Vingegaard da solo, dietro il vuoto. La Tirreno è chiusa?

08.03.2024
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VALLE CASTELLANA – A 5,6 chilometri dalla vetta di San Giacomo, dopo il lavoro tirato e duro della Visma-Lease a Bike, Jonas Vingegaard attacca da solo. Mancano 29,5 chilometri al traguardo, di cui 14 in discesa. Una discesa insidiosa, appena riasfaltata, con ghiaino scuro a tenere alta l’attenzione. Si scende meglio da soli che in un gruppetto all’inseguimento: forse anche per questo il danese continuerà a guadagnare su Ayuso e Del Toro, Hindley, O’Connor, Uijtdebroeks e Arensman.

Monocorona vincente

Vingegaard si fa largo sulla montagna che divide Teramo da Ascoli con una bella pedalata potente e fluida. Quando stamattina lo abbiamo visto partire da Torricella Sicura con il monocorona (52 denti) e un pacco pignoni quasi da gravel (10-36), qualcuno ha storto il naso, ma alla prova dei fatti non sembra che la trasmissione Sram lo rallenti. Il danese vola e se dietro non ci fosse Del Toro, forse Ayuso sprofonderebbe ben di più. C’è in giro una generazione di corridori che non ha paura di prendersi dei rischi. Come Evenepoel e Pogacar nelle ultime settimane, anche Vinegaard scopre le carte, prendendosi la tappa e la maglia.

«Avevamo fatto un piano – spiega – e lo abbiamo eseguito alla perfezione. Van Baarle e Kruijswijk hanno tirato fin dalla partenza e hanno reso la gara davvero dura. Finché in salita sono passato davanti e ho chiesto che si facesse il ritmo più duro. Ammetto che non mi è dispiaciuto affatto andare da solo. E’ stato molto bello e sono felice di averli ripagati tutti. Ovviamente non è stato facile, non lo è mai. Per staccare tutti sono dovuto andare molto in profondità e lo stesso ho fatto per mantenere il vantaggio. Quindi alla fine è stata una giornata molto calda (sorride, ndr)».

Lo stupore di Cian

Il primo ad abbracciarlo è stato Cian Uijtdebroeks, che ha marcato il gruppetto alle spalle e ha provato a fare la volata, ma Ayuso è stato più forte. Il giovane belga si ritrova all’accademia del grande ciclismo e per ora non sembra soffrire il ruolo di supporto che gli è stato affidato. Anzi, ogni giorno impara qualcosa.

«Oggi per me è stata un’esperienza – racconta in fiammingo – far parte della squadra di Jonas in giorni così è una scuola. Il piano era di lanciarlo, il mio compito era rimanere nel gruppo di testa e poi semmai in quello alle sue spalle. Il suo attacco è stato super intelligente e ha fatto un finale fantastico, ha funzionato tutto alla grande. Ha corso un rischio, perché c’erano ancora tanti chilometri e ancora due salite. L’anno scorso ero in una squadra avversaria, potevo giocare le mie possibilità. Qui invece sto sperimentando che cosa significhi prendere davvero il controllo della corsa e questo mi dà una grande spinta per crescere. Sto iniziando ad abituarmi…».

Piano ben riuscito

Il rischio e il coraggio di prenderlo: è questo che rende questi corridori così speciali. E’ chiaro che non si tratti soltanto di fantasia, perché altrimenti non andrebbero lontano. Ed è stato per questo impressionante rendersi conto che il gruppetto alle spalle non riusciva a guadagnare. Si potrebbe sottilizzare sul fatto che a tirare ci fosse un ragazzino come Del Toro, ma se gli altri avessero avuto più gambe, siate certi che lo avrebbero staccato. Ayuso in persona ha ammesso di non essersi sentito nella sua giornata migliore. «Altrimenti non sarei stato con Vingegaard – ha detto – ma non avrei neppure perso così tanto».

«Il rischio va bene – prosegue Vingegaard – ma sapevo cosa avevo fatto prima e che la mia forma era buona. Quindi mi sono sempre fidato di me stesso e del livello che avevo. Ci abbiamo creduto, altrimenti non ci saremmo gestiti così. Volevamo provarci e ancora una volta il team ha fatto un lavoro fantastico. Si sarebbe potuto concentrare tutto su domani, che probabilmente sarà il grande giorno, ma anche oggi era un’opportunità e penso che quando si può, si debbano cogliere. Intanto ho una vittoria di tappa e la maglia blu e sono davvero felice di essere in testa alla corsa».

Morkov e Cavendish, già affaticati ieri, arrivano fuori tempo massimo: la stagione si complica
Morkov e Cavendish, già affaticati ieri, arrivano fuori tempo massimo: la stagione si complica

Scambio di… carezze

Mentre arriva la notizia che Cavendish e Morkov sono finiti fuori tempo massimo (bruttissimo colpo per l’Astana), ascoltando Vingegaard si ha la sensazione che il rischio in realtà fosse tutto calcolato. Al pari dei 22 secondi subiti nella crono, come un tributo pagato senza troppo affanno, viste le montagne in arrivo. Chissà se ha davvero ragione Pogacar ad aver detto che il danese sia il miglior scalatore del mondo.

«Nella cronometro – ammette – ho fatto buoni numeri come potenza. Quindi, invece di prenderla per una cosa negativa, l’ho presa come un segnale positivo. Ero consapevole della mia condizione, quindi perché non provarci? Oggi era un’occasione, la prima di due. E’ difficile dire se sia lo scalatore più forte al mondo, penso di essere fra i primi, ma è difficile dire chi sia il migliore. Non voglio infilarmi in questo discorso, perché anche Tadej è uno dei più forti ed è anche un ragazzo eccezionale. Penso (ride, ndr) che avremo di certo molti scontri amichevoli in cui ci scambieremo tanti complimenti».

Il gusto dell’impresa

Mentre il gruppo ha preso la via della discesa per raggiungere i pullman parcheggiati a 21 chilometri nel piazzale dello stadio di Ascoli, Vingegaard prende tempo, perché sa che scenderà sull’ammiraglia. Per questo, nel giorno di tutte le donne dedica la vittoria a sua moglie, che definisce un punto fondamentale della sua riuscita come corridore e più ancora come uomo. Conferma che la prossima settimana andrà a provare le tappe italiane del Tour de France. E poi, proprio parlando del Tour, parla della squadra, che sarà forte, anche se non avrà Uijtdebroeks e Attila Valter che faranno il Giro. Infine prima di salutare, torna brevemente sulla vittoria.

«Anche se sei sicuro di te stesso – dice – puoi comunque avere delle brutte sorprese. Domani sarà difficile, ma sono anche consapevole del fatto che questo tipo di vittorie mi facciano davvero bene. E’ più bello vincere quando vai via da solo, è divertente rilanciare scatto dopo scatto. Mi piace correre così, oggi sono proprio felice».

