Philipsen, danese vincitutto che non vuole scegliere

28.08.2023
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Quando ora si cita il nome “Philipsen” non si pensa più solamente al velocista belga dell’Alpecin Deceuninck. I mondiali di Glasgow hanno messo in evidenza il nome di Albert Withen Philipsen, danese di Holte che a 16 anni è diventato il più giovane campione del mondo della categoria junior, ma non pago di questo, nella settimana successiva ha prima proiettato verso il bronzo la staffetta di mtb e poi ha conquistato un’altra maglia iridata, questa volta sulle ruote grasse.

Già, perché Philipsen è il perfetto prototipo del ciclista contemporaneo, che ama ogni disciplina su due ruote: fa ciclocross d’inverno, poi si dedica alla mountain bike e contemporaneamente alla strada. E non chiedetegli di scegliere: «Non voglio farlo, non ora, si può tranquillamente correre in discipline diverse. Magari tra qualche anno dovrò fare una scelta, ma per ora seguo la strada di grandi maestri: Mathieu Van Der Poel, Wout Van Aert, Tom Pidcock, il mio idolo».

Philipsen è nato il 3 settembre 2006 a Holte (DEN). E’ il più giovane iridato junior
Philipsen è nato il 3 settembre 2006 a Holte (DEN). E’ il più giovane iridato junior

Il campione “vincitutto”

Ma chi è Albert Withen Philipsen? Per ora lo si può considerare un campione annunciato con una predilezione spiccata per la mountain bike. Ha iniziato a pedalare da giovanissimo e a 9 anni era già campione nazionale di Mtb per quell’età, poi a ogni anno di crescita saliva di categoria e andava a riconquistare la maglia. Lo ha fatto fino a quest’anno, ma a dir la verità nel 2023 non si è accontentato.

Albert è soprannominato “vincitutto” dopo che in questa stagione ha messo insieme, in linea temporale, i titoli di campione danese di ciclocross, di mountain bike cross country, su strada in linea e a cronometro, il titolo europeo sempre nella mtb e poi le due maglie iridate. Se vincesse a gennaio prossimo la maglia iridata di ciclocross (e ci proverà, potete scommetterci…) riuscirà in quell’impresa che Mathieu Van Der Poel ha tentato a Glasgow, cadendo dopo pochi metri della prova di mtb e che in passato è riuscita solo alla francese Pauline Ferrand Prevot, sempre però in anni sfalsati e non in quello solare.

Philipsen con la medaglia d’oro degli europei mtb, primo suo grande successo internazionale
Philipsen con la medaglia d’oro degli europei mtb, primo suo grande successo internazionale

Nato con la mtb in mano…

La propensione per la mountain bike si vede anche nel suo modo di correre su strada: «Nei boschi ho un’ottima padronanza – raccontava ai cronisti dopo la vittoria su strada a Glasgow – su strada sono ancora un po’ inesperto. Per questo mi piace correre davanti, cerco di limitare i contatti con gli avversari al minimo possibile. Preferirei usare ancora più potenza e poi stare davanti, invece di dover lottare per la mia posizione».

E’ chiaro che qualsiasi team farà firmare il contratto a Philipsen (dopo Glasgow c’era una fila interminabile di dirigenti e procuratori…) dovrà mettere in preventivo che ci sarà da lavorare approfonditamente su di lui per affinarne le doti su strada, insegnargli a limare, a prendere posizione, a lavorare di squadra anche a prescindere dalle fughe. Non è però che parliamo di un novellino…

Una settimana dopo il trionfo su strada, il danese è andato a prendersi anche l’oro nella mtb
Una settimana dopo il trionfo su strada, il danese è andato a prendersi anche l’oro nella mtb

Prime avvisaglie alla Corsa della Pace

E’ vero che la mountain bike resta il suo primo amore, è anche vero però che quando corre su strada, ottiene sempre risultati di spicco. Basti dire che alla Corsa della Pace ha conquistato tre podi ed è finito 4° in classifica 39” da quel Nordhagen tra i favoriti a Glasgow e logorato con il lavoro suo e del connazionale Storm, conquistando la maglia di vincitore a punti.

Proprio quello Storm che a suo dire è stato decisivo per la conquista della vittoria sulle strade della città scozzese: «Avevamo fatto un piano alla vigilia per correre davanti, considerando che ci sarebbe stata pioggia, invece non è stato così, si è corso con il caldo ma non abbiamo cambiato strategia. La mia fortuna è stata che Storm è uno d’esperienza, che sa come correre oltre a essere fortissimo. Quando sono partito ha coperto benissimo la mia azione e devo dirgli grazie.

Su strada il danese mostra ancora lacune soprattutto nel correre in gruppo
Su strada il danese mostra ancora lacune soprattutto nel correre in gruppo

Ora? All-in sul ciclocross…

«Quando sono arrivato al traguardo mi sentivo come se fossi appena partito, d’altronde quel percorso mi ha esaltato, era fatto per me. Dovreste usare le dita di molte mani per contare quante volte ho rilanciato durante la gara…».

E ora? Come detto, l’obiettivo adesso è stato spostato al prossimo 3 febbraio, il giorno della gara mondiale di ciclocross a Tabor in Cechia, per centrare il fatidico Grande Slam iridato. Nel frattempo continuerà ad affinarsi su strada e probabilmente metterà in mostra la sua maglia al GP Ruebliland correndo con il suo team, il Tscherning Cycling Academy. Magari inserendo anche qualche prova di mtb a chiusura di Coppa del Mondo. D’altronde, facendo il verso alla popolare pubblicità televisiva di prodotti dolciari, se provaste a chiedergli quale bici sceglierebbe vi risponderebbe come la famosa bambina: «Tutte!».

Zamperini vince e va in cerca di nuovi orizzonti

28.08.2023
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La vittoria al Giro del Casentino è solo l’ultimo atto di una stagione fin qui positiva per Edoardo Zamperini, vent’anni, tanto che di lui si parla sempre di più come di uno dei migliori prospetti italiani. Si era già messo in luce con il successo di oltre un mese fa al GP di Kranj, in Slovenia, gara che ha spesso sorriso ai colori azzurri ma è tutto l’anno che il ventenne di Grezzana ha un ottimo rendimento: 2 vittorie e 2 podi internazionali in stagione.

«In Toscana è andata bene – esordisce Zamperini (nella immagine di apertura photors.it) – era un circuito dove avevo già gareggiato lo scorso anno, ma l’hanno un po’ cambiato, reso più vallonato e quindi più adatto alle mie caratteristiche».

