Il capitolo finale di una grande corsa a tappe racchiude le emozioni più profonde e i sentimenti si amplificano. Lorenzo Germani (in apertura foto Instagram) a Madrid ha portato a termine il suo primo grande Giro: la Vuelta. In Spagna, per tre settimane, ha pedalato, sofferto e sorriso, soprattutto quando sotto le sue ruote ha visto sfilare la linea del traguardo di Madrid. L’ultima delle 21 tappe previste dal percorso della Vuelta.
Dopo tre settimane di corsa ecco finalmente lo scenario di Madrid che si apre sulla corsaDopo tre settimane di corsa ecco finalmente lo scenario di Madrid che si apre sulla corsa
Atmosfera particolare
La soddisfazione di essere arrivato a Madrid per Germani è tanta, solo dopo l’ultima fatica ha potuto realizzare quanto successo in queste tre settimane.
«La partenza – racconta – è stata davvero tranquilla, non scherzo quando dico che siamo andati a 20 all’ora. Poi a pochi chilometri dal circuito finale si sono alzati i ritmi, e non poco: siamo andati a tutta. Il circuito non è affatto semplice, c’erano tre curve dove si ripartiva da fermi e lì le gambe facevano male.
«Si respirava un’aria diversa – continua Germani – sia alla partenza che all’arrivo. L’emozione di attraversare Madrid, con la consapevolezza di aver portato a termine un grande Giro, non la provi tutti i giorni. Tutti noi della Groupama eravamo davvero contenti e non vedevamo l’ora di tagliare il traguardo perché fino a quel momento la corsa non era davvero finita».
Nella tappa dell’Angliru tanta fatica per Germani, la sua faccia dice tutto (foto Instagram)Nella tappa dell’Angliru tanta fatica per Germani, la sua faccia dice tutto (foto Instagram)
C’è una foto della 18ª tappa, che probabilmente fa capire cosa hai provato in questa terza settimana…
E’ stata difficile, ma probabilmente mi sentivo addirittura meglio rispetto alla seconda settimana. Il fatto che per due volte sono andato in fuga è un dato indicativo.
La prima delle due è arrivata nella tappa dell’Angliru, con Evenepoel.
In quella tappa ho seguito Cattaneo, che è uscito dal gruppo, insieme ad altri tre corridori. Poi a noi si è aggiunto Evenepoel e Cattaneo ha imposto un ritmo altissimo, la cosa che mi ha dato soddisfazione è aver resistito più degli altri compagni di fuga.
Già dall’Hipodromo de la Zarzuela l’atmosfera era diversa, più allegraGià dall’Hipodromo de la Zarzuela l’atmosfera era diversa, più allegra
Poi Remco è partito e ti sei trovato solo sull’Angliru, com’è stato?
Orribile! Per fortuna avevo un buon vantaggio e quindi ero tranquillo per il tempo massimo. Gli ultimi due chilometri di scalata erano durissimi, però era pieno di gente a bordo strada.
Covi ci aveva detto che avere tanta spinta del pubblico aiuta, è vero?
Assolutamente sì, ti viene la pelle d’oca. Il tratto era davvero duro, ma anche a noi in fondo alla corsa non è mancato il calore. Trovi forza nuove e vai avanti di testa.
Qual era l’obiettivo di queste due fughe?
L’intenzione era uscire e far venire con me uno scalatore: Martinez o Gregoire, ma il piano non è riuscito. Però sono stato contento comunque, ho fatto tanta fatica e in più mi sono sentito bene. Ritrovarsi in testa alla corsa è molto bello.
Germani ha trovato un consigliere speciale in gruppo: Jacopo MoscaGermani ha trovato un consigliere speciale in gruppo: Jacopo Mosca
Tre settimane quanto sono lunghe?
Infinite praticamente, da fuori sembra facile o comunque più semplice del previsto, ma è durissima. Avevo male ovunque, soprattutto al sedere (dice ridendo, ndr), ma per la mia professione e il mio futuro è una cosa ottima aver portato a termine uno sforzo del genere.
Il momento migliore della Vuelta?
Le due fughe, senza ombra di dubbio.
Il peggiore?
Il giorno del Tourmalet, sicuramente. Poi anche la tappa di sabato non è stata una passeggiata, anzi. La Jumbo ha tenuto la corsa chiusa, imponendo però un ritmo altissimo, per scongiurare attacchi.
Le tre settimane di corsa hanno “piegato” Germani che però ha portato a termine il suo primo grande Giro (foto Instagram)Le tre settimane di corsa hanno “piegato” Germani che però ha portato a termine il suo primo grande Giro (foto Instagram)
L’insegnamento che hai portato a casa?
Ce ne sono tanti, la grande esperienza di fare un grande Giro mi ha permesso di crescere e di capire in cosa devo migliorare. Ora ho sicuramente voglia di tornare, nonostante la fatica (ride ancora, ndr).
Una squadra con 5 debuttanti, tutti soddisfatti?
Eravamo la squadra più giovane in corsa e fare questa esperienza tutti insieme ha fatto in modo di creare un grande gruppo. Ci siamo stretti ed uniti l’uno intorno all’altro, ora ci aspetta del meritato riposo.
La seconda settimana di Vuelta è alle spalle, sei giorni di grande fatica, passando dalla cronometro al Tourmalet. Insieme a Lorenzo Germani continuiamo il diario di questo suo primo grande Giro. Dopo tanti giorni in sella la fatica si sente eccome, ma la determinazione per arrivare fino in fondo è maggiore.
«Il giorno della crono – racconta Germani poco prima di uscire con i compagni per una sgambata – stavo malissimo. Avevo sensazioni strane, non riuscivo a stare bene in posizione, ero costantemente fuori sella. Sensazioni orribili che mi sono portato dietro per tutta la settimana praticamente».
Durante la cronometro le sensazioni peggiori per Germani: gambe vuote e fatica a stare in posizioneDurante la cronometro le sensazioni peggiori per Germani: gambe vuote e fatica a stare in posizione
Fatica accumulata
Avere una cronometro il giorno dopo quello di riposo non è mai facile, ce lo ha raccontato anche Vincenzo Nibali. Anche quando non si hanno velleità di classifica bisogna comunque spingere, perché in questo ciclismo rallentare sembra quasi proibito.
«Nei due giorni dopo la cronometro – riprende Germani – avevo quella sensazione di gamba vuota. Pian piano è andata sempre meglio, ma ho vissuto con una sensazione di stanchezza generale. A questa ha contribuito anche il raffreddore che da qualche giorno condiziona me e i miei compagni. Non credo si tratti di un virus o altro, semplicemente è dovuto agli sbalzi di temperatura e alla fatica».
Per Germani le prime tappe dopo il giorno di riposo sono state difficili (foto Groupama-FDJ)Per Germani le prime tappe dopo il giorno di riposo sono state difficili (foto Groupama-FDJ)
In squadra che si dice, i tuoi compagni hanno le tue stesse sensazioni?
Più o meno sì. I ritmi sono davvero esagerati, basti pensare che nella tappa di Laguna Negra, il giorno dopo la cronometro, abbiamo tenuto una media di 46 all’ora. Considerando anche la salita finale.
