L’anno esplosivo della Intermarché-Wanty. Un viaggio con Piva

28.12.2021
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La Intermarchè-Wanty Gobert è stata la “Cenerentola” del WorldTour in questa stagione 2021. Entrata quasi in punta di piedi, la squadra belga si è saputa difendere alla grande… tra le grandi. E una certa fetta di merito è sicuramente anche di Valerio Piva, diesse di lungo corso.

Piva era stato in squadre di livello mondiale come la T-Mobile e la BMC e ha saputo mettere la sua esperienza al servizio anche di questo “giovane” team.

Primo ritiro della stagione in Spagna sotto gli occhi di Valerio Piva (Petilli in primo piano)
Primo ritiro della stagione in Spagna sotto gli occhi di Valerio Piva (Petilli in primo piano)
Valerio, archiviate un buon 2021…

Siamo contenti, se mi avessero detto ad inizio stagione che sarebbe andata così ci avrei messo la firma. Chiaramente non è stato facile ma ci abbiamo creduto. E dire che l’inizio non è stato buonissimo.

Perché?

Soprattutto nelle classiche delle pietre ci aspettavamo qualcosa di più. Le cose sono iniziate ad andare meglio dalle Ardenne in poi e al Giro d’Italia è definitivamente cambiata la fisionomia del gruppo e della stagione. La vittoria di Taco Van der Hoorn ha inciso molto. Da lì in poi, e soprattutto a fine stagione, siamo sempre stati presenti e protagonisti.

Cosa non ha funzionato nelle classiche delle pietre?

Non abbiamo raccolto quello che speravamo. Non che volessimo vincere il Fiandre e la Roubaix, ma volevamo far vedere di più. Essere più protagonisti, entrare in qualche fuga importante. Poi chiaramente siamo consapevoli che non avevamo le qualità umane ed atletiche per poter primeggiare. Il nostro leader era Thomas De Gendt che ha avuto qualche problema alla Tirreno. E lo stesso Danny Van Poppel ci ha messo un bel po’ a riprendersi.
Potevamo avere più fortuna nella prima classica, l’Het Nieuwsblad: ne avevamo quattro in fuga e ci aspettavamo una buona volata da Pasqualon, ma una caduta ha compromesso tutto e abbiamo perso un’ottima occasione per partire con il piede giusto… Insomma, tra malattie e sfortune non abbiamo raccolto molto all’inizio.

Però nelle Ardenne già è andata meglio…

Abbiamo fatto un’ottima Freccia con Quinten Hermans. E siamo stati protagonisti alla Liegi con Vliegen e Rota. Noi sappiamo che per essere nel vivo dobbiamo anticipare, anche se penso che il prossimo anno con Rota possiamo iniziare a giocarcela diversamente. Lorenzo ha dimostrato di esserci. A San Sebastian sarebbe arrivato coi primi se non gli fosse caduto davanti Honorè. E anche alla Tre Valli Varesine è andato molto bene. Io mi aspetto tanto da lui nella prossima stagione.

Hai detto che al Giro è cambiato il vento. Come mai? Avete aggiustato il tiro voi direttori o è stato un qualcosa che è venuto da solo?

No, ci abbiamo lavorato. Sin dall’inizio della stagione abbiamo posto degli obiettivi ed abbiamo parlato con i corridori. Per esempio alla vigilia della Freccia del Brabante, mentre era in ritiro in altura, mi ha chiamato proprio Taco. Mi chiese cosa ne pensassi di lui al Giro. Io gli dissi che non avevamo un leader per la classifica generale. E che una volta aiutati Pasqualon e Minali per le volate avremmo dovuto anticipare, attaccare. E in questo lui è stato molto serio. In passato già avevo corso così con altri team. Avevamo visto bene le tappe dove poter fare qualcosa. Vincere alla terza frazione ti salva e ti rende tranquillo per il resto della corsa. Infatti poi tutti hanno provato e i ragazzi hanno corso con lo spirito giusto.

E si è visto, avete corso con cognizione di causa, non siete venuti in Italia a “portare a spasso” la bici…

Sono occasioni che noi non possiamo lasciarci sfuggire. Non abbiamo l’uomo di classifica e neanche il velocista che poteva vincere. Magari quest’anno con Thijssen e qualche altro giovane cambierà qualcosa e potremmo correre per vincere le volate. Così come con Kristoff avremo qualche opportunità in più nelle classiche. Le correremo in un altro modo o quanto meno con altre gerarchie.

Valerio, portaci nel metodo Wanty. Avete dei preparatori vostri o lasciate fare ai corridori? Come vi organizzate?

Abbiamo un gruppo di allenatori già buono, che è stato anche potenziato. Il nostro capo performance è Aike Visbeek, l’ex diesse di Dumoulin quando l’olandese vinse il Giro d’Italia. È lui che fa i programmi dei ragazzi. Chiaramente ci riuniamo tutti quanti. Già per questa stagione ci siamo incontrati tre volte. E a breve riprenderemo il tutto nel ritiro di gennaio. C’è Frederik Veuchelen, ex corridore della Wanty. C’è Ioannis Tamouridis, un greco che lavorava alla Seg. In più ci appoggiamo ad un gruppo tra Belgio e Olanda che si chiama Cycling Lab. Poi qualche ragazzo ha l’allenatore personale ma noi chiediamo a tutti i nostri atleti di utilizzare Training Peaks, così che possano essere sempre controllati dai nostri preparatori. Per il resto ogni direttore sportivo ha i suoi 6-7 corridori di riferimento. Abbiamo una nutrizionista che fa parte dell’università di Gand. Siamo andati in galleria del vento e in pista per migliorare posizioni e materiali.

Tutto questo lo facevate anche in passato o da questa stagione?

Da questa stagione, da quando siamo diventati una WorldTour. Chiaro che essendo arrivato tutto di colpo non si poteva fare tutto insieme. Abbiamo iniziato con le cose indispensabili e man mano stiamo facendo sempre qualcosa di più. Per esempio lo scorso anno abbiamo fatto dei ritiri solo in alcuni momenti chiave della stagione, quest’anno cercheremo di farne qualcuno in più. Dobbiamo utilizzare al meglio il budget che abbiamo a disposizione che non è certo lo stesso di Ineos, UAE o Jumbo.

