Alla Granfondo Andrey Amador insieme a Ivan Basso

26.02.2023
5 min
Salva

Nel fine settimana del 12 febbraio, dall’altra parte del mondo, in Costa Rica, è andata in scena la Granfondo Andrey Amador. Un evento che prende il nome dal suo fondatore: il corridore dell’Education Easy Post. Tra i tanti partecipanti erano presenti anche volti noti del ciclismo passato e presente, come Ivan Basso (insieme ad Amador in apertura, foto Pamela Jimenez). 

L’ambiente

Attraverso gli occhi del vincitore di due Giri d’Italia rivediamo questa Granfondo, un po’ per fare un “paragone” con le nostre e dall’altro per vedere il movimento amatoriale di un Paese diverso dall’Italia

«Mi piace ogni anno – racconta Basso – fare delle Granfondo in Italia e all’estero dove c’è un un significato di amicizia e territoriale. L’evento di Andrey Amador ha tutto questo: è incredibile e ben organizzato. E’ molto simile alle nostre manifestazioni, ed è stata una vera festa del ciclismo, con 6.000 partecipanti. La Granfondo è nata da pochi anni ed ha avuto una crescita esponenziale, gli eventi durano per cinque giorni e c’è di tutto. Ci sono state delle visite sul territorio: dalla città di San José, passando anche per l’area dove vivono i coccodrilli, fino alla scoperta di luoghi nuovi. Dal venerdì prima della Granfondo iniziano tantissimi eventi correlati. Si inizia il mattino alle 9,30 con musica e risveglio muscolare, nel pomeriggio c’è stata la firma degli autografi. Il sabato dal pomeriggio fino a sera si è tenuto l’evento di chiusura prima della pedalata di domenica con deejay e tante attività diverse».

La pedalata

Dalle foto si vede come la pedalata fosse il contorno ad una cinque giorni di festa continua. Tanti giochi per bambini e famiglie, interventi di autorità locali e molto altro.

«E’ strutturata – ci dice – come una delle migliori Granfondo europee, la sicurezza sulle strade è invidiabile. Noi dal giorno prima abbiamo potuto fare la ricognizione del percorso scortati da alcune moto. Il servizio di assistenza era praticamente continuo, con cinque punti ristoro ed altrettanti box di assistenza sul percorso. Le strade, poi sono davvero molto belle: larghe e perfettamente asfaltate. Era la prima volta che mi trovavo a pedalare in Costa Rica, in passato ho partecipato a Granfondo in Colombia e Panama. Il percorso non era molto impegnativo dal punto di vista altimetrico, però aveva dei panorami e degli scorci mai visti.

«Alla fine – riprende – è stato organizzato anche una specie di Expo post gara, con prodotti e stand per sponsorizzare il territorio. Sulle strade era presente un tifo paragonabile ad una tappa di un Grande Giro, noi ex corridori europei siamo stati accolti come delle super star. Per la gente era la prima volta nella quale potevano stare a stretto contatto con noi. Ho pedalato e parlato con tantissime persone che mi chiedevano continuamente cose sul ciclismo in Europa. Per loro l’Italia rappresenta un Paradiso a due ruote».

Un sogno

In Sud America il ciclismo è uno sport di grande rilievo, la gente si appassiona e sogna di correre in Europa, nei grandi team WorldTour. Non è un caso che sulle strade del Giro o del Tour de France il tifo sudamericano sia uno dei più caldi ed accoglienti.

«Alla Granfondo  – spiega Ivan Basso – erano presenti un po’ di ex corridori: Nibali, Contador, Rodriguez ed io. E’ davvero un sogno per i ragazzi, che hanno avuto modo di vedere corridori che hanno vinto grandi corse. Non si tratta solo di un modo per raccogliere fondi, ma anche per avvicinare la gente ancora di più al mondo del ciclismo. Siamo già d’accordo con Andrey (Amador, ndr) che l’anno prossimo proviamo a portare la maglia rosa ed il trofeo del Giro. Alla fine vedere ex ciclisti come noi che ridiamo e scherziamo con tutti fa capire cosa può lasciare questo sport: la condivisione della fatica ma anche una grande amicizia.

«Il sabato prima della manifestazione abbiamo fatto una conferenza stampa aperta a tutti dove ognuno di noi ha raccontato cosa ha significato il ciclismo per la propria vita. Siamo stati sommersi dalle classiche domande, ma parlare con la gente è parte di questo sport ed è sempre bello. Ci hanno chiesto cosa si prova ad entrare nell’Arena di Verona con la maglia rosa o qual è stato il momento più importante della nostra carriera. Oppure quale salita fosse più dura: il Mortirolo o lo Zoncolan? Il messaggio che Amador ha voluto lasciare con questa Granfondo è chiaro: fare qualcosa per il suo territorio e permettere a tutti di sognare un po’».

Biciclette Aurum, la base di un progetto più ampio

11.01.2023
6 min
Salva

Il marchio Aurum non rappresenta esclusivamente le biciclette dei ragazzi del Team Eolo-Kometa, ma è prima di tutto un insieme di idee che hanno preso forma. In giro le vediamo poco, per ora, ma alle spalle c’è un progetto di sviluppo del brand da non sottovalutare.

Un passo alla volta, perché nulla deve essere lasciato al caso. Aurum è il marchio di Alberto Contador e Ivan Basso, perciò abbiamo fatto qualche domanda proprio al campione varesino.

Il quartier generale dell’azienda a Pinto, in Spagna (foto Aurum)
Il quartier generale dell’azienda a Pinto, in Spagna (foto Aurum)
Dove e come nascono le biciclette Aurum?

Le biciclette Aurum nascono principalmente dalle idee di Alberto (Contador, ndr). Lui non è stato solo un grande campione, ma è tutt’ora uno che ricerca il massimo e la perfezione tecnica, preciso e meticoloso. Per gli ingegneri che devono sviluppare una bicicletta è una sorta di bestia nera. Io ci ho messo del mio, considerando che le richieste e le necessità dei due profili sono molto, molto differenti.

Qual è stato il risultato?

Nell’insieme abbiamo dato forma a tante idee, ad una passione e il risultato è un mix dall’elevato tasso tecnico. Come Aurum abbiamo un ufficio a Taiwan, dove è situata anche la produzione.

Invece il design dove trova ispirazione?

