Il biomeccanico esterno ai team: a tu per tu con Angelo Furlan

24.11.2024
5 min
Salva

Ieri abbiamo parlato della visita biomeccanica di Francesco Busatto presso il centro di Angelo Furlan (Angelo Furlan 360 a Crezzo, Vicenza). Si parlava davvero di millimetri, di dettagli… ma sono quelli, oggi più che mai, che fanno la differenza nel ciclismo professionistico.

Il fatto, però, che un atleta WorldTour ricorra ad un biomeccanico esterno ci ha fatto riflettere. E’ curioso capire come una figura esterna possa interagire con team sempre più strutturati. Furlan ha parlato esplicitamente di una triangolazione. Di questo, ma anche di biomeccanica più in generale, abbiamo parlato direttamente con l’ex sprinter di Alessio, Credit Agricole e Lampre.

Furlan al lavora con Busatto, i due si conoscono da anni. Avere i feedback dell’atleta è centrale per Angelo
Furlan al lavora con Busatto, i due si conoscono da anni. Avere i feedback dell’atleta è centrale per Angelo
Angelo, hai corso per molti anni e da tempo lavori come biomeccanico anche con atleti di alto livello come Francesco Busatto. Quando un professionista ti porta le misure della squadra come ti poni con quei dati?

È una questione di equilibrio. Essere stati ciclisti professionisti mi aiuta a immedesimarmi nell’atleta e a capire il contesto in cui opera. Spesso i team hanno equilibri interni delicati, e quando un ciclista si rivolgeva a un tecnico esterno, specialmente in passato, era guardato con sospetto se non otteneva subito risultati. La prima cosa che faccio è accertarmi che il team sia d’accordo con la collaborazione esterna. Poi analizzo il lavoro fatto dal biomeccanico della squadra, senza criticarlo, ma cercando di comprendere il perché di determinate scelte. Ogni tecnico ha il proprio approccio, quindi il mio obiettivo è mediare, rispettare il lavoro altrui e proporre modifiche in modo graduale, triangolando le esigenze del ciclista con i dati a disposizione.

Ti capita mai di entrare in contatto diretto con il team o con i loro tecnici?

Più spesso mi interfaccio con i meccanici per verificare dettagli tecnici, come le misure prese o eventuali regolazioni, perché tante volte una misura varia in base al modo in cui è presa. Con le squadre straniere, c’è generalmente un approccio più aperto: hanno un biomeccanico di riferimento, ma lasciano libertà al corridore di consultare tecnici di fiducia.

Non solo team italiani. Abbiamo visto con i nostri occhi un atleta di un grande team WorldTour nascosto tra i van della carovana pubblicitaria a “smanettare” con la brugola…

Tuttavia, ci sono realtà che impongono il proprio esperto, e questo può creare situazioni particolari. Le squadre vogliono avere tutto sotto controllo. Ma poi il più delle volte va a finire che l’atleta si sistemi come vuole.

Posizionare le tacchette al millimetro è uno dei passaggi più delicati
Posizionare le tacchette al millimetro è uno dei passaggi più delicati
Quanto contano ancora le sensazioni dell’atleta nel tuo lavoro?

Tantissimo. Le sensazioni sono un elemento centrale, soprattutto per un professionista. Il nostro compito è combinare queste con gli studi accademici e la nostra esperienza. Seguire solo i dati, ignorando ciò che l’atleta percepisce, spesso porta a più problemi che soluzioni. Un esempio è quello di Francesco: ci sono stati commenti sulla sua posizione in bici per quel video, come il ginocchio in extrarotazione o il movimento del bacino. Sì, accademicamente ci sarebbero margini di correzione, ma intervenire in modo eccessivo potrebbe causare più danni che benefici. È una questione di equilibrio tra biomeccanica e funzionalità specifica del corridore.

Ricordiamo il caso forse più famoso, almeno in tempi recenti, quello di Peter Sagan…

Esatto, Sagan è un esempio perfetto. Con Peter ci ho anche corso ed era uno dei più “storti” in bici, con movimenti anomali del bacino e delle anche, ma questo non gli ha impedito di essere un campione. Quando hanno provato a raddrizzarlo, ha perso efficienza e non rendeva più. Lo stesso vale per altri atleti. Recentemente ho avuto tra le mani la bici di Pogacar. Chiaramente ho preso le misure, l’ho studiata… per curiosità se non altro. Tadej ha misure che ai miei tempi si sarebbero usate su pista, lui invece ci vince in salita! Questo dimostra che ogni atleta è unico, e il lavoro del biomeccanico è anche capire quando fermarsi e rispettare queste caratteristiche.

Anche per Furlan, Sagan è uno dei casi più emblematici in cui sensazioni e soggettività battono le imposizioni accademiche circa il posizionamento in sella
Anche per Furlan, Sagan è uno dei casi più emblematici in cui sensazioni e soggettività battono le imposizioni accademiche circa il posizionamento in sella
Tornando al video che tanto ha fatto discutere su Instagram, perché ritieni importante fare un test sotto sforzo per valutare la posizione?

Perché la posizione da fermo spesso non rivela i problemi che emergono quando l’atleta è sotto sforzo. Durante questi test analizziamo altezza e arretramento della sella, la distribuzione della spinta e l’omogeneità nei 360° della pedalata. Sotto sforzo il muscolo si accorcia e se un atleta tende ad andare troppo in punta di sella, possiamo adattare la posizione per assecondare questo comportamento senza penalizzare l’efficienza.

Quanto tempo serve per arrivare a una posizione ottimale?

Il primo bike fitting con Francesco durò circa due ore e mezza. Gli aggiustamenti successivi richiedono solitamente un’ora, ma dipende da cosa c’è da fare. Per piccoli interventi, come regolare i pedali o verificare una nuova scarpa, bastano anche 30 minuti. È un processo continuo, specialmente per un professionista che evolve nel tempo.

Spesso il biomeccanico esterno si confronta con i meccanici dei team: sapere come la misura viene presa è fondamentale
Spesso il biomeccanico esterno si confronta con i meccanici dei team: sapere come la misura viene presa è fondamentale
Quando un atleta cambia pedali, come nel caso di Francesco, su cosa si lavora? Non basta riportare le quote esatte?

Si parte misurando tutto con precisione, dalla scarpa agli spessori delle tacchette, usando strumenti come il calibro per verificare gli offset dichiarati dai produttori. Se l’atleta utilizza la stessa scarpa, il lavoro è più semplice. Poi si confrontano i dati precedenti con quelli nuovi per vedere se il cambio influenza angoli e dinamiche di pedalata. Anche piccole variazioni possono influire sull’efficienza, quindi è importante procedere con attenzione e, appunto, massima precisione.

Chiaro, quei microdettagli di cui dicevamo all’inizio…

Sicuramente il dialogo con l’atleta. Non è solo questione di numeri o tecnologie, ma anche di fiducia reciproca. Ogni ciclista è un mondo a sé, e trovare la posizione ideale richiede una comprensione profonda delle sue esigenze, sensazioni e caratteristiche fisiche. Il fatto di essere stato un corridore a mio avviso aiuta molto in tutto ciò. Quando da me viene un pro’ siamo alla pari, lo ascolto, è un dialogo “da tecnico a tecnico”. Quando viene un amatore è perché lui vuole essere sistemato e apprendere, altrimenti esce di testa e continua a cambiare posizione.

