Quando il focus diventa il peso e non la vittoria

01.12.2021
6 min
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«L’atleta in generale, è sempre in perenne insicurezza. Convive con la paura di non raggiungere il peso e la forma fisica. E anche se li raggiunge, non si accontenta e cerca ancora di fare un sacrificio o uno sforzo in più».

Erica Lombardi, dietista di molte punte del ciclismo italiano, sia uomini che donne ed ex atleta mezzofondista, non fa alcuna distinzione tra l’attitudine dei ciclisti e degli atleti in genere, e si definisce particolarmente sensibile al problema dei disturbi del comportamento alimentare.

«Ovviamente nel ciclismo – continua Erica – in quanto sport di endurance, è più facile ritrovarsi in situazioni riconducibili ai disturbi del comportamento alimentare, ma credo che sia un problema ancor più sentito in sport suddivisi in categorie di peso o nella danza per esempio. Negli anni ho imparato a cogliere anche i primi campanelli d’allarme abbastanza facilmente, ascoltando l’atleta ed osservando piccoli dettagli come il suo comportamento a tavola, la sua postura ed altri tratti antropometrici».

Brajkovic ha ammesso i suoi problemi. I comportamenti anomali erano visibili, ma nessuno è intervenuto
Brajkovic ha ammesso i suoi problemi. I comportamenti anomali erano visibili, ma nessuno è intervenuto

Oltre il limite

La settimana scorsa, Slongo ci ha spiegato che spesso gli atleti giocano sul limite, rischiando di oltrepassarlo da un momento all’altro, ma cosa significa a livello alimentare e cosa succede effettivamente?

«L’atleta è sempre sotto esame – prosegue Lombardi – e vuole avere il controllo su tutto, ma a volte si estremizza con l’iper-controllo. Il cibo potrebbe non essere più una necessità ma qualcosa da reprimere. Il problema è che siamo programmati per reagire allo stress con dei meccanismi di sopravvivenza che in principio potrebbero non comportare un calo prestativo per cui sembrano confermare la nostra convinzione. Stimolati dagli apparenti aspetti positivi, continueremmo con queste condotte restrittive errate, finché si potrebbe arrivare a dare più importanza alla fisionomia e al peso piuttosto che alla prestazione. L’importante ed unico vero focus per l’atleta con questi disturbi è spesso apparire magro, non più vincere.

«A questo punto bisogna intervenire collaborando in equipe, con psicologo, medico e nutrizionista, per ripristinare i normali livelli ormonali nell’atleta, recuperare una buona costituzione e resistenza fisica e migliorare il rapporto col cibo e con la propria immagine.  Dal punto di vista alimentare, sono fasi molto delicate perché la reintroduzione degli alimenti se effettuata in tempi e modalità sbagliate, potrebbe causare la cosiddetta sindrome della rialimentazione, davvero pericolosa anche dal punto di vista clinico».

«Se dopo cinque ore di allenamento ti danno una mela o un frutto, capisci che qualcosa non va»: così Cimolai sulle cattive abitudini
«Se dopo cinque ore di allenamento ti danno una mela, qualcosa non va»: così Cimolai sulle cattive abitudini

Cattive abitudini

Non esiste però solamente il problema dell’anoressia, si può soffrire anche di bulimia con o senza compensazione, o di binge eating disorder, che comporta delle grosse abbuffate principalmente in solitudine e in poco tempo.

«Io non ho avuto una casistica così grande di disordini alimentari – spiega Erica – soprattutto tra i professionisti, ma tendono a svilupparsi in realtà più piccole e non solamente sotto forma di anoressia. E’ fastidioso e sconsigliabile allenarsi per ore con lo stomaco vuoto così come partire troppo pieni. Gli atleti a un certo punto non riescono più a resistere. Il controllo eccessivo è difficile da sopportare, così capita che magari durante l’allenamento si fermano al bar e mangiano con foga 6-8 brioches, oppure capita spesso che si svegliano di notte, quando predomina la parte inconscia sulla ragione e si “attaccano” al vasetto di cioccolata o marmellata piuttosto che al pacchetto di biscotti.

«Esistono comunque diverse sfumature di questi disturbi per cui spesso non si può parlare di disturbi cronici, ma al più di forme acute, magari volte al raggiungimento di un obiettivo. Sono sempre da evitare e prevenire, ma sicuramente meno preoccupanti.»

Ilaria Cusinato, atleta di punta del nuoto, nel 2020 ha ammesso di essere uscita finalmente dalla bulimia
Ilara Cusinato, atleta di punta del nuoto, nel 2020 ha ammesso di essere uscita dalla bulimia

Le circostanze e l’ambiente

Abbiamo visto che spesso è l’atleta a oltrepassare il limite, ma non bisogna sottovalutare anche l’influenza dell’ambiente a lui vicino.

«Le figure che si preoccupano di qualsiasi cosa – annota Erica – tra cui la nutrizione, potrebbero non riuscire a dare indicazioni specifiche e personalizzate, inoltre nella comunicazione potrebbero usare termini non appropriati influenzando l’approccio alla dieta e al peso dell’atleta. A volte basta, infatti, cambiare l’ordine delle parole, o solamente una parola, per ottenere una reazione diversa.  Oggi, ci sono sempre più team che cercano di creare uno staff completo e molto specializzato, anche al femminile, per cui ognuno si impegna a rispettare il proprio ruolo e quello degli altri collaboratori, evitando qualsiasi commento non affine alla propria materia. È così che si possono raggiungere grandi risultati».

Educazione fra i giovani

Erica negli ultimi anni ha collaborato anche in progetti educativi in squadre giovanili e sottolinea l’importanza della famiglia.

«L’educazione nelle squadre giovanili è senz’altro utile, ma dovrebbe coinvolgere anche la famiglia, perché spesso è la mamma che cucina e permette così al figlio di seguire una corretta dieta. Alcuni atleti subiscono eccessive pressioni dai genitori o dai direttori sportivi sul peso durante lo sviluppo. Altre volte l’errore potrebbe essere anche del nutrizionista. Per assecondare le richieste del paziente o per promettere risultati rapidi, potrebbe consigliare diete non perfettamente bilanciate, efficaci, ma pericolose se prolungate nel tempo. Trascurando così l’importanza di insegnare un vero e proprio stile di vita per tutelare la salute del giovane. Dobbiamo ricordarci sempre che l’atleta è comunque un paziente, e come tale, bisogna prima di tutto tutelarne la salute».

Affinché gli atleti giungano ben formati al professionismo è utile formarli negli juniores e anche in famiglia
Affinché gli atleti giungano ben formati al professionismo è utile formarli da juniores e in famiglia

Facciamo un passo in più

L’ottimismo di Erica lancia con speranza un ulteriore invito al miglioramento nella gestione delle categorie giovanili e dei ritiri in nazionale.