Partendo dal presupposto che le Aurum non sono degli open-mold, ma sono delle produzioni esclusive, disegnate e ingegnerizzate da noi, la volontà è stata quella di creare una bicicletta con delle forme pulite, quasi essenziali. Non c’è stato un altro modello di bici al quale ci siamo ispirati, ma di sicuro abbiamo cercato in tutti i modi di conciliare l’eleganza con l’efficienza.

Quanto tempo è stato necessario prima di arrivare alla bici che oggi vediamo in dotazione ai ragazzi del Team Eolo-Kometa?

Due anni. I primi due telai erano di colore nero, nelle taglie 54 e 56, con i freni a disco. Le biciclette erano rispettivamente quella di Alberto e la mia, da qui abbiamo iniziato una serie di prove.

Il passo successivo?

Subito dopo, comunque prima di procedere con la produzione vera e propria, sono arrivati 40 frame-kit per 40 corridori/tester, di tutte le categorie, dagli juniores fino ad arrivare ai pro‘. Taglie differenti e caratteristiche differenti, dai velocisti fino ad arrivare agli scalatori più leggeri. Tutte queste prove hanno completato l’iter dei test a banco.

Dopo questa moltitudine di test, avete richiesto dei cambiamenti del progetto?

I due modelli simbolo di Aurum, la Magma e la Essenzia sono rimaste sostanzialmente quelle, giusto qualche piccola variazione dei dettagli. Quando abbiamo cominciato a produrre eravamo certi che il prodotto fosse al top.

La visibilità che il brand ha avuto grazie al team non è poca, eppure le bici si trovano poco, per lo meno qui in Europa. Quale può essere il motivo?

Abbiamo puntato fin da subito sulla vendita e sulla veicolazione online, considerando anche una certa maturità delle vendite attraverso la rete e grazie a Contador siamo partiti dalla Spagna. Ma la politica di fare un passo alla volta è qualcosa che ci appartiene. Ecco perché il progetto Aurum deve crescere gradualmente.

Avete individuato i prossimi step?

Ci siamo posti degli obiettivi, questo è chiaro, ma è pur vero che la nostra capacità produttiva attuale non ci permetterebbe di affrontare grosse richieste. Questo fattore procede di pari passo con una qualità che non vuole essere sacrificata.

Quindi?

Vogliamo essere credibili e far aumentare la credibilità di Aurum senza fretta. Un percorso di crescita graduale, proprio come fa un corridore prima di diventare un campione.

C’è un progetto futuro di marketing e di crescita?

Assolutamente. Ma fin da ora per le biciclette Aurum ogni gara, manifestazione ed evento sono un’esposizione del marchio. Ogni corridore è una sorta di ambassador.

Contador scherza con Basso a Mallorca in occasione della 312 (foto Maurizio Borserini)
Contador scherza con Basso a Mallorca in occasione della 312 (foto Maurizio Borserini)
Di quali eventi parliamo?

Ad esempio la Mallorca312 e la Granfondo Alberto Contador. Il supporto agli eventi deve fornire anche un’immagine piena e di qualità, non deve essere una semplice bandierina puntata a caso.

E invece per quanto concerne una nuova piattaforma e un nuovo modello?

Ci sarà un’importante novità in tempi brevi e anche in questo caso non sarà una bicicletta banale.

Novità Eolo-Kometa: Sidi torna con Basso e Contador

05.01.2023
4 min
Salva

Il team Eolo-Kometa-Visit Malta nel 2023 calzerà Sidi. L’annuncio è stato dato appena qualche giorno fa, segnando un vero e proprio glorioso ritorno al passato considerando crescita e sviluppo del brand. Quella tra Sidi e la squadra di Alberto Contador e Ivan Basso è la definizione di una partnership che sancisce la volontà di unire la tradizione con l’innovazione verso grandi obiettivi. Già testimone di grandi successi assieme ad Alberto Contador e Ivan Basso, ora fondatori e dirigenti della squadra, Sidi si prepara dunque a supportare il team con prodotti in grado di rappresentare un perfetto “trait d’union” tra gli atleti e la bicicletta.

Sidi sarà accanto alla Eolo Kometa per questa stagione (foto Maurizio Borserini)
Sidi sarà accanto alla Eolo Kometa per questa stagione (foto Maurizio Borserini)

Un ritorno alle origini

«A titolo personale – ha affermato Alberto Contador – avere Sidi con noi in squadra è motivo di eccitazione e di orgoglio. Sidi è il brand di scarpe con cui fin da giovanissimo ho ottenuto i miei primi successi. Con loro ho vinto i Grandi Giri, mi hanno seguito in ogni appuntamento importante e hanno saputo sempre meravigliosamente adattarsi ad ogni mia più specifica esigenza. In un certo senso, questa realtà ha fatto parte della mia vita, condividendo i momenti più belli che ho vissuto in bicicletta… Le loro scarpe garantiscono elevate performance grazie all’altissimo grado di personalizzazione: lavorare di nuovo assieme ha per me un grande significato».

«Con Sidi ai piedi – ha ribattuto successivamente Ivan Basso – ho vinto i miei due Giri d’Italia, ed avere oggi un brand così importante e prestigioso in squadra rappresenta per noi un bellissimo ritorno ad un’azienda che ci ha accompagnato nel raggiungimento dei nostri traguardi sportivi più importanti. Sono contentissimo, e sono sicuro che questa sarà una partnership di grande successo».

Denis Favretto, Team & Athletes Sidi Sport
Denis Favretto, Team & Athletes Sidi Sport

Sviluppo e performance

Nel corso del “fitting day”, organizzato in occasione dell’ultimo “training camp” del 2022, i corridori della Eolo-Kometa-Visit Malta hanno avuto modo di provare le calzature e scegliere il modello più adatto in riferimento alle proprie specifiche esigenze. Un attività, quest’ultima, assolutamente fondamentale per Sidi, per conoscere nel dettaglio le necessità dei propri atleti

«Ho già avuto modo di correre con Sidi per due stagioni – ha commentato Lorenzo Fortunato, corridore della Eolo-Kometa-Visit Malta e splendido vincitore della tappa con arrivo sul Monte Zoncolan durante Giro d’Italia 2021 – le conosco benissimo, e posso dire che sono delle scarpe con le quali ho sempre avuto ottime sensazioni. Un motivo in più per non vedere l’ora di iniziare la prossima stagione».