Pontoni è sicuro: dal ciclocross arrivano nuovi juniores di talento

08.03.2024
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Il GP Baronti che ha aperto la stagione degli juniores e che ha incoronato Enea Sambinello, ha avuto anche un altro protagonista. Parliamo di Mattia Proietti Gagliardoni (foto di apertura con il numero 4), espressione non solo della nuova nidiata approdata alla  categoria, ma di quei ragazzi che si dividono egregiamente fra strada e ciclocross (e per qualcuno non solo queste due discipline).

Pontoni, cittì del ciclocross ha lavorato con i nuovi juniores valutandoli anche per l’attività su strada
Pontoni, cittì del ciclocross ha lavorato con i nuovi juniores valutandoli anche per l’attività su strada

Un poker sul quale contare

Alcuni di loro, Daniele Pontoni li ha avuti sott’occhio per tutto l’inverno, anzi li conosce anche da più tempo visto che li ha avuti a disposizione nei suoi raduni anche quando erano allievi e quindi ha il polso della situazione, sa che cosa possono dare anche su strada dopo quel che hanno fatto d’inverno.

«Salvoldi ha a disposizione un gruppo di atleti davvero molto valido, credo che sia un’annata molto promettente. Ci sono almeno 4 corridori che si equivalgono e che hanno composto l’ossatura della mia nazionale, con la quale confido il prossimo anno di avere risultati all’altezza, anche se il campione del mondo Stefano Viezzi non ci sarà più essendo passato di categoria. Sono ragazzi che nel complesso si equivalgono, vedremo poi nel corso dell’annata chi emergerà di più. Io comunque sono convinto che il vertice dell’annata è per livello medio superiore a quello delle precedenti».

La volata vittoriosa di Sambinello al GP Baronti con Proietti Gagliardoni subito dietro (foto Fruzzetti)
La volata vittoriosa di Sambinello al GP Baronti con Proietti Gagliardoni subito dietro (foto Fruzzetti)
Prendendo spunto dalla composizione della tua nazionale partiamo proprio da Proietti Gagliardoni, visto che è quello che ha ottenuto subito risultati…

Non mi ha stupito la sua prestazione, so bene quanto vale. Anche lo scorso anno, con ben 25 Top 10 centrate nel corso dell’annata era stato uno dei più costanti ad alto livello fra gli allievi. Ha un motore di altissimo livello e quando hai quello emergi dappertutto, nel ciclocross come su strada. Chiaramente in queste settimane può sfruttare la condizione scaturita dall’attività invernale, ma un risultato del genere non è solo figlio di quella, è anche frutto della sua capacità di gestione.

Dove lo vedi meglio?

E’ un corridore completo, forse il più completo del gruppo. Lui come gli altri è già sopra le 25 ore di allenamento settimanali, da questo punto di vista ha una predisposizione già pronunciata verso l’attività professionistica, mentalmente parlando. L’importante è non pressare troppo lui e gli altri, farli crescere con calma considerando che i mezzi a disposizione ci sono e sono notevoli.

Serangeli è ancora fermo ai box dopo la caduta in Coppa. Lo rivedremo in estate
Serangeli è ancora fermo ai box dopo la caduta in Coppa. Lo rivedremo in estate
Un altro elemento del quale si dice un gran bene è Giacomo Serangeli…

E’ vero, ma con lui bisognerà avere ancora più pazienza. Una settimana prima dei mondiali di ciclocross è stato vittima di una brutta caduta costatagli la frattura dello sterno. Ancora non ha ripreso, ora pedala sui rulli. Io credo che lo rivedremo per la seconda parte di stagione, ma va atteso con fiducia e mi è dispiaciuto tanto non averlo ai mondiali perché avrebbe potuto fare molto bene con la condizione che aveva.

Lui dove lo vedi bene?

E’ più uno scalatore, adattissimo ai percorsi difficili. Ma più che per le doti fisiche parlerei di quelle mentali, perché è molto metodico e inquadrato sulla sua attività, per questo pur considerando che l’infortunio che ha subìto non è di poco conto, va aspettato con fiducia. Poi come Proietti Gagliardoni viene dall’Uc Foligno che è una società che lavora molto bene con i più giovani, dove sanno valorizzare i talenti. Io dico che Serangeli lo vedremo emergere nei mesi estivi, per allora potrà già avere un buon colpo di pedale.

Quest’anno il più giovane degli Agostinacchio si testerà di più su strada che in mtb (foto team)
Quest’anno il più giovane degli Agostinacchio si testerà di più su strada che in mtb (foto team)
E di Agostinacchio “fratello d’arte” che puoi dire?

So che quest’anno ha intenzione di dare più attenzione alla strada, tra tutti è quello che svaria di più fra le varie discipline ed è quello che più degli altri dà del tu alla bici. Due Top 10 in Coppa del mondo di ciclocross dicono molto sul suo valore. Mattia è quello che secondo me si è evoluto di più negli ultimi mesi e sono molto ottimista su quel che potrà fare anche su strada.

Resta Ettore Fabbro…

Nel suo caso parliamo di un corridore che per ora privilegia la mountain bike alla strada e anche lui, appena cambiata bici ha subito fatto vedere di essere molto in palla giungendo 5° alla Verona Mtb International, la prima classica internazionale della stagione, pur non partendo davanti, quindi penso che potrà togliersi belle soddisfazioni. Si era un po’ arrugginito ma quest’inverno ha fatto vedere cose importanti e credo che ne farà vedere più avanti anche su strada.

Per Fabbro ciclocross e mtb sono ancora le discipline preferite, ma non disdegna le gare su strada (foto team)
Per Fabbro ciclocross e mtb sono ancora le discipline preferite, ma non disdegna le gare su strada (foto team)
Parlavi di una generazione molto valida, chiaramente per quelli che puoi aver avuto sottomano nell’attività invernale. E dietro di loro?

Questi sono gli elementi di punta dell’annata, ma come dicevo c’è un livello molto alto a livello generale e posso dire che dietro di loro c’è un altro bel gruppo di ragazzini che promettono tantissimo: Filippo Grigolini, Pietro Deon, Patrick Pezzo Rosola, tanto per fare tre nomi, li ho avuti già con me nell’ultimo raduno azzurro. Tenete a mente questi nomi perché ci faranno divertire…

Che tipo è questo Van Eetvelt? Parola a Guarnieri, spalla preziosa

08.03.2024
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Jacopo Guarnieri in modalità scalatore? Non esageriamo, ma di certo quella che abbiamo visto al UAE Tour è stata una versione un po’ diversa del corridore che siamo abituati a vedere. Di solito Guarnieri, uno dei professori del gruppo, è l’apripista di un velocista, negli Emirati invece è stato uno dei fidatissimi di Lennert Van Eetvelt. Tanto da aiutarlo, in parte, anche in salita.

Ma per fare certe azioni servono gambe. E tante, specie se non è il tuo ruolo. «Sto molto bene – racconta Jacopo – ho svolto una preparazione ottima, passando un inverno senza intoppi e con un approccio del tutto diverso.