«Sempre più squadre cercano il supporto di nutrizionisti – conclude – anche nel femminile, dove effettivamente tende ad esserci più necessità di intervento in quanto c’è un maggior pericolo di interferire con il delicato e complesso equilibrio ormonale. Credo che l’ideale sia impostare un programma di educazione alimentare a livello giovanile che coinvolga anche la famiglia. E avere al seguito del team nazionale un nutrizionista già dai ritiri, perché è quello il momento in cui gli atleti sono più ricettivi e in cui si può provare a variare qualcosa per ottimizzare la dieta».

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Collagene, un modo efficace per favorire il recupero

25.11.2021
4 min
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Si parla e si scrive di collagene, non solo in ambito estetico e come anti-aging, ma anche nello sport. Diversi studi documentano, come l’integrazione di questa molecola può essere d’aiuto nell’ambito sportivo. Il collagene è utile nella prevenzione, utile a contrastare i disturbi muscolari, ma anche quelli articolari dovuti ad attività fisiche intense. Approfondiamo l’argomento con il dottor Enrico Baggio.

In questo caso un pack monodose di collagene KeForma HydroFlex
In questo caso un pack monodose di collagene KeForma HydroFlex

L’integrazione di collagene, una buona abitudine

Una giusta integrazione e un’adeguata alimentazione, sono fondamentali per mantenere efficiente il comparto muscolare e favoriscono una sintesi di collagene, costante e di qualità.

Il collagene è il costituente principale del tessuto connettivo e svolge un’importante funzione strutturale a livello delle articolazioni e dei muscoli. In natura lo si ritrova nei prodotti di origine animale dai quali si ricava la classica gelatina, utilizzata in pasticceria e per scopi alimentari in genere. Un tessuto connettivo di ottima qualità deve essere una prerogativa per il ciclista (e per lo sportivo in genere) che desidera continuare ad allenarsi mantenendo la stessa performance nel tempo.  

Diminuiscono i tempi di recupero

Utilizzare integratori (di buona qualità) a base di collagene, è una pratica con effetti benefici nello sportivo. La sostanza contribuisce alla riduzione dei tempi di recupero e allevia i dolori muscolari in seguito ad esercizi intensi. Non di meno, con l’avanzare degli anni, la sintesi di collagene all’interno del corpo tende a diminuire. Una corretta integrazione può rallentare questo processo garantendo dei movimenti più fluidi ed efficienti anche nei ciclisti più anziani. Agisce in maniera positiva ed aiuta nelle fasi di recupero da un infortunio. Ad esempio contribuisce alla rapidità di ricostruzione dei tessuti di rimargino delle ferite.

L’usura delle articolazioni e la loro salvaguardia sono aspetti che gli atleti non trascurano
L’usura delle articolazioni e la loro salvaguardia sono aspetti che gli atleti non trascurano

Alcuni concetti pratici da considerare

  • Sebbene la gelatina contenga buone quantità di questa proteina, il collagene più digeribile (e quindi utile in ambito sportivo) è quello idrolizzato.
  • L’efficacia dell’integrazione dipende molto dal metodo di produzione e dal peso molecolare della proteina. Quando si parla di integratori è bene considerare che, non tutti gli integratori sortiscono gli stessi effetti. Per questo motivo si deve prestare attenzione alla scelta del prodotto più adeguato, per non incorrere in un semplice effetto placebo.
  • L’assunzione di collagene deve essere sempre accompagnata da adeguate dosi di vitamina C, indispensabile per promuoverne la sintesi. Salvo eccezioni, i prodotti presenti in commercio sono già addizionati di vitamina C o acido ascorbico ( leggere l’etichetta non guasta mai e dovrebbe essere un’abitudine).
  • L’integrazione separata dei soli aminoacidi che costituiscono il collagene (prolina, glicina, glutammina e idrossiprolina) non apporta gli stessi effetti benefici dell’assunzione della molecola intera idrolizzata.
  • L’assunzione di collagene porta ad un aumento di massa magra, determinabile tramite un’analisi della composizione corporea. Questa variazione però, è dovuta al tessuto extra cellulare e non deve essere confusa con l’aumento del muscolo.
  • In ottica di prevenzione dagli infortuni e diminuzione del dolore associato al tessuto muscolare, l’integrazione di collagene deve essere fatta tutti i giorni per una durata di almeno 3 mesi.
  • Per velocizzare il recupero muscolare: è consigliabile  assumere una dose singola di collagene, un’ora prima del training.
Un altro importante fattore da considerare, le indicazioni riportate sulla confezione
Un altro importante fattore da considerare, le indicazioni riportate sulla confezione

Stimolare una sintesi corretta è fondamentale

Il ciclista che vuole ottimizzare la qualità e la quantità del proprio collagene deve però prestare attenzione anche a quei fattori che ne ostacolano la sintesi e la rigenerazione, ovvero l’eccesso di zuccheri semplici, il fumo di sigaretta e  lo stress, l’inquinamento ambientale ed eventuali predisposizioni genetiche.

Dal punto di vista dell’alimentazione invece, l’attenzione ad alcuni micronutrienti può stimolare la sintesi fisiologica di questa importante proteina.

  • Vitamina C, ampiamente presente in agrumi, kiwi e peperoni dolci.
  • Prolina, inclusa nell’albume d’uovo, in funghi e latticini.
  • Glicina, abbondante in carne, pesce e legumi.
  • Rame, presente all’interno di lenticchie, cacao, anacardi, semi di girasole nonché crostacei.
  • Manganese, disponibile nel riso integrale, nelle mandorle e nelle nocciole.

Anche in questo caso possono tornare utili alcune ricette della tradizione: ad esempio il brodo di pesce e di pollo fatto in casa (includendo all’interno le ossa e la pelle dell’animale), il midollo di ossa e lo zampetto di maiale.

In ottica di prevenzione e mantenimento dell’efficienza muscolare/articolare, l’integrazione del collagene risulta quindi una valida alternativa. Ad oggi non ci sono prove certe di un possibile effetto ergogenico a carico della prestazione e che l’assunzione di questo integratore a scopo prettamente agonistico potrebbe non portare alcun effetto significativo.