Ritmi alti, che non permettono mai di rifiatare…
Sì, anche Lenny (Martinez, ndr) li ha sofferti. Praticamente il giorno dopo la tappa del Tourmalet tutta la squadra ha fatto gruppetto.
Com’è andata sul Tourmalet? E’ stata la tappa che ha scombussolato la Vuelta..
Quel giorno io ho solamente pensato al tempo massimo, dovevo starci dentro e basta. E’ stata una tappa durissima, già dalla prima salita il ritmo era altissimo, tanto che molti corridori si sono staccati subito (tra cui Evenepoel, ndr).
Nella tappa del Tourmalet la testa era focalizzata sul tempo massimo, nient’altroNella tappa del Tourmalet la testa era focalizzata sul tempo massimo, nient’altro
C’è stata subito una partenza in salita, anche se corta.
Tosta anche quella, poi i 30 chilometri successivi di discesa sono stati fatti a blocco. La Jumbo ha deciso di fare corsa dura fin da subito ed il rischio per me era il tempo massimo. La tappa era corta, quindi non c’era troppo margine (il limite era a 37 minuti, Germani e compagni sono arrivati a 31’57”, ndr).
Com’è stato gestirsi?
La cosa che ho capito fin da subito era che non sarebbe stato utile fare un fuori giri già dalla prima salita lunga, il Col d’Aubique. L’avrei pagato con gli interessi dopo, quindi ci siamo messi al nostro ritmo, ma comunque abbiamo dovuto menare tanto. Solo sull’ultima salita abbiamo potuto gestire di più lo sforzo. Per fortuna avevo dietro l’ammiraglia, quindi potevo andare a prendere i rifornimenti quando volevo, in più ci davano indicazioni per il tempo massimo.
Il giorno dopo però avete faticato ancora, e non poco…
Quella tappa è stata difficile per tutti, anche per Lenny Martinez. Lui sul Tourmalet aveva tenuto più di noi, arrivando a 8 minuti. La tappa successiva però non ci ha nemmeno provato, troppa fatica.
Martinez nella tappa del Tourmalet è stato il primo corridore della Groupama-FDJ a tagliare il traguardo, a 8’25” da VingegaardMartinez nella tappa del Tourmalet è stato il primo corridore della Groupama-FDJ a tagliare il traguardo
Come vi siete fatti forza per arrivare al traguardo?
Io quel giorno da Lenny mi sono fatto spingere (dice ridendo ndr). Con tutte le borracce che gli ho portato un aiuto era più che dovuto. Come detto eravamo tutti nel gruppetto, c’era solo Storer in fuga, ha provato a vincere, ma ha trovato un Evenepoel esagerato.
La sua è stata una super reazione dopo il giorno a vuoto…
Da dentro abbiamo tutti detto: «Chapeau!». Reagire così non è da tutti, anzi, il giorno dopo (ieri, ndr) ci ha provato ancora.
Cosa si dice del dominio Jumbo-Visma?
Ce lo aspettavamo, sono la squadra più forte. Forse non ci si aspettava di vedere Kuss in maglia rossa. Ma fanno davvero paura, erano il team da battere e così è, per il momento in maniera abbastanza incontrastata.
Germani (dietro) e Martinez (davanti) sono entrambi al primo grande Giro (foto Groupama-FDJ)Germani (dietro) e Martinez (davanti) sono entrambi al primo grande Giro (foto Groupama-FDJ)
La fatica di quest’ultima settimana si chiama Angliru, cosa ti aspetti?
Fatica, tantissima. In tappe così penso solamente ad arrivare all’imbocco della salita finale e poi sfilarmi. Per fortuna abbiamo un pacco pignoni che va dall’11 al 34 e nonostante questa scala ampia riusciamo a montare il 54-36 davanti. Se avessi dovuto montare il 52 mi sarei sentito come un allievo in mezzo ai professionisti (ride ancora, ndr).
Da qui a fine Vuelta manca una settimana, obiettivi?
Mi piacerebbe entrare in una fuga, in questi giorni ci ho provato qualche volta, ma è tostissima. Le tappe sono state vinte solamente da grandi campioni, non c’è praticamente spazio per gli altri. Domenica ho provato ad uscire, stavo anche abbastanza bene. Dopo 10 chilometri la strada si stringeva e avevo individuato quello come punto ideale. Invece la fuga è andata via 50 chilometri dopo. Anche questa è tutta esperienza, bisogna saper attendere e muoversi al momento giusto.
Poi Germani ci racconta del raffreddore che sta passando e di altri problemi. Verso le 11,30 lo lasciamo andare, a breve deve prendere la bici per fare una sgambata, sperando che sciolga un po’ le fatiche di queste 15 tappe.
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Questi primi nove giorni di Vuelta hanno fatto parlare tanto, anche per situazioni extra corsa. Per Lorenzo Germani è la prima volta in un grande Giro, e la sua squadra, la Groupama-FDJ, ha deciso di farlo partire proprio dalla Spagna. Un esordio lontano dai riflettori di casa, ma che per il giovane ciociaro ha comunque un grande significato. Oggi era il primo giorno di riposo, nove fatiche alle spalle, che Germani è pronto a raccontarci tutte d’un fiato.
Una Vuelta partita bene per i francesi, con una crono a squadre terminata in quinta posizioneUna Vuelta partita bene per i francesi, con una crono a squadre terminata in quinta posizione
Riposo completo
«Domani – racconta dalla stanza dell’hotel Germani – si ripartirà con una cronometro. Di conseguenza oggi non ho preso la bici, nessuna sgambata, riposo totale. Ieri siamo partiti tardi, nonostante fossimo sul primo volo (la corsa si è spostata dalla zona di Murcia a quella della Castilla, ndr). Siamo arrivati in hotel prima di altre squadre, ma comunque non presto. La sveglia era alle ore 10 e oggi mi sono diviso tra massaggi e un controllo dall’osteopata».
Nove tappe complicate, la gambe si sono “sciolte” con il passare dei giorni e dei chilometriNove tappe complicate, la gambe si sono “sciolte” con il passare dei giorni e dei chilometri
Queste prime fatiche che cosa ti hanno lasciato nelle gambe?
All’inizio muscolarmente ero più rigido, con il passare dei giorni mi sono sbloccato, me lo ha detto anche il massaggiatore che i miei muscoli sono più “molli”. Gli ultimi 3 giorni sono stati particolari, la tappa di Oliva (la settima, ndr) è stata tranquilla. Le due successive no, siamo andati davvero forte.
Riavvolgiamo il nastro fino a Barcellona, che effetto ti ha fatto partire per la tua prima Vuelta?
Fino a quando non sono salito sulla passerella di partenza, non sono stato del tutto tranquillo. Avevo un po’ di ansia che potesse succedere qualcosa, l’imprevisto è sempre dietro l’angolo. Sapevo di far parte della squadra da inizio luglio, quindi ho avuto il modo giusto di avvicinarmi e approcciare questo impegno.
E gli attimi prima di salire sul trampolino? Eri nervoso?