Fattore Q e perni dei pedali, come cambia la pedalata?

31.08.2024
4 min
Salva

Il fattore Q dei pedali è legato principalmente alla lunghezza dei perni. I pedali Shimano (Dura Ace) sono stati i primi ad offrire la lunghezza dell’asse in due versioni, quella standard e quella più lunga di 4 millimetri. Ora anche Time amplia la disponibilità per la versione Xpro, grazie a ben tre lunghezze del perno, 51, 53 e 57 millimetri.

Cosa significa avere una piattaforma di appoggio più vicina oppure più lontana dalla pedivella? Come si sceglie la lunghezza più consona alle nostre esigenze? Cosa comporta in termini di performance tecnica? Entriamo nell’argomento anche grazie al contributo di Alessandro Colò, ex corridore e ora biomeccanico specializzato al centro Bodyframe di La Spezia.

Alessandro Colò di Bodyframe
Alessandro Colò di Bodyframe
Cos’è il fattore Q del pedale e del suo perno?

In sostanza è il parametro che allontana, oppure avvicina il piede/la scarpa alla pedivella. A mio parere è necessaria una premessa. Le variazioni legate al fattore Q dei pedali sono un valore che non fa una grande differenza in termini di performance generale, non tanto quanto un’altezza sella, solo per fare un esempio.

Altezza sella e larghezza di quest’ultima, ruoli primari rispetto al fattore Q dei pedali (foto Bodyframe)
Altezza sella e larghezza di quest’ultima, ruoli primari rispetto al fattore Q dei pedali (foto Bodyframe)
C’è uno standard?

Parlando di pedali da strada, possiamo considerare 53 millimetri una sorta di standard per tutti i produttori.

Stringere o allargare il fattore Q cosa comporta?

Non bisognerebbe mai farlo da un giorno all’altro, perché è necessario un periodo di adattamento. Ogni piccolo cambiamento sulla bicicletta deve prevedere un periodo di assestamento per il corpo. Il rischio di farsi male è reale, soprattutto per quanto concerne le articolazioni, soprattutto quella rotulea del ginocchio.

I pedali Shimano Dura Ace i primi ad offrire una doppia opzione
I pedali Shimano Dura Ace i primi ad offrire una doppia opzione
Una larghezza maggiorata a chi è dedicata?

In linea generale a chi presenta delle gambe molto arcuate e un angolo di lavoro dei piedi con le punte abbondantemente verso l’esterno. A chi ha una distanza intertrocanterica superiore ai 36 centimetri. Sono casi rari, ma esistono. Mentre i perni con lunghezza ridottissima si rivolgono a chi ha un bacino molto, molto stretto, con la distanza ridotta delle teste dei femori. E’ fondamentale partire da una corretta misurazione, evitando il rischio di commettere errori.

Molte delle valutazioni passano dal ginocchio (foto Bodyframe)
Molte delle valutazioni passano dal ginocchio (foto Bodyframe)
Meccanicamente parlando, un fattore Q del pedale può essere vantaggioso?

Meccanicamente sì, magari per prestazioni lampo o per chi riesce ad erogare tanti watt in poco tempo. La valutazione corretta deve considerare le soggettività della persona, prima di tutto il resto.

Scelta errata, c’è modo di rimediare?

In parte sì e la soluzione più semplice è quella di inserire una o più rondelle, quando il perno è corto e la necessità è quella di allargare, rispettando la filettatura della pedivella tra la battuta del pedale e la pedivella stessa.

Asse tra piede e ginocchio, fattore importantissimo, ma deve tenere conto delle soggettività
Asse tra piede e ginocchio, fattore importantissimo, ma deve tenere conto delle soggettività
Nel gesto della pedalata c’è un aspetto da considerare più importante di altri?

Una regola importante, ma non perentoria è il rispetto dell’asse tra ginocchio e piede. Però, anche in questo caso è fondamentale prendere in esame anche i trascorsi del soggetto ciclista. Chi ha subito degli interventi chirurgici agli arti inferiori può avere bisogno di assumere una posizione non perfettamente in asse, ma adeguata alle sue necessità. Gli incidenti influiscono non poco sul nostro corpo. E poi è da prendere in esame il movimento della caviglia, che non deve mai essere troppo chiuso o eccessivamente aperto.

Da considerare in cima alla lista anche il movimento della caviglia
Da considerare in cima alla lista anche il movimento della caviglia

In conclusione

La possibilità di scegliere la larghezza del perno del pedale (parallela alla tipologia di tacchetta) è un ulteriore passo in avanti nella ricerca della resa più performante. La larghezza del perno del pedale ed il fattore Q di questo non è mai stato un argomento primario, balzato all’attezione di molti grazie ai nuovi pedali Time. Non è il fattore Q delle pedivelle, perché sono due cose diverse. Quest’ultimo è rappresentato dalla distanza tra le sezioni esterne delle due pedivelle. La scelta di un pedale con la giusta lunghezza del perno non dovrebbe essere fatta a caso, ma assecondata da una corretta e approfondita valutazione di un biomeccanico esperto, capace di leggere ed interpretare anche le caratteristiche soggettive dell’atleta.

Nasce GICO Lab, biomeccanica e preparazione al top

18.04.2024
4 min
Salva

NIBIONNO – Lo scorso 6 aprile è stato inaugurato ufficialmente GICO Lab, un nuovo centro polifunzionale dedicato alla biomeccanica e alla preparazione legata al ciclismo. Il centro si trova a Nibionno, nel cuore della Brianza, e a crearlo è stato Giacomo Conti che, nonostante la giovane età, porta in dote un bagaglio di esperienza di tutto rispetto, maturato prima sui campi di gara, poi sui banchi dell’università ed infine in un importante negozio specializzato ciclo dove, come si suol dire, ha avuto modo di “farsi le ossa”.

Per saperne qualcosa di più sulla nuova struttura e sui servizi offerti, abbiamo deciso di far visita a GICO Lab pochi giorni dopo la sua inaugurazione per incontrare lo stesso Giacomo Conti (foto di apertura).

Giacomo Conti ha un passato da corridore prima di laurearsi in Scienze Motorie
Giacomo Conti ha un passato da corridore prima di laurearsi in Scienze Motorie
Partiamo da quella che potrebbe essere, e forse lo è davvero, una domanda banale, ma utile per presentarsi. Chi è Giacomo Conti?

Ho 25 anni. Per 13 anni ho praticato ciclismo, prima in mountain bike e poi su strada. Ho corso fino al 2019 fra gli under 23 nel Velo Club Mendrisio, che è stata la mia ultima squadra. L’ultimo anno in cui stavo gareggiando ho deciso di mettermi a studiare e nel 2021 ho conseguito la laurea triennale in Scienze Motorie. Nello stesso periodo ho ottenuto l’abilitazione a direttore sportivo di terzo livello.

Dalla laurea nel 2021 all’inaugurazione dei giorni scorsi quale è stato il percorso professionale che ha intrapreso?