L’arrivo solitario al Giro del Casentino a Corsalone. 2° Tsarenko a 6″, 3° Iacomoni a 12″ (foto Pagni)
L’arrivo solitario al Giro del Casentino a Corsalone. 2° Tsarenko a 6″, 3° Iacomoni a 12″ (foto Pagni)
Non è una vittoria arrivata per caso, vista l’alta percentuale di piazzamenti che hai in questa stagione…

Diciamo che quando indosso il numero lo faccio ponendomi sempre un obiettivo, cercando di leggere bene la corsa e da come vanno le cose direi che ci sono riuscito finora abbastanza bene. Voglio essere sempre nel vivo dell’azione, non subire mai la corsa. Devo però dire che la vittoria di domenica mi è arrivata un po’ inaspettata, mentre quella di Kranj l’avevo puntata sin da inizio stagione come possibile target.

Perché dici che la vittoria ti ha sorpreso?

Perché ero uscito molto male da Capodarco. Lì mi ero fatto sfuggire la fuga giust,a ma mi ero posto all’inseguimento e ci sarei anche riuscito, con me c’era Iacomoni che infatti si è ricongiunto. All’improvviso però ho iniziato ad avere problemi intestinali. La notte successiva sono stato malissimo e nei tre giorni dopo (e prima della gara toscana) non ho neanche preso la bici in mano. Evidentemente però quando la condizione c’è, non cala dall’oggi al domani.

Primo posto a Kranj, battendo Ridolfo e Biagini per un podio tutto italiano (foto Prijavin.se)
Primo posto a Kranj, battendo Ridolfo e Biagini per un podio tutto italiano (foto Prijavin.se)
A Kranj avevi puntato con maggior decisione?

Era una gara più difficile, sia per condizioni della corsa che per partecipazione, infatti a dispetto dei tentativi la fuga non partiva mai, è successo solo a 20 chilometri dal traguardo. Ma sono queste le gare che mi piacciono, in queste condizioni mi esalto.

A giudicare dai risultati, il momento più basso della tua condizione è andato a coincidere sfortunatamente con il Giro Next Gen…

Non è propriamente così. La gamba c’era ma nelle due tappe che avevo identificato come più adatte a me, qualcosa non ha funzionato. Nella seconda, che poi era la prima in linea, avevo beccato la fuga e alla fine mi ero ritrovato avanti da solo, su di me sono rientrati due di squadre WorldTour che andavano fortissimo. Io ho provato ad anticiparli all’ultimo chilometro e forse ho sbagliato, perché Gelders mi ha preso la ruota e mi ha saltato, su di me è rientrato il gruppo e la tappa è andata.

L’altra frazione sulla quale puntavi?

Era la quinta. Si era formato un gruppetto con 50” di vantaggio, ho provato a riagganciarmi gli sono arrivato a 25”, ma anche lì il gruppo mi ha riassorbito a 500 metri dal traguardo. In queste occasioni serve anche fortuna, trovare i tempi giusti. Io al Giro ci tenevo molto, avevo fatto l’altura prima per essere pronto, ma quella corsa è davvero di un livello superiore, ci sono grandi nomi, azzeccare il risultato non è facile.

Il corridore di Grezzana ha indossato la maglia azzurra agli europei del 2021, finendo 16°
Il corridore di Grezzana ha indossato la maglia azzurra agli europei del 2021, finendo 16°
Per tua stessa ammissione, sei un corridore che si costruisce da solo i risultati. Per tue caratteristiche o anche perché con la squadra non riesci a trovare la giusta sintonia tattica?

Sono fatto così, corro all’attacco. Ogni corridore ha le sue caratteristiche, è chiaro che per un De Pretto serve una squadra attorno che tenga la corsa imbrigliata, io cerco l’esatto contrario.

Hai quindi bisogno di un team diverso?

Sia chiaro, alla Zalf sto bene, non mi hanno fatto mancare nulla, ma ritengo che sia meglio per me cambiare aria, per mie ragioni personali. Una delle ragioni è che vorrei avere più occasioni per gareggiare all’estero, confrontarmi con il ciclismo che conta perché come si è visto al Giro il livello fuori è un altro. Ora c’è la nazionale di Amadori che permette di fare tante esperienze, ma la selezione bisogna guadagnarsela e io nel 2024 vorrei essere preso maggiormente in considerazione.

Per Zamperini anche un passato su pista, con il titolo italiano esordienti nella corsa a punti (foto Ghilardi)
Per Zamperini anche un passato su pista, con il titolo italiano esordienti nella corsa a punti (foto Ghilardi)
Hai già contatti in corso?

Sto cercando un procuratore che possa curare i miei interessi, ma voglio fare la scelta giusta, non farmi prendere dalla fretta. Poi si vedrà dove trovare una sistemazione per il prossimo anno. Intanto mi concentro sulle gare da fare.

Cerchi un team per restare ancora nella categoria o per fare il grande salto?

Io credo che un altro anno fra gli Under 23 sia necessario, ho imparato tanto in questa stagione e ho visto che sto ancora crescendo, ad esempio in pianura ormai pedalo con un rapporto in più, ma penso che ci sia ancora margine per migliorare. L’importante è trovare chi voglia investire su uno scalatore ancora in piena costruzione.

EDITORIALE / Vuelta pericolosa o regole inesistenti?

28.08.2023
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Probabilmente Adam Hansen avrà capito (ormai a sue spese) quanto sia ingrato il compito di presidente del CPA su temi come la sicurezza in corsa e le avverse condizioni meteo. Quello che è successo alla Vuelta e in parte anche in Belgio al Renewi Tour (dove i corridori hanno messo piede a terra a 100 chilometri dall’arrivo, in protesta per il finale tortuoso) è la perfetta dimostrazione di come non sia possibile pretendere comportamenti coerenti senza la base di regole condivise e definitive.

La cronosquadre di apertura della Vuelta a Barcellona, che sarebbe dovuta essere una colossale festa di sport, si è trasformata in un bel disastro a causa della pioggia, delle curve e dell’oscurità della partenza serale (foto di apertura).

Laurens De Plus è finito in ospedale con una frattura dell’anca. «Due minuti di spettacolo – ha dichiarato – dopo mesi di duro lavoro in montagna. Non vedevo l’ora di iniziare queste tre settimane di battaglia con tutte quelle superstar. Ma la vita non è sempre giusta e la corsa va sempre avanti».