Abbiamo preso ad esempio l’integratore di collagene HydfroFlex KeForma

«Giocando sul limite, nell’esasperazione del rapporto Watt/Kg»

20.11.2021
5 min
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«Nella mia carriera di preparatore ho visto il ciclismo cambiare drasticamente. Si va sempre più all’esasperata ricerca del miglior rapporto Watt/Kg, che porta l’atleta ad essere maniacale. Sbagliare quando si è al limite è un attimo»

Abbiamo ascoltato le testimonianze di diversi professionisti e professioniste a proposito dei disturbi del comportamento alimentare e delle difficoltà che hanno dovuto superare al riguardo. Ora, iniziamo a vedere la problematica dal punto di vista della squadra con Paolo Slongo, preparatore di team professionisti, per anni al fianco di Nibali, nonché tecnico della nazionale femminile juniores nei primi anni del 2000 (in apertura Anna Zugno, iridata juniores nel 2002, fotografata ai mondiali di Varese) e attualmente preparatore della Trek-Segafredo

Dopo aver guidato la nazionale delle donne junior, Slongo è approdato al professionismo con la Liquigas
Dopo aver guidato le donne junior, Slongo è approdato al professionismo con la Liquigas

Pressioni crescenti o atleti più deboli?

Abbiamo visto diversi corridori scendere dalla bicicletta, chi per un periodo sabbatico, chi definitivamente, nonostante fossero ancora nel pieno della loro carriera. Considerati gli emergenti problemi con l’alimentazione, abbiamo chiesto a Paolo se trovasse a tutto ciò una possibile spiegazione. 

«Non credo che i corridori siano sottoposti a pressioni maggiori – dice – né ho avuto esperienze dirette con casi così gravi. Ma gli atleti ora raggiungono il top della forma per uno specifico appuntamento, quindi il livello delle gare si è alzato molto. Se un campione è all’80 per cento della condizione ottimale, non riesce più a vincere come 10 anni fa, quindi anche i dettagli fanno la differenza. I ciclisti lo sanno e per questo sono sempre più pignoli sul peso e negli allenamenti». 

L’evoluzione del ciclista

«Una volta si pedalava e si mangiava. Ora per limare ulteriormente peso, gli atleti fanno allenamenti mirati anche al dimagrimento e alla definizione della parte superiore del corpo, e questo influisce così sulla percentuale di grasso totale. Ho visto tante trasformazioni, quella di Wiggins ad esempio, che confermano l’importanza del peso in questo sport. Dal rapporto Watt/Kg non si scappa, la differenza tra i primi tre è spesso di 10 Watt, che in salita si traducono in circa un chilo, ma per la salute dell’atleta, non bisogna oltrepassare il limite».

Bisogna ricordare, tuttavia, che l’estrema ricerca della perfezione e il controllo maniacale del peso sono alcuni dei campanelli d’allarme proprio per i disturbi alimentari, che spesso sono nascosti e negati dagli atleti che ne soffrono. In casa Astana, Paolo ha lavorato con Aru e Brajkovic, che hanno raccontato di avere vissuto con l’ossessione del peso durante la loro carriera.

Janez Brajkovic ha raccontato di aver sofferto di pesanti disturbi alimentari
Janez Brajkovic ha raccontato di aver sofferto di pesanti disturbi alimentari

«Ho sempre collaborato col dottor Magni prima e con varie nutrizioniste successivamente, bilanciando le diete dei corridori a seconda dei periodi e degli obiettivi. Non ho mai percepito particolari disagi da parte dei miei atleti a riguardo. Nessuno esagerava negli allenamenti per compensare, né ha mai detto di subire determinate situazioni a tavola. Ricordo solo che durante un ritiro al Teide avevo mandato una mail al team per segnalare che il peso di Brajkovic era fin troppo basso. Lui è sempre stato un autodidatta, sia per gli allenamenti che per l’alimentazione, ma probabilmente il limite per la sua salute era già stato superato. In lui era scattato qualcosa per cui negava il problema e a quel punto è stato difficile aiutarlo».

Pressioni e commenti 

«Spesso è l’atleta che da solo si pone il problema del peso in modo ossessivo e, per ignoranza o cattiva informazione, gestisce male la sua dieta. Io ho lavorato sempre in equipe col dottore, cercando di analizzare le performance in modo più obiettivo possibile. Puoi dire a un atleta professionista che gli manca un chilo al peso forma con cui l’anno precedente ha vinto, sulla base dei dati reali e senza generare frustrazione. Invece è sbagliato pretendere che un atleta perda peso a prescindere dalle sue caratteristiche fisiche e dall’andamento storico del suo peso». 

Donne e fai da te

Dalla recente esperienza al fianco della Trek al Giro Rosa, Paolo ha notato con piacere che anche i team femminili ora si stanno affidando a figure sempre più professionali e le atlete, come i colleghi maschili, sono molto più attente al peso rispetto ad anni fa.

Soraya Paladin ha raccontato di recente in che modo sia cambiato il suo rapporto con il cibo
Soraya Paladin ha raccontato di recente in che modo sia cambiato il suo rapporto con il cibo

«Anche le donne sono più magre rispetto a una volta. Il problema credo esista, anche se non ho mai avuto esperienze dirette. Le donne sono più sensibili e psicologicamente subiscono di più questo esasperato controllo del peso. Inoltre c’è quella deformazione culturale per cui la donna deve essere per forza magra e longilinea. D’altra parte per essere competitiva devi adeguarti a come fanno le avversarie, ma restando alla soglia tra la salute e l’ottimizzazione della performance. Non si può sbagliare né essere approssimativi con il fai da te».

La soluzione

Infine la domanda d’obbligo, perché se c’è un problema bisogna cercare di risolverlo e non nasconderlo. Paolo ci ha offerto un punto di vista differente, forse meno focalizzato sull’oramai esasperato ciclismo giovanile, ma ugualmente valido e che dovrebbe far riflettere soprattutto i genitori.

«Sono realista – dice – e non si può chiedere ai team giovanili di impegnarsi ulteriormente fornendo anche la figura del nutrizionista. Per evitare la mala informazione, in particolare dal web, si dovrebbe agire a livello scolastico, perché l’educazione alimentare non serve solo agli atleti. Con la dieta si prevengono tante malattie, le cui cure impattano molto sulle tasche dello Stato. Iniziare da juniores con il nutrizionista ed il preparatore è ancor più esasperante. Bisogna ritornare a far divertire i ragazzi in bici e trattarli come professionisti solo quando lo diventano effettivamente».

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Pedalando con il peso in testa, fra diete empiriche e falsi miti

Piano con gli spritz. Il fegato ha bisogno di disintossicarsi

19.11.2021
5 min
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A ciascuno il suo peso, anche quello in eccesso che si mette su durante l’inverno, quando un po’ si mollano i freni e soprattutto si concede al corpo di respirare dopo un anno di sali, barrette e gel. Però c’è un però. Esiste una soglia oltre la quale i chili d’inverno diventano un problema? E soprattutto, i chili d’inverno sono tutti uguali? Banalizzandola al massimo, tre chili messi su a forza di spritz (foto giallozafferano.it in apertura) sono uguali a tre chili messi su mangiando pasta alla carbonara? Quali conseguenze hanno sugli organi dell’atleta, ad esempio sul fegato?

