Podi in serie, per Raccagni Noviero il sogno è più vicino

27.04.2024
5 min
Salva

In questi giorni Andrea Raccagni Noviero è in Francia, al Tour de Bretagne, con l’aspirazione di continuare nella positiva serie di risultati che ha ottenuto in questa prima parte di stagione. Il corridore genovese si sta mettendo sempre più in luce nel team devo della Soudal Quick Step e viene da un podio di grande spessore, alla Gand-Wevelgem di categoria che ha confermato come l’investimento fatto dalla multinazionale belga sia stato lungimirante.

Sul podio della Gand U23, Noviero Raccagni è terzo dietro Artz e Pedersen (foto Wielerspiegel)
Sul podio della Gand U23, Noviero Raccagni è terzo dietro Artz e Pedersen (foto Wielerspiegel)

Artz, in fuga di nascosto

A fine gara il ligure, battuto nella volata per il secondo posto dal danese Pedersen, non ha avuto grande rammarico per la vittoria sfuggita ben prima, quando l’olandese Artz ha preso il coraggio a due mani lanciando la fuga rivelatasi poi decisiva.

«Quando vince uno così, con un curriculum di tutto rispetto – dice – c’è solo da accettare il verdetto della strada, io sono più che contento della mia terza piazza. Venivo da un periodo di scarsa brillantezza, questa corsa era un obiettivo e averlo parzialmente centrato è motivo di orgoglio. Io tra l’altro non sapevo fosse in fuga e dall’ammiraglia mi hanno poi avvertito che era all’attacco con Harteel, un compagno di squadra, quindi non potevo muovermi. Quando quest’ultimo è stato ripreso, ho sperato che il vento ci desse una mano per riprendere il fuggitivo, ma io dovevo anche pensare alla volata».

L’olandese Huub Artz, già 7° a Liegi e Roubaix, vincitore a Wevelgem, un talento da seguire (foto organizzatori)
L’olandese Huub Artz, già 7° a Liegi e Roubaix, vincitore a Wevelgem, un talento da seguire (foto organizzatori)
Finora hai corso 15 giorni, come sono andati nel complesso?

Il giudizio è positivo, anche se quando non vinci hai sempre un po’ d’amaro in bocca. La prima parte era stata buona con 3 podi su 4 giornate di gara, poi prima della Roubaix di categoria alla quale tenevo molto ho avvertito brutte sensazioni, anche se continuavo ad andare forte. Dopo la Roubaix (chiusa al 35° posto, ndr) ho iniziato a sentirmi meglio e a quel punto aspettavo la mia occasione.

Visti i tuoi risultati, vieni sempre più identificato come un velocista, ma questa definizione ti rispecchia?

A me non piace molto, io sono convinto di non esserlo o almeno non essere solo quello. Sono più un passista con buono spunto, che combatte anche nelle volate affollate, ma da questo a essere un velocista di spicco ce ne passa. Io sui 5” fatico ad andare oltre i 1.350 watt e questi numeri dicono che per vincere serve di più. Questo si rispecchia anche in allenamento, dove dovrei fare volate di prova, ma spesso ho un po’ di rigetto verso certi lavori.

Sul pavé Raccagni Noviero ha mostrato di avere una buona propensione, sulla quale lavorare (foto organizzatori)
Sul pavé Raccagni Noviero ha mostrato di avere una buona propensione, sulla quale lavorare
E quali preferisci?

Mi piace di più far fatica in salita, anche se so che non potrò mai emergere su quei terreni perché ho troppo peso da portare dietro, essendo oltre i 75 chili. Io credo che la definizione più giusta sia corridore da classiche, forte sul passo e capace di emergere anche su percorsi complicati, in grado di fare la differenza allo sprint quando il gruppo è ristretto.

Questi risultati sono comunque importanti per il progetto che avevi già annunciato: guadagnarti un contratto da pro’ a fine anno…

Io a dir la verità mi aspetto una risposta anche prima. Quand’ero junior ero convinto che tre anni nella categoria superiore sarebbero stati necessari per trovare la mia dimensione e imparare quel che era necessario, ma poi ti accorgi che questo mondo va tremendamente di fretta e al secondo anno già senti il tintinnio dell’orologio. E’ chiaro che tutti questi risultati sono fieno in cascina, servono per farsi vedere, ma per me è necessario trovare quel benedetto contratto per avere più sicurezza. Qualche giorno fa ragionavo sul futuro: potrei anche passare in una continental, ma quelle sicurezze economiche non ci sarebbero, anzi. La differenza secondo me è proprio in questo, in una struttura WorldTour hai le spalle coperte per un bel periodo.

Esordio stagionale e subito un podio alla Bruxellles-Opwijk, terzo nella gara vinta da Joshua Giddings (GBR)
Esordio stagionale e subito un podio alla Bruxellles-Opwijk, terzo nella gara vinta da Joshua Giddings (GBR)
Che cosa dicono nel team?

C’è molta sensibilità nei miei confronti, i miei risultati stanno anche portando a rivedere i programmi. Dopo il Bretagne dovevo fermarmi e fare altura per il Giro Next Gen, ma vogliono portarmi con la squadra maggiore alla 4 Giorni di Dunkerque dove su almeno 4 tappe sarei anche l’uomo deputato alla volata. E’ una grande attestazione di fiducia anche se ancora non c’è nulla di certo.

Obiettivamente rifaresti la scelta di andare all’estero?

Senza alcun dubbio, anche se devo dire che, rispetto a quando sono passato, vedo che alcune squadre italiane sono attrezzate sempre meglio, lavorano bene e crescono di livello. C’era un divario che stanno accorciando, ma essere in un team devo fa ancora la differenza.

Per il ligure le prime uscite in Belgio sono state incoraggianti. Basteranno per promuoverlo in prima squadra?
Per il ligure le prime uscite in Belgio sono state incoraggianti. Basteranno per promuoverlo in prima squadra? (foto Guerin/DirectVelo)
Nel vostro gruppo sentite l’influsso di quanto avviene “ai piani alti”, ossia nel team maggiore che certamente non ha ottenuto nelle classiche risultati di spicco?

La divisione fra le due entità è molto forte, a dispetto del fatto che si possa passare episodicamente nell’altro gruppo. Non ci fanno pesare la situazione, vogliono che continuiamo a lavorare tranquilli e a pensare alle nostre gare. Abbiamo la sensazione che vogliano rimpolpare la squadra con i migliori del nostro team, farne l’ossatura del domani e infatti ci dicono che se abbiamo qualità avremo spazio per metterci in mostra ed emergere. Noi continuiamo a darci da fare, speriamo che ciò porti quello che desideriamo, io in primis…

Ferraro sfreccia a Caracalla: «E neanche dovevo esserci»

27.04.2024
5 min
Salva

ROMA – «Fino a ieri mattina neanche dovevo farla questa corsa. Sono stato inserito all’ultimo minuto in sostituzione del mio compagno Edvard Novak, che si è infortunato giovedì scorso». Sono queste le prime parole che riesce a dire Santiago Ferraro. E’ incredulo, guarda nel vuoto. Adesso abbiamo capito il perché.

Il corridore laziale della Work Service-Coratti ha vinto in casa. Ferraro infatti è di Cerveteri, terra di Etruschi, sulla costa tirrenica a nord di Roma. Questa mattina vicino a lui c’era tutta la famiglia, compreso il nonno Giuseppe che lo ha seguito, nonostante il bastone, alle Terme di Caracalla.

Telefonata all’ultimo

E dire che Ferraro ha corso un GP Liberazione affatto al risparmio. In quasi tutti gli attacchi era presente. Forse ha corso così proprio perché aveva la testa libera, senza pressione. Versione che tra l’altro condivide anche mamma Mimma.

