Mario Chiesa impegnato con i ragazzi. Ma alla sua maniera…

23.08.2025
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Un nuovo impegno nel mondo del ciclismo, una nuova possibilità per trasmettere tutta la sua esperienza. Dal 2026 Mario Chiesa entrerà a far parte dello staff del Pedale Casalese Armofer, formazione lombarda juniores che si sta mettendo sempre più in luce e che grazie a lui conta di fare un altro passo in avanti.

La storia ciclistica di Chiesa è lunghissima. Professionista per oltre un decennio correndo con Carrera e Asics, ha poi guidato ammiraglie prestigiose come quelle di Liquigas, IAM Cycling, Bahrain ma poi ha scelto una via diversa, dedicandosi ai giovani.

Il tecnico lombardo entrerà ufficialmente nello staff del Pedale Casalese il prossimo anno
Il tecnico lombardo entrerà ufficialmente nello staff del Pedale Casalese il prossimo anno

«Con Luca Colombo è una vita che ci confrontiamo su tante cose, lui e Bardelloni che è di Brescia sono un po’ i miei due punti di riferimento per orientarmi in questo mondo giovanile. Così parlando mi ha detto di quest’idea legata alla sua società, oltretutto siamo insieme nella commissione tecnica della Lega e da lì è partito tutto. Io comunque sono già impegnato con la mia squadra esordienti, perché sono quelli che oggi come oggi bisogna cercare di aiutare perché sono la vera base del ciclismo, secondo me l’ultima frontiera per dare un futuro a questo sport».

Che squadra è?

Il Gs San Geo Soprazocco, sono vicino casa mia, sono con loro al secondo anno insieme a un mio collega. Usciamo in bici insieme, ci alleniamo, qualche volta li accompagno anche alle gare. E’ per questo che non ho voluto entrare al 100 per cento nel Pedale Casalese, ma solamente sotto un aspetto organizzativo, come consigliere ad esempio su come programmare un calendario e avere dei contatti all’estero per poter correre fuori dei confini italiani che è una straordinaria scuola di apprendimento.

I ragazzi del Gs San Geo Soprazocco pronti per l’allenamento. Chiesa è alle loro spalle
I ragazzi del Gs San Geo Soprazocco pronti per l’allenamento. Chiesa è alle loro spalle
Come mai questo impegno totale per le categorie giovanili?

Io ho lasciato il livello professionistico perché non lo sento più mio. Forse ero abituato in un mondo dove c’era meno business ma più cuore, più squadra. Oggi è tutto numeri, ma va a mancare l’aspetto umano che secondo me potrebbe fare ancora la differenza. Per questo non lo sento più il mio ambiente, per questo ne sono uscito lentamente. Poi anche il mio tempo è limitato, ho un po’ di problemi famigliari. Ho voluto lasciare andare per essere un po’ più a disposizione in caso di necessità. L’anno scorso avevo un contatto per una squadra WT, ma ho dovuto dire di no perché se mi prendo un impegno, voglio portarlo a termine.

Ora come ti organizzi?

Per quest’anno seguo due allenamenti con gli esordienti, mercoledì e venerdì, la domenica la corsa e di queste su 10 vado almeno a 6.

Chiesa insieme a Chiappucci, del quale è stato fedele gregario. Ha vinto il Trofeo Matteotti nel 1990
Chiesa insieme a Chiappucci, del quale è stato fedele gregario. Ha vinto il Trofeo Matteotti nel 1990
Ti occupi di ciclismo giovanile e quindi vedi che gli juniores stanno cambiando pelle e sono sempre più impegnati. Questo cambiamento rispetto al passato si vede anche fra gli esordienti?

Enormemente. Una volta si diceva che in quell’ambito dev’essere tutto solo divertimento, ma io vedo che si sta sempre più scendendo. Mi spiego meglio: gli juniores ormai si allenano come gli U23 o i dilettanti di una volta. Gli allievi come gli juniores e di conseguenza gli esordienti come gli allievi, stanno perdendo quel clima ludico che a quell’età è fondamentale. Io lo difendo a spada tratta e per fortuna ho dei dei genitori che capiscono che ci sono dei limiti. Io gli ho sempre detto: «Ragazzi, questa è l’unica categoria dove potete divertirvi. Non voglio gioco di squadra, cioè che uno tira per l’altro per fare il risultato». Noi dobbiamo far divertire i ragazzi, insegnargli il ciclismo, cosa vuol dire essere una squadra col comportamento, non con le strategie, per quelle c’è tempo. Io spiego loro che ci sono tre tipi di corridori: il primo è quello con l’obiettivo di finire le corse. Il secondo è quello che vuole il piazzamento. Poi quelli più forti che puntano sempre o a vincere o al piazzamento sul podio.

Anche fra i ragazzini?

Sì, ma se il corridore che ha l’obiettivo di portarsi a casa il piazzamento lo sacrifico per cercare di far vincere l’altro corridore, gli tolgo la soddisfazione e l’entusiasmo e lo porterò a smettere. Noi già abbiamo pochi corridori, se andiamo a perdere anche questi cosa ci resta? Un’altra cosa che ho notato e che non mi piace è anche fra gli esordienti si mettono a prendere gel a tutto spiano imitando i professionisti. E’ una cosa molto sbagliata. Ho proibito ai miei di farlo perché non serve assolutamente per gare di un’ora.

Le gare di esordienti sono sui 40 chilometri. Ha senso quindi farli allenare tanto sul fondo?
Le gare di esordienti sono sui 40 chilometri. Ha senso quindi farli allenare tanto sul fondo?
Ma i ragazzini sono tanto diversi da come erano quelli della tua generazione?

Noi ci divertivamo, alla fine dell’allenamento ci mettevamo anche a giocare a pallone tra di noi. Non c’era stress. Oggi invece c’è stress in tutto, nell’alimentazione, nell’allenamento. Vedo squadre che vanno a fare 80, 90 chilometri di allenamento quando le gare sono di 40. Non ha senso. Quando la domenica non ci sono corse, facciamo magari giri di 60 chilometri, ma ci fermiamo anche e ci prendiamo da bere. Fare tutto questo fondo a quell’età a che serve? Le gare sono tutte basate sugli scatti…

E’ un sistema che vuoi portare avanti anche fra gli juniores?

Si deve fare così. Trovo assurdo che i ragazzi vengano valutati in base ai loro “watt per chilo”. Così abbiamo tutti scalatori. C’è una selezione dal mio punto di vista sbagliata. Far diventare tutto un business non credo farà del bene al nostro sport. Il ciclismo è ancora uno sport basato sul sacrificio, uno sport umile, uno sport dove il business fa presto anche a bruciare i corridori. Avrai sempre un riciclo, ma non sarà più spettacolare come prima.

Fermi tutti, per le tappe (e la classifica) c’è anche Ciccone

23.08.2025
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Giulio Ciccone alla Vuelta per la classifica o le tappe? Probabilmente per entrambe, se la prima dovesse diventare conseguenza delle seconde. Lo ha spiegato Pedersen: l’idea di replicare quello che non è stato compiuto al Giro sarà completa solo se “Cicco” salirà sul podio di Madrid. Nel catalogo della squadra americana, che dal prossimo anno sarà tedesca ed è ben dotata di uomini veloci e per le classiche, con Tao Geoghegan Hart che non ha mai ingranato, manca l’uomo della sicurezza nei Grandi Giri. La sfida di Ciccone intriga proprio per questo ed è il motivo per cui accanto all’azzurro si concentrano tutti i compagni.

