Van Der Meulen: sembrava sparito, ma in Italia è risorto

15.05.2024
5 min
Salva

Alla corte di Renzo Boscolo, al CTF Victorious, è arrivato all’inizio di questa stagione un ragazzo olandese: Max Van Der Meulen (in apertura foto DirectVelo/Florian Frison). La continental friulana è solamente un punto di appoggio tra il passato nel devo team della DSM e il futuro in Bahrain Victorious, nel WorldTour. Com’è già capitato con Bruttomesso, un corridore promesso sposo al team del Bahrein finisce la sua maturazione tra le file del CTF. 

Max Van Der Meulen, CTF Victorious, vince la seconda tappa alla Ronde de l’Isard (foto DirectVelo/Florian Frison)
Max Van Der Meulen vince la seconda tappa alla Ronde de l’Isard (foto DirectVelo/Florian Frison)

Prima vittoria

Con i colori della squadra friulana Van Der Meulen ha trovato la sua prima vittoria dopo tanto tempo. Lo ha fatto in una corsa difficile come la Ronde de l’Isard, dove il parterre era di tutto rispetto e le tappe impegnative, per corridori veri. Un successo che testimonia come determinate qualità non si possano perdere in poco tempo. 

«Quella in Francia, alla Ronde de l’Isard – racconta – è stata la mia prima vittoria da under 23, mi è piaciuta moltissimo. Purtroppo nella prima tappa ho preso tanto freddo e sono uscito subito di classifica. La sera ero un po’ amareggiato, ma parlando con il team abbiamo deciso di prendere ogni frazione come una corsa di un giorno. Vincere è stato fantastico, ero molto felice per me, ma anche per il team e i miei compagni che mi hanno dato una grande mano. Ho lavorato duramente a partire da questo inverno e vedere che tutti gli sforzi hanno portato a qualcosa è bello, gratificante».

Da junior la bici era un divertimento, senza lo stress del risultato (foto DirectVelo/Aurélien Regnoult)
Da junior la bici era un divertimento, senza lo stress del risultato (foto DirectVelo/Aurélien Regnoult)

Perso in casa sua

La storia di Van Der Meulen è particolare: il giovane corridore olandese, classe 2004, tra gli juniores volava. Vi basti sapere che nel solo 2022, l’ultimo anno nella categoria, aveva ottenuto sei vittorie tra cui quella alla Classique Des Alpes. Risultati che lo avevano portato ad essere il secondo miglior junior al mondo. Poi la chiamata nel devo team di casa, la strada che sembrava già delineata, ma non tutto è andato secondo i piani. 

«Quando ero junior – ci dice subito – mi godevo il fatto di andare in bici e non prendevo la cosa troppo seriamente, per me il ciclismo era un divertimento. Poi sono andato al Development Team DSM e le cose sono cambiate parecchio, tutto veniva fatto al 100 per cento. Gli allenamenti erano diversi, si curava tanto l’alimentazione, è cambiato tutto. Non sto dicendo che la DSM sia sbagliata, ma che io non ero fatto per un ambiente del genere. Quello che non ha funzionato è a livello personale, non dal lato del corridore. Ho inseguito per tanto tempo la mia migliore condizione senza mai trovarla, non ero felice e questa per me è una cosa importante per performare».

L’Italia e il gusto di ritrovarsi

«Il giovane talento olandese – ci aveva detto qualche giorno fa Renzo Boscolo team manager del CTF – è uno dei corridori che viene recuperato da un team italiano, la soddisfazione sta nel far vedere che non tutto l’oro dell’estero luccica più del nostro. Qui da noi si possono fare le cose bene, con metodo e passione. Siamo riusciti a recuperare un ragazzo forte e questo è il nostro orgoglio, nonché di tutto il pianeta Bahrain».

Allora partendo dalle parole di Boscolo la curiosità di sapere cosa Van Der Meulen abbia trovato di diverso da noi ci morde da dentro e la domanda nasce spontanea: «Per me è un modo di fare totalmente differente – dice – il CTF è come una famiglia, siamo molto uniti. Ci sono degli obiettivi, per fare in modo di lavorare bene, ma non importa che siano personali o di squadra qui tutti danno sempre il massimo. C’è molta più motivazione e tanta felicità nel godersi il ciclismo, è una squadra passionale. Mi piace averli intorno, con lo staff si lavora benissimo e mi danno tanto supporto».

Van Der Meulen, scalatore puro, ora fa rotta sul Giro Next Gen (foto DirectVelo/Florian Frison)
Van Der Meulen, scalatore puro, ora fa rotta sul Giro Next Gen (foto DirectVelo/Florian Frison)

Il sogno rosa e il futuro nel WT

Tra meno di un mese toccherà agli under 23 darsi battaglia lungo tutto lo stivale, o in buona parte di esso, per conquistare la maglia rosa. Il Giro Next Gen, alla luce della recente vittoria e delle qualità di Van Der Meulen, diventa un obiettivo per risalire un altro gradino che lo porterà, comunque vada, nel WT il prossimo anno. 

«Sto bene – continua a raccontarci – sono tornato dalla Francia, ho recuperato bene e sono partito per Andorra. Ora mi trovo qui da una settimana, insieme a due miei compagni di squadra, e starò altre due per preparare al meglio il Giro Next Gen. Prima però sarò in Repubblica Ceca per correre l’appuntamento di Nations Cup con la nazionale olandese.

