventare realtà.

Dal Team Giorgi, in cui ha corso il secondo anno da junior, la sua strada ha incrociato quella del CTF Friuli, divenuto nel frattempo Bahrain Victorious Development Team, In cui ha ritrovato suo fratello Marco: tre anni di più. Eppure, nonostante sia tutto più grande, Elia mantiene i piedi per terra. Va a scuola, si allena in bici e vive i 18 anni come è giusto che siano. Chi lo conosce meglio lo descrive come un vulcano che non sta mai fermo. Va a pesca e va a sciare, ricorda l’esplosività di Trentin prima che Matteo diventasse saggio e sul lavoro è una macchina da guerra. Grande motore, grandi mezzi e il gusto di battere sulle salite i record altrui. Lo sentiamo nel pomeriggio al termine di un allenamento, nella routine di tutti i giorni che lo vede uscire di scuola alle 12,20, andare rapidamente a casa che per fortuna non è distante e partire con la bici alle 13,30.

«Adesso si stanno allungando le giornate – sorride – il problema c’è a novembre e dicembre. Di questi tempi si fanno anche tre ore con la luce, che è buono. E tutto sommato andare in bici dopo scuola va bene, in certi giorni serve anche per sfogarsi».

Elia Andreaus, classe 2006, ha corso fino allo scorso anno nel Team Giorgi
Elia Andreaus, classe 2006, ha corso fino allo scorso anno nel Team Giorgi
Con l’ingresso nel devo team le cose stanno cambiando?

Eh sì, l’anno scorso ero abituato molto bene al Team Giorgi. Non ci facevano mancare nulla, però adesso è tutto più organizzato. Siamo seguiti di più, alla fine è come essere professionisti. Si sapeva che sarebbe diventato un devo team, era nell’aria.

Quanto è stato brusco il passaggio da junior a under 23?

Rispetto all’anno scorso l’impegno è cresciuto. Faccio più ore, però allo stesso tempo riesco a conciliare scuola e bici senza problemi. Ovviamente se la domenica devo fare cinque ore, sabato sera non esco con gli amici, anche se ogni tanto vado lo stesso (ride, ndr). Credo che fino all’esame di maturità mi terranno un po’ tranquillo, poi sicuramente le ore aumenteranno. Da luglio si farà sul serio.

Qualche mese fa ci hai spiegato di avere un tutor scolastico: è ancora così?

Sì, ce l’ho dalla seconda superiore, perché in prima non si poteva avere. Comunico i giorni in cui ci sono impegni sportivi e i professori mi vengono incontro per le ore di assenza, che non vengono conteggiate. Anche le verifiche e le interrogazioni si possono programmare. Ad esempio dal 14 al 21 febbraio sarò in ritiro con la squadra a Udine. L’ho comunicato agli insegnanti già da tempo e quindi abbiamo concordato che le verifiche e le interrogazioni di quella settimana le recupererò dopo il rientro.

Da quest’anno, Andreaus corre nel Bahrain Victorious Development Team: 15 atleti, 8 italiani
Da quest’anno, Andreaus corre nel Bahrain Victorious Development Team: 15 atleti, 8 italiani
Ti aspettano e ti mettono sotto il giorno stesso che torni a scuola?

No, quello no. Non è che torno dal ritiro e il giorno dopo mi interrogano. Mi accordo con gli insegnanti e stabiliamo quando fare ogni cosa. Da quel punto di vista quasi tutti i professori mi vengono incontro, sono fortunato.

La squadra comincia da Rodi, quando è previsto il tuo debutto?

Non in quella trasferta, perché fra una cosa e l’altra prende quasi 20 giorni. Io non so ancora dove e quando partirò, in teoria potrei cominciare alla Popolarissima, che è il 16 marzo. Poi forse farò alcune corse in Slovenia la settimana dopo, ma penso che conoscerò a breve il calendario definitivo. Non so se ci saranno corse con i professionisti, si vedrà in base a come si sviluppa la stagione.

Squadra nuova, chi segue la tua preparazione?