«Davvero non ci credo – spiega Ferraro – non so che dire. Sono stato quasi tutta la corsa all’attacco e poi ho vinto la volata. Eravamo in quattro, anche se il gruppo ci ha ripreso proprio sul rettilineo di arrivo. Sono stupito anche perché questo di Caracalla non è un percorso ideale per me, infatti dovevo fare domani il Gp Primavera. Credo che lo farò lo stesso… ma più felice! E poi sono stupito perché nell’ultima corsa che ho fatto non avevo belle sensazioni. Cosa ha funzionato? Forse ho avuto un po’ di fortuna… non so. Ci ho provato più volte, quella buona è stata ai 3 chilometri dall’arrivo».

Santiago Ferraro dunque vince il GP Liberazione. Ma chi è? E’ un ragazzo del 2006. Ha iniziato da G3. E’ il campione regionale in carica. Fa il liceo classico e si allena spesso con il fratello, Lorenzo, in corsa tra gli allievi.

«Mi danno un bel da fare con l’alimentazione – dice sorridente mamma Mimma – seguono alla lettera il nutrizionista. Escono insieme, o meglio partono insieme, poi ognuno fa le sue tabelle. Santiago si allena sulle colline della Tolfa… le ha spianate!».

«Santiago è un ragazzo umile – aggiunge il direttore sportivo, Ilario Contessa – ascolta molto. E’ un corridore moderno che può sia andare in battaglia che vincere le volate ristrette, visto che ha un buono spunto. Ma certo deve finire di scoprirsi».

Santiago Ferraro, il vincitore, dopo l’arrivo. Con lui il diesse Contessa
Santiago Ferraro, il vincitore, dopo l’arrivo. Con lui il diesse Contessa

Vittoria in casa 

Mentre Ferraro racconta, proprio Contessa lo aiuta a cambiarsi. Come ormai fanno i professionisti, gli passa calzini e maglia pulita per andare al podio. Nel frattempo compagni, amici, famigliari e patron Coratti si radunano attorno a lui. La gioia è tanta.

La Work Service-Coratti infatti ha sede nel Lazio e per chi, come Simone e Umberto Coratti, investe da anni nel settore giovanile è una soddisfazione immensa vincere in casa. Ma è il “sistema Work Service” che sembra funzionare bene: dai più piccoli fino alla continental.

«E’ una soddisfazione incredibile – dice con soddisfazione Ilario Contessa – noi ci puntavamo a questa corsa perché siamo una squadra mista, veneto-laziale, ma da qui a vincere chi se lo aspettava? Il percorso non era proprio adatto a noi. Come vi ha detto Santiago, lui doveva correre domani al Primavera che è un po’ più duro. Ma vivendo non troppo lontano, abbiamo inserito lui per sostituire Novak in extremis».

Progetto Work Service

«Sono stato io – prosegue Contessa – a insistere molto per questa fusione con il team Coratti. Loro hanno un vivaio solido e corridori buoni, sia tra gli esordienti che tra gli allievi, uno dei quali è proprio il fratello di Santiago, Lorenzo. E poi Pierluigi Terrinoni lavora bene. Coi giovani ci sa fare».

Di solito il Liberazione è una corsa veloce, che si vince risparmiando, almeno così recitava il “manuale della gara romana”, ma a quanto pare qualcosa è cambiato.

«Santiago ha fatto una corsa incredibile – riprende Contessa – in fuga dall’inizio alla fine. Il Liberazione si corre così, sprecando. Non è vero che bisogna solo limare. E’ una corsa per chi ha gamba e riesce a fare selezione, specie in questa categoria. Il percorso è per persone con potenza: se andiamo a vedere è difficile che si arrivi con una volata. Quest’anno sembra un arrivo di gruppo, ma si erano avvantaggiati in quattro. Nelle ultime tre edizioni mai uno sprint di gruppo».

Il podio finale con Santiago Ferraro, Matteo Gabelloni e Michele Bonometti
Il podio finale con Santiago Ferraro, Matteo Gabelloni e Michele Bonometti

Salvoldi ride

E’ questo modo di correre e l’effetto sorpresa che fa mettere le mani nei capelli, ma in senso buono, anche al cittì Dino Salvoldi. Giusto stamattina si parlava di quanto sia complessa questa categoria che chiede risultati, ma anche progetti e lungimiranza.

Dino deve creare formazioni e gruppi per vincere e per crescere. E a proposito di crescita, a questa età i ragazzi cambiano anche fisicamente e spesso i valori in campo variano più velocemente del previsto.

«Ma se vogliamo – dice Salvoldi – questo è anche il bello del mio mestiere. Ferraro non è un nome del tutto nuovo. Aveva già vinto una corsa, ma non certo a questi livelli e con questi nomi in campo. Se sarà più “attenzionato”? Certo che sì, ma adesso è importante che trovi una costanza di rendimento, che prenda consapevolezza: questo è quello che gli può far fare la differenza fra l’essere un juniores buono e uno juniores di alto livello».

Meccia: fedele al progetto di Berti, ora vuole stupire Salvoldi

27.04.2024
4 min
Salva

SIENA – A differenza della corporatura muscolosa e potente, lo sguardo di Leonardo Meccia mostra tanta timidezza. Il corridore della Vangi-Sama Ricambi-Il Pirata ha iniziato il 2024 con una marcia diversa, collezionando tanti buoni piazzamenti e due vittorie di spessore. 

«Rispetto al 2023 quando ero alla Work Service – racconta Meccia – abbiamo continuato il lavoro fatto. La condizione piano piano è cresciuta, i numeri sono saliti, io sono maturato e in questo inizio di stagione ho raccolto buonissimi risultati». 

Meccia in questa stagione ha seguito Berti e Camerin passando dalla Work alla Vangi (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Meccia in questa stagione ha seguito Berti e Camerin passando dalla Work alla Vangi (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)

Il cammino continua

Forse gli manca ancora il salto di qualità per competere in grandi eventi internazionali. D’altronde l’Eroica Juniores Nations Cup è solamente la terza corsa di questo livello, la seconda a tappe. Lontano da occhi indiscreti, all’ombra di alberi dalle grandi foglie verdi e curato a vista dal suo compagno di squadra Marco Petrolati, conosciamo Leonardo Meccia.

«Un grande grazie – prosegue – va ai direttori sportivi della squadra e a chi mi segue: a partire da Matteo Berti e Fabio Camerin. Sembra che si debba dire chissà che cosa, ma semplicemente in questi primi mesi mi sono trovato ad andare più forte. Berti e Camerin mi hanno aiutato tanto a capire come migliorare in tutto, a partire dal come muovermi in gara».

L’Eroica Juniores Nations Cup è stata la sua seconda gara a tappe di caratura internazionale
L’Eroica Juniores Nations Cup è stata la sua seconda gara a tappe di caratura internazionale
Hai cambiato squadra, seguendo Matteo Berti e Fabio Camerin alla Vangi, come mai?

Per prima cosa perché hanno saputo come spronarmi per fare sempre meglio, mi hanno cambiato. Mi sto scoprendo gara dopo gara, sono un corridore adatto a percorsi mossi con salite brevi. Sono abbastanza pesante, nel senso che ho un fisico sicuramente non da scalatore. 

Però sai anche arrivare da solo.

In Francia alla Bernadeau Junior sono riuscito ad arrivare in solitaria, cosa che sui percorsi di quel tipo mi riesce bene. Non è sempre facile, per questo curo anche lo sprint e quando si è a ranghi ristretti posso dire la mia. 

Questa è la tua seconda gara internazionale della stagione, come ti trovi in gare del genere?

Sicuramente sono diverse dalle gare nazionali o regionali che abbiamo in Italia. Il livello è più alto, si trovano corridori stranieri di grandi qualità. E’ difficile che ci siano momenti di stallo, il ritmo è sempre alto. 

E’ un modo per crescere?

Indipendentemente da quanto un corridore sia forte, in un evento internazionale tutti partono per vincere. E’ una bella mentalità che ti porta a fare una maggiore fatica, ma poi ne esci migliorato. In Italia non è così purtroppo. 