Cosa ti aspetti dal 2022? Sarai contento se…

Ah, ah – ride Piva – Sarò contento se faremo meglio di quest’anno! L’obiettivo, con 18-20 squadre, è quello di restare nel WorldTour. Noi la licenza l’abbiamo acquistata dalla CCC, ma vogliamo mantenerla. E dal prossimo anno per mantenerla bisognerà fare i punti per restare in classifica. Quest’anno siamo stati quattordicesimi, ma per restare nel WorldTour contano i punteggi degli ultimi tre anni, pertanto bisognerà fare ancora meglio.

Wanty protagonista anche alla Vuelta. Per Taaramae una tappa e due giorni di maglia roja
Wanty protagonista anche alla Vuelta. Per Taaramae una tappa e due giorni di maglia roja
Una sfida non facile…

No, non è facile ma con Kristoff qualche ambizione in più ce l’abbiamo. Come ripeto, da Rota mi aspetto molto. E c’è Ghirmay. Lui può essere la sorpresa del prossimo anno, è già arrivato secondo al mondiale, ha vinto e ci crediamo molto. Per me è un talento.

La Wanty ha riscosso molta simpatia in Italia per il modo con cui ha interpretato il Giro. E per voi in squadra è stata una sorpresa la corsa rosa?

Vi dico questo, il Belgio è forse la nazione numero uno al mondo per il ciclismo. Lo è per i team, ha tre WorldTour, ma anche per i tifosi. Qui ogni giorno c’è il ciclismo alla TV. Per esempio mentre sto parlando con voi stanno dando un cross. Quindi su una squadra come la nostra c’è molta attesa. Il Giro è molto seguito in Belgio, non dico come il Tour, che te lo danno dalla sera alla mattina, ma neanche è il “brutto anatroccolo”. Non potevamo non essere pronti. Per quel che riguarda l’Italia c’è sempre molto interesse. Pensiamo al cibo, ai vini, alla moda… e poi al Giro ha vinto Merckx in passato. Tra Italia e Belgio c’è un legame stretto.

«Io – aggiunge Piva – Al prossimo Giro ci sarò. Da italiano ci metto del mio per far sì che la squadra possa andare forte».

Col Toscana e la Sabatini ecco le classiche italiane d’autunno

15.09.2021
4 min
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Con il Giro di Toscana, partito da pochi minuti si apre la serie delle gare italiane. Gare che hanno fatto la storia, che incidevano moltissimo per la definizione delle nazionali che i cittì avrebbero schierato poi al mondiale. Le gare della tradizione: del riscatto per alcuni, del “sorriso” per altri che tutto sommato la loro stagione l’avevano fatta e anche bene. L’atmosfera è unica, soprattutto per i corridori italiani.

Quest’anno, le prime due della lista sono il Giro di Toscana, appunto, e la Coppa Sabatini. E a presentarcele è Andrea Pasqualon. Il portacolori della Intermarché-Wanty Gobert ha vinto a Peccioli nel 2017 (foto in apertura, ndr) e ha fatto bene al Toscana l’anno scorso: chi meglio di lui può guidarci in questo viaggio?

Pasqualon in azione a Peccioli l’anno scorso. Questo tratto arriva poco dopo il tornante che dà inizio alla salita finale
Pasqualon in azione a Peccioli l’anno scorso. Questo tratto arriva poco dopo il tornante che dà inizio alla salita finale

Sabatini: occhio al tornante finale

«La Coppa Sabatini – spiega Pasqualon – è una gara che mi piace molto. E’ adattissima alle mie caratteristiche con quel chilometro finale in salita. E’ per corridori veloci, ma che tengono in salita. Poi sarà che arriva in un periodo della stagione in cui di solito sono abbastanza in forma e mi risulta “facile” andare bene.

«La gara prevede due circuiti sostanzialmente. Recentemente hanno introdotto uno strappo molto impegnativo anche nel primo, che in passato era più facile. Immagino lo abbiano fatto su richiesta di Cassani, per rendere la corsa un po’ più dura. E credo proprio che si farà sentire nel finale.

«Poi si entra nel circuito finale. Questo è caratterizzato dalla salita che porta all’arrivo (che nei vari passaggi continua un po’, il traguardo infatti non è proprio in cima). Il punto chiave? La curva che porta al chilometro finale dove inizia la salita. E’ importante avere una squadra che ti porti in buona posizione per questo tornante a sinistra che arriva dopo un bel rettilineo. Se lì resti indietro sprechi molto per risalire e non hai abbastanza energie per la volata dove è importantissimo scegliere il momento giusto».

La selezione per le nazionali alza il livello. Qui l’esordio di Colbrelli con la maglia di campione europeo al Toscana (con Cassani)
La selezione per le nazionali alza il livello. Qui l’esordio di Colbrelli con la maglia di campione europeo al Toscana (con Cassani)

Livello alto

Prima Pasqualon ha detto che gli riesce facile, ma quando ce lo ha detto sorrideva anche. Ci ha spiegato che è un facile relativo, soprattutto quest’anno che al via ci sono molte squadre World-Tour.

«Se si va a vedere l’albo d’oro di queste gare vengono i brividi ed anche quest’anno il livello è molto alto – racconta Pasqualon – La Deceuninck-Quick Step ho visto che ha uno squadrone e lo stesso la Bahrain Victorious che sarà tutta per Colbrelli. La corsa, in generale è molto nervosa quindi avere una buona squadra sarà importante».

Dire “Colbrelli” di questi tempi è come dire Leuven, il mondiale. Queste gare sono molto importanti ai fini della nazionale che vedremo in Belgio. Colbrelli ci punta forte e la Sabatini, visto il percorso belga, è un banco di prova ideale… anche per guadagnarsi il posto.

«Io ho parlato con Cassani – spiega Pasqualon – ma nulla più. E’ giusto che segua da vicino queste gare per fare la sua nazionale. Da parte mia farò di tutto per farmi trovare pronto. Se dovesse chiamarmi sarebbe un qualcosa di speciale, ma bisogna meritarselo».