«Sono fiducioso di poter fare ancora tanto quest’anno – conclude Van Der Meulen – in vista del mio approdo alla Bahrain Victorious. Voglio migliorare tanto per superare quel gradino che mi manca ma sono fiducioso. Il CTF da questo punto di vista mi dà una grande mano, mi fa crescere sia come corridore che come persona. Non ho paura di quello che potrà succedere in futuro».

Lo sprint, l’arrivo, il boato. La domenica magica di Dati

15.05.2024
5 min
Salva

Raramente capita di cogliere un’esultanza popolare ad un arrivo ciclistico com’è avvenuto domenica, al GP Industrie del Marmo. Classica internazionale per Under 23 che ha visto un arrivo finale di 5 corridori a contendersi la vittoria e vedendo tagliare per primo il traguardo Tommaso Dati, il pubblico è esploso. Erano infatti 26 anni che un toscano non vinceva la prova di Marina di Carrara, una gara molto sentita in una regione che del ciclismo ha fatto quasi una religione.

La volata vincente di Marina di Carrara. Erano 26 anni che un toscano non vinceva da quelle parti (foto Pagni)
La volata vincente di Marina di Carrara. Erano 26 anni che un toscano non vinceva da quelle parti (foto Pagni)

Dati, nel raccontare quanto avvenuto un po’ si schernisce: «C’erano in tanti che erano venuti a vedermi, parenti e amici, hanno fatto un po’ di claque… Scherzi a parte, si correva dalle mie parti, era uno dei miei obiettivi stagionali far bene nella mia gara e il risultato finale è stato anche oltre le aspettative».

Com’è nata la tua vittoria?

Sapevo, avendola corsa due anni fa, che c’erano buone possibilità che una fuga nata nella prima parte sarebbe andata in porto quindi dovevo entrarci. Siamo scappati in 18 e c’era buona collaborazione perché le maggiori squadre erano dentro. A un successivo attacco siamo rimasti in 7 collaborando fino all’ultimo strappo dove c’è stato l’attacco di Turconi. In discesa sono rientrato conoscendo bene la strada e ci siamo ritrovati a giocarci la vittoria in 5. Sapevo che Oioli era il più veloce e ho preso la sua ruota, saltandolo a 50 metri dal traguardo. Lì è scoppiata la festa…

Il podio del GP Industrie del Marmo, con Dati fra Oioli (2°) e Turconi (3°, foto Pagni)
Il podio del GP Industrie del Marmo, con Dati fra Oioli (2°) e Turconi (3°, foto Pagni)
Come nasce il Dati ciclista?

Molto presto, quasi come un gioco. C’era mio cugino che correva come G1 e io per stare con lui e continuare a giocare l’ho seguito. Ho visto che mi divertivo e andavo anche bene, così ho continuato, lui invece si è dedicato poi al calcio e ha smesso anche con quello.

Tu sei il classico passista…

Sì’, vado anche bene sulle salite medio-brevi, non sono al livello dei migliori scalatori quando si tratta di ascese molto prolungate o con pendenze spinte. Mi manca forse qualcosa in volata ma nei gruppi ristretti posso dire la mia come è avvenuto domenica.

Buon passista, Dati ha conquistato lo scorso anno il titolo regionale a cronometro
Buon passista, Dati ha conquistato lo scorso anno il titolo regionale a cronometro
Vai anche molto bene a cronometro, sei campione regionale in carica. Una qualità non comune…

Le crono mi piacciono, anche se ne ho fatte poche. Il titolo l’ho vinto in una gara che era una cronoscalata, rispecchiando un po’ tutte le mie caratteristiche. Non ho fatto finora allenamenti specifici, ma proprio in questi giorni mi è arrivata la bici da crono per preparare il Giro Next Gen, quindi ora alternerò gli allenamenti classici con quelli specifici contro il tempo.

La tua propensione per le prove a cronometro fa di te un corridore che potrebbe anche guardare alla classifica nelle corse a tappe.

Lo scorso anno al Giro ho sofferto troppo la tappa dello Stelvio, ma nelle altre tappe riuscivo spesso a stare al passo dei più forti. Io sinceramente non mi vedo molto come uomo da classifica, preferisco più guardare a singole tappe che si confanno alle mie caratteristiche, so però che nelle corse di più giorni vado migliorando verso la fine. Vedremo come si metterà la corsa, ma di base preferirei puntare a una vittoria parziale.

Finora il toscano non è mai emerso nelle prove a tappe, ma le possibilità ci sono tutte
Finora il toscano non è mai emerso nelle prove a tappe, ma le possibilità ci sono tutte
La squadra dal suo canto sembra vivere un momento molto positivo, considerando anche la vittoria di Davide Donati al Liberazione. A che cosa si deve?

La Biesse Carrera è sicuramente una delle squadre più forti in questo panorama nazionale, in ogni gara alla quale partecipiamo ci sono 3-4 corridori che possono tranquillamente puntare alla vittoria. Secondo me è stato molto importante il ritiro prestagionale che abbiamo fatto fra gennaio e febbraio in Spagna, perché non solo si è lavorato bene dal punto di vista tecnico, ma si è formato un bel gruppo. Nelle corse ognuno pensa prima di tutto alla squadra, lavoriamo per essa e in base alla corsa si vede su chi puntare. Poi effettivamente qualche piazzamento si poteva anche tramutare in vittoria, il bilancio per certi versi è addirittura inferiore a quanto si poteva.

Tu sei all’ultimo anno, hai qualche contatto?

Per ora ancora no, spero infatti che questa vittoria sia foriera di altri risultati e che alla fine qualcuno possa rimanerne colpito. Per questo spero tanto che il successo carrarese sia solamente il primo.