Dopo aver conseguito la laurea, ho avuto l’opportunità di fare il tirocinio post universitario con il dottor Luca Pollastri, che fa parte dello staff medico della Jayco AlUla. Un’esperienza formativa che mi ha permesso di accrescere notevolmente le mie conoscenze in merito ai traumi subiti da atleti professionisti e alle patologie di cui possono soffrire. Contemporaneamente ho lavorato prima presso Guerciotti. Un esperienza che mi è servita molto a livello di conoscenza della bici come mezzo meccanico. Successivamente per due anni presso un importante negozio ciclo della Brianza occupandomi di biomeccanica. In quel periodo ho effettuato oltre mille posizionamenti. Mi piace dire che quei due anni mi sono serviti per “imparare a fare un lavoro”. L’apertura di GICO Lab è in un certo senso la naturale chiusura di questo lungo percorso di formazione. 

Nel suo laboratorio vengono fatte analisi biomeccaniche
Nel suo laboratorio vengono fatte analisi biomeccaniche
Per quale motivo aprire un centro autonomo e non inglobato in un negozio di biciclette?

La scelta di aprire un centro di biomeccanica e preparazione staccato da un negozio di bici è una cosa fortemente voluta. Ho sempre pensato che fosse il modo migliore per valorizzare il servizio offerto, evitando così che fosse visto come qualcosa di accessorio alla vendita di una bicicletta.

Quali sono i servizi offerti da GICO Lab e a chi si rivolge il centro?

Siamo un centro di biomeccanica e preparazione atletica. Ci rivolgiamo a chiunque ami andare in bicicletta, dall’agonista che vuole ottimizzare la sua performance, all’amatore che vuole risolvere ma anche prevenire possibili disturbi che si possono presentare andando in bicicletta. Per tutti loro abbiamo previsto dei pacchetti differenziati per biomeccanica e preparazione.

Il centro prevede altri servizi oltre alla biomeccanica e alla preparazione atletica?

Assolutamente sì. Il mio obiettivo è quello di creare un centro in grado di offrire servizi a 360 gradi. Ogni utente del nostro centro ha le sue esigenze e i suoi obiettivi che lo differenziano dagli altri. Diventa quindi importante avvalersi di figure professionali specifiche. Fin da subito abbiamo attivato delle collaborazioni a partire dallo stesso dottor Pollastri, passando poi per Rossella Ratto, ex professionista, e oggi bravissima biologa nutrizionista. Collaborano con noi, un osteopata, un urologo e, visto che sono sempre più le donne che vanno in bici, anche un ginecologo. Per quel che riguarda la nutrizionista e l’osteopata è possibile fissare un appuntamento direttamente presso il nostro centro mentre per quel che riguarda il medico sportivo, l’urologo e il ginecologo presso i rispettivi studi.

Ma non solo, l’obiettivo di Conti e di farne anche un laboratorio di preparazione per atleti pro’ e non
Ma non solo, l’obiettivo di Conti e di farne anche un laboratorio di preparazione per atleti pro’ e non
C’è un motivazione specifica alla base di tutte queste collaborazioni?

Come dicevo prima. Il mio obiettivo è che GICO Lab sia un centro in grado di offrire tutti i servizi necessari a stare bene in sella, ma anche una volta scesi dalla bicicletta. Il cliente non deve venire qui da noi con il semplice obiettivo di sistemare la bicicletta e basta. Deve venire qui per ottimizzare la sua posizione in sella per poter così ottenere una migliore performance e più in generale un maggiore benessere. Come ripeto spesso: “La biomeccanica non è solo un servizio per la bicicletta, ma per la persona che la utilizza”.

Ricordiamo che GICO Lab si trova a Nibionno, in provincia di Lecco, in via Parini 7. Il centro è aperto il lunedì dalle 14:00 alle 18:30. Il martedì, il giovedì e il sabato dalle 9 alle 12 e dalle 14 alle 18,30. Il mercoledì e il venerdì dalle 14 alle 20.

Riceve solo su appuntamento che si può prenotare direttamente sul sito www.gicolab.it scegliendo giorno, orario e i servizi di cui si ha bisogno.

GICO Lab

Il sistema Retul dei pro’: lo abbiamo provato anche noi

26.02.2024
7 min
Salva

Il sistema Retul è alla base del posizionamento in bici adottato dai team, dai tecnici e dai corridori che usano le bici Specialized. Siamo stati a Milano, nelle sede di Specialized Italia per toccare con mano.

Grazie a Silvio Coatto, docente della Specialized University, siamo entrati nel cuore del sistema, con qualche curiosità e sovrapposizione di fitting tra professionisti ed amatori.

Silvio Coatto ci illustra il sistema Retul
Silvio Coatto ci illustra il sistema Retul
Definiamo il sistema Retul in poche parole!

Retul è un software+hardware di acquisizione dati del movimento 3D in bicicletta. E’ un tracciamento ottico basato su 8 marker e si basa sulla luce ad infrarossi emessa dai diodi, che sono gli emettitori di luce. I 4 filtri di vetro sulla parte anteriore della telecamera, chiamati Tracker, triangolano la posizione dei LED tridimensionalmente. Riassumendo, Retul è un sistema tecnologico che traccia e registra il movimento di un ciclista sulla bici. Questo software ci permette di valutare in diretta i cambiamenti e ci aiuta a migliorare performance e comfort in sella.

L’abbiamo definito un sistema “dinamico ed interattivo”
L’abbiamo definito un sistema “dinamico ed interattivo”
Quanto tempo è necessario per un posizionamento Retul?

Normalmente si parla di un paio d’ore, poi si consiglia sempre di fare un check di almeno mezz’ora dopo qualche uscita.

Si parla anche di plantari. Quanto influiscono nell’efficienza del gesto?

Molto, anche se è difficile fornire una percentuale riferita ad un giro in bici o ad un allenamento. Possiamo ragionare sul numero di pedalate moltiplicate per il tempo di un’uscita. Ad esempio, ad una media di 80 rpm e 3 ore di in bici, siamo a 14.400 spinte sui pedali. I piedi rischiano di essere molto stressati, per via anche di suole super rigide che hanno oggi le scarpe.

Quindi?

Quindi riuscire a distribuire il carico sul 100% della superficie del piede stesso aiuta a limitare al minimo questo stress, diminuendo la stanchezza e lasciando un po’ di energia da spendere in altre situazioni.

Ogni quanto si dovrebbe fare una valutazione biomeccanica complessiva?

Se non ci sono infortuni o problematiche recenti, la cosa migliore sarebbe farlo una volta all’anno.

Con il passare degli anni, cambia la nostra posizione sulla bicicletta?

Direi di sì, non viene stravolta chiaramente, ma la vita di tutti i giorni e la possibilità di potersi allenare di più o di meno possono portare a delle variazioni. Ad esempio, chi ha la possibilità di fare stretching in modo adeguato riesce ad allungarsi in modo maggiore. Chi ha sempre pedalato col tempo potrebbe procedere verso una posizione più comoda, mentre chi è meno esperto potrebbe andare verso una posizione più aggressiva perché migliora le sue doti di guida e magari ha ancora delle ottime doti muscolari/flessibilità.

In base alle tua esperienza e all’infinità di dati che hai a disposizione, quali sono le problematiche più comuni in fatto di posizionamento sulla bici?