Meccia ha un ottimo spunto veloce che gli permette di vincere le volate (foto Instagram)
Meccia ha un ottimo spunto veloce che gli permette di vincere le volate (foto Instagram)
Ci dicevi che sono aumentati i numeri e le esperienze, vedi un margine di crescita ulteriore?

Un possibile cammino di crescita c’è di sicuro. I margini sono ancora tanti, sia mentalmente che fisicamente. C’è tanto da migliorare e sono felice perché non vedo limiti per il momento. 

Con Camerin hai tenuto lo stesso metodo di lavoro oppure è cambiato?

Per quanto riguarda gli allenamenti non troppo. La cosa diversa è che l’anno scorso (alla Work Service, ndr) avevamo ricevuto le bici a gennaio e non ci eravamo allenati a fondo in inverno. Quest’anno, invece, le bici sono arrivate subito, quindi ci siamo messi subito sotto. La preparazione è stata più strutturata e adatta alle corse che c’erano da fare. 

Quest’anno dovrà difendere il titolo nazionale nella crono a squadre (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Quest’anno dovrà difendere il titolo nazionale nella crono a squadre (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Che obiettivi hai da qui a fine stagione?

Punterò a fare bene al G.P Baron l’11 e il 12 maggio (prova di Nations’Cup), visto che è una corsa adatta a me. Poi ci saranno i campionati italiani strada e crono (della quale è detentore del titolo a squadre vinto con la Work nel 2023, ndr). La speranza è anche di attirare le attenzioni di Salvoldi ed essere convocato in nazionale.

Cosa ne pensa Elia? «Un onore, ma il focus resta la pista»

27.04.2024
7 min
Salva

Se la partecipazione di Viviani alla prova su strada di Parigi è un’opzione sul tavolo, che cosa ne pensa il diretto interessato? Le parole di Amadio dicono e non dicono: la decisione non è stata presa, ma si capisce che se ne stia parlando. E se la logica olimpica è quella di privilegiare le specialità con le più elevate possibilità di medaglia, è chiaro che la pista sia un passo avanti. Le ultime grandi corse maschili le abbiamo vinte fra il 2021 e il 2022 con Colbrelli ed è difficile indicare i nomi di chi potrebbe portarci una medaglia. Stando così le cose, la presenza di Viviani su strada sarebbe funzionale al suo impiego teoricamente più redditizio su pista. Come detto più volte, siamo nel campo delle ipotesi, però manca così poco alle Olimpiadi, che un eventuale cambio di programma dovrebbe avvenire nel giro di poche settimane. Per contro, che cosa penserà Bennati che ha a disposizione soltanto tre posti e fra questi uno potrebbe essere quello di Viviani e un altro potrebbe essere necessario riservarlo a un cronoman?

Viviani è a Livigno per il primo blocco di lavoro in vista dei Giochi (in apertura foto Instagram nella galleria del vento del Politecnico di Milano). Quando è arrivato la settimana scorsa per la presentazione delle tappe del Giro, nevicava ancora ed è riuscito ad allenarsi un solo giorno. Ieri, quando lo abbiamo sentito, c’erano 6-7 gradi e una bella giornata. Gli impianti sono aperti per le ultime sciate, grazie anche alla neve artificiale, ma in bici si va alla grande. Perciò, dopo aver girato dei video, il campione olimpico di Rio 2016 ha fatto due ore di ciclomulino ad alta intensità e poi palestra.

Viviani_Oro_omnium_rio2016
Viviani ha vinto l’oro olimpico dell’omnium a Rio 2016
Viviani_Oro_omnium_rio2016
Viviani ha vinto l’oro olimpico dell’omnium a Rio 2016
Avevamo fatto un’intervista in cui non sapevi ancora se saresti andato al Giro e ipotizzavi una preparazione da pistard puro…

In quell’occasione, avevo spiegato che c’erano due modi per arrivare a Parigi. Uno era il Giro, l’altro era quello di puntare sui lavori specifici. Quando sono uscito dalla squadra del Giro, restava solo la seconda possibilità.

Poi è uscita la scelta della Danimarca per Morkov e ci siamo chiesti se non possa essere una via da seguire anche con te. Amadio dice che è una delle ipotesi sul tavolo e che ancora non è deciso niente. Ma poniamo che vada in porto, che Viviani potremmo aspettarci?

Non potrei essere competitivo, almeno nel senso di ottenere un risultato. E’ ovvio che sono un stradista e la mia preparazione per le Olimpiadi conterrà comunque delle corse a tappe. Come dissi l’altra volta, in ogni blocco di lavoro continuerò a fare la mia distanza, però è un’Olimpiade con 90 corridori, è utopistico pensare che si possa fare un risultato su strada. Quindi è ovvio che l’opzione di correre la strada mi vedrebbe competitivo, ma i miei obiettivi all’Olimpiade sono l’omnium e l’americana. Sarebbe un’opzione per liberare il posto in più che ci servirebbe su pista. Potrei svolgere un ruolo di supporto. Sappiamo che l’Olimpiade può essere una gara pazza, quindi è ovvio che non arriverò impreparato. Le distanze, se farò l’Olimpiade su strada, al posto di essere di 4-5 ore, saranno di 6, perché comunque la corsa è di 270 e passa chilometri.

Questa caduta alla Roubaix ha impedito a Viviani di rendere bene in pista a Milton
Questa caduta alla Roubaix ha impedito a Viviani di rendere bene in pista a Milton
Anche senza Giro si potrebbe arrivarci pronti?

Non mi preoccupa in termini di fatica, nel senso che abbiamo analizzato che le tempistiche di recupero ci sono. Il mio omnium è cinque giorni dopo la strada, non l’indomani o due giorni come l’inseguimento a squadre. Però penso che nel ciclismo moderno sia chiaro a tutti che in una corsa di 90 corridori, se Van der Poel e quelli come lui si preparano per bene, possono fare quel che vogliono. Ci sarà selezione, non vedo un arrivo allo sprint.

Quindi non è un fatto di Elia che dal 2019 non vince un certo tipo di corse o che non fa il Giro d’Italia. E’ proprio una situazione oggettiva legata alla corsa, a prescindere dalla preparazione?

Sì, secondo me sì. Credo che anche quell’Elia in questo ciclismo non sarebbe competitivo per una medaglia su strada. Spalmati in 273 chilometri, 3.000 metri di dislivello non sembrano tanti, però sono più di un Fiandre che ne ha 2.600. Quindi c’è lo spazio per fare un disastro, aggiungendo il fatto che si corre senza compagni. Se Olanda, Belgio e altre due Nazioni che corrono in quattro ne portano uno a testa per tirare, si mettono là, lasciano andare la classica fuga e poi tirano per 200 chilometri, allora viene una corsa normale. Se invece portano quattro semi punte e non mettono nessuno a tirare, succede come a Londra, che arrivarono quelli partiti per primi.

Quindi volendo giocare con le ipotesi, il ruolo di Viviani in una corsa del genere sarebbe proprio quello di dare una mano agli altri due a tappare i buchi finché si può?

Assolutamente.

Le prestazioni di Viviani a Milton sono state condizionate dalle corse del pavé (foto Instagram)
Le prestazioni di Viviani a Milton sono state condizionate dalle corse del pavé (foto Instagram)
Pensi che sarebbe il caso di andare a vedere il percorso?

Non so, a dire la verità e proprio a dimostrazione che è ancora un’opzione, se Bennati abbia pianificato una “recon” o no. Non so se glielo avete chiesto, io non lo so. La mia idea è che al momento abbiamo una carta per la medaglia ed è una super giornata di Bettiol. Poi il Benna farà le sue valutazioni, ovviamente è lui il cittì. Però guardando le classiche, abbiamo avuto un exploit di Mozzato. Ha dimostrato che dopo 270 chilometri, a coprirsi bene, può sprintare con un gruppo di 5-6-7 corridori. Però alla fine Bettiol ha dimostrato ancora una volta che quando ha giornate come alla Milano-Torino, può dire la sua.