No, da quando sono salito sui rulli per fare riscaldamento fino alla fine della prova ho mantenuto alta la concentrazione. Sono entrato in quella che possiamo definire una sorta di bolla. In quel momento ero più concentrato che emozionato.
Germani alle spalle di Molard, il corridore più esperto nella squadra franceseGermani alle spalle di Molard, il corridore più esperto nella squadra francese
Com’è partecipare al primo grande Giro?
Davvero molto bello. Abbiamo avuto modo di creare il nostro gruppo piano piano. E’ dal Polonia che lavoriamo insieme, anzi dal ritiro di Tignes. I compagni li conosco bene, considerando che su 8 corridori siamo in 5 della generazione 2000 (i francesi Martinez e Gregoire, gli inglesi Askey e Watson, ed infine il nostro Germani, ndr). La squadra è super tranquilla e non ci mette pressione, l’ambiente è super familiare.
Come squadra siete partiti bene…
Bisogna dire che siamo partiti subito forte, anche nella cronometro di apertura siamo stati davanti. Abbiamo ottenuto il quinto tempo, a pari con la Education-Easy Post, terzi. Lenny Martinez ha indossato la maglia bianca, anche se non ne era il detentore ufficiale (spettava a Evenepoel, che però indossava la roja, ndr).
Trovarti in gruppo a tirare davanti agli squadroni come Jumbo e Soudal Quick-Step fa “strano”. Prima li vedevi solamente in televisione, poi però ci parli e ti accorgi che sono persone come te. Scherzi, ridi e scambi qualche battuta. Il giorno dopo aver preso la maglia sono stati loro i primi a farci le congratulazioni. Sono stati molto rispettosi.
Germani insieme a Martinez, in maglia bianca, i due sono molto legati (foto Instagram)Martinez ha conquistato la maglia di leader della classifica alla fine della sesta tappa, lasciandola al termine di quella successivaGermani insieme a Martinez, in maglia bianca, i due sono molto legati (foto Instagram)Martinez ha conquistato la maglia di leader della classifica alla fine della sesta tappa, lasciandola al termine di quella successiva
A Martinez hai detto qualcosa?
Che l’unico modo che aveva di farmi tirare per lui era prendere la maglia, ci è riuscito! Però dai, non ho dovuto lavorare nemmeno così tanto (dice con una risata, ndr).
In gruppo con chi ti è capitato di parlare?
Durante una tappa Roglic mi ha passato in un tratto di discesa e mi ha detto: «Il problema è che vado forte in discesa, ma piano in salita». Mi ha strappato una risata, se lui ha questo problema figuriamoci noi altri.
Il tifo com’è? Caldo?
Sì, fin dalle prime salite senti una grande emozione nel pedalare con tutta questa gente a bordo strada. Poi arrivi nei chilometri finali e diventa ancora di più, senti una spinta incredibile.
In gruppo c’è spazio per una battuta e una parola con tutti i corridoriIn gruppo c’è spazio per una battuta e una parola con tutti i corridori
Avete già affrontato tante difficoltà: salite, cadute e ventagli. Il momento più importante?
Nove giorni intensi. Nella frazione di ieri, ero contento di essere rimasto nel primo gruppo davanti durante i ventagli. Peccato che Martinez non sia riuscito a seguirmi ed è rimasto dietro. Ad un certo punto non sentivo la radio e non capivo cosa fare.
Trovate il tempo per vivere un po’ di “vita comune”?
Poco ad essere sinceri. Le tappe finiscono tardi, e non siamo mai a cena prima delle 21. Non è semplice, anche perché i trasferimenti sono davvero lunghi, i momenti in comune sono principalmente in pullman, dove ridiamo e scherziamo.
E con chi sei in stanza?
Gregoire. Mi trovo bene con lui, siamo in stanza insieme dal ritiro di febbraio e spesso condividiamo la stanza. Per caso, credo, visto che il mio cognome viene prima del suo nell’elenco della squadra. Durante il ritiro di febbraio avevamo un letto matrimoniale, abbiamo cercato di cambiare stanza e prendere due letti singoli, ma non ci siamo riusciti. Diciamo che una volta dormito nello stesso letto, abbiamo abbattuto tutte le barriere (altra risata, ndr).
Nella tappa nove Germani (a destra in maglia Groupama) è stato bravo a muoversi nei ventagli, ritrovandosi nel gruppo di testa (foto Instagram)Nella tappa nove Germani (a destra in maglia Groupama) è stato bravo a muoversi nei ventagli, ritrovandosi nel gruppo di testa (foto Instagram)
Come vi trovate?
Benissimo. Parliamo, ci confrontiamo, ed in più abbiamo trovato un nostro equilibrio che ci permette di vivere sereni.
La notte prima dell’esordio hai dormito?
Ho fatto fatica. Le notti successive, soprattutto le ultime, arrivava la stanchezza a chiudermi le palpebre.
Questo riposo ci voleva, insomma, cosa ti viene in mente se pensi che ci sono ancora due settimane di gara?
Mi pongo più dei mini obiettivi. Non posso pensare a tutto insieme, altrimenti diventa ancora più dura. So bene che arriveranno le tappe toste e cercheremo di fare il massimo per mantenere la buona posizione di Lenny Martinez.
Loro sono i ragazzi di “Gigì”, di Jerome Gannat. Parliamo delle giovani perle della Groupama-Fdj che dalla continental sono passati in prima squadra. Ragazzi che ora sono impegnati nelle gare più importanti del WorldTour e che si apprestano ad affrontare il loro primo grande Giro: la Vuelta.
Tutto è nato con una battuta scambiata al Giro della Valle d’Aosta proprio con Gannat, il diesse della continental francese. Gli avevamo chiesto dove fossero i suoi ragazzi, quelli con cui ha vinto tante gare, con cui dominava lo stesso Valle d’Aosta e tante altre corse di primo piano e lui: «Eh – sospirando – i miei ragazzi sono alla Vuelta!». La frase si era conclusa però con un sorriso e una “coda” d’orgoglio.
Gannat (il secondo da sinistra) era il diesse del forte gruppo della continental, passato quasi tutto in prima squadraGannat (il secondo da sinistra) era il diesse del forte gruppo della continental, passato quasi tutto in prima squadra
Martinez sogna
In Polonia c’erano Germani e Martinez: ormai due fratelli. Come del resto anche gli altri. Questo è un punto forte del gruppo di Madiot che fa leva sul centro di Besançon, sulla formazione tutti insieme sin da giovani.
«Io – spiega Martinez – sapevo che avrei dovuto fare la Vuelta sin da gennaio. Per me non è stata del tutto una sorpresa, ma sono ugualmente molto felice di andarci. E’ una vera emozione. Sarà una grande esperienza. E’ tutta la squadra che è giovane. E credo sia super!».
«Gannat? E’ il mio diesse e mi manca. A lui sono affezionato, ma ora siamo qui».