Dando per scontato la taglia corretta della bicicletta, la sella è la base di tutto il lavoro che facciamo. Alcuni ciclisti la scelgono per estetica o non capiscono quanto incida sul loro modo di pedalare, andando ad influire negativamente sui movimenti. Altro problema, sempre legato all’estetica, è il fatto di non voler alzare il manubrio. In molti hanno la convinzione che il manubrio completamente ribassato sia sinonimo di aerodinamica ed efficienza

Invece?

Talvolta si estremizza e si ottiene il risultato opposto. Diverse persone pedalano in posizioni troppo vicine al loro limite di mobilità sul bacino, mettendo in crisi ginocchia, schiena, spalle e collo. Uno dei problemi più grandi da affrontare è l’emulazione al pari dell’estetica. Dal lato pratico e funzionale è meglio pensare ad essere ben posizionati in sella, il che significa anche meno problemi fisici.

L’analisi di un lato del corpo e poi del successivo
L’analisi di un lato del corpo e poi del successivo
Durante una valutazione Retul, c’è un passaggio tanto fondamentale, quanto più complicato rispetto agli altri?

Il sistema Retul rileva costantemente 38 dati, distanze e angoli. Tutti vanno sempre interpretati. Ci sono chiaramente dei range e si cerca di rimanere all’interno di essi. Direi che il passaggio fondamentale per il fitter è collegare la valutazione fisica fatta in precedenza con i valori visualizzati a video. E’ fondamentale capire “la causa” di un determinato valore in modo da trovare la soluzione.

Ci fai qualche esempio?

Un ginocchio può muoversi troppo lateralmente per colpa di una sella sbagliata, sella troppo alta, collasso piede e dell’avampiede, una differenza di lunghezza delle gambe, oppure delle tacchette posizionate male. Se non abbiamo fatto una buona valutazione fisica andiamo avanti a tentativi e rischiamo di amplificare il problema o di crearne uno nuovo. Il feedback del ciclista è molto importante ma, durante il fit, è abbastanza raro che sia preciso e sicuro, sempre meglio aspettare quello delle successive uscite su strada.

L’esperienza del fitter va di pari passo alla tecnologia fornita dal Retul
L’esperienza del fitter va di pari passo alla tecnologia fornita dal Retul
Nel post valutazione è necessario prendersi del tempo per capire la nuova posizione in bici ed eventualmente metabolizzarla?

Sì, soprattutto se i cambiamenti sono importanti ed eventualmente si può ragionare su due step. E’ fondamentale uscire limitando i carichi e dando al proprio corpo il tempo di adattarsi alla nuova posizione a al nuovo materiale. C’è anche chi parte a 1000 senza problemi e chi ha bisogno di un mese per adeguarsi.

Quindi Retul è un sistema che lascia spazio alla valutazione e all’esperienza del bike fitter?

Certo, moltissimo spazio al fitter. Retul è un attrezzo, tecnologico e molto preciso, ma sempre un attrezzo e non può valutare la condizione fisica del rider. La valutazione fisica è importante, ma il fitter deve anche ragionare su cosa andrà a fare il ciclista con quella bici e cosa fa nella vita di tutti i giorni, informazioni che può elaborare solo una persona.

Remco Evenepoel è uno degli atleti di punta di casa Specialized
Remco Evenepoel è uno degli atleti di punta di casa Specialized
Un argomento sempre attuale, posizione in bici di un pro’ vs amatore, cosa cambia?

Cambia solo ed esclusivamente la posizione del manubrio, lato sella direi niente. Anche se la tendenza è cambiata negli ultimi anni, vedi le posizioni crono molto più alte, i pro’ sono sempre più distesi e lunghi, più bassi, pur utilizzando anche degli spessori sopra la serie sterzo. Lasciando stare che sono più giovani e più performanti fisicamente, metterei in primo piano solo la qualità della loro vita. Hanno dei preparatori, disponibilità di materiali e conta anche la dieta che seguono. Mediamente beneficiano di una quantità maggiore di ore di sonno, fanno costantemente stretching e massaggi. Direi che sono aspetti che gli permettono di essere più aggressivi nella posizione in bici rispetto all’amatore medio che lavora 8 ore al giorno.

Sella e manubrio: piccoli interventi in base allo stato di forma

05.02.2024
4 min
Salva

«Dopo il Giro d’Italia ero talmente stanco che la mia muscolatura si era accorciata e così in accordo con i tecnici, ho abbassato un po’ la sella. Poi, una volta recuperato, l’ho rimessa nella sua posizione alla ripresa delle preparazione». Parole di Marco Frigo, giovane corridore della Israel-Premier Tech, che nel parlare della sua preparazione in vista della stagione ci ha raccontato questo aneddoto tecnico della scorsa estate.

Ma Frigo non è e non è stato il solo ad aver apportato dei piccoli interventi di posizione e quindi biomeccanici al variare della condizione fisica. E di questo tema parliamo con Alessandro Colò.

Colò è un ex corridore che si è laureato in Ingegneria e da qualche anno dirige un importante centro dedicato al ciclismo a 360 grandi, Body Frame. «Ho un centro a La Spezia – dice – dove mi avvalgo della collaborazione di un osteopata, un tecnico fisioterapista, un nutrizionista e un preparatore. In più ci sono io che curo la biomeccanica».

Alessandro Colò nel suo centro a La Spezia
Colò nel suo centro a La Spezia
Alessandro, partiamo dalla storia di Frigo. Si fanno spesso interventi simili?

Spesso no, in quanto parliamo comunque di livelli molto alti, estremi. Interventi che hanno senso appunto per i pro’, per i corridori che hanno una certa sensibilità, ma non avrebbero senso per gli amatori. Parliamo di millimetri: 2-5 millimetri al massimo. Quindi non sono cambiamenti che ti stravolgono la posizione.

Cosa sarebbe successo ai muscoli di Frigo se avesse continuato a pedalare con la sella “pre-Giro” e i muscoli “corti”?

Nulla di particolarmente importante. E’ come se avesse pedalato con la sella leggermente più alta e quindi il suo bacino avrebbe oscillato un po’ di più sulla sella stessa. Ma sono soprattutto sensazioni. E bisognerebbe chiederle a lui. Il difetto maggiore in cui poteva incorrere sarebbe stato quello di perdere un po’ della rotondità della pedalata.

Come fai tu per capire se un atleta ha bisogno di variare la sua altezza di sella?

Posso spiegare il mio metodo per individuare l’altezza di sella. Un metodo che ha tre step principali. Il primo: misuro l’altezza del cavallo con la classica formula dell’altezza moltiplicata per 0,885. Già così ottengo una buona approssimazione, con una tolleranza di 1-2 centimetri. Il secondo step: è l’utilizzo del simulatore. Prima però, per affinare il tutto, analizzo le scarpe e i pedali che usa e la sua flessibilità. Chiedo che tipo di attività svolge e a che livello: è un pro’, un cronoman, un triathleta… A quel punto lo faccio pedalare sul simulatore e misuro gli angoli, il più importante dei quali è quello tra tibia e femore, che deve stare entro certi parametri, e a cascata quello della caviglia. In particolare quando poi analizzo il piede con dei sensori vedo due parametri: la rotondità della pedalata e la curva di coppia della spinta. Il terzo step: è quello del sensore pressorio della sella. Questo mi permette di misurare i punti di pressione delle ossa ischiatiche sulla sella. Più il ciclista oscilla e più è alto.