Una parte dello sviluppo dei prodotti Sidi passa attraverso la collaborazione con i professionisti
Una parte dello sviluppo dei prodotti Sidi passa attraverso la collaborazione con i professionisti

«In quanto realtà proiettata costantemente al futuro – ha dichiarato Davide Rossetti, nuovo CEO di Sidi Sport – siamo davvero entusiasti di aver chiuso questa importante collaborazione con la Eolo-Kometa-Visit Malta. La rapida crescita di questo team è sinonimo di impegno, totale dedizione e attenzione ai minimi dettagli. Inutile negare l’emozione di collaborare con Alberto Contador e Ivan Basso, ora alla guida di una squadra alla quale trasmetteranno inevitabilmente il loro talento. Impossibile dimenticare gli innumerevoli successi raggiunti da entrambi e la passione con la quale hanno condotto la loro carriera ciclistica. Un biglietto da visita di tutto rispetto. Condividiamo il loro percorso e crediamo nel confronto, certi che i continui scambi di opinioni e di esperienze, con atleti e staff, permetteranno all’azienda di accrescere ulteriormente il proprio già ricco bagaglio di conoscenza da tradurre in prodotti sempre più performanti e disponibili sia ai professionisti quanto all’immensa community di amatori». 

Sidi

Albanese è pronto per tornare nella fossa dei leoni

26.12.2022
7 min
Salva

Una vittoria al Tour du Limousin, tre podi in Slovacchia, poi la stagione di Vincenzo Albanese si è conclusa sulla giostra del Covid, che gli ha impedito di chiudere come aveva immaginato. Chissà se all’inizio del 2022 nei suoi piani ci fosse un anno travolgente, per spiccare il volo. Forse no, dato che la Eolo-Kometa lo ha rilanciato quando pochi erano disposti a scommettere, forse sì. In ogni caso, l’Albanese che abbiamo incontrato nell’hotel di Oliva in cui si è riunita la squadra di Basso e Contador, ha voglia di rifarsi e insieme poca voglia di sbilanciarsi.

Il corridore è ritrovato, si capisce dai tanti dettagli e dai piazzamenti importanti, ma questo era il giorno del discorso in cui Contador ha spronato i suoi corridori perché corrano sempre per vincere. E forse essere messo davanti a certi imperativi può mettere in difficoltà chi fa i conti con la propria normalità.

«Eppure –spiega Albanese – spero che l’anno prossimo ne vincerò abbastanza. Nel 2022 ho 6-7 fra secondi e terzi posti, non mi ricordo neanche. Due volte ho trovato Yates e una salita nel finale. Lui staccava tutti e poi magari arrivava un gruppetto di 10 e io vincevo la volata. Quando è così, non c’è tanto da fare. Un’altra volta ho trovato Van der Poel e Girmay, che sono superiori. Alla Challenge de Mallorca, è andato via McNulty da solo ed è stata forse una cosa tattica. Sono sincero, ho trovato corridori più forti, quindi per vincere bisogna sperare che non ci siano e di non sbagliare nulla».

A Peccioli, nella Coppa Sabatini, per Albanese è arrivato un bel 6° posto alla vigilia della CRO Race
A Peccioli, nella Coppa Sabatini, per Albanese è arrivato un bel 6° posto alla vigilia della CRO Race

Batoste e tranquillità

Alla base resta la consapevolezza che il team si aspetta da lui le cose migliori. E se tenere lontana la pressione può esser il modo per non farsene schiacciare, la consapevolezza resta lì.

«Voglio partire subito bene – racconta – col piede giusto. Perché quando si parte bene, le cose vengono più facili anche durante l’anno. Quindi sicuramente la prima parte sarà fondamentale e poi il Giro d’Italia, ovviamente. Sono cambiato parecchio dagli inizi. Passare presto in questa categoria ha dei lati buoni e dei lati meno buoni. Fra le cose positive c’è che comunque mi ha fatto anche prendere delle batoste che mi stanno servendo adesso, mettendomi in un’ottica diversa. Sto affrontando un bell’inverno, non sono mai stato così. Faccio le cose con tranquillità, perché c’è una stagione davanti e ne ho appena finita una abbastanza impegnativa. Quindi voglio lavorare per bene, senza però farmi prendere dalla foga e dalla voglia di fare risultato».

Una ripresa tranquilla

L’aspetto è già tirato, in allenamento lo hanno visto brillante e attento nelle altre fasi di preparazione: dalla palestra (foto Borserini in apertura) alla tavola.

«La ripresa è stata un po’ strana – spiega – perché ho finito anche in modo strano. Stavo bene. Il giorno dopo che sono tornato dal Croazia ho preso il Covid, quindi sinceramente non me l’aspettavo. Dovevo fare il Lombardia e le gare in Italia, ma a quel punto, visto che mancavano poche gare alla fine della stagione, con la squadra ho preso la decisione di chiuderla lì. Sono stato tanto tempo a casa e tanto tempo a riposo. Mi sono goduto la famiglia e poi ho ripreso piano piano.

«In tutto sono stato per 17 giorni senza bici. La prima settimana di ripresa è andata via molto tranquilla, andando a camminare un giorno sì e un giorno no. Le solite cose. Bici, mountain bike, ma proprio tranquillo. Finché dalla metà di novembre ho iniziato a fare cose un po’ più serie per arrivare qua. Abbiamo fatto un bel blocco di lavoro e dopo le feste natalizie ci rivedremo a gennaio per mettere a puntino gli ultimi dettagli e poi iniziare a correre».

Albanese è arrivato al primo ritiro con la Eolo-Kometa con circa 3 settimane di allenamento (foto Maurizio Borserini)
Albanese è arrivato al primo ritiro con la Eolo-Kometa con circa 3 settimane di allenamento (foto Maurizio Borserini)

Fra sogni e realtà

Un sorriso scanzonato. La consapevolezza che il ciclismo non ha più distrazioni in cui il gruppo lascia fare e la necessità di essere sempre al massimo, sperando nell’occasione giusta.

«Sinceramente è bello lavorare per obiettivi – dice – ma di solito mi faccio trovare sempre in condizione. Ovviamente punto a vincere, però ormai è diventato sempre più difficile. Per cui tutti i risultati che vengono sono una cosa buona. Lo so che magari come ragionamenti uno dovrebbe essere più cattivo, più deciso e più motivato. Però comunque sono uno che si accontenta perché nel ciclismo moderno non è facile dire: vado e vinco. O almeno pochi si possono permettere di farlo.

«Io voglio andare e voglio vincere, però… se faccio secondo e terzo dietro a calibri così, mi dico bravo lo stesso. Quindi adesso sono qua, sono contento, sono in una bella squadra, un bell’ambiente. Una squadra molto giovane, molto affamata. Abbiamo dei ragazzi parecchio interessanti e sono stati bravi a trattenerli, visto che oggi appena c’è uno che va forte, se lo vogliono tutti accaparrare. Quindi io penso che faremo una bella stagione».