Adam Hansen, 41 anni, è da quest’anno il nuovo presidente del CPA
Adam Hansen, 41 anni, è da quest’anno il nuovo presidente del CPA

Evenepoel e Vingegaard

Quando si è accorto che anche la seconda tappa sarebbe stata bagnata e nel finale avrebbe avuto curve in abbondanza, anche Evenepoel ha detto la sua.

«Dopo ieri – così ha parlato il belga dopo che una consultazione con la direzione di gara non aveva tolto tutti i dubbi – penso che meritiamo un po’ più di rispetto da parte dell’organizzazione».

Lo stesso vincitore del Tour, Jonas Vingegaard, è stato ripreso mentre entrava sul pullman della Movistar per concordare una linea comune, dopodiché i corridori hanno trovato un accordo con la direzione.

Jonas Vingegaard si è fatto interprete dei malumori del gruppo, cercando condivisione fra i vari team
Jonas Vingegaard si è fatto interprete dei malumori del gruppo, cercando condivisione fra i vari team

Il diritto all’opinione

L’iniziativa è stata efficace. L’organizzazione ha spostato la registrazione del tempo ufficiale a 9 chilometri dall’arrivo e a quel punto la maggior parte dei corridori si è rialzata in modo plateale, con Evenepoel di nuovo in testa. Sono passati sul traguardo più di 6 minuti dopo il vincitore della tappa, con un chiaro messaggio agli organizzatori.

«Le gare sono diventate molto più difficili – ha commentato Marc Sergeant su Het Nieuwsblad – oppure i corridori si fanno sentire di più. I social media hanno anche reso più semplice esprimere la propria opinione, senza rivolgersi direttamente all’organizzatore. Penso che la voglia di dare la propria opinione sia una buona cosa. Ho rispetto per i corridori che fanno così, perché senza protagonisti non c’è gara».

Per Laurens De Plus una Vuelta durata pochi chilometri e conclusa in ospedale
Per Laurens De Plus una Vuelta durata pochi chilometri e conclusa in ospedale

Lezione per il futuro

Contro il meteo si può poco, ma contro i percorsi si può studiare e agire d’anticipo. Ci si è tanto lamentati per il tracciato della cronosquadre ai mondiali di Glasgow, ma ci sono stati sei mesi senza che nessuno abbia provato a metterci mano. Quali sono, tuttavia, i criteri e le regole per cui un percorso è non sicuro, in assenza di un disciplinare cui tutti siano costretti ad attenersi?

«Siamo arrivati ai giorni più difficili – ha detto a Het Nieuwsblad Il direttore del Renewi Tour, Christophe Impens di Golazo – dopo una catena di eventi, in cui i corridori potrebbero non essersi sentiti ascoltati. C’è stato il caos per le moto al Tour, la morte di De Decker e poi quello che è successo sabato alla Vuelta. Non sono arrabbiato, penso solo sia un peccato che questo sia successo durante la gara. I corridori e i team manager possono studiare il percorso con settimane di anticipo tramite un software speciale. Ne possiamo parlare quando vogliono, se necessario, ma non durante la corsa. E’ una lezione per il futuro».

La prima tappa della Vuelta, una cronosquadre a Barcellona, ha destato molte polemiche
La prima tappa della Vuelta, una cronosquadre a Barcellona, ha destato molte polemiche

Siamo sul filo

A volte bisognerebbe ascoltare i corridori, più che chi li guida e che è spinto da interessi che magari con lo sport non c’entrano molto. Lo ha detto chiaramente l’altro giorno Salvatore Puccio: servono regole chiare da applicare senza doverne parlare. In modo che sia chiaro per tutti che certi percorsi non possono essere disegnati. Che serve un percorso alternativo per i tapponi, evitando le scene ridicole dell’ultimo Giro d’Italia. Ma i corridori devono sapere che questo potere non è illimitato. Il ciclismo non è la Formula Uno e non lo sarà mai. Per questo serve un tavolo condiviso per stabilire regole certe: affinché nessuna componente prevalga sull’altra. Siamo sul filo: è un attimo cadere da una parte o l’altra.

Monaco si allena e finalmente vince, ma si è dato una scadenza

28.08.2023
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Alessandro Monaco ha appena fatto il check in in hotel quando lo raggiungiamo al telefono, si trova in Toscana per correre il Trofeo Corsanico. Qualche settimana fa, sempre in Toscana, ha vinto la Firenze-Viareggio, una classica del calendario elite/under 23. Dopo l’operazione dello scorso anno ha ripreso bene le corse, vincendo in Azerbaijan e poi a Viareggio. 

«Sto bene – ci dice – ho fatto una ventina di giorni tra luglio e agosto in ritiro sul Fedaia, insieme a qualche compagno di squadra. Un po’ per sfuggire al caldo della mia Puglia e un po’ per preparare al meglio questa parte finale di stagione. Su abbiamo lavorato bene, portando a termine un blocco intenso di allenamenti, infatti una volta sceso ho vinto. Quando le cose si fanno bene si raccolgono i frutti, ora serve dare continuità a questi risultati».

Alessandro Monaco con la maglia dedicata al vincitore della Firenze-Viareggio (foto Instagram)
Alessandro Monaco con la maglia dedicata al vincitore della Firenze-Viareggio (foto Instagram)
Sui social abbiamo visto delle grandi celebrazioni tra te e Francesco Chicchi per la vittoria di Viareggio…

La squadra, ma in particolare Chicchi ci teneva molto a questa gara. Lui abita ai piedi della salita di Pedona ed erano due mesi che ci diceva che voleva far bene alla Firenze-Viareggio. Possiamo dire che l’ho accontentato, gli ho fatto un regalo! Ora mi aspetto una bella cena di pesce, anzi una bistecca alla fiorentina come si deve (conclude con una risata, ndr). 

La seconda vittoria dopo l’operazione, diciamo che sta andando bene, no?

Vincere con i pro’ sarebbe stato meglio, ma un successo fa sempre piacere e dà morale. Facciamo un passo per volta, tanto ora da qui a fine stagione il calendario è pieno di corse, ci sarà l’occasione. 

Sai già che corse farai?

Tutte quelle del calendario italiano praticamente. Come detto parto con il Giro del Friuli, poi Giro di Toscana, Peccioli, Memorial Pantani, Trofeo Matteotti, Adriatica Ionica Race, Giro dell’Emilia e Giro del Veneto. Alla fine della stagione dovrei arrivare ad avere un totale di 50 giorni di corsa.

La seconda vittoria di Monaco è dedicata a Chicchi, che a Viareggio è di casa (foto Instagram)
La seconda vittoria di Monaco è dedicata a Chicchi, che a Viareggio è di casa (foto Instagram)
E la gamba come sta?