Tommaso Dati con Bracalente e Guerra nella lunghissima fuga della prima tappa al Giro d’Abruzzo
Tommaso Dati con Bracalente e Guerra nella lunghissima fuga della prima tappa al Giro d’Abruzzo
C’è un corridore al quale ti ispiri?

Molti potranno rimanere sorpresi ma non è uno contemporaneo, uno dei campionissimi del periodo che stiamo vivendo. A me è sempre piaciuto Tom Boonen, forse perché vinceva nelle classiche e sono quelle le mie corse preferite. Il belga andava fortissimo sul pavé ma aveva soprattutto uno stile che mi è rimasto fortemente impresso. Vorrei tanto rivedermi in lui…

Quando i corridori diventano bianchi: integrare il sodio

15.05.2024
5 min
Salva

NAPOLI – La prima volta che si iniziò a parlare della poca predisposizione di Pogacar per le giornate molto calde fu al Tour del 2022, quando Tadej si arrese per la prima volta a Vingegaard. Si saliva sul Granon e quel giorno, oltre al caldo, l’allora maglia gialla dovette rispondere agli attacchi a raffica di Roglic e Vingegaard. Per questo, oltre al dispendio calorico, al traguardo ci si accorse che i pantaloncini neri erano segnati dal bianco del sale perso sudando (foto di apertura). Un’osservazione che si ripeté anche in altre occasioni impegnative, accendendo la luce sulla necessità di investire nella ricerca in tal senso.

Il tema del sodio

Finora il Giro non ha proposto giornate particolarmente calde, ma avendo già iniziato a parlarne alla vigilia della Liegi, siamo tornati sull’argomento con Gorka Prieto che cura la nutrizione del UAE Team Emirates.

«Nelle borracce c’è sempre sodio – disse quel giorno – ma se ne perde tanto. Per questo Enervit ha fatto per noi delle barrette un po’ salate, quelle al burro di arachidi, che sono veramente buone. Le ho chieste io, perché vedevo che tanti dopo un po’ avevano i crampi o diventavano bianchi dal tanto sodio che perdevano. E in quel caso anche la performance cala un po’, per cui tutti i prodotti che stiamo sviluppando hanno una notevole base scientifica. Anche il recovery che fanno per noi nasce dalle indicazioni che gli abbiamo dato e contiene carboidrati e proteine».

Lunedì, approfittando del riposo, nell’hotel del UAE Team Emirates, come pure in quello della Lidl-Trek, si sono visti gli uomini di Enervit, pronti a raccogliere i feedback degli atleti e dei nutrizionisti. L’approfondimento dei nuovi prodotti si fa a dicembre nel primo ritiro, ma le corse sono un eccezionale stress test da cui ricavare opinioni e riscontri. Con Gorka siamo perciò tornati sul tema del sodio, che di certo tornerà attuale nei torridi giorni del Tour e si spera del Giro, se il meteo sarà benevolo come finora.

L’ultima volta abbiamo parlato del sodio e della sudorazione. Si disse che Tadej è particolarmente sensibile al discorso…

Non in particolare, dipende dai giorni. Ci sono anche altri della squadra, che si vedono bene in tivù per quanto diventano bianchi. Ragazzi che perdono più sale di altri. Alla fine è una cosa personale.

Si può fare un lavoro personalizzato di integrazione?

E’ quello che facciamo per ciascuno di loro. Alla fine si può testare quanto sodio per ora perde un corridore e anche analizzare cosa contiene il suo sudore. In base a questo, si dà una raccomandazione sui prodotti da assumere. La quantità di sodio da assumere ogni ora dipende dalla temperatura e dall’umidità della giornata.

Fate questi test solo in ritiro o anche alle corse?

Di solito si fa tutto in ritiro, ma dipende dalla temperatura. Si fanno su più giorni e si vede quanto sodio perde il corridore. Alle corse si cerca di valutare tutti i fattori esterni. Il giorno prima si guarda il meteo, si valuta l’umidità. Ogni atleta ha un target di sodio per ora, allo stesso modo dei carboidrati. Quando è molto caldo, aumenta la quantità di sodio.

Il test del sudore e quello delle urine permettono di capire la disidratazione e la sua composizione
Il test del sudore e quello delle urine permettono di capire la disidratazione e la sua composizione
Aumenta anche la quantità di acqua in cui il sodio viene disciolto?

Non solo acqua. Abbiamo il gel, abbiamo l’Isocarb, abbiamo anche quella barretta salata che contiene una quantità di sodio. Ormai tutti i corridori ingeriscono più sodio di un tempo e ugualmente diventano bianchi e per questo possono avere i crampi. Per questo bisogna essere attenti alla quantità giusta.

Parlando di carboidrati, si è detto che il consumo per ora va dai 100 ai 120 grammi o anche meno se la giornata non è impegnativa. Come ci si regola col sodio?

Parliamo di 300 mg ogni ora fino a 500 mg. Dipende dal corridore. Abbiamo anche l’integratore degli elettroliti che contiene tanto sodio: 480 mg per 500 ml di acqua. Quindi riescono a integrarlo senza problema, perché abbiamo i prodotti specifici.

Come ci si regola con l’idratazione prima della tappa per chi suda molto?

Si fa anche questo. Se il corridore è ancora disidratato la mattina, gli diamo più elettroliti, quindi più sodio. Lo si pesa prima della tappa in hotel, poi sul pullman dopo la tappa e il dottore fa anche un esame delle urine per valutare la disidratazione.

Majka e la sua borraccia: si beve per dissetarsi, assumere carboidrati e integrare il sodio
Majka e la sua borraccia: si beve per dissetarsi, assumere carboidrati e integrare il sodio
Quindi Pogacar non è un soggetto su cui stare particolarmente attenti sotto questo punto di vista?