Quando si è ventilata questa opzione, tu che cosa hai pensato?

Sarei contentissimo, se dovesse andare in questa direzione. Alla fine, dopo Londra sarebbe la mia seconda partecipazione all’Olimpiade su strada: è un onore ed è bellissimo. Dall’altra parte sono consapevole del fatto che la mia medaglia può arrivare nell’omnium, quindi io devo essere pronto al 100 per cento per quello, perché è lì che voglio riprendere l’oro. E’ ovvio però che un’Olimpiade su strada merita rispetto, non parteciperei tanto per partire. D’altra parte è ovvio che se entro in una fuga di venti corridori all’inizio, non posso essere nelle condizioni che dopo cinque ore mi si spegne la luce. Quindi è ovvio che la mia preparazione conterrà anche delle giornate da sei, sei ore e mezza, perché so che una classica da 260 chilometri ha bisogno di quelle ore lì. Per il resto però il mio avvicinamento avrà lavori specifici rivolti alla pista. Sto lavorando già, questo è il primo blocco. Parliamo di lavori di 20 secondi, 30 secondi, un minuto, due minuti, tre minuti ad alta intensità, a cui abbinerò delle distanze. Comunque le mie 20-25 ore a settimana su strada le faccio, non sono chiuso in pista sette giorni su sette. Qui a Livigno faccio 16 giorni e non scenderò mai a Montichiari.

La campagna del Nord si è conclusa e ora Viviani è al lavoro in quota a LIvigno
La campagna del Nord si è conclusa e ora Viviani è al lavoro in quota a LIvigno
Il programma prevede delle corse a tappe?

Senza la gara su strada, dopo il Giro di Ungheria avrei due mesi di lavoro nel velodromo e arriverei alle Olimpiadi con tanta pista e solo allenamenti su strada. Con una possibile gara su strada, è ovvio che il mio calendario dovrebbe cambiare. Sicuramente non farò il Tour, però potrei aggiungerne una fra il Delfinato e la Svizzera, oppure l’Austria. Devo guardare bene il calendario della squadra, per analizzare con loro quali corse a tappe posso fare. La verità è che per una gara così, serve un avvicinamento di qualità, quindi Delfinato o Svizzera. Anche se sono dure, probabilmente sono quelle che mi aiuterebbero a raggiungere la resistenza che serve.

Sarebbe utile saperlo prima possibile?

A maggio faccio sicuramente Ungheria e Norvegia. Poi mi aggrego agli altri che arrivano dal Giro e facciamo il secondo blocco di altura. In quel periodo c’è da decidere, fra giugno e luglio, ma prima lo sappiamo e meglio è. Credo che tutti, anche Amadio, stiano aspettando che il Benna abbia le idee più chiare sui tre nomi, in modo da metterli sul banco e capire le chance che abbiamo. Questo è lo scenario e spero che quando verrà presa una decisione, venga anche comunicata, in modo che tutti siamo consapevoli.

Viviani ha già corso un’Olimpiade su strada, a Londra 2012, chiudendo al 38° posto
Viviani ha già corso un’Olimpiade su strada, a Londra 2012, chiudendo al 38° posto
Fare quella gara di 273 chilometri prima della tua ultima Olimpiade in pista è un vantaggio o uno svantaggio?

Non penso che possa essere funzionale in termini di resistenza. Potrebbe aiutarmi un Giro d’Italia, non la gara di un giorno. Dall’altra parte però non penso che andrà a incidere sul mio percorso da pistard. Ho i miei schemi. Devo arrivare all’8 agosto avendo nelle gambe i lavori che mi servono per quelle tre volte da 15 minuti delle prime tre prove dell’omnium e la mezz’ora di della corsa a punti. Il livello di resistenza lo devo tenere alto, perché è quello che permette a noi stradisti fare la differenza nella corsa a punti, come è successo a Tokyo. Ero fuori dalle medaglie, invece la corsa a punti me l’ha rimesso al collo. Sono certo che arriverò all’8 di agosto avendo fatto tutto quello che devo per l’omnium. E fare cinque giorni prima la gara su strada non mi creerà nessun problema.

Amadio: «Viviani su strada a Parigi, un ipotesi allo studio»

27.04.2024
6 min
Salva

«Viviani nella prova su strada è un’ipotesi sul tavolo. C’è massima collaborazione fra i tecnici, continuiamo a fare riunioni tutti assieme per quanto riguarda strada, pista e crono non solo per le Olimpiadi. Vediamo un po’ come prosegue la preparazione di tutti, come proseguono le corse, compreso il Giro d’Italia…».

Roberto Amadio, con cui avevamo già parlato di convocazioni olimpiche, risponde dopo aver messo le mani avanti sul fatto che il termine ultimo per le iscrizioni degli atleti per le Olimpiadi è il prossimo 7 luglio. I tecnici quindi hanno tempo sino alla fine di giugno per fare le loro valutazioni, ma a questo punto serve fare un passo indietro.

Nell’ultima intervista fatta con Elia Viviani, il veronese ci aveva fatto capire che non avrebbe fatto il Giro e che di conseguenza la sua preparazione per l’omnium di Parigi sarebbe stata da puro pistard. Tutto dalle sue parole lasciava intuire che potesse essere lui la riserva per i quattro titolari del quartetto.

Viviani è passato nel 2010 alla Liquigas. Qui due anni dopo con Amadio e l’amministratore Dal Lago, scomparso nel 2022
Viviani è passato nel 2010 alla Liquigas. Qui con Amadio e l’amministratore Dal Lago, scomparso nel 2022

La svolta danese

Pochi giorni dopo, la Danimarca ha annunciato che per consentire a Morkov di difendere il suo titolo olimpico della madison, lo avrebbero convocato anche su strada, dato che le quote limitate di atleti impongono la partecipazione a più di una specialità. I danesi, come noi, puntano all’oro del quartetto e Morkov evidentemente non offre le necessarie garanzie.

A quel punto, nell’editoriale del 15 aprile ci chiedemmo se spostando su strada uno dei pistard, Villa non avrebbe avuto la chance di convocare un uomo in più per il quartetto. Non era una domanda per caso: sappiamo che i tempi fatti registrare da Manlio Moro nell’inseguimento a squadre sono di tutto rispetto, per cui spostando Viviani anche nella prova su strada, si aprirebbe un varco per lui. Anche la Gazzetta dello Sport ha unito i puntini e un paio di giorni fa ha iniziato a parlarne.

Il tema è importante. Alle Olimpiadi si guarda alle medaglie e non alla loro provenienza. E’ chiaro però che correndo la prova su strada con soli tre uomini, quali garanzie avrà Bennati, se Elia non potrà fare il Giro d’Italia? Il Viviani del 2019 sarebbe stato la prima scelta per il percorso di Parigi, ma quegli anni sono lontani. Per questo abbiamo chiamato Amadio, il team manager della nazionale.

Viviani Europei 2019
Il Viviani del 2019 era capace di vincere classiche e titoli: qui nell’europeo. Poi si è dedicato di più alla pista
Viviani Europei 2019
Il Viviani del 2019 era capace di vincere classiche e titoli: qui nell’europeo. Poi si è dedicato di più alla pista
Restiamo nel campo delle ipotesi, attenendoci ai pochi dati oggettivi. Hai parlato di Giro d’Italia e Viviani non lo farà. Farebbe la strada tanto per firmare il foglio di partenza o con legittime aspirazioni?