Da quest’anno ho iniziato a lavorare con Alessio Mattiussi, che segue anche altri corridori del devo team. Invece nell’ultimo anno e mezzo, ero allenato da Paolo Alberati e seguito come procuratore da Fondriest. Maurizio per me che sono trentino è una figura di riferimento. Quando usciamo in bicicletta, quelle due o tre volte all’anno, nonostante la sua età si vede che va forte. Adesso ovviamente le cose sono un po’ cambiate, magari gli tiriamo un po’ noi il collo o almeno lui ci dice così.

E’ il 17 giugno 2021, Elia ha 15 anni e conquista il Manghen con Thomas Capra
E’ il 17 giugno 2021, Elia ha 15 anni e conquista il Manghen con Thomas Capra
Che posto è Borgo Valsugana per fare ciclismo?

Per allenarsi è il top, anche se in inverno è dura: ad esempio durante le vacanze di Natale, partivo la mattina alle 10 e c’erano 7 gradi sotto zero. Però in estate è il massimo, perché la mattina ad agosto parti con 18 gradi e ti alleni per tutto il giorno al fresco e comunque non al caldo come in altre parti.

Quali sono le tue salite preferite intorno casa?

Mi piace Panarotta, che prendi a Levico, a 15 chilometri da Borgo. Poi c’è il Manghen, che è forse è la più iconica che abbiamo qua. Se vado su in cima, poi scendo dall’altra parte e faccio la distanza. Sono proprio dei bei posti.

Qual è un obiettivo raggiungibile per questo primo anno da U23?

A livello di risultati, almeno fino all’esame di maturità, non mi pongo grandi obiettivi. Semmai mi piacerebbe capire che tipo di corridore sono e ovviamente vorrei crescere il più possibile. Si vedrà strada facendo, anche perché non ho idea di quanta differenza di livello ci sia fra juniores e under 23.

La prima vittoria 2024 di Elia Andreaus è stata la Piccola Liegi, seguita da altri 4 successi
La prima vittoria 2024 di Elia Andreaus è stata la Piccola Liegi, seguita da altri 4 successi
Ti alleni mai con tuo fratello Marco?

Allenarci insieme non capita spessissimo, perché lui ha finito la scuola, quindi può uscire la mattina. Magari capita di farlo nel weekend e usciamo insieme anche a Thomas Capra, che vive qui vicino.

Qual è la cosa che meno ti piace dell’allenamento?

Quando il mese è brutto e magari inizia a piovere o fa freddo, ma dipende dalla temperatura. Se è sotto zero, sinceramente il primo giorno sto al caldo, magari faccio un po’ meno o faccio un po’ di rulli o posticipo il lavoro al giorno dopo. Se invece ci sono 5 gradi e magari pioviggina, si esce ugualmente. Anche sabato scorso ho fatto 4 ore sotto l’acqua. Il vero problema non è tanto essere bagnati, quanto prendere freddo.

Qual è invece la cosa più bella dell’allenamento?

Sfogarsi e poter mangiare di tutto. Mangiare quello che si vuole dopo tante ore di bici è uno dei piaceri della vita…

Capra e i primi passi al CTF, con le dritte di Andreaus

17.04.2024
4 min
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COL SAN MARTINO – La voce di Thomas Capra sembra scavargli i polmoni tanto è profonda, quasi come se li scuotesse da dentro. I suoi occhi scuri piantati per terra, e qualche volta nei nostri, cercano parole e risposte. Il corridore del CTF è passato under 23 dopo due anni da junior sotto i riflettori. Con Renzo Boscolo e il suo team, Capra ha fatto un salto importante nella categoria. 

«I primi mesi – dice al via del Trofeo Piva – sono andati molto bene. Mi sono adattato alla categoria o comunque non ho trovato grossi problemi. Un aiuto me lo ha dato anche Marco (Andreaus, ndr), è già al terzo anno e lo conosco molto bene. E’ anche lui della Valsugana, come me. Il suo contributo per inserirmi tra gli under 23 e nel CTF è stato importante».