Diciamo che sta nel mezzo. Ci sono altri che perdono sodio tre o quattro volte più di lui. Poi è chiaro che lui fa più notizia, per cui se lo vedi bianco, pensi che sia un problema. Sul Granon non era il solo ad aver sudato così tanto. Ma alla fine lui è il campione, tutti lo guardano e dicono che ha questo problema, ma non è così.

Assalto francese. Paret-Peintre sogna. Bardet fa spallucce

14.05.2024
5 min
Salva

CUSANO MUTRI – Succede che ad una dozzina o poco più di chilometri dall’arrivo Valentin Paret-Peintre e Romain Bardet si parlino. In francese ovviamente. Sono a ruota di Andrea Bagioli. Davanti c’è Jan Tratnik che continua a guadagnare.

Un segno. È il momento. I due scappano. E l’affondo è buono. Ora o mai più, altrimenti lo sloveno avrebbe guadagnato troppo.
Rapporto lungo per il corridore della Decathlon-AG2R La Mondiale, lunghissimo per quello della DSM-Firmenich. Sono due scalatori, se lo possono permettere.

Valentin Paret-Peintre (classe 2001) e Romain Bardet (1990) cercano di rintuzzare Tratnik
Valentin Paret-Peintre (classe 2001) e Romain Bardet (1990) cercano di rintuzzare Tratnik

Francesi all’attacco

Il più giovane dei francesi sembra più brillante. È pimpante sui pedali. L’altro giorno eravamo stati in fuga con lui verso Prato di Tivo. Nell’ammiraglia, il suo diesse Cyril Dessel approvava quell’attacco sul Gran Sasso.
«Bene, gli dà fiducia», diceva. Poi man mano che la UAE Emirates tirava, il gruppo dei big si assottigliava e lui era ancora lì, un po’ si stupiva. Forse neanche lui immaginava che il più piccolo dei Paret-Peintre stesse così bene.

«E’ stato stupendo – dice con un filo di emozione e occhi sinceri Valentin – è incredibile. La mia prima vittoria da professionista ed è una tappa in un grande Giro. Tra l’altro con un grande campione come Romain. Dall’ammiraglia mi dicevano di tenere d’occhio lui (come a Prati di Tivo, ndr)».

Ai -3 km dall’arrivo Valentin parte secco. Riprende e stacca Tratnik. Dopo quello di Thomas è il secondo successo francese in questo Giro
Ai -3 km dall’arrivo Valentin parte secco. Riprende e stacca Tratnik. Dopo quello di Thomas è il secondo successo francese in questo Giro

Dessel stratega

Oggi di nuovo in fuga, stavolta Valentin Paret-Peintre ha fatto centro. Gestito ancora magistralmente da Dessel, che gli spiegava il finale e gli immediati chilometri con precisione.

«Cyril – riprende Valentin – mi ripeteva di stare tranquillo, che la salita era lunga, che mi dovevo gestire. Però mi ha detto anche che gli ultimi tre chilometri erano i più duri. Ho capito che quello era il momento. Dovevo approfittare di quelle pendenze. E dopo che sono partito mi incitava. Mi diceva: “Vai, è il tuo momento”. “Ce la puoi fare”».

Campione in crescita

Valentin Paret-Peintre è il figlio di una nuova generazione di ciclisti cresciuti in casa. Non solo la Groupama-FDj in Francia lavora bene, anche la Decathlon-Ag2R La Mondiale, specie con gli juniores, vanta un bel vivaio. E Valentin, come suo fratello Aurelien, è un campioncino costruito in casa. E i suoi margini sono ampi.

«L’obiettivo era quello di andare in fuga – ha detto Paret-Peintre – sapevo che si poteva vincere, ma non era facile. Soprattutto nella prima parte con tutta quella pianura. E infatti mi hanno aiutato molto Touzé e Tronchon: mi hanno consentito di risparmiare molte energie. Ma tutta la squadra ha fatto un grande lavoro. La salita lunga, la fuga giusta, i compagni, le gambe buone… era questione di tante cose che si allineassero».

«Davvero sono felice. Ho preparato bene questo Giro d’Italia, ho fatto per la prima volta in carriera un ritiro in quota. Ho alzato il mio livello. Non so se in futuro vorrò puntare alla generale. Vedremo. Mi piace andare in fuga. So che ogni anno voglio puntare forte su uno dei tre grandi Giri: una volta il Giro, una il Tour, una Vuelta e poi ricominciare».

Romain Bardet all’arrivo di Bocca di Selva. Ha incassato 29″ da Valentin Paret-Peintre
Romain Bardet all’arrivo di Bocca di Selva. Ha incassato 29″ da Valentin Paret-Peintre

Ecco Bardet

Se Valentin Paret-Peintre è preso in carica dai ragazzi del podio, Romain Bardet può far scorrere la sua bici verso il massaggiatore, che lo attende con indumenti caldi ed asciutti e il bibitone per il recupero.

Magro, anzi magrissimo: le sue costole sembrano quasi corpi esterni, Bardet si cambia con calma

E’ dispiaciuto ma non deluso. «Ho cercato di anticipare – ha detto Bardet – perché non stavo benissimo. Anzi, non avevo belle sensazioni alle gambe. Ma questo succede dopo il giorno di riposo, specie quando l’età avanza».