Al Polonia Martinez ha chiuso 12° nella generale. Bene anche Germani che lo ha aiutato (foto Instagram – @gettysport)Al Polonia Martinez ha chiuso 12° nella generale. Bene anche Germani che lo ha aiutato (foto Instagram – @gettysport)
Vuelta guadagnata
Rispetto a Martinez e Gregoire, Germani non era certo di andare in Spagna. In qualche modo doveva guadagnarsela. Magari non per forza a suon di risultati, ma dimostrando che era pronto fisicamente e mentalmente. Il primo anno del WorldTour può essere molto complicato. Ma il laziale, e anche i suoi compagni, ha mostrato a Madiot di saper tenere, di avere le spalle abbastanza grandi per un grande Giro.
«E’ bello che siamo tutti insieme e tutti noi ci aiutiamo, ci conosciamo bene. Sarà una bella avventura», ha detto Germani.
«Della Vuelta ne parliamo tra di noi, non sempre… ma ne parliamo. E’ il nostro primo grande Giro. Siamo tutti emozionati. Sarà un’esperienza importante anche perché siamo cresciuti insieme. E’ un po’ come tornare ai vecchi tempi. E questo, immagino, rende l’approccio diverso per noi rispetto ai ragazzi delle altre squadre che arrivano ad un grande Giro per le prima volta. Siamo noi, siamo il “solito” gruppo».
«E’ bello questo passaggio – aggiunge Martinez – dal “baby Giro”, al Valle d’Aosta e ora alla Vuelta».
Romain Gregoire (classe 2003) in Spagna potrebbe puntare alle tappe. Prima della Vuelta dovrebbe disputare il Tour du LimousinReuben Thompson (classe 2001) è tra i più maturi della “Banda Gigì”. L’australiano è un corridore completoRomain Gregoire (classe 2003) in Spagna potrebbe puntare alle tappe. Prima della Vuelta dovrebbe disputare il Tour du LimousinReuben Thompson (classe 2001) è tra i più maturi della “Banda Gigì”. L’australiano è un corridore completo
All’arrembaggio
I giovani della Groupama-Fdj sono quindi pronti a dare assalto alla Vuelta. Battitori liberi, senza pressione, ma con tanta classe. «L’affronteremo giorno per giorno», ci dicono. Il che sa di un attacco annunciato.
Per questo appuntamento non hanno cambiato allenamenti, né fatto qualcosa di specifico. Hanno seguito un approccio “normale”, inserito in un più generale programma di lavoro, di crescita naturale. Quindi: altura, gare di preparazione e nessuna uscita particolarmente lunga. Semmai di diverso c’è stata la prova della cronosquadre durante l’altura.
«Abbiamo fatto un avvicinamento molto standard – dicono in coro i ragazzi – tre settimane in altura e nulla di particolare. Non abbiamo visto nessuna tappa, però abbiamo fatto una riunione per conoscere a grandi linee il percorso. Abbiamo studiato i profili, ma non abbiamo fatto nessuna ricognizione in bici».
I ragazzi della “banda Gigì” qualcosa s’inventeranno. Tra gli under 23, speso facevano il bello e il cattivo tempo. Magari sbagliavano anche, ma la corsa passava da loro.Mai passivi. Sempre col coltello tra i denti.
Nel WT dei grandi non sarà facile ripetersi, ma siamo pronti a scommettere che non staranno sulle ruote. Neanche alla Vuelta.
Dopo il debutto al Tour Down Under in Australia e due corse in Spagna nel weekend 11-12 febbraio, Lorenzo Germani è tornato a casa a Roccasecca, mettendo in fila una serie di allenamenti con la maiuscola. Incuriositi dal lavoro e dal debutto, lo abbiamo raggiunto, scoprendo che le ultime settimane hanno portato dei notevoli cambiamenti nel metodo di lavoro. Soprattutto per quanto riguarda l’alimentazione. Niente di nuovo probabilmente per gli atleti più maturi, ma il primo passo per il ventenne della Groupama-FDJ verso il livello superiore.
«Il debutto nel WorldTour – dice – è stato duro. Le prime tre tappe sono andate bene. Nelle ultime due però… Niente, finito, morto. Nell’ultima in realtà mi ero ripreso un po’, solo che a 20 chilometri all’arrivo Molard, che era il nostro uomo di classifica e che puntava a entrare nei 10, ha forato. Gli ho chiesto alla radio se volesse la ruota o la bici e lui ha detto la bici. Così mi sono fermato e gliel’ho data, poi ho continuato tranquillo. E’ andata così, però diciamo che il mio gesto è stato apprezzato.
Nell’ultima tappa del Tour Down Under, Germani ha ceduto la bici a Rudy Molard, che faceva classificaNell’ultima tappa del Tour Down Under, Germani ha ceduto la bici a Molard, che faceva classifica
Qual è stata la difficoltà principale?
Il ritmo, ma soprattutto i cambi repentini. Dal mortorio ad avere la sella in punta ai 60 all’ora, neanche te ne accorgevi. In un momento passi dal ridere e scherzare a sputare l’anima. E poi anche il nervosismo, la maggior parte delle volte per niente.
Un altro stile di corsa, insomma…
Prima tappa, prima corsa da professionista. Partiamo e penso che qualcuno proverà ad andare in fuga, invece niente. Allora il direttore sportivo alla radio si mette a scherzare: «Benvenuti nel World Tour…». E allora rispondo io e chiedo: «Ma quando finisce il trasferimento?». E giù tutti a ridere, poi però il trasferimento è finito e non rideva più nessuno…
Recuperato subito tutto?
Mica tanto. Sono arrivato in Australia che stavo bene. Siamo andati due settimane prima e abbiamo fatto 25 ore di lavoro tosto per settimana. Quando sono tornato a casa avevo una sensazione strana. A livello di jet lag e cose legate non ho avuto nessun problema. Però in bici non mi sentivo per niente bene, in più mi vedevo gonfio e ho preso peso. Finché una settimana dopo il rientro, ho avuto un virus intestinale. Quindi praticamente ho passato una settimana a non fare niente per via del recupero post Australia e un’altra a non fare niente perché stavo male. Nei giorni successivi mi allenavo però non andavo avanti e questa cosa l’ho pagata in Spagna nelle corse di due settimane fa: Murcia e Almeria.
Debutto al Tour Down Under e non poteva mancare il saluto al koala (foto Instagram)E poi è la volta del canguro, anzi del wallaby, di taglia inferiore (foto Instagram)Debutto al Tour Down Under e non poteva mancare il saluto al koala (foto Instagram)E poi è la volta del canguro, anzi del wallaby, di taglia inferiore (foto Instagram)
E adesso?
Insieme all’allenatore ci siamo messi a studiare. A me piace analizzare e capire. E visto che ci sentiamo quasi ogni giorno, abbiamo fatto il punto della situazione. Abbiamo visto che in 8 giorni di allenamento, ne ho fatti 3 di vero lavoro. E a questi livelli, se sei anche al 75-80 per cento prendi delle belle sventagliate…
Adesso va meglio?
Mi sono allenato e sinceramente mi sento bene. Ho approfittato dell’ultima settimana per rimettermi a posto. Sono tornato lunedì e abbiamo pianificato di fare martedì tranquillo, poi mercoledì e giovedì un po’ di più, venerdì recupero e poi una bella tripletta sabato, domenica e lunedì. Inoltre in questa settimana di carico, anche con il nutrizionista abbiamo impostato bene il piano alimentare. Alla fine sono riusciti ad inculcarmi il fatto di mangiare e bere bene in bicicletta. In effetti mi sono sentito per tutto il tempo con la gamba piena.