Quando Pozzato entrava in forma e raggiungeva il peso ideale, sentiva l’esigenza di alzare la sella di qualche millimetro
Quando Pozzato entrava in forma e raggiungeva il peso ideale, sentiva l’esigenza di alzare la sella di qualche millimetro
Un’analisi approfondita…

In questo modo riduciamo o annulliamo la quel margine d’errore che emerge dalla formula inziale. 

Anche Pozzato era solito intervenire sulla posizione nel corso della stagione. Quando dimagriva abbassava la sella…

Anche qui ha senso, ma sempre per un pro’. E anche in questo caso parliamo di millimetri. Perdendo peso, diminuisce lo spessore dermatologico, tra cute, liquidi, adipe. Questo spessore si riduce e per mantenere gli stessi angoli deve alzare quel po’ la sella. In questo caso lo strumento della misura della pressione è molto utile.

Ci sono delle formule per quantificare la resa effettiva di questi cambiamenti? Quanti watt rende di più l’atleta?

Direi di no, sono interventi che puntano soprattutto sulle sensazioni di comfort. Ripeto: siamo nell’ordine di pochi millimetri.

Nel corso della stagione non è raro vedere manubri più bassi. Si tolgono gli spessori più piccoli tra attacco e tubo di sterzo
Nel corso della stagione non è raro vedere manubri più bassi. Si tolgono gli spessori più piccoli tra attacco e tubo di sterzo
Capitano mai casi simili nel tuo centro?

Più che altro io consiglio sempre di fare un controllo nel corso dell’anno. La prima visita biomeccanica si fa ad inizio stagione, quando arrivano le bici nuove e i nuovi materiali. Poi un controllo andrebbe fatto adesso, a febbraio, prima dell’inizio delle corse. E un altro a maggio-giugno, nel pieno dell’anno, quando in teoria si è al massimo. Con il peso giusto, la muscolatura pronta, un certa flessibilità… Io consiglio questi controlli sin dalla categoria juniores. Chiaramente parliamo di controlli a parità di materiale e componenti. Altrimenti va rivisto il tutto.

Qual è un intervento che fai frequentemente?

Quello di abbassare il manubrio, nel corso dell’anno si può ridurre anche di 5 millimetri. E non è sbagliato neanche il caso di Frigo, ma come ripeto è molto legato alle sensazioni dell’atleta. Altra cosa: se si alza o abbassa la sella bisognerebbe intervenire anche sull’inclinazione della sella stessa. Se si abbassa, bisognerebbe anche abbassarla appena in punta. Mentre sono contrario a ritoccare l’arretramento nel corso della stagione.

Manubri stretti sopra e larghi sotto, cambia la biomeccanica?

12.01.2024
6 min
Salva

Molti li categorizzano come i manubri da gravel riportati al settore strada, altri li vedono come la soluzione più adatta per sfruttare tutta l’aerodinamica dell’avantreno della bici ed un posizionamento delle leve adeguato.

Affrontiamo l’argomento con Giuseppe Archetti, meccanico dalla grande esperienza che dal 2024 è in forza al Team Lidl-Trek.

Si lavora con i nuovi materiali e con le nuove regole: da quest’anno Archetti è alla Lidl-Trek
Si lavora con i nuovi materiali e con le nuove regole: da quest’anno Archetti è alla Lidl-Trek
Anno nuovo e ti ritroviamo con una nuova casacca!

Dico sempre che la vita ed il percorso lavorativo sono un’evoluzione continua, non bisogna mai fermarsi. Bisogna trovare nuovi stimoli e comunque c’è sempre da imparare.

Un lavoro impegnativo quello del meccanico dove conta anche il fattore umano?

Sicuramente si, come per ogni cosa. In questo caso devo ringraziare il Team Manager Luca Guercilena e i due colleghi Mauro Adobati e Giuseppe Campanella. Con entrambi condivido anche gli impegni della nazionale, anche se Campanella, in ambito azzurro, si occupa maggiormente della compagine femminile.

Il team è una vera azienda (foto Steel Media, Lidl-Trek)
Il team è una vera azienda (foto Steel Media, Lidl-Trek)
E’ cambiato tutto, bici, materiali e componenti. Come ti stai trovando?

Come dicevo in precedenza, c’è sempre da imparare. Qui è tutto nuovo e tecnicamente è difficile trovare di meglio, siamo all’apice della tecnologia e della ricerca. Anche per questo motivo devo prendere le giuste misure con i materiali. Ci vorrà ancora qualche giorno, ma la strada è quella giusta ed è anche motivante. E’ pur vero che i training camp che anticipano la stagione hanno l’obiettivo di formare noi meccanici e i membri dello staff in genere.

Hai già utilizzato in passato gli equipaggiamenti che trovi ora in Lidl-Trek?

Solo Sram, era l’epoca del Team Cannondale, una vita fa. Tutto quello che trovo e vedo ora è nuovo, per nulla accostabile a quello che ho usato in passato. Bici, trasmissioni e componenti: tra questi anche i manubri.

La posizione con le mani alte, porta a chiudere le spalle (con i nuovi manubri)
La posizione con le mani alte, porta a chiudere le spalle (con i nuovi manubri)
Parliamo proprio della nuova concezione dei manubri, stretti sopra e più larghi sotto, cosa ne pensi?

Ci confrontiamo sempre di più con i numeri, con i dati e con i riscontri che arrivano da vari fronti. I test eseguiti nella galleria del vento dimostrano che riducendo l’impatto frontale delle spalle, si guadagnano watt. Tuttavia è necessario farlo nel modo corretto per non compromettere la prestazione del corridore. In realtà forse è meglio dire che si risparmiano dei watt. Anche noi dobbiamo entrare nell’ottica che l’estremizzazione delle performances è reale, è tangibile. Lo è per i materiali, lo è per tutto quello che riguarda gli atleti.

Roba da ingegneri?

E’ così, perché sempre più spesso noi che montiamo e assembliamo le bici dei ragazzi, ci confrontiamo con gli ingegneri delle diverse aziende che supportano la squadra. Vi dirò, a mio parere è un passaggio giusto e corretto, perché le biciclette sono un concentrato di tecnologia.

Il vecchio riferimento dei manubri larghi come le spalle esiste ancora?

No, tutto è stravolto. Quell’epoca, per lo meno in ambito professionistico, non esiste più. Oggi come oggi le soluzioni che vediamo sono figlie di valutazioni e calcoli, test su test, prove su prove. Team come il Lidl-Trek è al pari di una grande azienda e non lascia nulla al caso. Non esiste più il modo empirico di valutazione.

Ad ognuno il suo stile e modo di impugnare le leve
Ad ognuno il suo stile e modo di impugnare le leve
Invece per quanto riguarda la posizione delle leve?

Soprattutto nella stagione scorsa, a mio parere si era andati oltre ed è arrivato il momento delle regole. Il rischio di andare verso una scarsa sicurezza nelle fasi di guida, era più che reale. Ho visto diversi corridori soffrire perché avevano chiesto le leve troppo chiuse, atleti di team diversi, con materiali diversi.