«La squadra (Lotto Dstny, ndr) ci teneva che fossimo tutti seguiti da un preparatore interno e così dopo tanti anni con Dario Broccardo, sono passato agli allenamenti di Sander Cordeel. E tutto sommato cambiare dopo tanto tempo fa anche bene».

In questi giorni però Guarnieri è tornato nei ranghi. E in Nord Europa ha ripreso a lavorare per Arnaud De Lie e le sue volate.

Guarnieri (classe 1987) all’ammiraglia per qualche dritta da portare ai compagni e Van Eetvelt. Il lombardo è un road captain
Guarnieri (classe 1987) all’ammiraglia per qualche dritta da portare ai compagni e Van Eetvelt. Il lombardo è un road captain
Quindi partiamo da te, Jacopo. Cosa significa approccio nuovo?

Che ho fatto qualche chilometro e qualche ora in meno. Ma non è tanto quella la vera differenza, piuttosto i lavori: non ho fatto un medio o una SFR, per dire. E questo non mi ha fatto capire realmente a che punto fossi. Gli altri anni facevo la solita salita a quei watt e in base a dove arrivavo capivo come stavo. Ora niente di tutto ciò. Mi serviva almeno una corsa per capire la condizione. E visto come è iniziata la stagione e le sensazioni che ho, dico che sto bene.

In UAE ti abbiamo visto molto vicino a Van Eetvelt, cosa ci dici di questo giovane atleta che poi ha vinto la generale?

Noi avevamo fiducia in lui, ma il focus vero era una top 5, non la vittoria. Io gli sono stato vicino anche in salita, ma ammetto che in squadra non è che ci fossero chissà quali scalatori. Tutto sommato al UAE Tour le salite vere sono due. Soprattutto nella prima, ho cercato di stargli accanto finché ho potuto. Tra l’altro era una salita veloce, a ruota si stava bene. Poi chiaramente lo ho aiutato molto in pianura.

E lì di certo eri più a tuo agio… Ci sono stati momenti delicati in quei frangenti?

Direi la tappa in cui ci sono stati i ventagli. Lennert si è ben comportato, alla fine. E’ sempre stato con me e Van de Paar. Al primo ventaglio è rimasto tranquillo, coperto, davanti. Al secondo, che si è aperto per una “mezza caduta”, uno sbandamento, la situazione è stata un po’ più difficile. Così lo abbiamo riportato sotto e gli abbiamo fatto prendere la salita in testa. A quel punto ho insisto un po’ per stargli vicino, poi gli ho passato l’ultima borraccia e mi sono ritrovato lì davanti. Per me è stato un po’ strano: di solito non faccio queste robe! Tra me e Lennert c’è un bel gap. Un gap generazionale e tecnico: 15 anni di differenza, lui è scalatore e io velocista.

Guarnieri ha scortato il belga in pianura ovviamente, ma non solo lì. Ecco la Lotto nelle prime posizioni del gruppo di fianco agli Ineos
Guarnieri ha scortato il belga in pianura ovviamente, ma non solo lì. Ecco la Lotto nelle prime posizioni del gruppo di fianco agli Ineos
C’è qualcosa che ti ha colpito di Van Eetvelt?

Che ascolta e si fida ciecamente di quello che gli dicono. Se gli proponessero, che so, di mettersi gli scarponi da pesca per vincere, lui lo farebbe senza ribattere. Per me da una parte è un limite, ma da l’altra ci dice di un ragazzo che non ha paura di fare sacrifici, che non si fa troppi problemi. Poi in realtà non è che lo conoscessi così tanto prima.

Perché?

Perché di fatto nel 2023 non abbiamo mai corso insieme. Lo avevo visto solo nei ritiri di inizio stagione. Stavolta invece abbiamo parlato parecchio di più. E’ un ragazzo intelligente, particolare. Direi un solitario, ma non un maleducato o un tipo che rifiuta la compagnia se gli capita. Mi piace.

Da un punto di vista tecnico come di è parso?

Ho visto che sa limare bene. Lennert non è di quegli scalatori che devi avere sempre un occhio dietro per tenerlo avanti, che ti fa sprecare troppe energie, che te lo perdi. E credetemi, quando un velocista deve lavorare per uno scalatore non è così facile! Vincenzo (Nibali, ndr) era così… Okay, al UAE Tour con quelle strade larghe e dritte non era poi così complicato, ma già al Trofeo Serra Tramuntana (prova della Challenge di Mallorca, vinta da Van Eetvel, ndr) era più complicato e si è mosso bene.

Van Eetvelt (classe 2001) vince a Jabel Hafeet e conquista anche la generale del UAE Tour. Sono i suoi primi successi nel WT
Van Eetvelt (classe 2001) vince a Jabel Hafeet e conquista anche la generale del UAE Tour. Sono i suoi primi successi nel WT
E mentalmente invece?

Mi sembra piuttosto razionale. Negli Emirati rimuginava molto sul “come faccio a vincere”? E noi gli abbiamo detto: «Che ti frega, provaci. Cosa hai da perdere?”» Con i suoi numeri sapeva che poteva fare bene, poteva vincere la tappa. Sapevamo che Adam Yates, il più temibile, era fuorigioco, dunque ci ha provato. Infatti dopo l’arrivo era parecchio contento, gioviale. Un po’ l’opposto di come era partito per la frazione. 

Sente la pressione?

Bah, non lo vedo uno troppo sotto stress. Come ho detto è razionale. Poi il ciclismo non è solo una questione di watt, ma anche d’intelligenza tattica. Al UAE Tour sapeva che poteva vincere una tappa, ma non aveva certezze sulla generale: però ci ha provato, un passo alla volta. E’ testardo, ma di quelli che ascolta.

Lennert vi ha ringraziato dopo la corsa. Tu gli sei stato vicino, sei una garanzia, ma non è che ora ti vuole come suo uomo e ti toccherà diventare scalatore?

No, no, col mio peso non posso lavorare in salita! Ma ammetto che mi andrebbe di lavorare con lui. So che ha in programma la Vuelta e se dovesse richiedermi in squadra…. perché no? Se fossi coinvolto, accetterei volentieri. Già a Mallorca abbiamo passato dei bei giorni.

Bastianelli di nuovo in azzurro, questa volta senza bici…

08.03.2024
4 min
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Ieri Paolo Sangalli era a Diano Marina al Trofeo Ponente in Rosa, dove le ragazze della EF Education-Cannondale, unica squadra WorldTour al via, stanno facendo il bello e il cattivo tempo. Kristen Faulkner, ha vinto la tappa, mentre la maglia di leader la indossa Kim Kadzow, davanti ad altre due compagne. E mentre oggi, giorno della Festa della Donna a Milano sarà presentata la maglia rosa del Giro Women 2024, con il cittì della nazionale parliamo di un gradito ritorno in nazionale: quello di Marta Bastianelli, che proprio al Giro lo scorso anno chiuse la carriera, con un occhio particolare alla categoria delle juniores. Nella foto di apertura, Marta in azzurro ai mondiali di Wollongong 2022 (gli ultimi disputati da atleta), parla con Velo accanto al quale è seduto il cittì Sangalli.

