Il rock della Jayco. Il chitarrista Maceroni “suona” le Giant

27.08.2025
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Nel popolare vocabolario ciclistico si è pensato tante volte che la bici fosse uno strumento per “suonare” gli avversari, ma mai ci si è immaginati che potesse essere suonata e messa in musica. Mai prima di quest’anno quando Giulio Maceroni, chitarrista e compositore professionista tra rock e sport, ha prodotto una sorta di colonna sonora della Jayco-AlUla attraverso le bici Giant ed i relativi materiali.

Non è una novità per il team WorldTour australiano un’operazione del genere che già in passato aveva creato clip musicali originali coinvolgendo i propri corridori e il proprio staff. Nel 2012 l’allora Orica-GreenEdge fece un video sulle note di “Call me maybe” di Carly Rae Jepsen, il singolo più venduto di quell’anno con oltre 12 milioni di copie. La stagione successiva registrò un altro docu-video musicale durante il Tour de France (per dirvi quanto più tempo e meno pressione c’erano rispetto ad oggi per alcune cose) interpretando la celeberrima “You Shook Me All Night Long“ degli AC/DC come tributo alla rock band australiana.

Certo, quella che stiamo per raccontarvi è una chicca, qualcosa di nicchia se volete, che probabilmente esce dai binari classici sui quali viaggiamo. Però può valerne la pena conoscerla perché è una storia che potrebbe aiutare il ciclismo a diventare più trasversale anche per chi non ne mastica abitualmente.

Al Tour 2013 Gerrans in maglia gialla fu uno dei protagonisti del video-tributo agli AC/DC (fotogramma YouTube)
Al Tour 2013 Gerrans in maglia gialla fu uno dei protagonisti del video-tributo agli AC/DC (fotogramma YouTube)

Con Copeland sui Campi Elisi

L’amicizia nata qualche anno fa tra Maceroni e Brent Copeland attraverso un evento del Como Calcio ha portato i suoi frutti. Il performer comasco compone musiche e sigle per Sky Sport, videogiochi, Superbike e tanto altro nel mondo sportivo. Ci voleva qualcosa anche nel ciclismo e col general manager della Jayco-AlUla c’è stata subito intesa.

«Sapete – racconta Copeland – che cerchiamo sempre di fare qualcosa di diverso a livello di marketing e comunicazione. Vi ricordate quando al Tour avevamo portato le nostre chitarre elettriche gonfiabili da far suonare a corridori e tifosi? Alcune immagini sono rimaste famose (alludendo a Gerrans in maglia gialla che finge di suonarla, ndr).

«Considerate che queste – va avanti – sono il genere di cose per cui impazzisce Gerry Ryan, il nostro proprietario (e facoltoso uomo d’affari, ndr). E’ appassionato di arte, di teatro e soprattutto suona il pianoforte elettrico in un gruppo locale come hobby. Non appena gli ho accennato di questo progetto, ha detto di sì ed ha voluto restare aggiornato».

«Giulio poi ha fatto un capolavoro con la testa dell’artista – conclude Copeland – Così abbiamo pensato di portarlo in Francia anche perché c’era anche Ryan. Giulio si è esibito nella nostra hospitality che avevamo sui Campi Elisi. C’erano anche alcuni dirigenti di Giant che hanno apprezzato tantissimo e che vogliono fare qualcos’altro di così originale anche prossimamente. Ci ritroveremo presto per decidere cosa fare».

Giulio le esibizioni ciclistiche sono poi proseguite, giusto?

Esatto. Il video della musica della Jayco-AlUla ha avuto molte visualizzazioni e gli organizzatori della ION CUP a Cervinia, una gara di downhill che si disputa nel loro bike park, mi hanno chiamato per aprire la manifestazione. Daniele Herin, il responsabile operativo di Cervino Spa, la società che allestisce tutti gli avvenimenti della località, ha voluto che mi esibissi portando una bici Giant della squadra sul palco. E’ stata davvero una forte emozione suonare con il Cervino sullo sfondo.

Arriviamo quindi alla realizzazione della musica e del video con la Jayco-AlUla. Raccontaci com’è andata?

Tutto è stato possibile grazie alla visione di Brent che ha interceduto con la squadra e a gennaio mi hanno chiamato per andare in Spagna nel ritiro della Jayco-AlUla. Mi hanno messo a disposizione il camion-officina su cui ci sono bici, materiale e attrezzi. Lo abbiamo trasformato in una sorta di studio di registrazione, mettendo anche delle luci particolari per realizzare video di backstage.

Nel 2024 Maceroni ha dato il via della 13ª tappa del Giro d’Italia con un assolo di chitarra (foto Dario Belingheri)
E’ stato un lavoro complesso?

Assolutamente sì. E’ stato un lavoro di equipe vero e proprio. Non avrei potuto farlo senza il supporto fondamentale di NAM (acronimo di Nuova Audio Musicmedia con sede a Milano, ndr), l’accademia in cui mi sono diplomato in chitarra moderna e con cui collaboro da tempo. Ci sono due persone, fra le tante, che ci tengo a ringraziare tantissimo che si sono rese subito disponibili per questo progetto.

Prego…

Uno è Claudio Flaminio, il direttore di NAM, l’altro è Davide Pantaleo, docente e music producer dell’accademia. Lui in particolare è stato il meccanico della musica della bici, se così lo vogliamo vedere. Davide è venuto con me nel camion officina per riprendere i suoni. Il loro coordinamento e lavoro sono stati preziosissimi.

Come avete trasformato bici e materiali in strumenti?

Li abbiamo fatti “suonare” picchiettandoli con unghia e dita. Abbiamo ascoltato che suoni emetteva il cambio elettronico, il mozzo delle ruote, il movimento centrale e la catena. O ancora l’aggancio e lo stacco del pedale oppure lo sfiato della valvola del copertoncino. E tanti altri suoni che legati alla bici, come la pistola con cui avviti e sviti le ruote. Abbiamo campionato ogni singolo suono con microfoni estremamente sensibili per poi processarlo su un programma audio. Ma non è finita qua.

Cosa avete fatto ancora?

Innanzitutto questi suoni li abbiamo riprodotti più volte affinché uscissero puliti. A quel punto li abbiamo messi su un controller, una sorta di grande mixer, dove ogni suono della bici era stato assegnato ad un tasto. Mi piace definire questo lavoro degno della ingegneria del suono. Ai profani può sembrare semplice, ma ci sono ore di lavoro prima di arrivare al passaggio successivo. Ovvero sovraincidere il basso e gli assoli di chitarra su un loop ritmico dei suoni delle bici.

Per Giulio Maceroni cosa rappresenta questo progetto?

Naturalmente sono contento che sia piaciuto a Brent, alla Jayco-AlUla e allo stesso Gerry Ryan, che mi ha chiesto dei particolari da vero intenditore di musica. Sono felice anche di aver realizzato qualcosa che mi frullava già in testa da tempo, ma che volevo fare solo se ben assecondato. La vera soddisfazione però è un’altra. Il fulcro della performance non è la musica in sé, quanto aver dato voce alle bici Giant. Essere riuscito a rendere un’anima ad un mezzo, o strumento se preferite, che ci rende liberi e che ci fa stare bene.

Gavazzi: il Bernal “piemontese” e quel sorriso ritrovato

27.08.2025
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Sorridente, disponibile, disteso, con la battuta sempre pronta, in una sola parola: felice. Egan Bernal ha messo piede in Italia per la partenza della Vuelta Espana con un piglio che sembrava aver quasi perso. Si era assaporato un po’ di quel buon umore al Giro d’Italia, ma si vedeva che l’animo del corridore colombiano era differente. Sulle terre piemontesi, che lo hanno visto sbocciare nel suo grande talento, Bernal sembra essersi totalmente ritrovato. Su queste strade ci ha vissuto per tanti anni, sono state loro ad accoglierlo quando era arrivato in Italia alla corte dell’Androni Giocattoli di Gianni Savio. 