Cosa dice la regola UCI che norma questa parte della bici?

Le leve non devono avere una chiusura superiore ai 10°, rispetto all’asse del manubrio. Non è facile da spiegare, ma di fatto è un punto di partenza che ha l’obiettivo di contenere le estremizzazioni e rendere i componenti sfruttabili al pieno delle potenzialità, senza mettere in discussione la sicurezza.

Manubri con il flare e leve curvate o leve che seguono la svasatura del manubrio. Cambia la biomeccanica del corridore?

La biomeccanica è cambiata, perché è cambiato il modo di stare in sella. Ma se consideriamo il setting del corridore, quello esula dal design del manubrio. E’ una concezione di lavoro e di espressione atletica che non può essere confrontata con il passato.

Ci sono dei riscontri da parte degli atleti che ti hanno colpito in modo particolare?

Quando ci si confronta con i corridori giovani, delle ultime generazioni, anche noi meccanici con i capelli bianchi dobbiamo entrare nell’ottica che questi arrivano con delle informazioni e un’educazione diversa da corridori più avanti con l’età. Ma il futuro è dei giovani.

Manubri stretti e power meter?

Esattamente.

C’è differenza tra un manubrio usato da un velocista e uno usato da chi è più scalatore?

Di base il velocista chiede l’integrato a prescindere, lo scalatore, o comunque chi fa classifica nei grandi Giri preferisce la piega e l’attacco manubrio separati. Ma anche in questo caso le variabili da considerare sono diverse, così come i materiali a disposizione. In Lidl-Trek i corridori hanno una vasta scelta. La tendenza, riferita alle preferenze dei corridori è quella di avere l’integrato su tutte le bici. E’ leggero, molto rigido e ormai anche l’ergonomia è ottimale, ma anche i numeri e i dati hanno la loro importanza.

Froome e l’errore nelle misure della bici: fantasia o verità?

22.11.2023
5 min
Salva

Un errore di valutazione nella misura e nella taglia della bici di Froome, come ha lasciato intendere il britannico in svariate interviste? E’ ancora possibile nel momento in cui la cura di ogni dettaglio è maniacale? Ci può essere una correlazione tra il non sentirsi a posto sulla bici e la rottura del femore?

Cerchiamo di approfondire l’argomento con l’aiuto del dottor Loris Perticarini, ortopedico e traumatologo a Brescia, che tra gli altri ha operato Formolo e più recentemente Marco Frigo, oltre ad aver curato il ginocchio di Colbrelli. E poi con il parere di Alessandro Mariano, biomeccanico che in più di un’occasione ha aiutato diversi pro’ a rimettersi in sella.

Il dottor Loris Perticarini è un ortopedico piuttosto conosciuto nel ciclismo
Il dottor Loris Perticarini è un ortopedico piuttosto conosciuto nel ciclismo
Dottor Perticarini, quanto influisce la rottura del femore nella carriera di un pro?

La rottura del femore è un discorso ampio. La gamba inizia proprio dal femore, ma nel caso di una rottura sono da considerare i diversi fattori. Le cicatrici ad esempio e i danni muscolari, aspetti che portano ad alterazioni nell’espressione della forza sui pedali. Il femore guarisce, ma tutto quello che è intorno può aver subito dei danni. Il femore è articolato al bacino, di conseguenza alla colonna:, argomento davvero ampio e complesso.

Cosa significa?

Il femore non è circondato dal vuoto. Quando si ha la frattura ad un femore i tessuti intorno si lacerano, si tagliano e, quando guariscono, lasciano cicatrici. Bisogna valutare con attenzione se la contusione si è estesa al bacino, alla colonna con alterazioni di entità varie. La colonna vertebrale ad esempio può ridurre la lordosi naturale, con la conseguente modifica della mobilità. Quello che succede al femore si ripercuote inevitabilmente sul resto.

Il femore è l’osso più lungo del corpo umano
Il femore è l’osso più grande del corpo umano
Si rompe un femore, è da prevedere l’accorciamento dell’arto inferiore?

Decisamente no, bisogna capire dove si trova e come è fatta la frattura. Chiaro è che l’intervento, ovvero la riduzione della frattura, deve essere fatto bene. Non devono esserci dismetrie.

La frattura può portare a problemi al gesto della pedalata e a modificare la posizione in sella?

Sì, si possono verificare degli squilibri biomeccanici, soprattutto a livello del ginocchio e dell’anca. Non cambiano i punti di appoggio delle tuberosità ischiatiche una volta in sella, piuttosto influisce sulla mobilità della colonna.

Ha seguito il caso Froome?

Io penso che questi ragazzi, capaci di erogare prestazioni eccezionali, sentano a naso i 2 millimetri di differenza, mi limito a dire questo.

La vecchia Pinarello

In un’intervista rilasciata a Cyclingnews, Froome aveva raccontato di aver portato da un esperto una vecchia Pinarello dei tempi del Team Sky e di aver confrontato la posizione di allora con l’attuale. Il risultato è stato riscontrare una differenza di altezza sella di qualche centimetro. E avendo riportato le misure di allora sulla bici di oggi, avrebbe dichiarato di sentirsi molto più a suo agio.

«Partiamo dal presupposto – argomenta Alessandro Mariano – che mi sembra molto strano che un corridore del calibro di Froome non si accorga di un fitting che non gli permette di essere efficiente. Non è da escludere che gli sia stata impostata una posizione antalgica sulla bici e che questa non sia stata aggiornata nei periodi successivi all’infortunio. Detto questo, parlare di centimetri mi sembra un’enormità. Faccio fatica ad accettare una considerazione del genere».

Maurizio Radi, titolare di Fisioradi Medical Center a Pesaro. A destra, Alessandro Mariano
Maurizio Radi, titolare di Fisioradi Medical Center a Pesaro. A destra, Alessandro Mariano
Nel caso di Froome è possibile un errore di valutazione biomeccanica?

L’errore ci può stare, ma quello che ritengo inaccettabile è una differenza così grande, inoltre 3 centimetri in allungamento si vedono ad occhio. Si parla di centimetri, considerando che ci sono atleti che sentono i millimetri del fondello.

Cosa succede quando si è troppo lunghi sulla bici?

C’è sempre da fare tre valutazioni. Se l’attacco manubrio è troppo lungo, se il telaio è lungo, oppure se la sella ha un arretramento/avanzamento non adeguati. Come principio la bici lunga, con la sella a posto, aiuta a scaricare le pressioni che si generano sulla schiena, ma è vero che ogni caso è a sé e merita una valutazione specifica. Quando si è troppo lunghi sulla bici, si possono verificare dei problemi alle ginocchia e all’articolazione del bacino, in particolar modo quando c’è la misura sbagliata del telaio. Quando si è troppo corti, è la schiena a risentirne maggiormente.

Un trauma come quello subito da Froome, obbliga a un cambio di posizione in sella?

Generalmente sì, talvolta si tratta di un fitting temporaneo per poi tornare alla posizione usata in precedenza. In altri casi il cambio è radicale e viene portato avanti per il resto della carriera. In casi come questo di Froome, è necessario analizzare cosa è stato coinvolto, se solo l’arto inferiore o altre parti. Ma a prescindere, faccio fatica ad immaginare un corridore professionista di alto livello che non si accorga di una differenza così importante.