Saranno voci, infatti, ma intorno alla Lidl-Trek si respira aria di clamorose novità. Parlando con Pedersen due giorni fa, è emerso il fatto che la partenza di Stuyven e Declercq che smette (passano entrambi, con ruoli diversi, alla Soudal-Quick Step) sembrano indebolire il reparto delle classiche. Il danese non ha approfondito il discorso. Ha detto che altri verranno e ha lasciato sul tappeto una frase sibillina circa la sua partecipazione ai prossimi Tour. Un riferimento alla possibilità che la squadra decida di specializzarsi nelle classifiche generali e potrebbe non avere più spazio per i velocisti nella corsa (cosiddetta) più importante al mondo. Contemporaneamente si è diffusa la voce del probabile arrivo di Juan Ayuso, da poco corridore di Giovanni Lombardi, che sembrava promesso alla Movistar. I soldi freschi di Lidl potrebbero aver riaperto il discorso. In questo scenario di lavori in corso senza altri riferimenti, Ciccone si avvia alla partenza della Vuelta da Torino con ambizioni niente affatto ridimensionate. Si vive oggi per oggi e domani si vedrà.

Vuelta Burgos, terza tappa: vince Bisiaux, dietro (a 9″) Ciccone e Pellizzari, entrambi alla Vuelta
Vuelta Burgos, terza tappa: vince Bisiaux, dietro (a 9″) Ciccone e Pellizzari, entrambi alla Vuelta
Si parla di un tuo possibile attacco già domani nella tappa che arriva a Limone Piemonte, è una salita che già può fare un po’ di selezione?

E’ una salita che onestamente non conosco. Ho visto il profilo altimetrico e non sembra durissima, quindi onestamente non ci aspettiamo una grandissima selezione. Però sicuramente sarà fatta forte e per questo resta adatta a me che sono anche abbastanza esplosivo e veloce. Quindi domani può essere una giornata buona, per iniziare questa Vuelta col piede giusto. Diciamo che nella seconda tappa non si vince la Vuelta, però forse si può perdere.

La condizione è buona?

E’ molto buona, quindi vediamo. Non è la stessa che avevo prima del Giro, alla Liegi o all’inizio della stagione. Non ho cambiato niente. Ho solo avuto un buon recupero dopo l’incidente e mi sono allenato molto in altura per migliorare.

Il recupero è stato più difficile mentalmente o fisicamente?

Non è stato un periodo facile per me dopo la caduta al Giro. Certo, c’è stata molta delusione, ma una volta superata quella e vista la luce in fondo al tunnel, mi sono sentito motivato a tornare a correre più forte di prima. Non mi sarei mai aspettato di vincere subito, ma la vittoria a San Sebastian è stata davvero incredibile. Il fatto che poi sia venuta anche la tappa alla Vuelta a Burgos mi ha semplicemente confermato che la mia forma fisica è quella che voglio.

Fabio Aru, che giusto dieci anni fa ha vinto la sua Vuelta, ti ha consigliato di puntare alle tappe e lasciar stare la classifica.

In una corsa così dura, le tappe sono una priorità. Ma è anche vero che se sei in grado di vincere le tappe con degli arrivi così impegnativi, probabilmente la classifica può arrivare di conseguenza. Come ho detto già, la priorità è quella di vincere, senza altro assillo, ma senza chiudermi la porta sulla classifica prima ancora di essere partiti.

Pedersen propone di ripetere lo schema del Giro…

E io sono d’accordo con lui. Abbiamo tutto quello che serve e siamo complementari. A fine stagione non è mai facile come all’inizio, ma entrambi, per un motivo o per l’altro, abbiamo grandi motivazioni.

Quindi pensi di aver messo in valigia tutto ciò che serve?

Sono davvero felice e parto con piena fiducia in me stesso e nella squadra. Questa corsa è sempre una sfida speciale, con un terreno difficile, ma il mio obiettivo è continuare a migliorare. Sappiamo che la Vuelta può essere imprevedibile, ma sono determinato a correre al massimo livello possibile e a sfruttare al meglio ogni opportunità in questo viaggio verso Madrid.

La vita è bella (anche senza Pogacar): Vingegaard vuole vincere

23.08.2025
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TORINO – «Sono qui per vincere la Vuelta, direi che è abbastanza chiaro». Lo sanno tutti i suoi avversari che lo indicano come favorito numero uno nelle dichiarazioni della vigilia e ne è ben consapevole Jonas Vingegaard, da quando Tadej Pogacar ha cambiato i suoi piani. Ma il dualismo che ha accompagnato gli ultimi quattro Tour de France non si ferma neanche quando uno dei due contendenti è assente, perché il danese replica così sul fantasma che aleggia.

«E’ sempre bello correre contro Tadej – dice – ma al tempo stesso, qualche volta non è male anche non doverlo affrontare. Senza dubbio, è più bello vincere quando lui è al via però, in fin dei conti, la cosa più importante è vincere, al netto di chi c’è e chi no». Stuzzicato a chiarire meglio la stilettata un po’ ambigua, ecco che Jonas diventa di ghiaccio: «Penso di aver già detto abbastanza».

Le sfide contro Pogacar sono ricorrenti: non averlo intorno dopo le ultime sconfitte non è un male a detta di Vingegaard
Le sfide contro Pogacar sono ricorrenti: non averlo intorno dopo le ultime sconfitte non è un male a detta di Vingegaard

Favorito d’obbligo

A chi lo incalza sul fatto che, senza nemmeno Evenepoel, l’obbligo di vincere a tutti i costi possa diventare un peso, risponde sicuro.

«A dire la verità, non penso di avere più pressione in questa Vuelta, perché al Tour ci sono più media e più pressione, per cui non è la stessa cosa e sono abituato a ben di peggio. Certo, sono uno dei grandi favoriti, ma sono contento di essere qui e di poter puntare al successo finale. Possono sempre capitare delle brutte giornate, come al Tour, ma faremo di tutto per evitarlo. Abbiamo capito in parte cosa è successo in quelle circostanze, ma lo terremo come nostro segreto». 

Tutti per uno

La conferenza virtuale pre-Vuelta organizzata dalla Visma Lease a Bike è un attestato di fiducia al campione della scuderia, perché vicino al leader designato c’è il suo angelo custode, ovvero Grisha Niermann. Il diesse tedesco, reso una celebrità dalla serie di Netflix, mette in chiaro le cose rispetto alla Vuelta trionfale del 2023, in cui la squadra decise di premiare il gregario di lusso Sepp Kuss. Primoz Roglic e lo stesso Vingegaard dovettero così accontentarsi di far da scudieri sul podio. Lo scenario predefinito questa volta non ammette altre interpretazioni.

«Siamo qui per vincere con Jonas – spiega – e il fatto che al mio fianco sia seduto solo lui ne è la testimonianza. Per supportarlo abbiamo scelto ragazzi di grande valore come Sepp Kuss e Matteo Jorgenson, ma non solo».

Ci sono infatti anche le due novità Alex Zingle e Ben Tulett, che non avevano mai disputato un Grande Giro con la maglia giallonera né tantomeno la Vuelta in carriera. Il francese aveva corso due Tour con la Cofidis (2023 e 2024) e il britannico un solo Giro con la Ineos (2022). «Ognuno di loro sarà una pedina fondamentale per inseguire il successo con Jonas. Se li abbiamo selezionati è perché ci crediamo molto», ripete come un mantra Niermann, che stavolta non sarà in ammiraglia a supportare il suo pupillo come sempre avvenuto al Tour, ma avrà un ruolo più strategico e meno operativo. 

Il diesse Niermann, qui durante un allenamento con Van Aert nello scorso febbraio, è stato pro’ dal 1999 al 2012
Il diesse Niermann, qui durante un allenamento con Van Aert nello scorso febbraio, è stato pro’ dal 1999 al 2012

Morkov, diesse e… interprete

In corsa, infatti, ci saranno il danese Jesper Morkov e il belga Maarten Wynants. «Jesper – prosegue Niermann – mi ha fatto un’ottima impressione. Insieme a Maarten, si occuperà delle fasi di corsa, mentre io lavorerò più dietro le quinte: abbiamo molta fiducia in entrambi. Jesper è un ottimo allenatore, specializzato nello sprint, perché di solito lavora con Olav Kooij. E’ giovane, ma ha molta esperienza ed è anche bello che Jonas possa parlare danese con lui di tanto in tanto. E magari esprimersi senza filtri e senza che noi capiamo ogni sfumatura per forza». 