Il Monte Serra è la palestra della Vini Zabù, la cui sede non è distante da questo valico

Il Giro di Toscana

Da Peccioli, ci spostiamo a Pontedera, una ventina di chilometri più a Nord. In realtà sarebbe il contrario visto che a Pontedera si corre oggi e a Peccioli domani, ma insomma la zona è quella.

«Il Giro di Toscana – dice Pasqualon – è senza dubbio più duro della Coppa Sabatini. Io per esempio sarò di aiuto alla squadra oggi, mentre sarò leader a Peccioli. Il punto chiave è il Monte Serra. E’ una salita vera. Fatta due volte diventa dura. Ma un Colbrelli in forma di questi tempi può tenerla bene. Di solito arrivano sempre in tre-quattro davanti e un gruppetto dietro. Il Serra è ad una ventina di chilometri dal termine, cinque dei quali sono in discesa. Un Evenepoel che scappa potresti non riprenderlo più. L’arrivo poi è largo. C’è una sola curva verso destra, ma non è vicinissima.

«Dove è più importante la squadra tra queste due gare? In entrambe le corse. Ma oggi la squadra è sempre fondamentale. Ti permette di stare di più tranquillo e di spendere molto meno».

Convinto, gasato, Pasqualon: «Al mondiale voglio esserci»

07.08.2021
4 min
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«Con Cassani ne ho parlato anche al Giro, gliel’ho detto che ero interessato al mondiale». Andrea Pasqualon come sempre va diretto al nocciolo della questione. Il corridore della Intermarché Wanty Gobert è davvero carico, convinto e motivato per questa lunga striscia di gare di fine stagione.

Salita, lavori persino con la bici da crono, la ricerca del ritmo gara, chilometri su chilometri e un sogno: la maglia azzurra ai prossimi mondiali di Leuven, nelle Fiandre. E per lui che corre da cinque stagioni una squadra belga non è cosa da poco.

Per Pasqualon un buon Giro. Poi un lungo periodo di stacco e la ripresa al Tour de Wallonie
Per Pasqualon un buon Giro. Poi un lungo periodo di stacco e la ripresa al Tour de Wallonie
Andrea come va? Sei in procinto di partire per…

Per la Polonia, faccio il Giro di Polonia e non la Vuelta. Una scelta fatta anche in ottica mondiale.

Davvero? Ma non eri inserito nella lista Vuelta?

Sì è vero, ma alla fine ho deciso di andare in Polonia e fare tutte quelle gare in Belgio come Brussels Cycling Classic, Benelux Tour… che sono funzionali al mondiale che è una gara adatta a me quest’anno. Quindi ho preferito scegliere delle corse “fac-simile”.

E ormai tu lassù inizi ad essere di casa…

Eh sì, quelle strade le conosco bene. E anche il percorso del mondiale è bello. Tanto bello. L’ho visto. Ho fatto tre volte la Freccia del Brabante e conosco anche la salita in pavè prima dell’arrivo (quella dentro Leuven, ndr). E’ un percorso da uomini da classiche del Nord. Un percorso per il quale il corridore deve avere una grande gamba per i tanti chilometri da fare, ma deve anche saper limare, tantissimo, adattarsi al meteo…

In effetti noi che lo abbiamo visto possiamo dire che sembra proprio così…

Sì, è un mondiale aperto non come in altre volte in cui sai che può vincere un solo corridore, non so uno scalatore. Qui c’è spazio per tanti: per uomini di fondo, per passisti, per velocisti che tengono in salita… 

Quindi un percorso per?

Per Colbrelli – risponde secco Pasqualon – e a me piacerebbe esserci. Al Giro ne ho parlato con Davide (Cassani, ndr). Gliel’ho lanciata là. Gli ho detto che lo avrei preparato, che secondo me era adatto alle mie caratteristiche. E poi guardate che sono pochi i corridori italiani che sanno andare forte lassù. Basta guardare gli ordini di arrivo. Basta decidere su questi nomi: Moscon, Bettiol, Colbrelli, Ballerini, Trentin… e pochi altri.

Molta altura ad Andorra (dove vive) per Pasqualon
Molta altura ad Andorra (dove vive) per Pasqualon
E Nizzolo?

Nizzolo va fortissimo, ma a quel punto con Colbrelli e Trentin non porterei un terzo capitano. Nizzolo, Trentin Colbrelli: chi si sacrifica per l’altro?

Quindi tu vuoi esserci per aiutare?

Io voglio esserci per dare il mio supporto. E’ difficile essere capitano. Se poi dovessi essere davanti nel gruppo giusto potrei dire la mia. Ma se c’è da prendere aria, andare in fuga… io ci sono.

Però, ti sentiamo bello grintoso! Anche nel tono… Forte!

Sono convinto! Sono sempre rimasto fuori dalle nazionali di Davide e mi piacerebbe esserci.

E qual è la tua condizione?

Ho fatto molta altura. Adesso voglio andare al Polonia per “portare fuori” una buona gamba in vista delle corse in Belgio. Certo, Cassani darà un’occhiata alla Vuelta, ma spero lo dia anche alla Brussels Cycling o al Benelux Tour che sono gare più in linea con il mondiale. E poi io penso che chi va alla Vuelta dovrebbe ritirarsi prima dell’ultima settimana (almeno) per essere fresco a Leuven. Anche per questo io non ci sono andato. Ritirarmi non è nel mio stile. Non voglio essere quel tipo di velocista. Preferisco fare altre gare.

Pasqualon è convinto che per correre al Nord è meglio non perdere l’attitudine con certi tipi di percorso
Pasqualon è convinto che per correre al Nord è meglio non perdere l’attitudine con certi tipi di percorso
Forse la Vuelta può essere meno incisiva perché parliamo di un mondiale veloce. Se fosse stato duro tipo quello di Innsbruck sarebbe stato diverso…

Ci sta, assolutamente. A Leuven servirà una gamba potente. Bisogna tirare il rapporto e la gamba deve essere piena, esplosiva, cose che ti possono dare le brevi corse a tappe, non devi sfinire il muscolo. Per me meglio fare gare che ti lanciano in quell’ottica, in cui sai entrare nel pavé, sai sgomitare. Poi è chiaro che Trentin possa venire dalla Vuelta. Matteo non ha fatto né il Giro, né il Tour. Nel suo caso la corsa spagnola è un’opportunità.