Tutto bene, non ho problemi di alcun tipo. Mi concentro molto sulla fisioterapia e sull’osteopatia, per recuperare bene la forza. Lavoro tanto sul core ability e a casa faccio tanta ginnastica posturale per ritrovare l’equilibrio. Prima dell’operazione spingevo solamente con una gamba, così che l’altra è diventata più debole (la sinistra, poi operata, ndr,). 

Che esercizi fai?

Curo molto la parte degli addominali, dorsali e lombari. Il focus è tornare ad avere un equilibrio vicino alla perfezione, quindi spingere in egual modo con entrambe le gambe. 

La fisioterapia a cosa ti serve?

Per curare le tensioni muscolari ed i vari affaticamenti, la gamba sinistra nell’ultimo anno e mezzo ha lavorato meno quindi è normale si affatichi di più.

Il settembre di Monaco si appresta ad essere pieno di gare (foto Instagram)
Il settembre di Monaco si appresta ad essere pieno di gare (foto Instagram)
Il problema all’arteria iliaca è quindi risolto?

Sì. Certo, fino a marzo/aprile ho pagato i cinque mesi senza bici che ho dovuto fare a causa dell’operazione. Ho dovuto curare molto la parte della palestra, andando a lavorare sull’equilibrio e sulla forza praticamente da zero. 

In bici come va?

Anche lì bene, non ho nessun problema. Faccio tutto in maniera normale, anche i lavori finali ad alta intensità o il dietro moto. Lo si nota anche in gara, altrimenti non avrei vinto una corsa impegnativa come la Firenze-Viareggio. 

Hai dovuto sistemare la posizione in sella?

Qualcosa sì. Ho cercato di aprire l’angolo dell’anca per stare meno piegato. Mi sono spostato in avanti con la sella e ho alzato il manubrio con degli spessori. A livello di prestazioni non ne ho risentito, sono piccoli accorgimenti che non cambiano molto l’aerodinamica. 

Il recupero dopo l’operazione procede bene, ora riesce a fare tutti i lavori e spingere correttamente sui pedali
Il recupero dopo l’operazione procede bene, ora riesce a fare tutti i lavori e spingere correttamente sui pedali
Dovrai poi tornare in Olanda, dove ti sei operato, per fare dei controlli?

Dovrei farne uno a un anno dall’operazione, che è avvenuta il primo settembre del 2022. Però ho deciso di posticiparla di un mese e andare a fine stagione, ora sto bene e voglio correre. Andare in Olanda ti fa perdere 4 giorni di allenamento e non posso permettermelo. A ottobre ci sarà tempo e ne approfitterò anche per fare un giro ad Amsterdam. 

E per l’anno prossimo, hai qualche notizia? Rimani in Technipes?

No. Se riuscirò ad ottenere un contratto con una professional continuerò, altrimenti mi darò alla vita da avvocato. A marzo del prossimo anno mi laureo in Giurisprudenza, se non andrò avanti con il ciclismo andrò ad esercitare. 

A ottobre, finita la stagione Monaco tornerà a Eindhoven per controllare come procede la guarigione
A ottobre, finita la stagione Monaco tornerà a Eindhoven per controllare come procede la guarigione
Una vita parallela, da quando studi giurisprudenza?

Praticamente da quando sono passato under 23. E’ una laurea a ciclo unico, quindi di 5 anni. Io ci ho messo un anno e mezzo in più, ma tra allenamenti, corse e tutto il resto mi ritengo soddisfatto. 

Con la Technipes come sei rimasto?

Quello con la Technipes è stato un bellissimo anno, fatto con gente per bene, che ama questo lavoro. Lo staff è di primo livello e non ci è mai mancato nulla, ma ormai sono grande per una continental, che è una tipologia di squadra che ai giovani fa tanto bene. Corrono con i professionisti, imparano, si prendono qualche tirata di orecchie. Ma io ormai ho un’età diversa da quella dell’apprendimento.  

Per Colnaghi un podio di lusso da cui ripartire

28.08.2023
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In Danimarca, Luca Colnaghi c’era già stato lo scorso anno, con un nono posto come miglior risultato. Questa volta però il PostNord Danmark Rundt gli ha dato, seppur per poco, quella risonanza di cui la sua carriera aveva bisogno. Un terzo posto di tappa dietro due autentici mostri sacri come il campione europeo Fabio Jakobsen e Mads “vincitutto” Pedersen: un podio che ha un grande valore e che può rappresentare quell’iniezione di fiducia per dare nuova spinta alla sua carriera.

Luca è al suo secondo anno alla Green Project Bardiani CSF Faizané. Era uscito dalla categoria Under 23 con grandi aspettative, come corridore capace di sorprendere, diciamo in rampa di lancio. Il risultato della volata di Bagsvaerd è il punto più alto e lo stesso lecchese ammette che è un punto di partenza, ma non molto altro.

Colnaghi affiancato a Jakobsen, uno sprint serratissimo. Il lombardo finirà terzo
Colnaghi affiancato a Jakobsen, uno sprint serratissimo. Il lombardo finirà terzo

«Sicuramente è il risultato più importante di questo biennio – afferma Colnaghi – per il fatto che davanti a me sono finiti due personaggi cardine del movimento, ma nel ciclismo se non vinci non è che poi hai fatto tanto. Conta sì, ma voglio ben altro».

In Danimarca avevi colto anche un 10° posto nella prima tappa. Quella corsa ti si addice?

Sì, lo avevo fatto anche lo scorso anno e avevo visto che è adatto per ruote veloci, ma non sono mai tappe scontate, diciamo che la volata te la devi guadagnare. E’ stato così anche quest’anno: nella prima tappa c’era pioggia e io ho sbagliato nella ricerca della posizione, altrimenti potevo finire molto più avanti. Nella seconda c’è stato un attacco ai meno 3 e ho perso l’attimo, nella terza che era la più dura sapevo di non avere una condizione sufficiente per tenere i più forti, poi c’è stato lo sprint del terzo posto.

Per Colnaghi quest’anno 8 piazzamento nei 10, un bilancio che conferma la sua costanza di rendimento
Per Colnaghi quest’anno 8 piazzamento nei 10, un bilancio che conferma la sua costanza di rendimento
Che impressione hai avuto da chi ti ha battuto?

Mi ha colpito molto Jakobsen, quando è partito mi ha praticamente lasciato sul posto… Quella volata però insegna molto, soprattutto l’importanza della posizione, del prendere la ruota giusta. Io che non sono un velocista puro mi sono trovato a lottare con i più forti, Pedersen ad esempio mi ha passato solo negli ultimi 10 metri e questo lo si deve proprio alla posizione che avevo trovato.