Il calendario all’osso

Vingegaard non ha paura che la Vuelta gli sfugga dalle mani, al punto da rivelare che, di fatto, rimane l’ultimo grosso obiettivo stagionale, fatto salvo per la corsa in linea degli europei in Francia. In un solo colpo conferma infatti l’intenzione di rinunciare sia alla sfida iridata sia ad altre importanti di fine stagione. Due appuntamenti che l’avrebbero messo quasi certamente ancora contro Pogacar.

«Non andrò al mondiale – spiega – perché quest’anno richiede davvero molto dal punto di vista fisico e ad oggi non so ancora dire come uscirò dalla Vuelta. Per questa ragione, punterò all’europeo, concentrandomi solo sulla corsa in linea e non sulla cronometro. Per il momento, l’idea è di non prendere parte nemmeno al Lombardia».

La moglie Trine e i bambini hanno seguito Vingegaard per tutto il Tour: questa volta non ci saranno
La moglie Trine e i bambini hanno seguito Vingegaard per tutto il Tour: questa volta non ci saranno

La famiglia resta a casa

Per le prossime tre settimane, invece, l’imperturbabile danese si sente al top: «Tra il Tour e la Vuelta ho potuto trascorrere un po’ di tempo con la mia famiglia. Al tempo stesso mi sono allenato ad Annecy, una bella zona, che mi piace e con delle salite stimolanti. Ho fatto tutto quello che volevo e credo sia stato il miglior avvicinamento possibile, al netto delle poche settimane a disposizione e di un piccolo stop perché non stavo bene, ma nulla di grave. Penso che la forma sia buona e sono pronto».

A chi gli chiede se la famiglia, suo grande caposaldo, lo seguirà nella cavalcata verso la roja, Jonas aggiunge: «Stavolta si riposeranno un po’ e mi tiferanno da casa».

Un ciclismo che logora

Sul tema burn-out causato dai ritmi eccessivi del ciclismo attuale, tirato fuori da Pogacar a fine Tour, Vingegaard è d’accordo.

«Il nostro sport è cambiato negli ultimi anni – dice – si arriva al top molto prima rispetto al passato. Io quest’anno compirò 29 anni e una volta questa era l’età in cui si cominciava a fare risultati nei Grandi Giri. In qualche senso è vero che è anche più logorante, per cui non si arriva più quasi fino alla quarantina come succedeva in precedenza. Si passa tanto tempo lontano da casa con i ritiri in altura e gli allenamenti in generale, ma fa parte del gioco».

Vuelta 2023: Kuss vince, Vingegaard e Roglic sono costretti a frenare. Anche per questo lo sloveno lascerà la squadra
Vuelta 2023: Kuss vince, Vingegaard e Roglic sono costretti a frenare. Anche per questo lo sloveno lascerà la squadra

Visma contro UAE?

C’è chi prova a scucire qualcosa sulle tattiche di squadra, ma Niermann fa catenaccio: «Ho una strategia ben chiara in mente, ma sarei uno stupido se vi rivelassi qualcosa. Dovremmo essere sempre pronti perché ci sono tanti arrivi interessanti, già dalla seconda tappa di domenica, fino ad arrivare alla penultima».

La sfida al tandem Uae è lanciata e a chi gli dice che nei Grandi Giri i sigilli per i rivali hanno portato tutti la firma di Pogacar, non si fa ingannare: «E’ vero che siamo stati bravi a vincere con corridori diversi di recente e siamo convinti di poter confermarci sul gradino più alto del podio, ma non penso che Ayuso e Almeida non siano in grado di vincere un Grande Giro. E lo stesso vale anche per Del Toro».

Una risposta che fa sorridere Vingegaard e invertire i ruoli, visto che è lui a complimentarsi con il suo diesse con una battuta: «Bravo, ti sei salvato!». Anche se non saranno fianco a fianco in corsa, il feeling si sentirà pure a distanza: il gruppo è avvisato.

Il Tour non è tutto. E ora Pedersen si avventa sulla Vuelta

22.08.2025
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Che il 2025 sarebbe stato per lui un anno giusto si era capito sin dalle prime corse di stagione. E se le vittorie e il buon umore del Giro d’Italia avevano offerto di Mads Pedersen un’immagine burlona e più solare del solito, non c’è dubbio che lo strapotere messo in mostra nel Giro della sua Danimarca lo proietti sulla Vuelta con credenziali d’eccezione. Il danese della Lidl-Trek sarà l’uomo da battere sin da domani sul traguardo di Novara.

Ieri Mads ha incontrato la stampa e la sensazione di solidità e serenità che ha… raccontato per tutto il tempo conferma un livello che anno dopo anno si fa più solido. Se ne è accorto Jasper Stuyven, che per scavarsi un po’ di spazio, alla fine dell’anno passerà alla Soudal-Quick Step. Fra Pedersen e Milan, per lui si stavano chiudendo troppe porte. 

Pedersen arriva alla Vuelta forte di tre tappe vinte e la classifica del Giro di Danimarca
Pedersen arriva alla Vuelta forte di tre tappe vinte e la classifica del Giro di Danimarca
Sei d’accordo sul fatto che al Danimarca hai messo in mostra doti e numeri al livello del Giro?

Sto bene e i numeri sono abbastanza buoni. Non sarebbe possibile vincere come abbiamo fatto, senza avere i numeri tutti a posto. E’ stato un buon test per la Vuelta, ho capito di essere nella forma giusta e sono pronto per le prossime tre settimane.

Viviani ha raccontato di aver lavorato tanto in salita, viste le tappe che vi attendono. Tu hai cambiato qualcosa?

No, non ho fatto niente di diverso. Mi sono allenato normalmente, ho affrontato lo stesso numero di salite e così via. La preparazione non è stata incentrata sulla montagna, ma sull’essere in ottima forma ed essere in grado di spingere al massimo per il tempo necessario.

Cosa ha significato per te l’aggiunta di Jasper Phillipsen alla lista di partenza?

Non è un segreto che vorrei la maglia roja di leader nella prima tappa e la presenza di Philipsen lo renderà più difficile. E’ uno dei migliori velocisti al mondo e lo ha dimostrato al Tour vincendo la prima tappa e vestendo la maglia gialla. Sarà più difficile, ma niente è impossibile. Ho corso contro di lui in Danimarca e in passato l’ho anche battuto in uno sprint di gruppo. Questo mi dà fiducia in me stesso e nella squadra. Spero che possiamo iniziare questa corsa con un buon risultato.

Tour de France 2023, Limoges: Pedersen batte in uno sprint di gruppo Philipsen, Groenewegen e Van Aert
Tour de France 2023, Limoges: Pedersen batte in uno sprint di gruppo Philipsen, Groenewegen e Van Aert
Hai già un’idea di treno?

Guardando solo gli ultimi ad entrare in azione, ci sarebbe Sergeant davanti a me e Dan Hoole davanti a lui. Ma tutto cambierà di giorno in giorno e ovviamente anche da come verrà fatta la tappa. Quindi non so elencare il treno completo, ma spero che questi due ragazzi saranno lì tutte le volte che dovremo fare uno sprint. Ma non siamo qui soltanto per me. Puntiamo anche alla classifica con Ciccone e alla maglia a punti con me.

La squadra ha dato delle priorità fra questi due obiettivi?

Penso che possiamo gestire le due priorità e condividere il lavoro, la pressione e i risultati. Lo stavamo dimostrando al Giro, dove abbiamo fatto un lavoro quasi perfetto. Fino alla caduta di Ciccone eravamo in un’ottima posizione e crediamo di poter fare lo stesso, altrimenti uno di noi sarebbe rimasto a casa. Giulio ed io pensiamo davvero che insieme potremo aiutarci a vicenda.

Hai detto che il Giro è stato quasi perfetto, cosa servirebbe perché la Vuelta lo fosse completamente?

Cicco sul podio di Madrid, facile!

Cosa puoi dirci del tuo programma di quest’anno, con Giro e Vuelta e niente Tour?