Lo abbiamo chiesto a Laura Martinelli, che in questi giorni sta ultimando il suo… insediamento come nutrizionista del Team Bike Exchange.

Nel 2021 Laura Martinelli ha lavorato per il Team Novo Nordisk, dal 2022 sarà alla Bike Exchange
Nel 2021 Laura Martinelli ha lavorato per il Team Novo Nordisk, dal 2022 sarà alla Bike Exchange

«I chili di troppo – dice andando subito al sodo – dipendono da dove arrivi e dove vuoi arrivare. Se ci si limita ad analizzare il periodo del riposo, si ha una visione incompleta. Si deve valutare il modo in cui è finita la stagione e quando e come si dovrà ripartire. Qualche chilo in più ci sta. Quando lascio i miei atleti dopo l’ultima corsa, dico loro che alla ripresa li voglio trovare con i valori sballati, in modo da avere il margine su cui lavorare».

Attenzione però, non si tratta di un invito alla sregolatezza: come ci spiegherà a breve, la vita di un atleta deve essere una continua progressione. Per cui quei valori sballati devono poggiare su una situazione di base che ogni anno deve essere migliore rispetto a quella dell’anno precedente.

Perché qualche chilo in più ci sta?

Perché devo riattivare il metabolismo. A stare tirati per sei mesi all’anno, il metabolismo rallenta e di conseguenza si tende a prendere peso più facilmente. Ci sono due fattori di cui tenere conto.

Quali?

Il primo è che se non ho continuità lavorativa, alla ripresa vado a confrontare le pliche rispetto all’anno precedente. Parlando di professionisti, mi aspetto che la composizione corporea sia comunque migliore. Durante la carriera deve esserci un miglioramento costante, se alla ripresa invece mi ritrovo con i valori dell’anno precedente, allora qualcosa non va.

Oltre alla plicometria la percentuale di grasso e la composizione corporea si possono misurare con l’impedenza bioelettrica
Oltre alla plicometria la percentuale di grasso e la composizione corporea si possono misurare con l’impedenza bioelettrica
Quindi puoi prendere peso, ma comunque in un quadro di progressione graduale?

Esattamente. Non si può certo tornare indietro. Mi prendono in giro, perché salutandoli dico loro: «Ci vediamo a dicembre, più forti e più felici!».

Si dice che un noto medico salutasse i suoi corridori dicendo di volerli ritrovare a dicembre con lo stesso peso di fine stagione.

Non so quanto ci sia di razionale dietro certi consigli. Chiaro che non devono lasciarsi andare, ma tenere lo stesso peso significa non permettere al corpo di ritrovare il suo equilibrio. Quando poi ci sarà da tirare il vero deficit calorico durante l’anno, potrebbe non rispondere come ci si aspetta.

C’è anche un secondo fattore?

Gli obiettivi di stagione. Chiaramente cambia se devi correre subito in Australia o se il primo obiettivo vero è il Giro d’Italia. Resta il fatto che la composizione corporea deve essere migliore dell’anno prima, ma possiamo gestire diversamente il rientro nel peso.

Staccare un po’ d’inverno è una necessità anche per il fegato dopo 11 mesi passando fra barrette, zuccheri e sali
Staccare un po’ d’inverno è una necessità anche per il fegato
Il metabolismo rallenta durante la stagione, ma anche con il passare degli anni. L’atleta più anziano faticherà più del giovane a perdere peso?

Con l’età non ci sono variazioni, perché di base siamo fatti di abitudini. E se fino a 36 anni ti sei attenuto alle stesse prassi e hai dei valori di un certo tipo, quindi se sei un corridore ben gestito, il corpo mantiene i suoi standard. Anzi, a volte ha dei vantaggi…

Su quale versante?

Con gli anni l’efficienza lipidica migliora (la quantità grassi consumati nell’unità di tempo per produrre energia, ndr). Tanto che se andate a guardare i risultati nelle gare di endurance, i tempi migliori li fanno i quarantenni. Ovviamente, tutto quello che si è detto finora è riferito ad atleti già formati e non ad atleti in via di sviluppo.

Quanto alla differenza fra chili da spritz e chili da carbonara?

Grazie alle analisi che facciamo, riusciamo a vedere in modo accurato da cosa sono composti quei tre chili di troppo. Di sicuro, se sono legati alla massa grassa, non vengono da un eccessivo consumo di verdure… (sorride, ndr). Se però parliamo di alcol e di consumo acuto, c’è da fare attenzione.

Attraverso l’analisi della composizione corporea, si può capire da dove provengano i chili di troppo
Attraverso l’analisi della composizione corporea, si può capire da dove provengano i chili di troppo
Perché?

Perché il fegato di un atleta non è abituato a gestirlo e può averne un impatto negativo. Il metabolismo dell’alcol è legato alla massa grassa e visto che sono mediamente soggetti magri, tengono meno. Perciò quando dico che possono “staccare” non contemplo il consumo di alcol, parlo di alimentazione. L’uso di alcol incide sul recupero del fegato, che invece durante il periodo di stacco ha bisogno di respirare dopo 11 mesi di supplementazione. E personalmente per disintossicarlo preferisco che stiano per un mese senza prendere niente.

Niente alcol?

ll bicchiere di vino ci sta, ma non troppo. Sono però abitudini che approfondisco con gli atleti nella fase del lavoro individuale, che richiedono tempo. Allo stesso modo, nel mese di stacco c’è bisogno di un ciclo di rigenerazione della flora batterica. Diciamolo chiaramente ai corridori e a chiunque faccia attività intensa: è un periodo prezioso, poi si ricomincerà con la supplementazione e bisogna essere pronti per sostenerla.

Juniores ed alimentazione: ce ne parla Erica Lombardi

24.10.2021
4 min
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L’alimentazione è fondamentale per gli atleti, l’abbiamo analizzata in diversi modi e sfumature per quanto riguarda i pro’. Ora tocca agli juniores, continua il nostro viaggio in questa categoria, che come disse Malori, è quella della scoperta e dell’apprendimento. Con Erica Lombardi, dietista tra i tanti team dell’Astana Premier Tech, che ci guida come Virgilio con Dante nella selva dell’alimentazione negli Juniores. Scopriamo cosa devono sapere i ragazzi e quale percorso si fa con loro, nessuna dieta: come dice Erica, ormai di casa qui a Bici.PRO.

«La grande differenza tra juniores e professionisti è che tra i ragazzi c’è di mezzo la scuola. Diventa quindi fondamentale educare i ragazzi ad una corretta alimentazione. Non parlo di una dieta, ma di un’educazione alimentare, in cui si vanno a correggere gli errori che i ragazzi fanno».