Vedendo la tua attività sui social, hai fatto anche parecchia salita…
Sì, stavo bene e ho fatto un sacco di dislivello. Solo questa settimana ho fatto 20 ore e 9.000 metri di dislivello, con un giorno di riposo. Ieri ho fatto 4 ore scarse con 1.800 metri di dislivello e ho preso i KOM sulle tre salite principali della zona.
In questa settimana, per Germani finora 20 ore di allenamento e 9.000 metri di dislivello (foto Instagram)In questa settimana, per Germani finora 20 ore di allenamento e 9.000 metri di dislivello (foto Instagram)
Rientri nel weekend a L’Ardeche, ma quando è previsto che tu vada forte davvero?
Tra circa un mese, diciamo da fine marzo a fine aprile. Avrò il Catalunya, le tre classiche francesi a Besancon, poi il Romandia. In quel periodo dovrò essere davvero in condizione. Avrò due settimane e mezzo per prepararmi. Per metà faremo un blocco di lavoro, per metà assimilazione.
Che cosa intendevi dicendo che ti hanno convinto a mangiare bene in bicicletta?
Quando ero a casa, partivo con una borraccia d’acqua e mangiavo una barretta. Poi magari mi fermavo per un caffè e semmai un cornetto. Adesso invece mi hanno fatto entrare in testa che se alla macchina metti la benzina dopo che l’hai finita, devi portarcela a piedi in una tanichetta. Se invece la metti mentre ancora vai, ti risparmi di camminare fino al distributore.
Quindi adesso come mangi?
Dipende dal tipo di lavoro. Per questa settimana il nutrizionista mi ha fatto proprio il piano perfetto. L’allenatore gli ha dato gli allenamenti di tutti i giorni e lui ha elaborato il piano alimentare. Sono nello stesso ufficio in sede a Besancon, hanno le scrivanie attaccate. Lavorano sempre in sintonia.
La sosta al bar ci può anche stare, conferma Germani, ma solo se inserita in una pianificazione attenta (foto Instagram)La sosta al bar ci può anche stare, ma solo se inserita in una pianificazione attenta (foto Instagram)
Che cosa è cambiato?
Soprattutto il conto dei carboidrati per ogni ora. Oggi che dovevo fare 3 ore e mezza di endurance, avevo 75 grammi di carboidrati per ora, fra borracce e barrette. Un altro giorno avevo 4 ore, ancora di endurance, e abbiamo fatto 60 grammi. Quando si è trattato di fare 4 ore con lavori intensi, siamo saliti a 120 grammi per ora, come in corsa, ma solo nell’ora in cui raggiungevo le intensità più alte. Nelle ore restanti, sono ritornato a 60 grammi l’ora, perché ne avevo meno bisogno. Devo dire che c’è stato un cambio netto. Anche ieri ho dovuto fare dei lavori di soglia e praticamente con il piano che mi aveva fatto, erano previsti 80 grammi l’ora. E ho notato che dal primo al terzo dei lavori ho avuto sempre le stesse sensazioni. Come in gara, perché in gara ho sempre mangiato come diceva lui. Bisogna allenarsi anche a mangiare.
In che modo?
Mi dice Lucas Papillon, il nutrizionista, che se l’intestino non lo abitui già in allenamento, in gara puoi mangiare pure 200 grammi di carboidrati l’ora, ma non li assimili perché l’intestino non è capace. In gara c’è lui che ti fa trovare le borracce e le barrette pronte. A casa te le devi preparare da solo e quindi se uno non ci sta con la testa al 100 per cento, si perde qualche pezzo. Io con questo piano così preciso, mi sono trovato davvero bene. Perché mangiando così in bici, anche fuori dalla bici non c’è bisogno di tanto. Insomma, al rientro a casa non avevo neanche troppa fame. Perché non arrivi in debito, la glicemia è sempre costante e alla fine mi sono anche asciugato.
I 120 grammi l’ora di carboidrati li raggiungi con le barrette o anche le borracce?
Quasi solo con le borracce. Ieri ne avevo due da un litro ciascuna. Avevo da fare quattro ore con il lavoro specifico nella prima. Perciò per la prima ora ho usato la prima borraccia con 120 grammi di carboidrati. Nella seconda borraccia c’era quel che serviva per finire il lavoro.
Allenarsi vicino casa, scrive su Instagram, non ha paragoni. Germani è del 2002, vive a Roccasecca (Frosinone)Allenarsi vicino casa, scrive su Instagram, non ha paragoni. Germani è del 2002, vive a Roccasecca (Frosinone)
E per i cibi solidi?
Ha fatto il piano anche con quelli e sta tutto nel timing in cui prenderli. Nel momento in cui devi fare un certo lavoro, sai di dover prendere il gel tot minuti prima. La barretta invece tot minuti dopo. Fatto questo, non serve altro. Anzi, una volta che hai questa disciplina, puoi anche fare la sosta al bar. Tanto che nella tabella di ieri c’era scritto che dopo le prime tre ore potevo fermarmi in una boulangerie.
Tutti i corridori della squadra vengono seguiti in questo modo?
Lo fanno con tutti. Magari una settimana glielo chiede un corridore. La settimana dopo arriva un altro. Una settimana lavorano con la glicemia di uno, la settimana dopo con la glicemia di un altro. Sono quelle cose che ti fanno fare il salto di qualità. Insomma, penso che ho appena fatto tre giorni di carico e non me li sento per niente.
Lapierre Xelius SL3 e Aircode DRS sono le due bici da strada. A loro si aggiunge la crono Aerostorm DRS. Rispetto alla stagione 2022 le variazioni in casa Groupama-FDJ sono minime e toccano principalmente gli allestimenti.
Ne abbiamo parlato anche conLorenzo Germani. Il corridore italiano fa parte della rosa WorldTour della squadra transalpina e pur essendo molto giovane ha avuto modo di provare la “vecchia” e l’ultima versione della Xelius. In apertura, Lorenzo è impegnato nel prologo del Tour Down Under, corso con la Xelius e la lenticolare posteriore. Vista l’impegnativa trasferta australiana e gli appena 5 chilometri della prova, non sono state portate le bici da crono.
Lorenzo Germani con il kit e la bici 2023 (Nicolas Götz/Groupama-FDJ)Lorenzo Germani con il kit e la bici 2023 (Nicolas Götz/Groupama-FDJ)
Xelius SL3, cambio radicale
«E’ difficilemettere a confronto la Xelius nuova con la versione precedente – spiega il corridore laziale – perché sono due biciclette molto diverse tra loro. Quella nuova è rigida, reattiva ed è molto leggera. Io uso una 54, sfiora i 7 chili e 100 grammi. Una grande differenza si vede anche in discesa, perché su quella nuova si ha un maggiore controllo anche alle velocità più elevate.