Mi ha fatto capire che il Tour de France non è tutto. Abbiamo tante gare in calendario e se il Tour de France è l’obiettivo principale, allora potresti non rendere al 100 per cento nelle altre. All’inizio di questa stagione, non sono stato selezionato per il Tour perché volevamo andare con Johnny (Milan, ndr) per i suoi sprint. Io da parte mia volevo ottenere il massimo da ogni opportunità che mi si presentava, comprese le classiche. Ho voluto mettermi subito pressione, iniziare a vincere e ottenere il maggior numero di vittorie possibile. Poi è venuto il Giro e ora la Vuelta. E mi sono chiesto: perché non affrontarla con le stesse ambizioni che avevamo al Giro? Anche perché metà della squadra è la stessa di due mesi e mezzo fa. Così abbiamo alzato la posta per ottenere il massimo.

Nelle prime tappe del Giro, Ciccone ha aiutato Pedersen. Poi l’abruzzese è caduto e questo ha impedito a Mads di ricambiare il favore
Nelle prime tappe del Giro, Ciccone ha aiutato Pedersen. Poi l’abruzzese è caduto e questo ha impedito a Mads di ricambiare il favore
Sembra di capire che dietro ci sia anche un ragionamento molto approfondito sulla preparazione…

In realtà, faccio solo quello che mi dice il mio allenatore, è un tipo intelligente: dovreste parlarne con lui. Quando corro, cerco solo di avere la mente lucida per cercare di vincere quando è possibile e finora ha funzionato. Se anche la Vuelta dovesse andare a rotoli, penso che la stagione sia stata comunque positiva.

Questo significa che comunque vorresti tornare al Tour?

E’ la gara più importante, non ho ancora finito con il Tour. Il mio obiettivo è vincere un giorno la maglia verde. E poi perché dovrei metterlo da parte? Solo perché non lo faccio per una stagione? Non sto ancora pensando al ritiro o cose del genere, quindi le squadre possono avere piani diversi che l’anno successivo magari cambiano. E allora magari al Tour ci tornerò l’anno prossimo, chi può dirlo?

I giorni spagnoli a Torino: gli onori di casa li fa Javier Guillen

22.08.2025
6 min
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TORINO – Una sessione di spinning a cielo aperto guidata da Fabio Aru, musica a palla dalle 5 del pomeriggio e poi la parata dei campioni nel cuore di Torino. Nemmeno qualche scroscio di pioggia in Piazzetta Reale è riuscito a rovinare la festa della prima Vuelta italiana e il sorriso sulle labbra di Javier Guillén è la conferma che l’atto della Gran Salida è stato un successo.

Con il direttore della corsa spagnola abbiamo parlato della storica partenza dal Piemonte, che completa così il “triplete” dei Grandi Giri, e delle peculiarità dell’edizione che celebra i 90 anni dalla prima volta. Vingegaard contro il tandem Uae per la maglia roja. I tanti arrivi in salita che sorridono ai nostri Ciccone e Tiberi. Le poche chances in volata che i velocisti sono pronti a non lasciarsi sfuggire. Viviani ne ha contate quattro e già sabato a Novara vuole dare del filo da torcere ai fulmini Philipsen e Pedersen.

Guillén non ci ha negato nemmeno un’assaggio di futuro: se nel 2026 si partirà dal Principato di Monaco (questo pomeriggio c’è stata la presentazione informale alla stampa presente a Torino), nel 2027 ci ha anticipato che si tornerà a partire dalla Spagna.

Javier Guillen, organizzatore della Vuelta, ha fatto con noi a Torino il punto sulla sua corsa
Javier Guillen, organizzatore della Vuelta, ha fatto con noi a Torino il punto sulla sua corsa
I corridori sono pronti per il terzo e ultimo grande giro della stagione e voi? Che cosa dobbiamo aspettarci dalla prima Vuelta in Italia?

Tutto è cominciato circa tre anni fa, quando abbiamo incontrato l’allora assessore allo sport regionale Fabrizio Ricca a margine della Vuelta femminile. Abbiamo cominciato a parlare della possibilità di portare la nostra corsa in Italia nel futuro prossimo. In passato c’erano state alcune ipotesi di partenza dall’Italia, ma mai con la serietà e la fermezza che ci ha mostrato sin da subito la Regione Piemonte.

Come avete costruito questa Gran Salida?

Abbiamo cominciato a lavorare, partendo dalla riunione col presidente Alberto Cirio. Partire dall’Italia per noi è qualcosa di speciale, per la vicinanza a tutti i livelli con la Spagna. E anche perché qui si vive il ciclismo con più passione rispetto a qualunque altro Paese del mondo. Il 2025 era perfetto perché volevamo festeggiare il novantesimo anniversario della Vuelta e così abbiamo deciso di premiare i nostri “fratelli” italiani e i tanti appassionati che ci sono qui. La Regione ha accettato la nostra proposta ed eccoci qui oggi. 

Che cosa ti ha colpito del Piemonte?

L’interesse e l’entusiasmo in primis, non solo del suo presidente, ma da parte di tutti. Il Giro d’Italia è partito da qui tante volte, l’anno scorso c’è stata anche la tappa del Tour de France. Mancava soltanto la Vuelta per completare la trilogia dei Grandi Giri. Mi è piaciuto anche come le due culture si siano intrecciate ed ho trovato molto interessante i piatti rivisitati dagli chef locali che mischiassero la cucina piemontese con le specialità spagnole. Per quanto riguarda i luoghi, Torino è una città dalla storia impressionante e la zona prealpina è altrettanto fantastica. Questa combinazione verrà valorizzata in tutto il mondo grazie alla grande copertura televisiva e mediatica in generale che la Vuelta garantisce. 

Vingegaard sarà il favorito numero uno, visti il palmares e le sue motivazioni: qui in attesa della presentazione a Torino
Vingegaard sarà il favorito numero uno, visti il palmares e le sue motivazioni: qui in attesa della presentazione a Torino
In Italia sarà trasmessa da Eurosport, ma non dalla Rai: pensieri?

Ovviamente a noi avrebbe fatto piacere che la nostra corsa fosse trasmessa anche dalla Rai come accade su Eurosport, che garantisce sempre una grandissima copertura, ma non è stato trovato l’accordo. Comunque, ce ne facciamo una ragione, perché davvero la copertura in Spagna e in 190 Paesi di tutto il mondo è qualcosa di grandioso.

Pensi che le prime tappe italiane possano già muovere la classifica in maniera interessante?

Visto come si corre al giorno d’oggi e il nervosismo che serpeggia nel gruppo, credo che non si debba sottovalutare nemmeno la prima tappa di un Grande Giro perché tutto può succedere. Di solito, la Vuelta inizia con una cronometro individuale, come lo scorso anno a Lisbona oppure a squadre come due anni fa a Barcellona. In questo caso però, abbiamo deciso di cambiare per avere a disposizione il maggior numero di chilometri possibile in Piemonte, così da valorizzare questo bellissimo territorio. Il secondo giorno a Limone si arriva già in salita e si potrà avere qualche verdetto o quantomeno capire chi è in forma e chi no. Il lunedì poi c’è una tappa corta, come piacciono a noi organizzatori della Vuelta, ma dura e intensa. Poi c’è la quarta, che parte dall’Italia e finisce in Francia e ci dà la possibilità per la prima volta di attraversare le Alpi.

Vingegaard contro tutti, la Uae con due capitani come Almeida e Ayuso: che Vuelta sarà?

Speriamo che sia una corsa aperta come negli ultimi anni. Sono d’accordo che Vingegaard sia il favorito numero uno visto il palmares con cui si presenta al via e da quello che ha mostrato al Tour quest’anno. Ma anche lo scorso dopo quel tremendo incidente che l’ha visto protagonista ai Paesi Baschi. Non credo però che Ayuso gli renderà facile la vita. Attenzione anche a Bernal o a corridori esplosivi come Pidcock che renderanno più divertente la corsa. Senza dubbio, la sana rivalità Visma-Uae sarà molto interessante. Non sarà soltanto una lotta di corridori, ma una sfida tra le due corazzate. Per quest’anno sono 1 a 1 nei Grandi Giri e tutti vogliono vedere chi delle due vincerà il secondo e se ci riuscirà. 