Come giudichi nel complesso la tua stagione?

Il bilancio nel complesso è positivo. Ho colto otto top 10, anche in prove del WorldTour o comunque spesso a confronto con squadre e corridori della massima serie, però io sono abituato a guardare il bicchiere sempre mezzo vuoto, a cercare quel che manca. Diciamo che finora mi è sempre mancato quel quid giusto per trasformare una buona gara in una vittoria. Le occasioni ci sono state, come in Slovenia quando mi è saltata la catena e abbiamo anche sbagliato strada in un giorno nel quale avevo una gamba favolosa.

Il lecchese si era messo in mostra al Giro U23 del 2020, con due vittorie in due giorni
Il lecchese si era messo in mostra al Giro U23 del 2020, con due vittorie in due giorni
Dicevi che non sei un velocista puro…

Le mie occasioni devo costruirle attraverso gare sempre un po’ mosse, nelle quali si possa scremare il gruppo al fine di ritrovarmi preferibilmente con corridori come me. Non ho la struttura possente di uno sprinter, sono 1,70 per 64 chili, robusto ma non abbastanza. Credo di dover crescere ancora molto, nel fisico, ma anche e soprattutto nell’esperienza.

Non sei più però il corridore di due anni fa che passava di categoria con tante speranze nelle tasche…

L’esperienza conta molto, aiuta nelle situazioni più diverse e il ciclismo te ne presenta sempre. Se guardo dal di fuori vedo un Luca Colnaghi più duraturo e costante nelle sue gare, con un rendimento abbastanza regolare, al quale manca ancora qualcosa per avere quelle punte necessarie per vincere.

Alla Green Project-Bardiani, Colnaghi ha trovato spazio per crescere. Resterà nel 2024?
Alla Green Project-Bardiani, Colnaghi ha trovato spazio per crescere. Resterà nel 2024?
Ti ritieni più un corridore cacciatore di tappe o uno per classiche d’un giorno?

E’ vero che guardando il mio calendario si può pensare che preferisca le tappe perché offrono più occasioni, ma io preferisco le classiche, per le mie caratteristiche sono più portato a dare tutto nelle gare secche, dove ci si gioca tutto nel giorno stesso.

Finora non hai ancora avuto occasione di cimentarti in un grande giro.

Questo è un po’ un pensiero che mi assilla, quest’anno ci tenevo a farmi trovare pronto per la corsa rosa, ma poi sono state fatte altre scelte. Per me sarebbe importante testarmi in una corsa di tre settimane perché so che ti cambia il motore, forse sarebbe quel quid di cui dicevamo prima. Il mio obiettivo per il 2024 è proprio quello, essere in gara in una prova lunga per dimostrare quel che so fare, l’età ormai è quella giusta…

Esame Vuelta per Gregoire, talento coi piedi per terra

27.08.2023
3 min
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Roman Gregoire si è presentato al via della Vuelta con un buon sapore in bocca. La vittoria al Tour du Limousin, con l’aggiunta non trascurabile di due tappe ha portato il talento francese al centro delle attenzioni. Avevamo raccontato del debutto nella corsa spagnola del blocco giovanissimo della Groupama-Fdj, compreso il nostro Germani, ma è innegabile che per ora Gregoire sia quello che ha mostrato qualcosa di più.

Gregoire è arrivato alla Vuelta di certo in condizione, con le vittorie al Tour du Limousin
Gregoire è arrivato alla Vuelta di certo in condizione, con le vittorie al Tour du Limousin

Lo scalino del WorldTour

Un metro e 76 per 64 chili, vent’anni compiuti a gennaio, il ragazzino che da junior e under 23 dominava spesso in lungo e in largo, ha vissuto questa prima stagione da professionista con numeri a dir poco interessanti. Delle sue cinque vittorie, tre sono traguardi intermedi, mentre due le classifiche finali di due corse a tappe: La Quattro Giorni di Dunkerque e appunto il Limousin.

«Ma la Vuelta – dice – è lo step successivo e francamente è ancora un punto interrogativo. Mentre nelle gare di livello inferiore le cose stanno andando per il verso giusto, il WorldTour resta un gradino da salire. Per il momento manca ancora un po’, ma questa Vuelta può davvero aiutarmi a progredire fino al livello che serve».

Nella cronosquadre di apertura a Barcellona, la squadra francese è arrivata 5ª a 6″ dalla DSM (foto Groupama-FDJ)
Nella cronosquadre di apertura a Barcellona, la squadra francese è arrivata 5ª a 6″ dalla DSM (foto Groupama-FDJ)

La festa del ciclismo

Nel caldo afoso di Barcellona, la vigilia della corsa è stata dedicata alle videoconferenze destinate ai media, alle quali hanno partecipato Evenepoel, Vingegaard, Roglic, Thomas o Ayuso. Prima del via, il clima è sempre mediamente festoso, per cui la comparsa di Gregoire in uno degli schermi dedicati alle interviste ha suscitato curiosità. Con lui c’erano il compagno Lenny Martinez e il diesse Vaugrenard (foto Groupama-FDJ in apertura): nessuno dei giornalisti francesi collegati ha osato proporlo come successore di Evenepoel sul podio della Vuelta, ma certo la curiosità di capire cosa aspettarsi dal ragazzino di Besancon nella gara di tre settimane è parsa alta.

Lui stesso non sa ancora cosa dire, se non sottolineare il fatto che questo debutto è privo di grandi attese e soprattutto di pressioni. Fare bene. Fare esperienza. E se possibile vincere una tappa.

«Per il momento mi avvicino a questa Vuelta con una certa rilassatezza – ha spiegato – durante la presentazione delle squadre mi è sembrato di trovarmi in grande festa del ciclismo e cercherò di approfittarne. Sono felice di essere qui».

La Vuelta sarà una scoperta per Gregoire, qui ai massaggi. L’obiettivo è una tappa (foto Groupama-FDJ)
La Vuelta sarà una scoperta per Gregoire, qui ai massaggi. L’obiettivo è una tappa (foto Groupama-FDJ)

Un gesto coraggioso

Chiaramente, Gregoire è in Spagna per imparare sperando di farlo rapidamente e in modo intelligente, per non finire come tante grandi speranze francesi, portate rapidamente sugli scudi, adorato un po’ troppo in fretta e poi messe in un angolo. Madiot però questa volta ha scelto di alzare l’asticella, schierando il suo gruppo migliore, nel percorso di rinnovamento della squadra.