Azzurro dolce e amaro

Per ultima, resta una mano tesa alla nazionale, dopo che l’esclusione dai mondiali Albanese l’ha vissuta quasi come un fatto personale, su cui ancora va rimuginando.

«Con Bennati sinceramente non ho più parlato – dice – perché comunque non c’è niente da dire. Alla fine ha fatto le sue scelte, a me va bene così. Per il futuro, per il mondiale di agosto, io darò il massimo come ho fatto anche quest’anno e l’anno scorso. Mi impegnerò in tutte le gare, non so neanche com’è il percorso, però mi farò trovare pronto. Magari è un obiettivo che ho. L’ho fatto in tutte le categorie, ci tengo anche a farlo nel professionismo».

Per il corridore che si è finalmente ritrovato, si apre un anno molto importante. Il ritornello che lo ha accompagnato per anni dice che nelle categorie giovanili era abituato a vincere senza doversi troppo allenare: l’impegno di adesso fa pensare che quella svolta c’è stata. All’elenco dei giovani italiani da seguire, sebbene ne abbia già 26, sentiamo di voler inserire anche lui.

La legge di Contador: «Si corre sempre per vincere»

18.12.2022
4 min
Salva

«Non contemplavo altra cosa che non fosse andare alle corse per vincere. Se nel mio discorso ai corridori sostenessi un’altra cosa – dice secco Contador con lo sguardo dritto – starei mentendo. Devono avere questa convinzione. Ce ne sono alcuni che non hanno le capacità di vincere, ma altri che invece possono. E se non pensano che possono farlo, è praticamente impossibile che ci riescano. In questo senso, credo sia importante che colgano questo messaggio, soprattutto i corridori che passano adesso al professionismo».

Nonostante sia uno dei tre soci della Eolo-Kometa, acchiappare Alberto Contador nelle occasioni ufficiali è come stargli dietro in salita quando si metteva a scattare. Ti distrai un attimo e sparisce. E così anche questa volta. Appuntamento dopo cena, ma lui arriva e ti saluta, dicendo che è stanco e anche tu non hai una gran faccia.

«Ci vediamo domattina?».

«Domattina non ci siamo, anzi andiamo via stasera».

E allora il pistolero (in apertura nella foto di Maurizio Borserini) ricorda le interviste dei tempi andati e si lascia convincere. In effetti non ha una grande cera e siamo certi di non essere messi tanto meglio. Sono circa le 22, promettiamo di fare presto. La Francia ha buttato il Marocco fuori dai mondiali di calcio. Nell’hotel di Oliva, c’è anche lo Spezia Calcio. Quello nell’angolo sembra il figlio di Maldini, gli altri non sappiamo chi siano. Ma Contador l’abbiamo riconosciuto bene.

La Eolo-Kometa sta ultimando il suo training camp a Oliva, sud di Valencia (foto Maurizio Borserini)
La Eolo-Kometa sta ultimando il suo training camp a Oliva, sud di Valencia (foto Maurizio Borserini)
Sembri stremato: com’è avere una squadra?

Una medaglia con due facce. La faccia positiva è che sei nel mondo che ti piace e stai restituendo al ciclismo il tanto che il ciclismo ti ha dato. La parte negativa è che ci sono molti mal di testa.

Non più mal di gambe, insomma…

Avere una squadra significa avere un numero impressionante di personale. Perché non sono solo i professionisti, ma anche gli under 23 e gli juniores. Stiamo vedendo che da juniores passano professionisti e quelli che passano si giocano le corse al primo anno. Le tre categorie sono importanti. Tanto personale e lo sforzo economico che richiede. Non è facile trovare sponsor per sostenere il progetto. Le cose si stanno muovendo, ma alla fine è soprattutto mal di testa. Andare in bicicletta era più facile.

Dopo una vita occupandosi di suo fratello, “Fran” Contador amministra il team (foto Maurizio Borserini)
Dopo una vita occupandosi di suo fratello, “Fran” Contador amministra il team (foto Maurizio Borserini)
Hai un modello da seguire? Qualche giorno fa, Kreuziger parlò di Riis…

Bjarne è molto bravo, però per le squadre non credo più al modello unico di una sola persona. Credo che difficilmente uno solo possa gestire tutto. Una squadra comprende tantissimi aspetti diversi, quindi devi appoggiarti su elementi di cui ti fidi. Trovare le persone di cui fidarti, che siano in grado di svolgere il lavoro nelle migliori condizioni, non è facile. Nel nostro caso la gestione passa per le mani di Ivan Basso, di mio fratello Fran e le mie. E questo ci permette di dividere i ruoli e le responsabilità e non tralasciarne nessuna.

Invece il lavoro per Eurosport cosa rappresenta?

E’ qualcosa che mi incanta, mi piace molto. Sono nella gara oltre che con la squadra, in mezzo a quelli che sono stati i miei compagni, nelle corse che hanno dato tanto alla mia vita. Oggi ci sono corridori giovani che mi hanno visto correre e per me è bello. Eurosport mi aiuta molto a mitigare questa mancanza di competizione che ancora ho. Le corse mi mancano.

Aprica, Giro d’Italia 2022: Contador intervista Pello Bilbao sul traguardo
Aprica, Giro d’Italia 2022: Contador intervista Pello Bilbao sul traguardo
Quest’anno si è fermato anche Valverde, ti pare che il ciclismo spagnolo abbia trovato nuove forze?

Credo che dobbiamo essere molto contenti. Abbiamo un buon presente e anche il futuro. Enric Mas è un corridore molto regolare. Per vincere il Tour non lo so, perché ci sono corridori più favoriti di lui, però è un gran corridore. La Vuelta invece credo che sia nelle sue gambe. E’ già stato secondo in 2-3 occasioni, quella maglia è alla sua portata. Quanto ad Ayuso e Rodriguez, non sappiamo dove sia il loro limite. Due corridori che sono stati impressionanti alla Vuelta. Ayuso ha fatto terzo e poteva aver vinto l’ultima tappa se avesse avuto una migliore punta di velocità. Mentre Carlos Rodriguez è stato penalizzato dalla caduta, ma credo che con questi due nomi il ciclismo spagnolo abbia preso ossigeno.