Il miglior risultato al momento è un terzo posto al GP Brda-Collio
Il miglior risultato al momento è un terzo posto al GP Brda-Collio

Passi decisi

Questi mesi sono andati bene anche nei risultati, con qualche piazzamento e il segnale che sulle qualità si può lavorare. Ora tocca a chi di dovere sgrezzare il diamante per farlo brillare. 

«Non da meno – prosegue Capra – è stato lo staff della squadra. Mi hanno messo a mio agio e abbiamo subito iniziato a lavorare. Sono stati tutti molto disponibili e mi hanno aiutato parecchio. Ci siamo concentrati molto sulla palestra durante questo inverno, al fine di aumentare la forza e l’esplosività. Mi sento un corridore che gioca molto sulla sua forza, anche nelle volate, quindi curare questi aspetti è importante».

Il salto di categoria non si è fatto sentire, complici le qualità atletiche del ragazzo
Il salto di categoria non si è fatto sentire, complici le qualità atletiche del ragazzo
Quindi al CTF tutto bene?

Assolutamente. Rispetto agli anni scorsi è tutta un’altra cosa, mi sto trovando molto meglio. Tra compagni c’è un bel feeling, si vede che in corsa siamo uniti e riusciamo a fare il massimo. Non per caso siamo il team che ha vinto di più fino ad ora. 

Avere un riferimento tra i compagni come Andreaus ti ha aiutato?

Ci siamo confrontati tanto, anche prima della mia decisione di venire a correre al CTF. Abbiamo parlato spesso della squadra e lui ha sempre usato parole di elogio per ogni ambito. Sia per l’organizzazione che per le qualità, diciamo che Andreaus mi ha facilitato nella decisione finale. 

L’inserimento al CTF è stato facilitato dal grande rapporto instaurato con i compagni
L’inserimento al CTF è stato facilitato dal grande rapporto instaurato con i compagni
Quali sono gli argomenti che avete toccato spesso nei vostri discorsi?

Tanto la logistica e l’organizzazione. Entrambi veniamo dal Trentino, mentre la squadra è in Friuli. Questo aspetto risulta comunque importante. Abbiamo parlato di come la squadra organizza gli spostamenti. Un dettaglio da non trascurare anche con la scuola di mezzo. 

In gara che cosa hai notato?

Poche differenze, mi ha aiutato sicuramente il fatto di essere un corridore con un buon fondo. Avere più chilometri di corsa non ha rappresentato un limite. Di solito più aumentano i chilometri più solitamente sto meglio. 

Capra ha già mosso i primi passi al Nord da junior, qui alla Parigi-Roubaix di categoria del 2023
Capra ha già mosso i primi passi al Nord da junior, qui alla Parigi-Roubaix di categoria del 2023
Tu hai corso all’estero da junior e lo hai fatto anche ora da U23, che differenza hai visto?

Il salto di categoria in questo caso direi che si sente. Alla Youngster quest’anno è stata tutta un’altra cosa rispetto a correre in Belgio con la nazionale juniores. Ci si muove più come fanno i professionisti. Con la nazionale lo scorso anno non si riuscivano ad aprire ventagli nonostante ci fosse vento. Una cosa che secondo me è dovuta al fatto che tra compagni di nazionale non c’è tutto questo feeling

Alla Youngster invece ci avevate già raccontato che se ne aprivano parecchi.

Si usano tanto, il vento diventa un fattore determinante e quando corri con compagni con cui ti alleni tutti i giorni queste situazioni riesci a sfruttarle meglio. Infatti dopo pochi chilometri c’era un vero disastro. Sono sicuro che gare del genere daranno una grande mano nel crescere, sia a me che ai miei compagni. 

Casagranda, il punto sulla Coppa. E Conci cosa dice?

12.09.2021
3 min
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Stefano Casagranda è l’anima della Coppa d’Oro. Così, digerita a fatica l’impossibilità di organizzarla lo scorso anno e nonostante un momento personale non troppo semplice, quest’anno si è buttato nella mischia con la forza di un leone e con il supporto portentoso del Veloce Club Borgo. Sotto lo sguardo un po’ ammirato e un po’ preoccupato di sua moglie Caterina Giurato, che non si tira indietro e fa alacremente la sua parte.