Bike fitting e i segreti dei pro’? Risponde idmatch

15.04.2023
6 min
Salva

Se la nostra posizione in sella non è ottimale e costruita sul modo di pedalare, si perde di efficienza e insorgono dei problemi. Abbiamo chiesto ad idmatch e Selle Italia, nelle persone di Matteo Paganelli e Alberto Curtolo di poter approfondire l’argomento.

Le messa in sella, una corretta posizione sulla bicicletta è un argomento sempre attuale. Entriamo nell’argomento.

Legato a Selle Italia, idmatch è uno strumento che crea un database importante anche per le aziende (foto Ridley)
Legato a Selle Italia, idmatch è uno strumento che crea un database importante anche per le aziende (foto Ridley)

Cos’è idmatch

idmatch è un sistema all’avanguardia che si basa su dati scientifici e sull’oggettività della raccolta dei dati stessi. idmatch è un sistema attivo che evolve grazie alla raccolta di migliaia di informazioni che arrivano dalle rilevazioni ed è in grado di entrare nelle specificità delle diverse strutture fisiche.

Ad oggi idmatch ha analizzato oltre 55.000 persone, con un trend in costante crescita di oltre 2.000 persone al mese. Sono 205 i centri attivi nel mondo. Il mercato principale rimane quello europeo, ma quello asiatico è in forte espansione, con un’ottima prospettiva negli USA. A questi numeri vanno aggiunti anche i footbed, ovvero i plantari che arricchiscono la banca-dati, con le oltre 90.000 misurazioni effettuate.

Il corpo viene scansionato giù dalla bici e una volta in sella (foto Ridley)
Il corpo viene scansionato giù dalla bici e una volta in sella (foto Ridley)
Cosa fornisce idmatch?

Fornisce un’indicazione ideale all’utente, ma anche al bikefitter. Non solo, perché grazie all’enormità dei dati scientifici ed oggettivi raccolti fino ad oggi e grazie all’interazione continua con le aziende, siamo in grado di fornire delle informazioni ai produttori di bici e componenti.

I dati che avete a disposizione hanno messo in luce delle differenze con i ciclisti del passato?

Sì e le differenze sono importanti. Abbiamo notato che, soprattutto nell’era post Covid c’è un aumento dell’elasticità delle persone. Questo è dovuto all’incremento delle attività di yoga e core-stability.

Matteo Paganelli ci spiega alcuni dettagli anche per la scelta dei componenti (foto Ridley)
Matteo Paganelli ci spiega alcuni dettagli anche per la scelta dei componenti (foto Ridley)
Entrando nello specifico di idmatch. Che gioco ha una corretta impostazione in sella?

E’ fondamentale, perché ai fini della performance, ha un ruolo ancor più importante della geometria della bici. Il sistema idmatch, grazie alla scansione completa del corpo, legge e riporta le reali esigenze del ciclista. Grazie a questa analisi e alla banca dati che prende in considerazione i vari componenti delle diverse aziende, idmatch identifica le scelte ottimali per tutto quello che riguarda la bici.

La sella, primo punto di appoggio e componente importante per la prestazione (foto Ridley)
La sella, primo punto di appoggio e componente importante per la prestazione (foto Ridley)
Informazioni a 360° a prescindere dal marchio?

Sì, esattamente. Idmatch fa parte del portfolio di Selle Italia, ma il nostro obiettivo è quello di mettere il bikefitter ed ovviamente l’utente finale nelle condizioni di avere il miglior risultato possibile. Non diamo informazioni solo ed esclusivamente su Selle Italia, ma su tutti i soggetti della categoria.

Alberto Curtolo ci spiega l’importanza di la sella in modo adeguato (foto Ridley)
Alberto Curtolo ci spiega l’importanza di la sella in modo adeguato (foto Ridley)
Come deve essere scelta la sella ideale?

La sella influisce per l’80% sulla stabilità del ciclista e di conseguenza sulla prestazione. Le ossa ischiatiche dovrebbero sempre appoggiare in modo corretto, per scaricare in maniera ottimale le pressioni e per non influire in modo negativo sulla rotazione del bacino.

Questo porta anche vantaggi in termini di salute?

Sfruttare a pieno l’appoggio delle ossa ischiatiche limita i rischi di schiacciare le parti molli. Il corpo si adatta e si abitua, ma bisogna metterlo nelle condizioni migliori.

Il sistema durante la rilevazione della pedalata (foto Ridley)
Il sistema durante la rilevazione della pedalata (foto Ridley)
E quando si utilizza una sella con una larghezza sbagliata?

I problemi maggiori si presentano quando viene usata una sella troppo stretta. Le ossa dell’ischio non appoggiano nel modo corretto, il ciclista continua a muoversi sulla sella e si vanno a schiacciare zone delicate. C’è il rischio di avere formicolii continui, così come un canale dell’uretra soggetto a continue compressioni.

Se invece la sella è troppo larga?

Di norma non si presentano problemi. Le nostre analisi hanno fatto emergere un altro dato molto importante, ovvero che solo il 18% degli individui potrebbe utilizzare le selle sprovviste di canale di scarico prostatico.

I footbed sviluppati da idmatch (foto Ridley)
I footbed sviluppati da idmatch (foto Ridley)
Cosa succede quando la sella non è nella posizione corretta?

Se troppo arretrata porta il ciclista a scivolare continuamente in avanti. Una sella troppo avanzata porta ad un sovraccarico del quadricipite, delle ginocchia e di tutta la fascia che si estende sopra la rotula. La sella dovrebbe essere sempre in bolla.

Passando invece ai plantari, qual’è il loro ruolo principale?

I plantari contribuiscono a risolvere i problemi legati al secondo punto di appoggio, il primo la sella. Un plantare non deve essere troppo spesso nella parte frontale, ma al tempo stesso deve generare un sostegno adeguato nella zona dell’arco plantare e del tallone.

Paganelli spiega come funziona lo strumento Cleatfit (foto Ridley)
Paganelli spiega come funziona lo strumento Cleatfit (foto Ridley)
E invece per quanto concerne la tacchetta?

La tacchetta governa il movimento del piede, del ginocchio e dell’anca. Il punto anatomico della tacchetta deve sempre prendere come riferimento il primo ed il quinto metatarso. Nelle ultime stagioni siamo testimoni di un arretramento eccessivo delle tacchette. Questa tendenza viene mutuata dalla mtb, dove si cerca la stabilità anche grazie alla guida in piedi sui pedali.

Il dolore alla zona lombare da cosa può essere generato?

Il dolore alla zona lombare nasce per svariate cause, viene classificato come un dolore da sovraccarico funzionale, ovvero un carico eccessivo sulla fascia muscolare in una scorretta posizione che genera un movimento altrettanto scorretto.

La customizzazione avviene anche in base alla disciplina (foto Ridley)
Il sistema durante la rilevazione della pedalata (foto Ridley)
La bicicletta e i suoi componenti possono esserne causa diretta o indiretta?