Quel giorno sul pavé che cambiò la storia del Tour

27.06.2022
8 min
Salva

Oggi come ieri, in un rincorrersi di storie uniche e imprese di campioni. Il Tour ritroverà il pavé mercoledì prossimo, 6 luglio, come quel giorno al Tour de France del 2014. Ben strana invenzione che minò alle fondamenta il pragmatismo scientifico e inattaccabile del Team Sky. Soprattutto perché si mise a piovere. La pioggia fece e farebbe ancora la differenza. Quando l’anno successivo si arriverà a Cambrai, sul pavé asciutto il britannico Froome sarà inattaccabile.

Ma il 9 luglio del 2014 piove, ha piovuto per tutta la notte. E’ la quinta tappa, 160 chilometri scarsi, ma i tratti di pavé fanno paura. Nelle squadre, gli unici a sembrare tranquilli sono gli uomini del Nord. Tutti gli altri, scalatori leggeri e fragili, hanno i nervi a fior di pelle. Froome in particolare ostenta una finta sicurezza.

Nibali ha conquistato la maglia gialla vincendo la seconda tappa a Sheffield
Nibali ha conquistato la maglia gialla vincendo la seconda tappa a Sheffield

Nibali, prove generali

Nibali ha coperto la maglia tricolore con la gialla sin dal secondo giorno. Lo Squalo conosce i segreti del fuoristrada. Sa come si muove la bici quando un sasso fa scappare la ruota, ma non ha mai corso sul pavé. Per questo in primavera ha anticipato la partenza per il Nord. E il giovedì prima dell’Amstel, si è fermato a provare materiali e traiettorie assieme a Peter Van Petegem, che la Roubaix l’ha conquistata nel 2003.

«A guidare la bici me la cavo – ha detto Vincenzo subito dopo – e avrò una squadra molto forte. Fuglsang ha un passato importante nella mountain bike, guida molto bene e ha un’azione fluida. Poi ci sono Grivko e Westra. Sono convinto che anche Contador andrà bene, forse chi potrebbe soffrire di più è Froome, anche se Wiggins ha dimostrato alla Roubaix di essere abbastanza capace su questo tipo di percorsi. La scelta di Sky e di Bradley di fare la Roubaix ha un senso, soprattutto se Wiggins farà il Tour. I tratti di pavé per me non sono una novità assoluta, li conoscevo già, anche se non li ho mai affrontati in corsa. Ero venuto nel 2010 in perlustrazione con la Liquigas e ora quell’esperienza mi tornerà utile. Insomma un’idea ce l’ho già, ma se malauguratamente dovesse piovere, servirà un cingolato…».

Quarta tappa a Lille, Froome è caduto e ha un polso dolorante. L’indomani si andrà sul pavé
Quarta tappa a Lille, Froome è caduto e ha un polso dolorante. L’indomani si andrà sul pavé

Froome è già caduto

Wiggins non farà il Tour, quello vinto nel 2012 resterà la sua ultima apparizione. Ma nella Roubaix si è piazzato al 9° posto, a 20 secondi da Terpstra che l’ha vinta. Froome non l’avrà accanto e viste le frizioni fra i due, non c’era da aspettarsi cose troppo diverse. In più, il vincitore uscente ha il polso dolente a causa della caduta del giorno prima nella tappa di Lille. Ma Chris accetta la sfida e 10 minuti prima della chiusura del foglio firma, lascia il suo nome in mezzo agli altri.

«Le sue condizioni – ha detto il medico di gara – sono buone, ma ha dolore. Impossibile dire ora se e come ne sarà influenzato nei prossimi giorni. Non ci sono fratture, ma abrasioni al ginocchio sinistro e all’anca sinistra e una contusione al polso sinistro. Alla mano destra, una piccola piaga».

Su Nibali vigila ogni giorno un grande Scarponi, ma nella tappa del pavé l’uomo è Fuglsang
Su Nibali vigila ogni giorno un grande Scarponi, ma nella tappa del pavé l’uomo è Fuglsang

Percorso modificato

Piove anche al raduno di partenza e gli organizzatori si rendono conto che sono più i rischi dei vantaggi. Anche Cancellara è perplesso, figurarsi gli uomini di classifica e i loro manager. Perciò venti minuti prima del via, viene comunicata l’esclusione dalla corsa dei due tratti più pericolosi. Il comunicato ufficiale cancella il settore numero 7 di Mons en Pevele (1.000 metri) e il numero 5 di Orchies (1.400 metri). I chilometri sul pavé scendono a 13.

Il tempo di dichiarare che stringerà i denti e da Radio Tour arriva la notizia della caduta di Froome in un tratto di asfalto. Un passaggio accanto all’auto del medico e poi Chris riparte scortato da Eisel. 

Astana e Tinkoff guidano il gruppo. Nibali mostra sicurezza. Con Westra nella fuga, il siciliano non ha particolari incombenze se non quella di restare al sicuro nella maglia gialla che fende l’acqua. Il primo tratto di pavé è ormai in vista.

Contador aveva svolto il sopralluogo sul pavé nei giorni della Roubaix, scortato dal diesse De Jongh
Contador aveva svolto il sopralluogo sul pavé nei giorni della Roubaix, scortato dal diesse De Jongh

Contador ha paura

Sono passate due ore e Froome cade ancora. Le strade bagnate non sono mai state terreno di caccia per gli uomini di Sky. Anche Wiggins l’anno prima ha buttato a mare il Giro nella tappa di Pescara, a vantaggio di Nibali che nel bagnato invece è maestro.

Questa volta a Froome è fatale una curva a destra. Le inquadrature lo mostrano mentre stringe il polso con due dita della mano sinistra. Prova a impugnare il manubrio, ma non ce la fa. Gli passano la bici, neanche la guarda. Mentre il gruppo di testa inizia a sporcarsi nel primo tratto di pavé, Chris Froome alza bandiera bianca.

Adesso anche Contador ha paura. Bennati l’ha preso per mano dal primo settore, ma senza che davanti l’Astana abbia fatto chissà cosa, il suo ritardo è di 9 secondi. Nibali intuisce l’occasione e si mette a parlare con il fango e con le pietre, mentre dietro lo spagnolo annaspa e lentamente affonda.

Durante tutta la tappa, Nibali riesce a schivare pericoli e cadute
Durante tutta la tappa, Nibali riesce a schivare pericoli e cadute

Si decide il Tour

Mancano 45 chilometri al traguardo e attorno alla maglia gialla si è formato un gruppetto di corridori decisi a giocarsi la tappa. Contador ha 45 secondi di ritardo, Bennati al suo fianco ha capito invece che sarà dura, ma continua ad animarlo e a tirare.