Uno degli errori più comuni nei ragazzi è bere bibite gassate già di prima mattina, diventa un problema soprattutto se fatto a stomaco vuoto
Uno degli errori più comuni nei ragazzi è bere bibite gassate già di prima mattina
Quali sono gli errori di cui parli?

Saltare la colazione, bere bibite gasate già di prima mattina, oppure mangiare merendine all’intervallo sono i più comuni.

Quale di questi è il più grave?

Saltare la colazione, sicuramente, è il pasto più importante della giornata. Spesso i ragazzi per pigrizia non la fanno. Il rischio è di arrivare digiuni a metà mattina, orario dell’intervallo o ancora peggio a pranzo e poi prendere la bici con i livelli glicemici al minimo. Così non rendono in allenamento ma soprattutto lavorano al di sotto dell’integrazione minima che il nostro corpo richiede.

Qual è la parte più complicata?

La cosa più difficile è organizzare logisticamente la giornata, un ragazzo passa molte ore a scuola, dalle 5 alle 6 ore al giorno. Spesso durante la lezione non possono bere o mangiare, invece per un corridore è fondamentale integrare costantemente cibo e liquidi. Rispetto ad un professionista i tempi sono più brevi nell’organizzazione alimentare della giornata.

Dal punto di vista dei pasti?

Dal punto di vista dei pasti quello più importanti è il pranzo. Appena tornano da scuola mangiano e dopo mezz’ora sono già in bici, di conseguenza devono mangiare cibi altamente digeribili per non appesantirsi. Bisogna mangiare alimenti con un basso contenuto di fibre e grassi, se si impegna troppo la digestione rischiano di stare male.

Come si lavora con le squadre?

Con i team juniores, prima del Covid, si organizzavano laboratori nutrizionali in cui si faceva apprendere ai ragazzi come abbinare i cibi o come un alimento va dal supermercato alla tavola. E’ un’attività fondamentale che spero torneremo a fare già dalla prossima stagione. Un’altra attività importantissima, che si faceva anche questa pre Covid, era l’allestimento di un buffet ed i ragazzi dovevano prendere il cibo autonomamente. Questa attività aveva lo scopo di far capire come abbinare il cibo e come suddividere le macro-categorie di alimenti.

I genitori vengono coinvolti?

Assolutamente, i genitori devono essere informati anche perché poi sono parte attiva nell’alimentazione dei ragazzi. Questi laboratori prevedono la partecipazione di tutti: corridori, team tecnico, genitori e soprattutto il medico sociale. Quest’ultimo è davvero importante perché i ragazzi devono essere seguiti e tutelati da una figura di riferimento.

Le zuppe di legumi e cereali vengono utilizzate come alternative a pasta e riso nel periodo invernale
Le zuppe di legumi e cereali vengono utilizzate come alternative a pasta e riso nel periodo invernale
Quali sono i rischi più grandi per un ragazzo?

Dal punto di vista dell’alimentazione il rischio di prendere integratori non adatti a loro o che possono fargli male o ancora peggio vietati, ricordiamo che anche loro hanno delle regole da seguire.

«Nell’alimentazione si ragiona per macro-obiettivi, per esempio: in inverno fa un’alimentazione che coadiuvi la difesa del sistema immunitario e muscolare. Si va a lavorare sulla parte proteica come zuppe e cereali alternativi alla pasta o riso come farro e legumi. Anche per diversificare i cibi che si ingeriscono. All’interno dei macro-obiettivi si ragiona per micro, ovvero se faccio un allenamento dedicato alla forza integrerò con il giusto carico di proteine. La cosa fondamentale che i ragazzi devono capire è che devono nutrirsi e non mangiare, le differenze sono enormi, soprattutto ne risente il metabolismo

In età adolescenziale quanto è delicato il metabolismo?

Molto delicato, i ragazzi hanno dei fabbisogni energetici differenti, cosa che abbiamo già detto, a questa età si forma l’imprinting metabolico. Se un ragazzo tende ad essere in sovrappeso da adulto sarà più facilmente soggetto a problemi legati al peso.

Intolleranze e mode: viaggio nelle trappole della nutrizione

20.10.2021
5 min
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L’idea c’è venuta due giorni fa, parlando con Battistella dopo la vittoria alla Veneto Classic. In piena euforia per il primo successo da professionista, Samuele ci disse di aver risolto la gastrite che lo aveva tormentato al Giro d’Italia (in paertura nella tappa di Canale, la peggiore per lui) e che essa derivava da intolleranze alimentari finalmente rintracciate. Ma davvero un’intolleranza alimentare può essere così invalidante?

Lo abbiamo chiesto a Erica Lombardi, dietista dell’Astana-Premier Tech che assieme agli allenatori del team ha contribuito a rimettere in sesto Battistella fino alla sospirata vittoria.

«Il caso di Samuele – spiega la toscana – è solo uno degli esempi di quello che succede nel ciclismo e nello sport in generale. C’è una grande confusione fra le allergie e le intolleranze. Le prime provocano una reazione del sistema immunitario fino anche allo shock anafilattico, le seconde danno reazioni di altro tipo e meno violente. Le prime sono legate alla semplice assunzione, le seconde al superamento di una quantità critica».

Togliere il glutine è una moda: può essere necessario, ma non tutti hanno la stessa risposta
Togliere il glutine è una moda: può essere necessario, ma non tutti hanno la stessa risposta

Il discorso è noto e insieme complesso. Le due grandi allergie sono quelle alle proteine del frumento (grano) e del latte (che sono immunomediate). Le due più grandi intolleranze sono quelle al glutine (celiachia) e al lattosio che si ricercano rispettivamente con biopsia in ultimo e breath test (test del respiro). Per le altre intolleranze la situazione è più complessa, ma si passa comunque per l’intervento del medico.

Si potrebbe anche procedere per tentativi, come spesso accade. Ma se si ha a che fare con un atleta professionista e il problema viene fuori durante la stagione, c’è poco tempo da perdere e non si può prescindere, come accaduto per Battistella, da una diagnosi che quelle intolleranze le ha effettivamente individuate.

Sganciandoci dal caso specifico, sono discorsi che si sentono sempre più spesso. Perché di colpo salta fuori l’intolleranza?

Perché ci sono le mode. E una di queste è quella che più fuorvia i corridori che iniziano a seguire diete con prodotti artificiali e non specifici. Adesso si tende a togliere il glutine e poi magari ne parliamo. Ma tutti i prodotti senza glutine e anche quelli senza lattosio sono arricchiti con altri ingredienti. Le bevande di avena o di riso con cui viene sostituito il latte contengono sale, olio e altri ingredienti che le rendano appetibili. Quali conseguenze hanno questi ingredienti sull’organismo dell’atleta? In alimentazione bisogna cercare di costruire, l’atleta deve essere nutrito. Togliere e basta porta spesso problemi.