Alla partenza stamattina si respirava la solita aria di festa, con la concomitanza degli europei di Trento che non sembrava aver inciso troppo sull’entusiasmo degli allievi e delle loro società. Fra gli ospiti, oltre a Ivan Basso e Gianni Bugno (entrambi vincitori della corsa), si sono visti il presidente Dagnoni e il suo predecessore Di Rocco che ieri, nella conferenza stampa dell’Uci, ha ringraziato e fatto capire che ogni occasione sarà per lui motivo di saluto agli amici con cui tanto ha lavorato. Casagranda nel mezzo ha fatto in modo che tutto girasse a dovere.

Che vuol dire aver rifatto la Coppa d’oro dopo un anno di stopP?

Sicuramente è stato emozionante vedere questa gente che torna a Borgo per una festa del ciclismo.

Il numero sul casco resta per i ragazzi un grande souvenir
Il numero sul casco resta per i ragazzi un grande souvenir
Perché non s’è potuta fare la classica sfilata nel centro?

Ci sono ancora restrizione Covid. Noi ci siamo presi la responsabilità di far partire comunque tutti i ciclisti, probabilmente qualcun altro viene pagato per prendersi delle responsabilità e fa altro per non prenderle. Lo dico con un po’ di polemica, ma è così purtroppo.

Come ha reagito Borgo al ritorno?

Penso che tutti i paesani, almeno quelli storici, sono contenti di avere qui una settimana di festa. Mi ricordo che una volta, quando c’erano più di denari, si partiva il martedì con i concerti in piazza e la solita lunga festa. Noi siamo riusciti a illuminare il castello e illuminare le piazze per tutta la giornata di ieri. E oggi abbiamo fatto il resto con i colori delle maglie dei ciclisti.

Casagranda con Ivan Basso, nelle fasi prima del via
Casagranda con Ivan Basso, nelle fasi prima del via
Si torna alla normalità? 

Anche se oggi vedo ancora qualche mascherina, mi auguro che l’anno prossimo sia tutto come un tempo.

Quanti corridori avete avuto? 

Oggi c’erano 398 iscritti per circa 360 partenti. Ieri fra tutte le categorie ne abbiamo avuti quasi 850 e 1.000 giovanissimi.

Come si mette in strada una corsa con 360 corridori?

Abbiamo 300 persone su tutti i bivi, abbiamo veramente coperto tutto. Abbiamo 16 motostaffette, siamo veramente coperti. Io penso che sia più facile organizzare la Coppa d’Oro che una corsa con 100 corridori cui nessuno tiene. Insomma qui ci sono tanti volontari che ci chiamano. Abbiamo una grande tradizione, è ovvio che partire da zero sarebbe difficile.

Coppa d’Oro, un papà speciale, con le idee tanto chiare…

12.09.2021
6 min
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Borgo Valsugana, un’ora alla partenza della Coppa d’Oro. A Trento i professionisti si preparano per il via degli europei. Lo speaker chiama e presenta i quasi 400 allievi venuti da tutta Italia e da qualche angolo d’Europa per la classica più bella. Ai piedi del palco, Ivan Basso dà le ultime dritte a suo figlio Santiago, che corre con la maglia della Bustese. La Coppa torna dopo il Covid grazie al coraggio del Veloce Club Borgo e del suo presidente Stefano Casagranda. E’ mancato qualcosa nelle celebrazioni della vigilia, ma la piazza è il solito ribollire di sguardi nervosi e gambe guizzanti.

«Sono qui in triplice veste – ha detto Basso poco fa al microfono – come padre, come ex vincitore di questa corsa nel lontano 1993 e come dirigente sportivo».