Con Nibali ci sono Sagan, Cancellara e Mollema, dei fuggitivi ancora in testa non parla nessuno. E’ chiaro che dietro si stia facendo la storia. Le scivolate e le cadute si succedono, ma Vincenzo le schiva. Arriva anche a fermarsi per non finirci dentro, ma riparte subito di slancio. Al suo fianco c’è Fuglsang, Westra lo aspetta, mentre Contador è scivolato a un minuto di ritardo.

Le parole di Ballerini

Lo spagnolo ha compagni in gamba, ma il freddo e la paura lo stanno bloccando. Anni prima, Franco Ballerini disse che il pavé è come una salita: se vai in crisi, sprofondi. Contador non è mai sprofondato in salita, ma su questo terreno che non è il suo, assaggia la disfatta. Franco è scomparso da quattro anni, i suoi consigli per Nibali sarebbero stati tanti e preziosi. La sera prima però l’ha chiamato Pozzato, degno erede del Ballero, e le sue parole su come impugnare il manubrio e la posizione sul pavé si riveleranno decisive.

Le banchine sono allagate, le buche piene d’acqua. Nibali infatti affronta il quarto settore muovendosi come un cacciatore di Roubaix, scortato da Westra e Fuglsang. Quando mancano 15 chilometri al traguardo, Boom sferra l’attacco. L’olandese viene dal ciclocross e corre con la Belkin. Chissà se è già stabilito dal prossimo anno correrà anche lui in maglia Astana.

Nonostante l’aiuto di Bennati, Contador arriva al traguardo a 2’54” da Boom
Nonostante l’aiuto di Bennati, Contador arriva al traguardo a 2’54” da Boom

Magnifico Fuglsang

A sei chilometri all’arrivo, la storia è scritta. Froome è lontano, Contador è sempre più in difficoltà. Alle spalle di Boom, Nibali e Fuglsang scavano il solco cercando di essere prudenti. Sul traguardo, il danese è secondo, Nibali terzo, quarto arriva Sagan, quinto Cancellara. Contador viene applaudito e incoraggiato dopo 2’54”. Si parlerà molto del suo ritiro nel giorno della Planche des Belles Filles (10ª tappa), ma lo spagnolo è sceso dal treno del Tour nel giorno del pavé.

«Oggi è stata una giornata tremenda – dice Nibali nella conferenza stampa – almeno tre volte ho rischiato di andare per terra, ma con un po’ di abilità e di fortuna sono rimasto in piedi. Aver corso in mountain bike da ragazzo ha fatto la differenza. Certi automatismi non si perdono. Fuglsang è stato stupendo. Mi dispiace per Froome, purtroppo però il Tour e il ciclismo sono fatti anche delle cadute e io per una caduta l’anno scorso ho gettato via il mondiale di Firenze. Adesso ho un buon vantaggio in classifica generale, ma la strada è ancora lunga e difficile. I chilometri per Parigi sono tanti e ora il primo avversario da controllare è sicuramente Alberto Contador».

Sul podio di Parigi, il 27 luglio del 2014, Nibali festeggia il suo Tour de France
Sul podio di Parigi, il 27 luglio del 2014, Nibali festeggia il suo Tour de France

Nuovamente il 6 luglio

Sarà il quinto giorno di gara anche il prossimo 6 luglio, quando la Grande Boucle proporrà al gruppo la tappa da Lille ad Arenberg. Frazione di 157 chilometri con 11 settori di pavé. Froome ci sarà ancora e questa volta Fuglsang correrà al suo fianco. Nibali forse la seguirà in televisione, Contador probabilmente sarà sul posto con Eurosport. Sarà un giorno da seguire e raccontare. La grande avventura del Tour sta per cominciare.

Nuovo Contador: testa su Eurosport, il cuore sulla strada

25.05.2022
4 min
Salva

Guardando Alberto Contador all’opera sul traguardo di Aprica, è chiaro che lo spagnolo sia un signor professionista anche con il microfono in mano. Super concentrato. Preciso come quando si allenava. Meticoloso nel dare spiegazioni e interpretazioni. Quando poi ci parli, capisci che questo mondo ce l’ha ancora addosso e la voglia di correre non l’ha mai lasciato. E allora, vedendo nel frattempo passare Valverde al termine della tappa chiusa al quinto posto, capisci che questi giganti hanno davvero uno spirito speciale e solo il cedimento fisico mette fine a carriere che meriterebbero d’essere eterne. La gente lo sa, al punto che lo acclama con lo stesso slancio che riserva ai corridori in gara.

«E’ bello stare qui – dice Alberto – alla fine serve per calmare un po’ il mio desiderio di gareggiare. Sei in contatto con la gara, una sensazione in cui sono immerso quotidianamente anche con la squadra, la Eolo-Kometa. E’ gradevole, mi piace. Posso stare un po’ nell’atmosfera da diversi punti di vista».

Lopez si è fermato accanto a lui dopo l’arrivo: Juanpe ha corso nella Fundacion Contador, Alberto gli ha dato consigli
Lopez si è fermato accanto a lui dopo l’arrivo: Juanpe ha corso nella Fundacion Contador
Com’è questo ruolo in Eurosport?

E’ un piacere che mi abbiano chiesto di esserci per un altro anno. Mi permette di continuare a godermi questo sport. Inoltre vedere l’impegno che mettono anche acquisendo i diritti delle gare maschili e femminili, mi fa pensare che per il ciclismo ci siano bei tempi in arrivo.

In che modo si vivono giornate come questa?

In un modo speciale, perché alla fine in questi posti ho vissuto alcuni dei giorni più importanti della mia vita, che mi hanno segnato. Però dall’altro lato cerco di scollegarmi. Cerco di dirmi: “Alberto, quel momento è passato, ora stai facendo altre cose”. E’ il modo per calmare un po’ il desiderio di competizione.

E’ difficile?

A volte sì, specialmente in alcune tappe come questa.

Al Giro 2015, Contador bucò prima del Mortirolo. Landa e Aru lo attaccarono: la sua rimonta fu pazzesca
Al Giro 2015, Contador bucò prima del Mortirolo. Landa e Aru lo attaccarono: la sua rimonta fu pazzesca
Hai già parlato due volte di desiderio di competizione.

Ho sempre detto che non si può passare dal fare 200 chilometri al giorno a una vita sedentaria. Per cui mi sono preso l’impegno di uscire 3-4 volte a settimana in bicicletta. Ma non avevo valutato l’aspetto psicologico. Staccare mentalmente è stata la parte più dura.