«Rispetto allo scorso anno l’upgrade principale è stato il manubrio, ora utilizzo quello tutto in carbonio ed integrato. Anche in questo caso ho un componente rigido, comodo e tanto sfruttabile nelle diverse situazioni. Le mie caratteristiche fisiche mi pongono tra una taglia media e una large, ma sono stretto di spalle. La piega è larga 38 centimetri, mentre lo stem è lungo 14, eppure ha una enorme stabilità che si riflette su tutto l’avantreno della bici».
Germani, sempre le ruote da 36 da usare in allenamento (Nicolas Götz/Groupama-FDJ)Germani nel 2022 ha usato la Xelius SL3, ma con la piega classica (Nicolas Götz/Groupama-FDJ)Le operazioni di setting durante il ritiro a Calpe (Nicolas Götz/Groupama-FDJ)La Xelius SL3 usata da Gaudu al Tour 2022, grafiche a parte è uguale a quella di quest’annoGermani, sempre le ruote da 36 da usare in allenamento (Nicolas Götz/Groupama-FDJ)Germani nel 2022 ha usato la Xelius SL3, ma con la piega classica (Nicolas Götz/Groupama-FDJ)Le operazioni di setting durante il ritiro a Calpe (Nicolas Götz/Groupama-FDJ)La Xelius SL3 usata da Gaudu al Tour 2022, grafiche a parte è uguale a quella di quest’anno
Meglio con 54-40 e 11-34
«Davanti – prosegue Germani – ho sempre la doppia corona 54-40 e dietro mi piace sfruttare i pignoni 11-34, in allenamento e spesso anche in gara. Quando mi alleno, l’11-34 mi permette di riposare a scaricare la pedalata, mentre in gara mi dà la possibilità di non togliere il padellone davanti e magari usare il 30 dietro. Per molti è un incrocio non corretto, però permette di fare velocità e per noi è quello che conta.
«Quanto alle ruote, sulla bici da allenamento ho le Dura Ace C36 con il copertoncino, invece in gara uso di più le C50, raramente quelle da 60 millimetri. Nelle giornate di gara possiamo scegliere tra la versione tubolare, oppure tubeless. Utilizzo una sella corta, la Scratch M5 del nostro sponsor tecnico Prologo».
Demare con la Aircode DRS, munita di manubrio integrato (Nicolas Götz/Groupama-FDJ)Il manubrio integrato, naturalmente predisposto ai pulsanti satellitariLa costruzione delle Lapierre, con l’innesto del carro posteriore in un secondo momento (foto Lapierre)La Aerostorm DRS TT Disc con la ruota Revolver sull’anterioreDemare con la Aircode DRS, munita di manubrio integrato (Nicolas Götz/Groupama-FDJ)Il manubrio integrato, naturalmente predisposto ai pulsanti satellitariLa costruzione delle Lapierre, con l’innesto del carro posteriore in un secondo momento (foto Lapierre)La Aerostorm DRS TT Disc con la ruota Revolver sull’anteriore
Velocisti su Aircode DRS
Buona parte del gruppo al servizio di Demare, o comunque i passisti, possono contare anche sul modello Aircode DRS, ovvero la bici aero dell’azienda francese. Sia questa sia la Xelius fornite ai pro’ sono costruite con il modulo di carbonio HM e Superlight, che prende anche il nome di Team Layup. Per i normali utenti questa versione è disponibile “solo” come frame-kit, oppure come bicicletta completa con allestimenti Anniversary.
La Lapierre Aircode DRS deriva in maniera diretta, per studi aerodinamici e sviluppo, dalla sorella Aerostorm TT disc, una delle biciclette da crono più ambite del circus, al pari della Cervélo P5. Sul mezzo da crono è particolare l’impiego delle ruote anteriori a tre razze Revolver Troikamax (mentre quelle posteriori sono Shimano), usate prima da Kung e poi mutuate da altri atleti.
Tutte le biciclette dei corridori Groupama-FDJ hanno il manubrio integrato in carbonio, che l’anno passato era un’esclusiva per il modello Xelius. Questo manubrio integrato Lapierre è naturalmente predisposto all’alloggio dei pulsanti per il controllo remoto della trasmissione. La trasmissione è Shimano Dura Ace e comprende l’omonimo power meter, così come le ruote. La scorsa stagione in pochissimi hanno usato i tubeless Continental, che invece riscuotono maggiori consensi da quest’anno, ma come ci ha detto Lorenzo Germani, gli atleti hanno libertà di scegliere tra tubolare e tubeless.
Shimano mette a punto il fondello per i calzoncini Tenku su misura per la sua sella da gara PRO Stealth. Comfort, igiene e anatomia a livello eccezionale
Guarnieri lascerà la Groupama-FDJ a fine stagione. Ma prima di andare gli abbiamo chiesto di spiegarci che ambiente troveranno Germani e gli altri 7 neopro'
Con un passo davvero deciso e nello stesso tempo veloce, Julbo prosegue la sua crescita all’interno del mercato sportivo italiano. Stiamo parlando di una realtà di fama mondiale con alle spalle ben 134 anni di esperienza. L’azienda francese è stata infatti fondata nel 1888 nel dipartimento dello Jura, in quella che può essere considerata la patria dell’industria francese dell’occhialeria.
Oggi Julbo è in grado di proporre al mercato prodotti high-tech che spaziano dall’alpinismo allo sci in tutte le sue discipline e sfaccettature. L’azienda francese realizza inoltre occhiali di alto livello anche per vela, running, enduro e naturalmente per ciclismo su strada.
Il coordinamento delle attività di Julbo in Italia sarà affidato a Stefano CronstMarta Ripamonti ricoprirà il ruolo di Account Manager per l’area Piemonte, Liguria e Valle d’AostaLuca Bergamini: figura commerciale di riferimento per Lombardia ed Emilia-Romagna Il coordinamento delle attività di Julbo in Italia sarà affidato a Stefano CronstMarta Ripamonti ricoprirà il ruolo di Account Manager per l’area Piemonte, Liguria e Valle d’AostaLuca Bergamini: figura commerciale di riferimento per Lombardia ed Emilia-Romagna
L’Italia cresce
A distanza di quattro anni dal cambio di strategia deciso per il mercato Italia, Julbo conferma il trend positivo delle vendite chiudendo l’anno fiscale con una crescita del 10% rispetto al precedente. Un dato questo che proietta il secondo trimestre dell’anno in corso ai massimi storici.
Thomas Pellegrino, Direttore Commerciale Europa Med, ha voluto commentare con queste parole la situazione positiva del mercato italiano per Julbo.
«Stiamo affrontando grandi sfide e ci poniamo traguardi ambiziosi per l’Italia. Julbo è un prodotto tecnico dedicato alla performance, che vanta oltre 100 anni di tradizione e know-how, ideato e progettato da chi ama lo sport, per atleti e professionisti dell’outdoor e per gli amatori più esigenti. Abbiamo l’obiettivo di crescere insieme ai nostri partner, per questo, abbiamo la necessità di avere un team in solida evoluzione».