Il sorriso sul volto di Bernal non è mai mancato, ma alla partenza della Vuelta, sulle strade piemontesi, ha un sapore speciale
Il sorriso sul volto di Bernal non è mai mancato, ma alla partenza della Vuelta, sulle strade piemontesi, ha un sapore speciale

Un sorriso per tutti

Egan Bernal era approdato nella professional italiana da perfetto sconosciuto, ad accoglierlo aveva però trovato la figura di Francesco Gavazzi. Il valtellinese, ritiratosi nel 2023, ora sta studiando per ottenere l’abilitazione UCI e diventare direttore sportivo. Nel frattempo lavora come gommista nell’azienda che prima era del nonno e ora è in mano ai suoi cugini. L’obiettivo è di salire in ammiraglia a partire dalla prossima stagione, ma questo è un’altra storia che ci auguriamo di avere modo e piacere di raccontare più avanti. 

«Anche dopo aver vinto il Tour de France – racconta Gavazzi nella sua pausa pranzo – Bernal non è mai cambiato di una virgola. E’ sempre stato un ragazzo umile e aperto, forse troppo. Ha sempre concesso un sorriso e un autografo a tutti, e in alcuni casi eravamo noi a dovergli dire di muoversi perché la gara stava per iniziare. Adesso non lo vedo più dal vivo, ma quello che si vede in televisione o nelle poche gare alle quali assisto, è un ragazzo professionale e disponibile».

La serenità ritrovata di Bernal può essere un fattore chiave in questa Vuelta
La serenità ritrovata di Bernal può essere un fattore chiave in questa Vuelta
Com’è stato il tuo primo incontro con Bernal?

Eravamo in ritiro a Padova, nel novembre del 2015. Stavamo facendo un po’ di prove per i materiali e avevamo programmato un’uscita in bici. Gianni (Savio, ndr) era venuto da noi presentandoci questo ragazzo colombiano di diciotto anni. Ci aveva detto che arrivava dalla mountain bike e che era davvero molto forte. Poi siamo partiti con la pedalata.

Che è successo?

Ci ripetevamo di andare piano, dovevamo fare un giro sui Monti Berici e tornare indietro. Appena abbiamo approcciato una discesa, dopo tre curve, ci troviamo Bernal a terra. Lui si era rialzato subito, però dentro di noi abbiamo pensato: «Chissà che fine fa questo». Gli sono bastate poche settimane per farci capire che aveva doti fuori dal comune. 

A Limone Piemonte, primo arrivo in salita, il colombiano è quarto
A Limone Piemonte, primo arrivo in salita, il colombiano è quarto
Ha “rimediato” subito…

Non una presentazione in grande stile, ma in gruppo ci ha fatto vedere che sapeva stare. Seguiva i corridori più esperti e quando c’era da limare non si tirava indietro. Inoltre, fin da giovane, ha dimostrato un carattere solare e deciso. Non ha mai avuto paura di parlare ed esporsi. 

Sicuro di sé?

E delle sue idee. A quel tempo c’erano tanti corridori esperti in squadra, compresi Frapporti e io, lui non aveva paura a dire la sua. Ha sempre avuto le caratteristiche del leader, senza sovrastare gli altri. Sono doti che ho riscontrato anche in altri grandi campioni come Nibali e Pogacar. Questi corridori in bici si divertono, non li vedi mai stressati o rabbuiati. 

Bernal è arrivato in Piemonte grazie a Gianni Savio che dalla Colombia lo ha portato all’Androni Giocattoli nel 2016
Bernal è arrivato in Piemonte grazie a Gianni Savio che dalla Colombia lo ha portato all’Androni Giocattoli nel 2016
Hai notato questa cosa anche nel momento più difficile, dopo l’incidente del 2022?

Sinceramente sì. Non l’ho vissuto molto, anche perché l’anno successivo mi sono ritirato, ma non ha mai dato l’impressione di aver perso quelle sue caratteristiche umane che lo contraddistinguono. Magari ha perso serenità in bici, però con se stesso no. 

In questi primi giorni in Piemonte sembra ancora più sorridente, se possibile.

Ci sono luoghi che ti danno delle sensazioni positive, una scarica di energia unica, e improvvisamente ti senti ancora più forte e sicuro. Il Piemonte per Bernal è una seconda casa. La sua stella è nata lì, in tanti anni ha costruito amicizie e ha trovato tanti tifosi intorno a lui. 

Nonostante i suoi diciannove anni Bernal è diventato uno dei volti di riferimento del team di Savio insieme a corridori come Chicchi, Gavazzi e Pellizotti
Nonostante i suoi diciannove anni Bernal è diventato uno dei volti di riferimento del team di Savio insieme a corridori come Chicchi, Gavazzi e Pellizotti
Un qualcosa che può spingerlo per tutta la Vuelta?

Credo che Bernal potrà andare forte anche una volta arrivati in Spagna, è partito bene e questa cosa gli ha dato morale. Lui è un corridore che nella terza settimana migliora, serviva partire con il piede giusto. Gli ho sentito dire in un’intervista che si augurava potesse andare tutto bene, di non cadere o avere problemi. Evitare queste complicazioni lo farà sentire ancora più sicuro. Credo che il podio sia alla portata di Bernal. 

E domani iniziano le salite…

La testa è importante, ma come ho detto prima ha dimostrato di essere forte da questo punto di vista. Atleticamente Egan ha dalla sua ottime qualità sulla distanza e in salita.  

In Italia per imparare a vincere. La storia di Wlodarski

27.08.2025
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Abbiamo già avuto modo di occuparci della Aspiratori Otelli, formazione storica del panorama juniores che si avvia alla sua chiusura lasciando un vuoto nel panorama italiano. La squadra continua a collezionare successi, ma il suo nome ultimamente emerge anche grazie a un ragazzo polacco che è venuto proprio in Italia per imparare il mestiere. E lo sta facendo davvero bene, considerando che Marcin Wlodarski, di cui stiamo parlando, si è ultimamente presentato in Ungheria nella corsa a tappe della Nation’s Cup conquistando una vittoria finale che lo ha fatto salire vertiginosamente nella considerando generale.

Il polacco alla presentazione dell’Aspiratori Otelli, scelta per imparare nel nostro Paese
Il polacco alla presentazione dell’Aspiratori Otelli, scelta per imparare nel nostro Paese

Scelta in controtndenza

La prima curiosità che emerge parlando con il giovanissimo Marcin è il suo impegno nel parlare italiano, lingua che ha scelto appositamente per l’intervista. Spesso, con i corridori stranieri che vengono in Italia, questi preferiscono esprimersi in inglese, Wlodarski invece si impegna nella nostra lingua, pur con tutte le sue difficoltà e questa è la migliore delle testimonianze del suo amore per il nostro Paese.

«L’ho scelto appositamente perché ho visto che nel vostro Paese c’è un calendario ricco ma fatto di gare dure, dove c’è la possibilità di imparare davvero. Per me era la cosa migliore, sapevo che avrei potuto crescere tanto. Certo, le difficoltà non mancano. Ma io credo che questo sia uno dei movimenti ciclistici migliori al mondo e vista che mi si era presentata questa opportunità l’ho colta al volo».

Wlodarski è stato protagonista in Italia al Giro d’Abruzzo, finendo 3° nella terza tappa
Wlodarski è stato protagonista in Italia al Giro d’Abruzzo, finendo 3° nella terza tappa
Come è stato l’impatto con un Paese straniero senza conoscerne la lingua?

Chiaramente molto difficile, io non parlo inglese, ma nella peggiore delle ipotesi ci sono le app che aiutano nella traduzione. Io però preferisco impegnarmi, sforzarmi il più possibile per imparare a parlarlo. Io ho scelto di venire in Italia a 17 anni e non è stato certamente semplice, ma mi ha fatto crescere molto anche dal punto di vista umano.

Come sei riuscito ad arrivare in Italia?