Nelle bevande alternative al latte vengono usati ingredienti per renderle appetibili
Nelle bevande alternative al latte vengono usati ingredienti per renderle appetibili
Si tende a togliere il glutine…

Il glutine è la parte proteica del cereale, magari può servire. Si tolgono cose che magari non sono contemplate nella tua nutrigenomica e…

Aspetta, scusa, definisci nutrigenomica per favore?

In parole semplici, ci sono due tipi di studio di cui tener conto: la nutrigenetica e la nutrigenomica. La prima è la branca scientifica che indaga su quanto la costituzione di un individuo possa influire sulla sua dieta. La nutrigenomica, invece, fa il percorso opposto. Cioè indaga su come la dieta influenzi le predisposizioni genetiche dell’individuo. Ogni persona ha risposte diverse rispetto a quello che mangia. Togliere a tutti lo stesso nutriente non ha lo stesso effetto.

Come l’allenamento?

Esatto, si deve personalizzare. Non è che se tutti vanno in altura hanno la stessa risposta, no? Il dietista serio è quello che parlando con l’atleta individua la giusta combinazione in base alle sue caratteristiche. Si devono guardare gli orari in cui mangia, il ritmo circadiano degli ormoni… Bisogna guardare cosa mangia, con cosa viene abbinato. Se mangi sempre uguale e salta fuori una reazione anomala, allora c’è un problema.

Erica Lombardi è la dietista toscana dell’Astana, ma segue anche altri atleti (foto Instagram)
Erica Lombardi è la dietista toscana dell’Astana, ma segue anche altri atleti (foto Instagram)
Ci sono dietisti meno seri?

Il corridore per tanti è un cliente e non un paziente, cui cercano di vendere qualsiasi cosa. Tolgono il latte e per compensare mettono due volte il pesce, che però potrebbe contenere mercurio. Non esiste il cibo buono che fa bene in assoluto, dipende da come viene usato. Fanno diete senza glutine e basso contenuto di carboidrati, perché così impone la moda, poi appena assumono un minimo di carboidrati si riempiono d’acqua. L’alimentazione del corridore va definita e deve essere ripetibile, perché non sempre hanno dietro il dietista e il cuoco.

Battistella si era… inceppato per un’intolleranza?

E anche per altri fattori. Le intolleranze c’erano e un medico le ha diagnosticate, si è trattato poi di verificare la quantità soglia. Non si trattava di eliminare, ma di dosare. Per un corridore, l’equilibrio gastrico è fondamentale. Il fegato e lo stomaco devono essere in perfetto ordine. Bevono tanto. Mangiano tanto. Subiscono sbalzi termici e scossoni di strade irregolari, come sul pavé. Poi c’è il fattore emotivo, perché ci sono studi anche sulle emozioni legate al cibo. Lo sfogo per un’intolleranza in questi casi sono reazioni gastro-intestinali. Infiammazioni intestinali, che rischiano di diventare croniche e sono invalidanti.

Come ci si accorge se un corridore ha questi problemi?

Serve il medico, superficialmente si può fare un’anamnesi nutrizionale, ma non arrivi alla causa esatta. Ce ne possiamo accorgere durante una corsa a tappe perché siamo sempre lì, ma poi si deve passare sempre dal medico per escludere i vari fattori e capire se le cause siano organiche o psicologiche. Purtroppo combattiamo quotidianamente con questi miti e falsi miti che nel ciclismo dilagano.

Perché?

Perché i corridori sono sempre in cerca di qualcosa che li faccia andare più forte, senza rendersi conto che la soluzione il più delle volte passa dalle cose più semplici. Vi faccio l’esempio di Marta Bastianelli. Ha solo dovuto mettere ordine nella dieta e nella distribuzione dei pasti e ha ricominciato ad andare fortissimo. Senza chissà quali accorgimenti cervellotici. La semplicità è la chiave di tutto.

Hammurabi e il ciclismo? Il binomio è vincente

18.10.2021
3 min
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Il pastificio marchigiano La Pasta di Camerino ha quest’anno affiancato, in qualità di partner ufficiale, il
plurivittorioso Team Colpack-Ballan
. L’azienda di proprietà della famiglia Maccari, che dati alla mano
produce la pasta secca all’uovo più venduta nelle Marche, Toscana e Trentino. Hanno approfittato di questo
rilevante sodalizio per promuovere ed accreditare sempre più la propria pasta di grano antico Hammurabi
:
un alimento particolarmente adatto a chi fa sport e a chi è attento al benessere.

Hammurabi è da due edizioni la pasta ufficiale della Gran Fondo Nove Colli
Hammurabi è da due edizioni la pasta ufficiale della Gran Fondo Nove Colli

La pasta ideale per gli sportivi

Pasta Hammurabi rappresenta una vera e propria eccellenza, sinonimo di un grano antico – meglio, millenario – coltivato in Italia senza uso di fitofarmaci. Questa pasta integrale viene lavorata attraverso un processo unico che esalta le naturali caratteristiche del grano. Otre a un alto contenuto di proteine (22 per cento), e ad un grande apporto in termini di fibre e nutrienti, la semola Hammurabi possiede un indice di glutine inferiore al 15 per cento, tipico dei grani antichi monococco. Un valore così basso da rendere questa pasta altamenti digeribile e dunque ideale per gli sportivi e per chi cerca il benessere a tutte le età.

Hammurabi, naturalmente ricca di tanti preziosi nutrienti, come fosforo, ferro e magnesio, favorisce anche un buon metabolismo, regolarizzando il transito intestinale e prolungando il senso di sazietà.
Nel mondo dello sport, oltre al fruttuoso rapporto con il team Colpack Ballan, La Pasta di Camerino per la linea Hammurabi si affida anche ad altri testimonial, di diverse discipline. Tra questi Jury Chechi e la squadra di pallavolo Cucine Lube Civitanova. Sempre per quanto riguarda il ciclismo, Hammurabi è da due edizioni la pasta ufficiale della Gran Fondo Nove Colli di Cesenatico!