All’attacco ai mondiali di Glasgow, Cecchini riceve ordini dal cittì Sangalli. Le radio ovviamente sono vietate
All’attacco ai mondiali di Glasgow, Cecchini riceve ordini dal cittì Sangalli. Le radio ovviamente sono vietate

Uno sbocco naturale

La notizia era uscita in un trafiletto sulla Gazzetta dello Sport, ma ha una portata ben superiore, per il carisma della romana e quello che rappresenta da anni per il nostro ciclismo. Appesa la bici al chiodo, la vincitrice di un mondiale, un europeo e un Fiandre (tanto per spizzicare qua e là nel palmares), aveva detto di volersene stare un po’ a casa, ma il richiamo dell’azzurro è stato più forte.

«Me lo hanno proposto che ancora correvo – ci ha detto ieri dal treno che, dopo l’arrivo di Giulianova della Tirreno, la portava a Milano – per un ruolo di supporto a Paolo Sangalli, ma non ho voluto pensarci fino a che non ho smesso. Essendo stata atleta fino a ieri, il mondo delle juniores ho potuto seguirlo ben poco, per cui comincio da zero accanto a un grande maestro coma Paolo. Devo ringraziare ancora una volta la disponibilità delle Fiamme Azzurre. Nel frattempo ho preso i tre livelli da direttore sportivo. E anche se ho sempre detto alle mie compagne che puoi fare tante riunioni, ma quello che succede in gara non si decide il giorno prima, ora mi trovo in un ruolo diverso. Ma lo confermo: la riunione è una bozza. In corsa poi le sfumature sono tante e differenti. L’importante è avere la freddezza per prendere le decisioni giuste».

Alla Festa Fiamme Azzurre, Bastianelli è stata premiata da l presidente del Coni Malagò (foto Claudio Peri)
Alla Festa Fiamme Azzurre, Bastianelli è stata premiata da l presidente del Coni Malagò (foto Claudio Peri)

Il mondo juniores

Sangalli sa esattamente cosa potrà darle Marta e parla del suo ruolo come se fosse la cosa più naturale del mondo, la prosecuzione di un cammino che non poteva che sfociare in un ruolo tecnico, sia pure alle primissime armi.

«Marta Bastianelli – dice –  è una risorsa importante per la Federazione. Le sue competenze ci daranno sicuramente una mano. Considerando il fatto che non ho più con me Rossella Callovi, che ha cambiato lavoro e vita, Marta comincerà dalle juniores. La forza del settore femminile è che le seguo da quando sono allieve, per cui quando te le ritrovi da elite ne conosci perfettamente pregi e difetti. Il suo coinvolgimento sarà per forza graduale e probabilmente si estenderà anche alla pista». 

Rossella Callovi ha collaborato fino allo scorso anno con Sangalli. Qui in Argentina con le U23
Rossella Callovi ha collaborato fino allo scorso anno con Sangalli. Qui in Argentina con le U23

Due occhi in più

In qualche modo, inizia a ripetersi quello che nei professionisti è la regola e che si sta attuando da qualche anno anche nel ciclismo femminile. L’atleta di esperienza che smette diventa una risorsa come tecnico. E’ successo con Giorgia Bronzini e Anna Van der Breggen, per citare le ultime due, potrebbe ripetersi con Bastianelli.

«Naturalmente anche lei – spiega Sangalli – deve fare le sue esperienze. Sapete, in bici è una cosa e fare il tecnico è un’altra. Servono solo tempo, pazienza e possibilità di fare esperienza. A fine aprile andremo a fare una gara in Olanda. Deve conoscere le squadre e i tecnici. Lei conosce alla perfezione la realtà delle élite, ma il mondo junior è un’altra cosa. Per cui inizieremo piano, senza stress e con l’appoggio del Centro Sportivo delle Fiamme Azzurre, al pari di Masotti, per fare un esempio. Ma non nascondo che il suo sia un arrivo naturale e certamente importante. Per noi che corriamo senza le radio, cosa assurda ormai anche solo da dire, due occhi in più non guasteranno di certo».

Marcellusi cambia metodo: più allenamenti, meno gare

08.03.2024
4 min
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Mentre i suoi compagni di squadra corrono nel freddo della Tirreno-Adriatico, Martin Marcellusi si allena con le stesse temperature, ma a casa. Il corridore romano della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè ha corso le gare di inizio stagione a Mallorca e poi più nulla. 

«Dopo le prime corse in Spagna – ci dice – mi sono fermato un po’ e ho fatto dei ritiri, anche in altura, insieme alla squadra. Si è deciso così, insieme ai preparatori, per consentirmi di arrivare più fresco ad un eventuale Giro d’Italia. Infatti, insieme alla squadra, siamo stati in ritiro sull’Etna per un paio di settimane, dopo l’altura però ho sofferto un po’ il fatto di non correre».

Solamente tre giorni di corsa per Marcellusi fino ad ora, tutti accumulati a Mallorca a fine gennaio
Solamente tre giorni di corsa per Marcellusi fino ad ora, tutti accumulati a Mallorca a fine gennaio
Cosa vuol dire?

Che se avessi fatto la Tirreno, mi sarei fermato per una settimana, facendo scarico. Invece, senza correre, ho fatto scarico per due o tre giorni e poi ho ripreso a caricare. 

Quando sarà il ritorno in gara?

Il 13 marzo alla Milano-Torino, poi farò la Sanremo e la Coppi e Bartali. Da lì ci sarà da capire quale sarà la scelta della squadra e come vorranno gestirmi. Forse torneremo sull’Etna oppure correrò.

La scelta di fare questo lungo periodo di allenamento è insolita per te?

I diesse e i preparatori, in accordo tra di loro hanno deciso di cambiare il metodo di lavoro. Nel caso dovessi fare il Giro, arriverei più riposato. Non ho modo di paragonare i periodi, anche perché nel 2023 in Spagna mi ero rotto la clavicola, ed ero rimasto fermo per un po’. Lo staff ha preso come modello quello dei team WorldTour

Com’è stato allenarti e non correre?

Mentalmente un po’ più difficile, mi è mancato il periodo di stacco. Però devo dire che una volta ripresi gli allenamenti, le sensazioni erano buone. Lo sono ancora, fino ad ora la squadra ha ragione (fa una risata, ndr), vedremo come prosegue il tutto. C’è da dire anche che…

Cosa?

Allenarmi non è stato così difficile mentalmente, anche perché la squadra mi è stata vicina. Non mi hanno lasciato a casa allo sbando, ma siamo stati in ritiro. Sull’Etna abbiamo fatto anche tanti allenamenti duri, quasi più di una corsa. 