Da recenti studi effettuati incrociando i dati di idmatch, abbiamo notato che il dolore lombare può nascere anche dall’accessorio non adatto alle proprie caratteristiche. Abbiamo notato una correlazione tra utilizzo di sella “scorretta”, non adatta alle proprie forme e capacità di flessibilità.

Invece per quanto concerne l’allineamento della calzatura, c’è una posizione ideale, in linea, con le punte della scarpa all’interno, oppure all’esterno?

Considerando le svariate forme e accessori che modificano la forma della scarpa da ciclismo, non è corretto partire analizzando l’esterno della calzatura. Ecco perché abbiamo sviluppato il cleatfit che tiene conto della forma interna della calzatura.

Grazie ad alcune analisi idmatch, Van Der poel ha arretrato la sella dopo l’incidente in mtb
Grazie ad alcune analisi idmatch, Van Der poel ha arretrato la sella dopo l’incidente in mtb
Puoi spiegarci meglio?

In base a come il piede calza la scarpa, suggeriamo di applicare la tacchetta sul punto di spinta, rilevato tramite lo strumento. Qui è necessario considerare dove è posizionato il punto di spinta, che è soggettivo ed è tra il 1° e 5° metatarso.

C’è un team di primissimo piano che utilizza il sistema idmatch nella sua completezza?

Il Team Alpecin-Deceuninck utilizza idmatch ed una bike a disposizione, anche se il sistema è utilizzato da molti atleti del gruppo.

Scarpe più basse, posizione da rifare? L’esempio di Affini

17.01.2023
5 min
Salva

La Jumbo-Visma quest’anno ha apportato diverse novità nel suo allestimento tecnico. Non solo è passata da Shimano a Sram, ma è intervenuta anche sul set pedali e scarpe, ora Nimbl. Questo nuovo mix ha inciso anche sulla posizione in sella degli atleti.

Le scarpe Nimbl hanno una conformazione particolare. Sono full carbon e soprattutto hanno una suola diversa, ben più bassa della media. E questo va a modificare, o quantomeno ad influenzare, le catene cinetiche dell’atleta, la sua messa in sella.

Affini durante le prove per la creazione della sua scarpa full carbon
Affini durante le prove per la creazione della sua scarpa full carbon

Spinta più diretta

Edoardo Affini già in tempi non sospetti ci parlò di quanto queste scarpe avrebbero inciso. E le sue parole hanno trovato riscontro nella realtà dopo i primi mesi di utilizzo.

«Alcuni di noi – racconta il mantovano – con la suola e i nuovi pedali si sono abbassati anche di 7 millimetri. Io devo ancora provare la soluzione definitiva delle scarpe, vale a dire quella senza adattatore. Quelle con l’alloggio specifico per l’attacco del pedale Wahoo (sviluppato sulla piattaforma SpeedPlay). Con questa soluzione infatti, in pratica sarà il pedale ad “entrare” nella scarpa.

«La sensazione in sella è effettivamente differente, ma anche molto soggettiva. In generale tutti ci troviamo bene e Nimbl lavora molto sul piano della personalizzazione. Sono sempre aperti e disponibili per le modifiche. Poi è chiaro che alcune problematiche potrebbero emergere con il passare del tempo. Penso per esempio a quando farà più caldo e si alzeranno le temperature nella scarpa, ma appunto ci servirà del tempo…».

Oggi si parla di ciclismo del millimetro e quando in ballo ce ne sono tanti come quei 7 millimetri di altezza sella, ne risente anche la posizione. 

«La sensazione in sella cambia – prosegue Affini – senti una spinta più diretta sul pedale. Hai proprio l’idea che ci sia una minore dispersione di forza. La spinta parte diretta da sotto al piede».

Rispetto allo scorso anno, Affini (qui nel 2022) si è abbassato di 4 millimetri con la sella. Ma gli interventi potrebbero non essere finiti
Per ora, rispetto allo scorso anno cui si riferisce la foto, Affini si è abbassato di 4 millimetri con la sella

Giù il baricentro

Ma in una catena cinetica, se si interviene su un punto e si vuol mantenere l’equilibrio, bisogna intervenire anche sugli altri punti, almeno quelli nevralgici. 

«Ci siamo abbassati anche con il manubrio – va avanti Affini – ognuno si è abbassato anche in base alla sua flessibilità e questo è un buon guadagno immagino. Non è uno stravolgimento, ma nel ciclismo dei marginal gains, quando metti tutto insieme…  conta anche quello.

«Nella maggior parte dei casi si è tolto uno spessore da 5 millimetri, che è un po’ la misura standard. Ma non è così matematico che se abbassi la sella, tu debba abbassare anche il manubrio. Te lo devi anche sentire perché se poi sei troppo chiuso, comprimi troppo gli angoli, magari hai problemi con i glutei, o con la schiena.

«Di certo ne guadagna la guida. In questo modo si abbassa un po’ il baricentro e in discesa soprattutto c’è più maneggevolezza».

I tecnici della Jumbo-Visma stanno lavorando da mesi sul nuovo set scarpe-pedali
I tecnici della Jumbo-Visma stanno lavorando da mesi sul nuovo set scarpe-pedali

Biomeccanica da rivedere

Edoardo Affini ci spiega tutto ciò dalla Spagna, dove è in ritiro con la sua squadra. E lì il “laboratorio è ancora aperto”. Insomma, lavori in corso.

Andando a toccare scarpe, pedali, altezza sella e altezza manubrio… va da sé che si riveda la biomeccanica. E c’è chi stando a cavallo tra due misure potrebbe valutare di cambiare il telaio e passare alla misura inferiore.

«La squadra – dice Affini – ci mette a disposizione un tecnico e a turno, solitamente la sera, andiamo a farci dare un’occhiata. Lo farò anche io. Anche se io vado dal mio biomeccanico di sempre, Alfiero Dalla Piazza (e suo figlio Michele) a Sommacampagna non lontano da casa. 

«Per quanto mi riguarda, in attesa come ripeto della scarpa definitiva, io mi sono abbassato di 4 millimetri con la sella e di 5 millimetri con il manubrio. Per ora, al netto di quelle sensazioni di guida differenti in quanto a spinta e maneggevolezza, non ho avuto nessun problema di schiena o altro».

Lo squadrone olandese con le nuove scarpe durante il ritiro spagnolo (foto Instagram)
Lo squadrone olandese con le nuove scarpe durante il ritiro spagnolo (foto Instagram)

Feedback positivi

E che i lavori procedano spediti ce lo conferma anche Francesco Sergio, di Nimbl, il quale si trova nel ritiro di Denia per seguire la messa punto delle scarpe ai piedi degli atleti.

«Stiamo ultimando le consegne finali – ha detto Sergio – mancano solo le donne che abbiamo fatto in questi giorni. Quasi tutti hanno provato la scarpa definitiva con gli attacchi per i nuovi pedali Whaoo. I feedback sono tutti positivi. Sul piano della biomeccanica qualche intervento c’è stato».

Sergio non può esporsi troppo, ma lascia intendere che gli angoli di spinta tutto sommato sono rimasti invariati sul piano orizzontale, a parte un atleta che ha spostato un po’ le tacchette in avanti. Mentre sono variati quelli sul piano verticale, appunto le altezze di sella e manubrio.