La chiamata dei corridori dura quasi un’ora, i ragazzi vengono presentati, poi attendono il via
La chiamata dei corridori dura quasi un’ora, i ragazzi vengono presentati, poi attendono il via

Impossibile sottrarsi alla curiosità, mentre a turno i tifosi di ieri e di oggi chiedono di farsi la foto, sotto lo sguardo divertito di suo figlio Levante, che sta un passo indietro. Lui di correre al momento non ha troppa voglia, però ha chiesto al padre che scuole si debbano scegliere per fare il mestiere di Stefano Zanatta

Quando sentisti parlare per la prima volta di questa corsa?

Quando ero esordiente di secondo anno. Questa è la corsa che inizia a proiettarti nella lista dei predestinati. Non è cruciale per la carriera, ma da qui si comincia a tracciare una linea particolare. Erano le prime trasferte, le prime volte che con la squadra si andava in un albergo. E poi ovviamente il contesto. Nelle categorie giovanili, la maggior parte delle gare gare si fa nella provincia, quella era la prima volta che anche andavo fuori regione.

Alla partenza anche Gianni Bugno, vincitore della Coppa d’Oro nel 1980
Alla partenza anche Gianni Bugno, vincitore della Coppa d’Oro nel 1980
Tanta emozione?

C’erano delle emozioni particolari. L’albo d’oro e la storia di questa corsa fanno alzare la tensione, era la prima volta che sentivo quel dolore allo stomaco da prestazione. Prima si andava alla Sagra del Brinzio a Varese, insomma…

Cosa ricordi di Ivan Basso da allievo?

Ero pieno di ricci (ride, ndr)! Ivan basso allievo era già un ragazzo che sognava di diventare un ciclista professionista. Dopo la vittoria in questa gara, sono iniziati i primi articoli sui giornali, le prime attenzioni particolari nei tuoi confronti, soprattutto le squadre che ti cercavano. I primi soldini. Significava anche che arrivavo nella categoria juniores dove potevo già vestire l’azzurro. Il passaggio più emozionante dopo aver vinto la Coppa d’Oro fu vestire la maglia azzurra da junior.

Si corre per il proprio direttore sportivo, ma cosa significò vincerla?

C’era l’orgoglio di diventare un ciclista professionista. Facendo un piccolo parallelo con oggi, la categoria allievi era gestita con le metodologie di allora. In questo momento c’è stata un’evoluzione anche nelle categorie giovanili, ma non sempre se c’è troppa esasperazione la crescita del giovane continua con lo stesso trend. Una volta questa era considerata un momento di passaggio nella crescita, non uno spartiacque.

Quanto è diverso oggi?

Premetto che non mi intrometto e con Santiago parlo di tutto fuorché di ciclismo. E’ Dario Andriotto che si occupa del settore giovanile e anche di mio figlio, ma ritengo che fra i giovanissimi e gli juniores ci siano società che lavorano bene e altre che hanno probabilmente delle aspettative troppo alte per quella categoria

Basta guardare le bici con cui corrono…

Però io non sono d’accordo che un allievo debba avere una bicicletta come quella che usa Fortunato al Giro d’Italia. Ritengo che sia una categoria dove ci vuole il buon senso. Sono ragazzi di 15 anni, devono allenarsi, imparare a mangiare. Ogni anno devi crescere un po’, a questa età è un controsenso dare tutto al massimo. Porto l’esempio di Santiago…

Stefano Casagranda è il presidente del Vc Borgo, organizzatore della Coppa d’Oro
Stefano Casagranda è il presidente del Vc Borgo, organizzatore della Coppa d’Oro
Prego…

Tu non puoi trattare Santiago come un under 23, quando poi lo vedi che un minuto dopo la gara, si mette a giocare a nascondino coi suoi fratelli di sei e nove anni. Non hanno ancora la capacità e la tenuta psicologica. Per cui puoi mettergli dei tubolari velocissimi e gli ingranaggi più belli, ma non cambia niente. Questa è un’età secondo me dove bisogna ancora lasciare libertà e la possibilità di fare altri sport. Ci sono atleti che iniziano a correre 17-18 anni che magari hanno qualche difficoltà nel gruppo, ma a livello di forza ne hanno di più e fanno risultato meglio di chi magari ha iniziato da giovanissimo.

Santiago aveva le tue stesse emozioni venendo a Borgo?