«Penso che il suo sia stato un gesto forte – ha ammesso Gregoire – un vero segno di fiducia. L’obiettivo primario per me e per tutti noi è la vittoria di tappa. Non abbiamo fatto ricognizioni, solo tanti allenamenti in altura, ma ho studiato le mappe e le tracce GPS per immergermi nel percorso. So che il giorno in cui deciderò di provarci, dovrò andare al 100 per cento».

Ciclocross all’orizzonte, lavori in corso. Sentiamo Pontoni

27.08.2023
4 min
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Siamo nel pieno dell’estate e “l’invernale” ciclocross sembra lontanissimo. In realtà “sotto la cenere” si lavora. E il cittì Daniele Pontoni non sta fermo. Ha sotto controllo i suoi ragazzi e le sue ragazze.

Il friulano è un fiume in piena e vorrebbe fare molto di più, ma per ora si deve accontentare di sapere come stanno, cosa fanno i suoi atleti.

Valentina Corvi ha vinto l’europeo in mtb tra le juniores

Gruppo variegato

Il primo cross in Europa lo terrà a battesimo la Gran Bretagna: appuntamento il 3 settembre ad Herrington Country Park, mentre in Italia si inizia il primo ottobre a Tarvisio, guarda caso proprio nella regione del commissario tecnico.

Non è facile per Pontoni avere i suoi ragazzi. Alla fine ognuno fa attività diverse: c’è chi pedala in Mtb e magari è nel pieno della Coppa del Mondo, e c’è invece chi corre su strada. Qualche crossista più puro che segue altri percorsi atletici. In più deve controllare dagli juniores agli elite, di entrambi i sessi.

«Il mio gruppo – dice Pontoni – è variegato. Alcune ragazze si sono ben comportate questa estate, penso alla Venturelli, alla Corvi che ha vinto l’Europeo in Mtb. Fra qualche giorno avrò dei calendari più definitivi e sarà importante capire con i rispettivi team di appartenenza come fare. A settembre dunque avremo le idee più chiare. Intanto, col gruppo performance faremo cinquanta test a Montichiari».

La Monsterrato Gravel potrebbe essere un primo incontro con alcuni ragazzi del cross (foto Bettini/Bellingheri)
La Monsterrato Gravel potrebbe essere un primo incontro con alcuni ragazzi del cross (foto Bettini/Bellingheri)

Lo zampino del gravel

Pontoni come detto non sta fermo. La grinta da atleta gli è rimasta addosso. Avrebbe avuto piacere di portare un gruppo al Giro del Friuli con la nazionale, ma molti ragazzi erano ancora impegnati con i rispettivi team e comunque avrebbe dovuto portare solo atleti under 23.

E poi c’è anche un altro aspetto da valutare: il gravel, che si fa sempre più spazio in questo periodo dell’anno.

«Per me è un punto, un momento di aggregazione – dice Pontoni – si va verso l’europeo e ci divideremo i compiti fra tecnici, visto che non ci sono degli specialisti. Di fatto l’italiano gravel chiuderà la stagione “su strada” e da lì avrò più la situazione sotto controllo». 

Alla fine Pontoni avrà a disposizione in modo più concreto i ragazzi da fine settembre, inizio ottobre. Il pensiero del tecnico va, per esempio, a Luca Paletti della Green Project-Bardiani, e a Filippo Agostinacchio della Beltrami, che dovrebbe puntare forte anche sul gravel.

Pontoni con Silvia Persico, che quest’anno non farà il cross. Il tecnico spera di riaverla per l’inverno post olimpico
Pontoni con Silvia Persico, che quest’anno non farà il cross. Il tecnico spera di riaverla per l’inverno post olimpico

Il calendario

Ma se i ragazzi di Pontoni corrono su strada e offroad, chi deve fare la stagione del ciclocross in modo completo, e non con delle comparsate, ha diversificato la propria estate. Ha già staccato.

«E a tal proposito – aggiunge Pontoni – dobbiamo ringraziare le società per questo programma condiviso. Quest’anno abbiamo la fortuna di avere molte gare di livello internazionale in Italia. Già ad ottobre ci sono sei gare importanti e arrivano tutte prima del campionato europeo. In questo modo si alza il livello dove misurarsi e soprattutto si possono raccogliere più punti.

«Purtroppo – conclude Pontoni – ci mancherà non poco Silvia Persico, ma abbiamo Baroni e Casasola e le altre giovani. Cercherò di fare il meglio possibile. Capisco Silvia: il 2024 è l’anno olimpico, ma mi auguro che dopo la prossima annata possa tornare con noi. Anche perché Silvia oltre ad essere forte è anche un’atleta esemplare, importante: sempre disponibile nei ritiri e con le ragazze più giovani come le juniores mi aiuta parecchio».

Mondiali deludenti? Bragato proietta i suoi numeri su Parigi

27.08.2023
5 min
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Non nascondiamocelo: i mondiali di ciclismo a Glasgow potrebbero aver lasciato una punta di amaro in bocca in sede di consuntivo per la rappresentativa italiana. Nelle discipline olimpiche (e quando si è nell’anno preolimpico è a quelle che bisogna soprattutto guardare) sono arrivati un argento e un bronzo, sempre con Ganna di mezzo. A mente fredda è il caso di riesaminare quanto avvenuto nelle due settimane in terra scozzese proprio proiettando quanto avvenuto – e soprattutto le indicazioni emerse – verso il 2024 e nessuno più di Diego Bragato è adatto a farlo.

Bragato, oltre che parte integrante dello staff tecnico di Villa per il ciclismo su pista è il responsabile del Team Performance e appena chiusa la rassegna iridata ha ripassato al computer la marea di dati emersi, traendone idee utilissime per l’avvicinamento all’appuntamento di Parigi 2024.

Il quartetto femminile ha lavorato poco insieme, eppure i dati dicono che ha grandi prospettive
Il quartetto femminile ha lavorato poco insieme, eppure i dati dicono che ha grandi prospettive

«Il bilancio secondo me è positivo – esordisce subito Bragato – non dobbiamo dimenticare che ai mondiali ci sono anche gli altri e una rassegna preolimpica è sempre qualcosa di diverso rispetto alle altre. Tutti sanno di giocarsi molto, ma più che guardare fuori guardiamo in casa nostra e a come siamo arrivati a questo appuntamento».

Che cosa intendi?