Thibaut Pinot è uno dei volti di riferimento della Groupama-FDJThibaut Pinot è uno dei volti di riferimento della Groupama-FDJ
Un nuovo team
Come anticipato dallo stesso Thomas Pellegrino, per il brand francese risulta oggi fondamentale avere un team in grado di presidiare al meglio il mercato italiano. Il coordinamento delle attività di Julbo per il nostro Paese è stato affidato a Stefano Cronst che ricoprirà il ruolo di Country Manager. Nel suo lavoro potrà contare sulla professionalità consolidata di Marta Ripamonti, Account Manager per l’area Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta. Accanto a loro Luca Bergamini, selezionato come figura commerciale di riferimento per Lombardia ed Emilia-Romagna.
Il nuovo assetto del team rispecchia l’approccio strategico dell’azienda al mercato, volto a garantire una crescita organica e sostenibile, capace di mantenere l’attenzione sul partner offrendo formazione, supporto alle attività di sell-out e un livello di assistenza post vendita adeguato alla qualità e ai valori del brand.
Trai i giovani passati dalla continental del team francese alla formazione WorldTour c’è anche Lorenzo Germani (foto Facebook Lapierre)Trai i giovani passati dalla continental del team francese alla formazione WorldTour c’è anche Lorenzo Germani (foto Facebook Lapierre)
Con Pinot e compagni
Ricordiamo che Julbo non è solo occhiali, ma anche caschi. Il brand francese ha inoltre un forte legame con il ciclismo. Da quest’anno la Groupama-FDJ, la formazione diretta da Marc Madiot, utilizzerà caschi firmati Julbo mentre nel 2024 ai caschi si aggiungeranno anche gli occhiali. Diverso il discorso per la formazione continental del team francese che nel 2022 ha dominato la scena internazionale con Lenny Martinez, Romain Gregoire e il nostro Lorenzo Germani. I ragazzi del team continental già da quest’anno utilizzeranno caschi e occhiali Julbo.
Piganzoli è di Morbegno, più valtellinese non si può. Eppure quando lo senti parlare, ti rendi conto che l’anno alla Fundacion Contador gli ha lasciato addosso la cantilena spagnola e pensi a uno di là che parli molto bene l’italiano.
I ragazzi del 2002
Il “Piga” passa professionista alla Eolo-Kometa e, come disse Ivan Basso, è il primo assieme a Tercero ad aver sposato e creduto ancora nel progetto della squadra italo/spagnola. Assieme a Milesi, Garofoli e Germani, Piganzoli è uno di quelli da seguire con curiosità, per quel che ha fatto già vedere e l’atteggiamento con cui si affaccia al professionismo.
«Siamo sempre stati rivali in corsa – sorride – ma alla fine siamo anche tanto amici. Abbiamo condiviso bellissime gare e bei momenti. In gara però non si fanno sconti. Nel senso che si prova sempre a staccare tutti. Sapere di essere attesi non la vivo come una responsabilità. Si fanno le cose nel modo giusto, l’importante è lavorare bene e puntare agli obiettivi. Se vengono, bene. Se non vengono, ci sarà da imparare e migliorare».
Mattina in palestra, Piganzoli lavora con Barredo sulla stabilità del ginocchio (foto Maurizio Borserini)Mattina in palestra, Piganzoli lavora con Barredo sulla stabilità del ginocchio (foto Maurizio Borserini)
«Qualche giorno fa – prosegue Piganzoli – abbiamo fatto una riunione con Alberto Contador. Diceva che si va alle gare per vincere, ognuno deve avere dentro questa cattiveria agonistica. La capacità di dire: “Vado a questa gara e voglio vincere, non solo partecipare”. Voglio arrivare alle corse sapendo di aver fatto tutto in modo perfetto per provare a vincere. Poi ovviamente si corre in 180 e vince solo uno, però si punta a essere quello lì».
Un bel salto
Piganzoli è nato nel 2002, è alto 1,74 e pesa 61 chili. Numeri da scalatore, ma nel 2022 ha vinto anche il campionato italiano a cronometro. Dopo la generale della Bidasoa Itzulia, il quinto posto al Tour de l’Avenir è stato il miglior risultato di fine stagione, con l’arrivo in salita di Saint Francois Longchamps in cui è risalito dalla decima alla quarta posizione, essendo stato il solo ad opporsi al solito Uijtdebroeks, salvo cedere una posizione nell’ultima tappa, nel giorno della vittoria dell’amico Milesi in maglia DSM.
«Mi sento pronto – dice – ho parlato con tutti gli allenatori. E’ un bel salto, però vogliamo provare a farlo tutti assieme. Ci stiamo preparando bene. Finora ho fatto un buon inverno, anche a casa. Il tempo è stato bruttino, era freddo, ma diciamo che mi sono salvato perché nel momento peggiore siamo venuti in Spagna. E qui abbiamo fatto tanti chilometri, facendo anche tanto gruppo. Il gruppo è affiatato e questo è importante».
Davide Piganzoli è stato il terzo italiano a vincere la Bidasoa Itzulia, dopo Mancuso e OrsiniDavide Piganzoli è stato il terzo italiano a vincere la Bidasoa Itzulia, dopo Mancuso e Orsini
Cuore spagnolo
Lo abbiamo incontrato nel primo ritiro della Eolo-Kometa, nel bar un po’ chiassoso dell’Oliva Nova Beach & Golf Resort, dove questa sua parlata spagnola è stata evidente.
«Me l’hanno detto in tanti – sorride – ho imparato la lingua, la parlo abbastanza bene. Credo di avere ormai una parte spagnola, perché mi hanno trattato bene, mi hanno insegnato molto. Ho fatto un bel calendario con loro, in Spagna e in giro per l’Europa. Avevamo cerchiato gli obiettivi a inizio anno. Le classiche italiane e poi il Giro, poi un probabile Tour de l’Avenir alla fine. Le classiche italiane sono andate bene, il Giro un po’ meno di quello che ci aspettavamo, ma solo perché abbiamo trovato qualcuno che andava più forte di noi. Poi abbiamo provato a fare per la prima volta l’altura a Sestriere con la nazionale e i risultati si sono visti. Sia col secondo posto a La Maurienne in Francia (corsa vinta il 6 agosto da Dinham, con 31” sull’azzurro, ndr), sia col quinto all’Avenir».
Milesi e Piganzoli a Sestriere, preparando l’Avenir: per Davide era la prima volta in alturaMilesi e Piganzoli a Sestriere, preparando l’Avenir: per Davide era la prima volta in altura
La novità altura
L’assist è eccellente. Nell’eterno discorso sui margini di crescita, vedere che un corridore ormai professionista non aveva mai lavorato in altura fa pensare a quanto si possa ancora costruire.
«Ci sono tanti italiani – dice – che fanno ritiri molto lunghi in altura, per avere i vantaggi che di sicuro ci sono. Però alla fine, parlando anche con la squadra, se questi vantaggi possiamo spostarli un pochino più avanti, a quando sarò professionista, alla fine sarà un vantaggio per tutti. Ho creduto nel progetto dall’inizio, ho avuto diverse offerte, però alla fine ho deciso di rimanere qua perché conosco la squadra. Conosco il progetto che hanno e so quanto credono in me, quindi ho deciso di premiarli. Allo stesso modo in cui loro hanno deciso di premiare me, permettendomi di rimanere».