Cosa ti pare di questo Giro?

Mi piace, un Giro molto godibile per gli spettatori, ma la mia sensazione è che i corridori siano molto stanchi. Credo che le alte temperature di questo Giro d’Italia abbiano fatto sì che abbiano speso più del solito. E giorni come questo sono una barbarie (il modo spagnolo di far risaltare la durezza di un percorso, con accezione eroica, ndr), con 5.000 metri di dislivello. Sono andati molto forte e domani (oggi per chi legge, ndr) li aspetta una nuova tappa complicata. Credo sia un bel Giro.

Nessuno si aspettava tanto caldo.

La cosa più speciale del Giro è che è una corsa vissuta più quotidianamente del Tour o della Vuelta. Il corridore sa di doversi adattare il più possibile alle condizioni meteorologiche, diventa praticamente una sorta di sopravvivenza. Ma nessuno pensava di trovare due settimane così calde.

Fatte le interviste ai corridori, Contador ha realizzato due commenti flash sulla tappa e la previsione per l’indomani
Dopo le interviste ai corridori, Contador ha realizzato due commenti flash e la previsione per l’indomani
Carapaz ha già vinto?

Non ancora. Hindley, Landa e Almeida sono tra i principali candidati. Credo che Richard abbia la situazione abbastanza sotto controllo. Però sia la Bora, che il Bahrain e Almeida non glielo renderanno facile.

Credi che la crono di Verona sarà decisiva?

Penso di no.

Da Contador a oggi, viaggio nella magia del vulcano

10.05.2022
6 min
Salva

La prima volta fu nel 2006 alla stazione di Siracusa. Paolo Alberati e Giampaolo Caruso: procuratore e atleta. Il primo che ancora viveva in Umbria, il secondo ad Avola. Stavano progettando di andare sul Teide e intanto in lontananza l’Etna imbiancato riempiva l’orizzonte.

Alberati ricorda di averlo chiesto per pura curiosità. Quanto è alto? Tremila, rispose Caruso. Ci sarà un albergo in cima? Questo Caruso non lo sapeva. Per cui qualche giorno dopo andò in cima con la compagna di allora e scoprì che c’erano due alberghi. Fu così che prima a marzo e poi a giugno, l’allora corridore della Liberty Seguros salì sul vulcano siciliano per la preparazione in altura.

Tornanti nella lava, questo è l’Etna già dai primi chilometri…
Tornanti nella lava, questo è l’Etna già dai primi chilometri…

Il Parco Ciclistico dell’Etna

Alberati è stato corridore. E se anche non lo fa più di mestiere, non ha mai spesso di esserlo. In uno di quei viaggi in avanscoperta, lasciò il biglietto da visita a una ragazza che lavorava nel Rifugio Sapienza e di lì a due anni la sposò. Poi nel 2011 comprò casa a Pedara e oggi vive fra Catania e il continente, con il suo lavoro di allenatore e procuratore accanto a Maurizio Fondriest.

Non potevamo che partire da lui per raccontare la fortuna dell’Etna, che negli ultimi anni è diventato il riferimento di corridori e cicloturisti e proprio oggi è il teatro della quarta tappa del Giro d’Italia. Prima l’amatore medio catanese puntava verso il mare, arrivare in cima era un’impresa per pochi. E’ una salita dove fa freddo. Finché un giorno a Nicolosi nacque l’Associazione Pedale nel Cuore, che regalava una borraccia a chiunque fosse arrivato in bici al Rifugio Sapienza e qualcuno cominciò a salire. Poi nacque il Brevetto “Parco ciclistico dell’Etna”. E soprattutto è nato il Parco Ciclistico dell’Etna, che nel rifugio in cima ha fissato la sede.

Alberati assieme a Simone Ravanelli, scalando il vulcano
Alberati assieme a Simone Ravanelli, scalando il vulcano

«Sembra brutto dirlo – racconta Alberati – ma la pandemia sotto questo punto di vista è stata una manna. Approfittando del tesserino da giornalista, mappai i sei versanti dell’Etna e rendemmo possibile la scalata su piattaforma virtuale. Finché nell’estate del 2020 arrivammo al picco di 68 persone arrivate in cima in un solo giorno. E nel frattempo è saltato fuori il settimo versante, dedicato a Marco Pantani con il consenso di mamma Tonina…».

La svolta ci fu col Giro nel 2011?

Bisogna dire grazie a Paolo Tiralongo. Fu lui ad andare dal sindaco di Nicolosi, convincendolo perché si rivolgesse a Mauro Vegni. Paolo non correva ancora con Contador, ma quella prima volta fu Alberto a vincere. Da allora si accesero i riflettori. E gli stessi versanti dedicati ai singoli campioni si devono al Giro. Contador. Dumoulin. Coppi e Bartali. Michele Scarponi e #salvaciclisti. Vincenzo Nibali. Marco Pantani…

Ogni versante ha la sua stele.

E vicino alla stele c’è la fontana per prendere acqua. Abbiamo potuto mettere i cartelli per sensibilizzare sulla presenza dei ciclisti. Abbiamo avuto tutte le autorizzazioni ma non i soldi, così abbiamo fatto ricorso a sponsor privati. Il Rifugio Sapienza è diventato la sede del Parco Ciclistico e il proprietario mi dice che nelle stagioni buone, ci sono 100 ciclisti al giorno che arrivano lassù. Ma c’è anche l’Hotel Corsaro, che però non è aperto tutto l’anno, in cui va Pozzovivo e in cui andavano Michele Scarponi e la Lampre, perché li portava su Orlando Maini.

La presenza dei pro’ fa da richiamo?

Il Parco Ciclistico dell’Etna parte dai paesini etnei. Le strade sono state riasfaltate, sembra un’enclave a parte. E lentamente questo sistema è diventato un segmento importante per l’economia turistica. I corridori portano visibilità sui social e il cicloturista chiede di andare ad allenarsi dove fino a pochi giorni prima pedalava Damiano Caruso.

Perché è bello allenarsi lassù?

Il vantaggio del vulcano è che non serve adattamento prima e neanche dopo. Me lo dice ogni volta proprio Damiano. A Livigno fai tutto in altura, perciò ti serve stare su qualche giorno prima per abituarti alla quota e poi serve del tempo quando scendi, anche perché in pianura trovi anche temperature più elevate. Sull’Etna e sui vulcani in genere, dormi in alto, ma ti alleni in basso. Alcuni per ottenere gli stessi vantaggi vanno in Spagna e dormono nella camera iperbarica. Di recente è venuto Demare. I velocisti non vanno quasi mai in altura, perché i lavori di forza non vengono bene se c’è carenza di ossigeno. Qui ha potuto lavorare bene. E poi c’è un’altra cosa…

Nel 2011, Scarponi andò sull’Etna per allenarsi assieme a Petacchi
Nel 2011, Scarponi andò sull’Etna per allenarsi assieme a Petacchi
Quale?