Devo dire grazie al mio allenatore polacco che aveva buoni contatti in Italia e ha preso contatti suggerendo il mio nome facendo leva sulle mie caratteristiche di corridore che va piuttosto bene in salita e si trova a suo agio sui percorsi più difficili. Per questo abbiamo scelto l’Italia, proponeva i tracciati più adatti a me.

Il diciottenne di Alks Stal Grudziadz ha vinto due corse a tappe nel 2025, finendo 5° al Cottbuser Juniors
Il diciottenne di Alks Stal Grudziadz ha vinto due corse a tappe nel 2025, finendo 5° al Cottbuser Juniors
Tu hai vinto domenica una corsa di Nation’s Cup con la tua nazionale. Vai meglio nelle corse a tappe, sono quelle la tua dimensione ideale?

Sì, decisamente perché oltre a trovarmi bene sui percorsi duri ho buone doti di resistenza e quindi emergo nelle corse di più giorni. Anche in Ungheria ero sempre meglio, infatti alla vigilia dell’ultima tappa ero dietro l’ucraino Smolynets ma sapevo di avere ancora qualche carta da giocare e quindi ho tentato nell’ultima frazione avendo anche un po’ di fortuna.

Come ti sei trovato in quella situazione?

Ho dovuto rimettere a posto le cose non avendo disputato una grande cronometro: non era ideale per me, era breve e piena di curve. Parlavo prima di fortuna che nell’ultima tappa si è materializzata attraverso una caduta del leader. Così ho guadagnato quei secondi necessari per il sorpasso.

In Ungheria Wlodarski ha conquistato la vittoria all’ultima tappa
In Ungheria Wlodarski ha conquistato la vittoria all’ultima tappa
Perché hai preferito l’Italia ad altri Paesi come Germania come Belgio? E’ stato solo un discorso tecnico?

Non solo, perché sicuramente l’Italia è un Paese bellissimo e partecipando alle varie gare me ne accorgo sempre più. Poi posso dire che secondo me gli italiani sono i migliori ciclisti del mondo e io volevo competere e imparare con i migliori.

Hai già qualche contatto con squadre WorldTour?

Non ho contatti specifici, ma non avrei neanche una squadra preferenziale, qualsiasi scelta va bene. Spero che la vittoria in una corsa importante e molto ben frequentata come quella ungherese sia passata sotto gli occhi di qualche dirigente che voglia investire su di me, ma ci sono ancora appuntamenti importanti nella stagione e io voglio far vedere che non è stato un caso.

Quale gara da professionista vorresti vincere?

Questa è la domanda più facile di tutte: il Tour de France…

Domani Andorra dirà chi comanda fra Almeida e Ayuso

27.08.2025
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SUSA – Almeida o Ayuso, questo è il dilemma. Mentre tutti si interrogano su chi sarà l’avversario principale di Jonas Vingegaard, in casa UAE Emirates si parla sempre di coppia di leader e di responsabilità condivise, sin da quando la squadra è stata annunciata ed è stata confermata l’assenza di Tadej Pogacar, fresco del poker giallo.

Già dalla prima conferenza stampa congiunta al J-Hotel nel giorno della presentazione delle squadre a Torino, il gioco di carte è diventato provare a capire chi dei due bluffasse e chi, invece, nascondesse l’asso nella manica. «La mia forma è un’incognita perché ho pochissimi giorni di gara nelle gambe dopo il Giro, mentre Joao va davvero forte», spiegava Ayuso, uscito con morale e fisico a terra dalla Corsa Rosa e a caccia di riscatto nella Vuelta che, ironia della sorte, è scattata proprio dall’Italia. «Mi sento bene, ma sono certo che anche Juan andrà forte e la cosa più importante è che vinca la squadra. Noi, senza dubbio le proveremo tutte», gli faceva eco Almeida.

Tutti contro Vingegaard

Il primo arrivo in salita, con l’allungo di Soler sulle ultime rampe che portavano all’arrivo di Limone Piemonte, è stato fin troppo esplosivo per il tandem UAE. I due però si sono difesi con gli artigli, sfruttando anche il lavoro di Soler: quinto Almeida, ottavo Ayuso, che si è preso la maglia bianca. Lunedì, invece, nel tortuoso finale di Ceres, con il tornante ai -75 metri, il portoghese ha chiuso 28° e lo spagnolo 35°. Qualche chilometro prima del finale della terza tappa, trovandoci accanto a Mauro Gianetti ad attenderne l’esito, ci siamo fatti raccontare come procede la convivenza dopo queste prime tappe italiane. 

«Stanno bene entrambi – ci ha detto – e l’hanno già dimostrato nell’arrivo di Limone Piemonte. Abbiamo questa opportunità di avere due leader e quindi bisogna giocarseli bene. Anche perché per provare a battere Jonas Vingegaard bisogna essere veramente forti. Essere in due è un piccolo vantaggio. Certo, rimane il fatto che Jonas è fortissimo e ha una squadra di altissimo livello ma, con due carte a disposizione, c’è qualche chance in più. Quindi, è importante proprio avere questa coppia perché, nei giorni più difficili, la superiorità numerica può girare a nostro favore».

Di certo, non è una situazione abituale per la UAE, che di solito fa la parte del leone con Pogacar e che, stavolta, è costretta a raddoppiare le forze per contrastare il “solito” rivale danese. Gianetti replica: «E’ chiaro che Tadej è il numero uno al mondo, ma Almeida è un corridore straordinario, così come lo è Ayuso. Entrambi possono sfruttare la presenza dell’altro a proprio vantaggio e dividere le responsabilità».

Ayuso ha conquistato la maglia bianca e per ora corre in posizione di attesa
Ayuso ha conquistato la maglia bianca e per ora corre in posizione di attesa

Chi va e chi resta

Al netto dei tatticismi però, l’incerto futuro di Ayuso per il 2026 (persistono le voci che lo danno in uscita con la Lidl-Trek in pole position) fa propendere la tesi che sia Almeida l’uomo di punta per queste tre settimane a cavallo tra Italia e Spagna con la breve parentesi francese di ieri. Oltre alla preparazione non ottimale sbandierata a più riprese, il ventiduenne catalano è per la prima volta al via di due Grandi Giri nella stessa stagione e questo rappresenta un ulteriore punto interrogativo. Il portoghese, invece, prima del ritiro nella nona tappa del Tour de France, aveva impressionato facendo filotto tra Paesi Baschi, Romandia e Svizzera. Senza dimenticare che era stato l’unico, oltre a Pogacar, a battere Vingeegard in salita, con l’acuto nella quarta frazione della Parigi-Nizza.

Sul portoghese, Gianetti aggiunge: «Ha dimostrato negli ultimi due anni di riuscire ancora a crescere, poco alla volta. Grazie alla sua costanza nelle tre settimane può impensierire Vingegaard che, dal lato suo, ha un Tour de France sulle gambe, molto impegnativo sia dal punto di vista fisico sia mentale». Al punto da convincere anche un alieno come Pogacar a rifiatare. Il doppio impegno potrebbe pesare sulle gambe del danese. A questo si aggiunge, l’indole della Vuelta degli ultimi quindici anni, ovvero di prestarsi spesso a sorprese e colpi di scena: in casa Uae si è pronti a più scenari. 

Matxin è da sempre il mentore di Ayuso, qui parla con Almeida: è importante che regni l’equilibrio
Matxin è da sempre il mentore di Ayuso, qui parla con Almeida: è importante che regni l’equilibrio

Pogacar da tutelare

Sul mancato nuovo atto del dualismo Vingegaard-Pogacar, il team manager risponde così: «Tadej ci aveva pensato a venire alla Vuelta, sin da inizio stagione, perché è una corsa a cui tiene. Non si può però pensare di fare le classiche, il Tour e la Vuelta, perché le prime tolgono parecchie energie. In una corsa a tappe di una settimana, hai tempo magari per rifiatare. Nelle corse di un giorno come Strade Bianche, Milano-Sanremo, Fiandre sei sempre a tutta e richiedono una preparazione ad hoc e complicata. Tra le classiche e il Tour, Tadej ha staccato soltanto 2 giorni. Se avesse fatto la Vuelta, ne avrebbe avuti altrettanti di riposo prima della Corsa spagnola e sarebbe stato un po’ troppo poco per essere al top fisicamente e mentalmente».