Aurelien completa la festa di famiglia Paret-Peintre. Stacca il drappello dei big, arriva quinto e festeggia per la vittoria del fratello
Aurelien completa la festa di famiglia Paret-Peintre. Stacca il drappello dei big, arriva quinto e festeggia per la vittoria del fratello

Parole da saggio

Intanto sfila Aurelien Paret-Peintre, fratello maggiore di Valentin ed ex compagno di Romain. I due si abbracciano.

Un sorriso e Bardet riattacca: «Vero, ci siamo parlati con Valentin. Volevamo capire come stesse davvero Bagioli. Gli ho detto che dovevamo andare perché perché Tratink aveva un bel vantaggio. Bisognava fare un buon ritmo. Abbiamo collaborato bene. Sapevo che gli ultimi chilometri sarebbero stati difficili per me, come detto le sensazioni non erano positive. Complimenti a Valentin, ha giocato bene le sue tappe».

Infine prima di congedarci, a Bardet viene fatto notare che in classifica generale ha recuperato un bel po’ (ora è 7° a 4’57”). Ma lui fa spallucce. Glissa del tutto. Dice che non ne sa nulla. Scaramanzia? O dubbio eterno degli uomini da corse a tappe se mollare o tenere duro? E’ chiaro che se tiene duro i pretendenti al podio e alle posizioni di vertice non gli lasceranno spazio. Come si è visto oggi con l’inseguimento della Bahrain-Victorious.

Il forcing e 9 secondi guadagnati. Il ringhio di Caruso

14.05.2024
6 min
Salva

CUSANO MUTRI – Tiberi si avvicina a Caruso che sta rispondendo a qualche domanda. Gli poggia una mano sulla spalla e gli dice: «Grazie vecio». Il tirare forte di Damiano ha permesso al laziale di guadagnare 9 secondi su Uijtdebroeks per la maglia bianca. Un italiano non conquista il primato dei giovani dal 2015 di Aru, vale la pena tenerlo d’occhio.

La cima del monte finalmente è baciata dal sole, anche se i gradi sono 13. Un’ora prima dell’arrivo pioveva così forte che per seguire la tappa e mangiare un panino ci siamo rintanati in un bar pieno di gente in cerca di riparo. Caruso si volta e gli fa un sorriso. I corridori si stanno rivestendo, dovendo nuovamente affrontare la discesa verso i bus. Giubbino termico, la mantellina, il fischietto al collo e giù, come se non avessero appena finito un’altra tappa del Giro d’Italia. Una di quelle dure con l’arrivo in salita in un posto sperduto e splendido. Il luogo si chiama Bocca della Selva, ricorda Camigliatello Silano, fra pioggia, verde dei prati e bosco.

«Almeno proviamo a fare qualcosa, no? Nella fuga mi sono trovato un po’ per caso – prosegue Caruso – perché su quello strappo duro eravamo molto vicini alla fuga. La UAE Emirates li teneva nel mirino e allora ho provato a seguire, anche perché dalla radio ci avevano detto che c’era una discesa tecnica. Praticamente mi sono ritrovato all’attacco e ho visto che c’erano tanti uomini di semi classifica, comunque importanti come Bardet, e ho chiesto all’ammiraglia cosa fare.

«Sono rimasto lì, mi hanno detto di non spendere. Forse ho sbagliato e ho perso l’attimo quando hanno attaccato Bardet e Tratnik, ma perché non avevo in testa di andare per la tappa. Sapevo che nel finale volevamo provare qualcosa del genere. Insomma, alla fine è stata una bella giornata».

Alla partenza palloncini e migliaia di tifosi: la Campania si conferma amica dei “girini”
Alla partenza palloncini e migliaia di tifosi: la Campania si conferma amica dei “girini”

L’importanza di provarci

Che la Bahrain Victorious avesse qualcosa per la testa si è capito quando si sono messi a tirare nella scia di Tratnik e Bardet. Dopo esserci chiesti come mai, ci siamo detti che forse avessero messo nel mirino la maglia bianca, anche se l’attacco finale di Tiberi (al pari di quello a Prati di Tivo) è parso un allungo per vedere se qualcosa finalmente succedesse. E il qualcosa sono i 9 secondi guadagnati sul belga della Visma-Lease a Bike.

Quando si è deciso che il momento fosse propizio, a Caruso è stato chiesto di rialzarsi e il siciliano ha raccolto il testimone da Zambanini, che quando lo ha visto, si è finalmente rialzato.

«Mi sembra di cominciare a stare meglio – prosegue Caruso, cambiando tono con impeto deciso – giorno dopo giorno un miglioramento deve esserci per forza, sennò sarei andato a casa. E adesso andiamo avanti, perché se nessuno ci prova, possiamo tornarcene tutti a casa e il Giro è finito».

Infila la mantellina e si sposta accanto, dove lo attendono per un’intervista in inglese. Non tutti i giornalisti sono saliti in cima alla montagna, perché lassù non c’è segnale e, come a Prati di Tivo, ci ritroviamo a scrivere questo articolo in una pizzeria di Piedimonte Matese: un tavolo e una presa di corrente in cambio della cena? Si può fare, venite pure…

Zambanini è entrato in azione negli ultimi 6 chilometri di salita. Avuto il cambio da Caruso, ha mollato
Zambanini è entrato in azione negli ultimi 6 chilometri di salita. Avuto il cambio da Caruso, ha mollato

Il sorriso di Zambanini

Zambanini arriva con calma dopo essersi staccato alla fine del lavoro. Il distacco di 9 minuti non riesce a togliergli il sorriso dal volto. Quel piccolo margine e l’essere comunque riusciti a portare a casa qualcosa danno un senso alla fatica di questa giornata partita dall’ombra del Santuario di Pompei.