Le stesse. Qual è il genitore appassionato di ciclismo che non ha l’ambizione che suo figlio possa fare il ciclista? Però tutto a suo tempo. Sono convinto che se deve arrivare, arriverà.

Come vi regolate con i ragazzi che escono da squadre un po’ troppo… spinte?

Non li prendiamo. Perché comunque i nostri responsabili dello scouting sono ex atleti, persone che hanno corso con me e sanno distinguere. Per evitare questo problema stiamo cercando di creare una filiera, non una filiera unica perché altrimenti sarebbe penalizzante per le altre società, creando dei gemellaggi con società satelliti. Tant’è vero che stiamo già prendendo ragazzi di 15-16 anni da inserire nelle nostre squadre, ad esempio i due gemelli Bessega. E seguiamo bene tutto. Andriotto oggi è al Buffoni e io sono qua. Ma vorrei aggiungere una cosa…

Quale?

La stragrande maggioranza lavora nel modo giusto, non è tutto sbagliato. Però cercare il risultato e l’esasperazione nella categoria allievi, poi negli junior e anche negli under 23 fa dei grossi danni. Perché comunque non hanno la testa per sopportare i carichi di lavoro o diete particolari. Non hanno la testa per sopportare la pressione e soprattutto devono imparare a perdere. Quindi rischi che a spingere sul fatto che devono vincere le corse, poi non sanno usare il cambio, non sanno frenare, non sanno dare i cambi, non sanno fare una doppia fila, fanno le volate con le mani alte

Vittoria 2021 a Tommaso Alunni su Perracchione e Brunori (foto Natascia Graziola/Mosna)
Vittoria 2021 a Tommaso Alunni su Perracchione e Brunori (foto Natascia Graziola/Mosna)
Tu sei sempre stato molto attento alla preparazione, daresti loro il misuratore di potenza?

No! Ritengo che il misuratore di potenza inizi a dare delle indicazioni utili al secondo anno da e solo in allenamento. Sono d’accordo con l’intervista che ha fatto Andrea Morelli. E’ il cardiofrequenzimetro la vera innovazione. Perché con il cuore l’atleta dovrebbe iniziare a capire e ad ascoltare il proprio corpo. Perché la vera differenza non sarà quanti watt hai al chilo. Quello che fa la differenza tra il campione il corridore normale è la capacità di andare oltre con la testa. Vince chi sa soffrire di più e che basta tener duro ancora un po’. Sono le cose che non insegni, che il corridore impara da sé.

EDITORIALE / Europei e Coppa d’Oro, un’occasione da cogliere

30.08.2021
3 min
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Facciamo in modo che il 12 settembre diventi un grande giorno di ciclismo? Sentite cosa succede. Nel fare i programmi dei prossimi viaggi, ci siamo accorti che nello stesso giorno degli europei di Trento, a 40 chilometri di distanza si correrà la Coppa d’Oro. La classica per allievi più famosa d’Europa.

Si svolge a Borgo Valsugana dal 1965 ed è l’unico evento al mondo in cui gli atleti corrono per la gloria dei propri direttori sportivi. La organizzano Stefano Casagranda e il Veloce Club Borgo. Negli anni l’hanno fatta crescere, coinvolgendo le ragazze con la Coppa Rosa e a seguire gli esordienti e i giovanissimi. E’ tanto alto il livello degli allievi al via, che il prossimo anno alcuni fra i primi correranno probabilmente gli europei nella categoria juniores. Un certo Pogacar la corse nel 2013, non riuscì a vincerla e il 12 settembre nello stesso giorno a Trento correrà l’europeo degli elite.

Nel 2013 alla Coppa d’Oro si mise in luce Pogacar, anche se non vinse (foto Coppa d’Oro)
Nel 2013 alla Coppa d’Oro si mise in luce Pogacar, anche se non vinse (foto Coppa d’Oro)

Calendari da studiare

Siamo onesti fino in fondo. Il primo pensiero davanti alla concomitanza è stato per chi compila i calendari. Si tratta di organismi diversi, ma come si fa a sovrapporre due eventi del genere nella stessa area geografica senza pensare di metterli a sistema? Perché non coinvolgere gli allievi nel circo degli europei, studiando una formula che dia al Trentino la palma di regione ciclistica per eccellenza?