Fra gli italiani sfilati ieri a Torino, occhi su Giulio Pellizzari, che correrà accanto a Jai Hindley
Fra gli italiani sfilati ieri a Torino, occhi su Giulio Pellizzari, che correrà accanto a Jai Hindley
Quali saranno le peculiarità di questa Vuelta?

Credo che la prima settimana sarà molto importante, già dalla seconda tappa con l’arrivo in salita a Limone. Poi la cronosquadre come prima frazione spagnola e ancora gli arrivi in salita di Andorra e a Valdezcaray. A questi si sommano due colossi, che arriveranno più avanti. L’Angliru (13ª tappa del 5 settembre; ndr) che, con Zoncolan e Mortirolo, è una delle salite più difficili in Europa, e poi la penultima tappa con l’arrivo alla Bola del Mundo (20ª frazione del 13 settembre,ndr), dove Nibali vinse nel 2010. Poi ancora salite come El Morredero: abbiamo voluto costruire una Vuelta che fosse un compendio di questi 90 anni, un misto tra tradizione, innovazione e internazionalizzazione. 

In Italia o in Francia sempre c’è qualche polemica per chi rimane escluso dal percorso, come è accaduto alla parte meridionale della Spagna in quest’occasione. È successo anche da voi?

Certo, come sempre (sorride, ndr). Però, l’anno scorso abbiamo avuto molte tappe al sud della Spagna, per cui abbiamo spiegato che nel giro di tre anni cerchiamo sempre di coprire tutto il territorio iberico. Non è semplice perché la Spagna, come l’Italia e la Francia, offrono davvero moltissime possibilità differenti.

In generale, come sta la Vuelta e come guarda al futuro oltre alla già annunciata partenza dal Principato di Monaco per il 2026?

La Vuelta sta bene ed è una corsa che è cresciuta molto negli ultimi anni. Ha una sua propria personalità, ha un’identità ben precisa. Non abbiamo tante tappe di alta montagna come il Giro o il Tour, ma tanti arrivi in saliti e molti finali insidiosi che la rendono unica e imprevedibile. Dopo Lisbona, il Piemonte e il Principato di Monaco, possiamo già anticipare che per il 2027 l’idea è di partire dalla Spagna. Però è anche vero che dal 2028 torneremo di nuovo a puntare a una partenza all’estero, perché fa crescere il nostro brand ed esporta il nostro prodotto in altri mercati, dandogli un tocco di novità, come accade con Giro e Tour.

E Germani presenta la Groupama-FDJ a Matteo Milan

22.08.2025
5 min
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Matteo Milan arriva alla Groupama-FDJ. Giusto qualche giorno fa, dopo che era uscita la news di questo passaggio dalla continental della Lidl-Trek alla WorldTour francese, ne avevamo parlato col diretto interessato. Adesso invece andiamo oltre e in qualche modo già lo portiamo in Francia.

A fargli da Cicerone è Lorenzo Germani, l’italiano del team: Lorenzo che proprio in questi giorni purtroppo non se la sta passando benissimo. Il ciociaro ha dovuto lasciare anzitempo il Tour du Limousin a causa di una caduta nella quale ha riportato problemi alle costole e una forte botta all’inguine. Nonostante questo non ha perso la voglia (e il buonumore) per accogliere Matteo Milan.

Tra l’altro la foto d’apertura che ritrae Lorenzo col microfono in mano è perfetta per l’occasione. Quel giorno, era la tappa finale del Giro d’Italia, lo speaker lo chiamò giusto per presentare la sua squadra, i suoi compagni al pubblico romano. Chi avrebbe mai detto che quello scatto sarebbe stato premonitore?

Matteo Milan (classe 2003) ha firmato un triennale con la Groupama-FDJ Tours (foto Paris Tours Espoirs)
Matteo Milan (classe 2003) ha firmato un triennale con la Groupama-FDJ Tours (foto Paris Tours Espoirs)
Lorenzo, tu sei qui alla Groupama-FDJ già da diversi anni, sei ormai quasi un veterano, visto le rotazioni che ci sono. Che squadra è la Groupama per un ragazzo che arriva e vuole fare bene?

Una squadra che ti permette di crescere con, tra virgolette, la giusta pressione. Nel senso che non c’è quella pressione che deve esserci per forza: il risultato prima di tutto. In alcune squadre si sente questo tipo di stress, intenso, che viene posto dai direttori o da chi dirige. Invece a noi viene messa la pressione giusta dal punto di vista della crescita.

Qual è la giusta pressione?

Secondo me è quella che ti fa crescere, perché se uno dà tutto non c’è bisogno di mettergli pressione in più. Quando gareggi dai tutto te stesso, perché la prima cosa che vuoi è il risultato personale. Prendere la pressione in modo negativo non fa altro che peggiorare la situazione psicologicamente. Matteo troverà un ambiente molto familiare, sia a livello di staff che dirigenziale, e al tempo stesso molto professionale. Qui si vede molto l’aspetto umano, soprattutto con i giovani: la crescita è la parte più importante.

Insomma è la squadra ideale…

Per me sì, perché potrà fare certe corse, avere i suoi spazi. Qui un’opportunità alla fine c’è sempre e, ripeto, non avrà uno stress eccessivo.

Tu ci raccontasti del centro della vostra squadra? C’è una vera e propria sede: immagini che lui al primo anno ci starà parecchio?

No, Matteo essendo nel WorldTour non è obbligato a stare lì.

Ma magari una settimana gliela consiglieresti per entrare nel mood della squadra, anche se non è nella Continental?

Sinceramente no, perché il clima e i percorsi per allenarsi non sono super… Almeno per tempi prolungati. Anche se le strade sono belle. Magari gli potrebbe essere comodo inizialmente per qualche aspetto legato allo staff, ma non penso gli sia necessario. Lì ci sono gli uffici degli allenatori e i ragazzi della continental, ma al di fuori di questo non ci vedo tutta questa utilità.

Convivialità, ambiente familiare e professionalità: Matteo Milan troverà tutto ciò secondo Germani (foto Instagram)
Convivialità, ambiente familiare e professionalità: Milan troverà tutto ciò secondo Germani (foto Instagram)
Lorenzo, torniamo al discorso della giusta pressione: tradotto poi in concreto che cosa è? Non è il diktat “devi vincere la Sanremo” o andare forte per forza, ma obiettivi alla portata?

Esatto, ci sono obiettivi concreti. Magari non sarà bello da dire, ma è vero che in alcune corse sappiamo già chi vince o quasi. Alcune volte è giusto andare in gara sapendo dove ti collochi. Sapendo qual è il “tuo posto”. A quel punto sai anche quale obiettivo è fattibile. E su quello punti, piuttosto che pensare di spaccare il mondo e ritrovarti con un pugno di mosche in mano.

Tu conosci un po’ Matteo Milan?

No, e a memoria penso che non abbiamo mai corso insieme. Da quando ho saputo che sarà alla Groupama-FDJ c’è stato uno scambio di follow reciproco, però non abbiamo ancora parlato. Magari ci vedremo a Besancon, sede del team. Posso dire che sono davvero contento che sia venuto con noi e di avere dopo tanti anni un compagno di squadra italiano. Certo in Italia siamo un po’ distanti per allenarci insieme. Lui è del Nord e io sono parecchio più giù (Germani vive a Cassino, in provincia di Frosinone, ndr)

Da un punto di vista tecnico pensi che con la vostra bici, la Wilier, Matteo si troverà bene? Lui è uno grosso, potente…

La nostra è una bici (la Wilier Filante, ndr) molto versatile, quindi adatta a qualsiasi situazione. È abbastanza leggera e allo stesso tempo aerodinamica e rigida. Soprattutto le ruote sono molto rigide e vanno bene dappertutto. E questo per uno come lui è importante. Matteo può stare tranquillo: a livello di materiale trova componenti che gli si addicono.