E’ logico che nell’ipotesi che corresse su strada, sarà pronto. A differenza di quanto accade con i quartetti che iniziano due giorni dopo la gara su strada, con l’omnium abbiamo quasi una settimana di tempo per riprendere il colpo di pedale della pista. I tempi stretti sono il motivo per cui sarebbe problematico schierare Milan e Ganna nella gara su strada. Pippo invece fa la crono e ha quasi nove giorni di tempo per recuperare. E’ chiaro che come Federazione facciamo le valutazioni concrete sulle migliori prospettive di fare risultato. Anche perché noi abbiamo la qualifica anche nella madison e non possiamo presentarci con chi non l’ha mai fatta. Comunque sono valutazioni che sto facendo assieme ai tecnici. E poi, come ho detto, dopo il Giro, tra fine giugno e i primi di luglio, tireremo la linea.

Quindi se doveste decidere per Viviani su strada, sarebbe possibile intervenire sulla sua preparazione? Villa è in contatto con Cioni per questo aspetto?

Il fatto che Elia debba correre una gara a tappe prima di Parigi, che non sarà però il Giro, servirà indipendentemente dalla possibilità di correre la strada. L’omnium sono quattro prove, una ogni due ore, e anche l’americana dura 50 chilometri, quindi è necessario avere un bel fondo. Nel vasto calendario dell’UCI, credo che la Ineos troverà sicuramente la corsa più idonea, confrontandosi con Elia e con Villa, per capire quale sia la miglior soluzione. Indipendentemente da quello che sarà il programma.

La crescita di Moro potrebbe aver convinto Villa di Volerlo come supporto per il quartetto
La crescita di Moro potrebbe aver convinto Villa di Volerlo come supporto per il quartetto
Sempre restando nel campo delle ipotesi, tu Elia l’hai cresciuto alla Liquigas, pensi che andrebbe a fare la gara su strada solo per onore di firma oppure come sempre si impegnerebbe per tirare fuori il meglio?

Si impegnerebbe al 100 per cento, non lo metto neanche in discussione. E anche Bennati sa benissimo che in questa eventualità può farci affidamento. Elia lo conosciamo tutti. E’ chiaro che qui si torna a un discorso di programmazione del calendario delle Olimpiadi, che presenta problemi, non solo per gli uomini, ma anche per le ragazze. Noi abbiamo una Balsamo che su quel percorso potrebbe essere protagonista, come pure nel quartetto. Anche qui dovremo fare sicuramente delle scelte mirate, cercando di capire se fare entrambe le prove o sceglierne una. Alla fine è sempre l’atleta professionista, come Viviani ma anche come Elisa, che capisce fino a dove può arrivare e quello che può fare. Io ho molta fiducia anche in loro e ne parliamo tranquillamente ad ogni occasione.

Giusto mercoledì al Gran Premio della Liberazione, il cittì delle donne Sangalli ci ha detto che fra dieci giorni andrà a Parigi con un gruppo di atlete proprio perché possano valutare il percorso. Non dovrebbero farlo anche Bennati e Viviani, secondo te?

Questa è una programmazione fatta da Paolo (Sangalli, ndr). Io credo che Daniele sappia quali sono i nomi fra cui scegliere, per cui il fatto di andare con gli atleti è una decisione che deve prendere lui. Credo però che voglia aspettare un attimo, capire il Giro e soprattutto chi farà il Tour. Perché il Tour secondo me per chi vuole vincere le Olimpiadi è un passaggio quasi obbligato. E’ fatto a pennello, finisce una settimana prima. E poi fra uomini e donne c’è anche una differenza di modo di correre.

Amadio è sicuro della piena collaborazione fra Viviani e Villa, qui al via della Sanremo
Amadio è sicuro della piena collaborazione fra Viviani e Villa, qui al via della Sanremo
Cioè?

Ho visto alla Liegi di domenica scorsa, che fino a 20 chilometri all’arrivo c’erano ancora 40 ragazze che se la giocavano e la Liegi è una corsa dura. Quindi trovo corretto il fatto di fare una valutazione del percorso con le atlete, proprio perché è un altro tipo di interpretazione e di sviluppo anche della corsa. Le possibilità di un gruppetto di una quindicina di elementi che arrivino in volata è molto concreta, a differenza degli uomini fra cui secondo me ci sarà una selezione molto più definita. Di certo i soliti fenomeni saranno lì a lottare, ma secondo me non parliamo di 20-30-40 corridori che arrivano in volata.

Infatti non è semplice mettersi nei panni di Bennati, che può scegliere solo tre uomini e magari si chiederà a quale livello potrà correre Viviani.

Ma qui torniamo al discorso che l’Olimpiade è una manifestazione che va oltre il discorso tecnico, a differenza di un europeo e di un mondiale, dove le scelte sono mirate a ottenere il meglio nelle singole prove. Qui è un calderone in cui dobbiamo gestire un numero limitato di atleti per fare un certo numero di specialità. Non dimentichiamo che la Francia andò a Tokyo con Cavagna, che fece due chilometri nella prova su strada e poi si fermò, dato che puntava solo alla crono. Quello che bisogna far capire alla gente è che le Olimpiadi vanno oltre i discorsi comuni cui siamo abituati. Però ci stiamo ragionando, ci stiamo lavorando, abbiamo già fatto parecchie riunioni e stiamo andando avanti su tutti i fronti.

I nuovi giorni azzurri nel calendario di Marta Bastianelli

26.04.2024
6 min
Salva

ROMA – Rivederla è stata una festa. Quando le ragazze del UAE Team Adq hanno riconosciuto Marta Bastianelli, sono corse ad abbracciarla come si fa con un compagno di tanti chilometri che a un certo punto ha cambiato strada. Gasparrini, che ha diviso con lei la camera cercando di imparare il massimo. Consonni, che ne ha ricevuto consigli sulla vita da velocista. Persico, che si è sentita chiedere più di un paio di volte quando verrà anche per lei il momento di alzare le braccia al cielo. E così la campionessa azzurra, che da quest’anno collabora in nazionale con il cittì Sangalli e a Caracalla era assieme a tutta la famiglia, ha salutato le ex compagne e poi ha vissuto il Gran Premio della Liberazione col piglio di chi comincia a calarsi nella dimensione del tecnico. Ha confabulato a lungo con Augusto Onori delle Fiamme Azzurre, cui ancora appartiene. Ha parlato con altre atlete. E poi ci ha raccontato questo inizio di carriera, con tanto di debutto all’estero con le juniores alla Omloop Van Borsele, Coppa delle Nazioni in Olanda.

Cara Marta Bastianelli, cosa fa la collaboratrice del tecnico della nazionale?

E’ una bellissima esperienza. Vengo da un buon insegnamento di Paolo (il cittì Sangali, ndr), in tanti anni come tecnico e atleta. Adesso sono al suo fianco e mi auguro di potergli dare una utile mano in questo nuovo ciclismo, che sta prendendo sempre più piede anche tra le giovani. In Olanda tutte le prime erano nel giro dei team WorldTour, ben diverso rispetto ai miei tempi e rispetto all’Italia. Il fatto di aver percorso tanti anni di storia del ciclismo mi aiuterà di certo.

Fra un giro e l’altro del Liberazione, Bastianelli ha parlato con tecnici e staff delle squadre
Fra un giro e l’altro, Bastianelli ha parlato con tecnici e staff delle squadre
Sangalli ha detto che quando hai smesso, portarti in azzurro è stata una conseguenza naturale. E’ stato così anche per te?

Da un po’ di tempo, ancora da atleta, c’era la volontà da parte della Federazione di spingermi in questo mondo. In quel periodo però ero ancora atleta, mi piaceva ancora vincere le gare. Poi mi sono chiesta: perché no? Insomma, fare questo salto è sicuramente un valore aggiunto nel mio bagaglio di esperienze, quindi qualcosa di bello. Quando corri oppure indossi la maglia della nazionale, è sempre un grande prestigio e io questo non me lo dimentico.

Com’è avere a che fare con ragazze 17-18 anni?