Anche perché poi nel finale di stagione ci sono tanti altri appuntamenti che fanno gola al cannibale sloveno come mondiali, europei e Lombardia. E per un’altra ragione più a lungo termine a cui Gianetti tiene: «Vogliamo che il pubblico possa godersi il suo talento cristallino più a lungo possibile. Ovvio, in una Vuelta disegnata così, Tadej avrebbe potuto vincere parecchie tappe, ma bisogna fare delle scelte e preservarlo».

A ruota di Vingegaard, Ayuso vuole rifarsi dello smacco del Giro
A ruota di Vingegaard, Ayuso vuole rifarsi dello smacco del Giro

Ayuso guarda avanti

Gianetti poi rimescola le carte e dà ancora una carezza ad Ayuso, che vede in crescita di forma e non distratto dalle voci di mercato: «Purtroppo al Giro è andata com’è andata, malgrado la sua volontà, ma questo gli ha permesso di essere qui in corsa oggi alla Vuelta. Bisogna guardare avanti e lui non è certo un corridore che guarda indietro. Al massimo, lo fa per analizzare se c’è stato qualche errore o qualcosa nella preparazione che non ha funzionato. Senza dimenticare poi la caduta e la puntura dell’ape che l’hanno costretto al ritiro. Questa è una grande occasione per lui ed è concentrato soltanto su quest’obiettivo».

Dunque, la strana coppia Ayuso-Almeida continua a braccetto. Almeno fino all’arrivo in quota in Andorra di giovedì 28, quando potrebbe essere già la strada a svelare l’arcano, costringendo l’Uae a giocare a carte scoperte. 

Fiorelli alla Visma, una storia di competenza e stupore

27.08.2025
8 min
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E’ maggio quando Fiorelli, che è in scadenza di contratto e ambisce a una squadra più grande, si rivolge scocciato ai suoi agenti. Possibile che nessuno si sia fatto avanti? Se le cose stanno così, li scuote, dovrò cercarmi un altro procuratore. Filippo ha trent’anni ed è arrivato tardi al ciclismo, ma senza offerte, lo scenario più plausibile sarebbe quello di rimanere con il VF Group-Bardiani.

«Parlare a quel modo – ricorda Paolo Alberati, che lo segue con Maurizio Fondriest – è stato il suo modo legittimo di mettere pressione, lo capisco. L’ho seguito per quattro anni, ha dei valori altissimi e non ho mai capito come mai nessuno si fosse interessato a lui. Gli piace allenarsi, essere preciso, alzarsi la mattina presto. C’era il problema del peso. Pesava 71-72 chili e, per fare il velocista, sarebbe dovuto arrivare a 74. Così abbiamo deciso di ricercare il Fiorelli che avevamo conosciuto dilettante con Massini. Quello che arriva nei gruppetti ristretti e in una volata di 30-40 può fare podio, ma per riuscirci sarebbe dovuto scendere a 66 chili. Sennò rischiava di non essere carne né pesce. C’è voluto un po’ per digerire il concetto, ma alla fine ci siamo arrivati».

Marcello Massini è stato il primo a credere in Fiorelli, prendendolo nei dilettanti e portandolo fra i pro’
Marcello Massini è stato il primo a credere in Fiorelli, prendendolo nei dilettanti e portandolo fra i pro’
Quindi inizia l’estate e non ci sono proposte. Che cosa succede?

Erano due anni che lo proponevamo all’Astana, alla Alpecin, al Bahrain. Al Giro di quest’anno, la Cofidis dice di trovarlo interessante. Parliamo con Vasseur e dice che mercoledì avrebbe mandato la proposta contrattuale. Sono passate sette settimane fa e non è mai arrivato nulla. E Filippo dice di essere stato contattato da altri procuratori. Che cosa potevo rispondergli?

Già, che cosa gli dici?

Che come amico sarei contento di saperlo felice con un contratto firmato, piuttosto che con me e ancora scontento. Per cui gli chiediamo di darci sino a giugno e se non arriva nulla, liberi tutti e amici come prima.

E cosa avete fatto mentre lui correva il Giro?

Abbiamo chiesto alla Alpecin, che ancora non aveva risposto. Ma visto che eravamo appena stati in Olanda per portargli Segatta: perché non chiedere alla Visma anche per Fiorelli? Alla peggio avrebbero detto di no.

Alberati aveva già portato il giovane Segatta alla Visma Development: perché non tentare con Fiorelli?
Alberati aveva già portato il giovane Segatta alla Visma Development: perché non tentare con Fiorelli?
E cosa succede?

Onestamente ci sembrava una cosa un po’ troppo grande, però ugualmente scrivo a Robbert De Groot, responsabile del devo team. Gli dico che abbiamo un solo corridore in scadenza e si chiama Filippo Fiorelli: può interessarvi? E lui mi risponde in un attimo e mi stupisce: «Davvero – dice – Fiorelli è vostro? Allora guarda, ti faccio chiamare da Grischa Niermann, perché di Fiorelli abbiamo parlato anche noi».

Te l’aspettavi?

Secondo voi? Ero a Palermo a fare studio e chiamo Filippo, dicendogli che la Visma è interessata e lui mi manda subito a quel paese. Dice che parlo a quel modo solo per tenerlo tranquillo e così gli mando lo screen dei messaggi in cui Niermann mi scriveva che avrebbe chiamato alle 10. Ero in macchina tra Palermo e Termini Imerese e il telefono squilla davvero. Riconosco il numero che mi ero fatto mandare per registrarlo, perché poteva essere un call center e non avrei risposto, e così mi fermo. Niermann mi dice che gli interesserebbe fare una call. Che stanno andando al Delfinato, ma il giorno che fosse finito, se gli avessi dato l’okay, avremmo fatto la call. Non nascondo che in quel momento, prima di ripartire con la macchina, mi è venuto il magone.

Perché?

Era il compimento di un processo di crescita di un dilettante siciliano, che più a sud d’Italia non poteva essere, nel quale abbiamo creduto. Ci ho lavorato prima insieme a Marcello Massini, poi mettendoci del mio per quello che riguardava l’allenamento, cercando di tenerlo in piedi quando le cose non andavano benissimo. E poi cedendolo, perché passando alla Vf Group-Bardiani sarebbe stato seguito da altri allenatori. E quando alla fine il processo è giunto a questo epilogo, sinceramente per me è stato un sogno diventato realtà.

Enrico Battaglin, Santa Ninfa, Giro d'Italia 2018
Prima di Fiorelli, anche Battaglin aveva lasciato la Bardiani per arrivare alla allora Lotto-Jumbo. Qui nel 2018 vince al Giro
Prima di Fiorelli, anche Battaglin aveva lasciato la Bardiani per arrivare alla allora Lotto-Jumbo. Qui nel 2018 vince al Giro
Riparti e cosa fai?

Chiamo Filippo, urlando. Lui era con suo nonno che gli chiedeva se fossi matto e se lo stessi prendendo in giro. Invece era tutto vero e la mattina dopo il Delfinato, alle 11, mi chiama Niermann per fissare la famosa call per il pomeriggio.

Che cosa vi siete detti?

E’ la cosa più incredibile. Ci ritroviamo con Filippo, Maurizio, Niermann e il loro responsabile dei dati, che si chiama Patrick Boe. Proprio lui ci chiede se possa condividere il suo schermo e apre un Power Point con l’immagine di Filippo in maglia ciclamino del Giro d’Italia, con il logo Visma e un file con tutti i suoi dati. Come si fosse allenato fino a quel momento. Come dovrebbe allenarsi secondo loro. Il grafico del peso che ha avuto negli ultimi anni. Del fatto che è il terzo corridore che cade meno in tutto il WorldTour. Non so se lo abbiano fatto con l’intelligenza artificiale, ma avevano la statistica di quanti corridori cadano nel WorldTour. E a Filippo dicono che lui è uno di quelli che non cade mai e questo è importante.