Ci sono diversi testimonial nel mondo dello sport per La Pasta di Camerino, uno di questi è Jury Chechi
Ci sono diversi testimonial nel mondo dello sport per La Pasta di Camerino, uno di questi è Jury Chechi

Qualità espressione di un territorio

«La nostra azienda si è sempre caratterizzata per il rispetto della ricetta tipica della tradizione – ha dichiarato Federico Maccari, CEO di Entroterra spa, la società cui La Pasta di Camerino fa capo – non a caso per tutta la nostra gamma di pasta all’uovo siamo gli unici ad utilizzare ben otto uova per ciascun chilogrammo di farina. Il nostro metodo di lavorazione è artigianale, figlio dell’antica tradizione dei nostri mastri pastai ma anche dell’aria pura dei Monti Sibillini con la quale la pasta viene essiccata a basse temperature. A questo aggiungiamo la selezione dei migliori grani e uova rigorosamente italiane, un aspetto non da poco che ci consente di avere sempre chiara e disponibile la tracciatura della filiera».

Entroterra spa ha chiuso il 2020 con un fatturato di oltre 20 milioni. Impiega 75 dipendenti (per il 60 per cento donne) ed esporta in ben dodici paesi nel mondo. La produzione quotidiana è di circa 500 quintali, tutta realizzata con un ridottissimo impatto ambientale: proprio al recente Cibus di Parma, la stessa azienda ha presentato numerosi innovazioni e aggiornamenti, quali nuovi formati, nuovi prodotti, grafiche delle confezioni completamente rinnovate (queste ultime 100% riciclabili!).

LaPastadiCamerino.it

Scandolara: «Per imparare a mangiare sono finita in Australia»

17.10.2021
5 min
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«In Australia durante uno degli allenamenti prestagionali con il team Orica AIS – racconta Scandolara – alla mia prima esperienza in un team straniero, ci fermammo in un ristorantino dopo poco più di metà allenamento. Quel giorno avevamo in programma tra le cinque e le sei ore. Subito pensai fosse una trappola. Forse era un modo per capire se, cosa e quanto mangiassi, oppure mi avrebbero detto di allungare se avessi mangiato troppo. Scelsi di ordinare lo stesso delle compagne più esperte e aspettai di vedere come si comportassero.  Ad un tratto si avvicinò il tecnico che, invitandomi a mangiare, mi disse: “Forte è meglio di magro, so come ragionano in Italia».

Ecco cosa ci racconta Valentina Scandolara, veronese classe 1990, del suo battesimo australiano in casa Orica. Dopo l’oro al campionato europeo da junior nel 2007, Valentina ha ottenuto ottimi risultati già nei primi anni di professionismo, che le hanno permesso di correre nel 2014 e nel 2015 per uno dei team più professionali del ciclismo femminile di quegli anni, l’Orica AIS

Quest’anno ha corso con la Aromitalia-Basso-Vaiano: cartolina ricordo dai tricolori in Puglia (foto Instagram)
Quest’anno ha corso con la Aromitalia-Basso-Vaiano: cartolina ricordo dai tricolori in Puglia (foto Instagram)

Lo sconvolgimento

Quello stesso anno, in primavera, la squadra aveva programmato per Valentina una visita dal nutrizionista con l’idea di perfezionare la dieta ed ottimizzare la performance. 

«Mi ricordo che il nutrizionista col taccuino prendeva appunti sulle mie abitudini alimentari – ricorda – poi mi chiese cosa mangiassi durante l’allenamento. La mia risposta lo sconvolse tanto che chiuse il taccuino prima di poter trovare le parole per cominciare a spiegarmi i principi fondamentali della nutrizione».

Valentina è cresciuta, come la maggior parte d’altronde, seguendo l’esempio delle “grandi” ed era solita mangiare al massimo una banana o una barretta negli allenamenti più lunghi. 

«Ho imparato a mangiare in gara grazie all’Orica. La fiducia e il supporto di un team di professionisti, capace di rispondere a tutti i miei quesiti – ricorda – ha reso più facile il cambiamento e ben presto gli sforzi sono stati ripagati dai risultati. Inizialmente non pensavo fosse possibile mangiare tanto durante una gara, poi mi resi conto che il mio fisico aveva più energia anche nel finale. Stavo benissimo!».

Nel 2012 ha corso i mondiali di cross: Scandolara ha sempre fatto attività polivalenti
Nel 2012 ha corso i mondiali di cross: Scandolara ha sempre fatto attività polivalenti

Le pressioni sul peso

«Io sono sempre stata testarda – sorride – e per questo motivo non ho mai subito in modo particolare le pressioni che mi venivano fatte sulla perdita del peso. Ma so di essere stata fortunata sotto questo punto di vista. Ogni qualvolta che, specialmente nelle categorie giovanili, ero un po’ più sensibile all’opinione e ai commenti degli altri sul mio peso, trovavo subito la forza per reagire ed oppormi a diete drastiche ingiustificate. Ricordando due preziose verità che mi ripeteva di continuo mio padre: l’uomo è meglio di una macchina, perché invece che consumarsi, più lo alleni più va forte. Inoltre l’uomo, come la macchina, ha bisogno della benzina e quindi del cibo per stare in piedi».

Quale pensi sia l’errore commesso più spesso nelle diete dai ciclisti?

Mangiare meno di quanto si dovrebbe, demonizzando i carboidrati ed ignorando l’importanza della qualità delle calorie assunte e dell’origine degli alimenti. In Orica non riuscivo a capire come fosse possibile che mangiando di più, dimagrivo. Sembrava contro ogni logica.

Ai mondiali di Firenze 2013 con la Alé, il quinto posto nella cronosquadre
Ai mondiali di Firenze 2013 con la Alé, il quinto posto nella cronosquadre

Poco e spesso

Effettivamente quello che può sembrare un controsenso, si può ben spiegare a livello metabolico. In caso di una dieta ipocalorica, in cui non si mangia abbastanza, il fisico va in allarme e si innesca un principio di sopravvivenza. Il corpo cerca di limitare il dispendio energetico e di immagazzinare più energia possibile appena si mangia qualcosa. Al contrario piccoli spuntini, specialmente durante l’esercizio fisico prolungato, favoriscono sia la prestazione che il dimagrimento.

Per bruciare i grassi infatti il fisico ha bisogno di una piccola dose di carboidrati e poi dopo un allenamento in cui abbiamo mangiato adeguatamente, saremo meno affamati ed eviteremo un’abbuffata eccessiva. Durante un allenamento superiore all’ora bisognerebbe assumere 30 grammi di carboidrati a medio-alto indice glicemico. Invece per sforzi prolungati oltre le 3 ore si può arrivare addirittura a 90 g/h. Ovviamente questa è un’indicazione generica a cui deve seguire un’attenta valutazione da parte di un professionista della nutrizione che terrà conto anche dello stato di salute generale dell’atleta.

Scandolara correrà anche nel 2022, ma è anche direttore sportivo (foto Instagram)
Scandolara correrà anche nel 2022, ma è anche direttore sportivo (foto Instagram)

Il consiglio

Oggi Valentina oltre ad essere atleta è anche direttore sportivo, così le abbiamo chiesto un consiglio per una giovane ciclista. 