A proposito di Giro, tu lo hai fatto e in ammiraglia c’era Valerio Piva. Il vostro diesse lo abbiamo visto meno in questa seconda parte di stagione. Come mai?

Valerio ha fatto il Giro e farà la Vuelta. Sono tanti diesse ed è normale che ruotino. Ma la sua presenza al Giro credo si sia vista: abbiamo ottenuto una vittoria, molti piazzamenti ed eravamo sempre nelle fughe. E’ un diesse in gamba, un gran motivatore ed è convinto di quello che fa. Questa cosa l’ho notata al Giro. Una persona così è quello che ci mancava.

Debuttare al Giro a 33 anni. Le storie di Pasqualon

29.05.2021
5 min
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Tra i 58 debuttanti del Giro d’Italia di quest’anno c’era anche Andrea Pasqualon. Non solo, ma lui era anche il più esperto di questi con i suoi 33 anni e 127 giorni al via da Torino. Velocista atipico (anche ieri era in fuga verso l’Alpe di Mera), il corridore della Intermarché-Wanty-Gobert ciclisticamente parlando è molto più “straniero” che italiano. O almeno lo era fino a questo Giro.

Andrea Pasqualon ai massaggi dopo la frazione di Stradella
Andrea Pasqualon ai massaggi dopo la frazione di Stradella
Andrea, dicevamo debuttante al Giro a 33 anni suonati…

Eh già! Eccomi qui finalmente. Le squadre con cui militavo non mi portavano! Prima con la Wanty non ci invitavano, adesso che siamo WorldTour dobbiamo partecipare ed è abbastanza ovvio che un italiano che corre in un team belga sia portato al Giro. 

Tu corri all’estero già da un po’…

Alla Roth, una professional, non si facevano i grandi Giri. E quando ero con Reverberi al Team Colnago probabilmente ero troppo giovane ed inesperto per esserci. Avevo 21 anni. Però prima del Giro ho fatto tre Tour de France.

E infatti proprio di questo volevamo parlare. Eterna domanda: che differenze hai trovato tra le due corse?

Lo stress – risponde secco Pasqualon – al Tour ce n’è tantissimo ed è in tutto. Qui spesso si parte più tranquilli, al Tour per andare in fuga c’è una lotta totale. Anche se devo dire che anche qui al Giro più volte abbiamo lottato tantissimo. Verso Sega di Ala c’è voluta più di un’ora prima che la fuga partisse. E poi cambia il discorso mediatico e della gente. Al Tour quando sali sull’Alpe d’Huez c’è uno scenario unico. Anche se mi rendo conto che qui si risente ancora del Covid e il meteo non ha aiutato. Penso al tappone dolomitico dimezzato, alle presenze limitate sullo Zoncolan.

Pasqualon in fuga verso Sega di Ala è passato davanti a casa sua, Tesero (Tn)
Pasqualon in fuga verso Sega di Ala è passato davanti a casa sua, Tesero (Tn)
Cosa ti è piaciuto di questo Giro?

Mi è piaciuto che si vive con un po’ più di relax e questo consente delle tappe con più tattica, al Tour tutto è più calcolato. Qui invece la fuga spesso è arrivata. C’è più spazio per le inventive.

Se dieci anni fa Reverberi (diesse della Colnago) ti avesse fatto esordire, come sarebbe stato il tuo debutto?

Credo un po’ più facile. Dieci anni fa le medie erano un po’ più basse. Adesso sono tutti molto preparati, c’è la massima dedizione anche per le tappe più facili. Tra diesse e corridore c’è un rapporto diverso in gara. Sì, anche all’epoca già c’erano le radioline, ma adesso in ammiraglia c’è una tecnologia pazzesca tra App, software, tablet e di conseguenza la corsa è molto più tenuta sotto controllo. Per altri aspetti sarebbe stato invece per me un Giro più difficile. Adesso ho più esperienza. Vivo la corsa con più tranquillità. E tutto sommato quando decido di andare in fuga ci riesco.

Eri sia in quella di Sega di Ala che in quella verso l’Alpe Mera…

Sì, ma le ultime fughe sono andate via perché alcune squadre volevano così e non perché i corridori siano scappati di forza. Bora-Hansgrohe e Ineos-Grenadiers, ma soprattutto la Bora per difendere la maglia ciclamino di Sagan, hanno fatto il blocco davanti al gruppo. Nella tappa più lunga per esempio ho provato ad andare in fuga, avrò fatto 30 scatti, ma non ci sono riuscito, poi un mio compagno ne ha fatto uno e ci è entrato. Perché? Perché in quel momento hanno fatto il blocco, non facevano passare in testa al gruppo. Ho provato a rientrare dopo ma avevano già 200 metri e non sono più riuscito ad agganciarmi. Se io fossi in maglia ciclamino lotterei fino alla fine, ma evidentemente a loro va bene così.

Però! Dalla tv certe dinamiche si colgono meno, molto meno. Torniamo al tuo debutto. C’era una tappa che avevi cerchiato in rosso?

Sì, quella di Termoli. Lì ho fatto quinto, speravo almeno nel podio. Eravamo abbastanza ad inizio Giro e in molti avevano buone gambe, magari fosse arrivata adesso sarebbe stata diversa.

Pasqualon non ama fare gruppetto e infatti a Cortina, pur essendo un velocista, è arrivato 37°
Pasqualon non ama fare gruppetto e infatti a Cortina, pur essendo un velocista, è arrivato 37°
Perché?

Perché c’era quello strappo di 500 metri prima dell’ultimo chilometro, poi il falsopiano dove rilanciare e infine il rettilineo per fare la volata. Un finale duro come quelli che piacciono a me, perfetto per le mie caratteristiche. 

E il gruppetto?

Al Tour si fa molto poco, si forma quando il corridore proprio è sfinito e scivola indietro. Al Giro invece lo chiamano proprio, una cosa che ho scoperto qui. Ci sono quei 30-40 corridori che trovano un accordo e si chiama. Sinceramente non mi piace molto fare gruppetto. Lo faccio se il giorno dopo c’è una tappa particolarmente adatta a me e quindi cerco di risparmiare.