Ovvio, ma perché?

Gli dicono che per il lavoro che gli chiederanno, cioè tenere davanti Matthew Brennan e Van Aert in situazioni molto complicate, uno che arriva davanti, non cade mai ed è anche efficace, a loro farebbe molto comodo. Poi, relativamente ai dati, gli dicono che nello sprint di 5 secondi, massimo nel minuto, hai dei valori molto vicini ai migliori sprinter al mondo, ma non è fra i top 10. Nelle critical power dei 5, 10, 20 e 60 minuti, ha dei valori molto vicini a degli ottimi scalatori, ma ovviamente non è uno scalatore. «Per cui – gli dicono – il tuo è il profilo perfetto per un uomo che deve supportare i campioni nelle classiche. Atleti che magari sono un po’ più veloci di te, ma meno resistenti. Puoi essere buono anche per un Vingegaard. Tu non puoi essere uno scalatore, ma puoi portarlo nel punto in cui comincia la salita».

E’ stato Niermann, qui in bici con Van Aert, a contrattare con Alberati per l’arrivo di Fiorelli
E’ stato Niermann, qui in bici con Van Aert, a contrattare con Alberati per l’arrivo di Fiorelli
Lui cosa faceva?

Lui ascoltava e loro hanno continuato. «Sei disponibile – gli hanno chiesto – ad accettare questo ruolo nel quale ti lasceremo la libertà in alcune gare come Harelbeke o la Freccia del Brabante?». Poi gli hanno chiesto quale fosse la corsa dei suoi sogni e quando Filippo ha risposto che è la Sanremo, hanno sorriso. «Questo sogno – gli hanno detto – bisogna rimandarlo, perché la Milano-Sanremo dovrebbe vincerla Wout».

Patti chiari e amicizia lunga…

Amicizia di due anni, per l’esattezza, fino al 2027. Però abbiamo fatto una call successiva perché volevano essere convinti che avesse compreso il ruolo e non pensasse di andare alla Visma per fare lui il capitano. «Quando ho detto che mi piacerebbe vincere – gli ha detto Filippo – intendevo che vorrei essere parte di un processo di vittoria. Finora, nelle mie squadre, non ero all’altezza di vincere contro i corridori WorldTour e non avevo compagni di squadra così forti da aiutare a vincere. Abbiamo sempre corso per ottenere il miglior risultato possibile e sostanzialmente per fare punti. Mi piacerebbe fare lo step in più, essere parte di un ciclismo che costruisce un progetto per vincere». L’inglese di Filippo non è ancora il massimo e bisognava che questo concetto fosse chiaro.

E loro?

Hanno capito. Hanno sottolineato che sarà un ingranaggio importante in questo processo di vittoria. Che alcune volte avrà la responsabilità di vincere senza tirare per nessuno, ma la maggior parte delle corse le dovrà fare accanto a Van Aert e a Brennan.

Fiorelli lascia la squadra dei Reverberi dopo 7 anni di ottima gavetta: qui assieme a Magli
Fiorelli lascia la squadra dei Reverberi dopo 7 anni di ottima gavetta: qui assieme a Magli
Non hanno chiesto altro?

Hanno voluto visionare tutti gli anni del passaporto biologico e per fornirglieli Filippo in persona ha dovuto richiedere un processo di disclosure legato alla privacy. Hanno verificato questi 47 test, cui avevo aggiunto un file pdf in cui avevo annotato un’altra trentina di esami dal 2017 a 2019, quando Filippo era passato con Reverberi. Era un passaporto biologico interno, perché Bruno si chiedeva come mai Filippo andasse forte a 24 anni e prima non ce ne fosse traccia. E io gli rispondevo che non aveva fatto gli juniores e a 18 anni passava il tempo a giocare con il motorino e davanti al distributore delle bibite e dei Kinder.

Tutto chiaro, non restava che firmare?

Praticamente sì, anche se nel frattempo un’altra squadra ha fatto arrivare la proposta di un biennale. Ma a quel punto Filippo ha preferito la Visma, che offriva una bella tabella premi, che però abbiamo chiesto di rimodulare.

In che modo?

Era bello che prevedessero dei premi in caso di sua vittoria, anche per la vittoria della Sanremo. Ma ho detto a Niermann: «Se Filippo deve essere parte dell’ingranaggio e lavorare per i compagni, perché non immaginare una tabella premi basata sulle loro vittorie?». Lui ci ha riflettuto e ha detto che ne avrebbe parlato con Richard Plugge, il grande capo. Due ore dopo mi hanno dato una tabella premi in cui si tiene conto della vittoria del capitano, un tot a vittoria. E’ chiaro che a quel punto ti butti nel fuoco. Così abbiamo creato questo buon contratto per cui Filippo prende certamente meglio di quello che guadagna ora e hanno lasciato dentro anche i premi in caso di vittoria, che non guastano mai.

Giro d’Italia 2025, Fiorelli si piazza ottavo ad Asiago, dopo essere stato in fuga per tutto il giorno
Giro d’Italia 2025, Fiorelli si piazza ottavo ad Asiago, dopo essere stato in fuga per tutto il giorno
E adesso?

Parte questa nuova avventura, che è già iniziata con l’iscrizione al corso d’inglese e con il training camp in altura sull’Etna, perché vuol chiudere bene la stagione. A fine mese ci sarà la Bretagne Classic, una delle corse in cui lo hanno notato per la prima volta. Nel 2022 vinse Van Aert e lui arrivò quinto, primo dei non WorldTour. Al di là dei numeri, hanno capito il valore di Filippo nella tappa di Asiago al Giro, vinta da Carlos Verona. Era in fuga dal mattino, l’hanno staccato perché c’erano delle salite lunghe. Davanti sono rimasti in sette e lui alla fine ha vinto la volata del gruppetto in cui c’era Van Aert, arrivando ottavo. Ha dimostrato di essere un corridore di fondo. E adesso si apre una parte di carriera che nessuno si sarebbe potuto aspettare, forse neanche lui. La carriera di uno che fino a ventiquattro anni era dilettante in Toscana e fino a vent’anni neanche correva in bicicletta.

Ciclismo giovanile: la passione non basta più per tenerlo vivo

26.08.2025
5 min
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Le notizie che negli ultimi mesi sono arrivate dal ciclismo giovanile, in particolare dal mondo degli juniores, ci mettono davanti a un futuro tutt’altro che sereno. Tante squadre chiudono, come il Team Fratelli Giorgi e l’Aspiratori Otelli e non ne mancheranno di certo altri. Ci si lamenta del fatto che il ciclismo italiano sia in difficoltà e che da tempo fatichi a competere, in maniera regolare, con i vertici del movimento. Tutto questo è vero, ma non si deve guardare solo alla punta della piramide. Il ristagno del ciclismo in Italia e la sua non-crescita affondano le radici in problemi evidenti ma che si fa finta di non vedere. 

Chi tra tanti problemi riesce a condurre la propria barca in porto è la SC Romanese, guidata dall’ex corridore Redi Halilaj che da ormai quattro anni lavora con la formazione juniores bergamasca. Non è facile riuscire a coordinare il tutto. Servono energia e passione, due ingredienti fondamentali che però iniziano a scarseggiare all’interno del movimento. 

«La nostra fortuna – ci racconta mentre si gode qualche giorno di ferie a casa con il figlio – è che abbiamo uno sponsor principale, CarBa, estremamente convinto e appassionato. Ogni anno ci dà un grande supporto economico e non ci fa mai mancare nulla, come del resto tutti gli altri che sono entrati in questa squadra».