Anche per il 2022, le bici del team saranno le Aurum, l’azienda che ha Contador e Basso come soci (foto Maurizio Borserini)Anche per il 2022, le bici del team saranno le Aurum, l’azienda che ha Contador e Basso come soci (foto Maurizio Borserini)
«Adesso si ricomincia da capo – riprende Piganzoli – quello che è passato non vale più. D’ora in avanti è tutto un nuovo mondo, ma di certo la voglia di farmi vedere c’è. Punterò forte sulla strada, ma cercherò ugualmente di preparare la crono. Mi piacerebbe diventare un corridore da corse a tappe. Ho visto che ho un buon recupero, mi piacciono tanto le salite lunghe e andare bene a cronometro potrebbe essere un punto a favore».
Il bello di essere a Calpe in questi giorni è che ovunque ti giri trovi una squadra. Così, risalendo dalla cena, ci siamo ritrovati davanti all’hotel in cui alloggiano la Total Energies e la Groupama-FDJ. Qualche giorno fa, scambiando messaggi con Lorenzo Germani, ci aveva raccontato che arrivati tutti insieme all’aeroporto di Alicante dalla Francia, dalla presentazione e dalla cena con i fans della squadra, erano stati portati in un albergo. Li attendevano un rapido pranzo e le bici. Per cui i corridori hanno mangiato, si sono cambiati e hanno pedalato fin qui. Giorno salvo e un’ora di auto in meno.
Il tricolore degli under 23 è nella hall e lo raggiungiamo. E’ un giorno speciale: quello del discorso motivazionale di Marc Madiot. Avendone visto qualche pezzetto sui social, la cosa ci incuriosisce. Così prendiamo lo spunto e ficchiamo un po’ il naso.
Presentazione della squadra e serata con i tifosi, il 2023 del team è iniziato così (foto Groupama-FDJ)Presentazione della squadra e serata con i tifosi, il 2023 del team è iniziato così (foto Groupama-FDJ)
Com’è questo primo ritiro con la WorldTour?
Una bella emozione. Penso al percorso che ho fatto, a dov’ero fino a ieri. Oggi mi trovo qui in mezzo a loro e fa un po’ strano. Ho trovato ragazzi tranquilli e gentili, che ti fanno entrare nel loro gruppo senza problemi. L’ansia dal primo giorno è durata solo il primo giorno…
In che modo ti stai allenando?
Piuttosto che iniziare a marzo come in continental, quest’anno partiremo molto prima, a gennaio. Io debutterò al Tour Down Under, quindi bisogna farsi trovare pronti. Non ho ancora un programma di allenamento. Mi hanno spiegato per sommi capi e avrò tutto in mano per fine ritiro. Comunque ci sarà da lavorare di più, il carico sarà superiore. E poi, col fatto che comunque non si corre tutti i weekend, si faranno dei richiami di forza in palestra tutto l’anno e terrò fissa la corsa a piedi, per essere proprio un atleta a 360 gradi.
Da solo sul traguardo di Carnago: la maglia tricolore U23 è di Lorenzo GermaniDa solo sul traguardo di Carnago: la maglia tricolore U23 è di Lorenzo Germani
Interessante punto di vista…
Facendo solo ore di bici, si possono creare degli squilibri. Invece facendo esercizi di core, la palestra e anche la corsa a piedi, le cose cambiano. Abbiamo fatto un esame delle ossa e il risultato che io ho le ossa un po’ più fragili. Facendo la corsa a piedi, il contatto col suolo e i continui traumi ne migliorano la resistenza. Cosa che in bicicletta non sarebbe possibile.
Hai parlato di ansia.
La sera che sono arrivato – racconta Germani – mi è venuto a prendere Julian Pinot all’aeroporto. Lui è il fratello di Thibaut, fa il preparatore e ho un po’ più di confidenza perché vive a Besancon. Quindi gli ho fatto una battuta su quale onore fosse trovare proprio lui. Invece quando arrivi da solo alla reception per fare il check in e vedi che dietro nella hall ci sono Kung, Gaudu, Pinot e Molard, che erano già là perché avevano fatto la presentazione, pensi che per andare in camera dovrai passare là davanti e che fai, ti nascondi? Insomma, ti viene un po’ l’ansietta. Però si trattava solo di partire, perché sono ragazzi tranquilli. Il gruppo è unito, non hanno lasciato fuori noi più giovani. Perciò siamo tutti entusiasti di riprendere la stagione e ora toccherà soltanto alle corse parlare.
Thibaut Pinot è uno dei fari del team e nel 2023 correrà al Giro (foto Groupama-FDJ)Thibaut Pinot è uno dei fari del team e nel 2023 correrà al Giro (foto Groupama-FDJ)
Cosa ti è parso del discorso di Madiot?
Bisogna viverlo per crederci. Quei pezzi che si vedono nei social sono molto intensi, ma durano due minuti. Qui è stato davanti a noi per un’ora e sempre con la stessa carica. Tanto da pensare che avesse preso tre caffè prima di venire oppure che ce l’abbia proprio nel sangue. E in effetti è così, perché si comporta allo stesso modo dalle 8 del mattino a colazione fino alla sera a cena, quando ti dice buona notte. E’ un discorso che ti motiva e ti dà ti da quel qualcosa in più, la carica per iniziare.
La sensazione è che aver firmato il contratto ti abbia fatto andare più forte durante la stagione.
La svolta c’è stata quando durante il Giro d’Italia U23 mi hanno proposto di passare nella WorldTour. Più che la svolta è stata la tranquillità di avere realizzato un sogno, di essere arrivato a un nuovo punto di partenza. Passare non è fermarsi, è un punto di partenza. Però da quel momento ho capito che non dovevo dimostrare qualcosa ed è stata la svolta. Ho cominciato a correre per divertirmi, mi allenavo pensando a dove sarei stato l’anno dopo. E quindi pure durante la corsa ho trovato la tranquillità di sentirmi non dico superiore, ma con la consapevolezza che se mi hanno offerto di passare, allora valgo qualcosa.
Madiot ha spiegato la squadra alla stampa: i suoi discorsi ai corridori sono ben altro: chiedere a Germani (foto Groupama-FDJ)Madiot ha spiegato la squadra alla stampa: i suoi discorsi ai corridori sono ben altro (foto Groupama-FDJ)
Un punto di partenza…
La carriera inizia adesso e quindi dovrò continuare a progredire, cercare nuovi stimoli e nuove cose in cui migliorare. Il corpo ha vent’anni, sono ancora giovane e devo svilupparmi del tutto. Quindi penso che a vent’anni puoi solo migliorare fisicamente e intanto crescere in tanti aspetti, dal ritmo che ti mette una gara WorldTour agli allenamenti. Sono pronto per iniziare e intanto ho comprato un cappellino rosa?
Perché?
Per convincerli a portarmi al Giro, ma sono irremovibili. Hanno detto che semmai si potrà parlare della Vuelta, ma il Giro è troppo presto…
Si chiama Settimana ed è la nostra speciale selezione di contenuti editoriali pubblicati su bici.PRO negli ultimi sette giorni.
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