Sicuramente Matteo sarà chiamato a fare qualche corsa della Coppa di Francia. In questo senso cosa gli vuoi dire?

Penso che siano le corse molto adatte al suo profilo. Da quello che ho visto è veloce, ma tiene sui percorsi un po’ più duri. Quindi ottimo direi… In più, avendo disputato parecchie gare di categoria .2 si troverà bene, sia dal punto di vista altimetrico che tattico.

Matteo Milan, rispetto al fratello Jonathan è più “passista” e meno velocista. Non a caso eccolo lo scorso anno agli europei gravel (foto Instagram)
Matteo Milan, rispetto al fratello Jonathan è più “passista” e meno velocista. Non a caso eccolo lo scorso anno agli europei gravel (foto Instagram)
Lorenzo, che consiglio ti senti di dargli per approcciare al meglio la Groupama-FDJ?

Io la vedo come una squadra molto aperta e familiare ed è una cosa che a me piace. Quindi il consiglio è di integrarsi bene e in fretta, perché danno grande importanza all’aspetto umano. E’ importante anche che sappia parlare francese, tanto più che si è impegnato per tre anni. Deve fare uno sforzo a livello di lingua. Se lo ritroverà e sarà anche più sereno.

E’ una squadra dove se hai un problema, magari una tattica su cui non sei d’accordo, un fraintendimento, un problema con la bici… lo puoi dire in modo sincero oppure è meglio tenerselo?

Può stare tranquillo e parlare. Qui sono aperti al dialogo. E’ importante per entrambi, per lui e per la squadra, perché alla fine l’interesse è che il corridore vada forte. Se una cosa può aiutarlo ad andare più forte è tutto a suo vantaggio.

Ultima domanda. Ma la pasta ormai la fanno bene? Può stare tranquillo Matteo Milan?

Sì, sì… i cuochi la fanno bene. Mi hanno detto che è arrivato uno nuovo che la scuoce un po’, ma appena lo becco lo metto in riga!

Fancellu è sbocciato. Per la Ukyo un’altra scommessa vinta

22.08.2025
5 min
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Ripercorrere il passato di Alessandro Fancellu era come leggere la trasposizione ciclistica di “Aspettando Godot”. Così almeno fino a quest’anno. Poi c’è stato un “click” che ha iniziato a cambiare il verso della storia: il passaggio al Team Ukyo. Il comasco ha iniziato a mettersi in mostra, a vincere, in contesti certamente modesti rispetto al massimo livello toccato negli anni della Eolo Kometa come nella toccata e fuga alla Q36.5. Ma all’ultimo Czech Tour, con presenze WorldTour di altissimo livello, Fancellu con il suo terzo posto ha dimostrato di essere finalmente sbocciato, a 25 anni, dimostrando che anche nel ciclismo di oggi che punta tutto sui giovanissimi, saper investire e aspettare paga.

Il lariano ha corso quest’anno 40 giorni, con l’ottimo bilancio di 2 vittorie e 14 top 10
Il lariano ha corso quest’anno 40 giorni, con l’ottimo bilancio di 2 vittorie e 14 top 10

Il podio finale dietro i due talentuosi belgi Lecerf e Uijtdebroeks ha dato a Fancellu una nuova consapevolezza di sé, che si coglie parlandoci e partendo proprio dalla corsa della sua rinascita.

«E’ stata una bella gara. Sapevo che c’era gente importante al via – racconta – formazioni WT al massimo livello. Uijtdebroeks era il favorito numero 1, anche se poi alla fine non ha vinto, ma tutti facevano corsa su di lui. Erano quattro tappe ben disegnate: la prima prevedeva un arrivo in volata con un finale tecnico e dove ci sono stati dei buchi dov’era facile perdere terreno. Poi c’era la seconda e la quarta che erano i due arrivi in salita e la terza che era un’altra tappa di pianura, quindi diciamo che non c’era un attimo di tregua».

La vittoria di Lecerf a Dlouhé Strane con la sagoma rossa di Fancellu, unico a reggere il suo attacco, alle spalle
La vittoria di Lecerf a Dlouhé Strane con la sagoma rossa di Fancellu, unico a reggere il suo attacco, alle spalle
Tu hai concluso al terzo posto. Com’è stata la tua prestazione?

Sono soddisfatto. L’unità vera pecca è stata la seconda tappa, il primo arrivo in salita, dove ho cercato di attaccare ai -5. Me la sentivo, ma è stata una mossa poco furba perché era ancora lunga andare all’arrivo. Quando ho visto che non guadagnavo ho un attimo mollato per avere un po’ di gamba, ma nel finale ho sbagliato a impostare la volata perché avrei dovuto essere davanti alla prima curva, invece mi sono fatto anticipare da Lecerf. Ma sono cose che noti solo dopo, sul momento devi solo decidere.

L’ultimo giorno eravate tre racchiusi in 9 secondi…

Uijtdebroeks ha fatto un attacco davvero forte. Io e Lecerf gli abbiamo risposto, ma ci ha staccato di ruota. Alla fine però ha pagato il suo stesso attacco, all’ultimo chilometro ha perso tanto, gli siamo rientrati e io in volata ho pagato dazio, ma sinceramente non potevo fare più di quello che ho fatto.

Il Team Ukyo sta rilanciando Fancellu come ha fatto con Malucelli, Carboni e altri italiani
Il Team Ukyo sta rilanciando Fancellu come ha fatto con Malucelli, Carboni e altri italiani
Vista la partecipazione anche di squadre del WorldTour, questo terzo posto hai la sensazione che valga anche più della vittoria al Giro del Giappone che hai ottenuto quest’anno?

Sicuramente. Senza nulla togliere alla fine a quella gara perché vincere non è mai facile, ma aver vissuto un confronto testa a testa con corridori che poi sono competitivi anche nelle corse più importanti del WorldTour sicuramente ha un valore superiore. Siamo arrivati sempre assieme, quindi sono stato al loro livello e sono molto soddisfatto di questo.

Come ti trovi nella squadra giapponese? C’è la sensazione che finalmente hai trovato l’ambiente giusto per realizzare quelle speranze che avevi destato nelle categorie giovanili…

Mi trovo bene, alla fine è una squadra più piccola rispetto anche a molte continental europee. Ma ci sono dietro persone hanno vissuto nel ciclismo da anni come Volpi e Boaro e fanno la differenza. Hanno una vera competenza e riescono a fare grandi cose pur con un budget risicato. Sono persone molto molto qualificate e questo aiuta.

Il comasco in trionfo al Giro del Giappone, prima gara a tappe conquistata (foto organizzatori)
Il comasco in trionfo al Giro del Giappone, prima gara a tappe conquistata (foto organizzatori)
Finora in 40 giorni di gara hai due vittorie e ben 14 top 10. Ci sono altri corridori che facevano parte del team giapponese, ad esempio lo scorso anno, che poi hanno trovato posto in formazioni del World Tour. Comincia qualche squadra a bussare alla tua porta?

Non nego che qualche contatto comincia a esserci, vedremo con il procuratore, ma qualcosa si sta muovendo e sicuramente la prestazione della scorsa settimana in Cechia ha aiutato molto. Ora però bisogna continuare, poi si vedrà.

Pensi che questa esperienza ti stia un po’ cambiando, rendendo un po’ più consapevole delle tue possibilità?

Sì, senza dubbio. Sono maturato sia dal punto di vista fisico, ma anche come comportamento, come visione generale del mondo che mi circonda. Ho maggiore consapevolezza di quel che posso fare. Ora il nostro calendario non è ricchissimo, ma qualche bella corsa sicuramente ce l’abbiamo. Spero ad esempio che avremo l’invito alla Bernocchi e all’Agostoni che per me sono corse di casa, si passa dove mi alleno e conto di fare molto bene lì.

Nel team giapponese Fancellu ha trovato una nuova consapevolezza, risvegliando l’interesse di qualche team WT
Nel team giapponese Fancellu ha trovato una nuova consapevolezza, risvegliando l’interesse di qualche team WT
Proprio legandoci al fatto che tanti corridori italiani passano dal Team Ukyo per rilanciarsi in ottica WorldTour, vedi ad esempio Malucelli, lo consiglieresti anche ad altri corridori italiani, anche se è una squadra continental?