«Bisogna imparare a chiedere il perché delle cose. Solo i veri professionisti – dice – siano preparatori, nutrizionisti o psicologi dello sport, riusciranno a dare delle risposte plausibili nel loro campo specifico. Inoltre così facendo, si impara ad essere almeno parzialmente autonomi. Bisogna stare particolarmente attenti a non affidarsi ai sempre più frequenti “finti professionisti”, che sottovalutano le conseguenze del loro operare approssimativo e promettono risultati straordinari. Ho sentito addirittura dire che l’interruzione del ciclo mestruale è una fortuna, ma in realtà è un grave campanello di allarme. Bisogna affidarsi a professionisti qualificati ed abilitati, capaci di personalizzare la dieta a seconda delle proprie necessità fisiche».

Lo stacco è anche alimentare. Assalto ai cibi proibiti

15.10.2021
5 min
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Fra 48 ore la stagione dei professionisti sarà definitivamente conclusa. Dopo la Veneto Classic davvero sarà fatta. Ma per moltissimi corridori e “corridore” lo stacco è già iniziato. Ed è quello vero. Quello di fine anno e non quello che serve a recuperare energie nel bel mezzo della stagione. Uno stacco totale, anche dal punto di vista dell’alimentazione.

Con Erica Lombardi, dietista dell’Astana Premier Tech, proviamo fare un articolo, a tratti anche divertente sulle “zozzerie” che possono mangiare gli atleti. Quali e quanti cibi proibiti?

Durante l’anno i corridori mangiano soprattutto carboidrati, ma conditi in modo leggero
Durante l’anno i corridori mangiano soprattutto carboidrati, ma conditi in modo leggero

Assalto a McDonald!

Elisa Balsamo preferisce le lasagne, gli hamburger e il sushi. Marta Bastianelli va di pizza, gelato e cioccolato. Il russo Vlasov si butta su patatine fritte, hamburger e pizza. Matteo Sobrero invece è più tradizionalista e si tuffa sulle tagliatelle. Mentre Davide Martinelli vota per pizza, hamburger e sushi. E come loro tanti altri… 

«Quei bei panini imbottiti con hamburger, salse e bacon, ma anche patatine fritte e pizza sono le cose che più vogliono mangiare i miei ragazzi in questo periodo – dice la Lombardi – Però bisogna anche starci un filo attenti, per due motivi: il primo, perché okay lo stacco ma tra meno di un mese già riprendono i ritiri. E il secondo, perché siamo in autunno e i cibi golosi messi a disposizione da madre natura sono più pesanti rispetto a quelli dell’estate. In poche parole, d’estate c’è l’anguria, d’inverno le castagne».

«La cosa che ho notato è che non chiedono molto i dolci, perché tutto sommato i carboidrati li mangiano tutto l’anno. Forse chiedono un po’ di più la cioccolata, ma tutto sommato i dolci li mangiano. Per dire, il Mars in certi allenamenti se lo portano dietro. Invece il salame, la patatina fritta e questi cibi più conditi e saporiti no».

Dal nutrirsi al mangiare

La Lombardi fa una differenza semplice ma sostanziale. Fino a pochi giorni fa gli atleti si nutrivano, adesso mangiano. La differenza è il gusto.

«Fino a qualche giorno fa mangiavano patate lesse. Adesso le mangiano fritte. Se ci si pensa, un panino anche se grasso non è la fine del mondo. Si abitua anche l’organismo a digerire questi cibi più pensanti, senza contare che la stessa digestione fa bruciare di più in quanto più difficile. Si chiama termogenesi indotta. In pratica più mangi leggero e meno sprechi. Se invece mangi più grassi e proteine consumi di più per scinderli».

«Ma questo stacco è importante. E’ importante soprattutto per la testa. Una ragazza che seguo, nelle ultime gare davanti all’ennesimo piatto di riso e patate lesse mi ha detto: io non ce la faccio più a mangiare. L’atleta – dice la Lombardi – deve essere felice. A volte anche durante un Giro se un corridore è un po’ giù sono io che gli dico: senti, ma perché stasera non prendi un dolce? Per dire… Alla fine una piccola concessione fa bene all’umore e comunque produce endorfine. Staccare è importante, ma è anche importante non distruggersi. Oggi non capita più di vedere corridori irriconoscibili dopo un mese di stacco. Anzi, c’è quasi il problema opposto. Hanno paura d’ingrassare».

E questo è un qualcosa ben diverso da quanto accadeva un tempo. Ma c’è un perché…

«Il perché è che, almeno io in Astana, in qualche modo li faccio “sgarrare” anche durante l’anno. Gli dò delle concessioni e non sono sempre solo privazioni. Per esempio la pasta al pesto. E’ pesante, ma fatta in un certo modo col nostro chef ecco che è buona lo stesso ma meno pesante. E questo alla lunga incide eccome».

alimentazione
Per la Lombardi dopo lo stacco invernale il corridore non dovrebbe aver preso più di 2-3 chili
alimentazione
Per la Lombardi dopo lo stacco invernale il corridore non dovrebbe aver preso più di 2-3 chili

Ma occhio ai chili

Si mangia e ci si “sfoga”. Non è più come una volta è vero, durante la stagione, qualcosina la si concede, ma è anche vero che vengono concessi meno chili durante lo stacco. E non è tanto la dietista o la squadra ad imporre questi limiti, ma il ciclismo moderno che vuole sempre tutti più al limite.

«Come accennato, fra meno di un mese ci sono i ritiri e a gennaio già si corre, non tutti, ma per qualcuno è così. Io dico che il limite sia di due, massimo tre chili. Oltre si fa fatica a ritirarli giù. Posto poi che non c’è una regola univoca. E il rischio maggiore non arriva tanto dallo sgarro a tavola, ma dalle calorie bianche: spuntini e alcool. Quando noi beviamo una Coca Cola, noi stiamo mangiando zuccheri. Se prendiamo una birra, stiamo mangiando carboidrati. Quando si è a casa, si è più portati allo “spizzichino”: una fetta di salame, un cioccolatino, un biscotto… ».

«E poi ripeto, un bel po’ di sfortuna per quel che riguarda i chili dipende dalla stagione. Sia perché il fisico tende a mantenere di più i grassi, sia perché ci sono cibi più calorici. Quando uno dice: è autunno, mi sono fatto un piatto stagionale. Quindi ci si prepara una zuppa di zucca, delle castagne e magari si chiude con un kaki o dell’uva, ecco che si è fatto un enorme carico di calorie. D’estate con anguria e cibi freschi è molto più difficile ingrassare. Gli sciatori di sicuro sono più avvantaggiati dei ciclisti per lo stacco!»