I ragazzi della SC Romanese hanno corso la Watesley Junior Challenge in Olanda, una corsa a tappe internazionale di tre giorni
I ragazzi della SC Romanese hanno corso la Watesley Junior Challenge in Olanda, una corsa a tappe internazionale di tre giorni

La voglia di non mollare

La parola che più sintetizza gli argomenti in questa intervista è “passione”. Nel ciclismo giovanile italiano non può mancare, perché laddove non si arriva con il budget lo si fa con la voglia e l’entusiasmo di chi vive certe realtà.

«In Italia – prosegue – il movimento giovanile va avanti perché ci sono molti appassionati che dedicano il proprio tempo libero a questo sport e ai ragazzi. Nella nostra squadra tutti i collaboratori spendono gran parte delle proprie ferie e dei permessi al lavoro per seguire gli atleti alle gare e nei ritiri. Personalmente, sui trenta giorni di ferie che accumulo in un anno ne dedico dieci alla famiglia e il resto al team. A volte, quando sento parlare certa gente, sembra che in Italia non siamo più bravi a fare niente, non penso sia così. Credo solo che all’estero il ciclismo sia cambiato, mentre noi siamo rimasti fermi».

La collaborazione con il Team DSM è legata solamente alla parte tecnica e di test con colloqui bimestrali tra i membri dello staff e i ragazzi
La collaborazione con il Team DSM è legata solamente alla parte tecnica e di test
Cos’è cambiato?

Facciamo fatica a livello economico, non c’è paragone con molte realtà estere dove lo staff viene pagato per quello che fa. Per loro è un lavoro, per noi una passione. Ci lamentiamo che non c’è ricambio generazionale, ma per un ragazzo di vent’anni venire a seguire una gara vuol dire sacrificare il proprio tempo, ed è giusto che questo venga riconosciuto anche a livello economico. Di recente siamo stati in Olanda e abbiamo potuto toccare con mano le differenze.

In che senso? 

Abbiamo corso alla Watersley Junior Challenge, una corsa a tappe di tre giorni. E’ un’esperienza che siamo riusciti a fare grazie alla collaborazione con il team DSM. Loro ci hanno aperto le porte ma la trasferta è stata a carico nostro, sia chiaro. Ancora una volta lo sponsor ci ha permesso di viaggiare e fare qualcosa di bello per i ragazzi. Lì però ci siamo confrontati con diversi team stranieri. 

Il ciclismo giovanile, in Italia, va avanti grazie alla passione e al volontariato, serve forse un cambio di marcia? (foto Instagram)
Il ciclismo giovanile, in Italia, va avanti grazie alla passione e al volontariato, serve forse un cambio di marcia? (foto Instagram)
E cosa è emerso?

Che l’arrivo dei devo team nella nostra categoria ha creato un divario importante tra le varie squadre. Queste realtà possono permettersi di avere persone pagate per fare questo di lavoro, senza parlare del vantaggio sui materiali. Al di là della parte tecnica rimane una questione di costi. Noi dobbiamo comprare biciclette, ruote, kit, misuratori di potenza, ecc… Queste squadre ricevono il materiale dal team WorldTour. 

Invece da noi si deve cercare l’equilibrio.

La SC Romanese non fa mancare nulla agli atleti però sono costi importanti e si deve ponderare bene la spesa. Se forniamo ai ragazzi materiale di primissimo livello non abbiamo abbastanza budget per le corse. In questo modo diventa difficile fare tutto, anche trattenere i ragazzi in Italia perché molti già da junior guardano all’estero. Se a questo poi aggiungiamo le spese per prendere i corridori fuori regione il tutto si complica.

All’estero molti team riescono a lavorare con una struttura organizzata (foto Facebook Watersley Cycling Team)
All’estero molti team riescono a lavorare con una struttura organizzata (foto Facebook Watersley Cycling Team)
Spiegaci meglio…

Noi il prossimo anno prenderemo due ragazzi dalla categoria allievi e dovremo pagare i punti sia alla Federazione sia alla società di appartenenza. Questo vuol dire spendere anche solo 3.000 euro per due corridori. Capite bene che in questo momento ogni spesa si ripercuote poi sulle nostre possibilità. Inoltre quando i ragazzi passano da allievi a juniores di solito hanno più punti rispetto a quando passano da juniores a under 23. 

Perché?

Per il semplice fatto che da allievi ci sono tante gare regionali e accumulare molti successi, e quindi punti, è più facile. Da juniores si corre spesso in competizioni nazionali o internazionali e non sempre si raccolgono tanti punti. Questo sistema andrebbe ricalibrato, sicuramente. Inoltre è una cosa che abbiamo in Italia, perché all’estero non esiste. Spesso le squadre straniere che prendono i ragazzi dall’Italia non pagano e devono rimetterci le famiglie

Si dovrebbe trovare il modo di far arrivare più soldi dall’alto?

Sarebbe corretto. Il rischio è che se si va avanti così molte squadre possano chiudere. D’altronde se la passione è l’unico motore che fa camminare il movimento giovanile è possibile che la sua energia prima o poi finisca. Sento tante critiche ai team manager, ma c’è chi fa questo lavoro da trent’anni senza vedere un euro, e ha sacrificato gran parte della propria vita.

Ciccone-Pedersen: Moser, due sconfitte tanto diverse?

26.08.2025
5 min
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Se il commentatore è acuto, spaccare il capello in due può risultare un gioco molto stimolante. Per cui quando raggiungiamo Moreno Moser e gli proponiamo di confrontare i due secondi posti di Ciccone e Pedersen nella seconda e nella terza tappa della Vuelta, il gioco riesce subito alla grande. Il trentino sta affiancando Gregorio e Magrini nelle dirette integrali della corsa su Eurosport, mentre dalla prossima settimana il posto di Magrini sarà preso da Wladimir Belli.

Ciccone è stato battuto da Vingegaard a Limone Piemonte, quando credeva di avere ormai vinto. Pedersen è stato infilzato da Gaudu ieri a Ceres, quando anche lui credeva di averla portata a casa. Ci sono dei punti in comune, secondo Moser?

«Secondo me entrambi non hanno sbagliato nulla – riflette Moser – semplicemente ogni tanto ti battono. Ciccone sicuramente è partito un po’ lungo, ma non lunghissimo. Se non fosse partito lui, sarebbe andato Vingegaard. Jonas, semplicemente, l’ha battuto. Abbiamo visto più volte anche al Tour che in questi arrivi Vingegaard è diventato pericolosissimo. Dopo Tadej, c’è lui. E ovviamente, mancando l’imperatore… Quella di Ciccone mi sembra una sconfitta onorevole».

Ciccone si volta, Vingegaard vede che c’è ancora il margine per passarlo: si decide tutto in questi pochi metri
Ciccone si volta, Vingegaard vede che c’è ancora il margine per passarlo: si decide tutto in questi pochi metri
Facciamo un appunto nato guardando la televisione, che quindi può lasciare il tempo che trova. Ciccone sembra troppo duro (lo ha detto anche lui) e forse perde una pedalata voltandosi a guardare indietro.

Si è girato, sì. Ci sta che in quel momento abbia perso qualcosa. Probabilmente non pensava che ci fosse ancora qualcuno con la forza per poterlo passare. A mio avviso, se avesse saputo che Vingegaard era già così vicino, non si sarebbe girato. Pensava di averli a ruota, non di averne uno già al fianco, che stava venendo su.

Si può dire che gli abbia quasi tirato la volata?

Sicuramente gli ha tirato la volata, però c’è sempre qualcuno che parte prima e non vuol dire che per questo la perda. Gli sono mancate un po’ di gambe. Anche lui ha parlato del rapporto, però ha anche detto che non vuole cercare scuse. Secondo me è assolutamente onorevole come secondo posto. Ovvio che quando ci arrivi così vicino, con la possibilità di fare tappa e maglia, brucia di più. Però erano i due favoriti e se la sono giocata. Ovviamente a Cicco manca una vittoria, però in questo momento Giulio non mi delude in nessun modo.