Chiaro, parliamo con occhio da appassionati prima ancora che da giornalisti specializzati. E ci rendiamo conto che in Italia la grande stampa forse neanche lo sa cosa sia la Coppa d’Oro.

Ci siamo resi conto che la corsa di Borgo si conclude alle 13. Più o meno alla stessa ora partiranno i pro’ da Trento. I due eventi sono in qualche modo conciliabili.

Ancora Nizzolo in piazza Duomo, da cui partiranno gli europei (foto Giacomo Podetti)
Ancora Nizzolo in piazza Duomo, da cui partiranno gli europei (foto Giacomo Podetti)

Agitiamo le idee

Qualcuno un giorno raccontò una celebre frase di Enzo Ferrari, secondo cui un grande giornale deve essere agitatore di idee e di uomini. Perciò questo editoriale vuole essere uno stimolo per Maurizio Evangelista e Stefano Casagranda, organizzatori delle due prove, e anche per Enrico Della Casa che presiede la Uec, perché si facciano quantomeno una telefonata. Le date non si toccano, per gli orari forse ci sarebbe tempo. Ma perché ad esempio non aggiungere una premiazione a quelle degli europei, chiamando sullo stesso palco i due vincitori della Coppa d’Oro? Oppure perché non prevedere una navetta che porti a Borgo i giornalisti interessati? Così ci rimangeremo quei pensieri e avremo per un po’ addosso la sensazione di aver reso il 12 settembre un giorno speciale per due ragazzini e i loro direttori sportivi.

Coppa d’Oro, si lavora sodo per tornare

06.02.2021
5 min
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Fra le tante corse saltate lo scorso anno, una in particolare è capace di accendere ricordi incredibili in chiunque vi abbia partecipato: la Coppa d’Oro di Borgo Valsugana. Corsa per allievi con la particolarità che ciascun corridore riceve il compenso di una lira e gareggia per il proprio direttore sportivo. Cancellare la Coppa d’Oro è come se non ci corresse la Sanremo, perciò gli organizzatori del Veloce Club Borgo, piuttosto che farla sparire e visto che si corre di settembre, lo scorso anno si sono inventati comunque delle manifestazioni alternative. Ma non è stata la stessa cosa, per cui l’attesa dell’edizione 2021 è già notevole.

Fino al qualche anno fa, ciascun corridore riceveva come compenso una lira
Fino al qualche anno fa, ciascun corridore riceveva come compenso una lira

Iscrizioni record

«Abbiamo già una quarantina di società iscritte – racconta Stefano Casagranda, ex professionista e presidente del Vc Borgo – e di queste, 30 sono arrivate il primo giorno. Apriamo le iscrizioni il 1° gennaio e dopo cinque minuti c’era già il pieno di nomi. Funziona che di solito ammettiamo le prime 10 del ranking nazionale, poi assegniamo i numeri in base alla data di iscrizione. Anche se poi si infilano sempre e ti trovi in prima fila quelli con numeri superiori al 100».

Andrea Bagioli, già campione italiano, vince la Coppa d’Oro del 2015
Andrea Bagioli, già campione italiano, vince la Coppa d’Oro del 2015

Borgo e le bici

La Coppa d’Oro venne organizzata per la prima volta nel 1965 da Carlo Dalla Torre. Le prime tre edizioni si svolsero nelle città Avio, Preore e Trento e a partire dal 1968 sbarcò definitivamente a Borgo Valsugana. Il Vc Borgo che la organizza svolge prevalentemente attività con ragazzi dai 7 ai 16 anni e strizza l’occhio agli adulti, tesserati come amatori. Negli anni, accanto alla Coppa d’Oro sono nate la Coppa Rosa (allieve), la Coppa di Sera (esordienti uomini e donne) e la Coppetta d’Oro (giovanissimi).