Sì, decisamente, penso che sia una buona squadra dove sei seguito con tanta attenzione proprio perché sono pochi i corridori nel roster, Volpi li sceglie con cura perché ci crede e te lo fa vedere. In tante squadre dove l’organico è più ampio si finisce che si viene messi in secondo piano. Cogli la fiducia che viene riposta in ogni corridore e penso che sia una delle cose che poi ti aiuta a tirar fuori il massimo.

Un giro in pista a Fiorenzuola e Consonni ritrova la vittoria

22.08.2025
5 min
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«Della prima volata – ricorda ridendo Chiara Consonni –  ricordo che ero indietrissimo, ho fatto una rimonta assurda. Il mio direttore sportivo mi ha detto che dopo l’ultima curva, più o meno ai 700 metri, ha smesso di guardare la diretta perché ero in ventesima posizione. Pensava fosse impossibile. Invece la gamba c’era e la voglia di vincere ancora di più. Negli ultimi 50 metri sono uscita nel momento giusto ed è stata una liberazione…». 

L’intesa con Zoe Backstedt si sta rafforzando e ha portato alle due vittorie polacche di Consonni
L’intesa con Zoe Backstedt si sta rafforzando e ha portato alle due vittorie polacche di Consonni

Finalmente la vittoria

Vincere riporta il buon umore. Se poi parliamo di una velocista come Chiara Consonni, che dalle risate trae la benzina migliore, si capisce che il digiuno iniziato dopo la seconda tappa del Giro 2024 fosse un tempo troppo lungo. La bergamasca, che quest’anno è passata alla Canyon//Sram, ha avuto bisogno di più tempo per prendere le misure, ma al Tour de Pologne Women ha ritrovato smalto e successo. Due tappe, per la precisione, e la classifica generale.

«Forse nella prima tappa non siamo riuscite a organizzarci così bene con il treno – prosegue Consonni – ma nella seconda le ragazze sono state bravissime. Puntavamo a vincere prima la tappa e poi la generale sarebbe venuta di conseguenza. Hanno lavorato tutto il giorno per me e poi mi hanno tirato la volata, nonostante ci conosciamo ancora poco. Con Zoe Backstedt avevo lavorato bene al Baloise, dove ha vinto. E lei mi ha tirato una volata pazzesca. Sono uscita presto, intorno ai 250 metri. E solo in un monitor dell’area interviste, mi sono resa conto del distacco che ho dato alla seconda…».

Nella terza tappa, vinta a Krasnik, il treno Canyon//Sram per Consonni è stato perfetto
Nella terza tappa, vinta a Krasnik, il treno Canyon//Sram per Consonni è stato perfetto
Forse l’inserimento te lo aspettavi più liscio?

E’ tutto l’anno che cerco di vincere. La prima parte di stagione è stata dura. Era tutto nuovo, gli ingranaggi da provare con le nuove compagne, i nuovi direttori sportivi. Sinceramente mi aspettavo che fosse un po’ più semplice. Poi sono andata al Giro, che però si è rivelato troppo impegnativo per me. Da lì sono andata al Baloise. Avrei dovuto fare il Tour, ma la squadra ha scelto di puntare tutto su Kasha (Niewiadoma, ndr) e al mio posto hanno convocato Soraya Paladin, che in salita ha potuto fare un lavoro certamente migliore di me.

E poi il Polonia…

Sinceramente, non pensavo di stare così bene. Volevo solo vincere la prima e poi mi sono detta: già che ci siamo, perché non proviamo a vincerne un’altra? Uscivo da mesi di piazzamenti su piazzamenti, ma non riuscivo a vincere. Non so cosa mancasse, mi hanno detto che forse ero poco convita, ma non ne sono certa. Io ci ho sempre creduto e parto per ogni corsa con la voglia e la convinzione di vincerla. Ho sempre l’adrenalina, la grinta che mi fa spingere fino alla fine, però non arrivava. Non so cosa fosse, l’importante è che mi sia sbloccata e la stagione ha preso un’altra piega.

Hai davanti il calendario per provarci ancora?

Farò il Simac Ladies Tour, poi una gara di un giorno a Stoccarda la domenica dopo il Simac, però non ho ben chiaro come sia il percorso. Poi ci saranno un po’ di gare qui in Italia, anche vicino casa, che sono comode per tenere la gamba fino al mondiale pista.

La parte più complicata di questo primo anno alla Canyon è stato creare l’intesa con le compagne
E’ possibile che l’ingrediente mancante più che la convinzione sia stata proprio la pista?

A dire la verità, sì. Nella settimana prima di vincere in Polonia, ho corso in pista a Fiorenzuola, quindi forse mancava anche quello. Okay che la pista mi piace, però mi sono sempre trovata bene anche a livello di allenamenti e mi ha sempre aiutato molto anche su strada. Correre da sola. Ritrovare la motivazione e la grinta e poi alla fine andare anche più tranquilla verso una corsa per cui non avevo aspettative. E così trovare la vittoria.

Hai davvero mollato così tanto il lavoro a Montichiari?

Soprattutto in inverno, sì. Nel periodo delle classiche, per un motivo o per l’altro, sono andata molto meno rispetto agli altri anni. Però quando è capitato che ci fosse brutto tempo, siamo sempre state accolte benissimo. Bragato, Villa e Masotti sono stati permissivi sotto questo punto di vista, cercano sempre di invogliarci ad andare in pista e da settembre inizieremo ad adarci un paio di volte a settimana.

Bragato ci ha detto che la presenza di voi big in pista porta grande motivazioni nelle più giovani.

Esatto! Quando siamo insieme, cavoli (ride, ndr), è tutta un’altra cosa. Vittoria (Guazzini, ndr) è appena tornata dall’infortunio. Martina (Alzini, ndr) ha appena vinto. L’altra Martina (Fidanza, ndr) adesso è in altura, quindi secondo me potremo fare ancora bene. Invece sulle altre ragazze, anche col fatto che ci siamo incrociate poco, non ho molte informazioni. Però so che quando sono in pista con loro, ho sempre la motivazione che mi fa spingere qualcosa in più o mi impedisce di staccarmi dalle loro ruote nei quartetti.

Torniamo alle volate: adesso il treno è a posto?

Faccio sempre il confronto con la UAE, dove lavoravo con ragazze che conoscevo da tempo. Quest’anno ho dovuto prima conoscere le ragazze e poi lavorarci insieme. Dovevamo creare un rapporto in bici e anche fuori dalla bici, che ti permette poi anche di fidarti di più e di rendere perfetti i meccanismi che in allenamento sono difficili da ricreare e si provano bene soltanto in gara.

Cosa hai fatto dopo le due vittorie in Polonia?

Sono stata due giorni al lago. Era Ferragosto, ne avevo bisogno. Perché da adesso a fine stagione si sta a casa per lavorare, delle vacanze si parlerà semmai a novembre.

Mirino sul traguardo di Novara: Viviani prenota i fuochi d’artificio

21.08.2025
6 min
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La sua immagine del profilo su whatsapp è una delle foto più belle che siamo mai state fatte di Elia Viviani. Ne conviene anche lui, guidando verso Torino dopo gli ultimi giorni a casa prima della Vuelta. E’ una delle tante scattate in galleria del vento nel 2016, ma nessun’altra è riuscita come quella, con il body blu e senza le scritte. Al Politecnico di Milano ne hanno messo una gigantografia all’ingresso. Fu l’anno dell’oro di Rio, non solo un fatto estetico: quel lavoro valse un bel pezzetto di medaglia.

E adesso la Vuelta, con quale spirito?

Ho lottato per esserci. Era una delle cose su cui ho chiesto subito chiarezza alla squadra. Se ci credete, mi portate, oppure lasciamo perdere tutto e vado alle gare che ci sono in giro per l’Europa. Invece ho trovato pieno supporto, per cui dopo l’italiano ho fatto una settimana tranquillo di semi vacanza a casa, ma senza bici. E da lì poi sono salito per tre settimane con sette compagni di squadra a Livigno. Sono tornato a casa per andare al Polonia, scelto come gara di avvicinamento.