Sono stati per noi mondiali molto diversi dagli altri. Gli infortuni sparsi e l’attività su strada hanno influito sulla nostra compagine più che sulle altre. Io devo commisurare i risultati ottenuti proprio in base a questo cammino di avvicinamento e per questo posso dire che nel complesso siamo andati bene.

Viviani è l’esempio di come sia necessaria una maggiore attività su pista per i nostri atleti olimpici
Viviani è l’esempio di come sia necessaria una maggiore attività su pista per i nostri atleti olimpici
Misurare il ciclismo non è facile: salvo che nell’inseguimento a squadre e, parzialmente, nella velocità (facendo sempre riferimento alle prove del programma olimpico) non si hanno numeri che quantifichino subito la prestazione…

Infatti, il mio compito è valutare ogni singolo caso, guardare alla prestazione complessiva in base alla prova affrontata. Guardate ad esempio Viviani: è arrivato al mondiale decisamente in forma, ma gli mancava l’approccio alla gara a causa della desuetudine. Non basta essere pronti fisicamente, serve anche correre più volte le gare anche per commisurarsi agli altri, vecchi e nuovi. Lo stesso vale per le ragazze: la Paternoster era competitiva come da tanto non accadeva, ma le mancavano i giusti meccanismi. Questo è un primo aspetto sul quale ragionare in vista di Parigi: fare in modo che i nostri riacquistino dimestichezza.

Essendo proprio un mondiale così delicato, la scelta di lasciare responsabilità di decisione alle ragazze non è stata un po’ affrettata?

E’ un quadriennio delicato, più corto e le ragazze sono alle prese con mille cambiamenti nel WorldTour – sottolinea Bragato – Villa ha ritenuto opportuno non sovraccaricarle, sapendo che c’era un prezzo da pagare. Se guardo all’inseguimento a squadre, il cronometro mi dice che non siamo così distanti dal vertice. Nella finale per il bronzo abbiamo perso di soli 3 decimi contro la Francia che aveva ragazze che, per essere lì al massimo, avevano rinunciato al Tour de France, la gara di casa. Anche questo va valutato in positivo.

Per Amadio si prospetta un autunno delicato, nel quale tracciare il cammino verso Parigi 2024
Per Amadio si prospetta un autunno delicato, nel quale tracciare il cammino verso Parigi 2024
E’ però un’esperienza sulla quale bisogna porre le basi per un approccio olimpico ben diverso.

Su questo non si discute. C’è bisogno di un accordo organico con i team di appartenenza di tutti i nostri ragazzi. Dopo la Vuelta il team manager Amadio supportato dai tecnici di settore ha in programma una serie d’incontri con tutti i manager delle squadre WT di riferimento, al maschile e al femminile, per tracciare il cammino verso Parigi. Villa come Bennati e Sangalli deve iniziare il lavoro con una certezza di tempi e modi. Anche perché la stagione su pista inizierà subito, con gli europei in programma dal 10 al 14 gennaio e bisognerà fare bene in quell’occasione.

Poi ci saranno anche tre tappe di Nations Cup da febbraio ad aprile…

Bisognerà trovare la quadra, dare la possibilità a ragazzi e ragazze di lavorare su pista con continuità, ma anche avere occasioni di confronto vere in gara e la challenge sarà utilissima in tal senso. Certo, conciliarla con il calendario su strada non sarà semplice, per questo le settimane subito dopo la fine della stagione saranno importantissime.

Ganna a Parigi sarà impegnato già il primo giorno di finali. Ci si giocherà tanto…
Ganna a Parigi sarà impegnato già il primo giorno di finali. Ci si giocherà tanto…
Torniamo su un tema dibattuto subito dopo Tokyo: per noi del ciclismo come per tutte le altre federazioni di riferimento non sarebbe utile avere un contraltare costituito da un settore Preparazione Olimpica del Coni con diversi poteri, che possa svolgere un ruolo di controllo e di affiancamento nel cammino di qualificazione per i Giochi Olimpici?

Ci addentriamo in un argomento spinoso – avverte Bragato – le discipline sono molto diverse, il ciclismo ha esigenze che non sono certo quelle di atletica e nuoto, per fare due esempi. Noi abbiamo un rapporto consolidato e molto stretto con la Scuola dello Sport, ci confrontiamo spesso per alzare il livello delle nostre discipline. Tanto per fare un esempio, dalla Scuola abbiamo avuto tutta una serie di attrezzature per la registrazione e la visualizzazione specifica dei lavori effettuati a Montichiari e questo ci serve molto. Sempre con la Scuola stiamo affrontando anche il discorso di discipline specifiche come il bmx freestyle dove partiamo da zero, abbiamo bisogno di reclutare giovanissimi e possiamo farlo guardando anche ad altre discipline simili.

Obiettivamente, ti senti ottimista?

Io sono convinto che possiamo fare davvero bene in ogni disciplina dalla strada alla pista alle altre. Siamo forti e lo sappiamo, anche le gare che non ci hanno premiato a Glasgow ci dicono comunque questo. Serve qualcosa in più, serve entusiasmo, ritrovare quell’energia che c’era a Tokyo e che si respirava già a mesi di distanza. Bisogna partire col piede giusto e fare in modo che tutto s’incastri al meglio. Oltretutto cominceremo subito – afferma Bragato – nella prima giornata di finali ci saranno le cronometro su strada e sappiamo che ci giochiamo molto, noi del ciclismo e l’intera spedizione azzurra, vediamo d’iniziare col piede giusto…

Una vittoria prima dei saluti. Viaggio in Dsm con Dainese

27.08.2023
6 min
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Italiani e Dsm-Firmenich: un feeling particolare. Ieri la squadra olandese (ma affiliata in Germania) ha vinto la cronosquadre di apertura della Vuelta. Il primo a tagliare il traguardo è stato Lorenzo Milesi, campione mondiale proprio contro il tempo fra gli U23, che oggi riparte in maglia roja. E poi c’è l’altro italiano, Alberto Dainese il quale, anche se è arrivato staccato ha dato il suo contributo alla causa. E’ questo forse miglior modo del velocista veneto di salutare la squadra: una vittoria di gruppo ha sempre un altro sapore.

Tuttavia Alberto sa che in Spagna le cose non saranno facili per le ruote veloci come lui. Primo perché le tappe adatte alle volate generali si contano sulle dita di una mano. Secondo perché – e può sembrare assurdo – i velocisti sono pochi.