Tra pochi chilometri terminerà questo Giro, cosa ti porti via?

Ho scoperto di avere tanti tifosi per le strade ed è stato particolare. Bello. Sulle strade urlavano il mio nome e cognome in quasi tutte le tappe, al Nord soprattutto, ma anche Sud. Credevo che non mi conoscessero e questo mi rende fiero della mia carriera. Sapete, io non sono un corridore come poteva esserlo Pozzato che era spesso in tv e passava da eroe. Io sono sempre stato poco considerato dalla tv, dai giornalisti e in questo Giro mi sono accorto che non è così. Ho scoperto che molti si ispirano al tipo di corridore che sono. Ho ricevuto molti complimenti nelle interviste della Rai e di Eurosport per quello di positivo che trasmetto.

Tappa dopo tappa il pubblico è andato ad aumentare
Tappa dopo tappa il pubblico è andato ad aumentare
Alla fine sei un italiano al Giro. Il Tour non ti dà quella empatia o visibilità che può darti l’Italia…

Vero, il Giro è nostro. Gli italiani amano il Giro. Pensavo che il Tour fosse l’olimpo del ciclismo e che fosse così anche per il pubblico italiano. Invece mi sto accorgendo che se dico alla gente che ho fatto tre Tour gliene frega poco. Se invece gli dico che sto correndo il Giro: strabuzzano gli occhi e mi fanno: ma dai!

E quindi “ci” piace questo Giro d’Italia?

A questo punto dico che il Giro mi piace più del Tour e se ne prossimi anni ho la possibilità di scegliere quale fare scelgo il Giro. E poi vuoi mettere come si mangia, come sono belli gli alberghi e l’affetto della gente?

Chi paga di più le partenze forti? Ce lo spiega Pasqualon

17.05.2021
3 min
Salva

La partenza folle di ieri rimarrà nelle gambe di molti. Nella frazione che portava a Campo Felice, la fuga ha impiegato quasi 70 chilometri prima di prendere il largo e di conseguenza si è corso per due ore a ritmi esasperati. Hanno fatto fatica, e tanta, persino gli uomini di classifica. Ciccone ha lamentato un grosso sforzo e l’ex maglia rosa Attila Valter ha detto che è andato in difficoltà sin dall’inizio. In più, c’erano parecchie salite da affrontare e la frazione di ieri avrà senza dubbio un certo peso nella tappa che si è corsa verso Foligno ed è quello che sostiene anche Andrea Pasqualon con cui abbiamo parlato prima del via da L’Aquila.

Andrea Pasqualon questa mattina al via di L’Aquila
Andrea Pasqualon questa mattina al via di L’Aquila

Gestione delle energie

Come ci si regola quando il gruppo parte forte? Quando la fuga non parte? Non è affatto facile, specie se il tracciato e mosso e se si è velocisti come il corridore della Intermarché-Wanty-Gobert.

«Ieri è stata davvero complicata. Non si pensa al giorno dopo, ma solo al giorno stesso. In queste situazioni, partendo anche in salita, noi velocisti cerchiamo di tenere il più possibile il gruppo. Se si resta da soli, diventa alto il rischio di finire fuori tempo massimo. Personalmente ci sono riuscito e anche relativamente bene, però ho speso molto. Mi sono potuto gestire solamente negli ultimi 30 chilometri. A quel punto non c’erano più pericoli e ho potuto risparmiare la gamba».

Ieri la fuga buona ha impiegato molti chilometri prima di partire
Ieri la fuga buona ha impiegato molti chilometri prima di partire

L’esperienza di Pasqualon

Certe situazioni vanno messe in preventivo. Lo si capisce dalla classifica, dal meteo, dal percorso: chi ha interesse ad andare forte? E in questi frangenti un corridore come Pasqualon la sa lunga. Tanto che prima di lasciare Castel di Sangro si è anche scaldato un po’.

«Non ho fatto i rulli – racconta – ma in previsione della partenza in salita ho iniziato a fare avanti e dietro per cinque minuti con la bici prima di schierarmi. Poi ho cercato di sfruttare il trasferimento che era di 5 chilometri».

Essere mentalmente preparati è vitale. Specie, lo ripetiamo, se si parte in salita.

«Ho visto un grande sparpaglìo di corridori – riprende il veneto – e il rischio di restare soli era molto elevato. Ho visto tanti velocisti far fatica e staccarsi presto e credo che oggi loro abbiano pagato, tanto più che ci sono alcune salite e molto vento laterale nel finale». E infatti Nizzolo, lo stesso Pasqualon e altri uomini veloci dopo il valico della Somma hanno alzato bandiera bianca.

Pasqualon in azione, un grande sforzo per lui
Pasqualon in azione, un grande sforzo per lui

Recupero rapido

E dopo la tappa come ci si è regolati con il recupero, soprattutto pensando che all’indomani le ruote veloci sarebbero state chiamate allo sprint?

«Noi velocisti in particolare abbiamo sprecato molto ieri, sicuramente in tappe del genere perdiamo anche potenza. La prima cosa che ho fatto è stata quella di recuperare dal punto di vista delle proteine. E a seguire ho aggiunto dei carboidrati a rapida assimilazione. Per il resto non cambiano le cose. Il massaggio è sempre quello».

Pasqualon: «I ventagli? possono cambiare tutto…»

12.05.2021
3 min
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Nelle corse italiane il problema dei ventagli è meno frequente che nel Nord Europa o ancor più in Francia, dove nella prima settimana del Tour si registrano spesso distacchi importanti e fratture decise nel gruppo anche in frazioni apparentemente poco influenti sulla classifica. E’ però una variabile pur sempre presente, un rischio del quale bisogna tenere conto anche in una frazione come quella da Modena a Cattolica, in presenza di forte vento.

Andrea Pasqualon (Intermarché Wanty Gobert) ha costruito tutta la sua carriera all’estero, in Belgio e sa quanto i ventagli siano pericolosi e come affrontarli: «E’ un fattore che richiede grande concentrazione, per questo quando corri gare come il Tour non puoi distarti un attimo. I ventagli nascono da folate di vento laterali: se sei anche parzialmente coperto rimani attaccato a chi è davanti, ma se c’è anche poca luce si forma un vortice che ti costringe a fare il doppio della fatica, così ti stacchi».