In mezzo anche un ritiro sull’Etna, sempre con il team
In mezzo anche un ritiro sull’Etna, sempre con il team
Rispetto allo scorso anno quante ore in più hai fatto di allenamento?

Di ore non so, ma nello stesso periodo, da novembre a inizio marzo, ho fatto 2.800 chilometri in più. Mi ero fermato 18 giorni per l’infortunio alla clavicola, ma il numero di chilometri è comunque molto elevato. 

Ma tu cosa preferisci fare, allenarti o correre?

Mi alleno bene, perché sono uno che se sta bene si allena all’infinito. Però è vero che sono un corridore che in gara riesce a tirare fuori qualcosa in più. Riesco a sorpassare i miei limiti, il che è un fattore positivo. Non nascondo che mi piacerebbe fare qualche gara ad aprile, ad esempio il Giro d’Abruzzo, che è anche vicino a casa. Ma deciderà la squadra. Meglio aspettare e arrivare ai prossimi appuntamenti al massimo livello che correre e perdere qualcosa.

Tirreno nell’Italia dimenticata: vince Milan, domani si sale ancora

07.03.2024
6 min
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GIULIANOVA – Il primo a fermarsi è stato Damiano Caruso, compagno di squadra di Milan fino allo scorso anno, che lo accolse tra i professionisti nel 2021 dell’oro olimpico del quartetto. Il siciliano si è avvicinato, gli ha detto «Bravo, Johnny!» e poi si è allontanato, mentre il friulano riprendeva ancora fiato. Appena sceso di bici ha avuto bisogno di un paio di minuti in cui ha cercato di far entrare aria nei polmoni, chinandosi verso la bici che ha continuato a sorreggerlo.

Dopo Caruso è stata la volta dei compagni di squadra. E Simone Consonni con l’abbraccio si è beccato tre colpi nella schiena da tramortire un cavallo. In casa Lidl-Trek si respira una bella soddisfazione. Se ieri a Gualdo Tadino forse qualche meccanismo non aveva funzionato, oggi tutto ha girato alla perfezione e oltre alla tappa è arrivata la maglia di leader.

«E’ stato veramente un finale molto difficile – dice Milan – molto intenso. Una tappa era qualcosa che volevo portarmi a casa fin dall’inizio e oggi devo ringraziare il team perché mi ha dato la possibilità di sprintare e di prendere questa maglia. Sinceramente non mi aspettavo di prenderla, però siamo contenti. Magari la perderò domani, perché sarà una frazione dura, però intanto me la godo.

Il gruppo ha scalato nuovamente Forca di Presta, come nella tappa del 2021 vinta da Mader a San Giacomo
Il gruppo ha scalato nuovamente Forca di Presta, come nella tappa del 2021 vinta da Mader a San Giacomo

L’Italia dimenticata

Va bene il bisogno di passare dall’Umbria alle Marche, ma è difficile vedere un senso tecnico nell’aver proposto la scalata del Valico di Castelluccio e poi Forca di Presta, avendo ancora 110 chilometri da fine discesa all’arrivo. Ci sarebbero state altre soluzioni, eppure un ringraziamento a Mauro Vegni ci sentiamo ugualmente di farlo: grazie per impedire che le luci si spengano.

La corsa mostra l’Italia, ne è testimone anno dopo anno. Ed è vero che le immagini televisive, come già nel 2021 non hanno mostrato molto, tuttavia passare in mezzo all’abbandono del post terremoto 2016 ha significato rendersi nuovamente conto che c’è un’Italia dimenticata, di cui non importa niente a nessuno. A Norcia, nel momento in cui passava la corsa, una ruspa buttava giù i resti di una casa crollata otto anni fa. Paesi come Pretare, Pie’ di Lama e Arquata del Tronto non esistono più e nulla si farà perché rinascano.

Maestri è stato uno degli ultimi ad arrendersi, dopo la fuga a 6 che ha animato tutta la tappa
Maestri è stato uno degli ultimi ad arrendersi, dopo la fuga a 6 che ha animato tutta la tappa

Un giorno faticoso

E mentre la corsa sfilava via e seguendo il corso del fiume Tronto puntava verso Ascoli Piceno, è stato impossibile non pensare a quel giorno di tre anni fa in cui passando sulle stesse strade, Gino Mader andò a vincere la tappa di San Giacomo. La corsa passerà lassù anche domani, sia pure da un altro versante. Chi c’era cullerà il ricordo.

«Non c’è stato soltanto quest’ultimo chilometro a essere veramente impegnativo – prosegue Milan – anche i chilometri precedenti sono stati molto duri. Il gruppo era nervoso, abbiamo fatto tutta la tappa a un bel passo e sulla salita lunga ho anche bucato, per cui ho faticato per rientrare. Poi gli ultimi chilometri sono stati veramente molto tosti. Sapevo che la squadra mi avrebbe portato in una posizione perfetta e infatti mi hanno lasciato dietro Philipsen. Era lui l’uomo da battere e sono partito dalla sua scia. Sono uscito e alla fine l’ho battuto».

Una liberazione

Il suo urlo sul traguardo l’ha definito liberatorio. Ciro Scognamiglio della Gazzetta dello Sport gli chiede se in qualche modo sia stato simile all’urlo di San Salvo, ugualmente Abruzzo, dove vinse la tappa dell’ultimo Giro d’Italia.

«E’ stato un urlo liberatorio – ribadisce – cercavamo la vittoria e oggi ci siamo riusciti. Nei giorni scorsi non tutto ha funzionato. In ogni tappa si vivono esperienze diverse e può capitare di sbagliare. Magari capita di non stare tanto al coperto durante la gara, sprecando energie. Ci sono diverse situazioni che poi, messe una accanto all’altra, fanno la differenza fra vincere o no. Capita, anche se vorremmo fare tutto alla perfezione. Sbaglierò ancora, è umano, ma cercherò sempre di crescere e di migliorare.

«Questa Tirreno-Adriatico è molto importante, per andare poi ad affrontare le classiche. Ho una buona condizione, vedremo poi cosa farò alle classiche, dove avremo un team molto forte. Perciò intanto puntiamo a finire bene questa Tirreno e poi vedremo per le prossime gare».

Un bel pubblico a Giulianova ha applaudito Milan, vincitore della tappa e re della classifica
Un bel pubblico a Giulianova ha applaudito Milan, vincitore della tappa e re della classifica

Il dilemma olimpico

E alla fine la lingua picchia dove il dente duole e non certo per colpa sua. Il tema è stato dibattuto fra giornalisti negli ultimi giorni e anche ieri Johnny è stato tirato per la manica. Escluso Ganna, che a Parigi correrà la crono e le prove della pista, Bennati non si è affatto rassegnato a non avere Milan nella prova su strada. E certo vederlo vincere oggi, prima vittoria italiana 2024 nel WorldTour, fa pensare che uno così nella corsa olimpica ci starebbe davvero bene.