«Inizialmente i piani – racconta il giovane trentino – erano di vedere come stava Antonio dopo il giorno di riposo. Quando abbiamo visto che stava bene, che rispondeva bene anche la radio, abbiamo deciso di fare la gara per lui. Per questo abbiamo fermato Damiano e tutti abbiamo lavorato fino all’ultimo pezzo della salita, dove ha provato ad attaccare. Si cerca di smuovere la corsa, la maglia bianca è sicuramente un obiettivo: anche quella, almeno. Ci stiamo avvicinando, il Giro è ancora lungo».

Battaglia per la fuga

Pogacar oggi ha lasciato fare. C’è stato un momento che la fuga è salita a 6’28” di vantaggio e qualcuno ha pensato che la maglia rosa volesse cedere il passo a Bardet, staccato di 7’51” nella generale. Ma era tutta un’impressione, giacché il lavoro della Bahrain Victorious, che pure serviva per preparare l’attacco di Tiberi, ha rimesso il francese nel mirino. Bardet infatti aveva 3’27” di ritardo dall’italiano. E comunque, quando Tiberi ha attaccato o ha provato a farlo, Pogacar si è messo subito nella scia: in certi casi, è bene non lasciare spazio a nessuno.

E Tiberi arriva che ha ripreso fiato e si è stretto nella mantellina, con il cappellino asciutto sotto il casco e l’asciugamano attorno al collo. Ha appena salutato i genitori che lo aspettavano dietro la transenna.

«E’ stata una battaglia difficile dall’inizio – dice – una lunga battaglia per la fuga. Per questo, quando Damiano è andato via, per noi andava benissimo. In finale poi abbiamo deciso di iniziare a tirare, anche perché davanti c’era ancora Bardet. Tutti i compagni hanno fatto un ottimo lavoro sull’ultima salita lunga. Poi abbiamo fermato Damiano dalla fuga perché facesse l’ultimo sforzo. Ha tirato per due-tre chilometri a un passo davvero alto e io ho provato a fare qualche attacco, provare a smuovere le acque per vedere come stessero gli altri. Le gambe sono buone, cercherò di provare ancora, se posso».

Dopo l’arrivo e prima di tornare al pullman, Tiberi si è fermato a scambiare qualche parola con suo padre e sua madre
Prima di tornare al pullman, Tiberi si è fermato a scambiare qualche parola con suo padre e sua madre

L’orgoglio italiano

Dice di aspettare la cronometro, che sarà il prossimo momento della verità, e conferma di essere uscito bene dal giorno di riposo: un tema ch elo teneva leggermente in apprensione.

«Sì, è vero – sorride – questa mattina non sapevo come sarei stato, perché dopo il giorno di riposo potresti avere qualche problema. In effetti dopo la partenza avevo strane sensazioni, ma dopo qualche chilometro ho iniziato a migliorare. Cosa ho provato quando ho attaccato? Finalmente anche noi siamo in gioco e possiamo dire la nostra. Possiamo fare qualcosa, perché non è da me restare anonimo in gruppo senza fare nulla. Nel senso che se non mi muovo è perché magari non ho gambe super. Ma quando mi sento bene, ho sempre voglia di dimostrare qualcosa. E poi finalmente mi sono tolto un peso di dosso. Alla fine è sempre bello dimostrare di esserci, soprattutto noi giovani italiani. Penso sia bello anche dare un po’ di spettacolo sulle strade di casa».

Pirelli P ZERO Race, l’evoluzione della specie vista al Giro

14.05.2024
5 min
Salva

POMPEI – Erano in bella vista dall’inizio del Giro, ma era vietato parlarne. Da oggi i nuovi tubeless Pirelli P Zero Race TLR RS (Racing Speed) in uso alla Lidl-Trek sono ufficiali e possono essere raccontati.

E’ una gomma completamente nuova rispetto al P Zero precedente, ma si muove nello stesso target. Quindi una gomma ad alta prestazione con la vera novità che è un prodotto made in Italy. Nasce infatti dalla fabbrica Pirelli di Bollate, che nonostante si occupi di chimica, ha emissioni zero. Fra le novità più ghiotte c’è che a livello di ricerca e sviluppo ci si è avvalsi della collaborazione del reparto motorsport dell’azienda e dei tecnici della squadra americana. Parliamo di un lavoro avviato da più di un anno, tanto che a inizio stagione è stato possibile riconoscere dei prototipi sulle Trek in gara.

Viene prodotto solo in versione tubeless. La mescola deriva da uno studio dei tecnici Pirelli per essere più rapida di un 16 per cento al test del rotolamento. E’ leggermente più leggero (-8% rispetto al P ZERO RACE TLR), ugualmente la sovrapposizione di strati di carcassa sotto il battistrada garantisce comunque una buona protezione dalle forature. Inoltre il comfort e il grip percepito aumentano sensibilmente, sia sull’asciutto che sul bagnato.

Per uncino o hookless

La mescola utilizzata per la produzione dei nuovi P Zero è la SmartEVO2, nuova rispetto alla SmartEVO, di cui è un’evoluzione incrementale. Contiene una parte dalla stessa base di componenti chimici, ma ha qualche componente in più e nuovo, che ne migliora grip e rolling. Essa deriva da una miscela di polimeri trattati chimicamente per offrire al pneumatico aderenza e velocità.

La tecnologia SpeedCORE™ in uso per la realizzazione della carcassa migra verso una versione alleggerita. Lo strato di gomma più sottile consente una migliore maneggevolezza, mentre le fibre aramidiche annegate nella mescola forniscono la necessaria resistenza meccanica.