Bè, sono tornata indietro di parecchio. Sinceramente non sono tempi in cui mi riconosco, perché noi il mondo giovanile l’abbiamo vissuto diversamente. Erano sicuramente anni difficili, loro hanno la strada un po’ più spianata, quindi mi auguro che questo benessere lo possano mettere in pratica nel vincere le corse, che è la cosa più importante.

Parli la loro stessa lingua o in qualche modo si coglie già il gap di età?

Diciamo che ho un po’ di esperienza con mia figlia (ride, Clarissa ha 10 anni ndr), ma è difficile capire se sia utile fare confronti, non sai mai se sia giusto o sbagliato. Però le vedo attente ai consigli, ci ascoltano molto. Sono ragazze ragionevoli.

Le juniores della Nations’ Cup hanno affrontato pioggia e vento: condizione limite per le nostre
Le juniores della Nations’ Cup hanno affrontato pioggia e vento: condizione limite per le nostre
Qual è il consiglio che ti viene più facile dare: quello di esperienza da corridore o quello da tecnico?

Non ho dubbi. Io metto in pratica la mia esperienza da corridore, perché da tecnico devo ancora farla: questa per me è solo una partenza. Però posso dargli un valore aggiunto da atleta, basato su quello che ho vissuto nei miei anni. Credo che per loro possa essere un contributo in più da aggiungere alla loro carriera, soprattutto quella futura.

In Olanda ad esempio avete trovato parecchio vento, sei riuscita a spiegargli come si sta nei ventagli?

Abbiamo fatto una bella spiegazione. Abbiamo detto loro dove mettersi in base a come tira il vento. Sono passaggi che alcune già conoscevano, perché erano già state a questa gara l’anno scorso. Paolo aveva già fatto un bel lavoro, però un consiglio in più fa sempre bene.

Come sei uscita da questa esperienza? Ti ha arricchito?

Sì, molto, anche dal punto di vista umano. Come persona, come mamma. Ho sentito molto questa esperienza da vicino, quindi sicuramente fa bene al cuore, alla mente e soprattutto al lavoro.

Può essere un ruolo azzeccato per il futuro di Marta Bastianelli?

Sì, è un incarico che mi piace molto. Poi non nascondo che mi piace anche lavorare con le elite, perché è un mondo che ho lasciato da poco quindi sono ancora abbastanza fresca di esperienze. Riesco a capire cosa pensano le atlete nelle varie fasi, quindi diciamo che mi piacerebbe allinearmi in tutto il settore, in base a quello che si può fare.

Con le elite sarà difficile passare da amica a tecnico?

Credo che ci sia una linea sottile e una volta che l’atleta lo ha capito, non è difficile. Sono ragazze intelligenti, sanno che adesso non sono più Marta atleta amica, ma sono Marta collaboratore azzurro. Posso sempre dare loro dei consigli, ma rimanendo nel mio ambito. Per me sono ragazze con cui ho corso fino all’altro ieri, quindi ho un rapporto speciale. Però quando si tratta di lavoro, mi piace che ci sia una linea precisa. So bene che magari è meglio parlarci un paio di giorni dopo una corsa, perché ricordo bene che a caldo puoi tirare fuori tante motivazioni diverse per giustificare una prestazione. Non sempre guardarle in faccia dopo l’arrivo ti fa capire bene le cose. Queste sono le consapevolezze che spero di poter portare.

Le seguirai anche in pista?

Faccio anche pista. Ho seguito le ragazze in qualche allenamento e ci tornerò a fine mese. Cerco di fare un po’ qua e un po’ là. A Montichiari ho trovato un ambiente molto familiare, bello, tranquillo. Ci sono ragazze che conosco e, anche i ragazzi. Mi sono trovata molto bene con Marco Villa, con Diego Bragato e con Fabio Masotti, che tra l’altro è un mio collega alle Fiamme Azzurre. Sono veramente felice di questo ruolo.

Sul palco, Bastianelli per la premiazione finale del UAE Team Adq come miglior squadra del Liberazione
Sul palco, Bastianelli per la premiazione finale del UAE Team Adq come miglior squadra del Liberazione
E Clarissa cosa dice del fatto che hai ricominciato a partire?

E’ abbastanza serena, soprattutto perché rispetto a prima passo più tempo a casa. Lo scorso anno ad oggi avevo già fatto 30 giorni fuori ed eravamo solo ad aprile, quindi è molto più tranquilla. Tra l’altro è felice quando può venire anche lei a vedere le gare, la vive in modo diverso. Non c’è più l’ansia della corsa, quindi mamma che corre. E poi le piacerebbe venire a vedere qualche allenamento in pista perché mi ha detto che vorrebbe fare il tifo. Le ho spiegato che non è come all’Olimpico, però penso che ai bambini faccia bene vivere queste giornate di sport e capire come funziona. Lei l’ha sempre vissuto sin da piccola dall’interno, ma forse adesso ha un briciolo di consapevolezza in più. Ai ragazzi fa bene vedere l’impegno di atleti poco più grandi di loro. Qualsiasi cosa scelgano di fare, lo sport resta una grande scuola di vita.

Villa a Liegi con la febbre: «Voglio tornare per godermela di più»

26.04.2024
4 min
Salva

Giacomo Villa risponde al telefono mercoledì mattina, lo intercettiamo mentre sta uscendo per l’allenamento. A quasi tre giorni di distanza dalla sua prima Liegi-Bastogne-Liegi, terminata dopo 70 chilometri, l’emozione di essere stato alla Doyenne non è svanita (in apertura foto PRM x Bingoal). Sicuramente non se la sarebbe immaginata così, ma essere presenti in certe corse ha sempre un valore positivo

«Riprendo oggi – racconta Villa – dopo due giorni di stop. Alla Liegi ho corso con la febbre, ho provato a tenere duro, ma è stato impossibile. L’idea era quella di mettermi comunque a disposizione della squadra ma sono durato 70 chilometri. Praticamente fino alla prima macchina dei massaggiatori. Il clima di freddo e pioggia trovato anche alla Liegi non mi ha aiutato, vista la settimana che abbiamo vissuto in gruppo».

Il freddo e la pioggia della Freccia Vallone hanno condizionato l’avvicinamento alla Liegi (foto PRM x Bingoal)
Il freddo e la pioggia della Freccia Vallone hanno condizionato l’avvicinamento alla Liegi (foto PRM x Bingoal)

Il freddo ha colpito

Villa era alla partenza anche della Freccia Vallone, corsa che hanno terminato solo 44 degli oltre 170 corridori partiti. Una settimana di freddo e pioggia che è culminata in una febbre che ha condizionato in negativo la prima Classica Monumento del giovane della Bingoal-WB.

«La febbre – continua – mi è venuta sabato sera, a poche ore dalla Liegi. Ho provato ad abbassarla con una tachipirina, cosa che ha funzionato in parte. Domenica mattina, il giorno della gara, stavo discretamente bene. Sensazione che è durata una manciata di ore, perché appena partiti si è rialzata subito. Ho pagato la settimana di freddo e pioggia che abbiamo preso in Belgio.

«Alla Freccia, corsa mercoledì, ho mollato solamente all’ultimo passaggio sul muro di Huy. Ero in una “terra di nessuno” perché mi trovavo insieme a Ulissi e due corridori della Quick-Step, a metà tra i primi 30 e gli ultimi 10. L’ammiraglia della formazione di Lefevere è arrivata e ha detto ai suoi ragazzi di fermarsi dopo l’arrivo, io ero indeciso su cosa fare e li ho seguiti».

Nonostante il brutto tempo la Liegi ha visto un grande richiamo di pubblico, come merita una Monumento
Nonostante il brutto tempo la Liegi ha visto un grande richiamo di pubblico, come merita una Monumento
Come stavi dopo la Freccia?