«Sinceramente la vivo giorno per giorno – dice Milan che capisce il tema e sa anche di poterci fare poco – a Parigi ci penseremo poi. Sappiamo che le Olimpiadi su pista saranno il mio obiettivo principale, per la gara su strada vedremo. E’ un peccato che il programma di Parigi non dia la possibilità di fare strada e pista. Si vorrebbe fare tutto, però il calendario dice che il 3 agosto c’è la strada e il 5 comincia la pista. Mi piacerebbe, ma temo che sia difficile».

L’UCI che rimette mano ai caschi dopo averli approvati non si è accorta di aver ammucchiato tutte le prove di ciclismo in un pugno di giorni, sottraendo di fatto agli atleti polivalenti la possibilità di cimentarsi in più discipline olimpiche. Ugualmente il numero dei convocabili è contingentato: dov’è il senso? Sono scelte che volano ben più in alto della testa dei corridori, anche più su di quella di Milan che in cima ai suoi 193 centimetri si allontana dondolando felice come un bambino. Il ragazzo ha margini che neanche lui sa valutare, speriamo per il nostro ciclismo che inizi ad avvicinarli presto.

Bronzini e il suo credo: «Human reattiva e mai rinunciataria»

07.03.2024
7 min
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Due mesi di gare alle spalle e all’orizzonte un programma altrettanto uguale. Non è ancora tempo di bilanci, ma la prima parte del 2024 ha già dato qualche indicazione a Giorgia Bronzini e alla sua Human Powered Health.

Il modo di correre a livello tattico e il relativo approccio mentale alle corse. E non solo. La quarantenne diesse piacentina (in apertura foto Oskar Scarsbrook) da quest’anno ha caricato il suo bagaglio di esperienza sull’ammiraglia del team WorldTour statunitense, trovando subito l’intesa con le sue atlete e con i suoi colleghi di reparto. Nel realismo del contesto in cui si trova – tra ciclismo femminile attuale e propria squadra – Bronzini sta lavorando per ottimizzare ogni dettaglio, impartendo il suo credo. Gli effetti stanno iniziando a vedersi, non solo negli ordini d’arrivo. Ed è foriera come sempre di tanti punti di vista non scontati.

Nelle prime gare del 2024, la Human ha mostrato già tanta compattezza (foto ufficio stampa)
Nelle prime gare del 2024, la Human ha mostrato già tanta compattezza (foto ufficio stampa)
Giorgia che inizio di stagione è stato finora?

Direi che ci è mancata solo una vittoria per gratificare tutto il nostro lavoro, ma al momento pensiamo di essere sulla buona strada. Penso sia stato un buon avvio per una serie di circostanze. In alcune potevamo essere più attente, in altre decisamente più fortunate. E poi considerate che molte delle nostre ragazze non avevano mai corso assieme, come è successo al UAE Tour.

Difficile da gestire come contesto?

Sì, anche se non impossibile, però sappiamo tutti com’è ora il ciclismo in generale, specie quello femminile, che non lascia più nulla al caso. Negli Emirati Arabi abbiamo portato una formazione in cui le atlete erano tutte nuove l’una per l’altra. Eppure in gara abbiamo trovato la giusta sintonia in fretta. Con Daria Pikulik siamo stati una delle poche squadre che si è giocata la volata con la Wiebes. Daria laggiù ha fatto un buon lavoro ed è stata brava a centrare l’obiettivo di giocarsi lo sprint con la velocista più forte al mondo. Avremmo potuto raccogliere qualcosa in più di quel terzo posto, come del resto nelle altre corse, ma va bene uguale.

In ogni caso è arrivato più di un podio.

Sono i risultati che danno morale e riscontri sul lavoro svolto. Nel frattempo spero che Cordon-Ragot trovi la condizione giusta dopo un periodo influenzale che l’ha rallentata. A Valencia abbiamo fatto bene subito ad inizio febbraio con Raaijmakers seconda a pochissimi metri dalla vittoria. Poi venti giorni dopo ad Almeria abbiamo fatto seconde e terze con Biriukova e Zanetti. Alla Valenciana Lily Williams meritava forse qualcosina in più del quinto posto nella volata vinta da Balsamo. Infine Ruth Winder (che ora corre col cognome da sposata Edwards, ndr) terza al Trofeo Oro in Euro a Cinquale dopo che alla Strade Bianche era caduta. Ecco, con la fortuna siamo già in credito…

Spiegaci pure.

Con Ruth puntavamo a fare bene alla Omloop Het Nieuwsblad, così come a Siena. E’ rientrata dopo due anni di inattività, ma è arrivata preparata. Immaginavo fosse così perché la conosco bene avendola avuta alla Trek-Segafredo. Ebbene, in Belgio è rimasta coinvolta in una caduta proprio mentre attaccava Elisa (Longo Borghini, ndr) e addio speranze di piazzamento. Sul Bosberg tuttavia ha fatto una bella azione facendo la differenza, però è rimasta fine a se stessa perché ha trovato poca collaborazione. Resta la bella prestazione e lo spirito con cui ha corso.

Malcotti è rientrata da un infortunio. Alle Strade Bianche è stata a lungo in fuga, risultando la migliore della Human
Malcotti è rientrata da un infortunio. Alle Strade Bianche è stata a lungo in fuga, risultando la migliore della Human
Immaginiamo sia ciò che trasferisce sempre Giorgia Bronzini alle sue ragazze, giusto?

Per tanti aspetti non possiamo essere considerate al livello di squadre più attrezzate, però guai a presentarsi alle gare già sconfitte in partenza perché vediamo che ci sono i grandi nomi attuali. Non dobbiamo essere rinunciatarie. Spiego sempre, anche con umiltà, che noi dobbiamo essere brave a giocarci al meglio le nostre carte. A livello tattico dobbiamo cercare di sopperire qualche altra carenza.

Che ritorno hai dalle atlete?

Sono contenta perché le ragazze mi seguono. Capiscono cosa intendo dire. Anche con gli altri miei colleghi diesse siamo sulla stessa lunghezza d’onda. Mi fa piacere che la mia filosofia sia condivisa. E soprattutto mi piace lo spirito di reazione che hanno mostrato. Winder a Siena è caduta rovinosamente ritirandosi. Nonostante le botte, il giorno dopo l’ho convinta a correre a Cinquale ed è salita sul podio. Questo per me, per noi è un grande segnale.

Ragusa al Tour Down Under ha conquistato la maglia delle scalatrici. Bronzini ha elogiato il suo lavoro oscuro (foto ufficio stampa)
Ragusa al Tour Down Under ha conquistato la maglia delle scalatrici. Bronzini ha elogiato il suo lavoro oscuro (foto ufficio stampa)
La pattuglia delle italiane come sta andando?

Malcotti a fine 2023 si è rotta il gomito, sempre per quel famoso discorso sulla fortuna (sorride con un briciolo di amarezza, ndr). Però si è ripresa bene, tanto che alla Strade Bianche l’ho mandata in avanscoperta per circa 90 chilometri ed ha seguito alla lettera la tattica. Alla fine è stata lei la migliore delle nostre. Per me Barbara quest’anno farà uno step in avanti, la vedo motivata. Zanardi invece non ha iniziato al top della forma. Sta cercando di trovarla, però guardiamo avanti con fiducia perché sappiamo che lei è un diesel. Infine c’è Ragusa.