Dici che Vingegaard è diventato pericoloso su questi arrivi: ci ha lavorato per duellare con Pogacar?

Secondo me sì, è diventato più esplosivo e si era già visto al Delfinato. L’ha detto lui stesso di aver messo più massa rispetto all’anno scorso e in fin dei conti la massa serve esattamente a questo.

A ben vedere, al Tour del 2024 aveva già battuto Pogacar in un testa a testa a Le Lioran…

Effettivamente aveva già fatto quel numero. Forse l’abbiamo semplicemente sempre sottovalutato anche da questo punto di vista. Avendo di fronte uno come Tadej, che ti fucila sempre con facilità, dai per scontato che Vingegaard non sia adatto per questi arrivi. Se ci fosse stato Pogacar, avrebbe vinto con 20-30 metri. E probabilmente avrebbe vinto anche ieri a Ceres.

Ultima curva della tappa di Ceres: Gaudu entra in accelerazione, Pedersen sembra appesantito
Ultima curva della tappa di Ceres: Gaudu entra in accelerazione, Pedersen sembra appesantito
Ieri però non abbiamo visto il super Pedersen del Giro, altrimenti non avrebbe vinto Gaudu…

Infatti anche secondo me non è il solito Pedersen. L’ho detto anche facendo la prediction prima della cronaca: non mi sembra Pedersen al suo massimo splendore. Nella prima volata s’era perso. Ieri nello sprint intermedio ha perso la ruota del suo compagno. Non so cos’abbia, perché in realtà arrivava dal Danimarca in grandissima condizione.

Di sicuro non si aspettava che a batterlo fosse Gaudu.

L’ha detto anche Vingegaard che il francese ha fatto un’entrata un po’ assassina in quell’ultima curva, però è il ciclismo e va bene. E’ entrato a quel modo perché veniva su molto forte prima della curva, mentre tutti gli altri erano un po’ piantati. S’è buttato in curva, ma nessuno ha frenato, perché si arrivava forti. Quindi Gaudu sta bene, l’aveva dimostrato già il giorno prima. Ma il Pedersen in forma, secondo me, sarebbe entrato in curva molto più forte e poi non lo avrebbe passato nessuno. Avrebbe iniziato la volata già prima della curva, invece era un po’ seduto.

Tu dici che era un arrivo adatto a lui, che pesa 13 chili più di Gaudu? Forse avrebbero dovuto tirare per lui fino alla curva?

Forse se Cicco avesse avuto le gambe per portarlo più avanti, a quel punto avrebbe vinto Mads, ma erano tutti a tutta. Forse era un arrivo al limite per lui e per le sue caratteristiche. Se vai a vedere, oltre a lui sono tutti scalatori.

Pedersen ha vinto la tappa di Vicenza al Giro, ma era un muro stile classiche…

Quel Pedersen ieri avrebbe dominato, avevo quasi dimenticato quel numero. Fece una roba stratosferica, però è anche vero che batté Van Aert. Era un finale da classiche, più che una vera salita, anche se terzo arrivò poi Del Toro. Per questo motivo non me la sento di affiancare i due secondi posti, per tornare alla domanda di partenza. Alla fine sono due cose diverse. Ciccone si è fatto battere da un super campione ed è stata una mezza beffa, che però ti tocca accettare.

La Lidl-Trek sta correndo compatta: Pedersen per Ciccone e viceversa, ma la vittoria ancora sfugge
La Lidl-Trek sta correndo compatta: Pedersen per Ciccone e viceversa, ma la vittoria ancora sfugge
Dici che Pedersen non l’ha vissuta come una beffa?

Si è fatto battere da un nome a sorpresa, perché probabilmente non è al cento per cento. Però è vero che ci è rimasto malissimo. Anche perché quando ci arrivi così vicino, ci rimani sempre male. Peggio ancora quando ti batte uno che non ti aspetti. Secondo me sono due secondi posti che sembrano simili, due mezze beffe, che però sono nati in modi diversi. Quando fai secondo per 10 centimetri, in fin dei conti rientra quasi nell’ambito della casualità.

Oppure, parlando di arrivi in salita, significa che c’è un livellamento incredibile verso l’alto e 10 centimetri diventano un vuoto incolmabile?

Anche quello, sì. Ma quel metro che ti manca non è fra le cose che puoi calcolare quando parti. E comunque, sempre una grande Lidl-Trek. Al Giro gli è andato tutto bene. Qui magari fanno le stesse cose, ma invece di fare primi, sono secondi. Quei 10 centimetri non bastano per dire che uno è andato più forte, diventa quasi un errore di misura. Anche se in entrambi i casi un po’ di gambe sono mancate.

Creatina, doppio binario: per la forza e contro la disidratazione

26.08.2025
3 min
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Nel complesso mondo degli integratori, sviluppati dalle squadre con i propri fornitori per accogliere le esigenze degli atleti, c’è una… voce molto poco raccontata, che invece svolge da tanti anni il proprio compito nello sport: la creatina.

Si tratta di una molecola naturalmente presente nel nostro corpo e proprio per questo è anche uno degli integratori sportivi più studiati negli ultimi decenni. La creatina viene sintetizzata da fegato, reni e pancreas: il suo ruolo principale, volendo semplificare al massimo il discorso, è quello di aiutare le cellule muscolari a produrre energia. Da sola tuttavia la creatina non basta: quando infatti entra nelle cellule muscolari, essa viene in parte trasformata in fosfocreatina che agisce come una vera riserva energetica. Per cui quando l’atleta è nel pieno dello sforzo, i suoi muscoli hanno bisogno di tanta energia in poco tempo. La creatina, immagazzinata nei muscoli sotto forma di fosfocreatina, aiuta a pareggiare il bilancio energetico cellulare. Più creatina è presente, più a lungo si riescono a sostenere gli sforzi più intensi.

La creatina è molto utile per supportare il lavoro dei velocisti in palestra: quelli della strada e anche i pistard
La creatina è molto utile per supportare il lavoro dei velocisti in palestra: quelli della strada e anche i pistard

«La creatina si usa in tantissimi sport e anche nel ciclismo – spiega Laura Martinelli, nutrizionista del Team Jayco AlUla – è un integratore in classe di evidenza, il che vuol dire che ha tantissima rilevanza scientifica. E’ conosciuta da trent’anni, per cui è uno dei pochi integratori che funzionano davvero. Come si utilizza? C’è da fare un distinguo. Da una parte i velocisti e quindi la tipologia di corridori che necessita di esplosività e di una massa muscolare più importante. E poi tutti gli altri».

Perché questa differenza?

La creatina serve per alimentare quel carburante che si chiama fosfocreatina, utilizzata negli sforzi brevissimi ad altissima intensità, tipici appunto delle volate. Ma è tipica anche della tipologia di esercizi che si fanno con i pesi. Per questo i velocisti ne fanno uso nella stagione invernale proprio per sostenere i carichi in palestra. Indirettamente la creatina fa aumentare la massa muscolare, perché il velocista in palestra carica di più, spinge di più e attingendo alla fosfocreatina alza il massimale. Quindi si utilizza in inverno e parallelamente nella stagione delle gare per alimentare le volate. Quindi il velocista la usa con una certa regolarità per tutto l’anno, anche se con finalità differenti.

Velocisti su strada e anche in pista?

Esattamente, per gli stessi principi viene anche molto utilizzata anche in pista. Laddove fondamentalmente ci sono sforzi molto brevi e intensi.

Tutte le aziende producono integratori di creatina, fra queste c’è anche EthicSport
Tutte le aziende producono integratori di creatina, fra queste c’è anche EthicSport
E’ vero che l’uso della creatina può portare a ritensione idrica?

E’ vero. Generalmente, soprattutto ai responder, cioè quando funziona, determina anche un aumento di peso. Per questo motivo a volte la usano anche i non velocisti. Perché a dosaggi molto ridotti, quindi minori rispetto ai dosaggi utilizzati dai velocisti, la creatina aiuta a trattenere i liquidi e quindi può essere utilizzata come prevenzione per la disidratazione.