Bene, tanto che mi sono fermato in Belgio per preparare la Liegi. Giovedì abbiamo fatto un paio d’ore di allenamento, sempre al freddo, mentre venerdì dovevamo vedere il percorso della Doyenne, ma è stato impossibile.

Sempre troppa acqua?

Non ha smesso di piovere un secondo. Dovevamo fare i primi 30-40 chilometri per trovare il punto giusto per poi andare in fuga domenica. Venerdì pioveva così tanto che siamo riusciti a fare solo i primi 10 chilometri. Secondo me quella è stata la mazzata definitiva, tanto che sabato mi sono svegliato che ero barcollante e infatti la sera mi è venuta la febbre.

In fuga per la Bingoal alla Doyenne è andato Loïc Vliegen
In fuga per la Bingoal alla Doyenne è andato Loïc Vliegen
Anche se per poco hai corso la tua prima Monumento…

Sono rimasto affascinato, devo ammetterlo. La verità è che a inizio anno sapevo che in questa squadra ci sarebbe stata la possibilità di correre la Liegi ed è stato un mio obiettivo fin da subito. Raggiungerlo al primo anno mi ha fatto un immenso piacere, anche se non l’ho vissuta come avrei voluto.  

E come avresti dovuto viverla?

Con la squadra eravamo d’accordo che sarei dovuto andare in fuga. Tanto che domenica mattina, nonostante le condizioni precarie, alla partenza mi sono messo in seconda fila. Diciamo che sono durato poco. Alla prima salitella mi hanno sfilato in 30 e sono finito a metà gruppo. Ogni chilometro che passava tra vento, pioggia e freddo perdevo posizioni. Così appena vista l’ammiraglia mi sono fermato. 

Com’è stato vivere la Liegi? 

In queste occasioni capisci quanto siano amati i grandi eventi. Rispetto ad altre gare, che sono comunque tanto frequentate dai tifosi, non c’è paragone. Ti senti come se tutti sappiano chi sei, chiedono autografi, foto…

Villa è rimasto affascinato dalle corse nelle Ardenne e nel 2025 vuole tornare e perché no correrne di più (foto PRM x Bingoal)
Villa è rimasto affascinato dalle corse nelle Ardenne e nel 2025 vuole tornare e perché no correrne di più (foto PRM x Bingoal)
C’era tanto pubblico nonostante la pioggia?

In quei primi 70 chilometri ogni volta che entravamo in un paesino trovavamo due muri di gente. Mi sa che in Belgio sono abituati a questo clima (ride, ndr). I tifosi sono scesi in strada armati di mantelle e ombrelli. 

Allora l’obiettivo è quello di tornare?

Certo. Magari fare anche qualche altra semiclassica in quelle zone. Il team partecipa a tante gare del genere, soprattutto quelle con il pavé e devo ammettere che mi hanno intrigato parecchio. Speriamo che nel 2025 ci possa accogliere il sole.

Patxi Vila, il ritorno alla Bora e il valore del diesse moderno

26.04.2024
5 min
Salva

SALORNO – Gli ultimi dubbi sono stati sciolti e forse per la Bora-Hansgrohe la scelta della formazione che sarà al via del Giro d’Italia è stata ulteriormente obbligata. L’idea di chi portare alla Corsa Rosa era già abbastanza chiara da tempo, ma l’investimento di Lennard Kamna da parte di un automobilista ad inizio aprile mentre era a Tenerife per fare altura sul Teide – curiosamente proprio lo stesso giorno in cui Roglic cadeva violentemente al Giro del Paesi Baschi – ha rimescolato le carte per la generale.

Il 27enne tedesco, vincitore della tappa sull’Etna nel 2022, avrebbe dovuto dividere i gradi di capitano col colombiano Dani Martinez, che ora potrebbe avere Schachmann come vice, mentre per le volate si dovrebbe puntare su Welsford. Al Tour of the Alps, la Bora-Hansgrohe ha portato corridori più di sacrificio che prime punte, riuscendo a mettersi in mostra col secondo posto di Gamper nella seconda frazione vinta da De Marchi. A margine di tutto ciò abbiamo fatto una chiacchierata con Francisco Javier (per tutti “Patxi”) Vila, ritornato nel team tedesco dopo quattro stagioni alla Movistar. Abbiamo fatto un piccolo excusus sulla sua idea di essere direttore sportivo.

Kamna doveva essere il capitano per il Giro, ma l’incidente a Tenerife ha obbligato il team a rivedere i piani
Kamna doveva essere il capitano per il Giro, ma l’incidente a Tenerife ha obbligato il team a rivedere i piani

In ammiraglia

Per molti tecnici ci sono diversi modi di guidare una formazione. Il più diretto è quello in auto, da dentro la corsa. Patxi Vila è rientrato alla Bora e sembra che il tempo non sia passato.

«Quest’anno – racconta il 49enne diesse, nativo di Hondarribia – ho avuto la chiamata da Ralph (Denk il general manager, ndr) perché Rolf (Aldag il capo dei diesse, ndr) aveva bisogno di un direttore sportivo in più. Mi mancava essere di nuovo in ammiraglia. Faccio anche parte dello sviluppo delle cronometro. La squadra è molto buona, mi sto trovando molto bene e sono contento. D’altronde era un ambiente che conoscevo già».

Nuove indicazioni

Al Tour of the Alps gli uomini di classifica erano Higuita e Palzer, ma la trasferta tra Austria e Trentino-Alto Adige non ha espresso grandi risultati finali. E contestualmente la caduta di Roglic ai Paesi Baschi non ha creato nessun effetto domino in vista del Giro. I programmi di inizio anno per le grandi corse a tappe restano immutati, come ci aveva anticipato Gasparotto.

Per Patxi Vila (qui con Sagan nel 2017) la figura moderna del diesse deve avere competenze su tanti aspetti
Per Patxi Vila (qui con Sagan nel 2017) la figura moderna del diesse deve avere competenze su tanti aspetti

«Ultimamente siamo stati molto sfortunati», prosegue Vila. «Al TotA saremmo dovuti venire con Kamna in preparazione del Giro, ma considerando ciò che gli è occorso, abbiamo dovuto rivedere i nostri obiettivi e prendere altre decisioni. Infatti non c’era molta gente che farà il Giro (ad oggi solo Koch, ndr). Inoltre già alla prima tappa abbiamo perso Herzog, perché ha pagato una condizione calante ed un sovrannumero di gare. Certo che l’incidente a Lennard non ci voleva, in primis per lui. Si sta riprendendo bene e questa è la cosa più importante».

Tuttavia una gara come il TotA o il Romandia a ridosso del Giro può dare diverse indicazioni. «Dipende tanto – riprende – da cosa si intende per preparazione nelle varie squadre. C’è chi preferisce non correre troppo per arrivare più fresco, chi invece vuole fare un bel blocco di gare, magari con salite lunghe per capire meglio il proprio stato di forma. E’ come se usasse quelle gare come allenamento».

Dani Martinez dovrebbe curare la generale del Giro per la Bora, con Schachmann in seconda battuta
Dani Martinez dovrebbe curare la generale del Giro per la Bora, con Schachmann in seconda battuta

Il diesse moderno

Ogni diesse ha il proprio stile e Patxi Vila non sa come autodefinirsi, però le idee sono chiare. «Forse sono la persona meno indicata per farlo – continua – posso dire che la nostra figura sta cambiando, come tutto il ciclismo, e deve adattarsi. Adesso penso che ci vogliano direttori sportivi con attitudini che prima non avevano: bisogna essere più ricercati e tecnici. Per la verità va detto che ora nel ciclismo si è pianificato tutto, con ruoli ben definiti. Una volta c’era solo il massaggiatore, ora c’è anche il fisioterapista. Una volta i metodi di recupero lasciavano il tempo che trovavano. Adesso c’è il mental coach.