Inoltre lo pneumatico è dotato di un nuovo tallone, la cui geometria e struttura interna, realizzate con differente disposizione dei filamenti di Kevlar, sono state re-ingegnerizzate per favorire il miglior accoppiamento con i cerchi di ultima generazione, siano essi con uncino oppure hookless.

Il battistrada non è molto scolpito, ma l’aderenza e la trazione sono di eccellenza
Il battistrada non è molto scolpito, ma l’aderenza e la trazione sono di eccellenza

Il consumo del battistrada

Al Giro d’Italia, si è proceduto al cambio gomme in occasione del giorno di riposo, anche se è difficile parlare di durata visto il notevole numero di coppie di ruote che si alternano sulle bici in rapporto al tipo di percorso. Si tratta comunque di una gomma da gara e non di un prodotto da endurance. La verifica da parte dei meccanici del team avviene visivamente per riscontrare l’usura del battistrada o la presenza di eventuali tagli. La tappa di Napoli, caratterizzata da un manto stradale piuttosto deteriorato, ha prodotto una sola foratura in casa Lidl-Trek.

Tra i fattori che in ogni caso incidono sul consumo, oltre alla qualità dell’asfalto, va inserito il peso dell’atleta. La differenziazione e il fine tuning si fanno sulle pressioni: già è percepibile una differenza di 0.1 bar, se si sale a 0.2 bar, la risposta nella guida è nettamente diversa. Si stima che una gomma montata nel giorno di riposo di ieri a Napoli potrebbe finire il Giro.

La collaborazione fra Lidl-Trek e Pirelli per questo prodotto è durata circa sei mesi, dai ritiri di fine 2023
La collaborazione fra Lidl-Trek e Pirelli per questo prodotto è durata circa sei mesi, dai ritiri di fine 2023

Fra la Sicilia e il Nord

Lo sviluppo ha richiesto meno di sei mesi di progettazione. I prototipi sono stati testati e approvati in laboratorio, ricorrendo ai modelli di sviluppo e progettazione virtuale, sia nella pista di prova Pirelli in Sicilia, come pure nella Foresta di Arenberg.

Il dato è singolare. Questa gomma, che ha già ottenuto 27 vittorie e 71 podi da inizio stagione, ha avuto fasi di verifica nei due ritiri di dicembre e gennaio a Calpe, mentre il momento più singolare si è vissuto a cavallo della Roubaix. La settimana prima dell’Inferno del Nord, un team Pirelli era ad Arenberg. Contemporaneamente nella pista di Giarre in Sicilia, dove Pirelli fa l’outdoor testing, c’erano altre due persone della squadra con un altro team di Pirelli. Un tecnico e un corridore che hanno fatto dei test sulla pista bagnata, dato che il circuito di Giarre permette di ricreare varie situazioni di guida.

Alle 10 del mattino in Sicilia sono state validate due opzioni di mescola, alle 11 le stesse sono state provate ad Arenberg da Tim Teutenberg che ha vinto la Roubaix degli U23. I risultati coincidevano. Al Giro d’Italia, la squadra sta utilizzando pneumatici da 28, alla Roubaix hanno corso con il 32.

Da oggi nei negozi di ciclismo ed online, il pneumatico P ZERO RACE TLR RS è disponibile nelle misure 26-622, 28-622, 30-622 e 32-622. Nel manuale predisposto da Pirelli, a ciascun peso dell’atleta corrisponde la miglior pressione di esercizio. Fra i consigli che spiccano, c’è quello di abbassare di 0,3 bar la ruota anteriore in caso di bagnato e di temperatura sotto i 7°C.

Pirelli

Sopralluogo a Parigi con le atlete, ora Sangalli ha le idee chiare

14.05.2024
5 min
Salva

Se Bennati ha le sue gatte da pelare nella scelta dei tre azzurri per la prova olimpica su strada, considerando lo scetticismo sulle possibilità azzurre e quindi le spinte a dirottare le convocazioni pensando più ad altre discipline che alla corsa del 3 agosto, anche Paolo Sangalli sente pressione. Intanto studia, perché sa che la composizione del quartetto sarà importante per permettere alla nostra nazionale di giocare le sue carte, con effettive possibilità di far bene.

La scorsa settimana il cittì azzurro ha portato un manipolo di ragazze a Parigi, per prendere contatto con il percorso olimpico. Considerando gli impegni di alcune azzurrabili, Sangalli ha portato con sé Elisa Balsamo, Sofia Bertizzolo, Elena Cecchini, Eleonora Camilla Gasparrini, Vittoria Guazzini, Soraya Paladin e Silvia Persico. Mancava Elisa Longo Borghini, rimasta a casa per una bronchite, «ma nelle prossime settimane troveremo un buco di tempo per venire qui anche con lei» ha affermato il tecnico azzurro.

Sangallli con le azzurre. La scelta dovrebbe essere fra loro, con un posto per Longo Borghini (foto Fci)
Sangallli con le azzurre. La scelta dovrebbe essere fra loro, con un posto per Longo Borghini (foto Fci)

Sforzi intensi da 4-5 minuti

In questi giorni non si è affrontato il tema della delicata scelta riguardante Elisa Balsamo, tirata per la giacchetta fra strada e pista (anche se ormai è quasi scontata la sua presenza in entrambe). L’argomento era strettamente legato alle caratteristiche tecniche del percorso, che Sangalli aveva già visto precedentemente nel viaggio dei vari cittì, ma avere questa volta le ragazze con sé gli ha dato ulteriori appunti.