Quindi lo stesso integratore si può usare con obiettivi diversi?

Esatto. Può essere utilizzata a minore dosaggio da tutti i corridori nel periodo estivo, per trattenere i liquidi e ridurre il rischio di disidratazione. Quindi fondamentalmente lo stesso integratore a dosaggi differenti può avere finalità diverse.

Mondiali juniores dominati. Salvoldi però guarda già oltre

26.08.2025
5 min
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Sei medaglie d’oro, tre d’argento e quattro di bronzo, surclassando la stessa Gran Bretagna. I mondiali juniores di ciclismo di Apeldoorn in Olanda hanno confermato ancora una volta l’Italia come scuola principale a livello giovanile. Dino Salvoldi torna a casa con il carniere ricco e con tante indicazioni utili per il prosieguo del suo lavoro, che ora si prolunga fino al massimo livello, quello elite. Tanti gli spunti che i 5 giorni di gara hanno dato al selezionatore azzurro.

Salvoldi con il presidente Fci Dagnoni e il quartetto azzurro, oro per il quarto anno di fila
Salvoldi con il presidente Fci Dagnoni e il quartetto azzurro, oro per il quarto anno di fila

Un bilancio sontuoso che però, per Salvoldi, era quasi prevedibile anche dopo i risultati provenienti dagli europei di Anadia: «Senza la minima volontà di apparire presuntuoso le aspettative erano alte perché laddove c’è il cronometro abbiamo un metro di paragone sul quale poter lavorare e i numeri ci dicono dove più o meno potresti collocarci a livello internazionale, a meno di fatti straordinari. Ma centrare il bersaglio pieno quando parti da favorito ha un valore molto importante. Nelle altre gare, quelle di gruppo le variabili sono sempre tante, ma anche lì avevamo la consapevolezza di essere preparati e competitivi. Poi qualche sorpresa c’è anche stata come il bronzo di Vendramin in una prova composita come l’omnium. Alla fine abbiamo corso 8 gare e abbiamo preso la medaglia in 7, in un contesto di categoria che ogni anno si alza sempre di più».

Il quartetto si è confermato e ormai sembra quasi un’abitudine. Questo gruppo, rispetto a quello dello scorso anno che ha stabilito il record mondiale, come si colloca come valori?

Il tempo finale talvolta è anche condizionato dalle condizioni ambientali del tipo di pista e anche dall’avversario con cui ti trovi a correre in finale. Tutte queste componenti sono venute un pochino meno rispetto alla situazione ideale. Presi individualmente avevamo Magagnotti che c’era quest’anno e anche lo scorso. Comunque non credo di fare torto a nessuno nel dire che in questa squadra e in quella dell’anno scorso Magagnotti era il leader, per quello che riguarda gli altri forse quelli dell’anno scorso avevano e avranno più attitudine per la pista, dal punto di vista muscolare e metabolico. Il gruppo di quest’anno è più multidisciplinare, composto da gente che è più indirizzato verso la strada.

Doppio oro per Alessio Magagnotti, vero leader della nazionale su pista e protagonista anche su strada
Doppio oro per Alessio Magagnotti, vero leader della nazionale su pista e protagonista anche su strada
A proposito di Magagnotti, con il suo titolo mondiale d’inseguimento individuale e a squadre ha fatto pensare a Filippo Ganna. Secondo te ci sono punti di contatto?

Io direi che, anche per posizione nel quartetto, trovo molte più affinità con Milan – ribatte Salvoldi – e questo si vede anche su strada, dov’è un vincente nelle volate di gruppo, ma è anche grazie a questa caratteristica specifica che gli consente di fare bene il quartetto e l’insegnamento individuale. Io lo vedo davvero su quella direzione, ricalcando in proiezione i passi di Johnny.

Mentre per quanto riguarda Vendramin, è stato davvero una scoperta in questa occasione, con ben tre medaglie. Che corridore è?

Jacopo sapevamo che è un ciclista di un livello molto alto perché è un ragazzo molto, molto veloce e con una grande abilità di guida e soprattutto una grande visione periferica in gara. Quest’anno lo abbiamo imparato a conoscere, a scoprire e allenare. Nell’ultimo periodo è cresciuto enormemente, si è completato, anche se c’è ancora tanto da fare e lui lo sa. E’ un corridore del dicembre 2008, è quasi più un allievo che uno junior primo anno, ancora giovanissimo e che deve imparare tanto. E’ stata una bella scoperta, un bel percorso condiviso. Chiaramente per renderlo un corridore vero bisogna andare ad allenare quelle lacune che evidentemente deve avere alla sua età, ma devo dirgli bravo, perché i risultati confermano che la sua applicazione, il lavoro che abbiamo fatto ha alzato il suo livello.

Jacopo Vendramin sorpresa azzurra, sul podio in eliminazione, scratch e omnium (foto Uci)
Jacopo Vendramin sorpresa azzurra, sul podio in eliminazione, scratch e omnium (foto Uci)
Allarghiamo un attimo il discorso, a tre anni dalle Olimpiadi un mondiale su pista può dare indicazioni per il discorso olimpico o sono ragazzi troppo giovani per pensare a questa edizione, come invece può succedere per altri sport come il nuoto che svolgeva la rassegna iridata junior in contemporanea?

E’ una bella domanda e devo rispondere che nel sistema Italia la priorità ce l’ha comunque sempre l’attività su strada. Altri Paesi hanno un’altra storia, un’altra struttura rispetto a noi, potrebbe anche non essere prematuro inserire qualche nome già per Los Angeles. Noi con questo gruppo dobbiamo per forza proiettarci verso Brisbane 2032.

Tu adesso ti metti subito all’opera per pensare ai mondiali in Cile? Anche se manca tempo, ti stai facendo un’idea di chi portare e che cosa attendersi, magari coltivando una speranza di avere anche i big del quartetto?

In termini di programmazione la risposta è no. Tutti hanno fatto scelte diverse quest’anno proprio perché è quello postolimpico, scelte che io in prima persona condivido, infatti non ho mai fatto alcuna forzatura, quindi ad oggi non ci sarà nessuno dei campioni a parte Lamon. Magari potrebbe succedere, un imprevisto, una variazione di programma che determini questa opportunità, ma io devo ragionare su quel che ho a disposizione e quindi seguiremo la via maestra di far fare esperienza ai giovani, alcuni al loro primo mondiale. Inizieremo il 3 settembre gli allenamenti e se penso ai mondiali è giusto e coerente tenere un profilo molto basso, ma non c’è niente di male in questo, è una fase di scoperta, di crescita e di riprogrammazione.

La Gran Bretagna ha chiuso alle spalle dell’Italia. Spicca l’oro di Hobbs in omnium e chilometro (foto Uci)
La Gran Bretagna ha chiuso alle spalle dell’Italia. Spicca l’oro di Hobbs in omnium e chilometro (foto Uci)
Proprio in questi giorni, sono usciti i calendari di Coppa del mondo per i prossimi 3 anni, con tutte gare in Estremo Oriente e Australia salvo la penultima tappa 2028 in Francia. E’ un programma che secondo te va bene per noi, per guadagnarsi la qualificazione olimpica?

Per dove sono collocate devo dire di no – risponde Salvoldi – ma anche per quando, perché il periodo d’inizio anno non ci aiuta. Tutti e dico tutti saranno impegnati con i loro team nella preparazione e nelle prime gare, quindi dovremo programmarci bene, fare un turnover, considerando anche che sono tutte gare molto lontane, che quindi presuppongono anche viaggi e giorni d’impegno. Avere un calendario definito aiuta comunque a fare un’ipotesi di programmazione. Ma ancora più importanti delle Coppe del mondo saranno i mondiali, perché è facilmente presumibile che da lì scaturirà la maggior parte dei punti validi per la qualificazione olimpica. Lì dovremo programmare di avere la presenza degli atleti migliori.