Questa la foto profilo su Whatsapp di Viviani, scattata al Politecnico di Milano nel 2016, preparando l’oro di Rio
Questa la foto profilo su Whatsapp di Viviani, scattata al Politecnico di Milano nel 2016, preparando l’oro di Rio
Piuttosto impegnativo quest’anno…

C’era una sola occasione per arrivare in volata. Altrove avrei avuto più possibilità, però sapevamo che il Tour de Pologne poteva essere importante per approcciarsi alla Vuelta. Infatti alla fine ho sofferto come un cane, però sapevo che mi faceva bene. Già ad Amburgo stavo benone e sono rimasto indietro solo per la foratura al momento sbagliato, però ho avuto buone sensazioni. Per cui arrivo alla Vuelta sapendo che ci saranno poche occasioni, come sono state poche al Giro e al Tour. Alla fine non ci saranno tantissimi velocisti, quindi presuppongo che arrivando in volata potrò avere delle chance. Ci sarà un Pedersen infuocato (Mads ha vinto 3 tappe, la classifica generale e quella a punti al Giro di Danimarca, ndr) e anche Philipsen. Soprattutto Pedersen che sarà anche il riferimento per la maglia verde e gli sprint.

Hai già individuato le tappe a disposizione?

Vi dico una cosa: sabato sarà il giorno clou. Lo prenderò come una classica. Voglio arrivarci fresco, perché per me sabato sarà la Vuelta, poi giorno per giorno arriverà quello che arriverà. Ma la prima tappa in Italia con l’arrivo in volata è un’occasione. E poi comunque sarà il mio ritorno a un Grande Giro, un’occasione da non mancare o comunque per cui fare tutto bene.

Sapendo che la prima tappa arriva in volata e poi sarà una corsa dura, la preparazione è stata inquadrata diversamente?

A Livigno mi sono concentrato molto di più sulle salite, perché sappiamo che sarà una Vuelta dura da passare. Si continua a dire che le corse sono sempre più dure, però fino a un certo punto. Ci sono 11 arrivi in salita e secondo me è anche giusto, perché la gente vuole vedere gli scalatori che si scattano in faccia e questo succede solo se il traguardo è sulla cima. Quindi diciamo che la preparazione è stata incentrata molto più sulle salite che non sulle volate, ho mantenuto i classici blocchi per la preparazione degli sprint e ho ridotto di molto la palestra. Ma l’approccio al primo giorno non terrà conto delle tre settimane, sarà come una gara secca. Perciò venerdì sarà una giornata clou per trovare il colpo di pedale giusto. Quindi non farò la classica oretta, ma probabilmente tre ore con dei lavori, anche dietro moto o dietro macchina, per partire con la sensazione di avere la gamba pronta.

Ad Amburgo, una settimana dopo il Polonia, solo una foratura ha impedito a Viviani di restare nel gruppo dei primi
Ad Amburgo, una settimana dopo il Polonia, solo una foratura ha impedito a Viviani di restare nel gruppo dei primi
Quanto ti è mancato non aver fatto un Grande Giro negli ultimi quattro anni?

E’ mancato tanto, a diversi livelli. Certamente sul piano affettivo e poi comunque di obiettivo, perché per ogni ciclista la stagione viene improntata sui tre Grandi Giri. Perciò non è facile affrontare delle annate senza farne uno. Fisicamente mi è mancato tantissimo, anche se alla fine le motivazioni comunque le trovi. L’anno scorso c’erano le Olimpiadi, ad esempio. Non fare le tre settimane mi ha dato qualcosa di meno sul piano atletico.

A livello di prestazioni?

Se guardiamo, i miei migliori risultati sono sempre arrivati dopo un Grande Giro, oltre che essere arrivati durante la corsa stessa. Il campionato italiano non lo avrei mai vinto senza il Giro. Le classiche come Amburgo, Plouay o London Classic e l’europeo non sarebbero mai arrivate senza il Tour. Quindi, secondo me, nella conta di tutte le vittorie mancate negli ultimi anni, sicuramente l’assenza del Grande Giro ha inciso.

Quindi in qualche modo la Vuelta sarà funzionale al mondiale pista di ottobre?

Sono obiettivi totalmente distinti. Ho tanta voglia di fare la Vuelta, amo l’idea che si concluda a Madrid, dove ho vinto e che è stata una delle vittorie più belle della mia carriera. So benissimo che se la finisco, poi mi divertirei sino a fine stagione, perché è sempre stato così. Di conseguenza ai mondiali avrei ancora più chance, perché potrei arrivarci con una condizione super. Quindi almeno per questo sono due obiettivi collegati.

E’ il 3 maggio, il Turchia arriva a Cesme e Viviani torna alla vittoria battendo Kristoff e Persico
E’ il 3 maggio, il Turchia arriva a Cesme e Viviani torna alla vittoria battendo Kristoff e Persico
Hai parlato con Salvoldi di quale potrebbe essere il tuo impiego a Santiago del Cile?

No, devo ancora farlo. Non sarò in specialità olimpiche, perché è iniziata una rifondazione della nazionale ed è giusto che sia così. Non credo che la madison sia un’opzione, perché è nello stesso giorno dell’eliminazione in cui per il quinto anno consecutivo vorrei centrare una medaglia. Magari, parlando con Dino e per non fare solo l’eliminazione, che dura solo quei 10 minuti, mi piacerebbe tornare a fare una corsa a punti, ma è tutto da vedere e da parlare.

Hai firmato il contratto a stagione iniziata, perché volevi dimostrare qualcosa. Ci sei riuscito?

Quello che volevo era tornare a correre e vincere e ci sono riuscito al Turchia. Volevo vincere di più? Sì, sicuramente. Però guardando indietro, le occasioni che posso aver mancato sono venute subito dopo il Turchia, perché quando ne vinco una, cerco sempre di aggiungerne altre. Quindi Dunkerque oppure la Copenhagen Sprint, che era la prima edizione e in cui arrivavo dal terzo posto di Brugge. Mi è mancato un paio di vittorie, ma l’asticella deve essere tenuta necessariamente alta.

Che tipo di sfida sarà alla Vuelta?

Una grande sfida. Anche se ho 36 anni, ho i miei dubbi e le mie paure. Arrivo alla Vuelta dopo quattro anni senza un Grande Giro, però l’ho voluto a tutti i costi e quindi vado e me la godo. Pensiamo alla tappa di sabato e alle altre volate, Madrid compresa. Ma se nel mezzo ci saranno delle giornate in cui andare in fuga, potrei provarci. Non mi va di passare 17 giorni a ruota, sperando nelle quattro volate.

La lunga fuga di Viviani alle Olimpiadi di Parigi potrebbe ispirare qualche attacco nelle tappe della Vuelta non proprio per velocisti?
La lunga fuga di Viviani alle Olimpiadi di Parigi potrebbe ispirare qualche attacco nelle tappe della Vuelta non proprio per velocisti?
E adesso una domanda che non si fa mai, come chiedere gli anni a una donna. Hai già deciso se questa sarà l’ultima stagione?

Diciamo che le idee sono più chiare e tranquille rispetto all’anno scorso (sorride, ndr). La verità è che con Lotto abbiamo parlato tranquillamente di un anno e semmai di un altro se tutti fossimo stati contenti. La cosa in questo momento è complicata dalla fusione della squadra con l’Intermarché e quindi è tutto in stand by, attendendo cosa succede nel finale di stagione. Se dovesse essere un finale di stagione come vorrei, con i fuochi d’artificio, perché non correre ancora? E’ una situazione totalmente diversa dall’anno scorso. Ho voluto correre a tutti i costi, ho trovato un accordo a fine febbraio e ho anche vinto. Ma per ora non vorrei dire di più. Ora si pensa alla Vuelta e ci si pensa con la massima concentrazione.