Come fare per evitare problemi?

Molto intanto dipende dall’ampiezza della sede stradale: più è larga, più sono i corridori che riescono a rimanere nella prima parte, ma il problema resta se c’è anche un buco di pochi centimetri nella fila tra una ruota e l’altra, se l’aria passa, allora si forma la frattura. Con il vento trasversale è fondamentale intanto avere una buona gamba e poi iniziare a girare, controllare sempre la propria posizione nel gruppo. Se sei fuori ventaglio, non riesci mai a recuperare e esaurisci rapidamente le energie, per questo si accumulano distacchi importanti.

Ventagli Dorelan 2021
I ventagli non accadono solo al Tour: il vento forte è una variabile da considerare sempre
Ventagli Dorelan 2021
I ventagli non accadono solo al Tour: il vento forte è una variabile da considerare sempre
Può capitare anche al Giro?

Sì, anche se da noi le strade sono meno strette e quindi ci si fraziona di meno – sottolinea Pasqualon – ma una giornata ventosa può esserci, costeggiando il mare, dipende da che direzione ha il vento. In Belgio, Olanda e Francia è più frequente. Se capita è possibile che i primi due gruppi si ricongiungano, già per il terzo è molto più difficile.

Tu come ti trovi con il vento?

Bisogna saperlo domare, saperci giocare e io ho acquisito sufficiente esperienza per farlo. Non bisogna mai essere impreparati, soprattutto se c’è qualche corridore che punta alla classifica non può distrarsi, rischia di compromettere tutto. Ora comunque, con le strumentazioni in possesso dei direttori sportivi, c’è maggiore possibilità di controllo.

In che modo?

Sui loro apparecchi elettronici hanno app che segnalano la direzione del vento praticamente in tempo reale, possono quindi basare le strategie in tal senso e comunicarle alla squadra tramite le radioline. Il vento diventa così un ulteriore motivo tattico.

Questo è il tuo primo Giro?

Sì – risponde felice Pasqualon – per me è l’obiettivo della stagione, il momento più importante, dopo una lunga carriera all’estero tenevo ad esserci, finalmente la nostra squadra è nel World Tour e quindi posso coronare questo sogno.

Intermarché Wanty Gobert: tanta voglia di emergere

20.04.2021
3 min
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La Intermarché-Wanty-Gobert, ultima entrata nel gruppo World Tour, si presenta al massimo consesso con una formazione senza grandi punte, ma ricca di “guastatori”: l’obiettivo è far parlare di sé il più possibile, andando a dar fastidio ai principali team cogliendo ogni occasione che si parerà dinnanzi, attraverso corridori giovani e meno giovani, ma tutti desiderosi di mettere la propria casella fra i vincitori dell’anno. Un esempio in tal senso sono i due italiani Riccardo Minali e Andrea Pasqualon, spesso in evidenza soprattutto all’estero, spremendo ogni goccia di energia per vincere.

Giro d’Italia 2021, nella tappa di Canale vince Taco Van der Hoorn
Giro d’Italia 2021, nella tappa di Canale vince Taco Van der Hoorn

Scoperta di Taco

Uno dei nomi più noti è forse quello del sudafricano Louis Meintjes, prelevato dalla NTT e da tenere in considerazione soprattutto per le brevi corse a tappe. Mnetrne al Giro si è fatto conoscere, vincendo, Taco Van der Hoorn (foto di apertura). Molto conosciuto anche Aimé De Gendt, una delle vecchie colonne della squadra, che spesso agisce come gestore della corsa grazie alle sue capacità di passista.

Tra i nuovi acquisti, si dice un gran bene del giovane tedesco Georg Zimmermann, che lo scorso anno, al suo esordio fra i professionisti, è finito 21° alla Vuelta ed è considerato uno dei più promettenti scalatori della nuova generazione. Un profilo ideale per una squadra come quella belga, dove avrà tutto lo spazio necessario per mettersi in mostra e osare.

Per Pasqualon, dopo le classiche il primo Giro d’Italia
Per Pasqualon, dopo le classiche il primo Giro d’Italia

Facce da fuga

A corridori come Bakelands, Hirt, Taaramae è affidato il compito di smuovere le acque, pronti a sfruttare ogni occasione nelle fughe a lunga gittata, mentre dai figli d’arte Van Poppel soprattutto da Danny – ci si attende qualche buono spunto in volata, se buon sangue non mente…

L’ORGANICO

Nome CognomeNato aNaz.Nato ilPro’
Jan BakelantsOudenaardeBel14.02.19862009
Jeremy BellicaudJonzacFra08.06.19982020
Aimé De GendtAalstBel17.06.19942016
Jasper De PlusAalstBel11.06.19972020
Ludwig De WinterLa LouviereBel31.12.19922015
Théo DelacroixArboisFra21.02.19992020
Tom DevriendtVeurneBel29.10.19912015
Christian Odd EikingStordNor28.12.19942016
Alexander EvansBendigoAus28.01.19972018
Quinten HermansNamurBel29.07.19952014
Jan HirtTrebicCze21.01.19912015
Jonas KochSchwabisch HallGer25.06.19932016
Wesley KrederLeidaNed04.11.19902013
Maurits LammertinkWierdenNed31.08.19902012
Louis MeintjesPretoriaRsa21.02.19922013
Riccardo MinaliIsola della ScalaIta19.04.19952017
Andrea PasqualonBassano d.GrappaIta02.01.19882010
Simone PetilliBellanoIta04.05.19932016
Baptiste PlanckaertCourtraiBel28.09.19882010
Lorenzo RotaBergamoIta23.05.19952016
Rein TaaramaeTartuEst24.04.19872008
Taco Van Der HoornRotterdamNed04.12.19932015
Corne Van KesselVeldhovenNed07.08.19912009
Kevin Van MelsenVerviersBel01.04.19872009
Boy Van PoppelUtrechtNed18.01.19882011
Danny Van PoppelUtrechtNed26.07.19932013
Pieter VanspeybrouckTieltBel10.02.19872008
Loic VliegenLiegiBel20.12.19932015
Georg ZimmermannAugustaGer11.10.19972020

DIRIGENTI

Jean Francois BourlartGbrGeneral Manager
Hilaire Van Der SchuerenBelDirettore Sportivo
Steven De NeefBelDirettore Sportivo
Valerio PivaItaDirettore Sportivo
Jean Marc RossignonBelDirettore Sportivo
Frederik VeuchelenBelDirettore Sportivo

DOTAZIONI TECNICHE

Per il secondo anno consecutivo Cube fornirà le biciclette al Team Intermarché-Wanty-Gobert. La compagine belga affronta il suo primo anno da WorldTour con la Cube Litening C:68X per le gare in linea e l’Aerium C:68 TT per le cronometro.