Sul Teide sei fuori dal mondo, qui sei a Catania, hai una città facile da raggiungere. Quindi chi viene torna sempre. I pro’ si vedono soprattutto a febbraio e marzo, quando non puoi andare sulle Alpi. E anche ad agosto, perché se anche sotto è molto caldo, sopra ci sono 25 gradi.

Nel frattempo il Rifugio Sapienza è stato ristrutturato…

Nel 2013 morì il vecchio proprietario e la famiglia ha ceduto l’attività a Salvatore Caruso e Domenico Moschetto, due ragazzi in gamba e perbene.

I cartelli che invitano a rispettare i ciclisti sono stati pagati con contributi privati
I cartelli che invitano a rispettare i ciclisti sono stati pagati con contributi privati
C’è attesa per l’arrivo del Giro?

Tanta. Non come in Toscana, ma tanta. Si dice che il ciclismo muoia sotto Napoli, ma in Sicilia rifiorisce. Una volta Alfredo Martini, durante una delle nostre chiacchierate, mi disse che avrei potuto fare tanto per i ragazzi siciliani. Mi raccontava anche di una tappa che dall’Etna arrivava a Caltagirone. Partenza in discesa e lui andò in fuga. Quelle sue parole mi suonano nelle orecchie e forse anche per questo mi sono buttato tanto nel Parco Ciclistico. Su quattro steli alla partenza dei versanti c’è il nome della mia società. In un modo o nell’altro, anche questo è un modo per essere utile, come disse Martini.

Piganzoli: imparo da Basso e Contador e sogno il Giro

09.04.2022
4 min
Salva

Davide Piganzoli è al secondo anno con il team Eolo-Kometa U23, arriva da una stagione ricca di sorprese, per tutti ma non per Basso che ne parla un gran bene. Davide è nato a Sondrio nel 2002, vive a Morbegno e, a sentire Ivan, è uno dei ragazzi più promettenti di casa Eolo. Dopo aver conquistato il decimo posto al Giro d’Italia under 23 alla sua prima partecipazione l’asticella si è alzata e l’attenzione intorno a lui già sale.

Piganzoli intervistato prima del via della tappa di Sondrio del Giro d’Italia under 23 dello scorso anno
Piganzoli intervistato prima del via della tappa di Sondrio del Giro d’Italia under 23 dello scorso anno
Prima di tutto come ti trovi con la Eolo?

Dopo un primo anno di ambientamento vi dico bene, molto bene. Prima di essere una squadra è una famiglia, siamo tutti molto uniti anche se metà gruppo è italiano e l’altra metà spagnolo.

Che organizzazione avete alle spalle?

Davvero molto alta. Non mi sarei mai immaginato prima di venire qua che la squadra potesse essere così attrezzata. Da ogni punto di vista, come mentalità e come stile di lavoro è molto molto simile ad una squadra professionistica.

Rispetto alla scorsa stagione hai trovato qualche differenza?

Quest’anno riusciamo a fare molte più gare in quanto abbiamo un calendario italiano ed uno spagnolo. Sto cercando di prediligere le gare che sono più nelle mie corde, ovvero quelle più dure come Belvedere, Recioto, ho corso a San Vendemiano e al Piva (dove ha conquistato rispettivamente la 14ª e la 7ª posizione, ndr).

E in Spagna andrai a correre?

Probabilmente questo weekend farò una gara lì per cercare di fare un buon carico di lavoro e poi staccherò un breve periodo per arrivare con la giusta condizione al Giro d’Italia under 23.

Davide Piganzoli dopo l’arrivo del Trofeo Piva chiuso in settima posizione, in primo piano Andrea Montoli
Davide Piganzoli dopo l’arrivo del Trofeo Piva chiuso in settima posizione, in primo piano Andrea Montoli
Che differenze noti tra correre in Italia ed in Spagna?

Direi che in Spagna il livello è un pochino inferiore rispetto a quello che abbiamo in Italia, penso che da noi ci sia uno dei più alti livelli in Europa. Lì c’è un po’ meno stress in gruppo, mentre qui si cerca di limare dappertutto soprattutto prima delle salite. Poi però una volta imboccata la salita il ritmo è identico, si va forte sempre.

Dopo il risultato dello scorso anno il Giro d’Italia è un obiettivo per la stagione?

Assolutamente, dopo la buona performance dell’anno scorso voglio cercare di ripetermi e fare meglio. Sarà difficile ma non impossibile, sono fiducioso. Anche perché l’anno scorso avevo la scuola e diversi impegni. Invece, quest’anno ho avuto un inverno ottimo, senza interruzioni, il che è fondamentale per preparare al meglio la stagione.

Come lo preparerai?

Quest’anno cercherò di fare le cose nel modo migliore, probabilmente faremo un ritiro in altura prima. Vedremo, insieme allo staff ed ai tecnici se correre qualche gara prima oppure arrivare direttamente al Giro senza gare.

E l’inverno com’è andato?

Per questa stagione abbiamo cambiato preparatore, è arrivato Giuseppe De Maria che mi sta seguendo molto bene. Ho fatto un bell’inverno, sono partito subito forte nelle gare. Vi dico la verità: non me lo aspettavo neanche io, aver passato l’inverno senza intoppi mi ha dato una marcia in più. Ho una buona condizione, speriamo di poter far bene in queste gare prima di staccare e pensare al Giro.

Sul podio del campionato italiano a crono del 2020, Piganzoli terzo, dietro Milesi e Garofoli. I tre sono tutti in continental
Tricolore crono 2020, Piganzoli terzo, dietro Milesi e Garofoli. I tre sono tutti in continental
Hai lavorato anche con il team pro’?

Sì sono riuscito a fare due ritiri con loro, mi sono trovato bene. Avere questo tipo di esperienze è utile per crescere bene.

Il rapporto con Basso e Contador, com’è?

Molto buono, sono estremamente disponibili, ci chiamano spesso e si preoccupano sempre per noi. Provano ad insegnarci quello che a loro volta hanno imparato in tanti anni ai massimi livelli del ciclismo. Avere due figure così fa davvero la differenza.