Cosa ci dici di lei?

Ragusa ha fatto un passo in avanti con la condizione rispetto allo scorso anno. Ha esordito al Tour Down Under, dove ha conquistato la maglia delle scalatrici. Poi si è resa disponibile per le altre gare. A Siena, dove ha iniziato a lavorare prima del previsto. Lei è sempre devota al team, facendo tanto lavoro oscuro e per me Katia è una delle migliori a farlo. Anzi per me è un merito saperlo fare, visto che non è semplice per nulla. Infatti per questo ha maturato molto rispetto da parte delle compagne ed anche dai tecnici. Spero che quest’anno possa vivere nuovamente una giornata come a Roubaix l’anno scorso (dove fece seconda al termine di una lunghissima fuga, ndr), magari portando a casa qualcosa in più.

Zanardi sta lavorando per trovare la miglior condizione. Bronzini guarda avanti con fiducia per la sua conterranea
Zanardi sta lavorando per trovare la miglior condizione. Bronzini guarda avanti con fiducia per la sua conterranea
Cosa prevede il vostro calendario?

I miei colleghi Latomme e Sheehan sono in Belgio, io riprenderò a Cittiglio. Poi anch’io li raggiungerò per le gare del Nord. Tutte le classiche le facciamo. Personalmente dovrei saltare Freccia Vallone e Liegi perché dovrei andare in Spagna per la Vuelta. La presentano domani e ci hanno anticipato che il via potrebbe essere una cronosquadre. In virtù di questa indiscrezione abbiamo programmato una serie di prove con le bici da crono tra Freccia del Brabante ed Amstel. Non vogliamo farci trovare impreparate su nessun terreno, anche se è un’altra questione che mi fa un po’ stizzire…

Ovvero?

Le solite indiscrezioni parlano anche di un possibile arrivo sull’Angliru. Onestamente spero che non sia così. Per me salite così estreme nel ciclismo femminile non servono a nulla. Non avrebbe senso una salita simile, anche perché sarebbe in una corsa a tappe di una sola settimana dove ti condizionerebbe tutto e non necessariamente in meglio. Oltretutto una salita così non vorrebbe mai più affrontata in stagione in una qualsiasi altra gara altrove.

Quindi non sei d’accordo nel proporre le grandi salite?

No, anzi benvengano le montagne mitiche, purché vengano inserite con criterio. E poi bastano quelle “normali”, non le estreme. Come ad esempio il Tourmalet al Tour l’anno scorso. Salita leggendaria, dura, ma non impossibile. Avete visto che spettacolo c’era venuto fuori? Oppure si preferisce vedere una gara su una salita dove si sale a fatica con la macchina? Vedremo se sarà veramente così.

Pronte quindi per andare alle prossime gare con il solito spirito?

Certamente, quello non dovrà mai mancarci. In Spagna dovremmo andare con una squadra mista, puntando più alle tappe che alla generale, anche se decideremo più avanti chi portare per curare la classifica. Per il resto ho buone sensazioni per la campagna del Nord.

La tappa 15 del Giro cambia volto: Zanatta fiuta l’occasione

07.03.2024
4 min
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Il Giro d’Italia 2024 ha cambiato volto alla tappa numero 15 che non passerà più dalla Svizzera, a causa delle volontà del Dipartimento Infrastrutture, Energia e Mobilità dei Grigioni (Svizzera). La tappa, quindi, dopo aver percorso la Val Camonica prevederà la scalata del Mortirolo, da Monno. Una volta scesi in Valtellina la corsa proseguirà fino a Isolaccia-Valdidentro dove inizierà la scalata del Passo Foscagno. Una volta scollinati si ritrova il percorso originale, solamente negli ultimi due chilometri che portano a Livigno, località Mottolino

Giochi limitati

Un cambiamento obbligato, vero, ma che indurisce l’ultima frazione della seconda settimana. Questa modifica cosa può portare? Quali possono essere gli scenari che si aprono? Stefano Zanatta, diesse della Polti-Kometa, li analizza con noi (in apertura foto Borserini). 

«Ci saranno un po’ i giochi definiti – spiega – i quattro o cinque corridori in lista per vincere il Giro saranno attenti a non sprecare nulla. A livello di tattiche in corsa potrebbe non cambiare molto per chi è ai vertici della classifica generale. Il Mortirolo è più impegnativo della salita di Aprica, ma non viene fatto da un versante super severo. La cosa che può causare qualche grattacapo in più sarà la discesa verso Grosio. Al fondo valle, che porterà poi verso il Foscagno, potrebbe arrivare un gruppo di una quindicina di corridori. Quella che porta al Foscagno è una strada lunga che concede un maggior respiro, e a ruota si sta abbastanza bene».

La squadra di Basso e Contador ci ha abituati alle azioni di anticipo, come a Campo Imperatore nel 2023
La squadra di Basso e Contador ci ha abituati alle azioni di anticipo, come a Campo Imperatore nel 2023

Energie limitate

Alla fine della seconda settimana le energie vanno centellinate, cotante e risparmiate il più possibile. Questo potrebbe aprire scenari diversi, perché se gli uomini di classifica rimangono fermi allora lo spazio per gli attaccanti si crea, e va sfruttato.

«I big – prosegue Zanatta – non vorranno spendere oltre il dovuto, considerando che saranno anche alla fine della seconda settimana di gara. Questo apre scenari per le squadre fuori dalla classifica, come la nostra. Il cambio di percorso rende la giornata più accattivante. La fuga può arrivare con un buon vantaggio fino al fondo valle dopo il Mortirolo. Non è il suo versante più duro, ma rimane comunque più impegnativo rispetto alla salita di Aprica, quindi il gruppo fa meno velocità. Una tappa del genere, per chi risparmia qualcosa nei giorni prima, è un’occasione ghiotta».

Piganzoli, che ha vinto la prima gara tra i pro’ in Turchia, correrà in casa nella 15ª tappa del Giro
Piganzoli, che ha vinto la prima gara tra i pro’ in Turchia, correrà in casa nella 15ª tappa del Giro

Tante insidie

Se a livello altimetrico la tappa non cambia molto, quello che può portare a stravolgimenti è tutto il resto. Le insidie ci sono, vanno sfruttate e bisogna iniziare a pensare a delle tattiche. 

«Le insidie maggiori – spiega Zanatta – saranno la discesa del Mortirolo, che è molto tecnica, e il fondo valle fino al Foscagno. In discesa la fuga può anche guadagnare, perché si è portati a prendere qualche rischio in più rispetto agli uomini di classifica. Il fondo valle, invece, è ingannevole. Non è pianura, ma costante salita, con tratti molto impegnativi, anche al 10 per cento. Arrivare fin sotto al Foscagno può diventare impegnativo, quindi serviranno dei corridori buoni in fuga. E, perché no, anche più di uno per squadra.