I percorsi partono e arrivano tutti a Borgo Valsugana, con la salita di Telve a indurire la corsa degli allievi. Le prove per i più piccoli si snodano invece all’interno del paese. Casagranda prosegue.

Nel 2018 vince Marco Brenner (Germania), per il direttore sportivo Christian Brenner
Nel 2018 vince Marco Brenner (Germania), per il direttore sportivo Christian Brenner
Che cosa è successo nel 2020?

Abbiamo organizzato gare per esordienti e allievi, uomini e donne, le sole in Trentino. Non sono partiti in 500 ma in 150 ed è stata la prova della voglia di reagire.

Quest’anno di tornerà alla normalità?

La voglia è quella, con un solo punto di domanda. Buona parte dei fondi che servono per l’organizzazione della prova, vengono dalla Festa del Patrono, San Prospero, che si svolge la seconda domenica di luglio e il lunedì successivo. In quell’occasione, con il Veloce Club abbiamo uno stand gastronomico, con le cui entrate sosteniamo la Coppa d’Oro. Quest’anno saranno nuovamente permesse le feste e le sagre? Per questo, dal primo gennaio abbiamo fatto un accordo con una società di ricerca sponsor, che già opera nel basket e nella pallavolo, per vedere se si trova il supporto da parte di qualche sponsor esterno. Non solo…

Nel 2019 vittoria del britannico Max Poole per il direttore sportivo Dan Harvey
Nel 2019 vittoria del britannico Max Poole per il direttore sportivo Dan Harvey
Cos’altro?

Dovremo chiedere alla Federazione. Si pensava di far pagare 10 euro di iscrizione, che saranno restituiti a coloro che pernotteranno a Borgo e dintorni, in modo da sostenere gli hotel della zona. L’idea è di tornare alla formula classica, magari anche migliore, con più premi. E per noi de Vc Borgo potrebbe essere anche un anno buono, perché abbiamo un allievo che va davvero forte: Thomas Capra. Per quest’anno avremo una bella squadretta.

La preparazione dei numeri e di ogni cosa che riguarda la corsa coinvolge tutti gli amici de Vc Borgo
La corsa coinvolge tutti gli amici de Vc Borgo
Le tante iscrizioni riguardano soltanto gli allievi?

No, abbiamo il problema degli esordienti. Per gli allievi abbiamo la deroga e possono correre in 500. Gli esordienti invece possono correre in 200, invece riceviamo 250 iscrizioni per i primi anni e 250 per i secondi. Ma neppure noi teniamo ad avere un’altra deroga, sarebbero troppi da tenere in strada e al riparo da rischi.

Quanto tempo serve per organizzare il pacchetto completo?

Ci sono periodi in cui siamo rilassati, ma ogni settimana arrivano mail da società e da sponsor cui bisogna rispondere. Si lavora tutto l’anno. La cosa buona è che nel direttivo abbiamo tutti intorno alla mia età, meno di 50 anni, e abbiamo parecchie idee da mettere in campo. L’ultima è stata l’idea di far andare in moto il medico di gara, in modo che sia più pronto. E Covid permettendo, ci piacerebbe organizzare un convegno il venerdì prima della gara, parlando di sicurezza e temi che interessino tutti, avendo sul posto così tanti direttori sportivi. Spero che per settembre si torni alla normalità. Del resto il 28 gennaio qua vicino hanno organizzato la Marcialonga…

Il presidente del Vc Borgo Stefano Casagranda con Ugo Segnana, direttore tecnico della prova
Coppa d'oro
Stefano Casagranda con Ugo Segnana, direttore tecnico
Come va con le monete da una lira?

Va che non ce ne sono più. Adesso abbiamo le 5 lire e poi passeremo al centesimo di euro. Non è un gadget che possiamo chiedere indietro, chi ce l’ha se lo tiene stretto. Neanche so bene dove trovino le monete, credo ci pensi la banca di qui. Quando nel 2015 facemmo l’edizione dei 50 anni, nonostante fossimo già passati alle 5 lire, riuscimmo a trovare monete da una lira per l’ultima volta. E fu bellissimo…