CONTATTI

WANTY-INTERMARCHE-GOBERT (Bel)

Want you cycling ASBL, Rue des Foudriers 6, 7822 Ghislenghien (BEL)

info@wanty-groupegobert.be – http://intermarche-wantygobert.eu/

Facebook: @intermarchewg

Twitter: @intermarcheWG

Instagram: intermarchewg

Valerio Piva

Piva alla Wanty, un ritorno alle origini

10.11.2020
4 min
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Valerio Piva si è ritrovato senza lavoro per due volte nello stesso anno e la cosa non gli è piaciuta. La prima a marzo, quando la CCC-Sprandi ha licenziato tutto lo staff, compresi i direttori sportivi, trovando un accordo con i corridori. La seconda alla fine dell’estate, quando Jim Ochowitz ha ammesso di non avere altri sponsor e la squadra ha chiuso i battenti. I corridori migliori si sono sistemati, Baldato ha firmato con la Uae-Emirates, Pinotti si è accasato alla Mitchelton e il mantovano che vive in Belgio è rimasto a pensarci. Poi si ha firmato con la Circus-Wanty Gobert, la squadra di Andrea Pasqualon, che da Ochowitz ha comprato la licenza WorldTour.

In Belgio sono giorni di tempo secco, anche se qualche brinata inizia a farsi vedere nelle albe più rigide. Il Paese è in lockdown. Sono aperti i negozi essenziali, chiusi bar e ristoranti. Serrate le palestre, si può fare sport all’aria aperta e si lavora da casa. E proprio a Riemst troviamo Valerio.

Simone Petilli, Giro dell'Appennino, 2020
Fra gli italiani del team, anche Simone Petilli qui al Giro dell’Appennino 2020
Simone Petilli, Giro dell'Appennino, 2020
Fra gli italiani, c’è anche Petilli
Partiamo da marzo…

Una doccia fredda. Siamo stati tutti licenziati, ma quel risparmio ci ha permesso di ripartire ad agosto e finire la stagione. Con i corridori hanno firmato un impegno sino a fine anno. A chi aveva contratti più lunghi sono stati… cancellati. Lo sponsor ha annunciato che si ritirava e Jim, che pure aveva dei contatti, è rimasto bloccato in America. Quando era arrivato, era ormai tardi.

Quanto c’era di Piva nella CCC?

Sono stati bravi ad accettare quel che dopo tanti anni di Bmc abbiamo portato nel gruppo polacco. La squadra funzionava. Avevamo Van Avermaet e Trentin per le classiche, stavamo lavorando sui giovani, con Zimmermann e Aleotti. Quando Masnada è andato via, sapevamo di essere alla fine. Fausto ci avrebbe fatto comodo per il Giro, ma come facevi a dirgli di non andare? E’ la sua vita…

Un po’ di speranza restava.

Quella di tenere un gruppo giovani, sapendo che i buoni erano tutti andati, e ripartire da un budget minore. Ma non è stato possibile.

Come è andata dopo?

Sono rimasto deluso, anche se capisco la situazione. Il diesse è legato al manager e difficilmente si fanno cambiamenti. Sono grande, avevo il contratto fino al 2021 e poi avrei valutato di cambiare ruolo. Ma così di colpo, per una scelta non mia, non ero pronto a smettere. Onestamente, pensavo a qualche opportunità in più.

Come è venuta fuori la Wanty?

Ero sicuro che Ochowiz parlasse con la Alpecin e loro mi avevano cercato, se fossero entrati nel WorldTour. In realtà avendo chiuso in testa il ranking professional, possono correre dove vogliono e hanno, Van der Poel, il corridore che tutti vogliono. Sono nella situazione ideale. Infatti Jim parlava con Wanty ed è stato lui a dirmi che avevano bisogno di me. Per cui… eccomi qua!

Come la vede Piva?

Hanno passione, ambizione e sponsor che li sostengono. Bisogna lavorare tanto, perché non hanno un parco corridori per fare grandi risultati WorldTour. Abbiamo fatto un paio di riunioni, si parte per farsi vedere e crescere.

Hilaire Van der Schueren
Hilaire Van der Schueren è il padre carismatico della Circus-Wanty Gobert
Hilaire Van der Schueren
Hilaire Van der Schueren, padre del team
Chi comanda?

Hilarie Van der Schueren, che ha 72 anni ed è la figura carismatica. Ha costruito la squadra dalle ceneri della Vacansoleil e tutti lo seguono. E’ stato bravo a coinvolgere tanti sponsor più piccoli come in una grande famiglia. Bisogna essere bravi a gestirli, ma è come tornare alle origini. Sono pochi ormai i fortunati con la multinazionale alle spalle.

Cosa si fa per prima?

Serve organizzazione, non si può improvvisare. L’Uci chiede una struttura e questo è il passo più difficile. Sono il solo tecnico con esperienza WorldTour. Volevano Pinotti, ma aveva già scelto un’altra strada. Come allenatore è arrivato Aike Visbeek, che era con Dumoulin quando vinse il Giro e nel 2020 era alla Seg Academy.

Quali saranno i corridori da seguire?

Pasqualon, che lavora con Hilarie. Rota e Petilli, che seguirò io. Vliegen è lì da due anni e ha un bel potenziale: uscì con Teuns dalla squadra U23 di Bmc. Bakelants ci metterà l’esperienza e sono arrivati Zimmermann, Koch e Hirt dalla CCC. C’è Evans, scalatore australiano da cui si aspettano tanto e i Van Poppel per le volate. E poi Eiking, che è un bel talento norvegese. Sono stati presi corridori che promettevano e altri che devono rilanciarsi, sarà un bello stimolo metterli insieme.