«Noi come Polti-Kometa – conclude il diesse – dobbiamo portare avanti la nostra filosofia di correre di anticipo. E’ l’unico modo che abbiamo di interpretare tappe così impegnative, e ci ha già dato qualche soddisfazione. La squadra è cresciuta e i ragazzi vanno forte, senza paura di prendere vento in faccia. Una tappa così la metti nel mirino, anche perché siamo molto legati al territorio della Valtellina, grazie al nostro sponsor Kometa. Abbiamo tanti profili interessanti (uno di questi è Piganzoli che nella tappa 15 correrà in casa, ndr) cercheremo di portarli in condizione e arrivare pronti».

Esordio in Grecia per Negrente e arrivano subito risultati

07.03.2024
5 min
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Esordio migliore non ci poteva essere per Mattia Negrente, che alla sua prima esperienza agonistica in assoluto nel devo team dell’Astana Qazaqstan ha portato subito a casa podi importanti. Soprattutto per il suo morale, dimostrando da subito che la nuova dimensione, all’esordio fra gli U23, si adatta perfettamente a lui, come un vestito fatto su misura.

Negrente si è presentato al via della Visit South Aegean Islands, una gara a tappe greca (anche se chiamarla “gara a tappe” è un po’ un azzardo avendo caratterizzato solo il weekend) portando a casa una piazza d’onore nella prima tappa e il 10° nella seconda che gli sono valsi il podio assoluto finale e soprattutto la vittoria nella classifica dei giovani. Nella successiva chiacchierata però, Negrente parte da spunti diversi rispetto alla classifica nuda e cruda.

«Sono tornato dalla Grecia con ottime sensazioni, davvero soddisfatto ed esaltato perché ho ottenuto molto più di quel che immaginavo in termini di prestazioni. Ero partito senza obiettivi specifici, anche perché non ero al massimo, recentemente ho anche avuto problemi al tendine di un ginocchio. Quando siamo partiti avevo paura di spingere, invece poco a poco ho visto che rispondevo sempre meglio e alla fine sono venute fuori prestazioni davvero importanti».

La premiazione a Salakos, Negrente è stato il miglior giovane, finendo 3° assoluto (foto Instagram)
La premiazione a Salakos, Negrente è stato il miglior giovane, finendo 3° assoluto (foto Instagram)
Per te era una prima assoluta: nuovo team, nuova categoria, nuovo modo di correre…

E’ cambiato davvero tutto e ho avuto un assaggio di quel che sarà, visto che il nostro team farà tutte prove internazionali. Il livello è davvero alto e penso che si alzerà sempre di più, soprattutto se, come spero, avrò occasione di confrontarmi con i pro’ e di correre con la squadra maggiore. Dopo due sole gare è difficile sbilanciarsi, ma posso dire che l’organizzazione del team è davvero al top, non manca nulla.

Cambia davvero il sistema di corsa rispetto a quello a cui eri abituato?

Per quel che ho visto sì. Qui ti trovi all’inizio che parte la fuga, guadagna minuti e nessuno se ne preoccupa. Bisogna cambiare il proprio schema mentale, non farsi prendere dal nervosismo. Nella prima tappa hanno raggiunto anche i 7’30” di vantaggio, ma a 30 chilometri dall’arrivo eravamo già tutti insieme. Questo perché i team sono molto più compatti e organizzati.

La volata della prima tappa in Grecia, con il veronese battuto dal norvegese Drege (foto Nassos Triantafyllou)
La volata della prima tappa in Grecia, con il veronese battuto dal norvegese Drege (foto Nassos Triantafyllou)
Com’erano dal punto di vista tecnico e climatico le due corse greche?

Non durissime, al di là del chilometraggio. Percorsi sicuramente abbordabili, giusti per essere a inizio stagione, anche se in fin dei conti il dislivello non era male, 1.700 metri. Alla vigilia della partenza pensavo che, essendo in una piccola isola, le gare sarebbero state caratterizzate dal vento, invece non è stato così, abbiamo anche trovato il sole e temperature di 20°, anche se il secondo giorno alla partenza ci siamo presi una bella grandinata…

Che cosa dici dei chilometraggi così lunghi? Non ci eri abituato…

No, infatti cambia molto e pensavo fosse lo scoglio principale da superare, perché non sapevo come avrebbe reagito il mio fisico a sforzi così prolungati. Con i compagni dicevo che mi sarebbe bastato finire le due tappe per essere a inizio stagione, invece non ho avuto problemi e ho chiuso sempre con molte energie ancora in corpo.

Per Negrente i ritiri con la squadra in Spagna sono stati fondamentali, accumulando molti chilometri in più
Per Negrente i ritiri con la squadra in Spagna sono stati fondamentali, accumulando molti chilometri in più
Hai cambiato preparazione in vista del cambio di categoria?

Non in maniera particolare. Ho iniziato prima, questo sì, sia con la bici che con la palestra. La differenza l’hanno fatta i due ritiri fatti con la squadra in Spagna, dove abbiamo macinato un gran numero di chilometri e infatti rispetto a prima ne ho molti di più nelle gambe.

Come ti trovi con i compagni?

Molto bene. In squadra ci sono altri 3 italiani (Romele, Toneatti e Zanini, ndr) con i quali abbiamo formato un bel gruppo, per il resto uno spagnolo, un francese, un tedesco e tutti kazaki. Ci siamo integrati bene anche nella comunicazione, poi in Grecia si è aggiunto a noi il britannico Max Walker, appena arrivato. L’hanno messo in camera con me e abbiamo subito legato. Anche il gruppo fuori dalle gare credo che contribuisca ai risultati.

Il veneto è uno dei 4 italiani del devo team Astana, il gruppo più numeroso dopo i kazaki
Il veneto è uno dei 4 italiani del devo team Astana, il gruppo più numeroso dopo i kazaki
A tal proposito, questa era la tua prima trasferta all’estero in un team che non fosse la nazionale. Quanto cambia?

Quando viaggiavo con la squadra azzurra avevo compagni con i quali ci conoscevamo, si lavorava insieme ma per un breve periodo di tempo, poi a casa tutti uno contro l’altro com’è normale che sia. In un club è diverso, si è più propensi a lavorare l’uno per l’altro, sei più spinto a dare una mano al compagno. E’ come se davvero la squadra fosse una cosa sola perché si cementifica settimana dopo settimana. In nazionale segui le direttive del cittì, ma è un po’ diverso.

Ora torni a viaggiare?

Sì, dal 17 al 24 marzo sarò in Slovenia per quattro corse d’un giorno, poi tornerò a casa e con il team affronteremo le prime classiche internazionali: Belvedere, Recioto, Piva. A quel punto si farà un primo quadro della situazione per decidere come andare avanti. Spero per allora che il mio bilancio sia ancor di più in attivo…