«Le tappe per noi sprinter – dice Dainese – non sono molte. Il faro della corsa tra i velocisti è Kaden Groves, più che altro perché è l’unico ad avere una squadra votata per lui. Tanto più che all’ultimo minuto per Covid è stato sostituito anche Thijssen della Intermarché – Circus. Quindi alla fine ci sarà una sola vera squadra, la sua Alpecin-Deceunick, che avrà interesse ad arrivare in volata. Vedremo».

Le fughe, su carta, hanno dunque buone possibilità di arrivare.

La squadra olandese annovera la WT maschile, femminile e la development (foto Instagram)
La squadra olandese annovera la WT maschile, femminile e la development (foto Instagram)

Tanti italiani

Come accennato in apertura Alberto Dainese lascerà la Dsm a fine stagione e passerà alla Tudor Pro Cycling come ha fatto Trentin. Il padovano è stato una sorta di pioniere per gli italiani nel Team Dsm. 

A parte Gianmarco Garofoli, che da sempre voleva unirsi all’Astana-Qazaqstan di Martinelli, sono arrivati Lorenzo Milesi, Lorenzo Ursella (che però corre nella development), Francesca Barale ed Eleonora Ciabocco. E tutti sembrano trovarsi molto bene con i metodi di questa squadra.

D’altra parte, possiamo immaginare che l’ambiente del team olandese possa non essere proprio facile per un atleta latino, mediterraneo. Deventer, dov’è la sede del team, è situata a un centinaio di chilometri ad Est di Amsterdam, non lontana dal confine tedesco. La differenza culturale si sente e non tutti riescono a integrarsi subito. 

«Gli aeroporti di riferimento – va avanti Dainese – sono Amsterdam o Eindhoven e ricordo in effetti che la prima volta che arrivai lassù non era affatto bel tempo. Pioveva. Io però ci sono stato molto poco. C’è un hotel di riferimento e ci sono degli appartamenti. Ma lì vi risiedono soprattutto i ragazzi della development. Hanno una cucina e possono fare da sé».

In Dsm i piatti arrivano già preparati e pesati in modo specifico per ogni atleta
In Dsm i piatti arrivano già preparati e pesati in modo specifico per ogni atleta

Ambiente rigido

Per Dainese fare un paragone con un’altra squadra magari italiana non è facile, visto che non vi milita dal 2018 quando non era ancora un professionista.

«Posso dire che qui in Dsm tutto è molto controllato. Si richiede grande puntualità e tutto è molto strutturato. Ci sono delle regole che vanno rispettate per il bene comune, ma questo serve per lavorare bene, tutti quanti.

«Ammetto che all’inizio questa grande puntualità e la cura dei dettagli quasi mi spaventavano, ho sofferto. Controllavano e controllano tutto (la crono di ieri ne è una prova: tanti test il mercoledì precedente, materiali preparati per la pioggia, impostazione di un ritmo gara centrato al dettaglio, ndr). Ma ero io che ero timido. Poi ho capito come funzionava, ci ho fatto l’abitudine e le cose sono andate meglio».

Sul manifesto della squadra si legge: “Il nostro programma WorldTour maschile, il programma WorldTour femminile e un programma di sviluppo operano tutti sotto lo stesso “ombrello”. Siamo un collettivo, tutti utilizzano lo stesso approccio”. E in effetti c’è una certa coralità di metodo.

«Abbiamo le nostre tabelle di allenamento che arrivano tramite Excell – prosegue Dainese – e lì poi ricarichiamo i nostri file di allenamento: quindi watt, chilometri, ore… ma anche altri valori come il peso. E aggiungiamo un commento con le nostre sensazioni. Le tabelle arrivano ogni due o tre settimane».

Tutto molto preciso anche per quel che concerne l’alimentazione. In squadra ci sono i nutrizionisti, come in tutte le WT del resto, ma durante i grandi Giri ai ragazzi della Dsm vengono consegnati i piatti già preparati con le quantità specifiche per ciascun atleta.

«E questo aspetto ti sgrava di molti pensieri, dubbi – spiega Dainese – non ti chiedi se hai preso troppa pasta o troppo poca. Se ne vuoi di più… quello è il tuo piatto, sai che è stato calibrato e pesato sul tuo fabbisogno energetico: stop. A fine grande Giro la tua massa grassa è sempre quella, segno che hai mangiato bene».

«Un po’ come con gli allenamenti: loro vogliono sempre le tue tracce, quello che mangi… e se questo può dare fastidio, o sembrare limitante, credo che per un giovane che ancora non conosce bene il mestiere sia un bene. Per me questo metodo è un pregio di questo team». 

All’Arctic Race, una delle poche gare previste per lui sin da inizio anno, Dainese ha vinto la prima tappa
All’Arctic Race, una delle poche gare previste per lui sin da inizio anno, Dainese ha vinto la prima tappa

Particolarità Dainese

Milesi, Barale e gli altri italiani dunque possono stare tranquilli. Ma allora viene da chiedersi perché Dainese abbia deciso di lasciare questo team così ben organizzato. Ammessa quella rigidità – che comunque non riguarda solo questa squadra. Sappiamo, per esempio, di un atleta di un team importante, essere stato redarguito per essersi presentato con un minuto di ritardo alla partenza del bus dall’hotel – tutto sommato le cose sembrano girino bene. Almeno quasi sempre è così.

«Io – conclude Alberto – in quanto a programmi sono stato un caso anomalo. Quest’anno infatti delle gare previste ad inizio anno ne avrò fatte due. Ho invece preso il via a corse in cui non ero neanche riserva. Della Tirreno l’ho saputo qualche giorno prima, del Tour of the Alps, alla vigilia. Del Giro d’Italia una settimana prima e quasi lo stesso qui alla Vuelta».

Qualche difficoltà dunque c’è stata per Alberto, nonostante, proprio in questo team abbia raccolto i suoi primi importanti successi. Ma i calendari improvvisati non fanno certo bene nel ciclismo di oggi. Magari avrebbe potuto fare di più. Anche lo scorso anno le cose non andarono troppo diversamente per lui: Giro d’Italia, Giro del Belgio e poi il non previsto Tour de France: una “botta” mica da poco per un ragazzo di 24 anni. 

«Feci una grande fatica in Francia – racconta Dainese – ricordo che già dopo poche tappe ero sfinito. Stavolta con la Vuelta almeno è diverso, in quanto a luglio ho staccato un paio di settimane. Sono rientrato in gara giusto all’Arctic Race (dove ha vinto una tappa, ndr). Ho un po’ patito lo sbalzo di temperatura tra Norvegia e Spagna, ma sono curioso di vedere come sarà un secondo grande Giro in stagione con un percorso di avvicinamento più “normale”».