Una trasferta per certi versi difficile quella vissuta dalla nazionale italiana ad Anadia (POR) per gli europei juniores e under 23 su pista. Siamo nell’anno postolimpico e Dino Salvoldi ha spesso specificato come questa stagione sia importante per cercare risposte nella costruzione della nazionale che poi dovrà andare a caccia della qualificazione olimpica. Dall’altro lato la ristrutturazione dei quadri tecnici ha avuto un effetto, rallentato i tempi di lavoro e per questo il testo lusitano era visto non senza apprensione.
Proprio da queste considerazioni parte l’analisi del tecnico azzurro, che visti suoi incarichi deve anche differenziare più di prima l’occhio verso i più giovani come verso coloro che sono alle porte della nazionale maggiore.


«Complessivamente sono chiaramente soddisfatto, ma devo fare un distinguo. Per gli juniores ho la consapevolezza di aver fatto il percorso giusto e di aver presentato una squadra competitiva. Al contrario, negli under 23 avevo un po’ di dubbi perché c’è stata discontinuità nella preparazione, oltre al fatto di avere iniziato tardi. Per una serie di imprevisti non abbiamo avuto modo di prepararci e quindi arrivare con i ragazzi al meglio delle loro potenzialità».
Alla luce di questo i risultati (ricordando che l’Italia ha chiuso seconda nel medagliere) assumono quindi una luce diversa?
Sì, perché ho avuto delle conferme, ma soprattutto indicazioni utili in prospettiva, sul materiale umano che abbiamo a disposizione.


Queste difficoltà si sono ad esempio tradotte nell’impegno dell’inseguimento a squadre U23: quel bronzo ti ha lasciato un po’ l’amaro in bocca?
Alla fine il bronzo è stato un premio – risponde Salvoldi – perché è arrivato dopo tre prove e siamo andati progressivamente meglio. Potrei dire che la terza è stata la prima gara interpretata bene, con tutti gli automatismi proprio perché prima si sono visti i problemi della mancanza di lavoro insieme. E’ stata una prestazione consona a al livello che avevamo in quel momento. Sono tutte indicazioni che ho tratto e incamerato, i problemi tattici che abbiamo riscontrato ci serviranno per il futuro. Il tempo di lavoro mancato poi in gara lo paghi. E’ un bronzo che premia l’applicazione dei ragazzi, ma che non rispecchia il loro reale valore.
Parlavi prima degli juniores. Facendo il paragone con la generazione precedente, quella che adesso è under 23, che valore ha questa?
Vorrei innanzitutto sottolineare che è il quarto anno di fila che vinciamo e sempre con prestazioni cronometriche importanti. Sono frutto di un lavoro continuativo, che per i secondo anno è iniziato nel 2024 mentre per i nuovi è iniziato a dicembre inserendoli progressivamente. E’ un flusso continuo, che poi andrà avanti col cambio di categoria. Io con i ragazzi sono stato chiaro, questo è un anno dove si deve lavorare il più possibile perché probabilmente i mondiali 2026 saranno già qualificativi per Los Angeles e dovremo farci trovare pronti.


Proprio per le difficoltà che dicevi prima a proposito degli under 23, le vittorie di Sierra e di Stella hanno magari quel pizzico di valore in più perché raggiunte proprio non essendo al massimo della condizione?
Sì, infatti loro hanno questa grande abilità anche di tattica e di conduzione del mezzo. Anche se non sono al 100 per cento riescono comunque ad essere competitivi in quel tipo di gare, corsa a punti e scratch in quest’occasione. Io non mi preoccupo, è stato solo un problema di tempistica, secondo me più avanti, proseguendo nel lavoro, avremo molte più indicazioni. L’anno prossimo, quando partiremo dall’inizio, iniziando gli allenamenti prima, avremo un altro tipo di riscontri. In prospettiva, alcuni di questi giovani oggi under o juniores, potranno andare ad implementare il gruppo degli elite. Adesso c’è ancora un gap, serve lavoro costante.
E’ pesato il ritorno dei russi?
A livello juniores, ne avevamo già incontrati lo scorso anno ai campionati del mondo. Sono sempre stati forti, hanno sempre avuto grande tradizione e quindi non sono certo una sorpresa. Vedremo quanti e quali di loro continueranno a progredire, ma dobbiamo considerarli un fattore anche in ottica olimpica.


E ora?
Ora si torna a lavorare a testa bassa – avverte Salvoldi – perché dal 20 al 24 agosto abbiamo i campionati del mondo juniores che per noi sono il vero obiettivo. Questo è stato il primo passaggio, il primo momento di confronto, il mettere il numero sulla schiena dopo tanti allenamenti fatti insieme. Quindi adesso abbiamo un altro mese per arrivare al top della condizione. Con gli Under invece iniziamo a lavorare insieme agli elite per i mondiali di ottobre che ci daranno altre risposte in funzione del nostro vero target, la qualificazione olimpica. Abbiamo fatto delle buone prestazioni, 3’51” del quartetto nella finalina è tanta roba, ma dobbiamo renderci conto che non c’è tempo da perdere, perché le qualificazioni olimpiche sono davvero dietro l’angolo…