«Il diesse moderno – spiega Vila – deve saper fare una presentazione della tappa sul bus oppure interpretare i dati degli atleti. Deve avere competenze su tutte queste materie per andare incontro a tutte le esigenze del corridore. Personalmente mi trovo a mio agio, ma ho avuto la fortuna di sedermi su tutte le sedie, da corridore a capo preparazione come alla Movistar. E’ stato tutto utile per la mia formazione e lo sto mettendo in pratica».

La responsabilità delle volate al Giro dovrebbero ricadere su Sam Welsford, già tre successi in stagione
La responsabilità delle volate al Giro dovrebbero ricadere su Welsford, già tre successi in stagione

Tutto in pochi secondi

Colui che deve finalizzare tutto il lavoro della squadra è proprio il direttore sportivo, in gara di farlo in modo quasi istantaneo nonostante la pressione. L’errore ci può stare e non è un reato ammetterlo.

«Adesso – chiude Patxi Vila – ho la fortuna di lavorare con tutte queste figure, sentire l’opinione di tutti e poi prendere la decisione finale. Noi diesse abbiamo obblighi e responsabilità. Le gare hanno tante evoluzioni e non sempre vanno come avevi previsto. Basta avere l’umiltà di alzare la mano e dire che hai sbagliato. Si è squadra nel bene e nel male.

«E’ fondamentale la fiducia nei propri mezzi, ma anche nei mezzi dei tuoi corridori e dello staff di persone che hai intorno. Col senno di poi diventa facile per tutti ripensare a quali decisioni prendere, però in quei momenti abbiamo davvero pochi secondi. Noi la prendiamo sempre pensando che sia la migliore, poi le cose vanno come vanno».

Mediterraneo in Rosa, si pensa di crescere ancora

26.04.2024
5 min
Salva

Oltre le aspettative. A cinque giorni di distanza dalla sua conclusione, ancora si parla del Giro del Mediterraneo in Rosa, la corsa a tappe femminile che ha anticipato il Gran Premio Liberazione. Cinque tappe fra Campania e Puglia dove, rispetto allo scorso anno, è emersa una notevole crescita generale e non sono mancati spunti tecnici interessanti.

Il primo è legato sicuramente a Lara Gillespie, la campionessa nazionale irlandese che ha fatto il vuoto nella seconda tappa chiudendo di fatto subito la lotta per la vittoria finale, prendendosi però anche la soddisfazione di vincere la frazione successiva con il simbolo del primato indosso. Il secondo investe Federica Venturelli (in apertura nella foto Ossola) protagonista assoluta con due vittorie di tappa facendo praticamente da scudiera alla Gillespie e realizzando la doppietta del team devo Uae, mentre il terzo posto è andato a una sempre più convincente Giada Borghesi.

Federica Venturelli con il patron della corsa Francesco Vitiello, già al lavoro per l’edizione del 2025 (foto Ossola)
Federica Venturelli con il patron della corsa Francesco Vitiello, già al lavoro per l’edizione del 2025 (foto Ossola)

Francesco Vitiello, l’organizzatore, è già proiettato verso il prossimo anno, sulla base dei riscontri ricevuti: «Abbiamo avuto attestazioni di stima un po’ dappertutto – dice – ma quel che ci rincuora di più è la relazione finale dei giudici Uci. Mi hanno detto che sono rimasti stupefatti dal livello di organizzazione, di sicurezza, di pulizia delle strade e questo è un dato importante. Come avevamo anticipato è nostra intenzione salire di grado il prossimo anno per avere più squadre al via, soprattutto straniere e soprattutto legate al mondo del WorldTour».

C’è stata attenzione anche dall’estero?

Sì, me l’ha confermato anche Alessandra Cappellotto che ha seguito le prime due tappe come delegata Uci e che mi ha detto di aver visto cose surreali per una prova italiana. Una qualità inedita con tanto personale sulle strade e tutto quel che serve per una gara che meriterebbe a suo dire una qualifica ben più alta. Tra l’altro la corsa ha avuto grande risalto anche a prescindere dai risultati tecnici per la presenza di due ragazze afghane del WCC Team, la squadra voluta dall’Uci. C’era anche una troupe televisiva che è venuta apposta per loro.

Gillespie e Venturelli, per loro ben 4 vittorie e doppietta finale in classifica (foto Ossola)
Gillespie e Venturelli, per loro ben 4 vittorie e doppietta finale in classifica (foto Ossola)
Tra l’altro, l’aspetto organizzativo è stato reso ancora più complicato dal cattivo tempo…

Le prime due tappe, quelle in Campania sono state caratterizzate da pioggia intensa e questo ha dimostrato come fossimo pronti ad affrontare anche le condizioni più difficili. Abbiamo tenuto botta, ma d’altronde avevamo previsto anche le condizioni peggiori. Con noi c’erano ben 12 scorte tecniche della Stradale e altre 12 direttamente dell’organizzazione.

Dal punto di vista tecnico, il dominio assoluto della Uae non è stato uno svantaggio, considerando l’enorme divario tecnico fra loro e le altre?

Io sono abituato ad accettare sempre il responso della strada. La Uae ha vinto perché ha dimostrato di avere un’intelaiatura superiore, una preparazione tale da poter affrontare al meglio ogni tipologia di tappe. La corsa ha confermato i pronostici della vigilia, ma quando una squadra ha atlete di spessore si vede la differenza. Gillespie e Venturelli hanno corso con grande sapienza tattica.

Il team Uae Adq ha fatto la differenza, tenendo fede al suo ruolo di unica squadra WorldTour al via (foto Ossola)
Il team Uae Adq ha fatto la differenza, tenendo fede al suo ruolo di unica squadra WorldTour al via (foto Ossola)
Pensi che la presenza della Uae spingerà altri team WT a seguire le loro orme?

Ne sono sicuro perché tra squadre si parla e l’effetto passaparola sarà a nostro favore. Ho sentito un po’ i pareri dei vari team presenti ed erano tutti entusiasti: non solo per le gare, ma anche per tutto il contorno, a cominciare dalle scelte degli alberghi, dai tempi limitati di trasferimento e altro. Un aspetto spesso poco considerato sono anche i posti dove si è pedalato. E’ vero che l’agonismo prevale, la concentrazione è per la gara, ma c’è anche chi ha notato la bellezza dei paesaggi proposti, anche questo conta.

Quanto influisce quest’aspetto?

E’ fondante per noi, la gara deve essere un volano per far conoscere i territori, la cultura del posto. E’ chiaro che l’aspetto tecnico ha la prevalenza, ma anche quello spettacolare ha la sua importanza. A Torre del Greco, ad esempio, potevamo far passare le ragazze per la città ma abbiamo preferito privilegiare il lungomare sia per rendere più facile il passaggio della carovana, per permettere una gestione più semplice di tutti gli aspetti legati alla sicurezza, ma anche per far vedere un pezzo di territorio davvero eccezionale. Le atlete pensano sì a correre, ma so che guardano e notano.

Per Giada Borghesi vittoria nella prima tappa e podio finale. La sua crescita continua (foto Ossola)
Per Giada Borghesi vittoria nella prima tappa e podio finale. La sua crescita continua (foto Ossola)
Ci saranno altre regioni che si aggiungeranno?

Abbiamo già avuto richieste da Calabria e Abruzzo, senza contare che chi ha ospitato il Mediterraneo in Rosa in questa stagione vuole il nostro ritorno. I sindaci di Torre del Greco e Terzigno erano entusiasti, vogliono assolutamente rifarlo, ma non possiamo garantire nulla, è anche nostro dovere far girare la corsa attraverso luoghi sempre nuovi.

E fra questi ci sarà anche spazio per una cronometro?

Ci stiamo pensando, sarà un ulteriore gradino da salire. Serve un Comune che ospiti la corsa offrendo tutto quel che serve. Come detto non è un impegno facile, ma penso proprio che il prossimo anno ci sarà una cronoscalata per accrescere il livello tecnico della manifestazione.