La sede è vicino casa Piva?

Mica tanto, era più comoda quella di Bmc. La sede è a Tournai, sono 200 chilometri. Ma non sono i chilometri certo a farmi paura.

Andrea Pasqualon, figlia Joel, Tanja

Pasqualon, questa è vera felicità

04.11.2020
4 min
Salva

Andrea Pasqualon è felice. Sta trascorrendo qualche giorno in montagna con la famiglia, nel paradiso autunnale della Val Casies. Camminando. Mangiando. Staccando dallo stress e dalla bici. Un resort con la Spa annessa, recuperando le energie che serviranno per il nuovo anno. In più un paio di giorni fa, Andrea ha firmato il rinnovo del contratto con la Circus-Wanty Gobert e questo ha significato per lui entrare nel WorldTour. Finalmente. La squadra belga infatti ha comprato la licenza dalla CCC e dal prossimo anno correrà nella massima divisione del ciclismo mondiale. Quando un sogno si avvera, ti senti addosso come un correre di elettricità. Ed è quello che traspare parlando con il trentino, che oltre alla simpatia trasmette anche la sensazione di essere davvero una brava persona. Per questo si comincia scherzando…

Andrea Pasqualon, Gand-Wevelgem 2020
Andrea Pasqualon alla Gand-Wevelgem 2020, chiusa al 20° posto
Andrea Pasqualon, Gand-Wevelgem 2020
Andrea Pasqualon alla Gand-Wevelgem 2020
Certo, fare le vacanze dopo solo due mesi di corse…

Dici bene, ma in due mesi abbiamo fatto la metà delle corse di un anno. Tutto concentrato. Il lockdown sui rulli. Poi la testa di non mollare, perché si sarebbe ripartiti a mille. Praticamente abbiamo fatto due inverni. Quello che ci ha portato al debutto e poi quello del lockdown. Metà anno ad allenarci, senza mai staccare. E adesso pare che ci risiamo…

Purtroppo.

Qui in Alto Adige gli alberghi stanno per chiudere, quando dovrebbe iniziare la stagione invernale. Da me in Val di Fiemme, di solito compensano le spese per l’acqua dei cannoni sparaneve con i soldi dei primi stagionali. Ma nessuno ancora li ha comprati, chi se la sente di farlo se poi chiudono tutto?

E quindi alla fine arrivi nel WorldTour, sei felice?

Ci ho messo 10 anni. Le vittorie più belle sono quelle più sofferte. Ti insegnano a crederci, a fare sacrifici, a non mollare mai. Ero passato professionista con l’obiettivo del WorldTour. Invece dalla Bardiani sono passato a una continental, l’Area Zero. Da avere un lavoro pagato a non guadagnare più. Un colpo difficile da assorbire. Da pensare anche di smettere.

E’ stata dura?

Il momento più difficile della mia carriera, ma è valsa la pena di tenere duro. Anzi, spero che la mia storia possa essere di ispirazione a molti giovani che si trovano nella stessa situazione, si abbattono e mollano. Guardate che le cose si possono far cambiare…

Andrea Pasqualon, figlia Joel
Con la figlia Joel sul lago di Braies, nelle vacanze prima di ricominciare
Andrea Pasqualon, figlia Joel
Con la figlia Joel sul lago di Braies
Come si fa?

Bisogna saper guardare avanti e ringraziare chi ti aiuta. Queste piccole squadre che mi hanno consentito di andare avanti. La mia è la stessa storia di Jacopo Mosca, entrambi all’Area Zero. E’ giusto che queste squadre continuino e diano il loro contributo. Anche se non ho ricevuto tanto, mi hanno comunque permesso di andare avanti.

Come cambia la Circus-Wanty Gobert con il WorldTour?

Rimane la stessa e non mi stupisce. Stanno cercando corridori di livello superiore, mi pare abbiano preso Taaramae e altri della CCC. L’obiettivo è continuare a crescere, abituati come sono sempre stati ad aumentare anno dopo anno. Sono stati intelligenti, non hanno mai fatto il passo troppo lungo.

Arriverà una nuova bici?

Certo, ma sarà sempre una Cube. Perché ci hanno creduto e sostenuto fin dall’inizio e meritano di essere ricompensati. Abbiamo avviato insieme un percorso di innovazione tecnologica con i nostri feedback. I nostri sponsor sono diversi.

Diversi da quali?

Da quelli che giocano soltanto con l’ottica dei soldi, ma ragionano in base a un progetto. Sono come una famiglia, ma è una cosa tipica del Belgio. Ed è bello vedere questo affiatamento. Si ritrovano per cene ed eventi, si aiutano. In Italia non è così.

Andrea Pasqualon, figlia Joel, Tanja
Con la figlia Joel e Tanja sulle Dolomiti
Andrea Pasqualon, figlia Joel, Tanja
Con la figlia Joel e Tanja sulle Dolomiti
Hai corso il Tour, hai fatto le classiche: cosa può dare il WorldTour a Pasqualon?

Il Giro d’Italia (sorride dal cuore, ndr). Sono professionista dal 2011 e l’ho sempre visto in tivù o a bordo strada. Perché se ero a casa, le tappe vicino casa andavo a vederle. Ma correrlo immagino che sia un’altra cosa, come il Tour per i francesi. E francamente non vedo l’ora.

Riassumiamo: vivi in Val di Fiemme, hai la residenza ad Andorra e poi?

E poi ho un appartamento anche a Girona, per i periodi freddi. Amo la montagna, d’inverno quando posso vado anche a sciare, ma andare in bici con due metri di neve è impossibile. E si sa che la stagione si costruisce d’inverno. Per cui entro un paio di settimane cercherò di capire i vari decreti fra Italia e Andorra e poi deciderò.

La famiglia ti segue?

No, la famiglia resta in Italia. Sappiamo che è dura stare tanto tempo separati, ma è anche bellissimo godersi queste settimane solo noi, insieme. Sfruttiamo al meglio il tempo insieme. E quest’anno è anche più bello. Sono felice, si può dire. Sono proprio felice.