«Abbiamo potuto approfittare sia del clima favorevole – racconta – che di una festa religiosa che ha liberato le strade dal traffico, permettendoci di visionare il percorso nella maniera migliore. Queste prove hanno rafforzato le impressioni che avevamo tirato fuori dal nostro primo viaggio, ma pedalarci sopra serve sempre, dà idee nuove. Soprattutto con le ragazze abbiamo ragionato anche su quel che andrà fatto in sede di preparazione specifica, perché è un percorso sì da classica, ma che richiede sforzi di 4-5 minuti a tutta, bisogna quindi essere pronti su quell’aspetto».

Kopecky e Balsamo dopo lo sprint di Roubaix. Sarà rivincita sulla Senna?
Kopecky e Balsamo dopo lo sprint di Roubaix. Sarà rivincita sulla Senna?
Quali incognite ti hanno segnalato le ragazze?

Un aspetto sul quale hanno posto l’accento è il vento – afferma Sangalli – tutta la parte di avvicinamento a Parigi è battuta dal vento che può essere un fattore soprattutto se il ritmo sarà subito sostenuto considerando anche che, come noto, con 4 ragazze la corsa non la puoi tenere sotto controllo. Il circuito finale non è molto tecnico, siamo lontani da quanto visto a Glasgow. C’è la salita di Montmartre e uno strappo di un chilometro che andranno fatti più volte, ma sono cote con pendenze non in doppia cifra.

Tutto questo in che cosa si traduce?

In una gara che può avere più soluzioni, ad esempio Elisa Balsamo è rimasta positivamente impressionata, dicendo che il circuito di Parigi dà spazio alla fantasia e quindi può aprire la porta a tante idee. Non è certo una corsa come Fiandre o Liegi, ma per poter emergere devi avere le gambe piene.

Longo Borghini ha saltato la trasferta per bronchite, ma visionerà il percorso
Longo Borghini ha saltato la trasferta per bronchite, ma visionerà il percorso
Le ragazze che cosa hanno detto?

Hanno avuto due impressioni diverse fra la parte extra città e quella parigina. Silvia Persico ad esempio ha sottolineato come nella prima parte possa andare via una fuga che inciderà fortemente sulla corsa, mentre il circuito finale lo vede duro ma di non fare affidamento solo su quello. La stessa idea ha avuto Paladin, mentre Bertizzolo ha sottolineato un aspetto importante legato al numero ridotto di atlete che richiederà un impegno decisamente diverso rispetto a qualsiasi altra gara.

Sangalli che idee si è fatto, dal punto di vista strategico?

Io mi sono raccomandato che, chiunque delle nostre sia al via, bisognerà correre l’una per l’altra, perché con numeri così ridotti non puoi pensare necessariamente a chi è capitano e chi gregario. Io voglio che prima della partenza ci guardiamo tutti negli occhi con la convinzione di aver fatto tutto il meglio che si poteva per ottenere il risultato e che dobbiamo partire convinti di essere la squadra più forte, proprio nel senso di squadra.

Le olandesi a Tokyo 2020, dove non tutto filò liscio e Kiesenhofer poté approfittarne
Le olandesi a Tokyo 2020, dove non tutto filò liscio e Kiesenhofer poté approfittarne
Un riferimento neanche troppo velato a quello che potrebbe succedere all’Olanda…

Il passato dice che le arancioni hanno sempre fatto fatica a lavorare l’una per l’altra, ma magari ora le cose sono cambiate. Consideriamo che Vos, Vollering e Wiebes ci saranno tutte, sono tutte medaglie d’oro potenziali, ma per arrivarci dovranno lavorare insieme. Noi chiaramente dobbiamo sperare che non fili tutto liscio in casa arancione per poterne approfittare.

Tra le varie soluzioni c’è anche quella di una volata finale, che chiaramente solletica molto la Balsamo. Ma non si è parlato nello specifico del chilometro finale, dove impostare l’eventuale sprint…

Sarà sul lungo Senna, un drittone girando poi sul ponte con arrivo posto al suo termine – è la fotografia di Sangalli – Sarà da ragionarci sopra su come eventualmente impostarla, quale posizione avere all’imbocco della curva. Non avendo la possibilità di lavorare con le radioline dovremo ingegnarci con le lavagne, ma sicuramente impiegheremo tantissima gente lungo il percorso per dare più comunicazioni possibile.

Presentata intanto a Napoli la maglia per Parigi 2024. Torna l’azzurro dopo 24 anni
Presentata intanto a Napoli la maglia per Parigi 2024: torna l’azzurro dopo 24 anni. Qui Dagnoni, presidente FCI
Si dice sempre che anche le squadre maggiori non avranno più di 4 atlete a disposizione, ma non è che poi gli equilibri cambieranno sfruttando altre collaborazioni mutuate dai rapporti di club?

Io non ne ho mai notati nel ciclismo femminile, a differenza di quanto può avvenire fra gli uomini, ma questo è un ambiente molto più giovane, certe malizie non ci sono e non credo si svilupperanno a meno di obiettivi che coincidono. Non dimentichiamo che la gara olimpica non solo avrà solo un’ottantina di atlete, ma è l’unica gara che ha tre vincitrici. Se scappa un terzetto, state pur sicuri che collaboreranno a prescindere da chi dovrà vincere. Perché una medaglia fa gola a tutti, di qualsiasi colore…

Toselli rispolvera la vittoria: ora il buio è alle spalle

14.05.2024
5 min
Salva

Ivan Toselli ha rispolverato il gradino più alto del podio, era da tanto che il corridore campano non aveva sensazioni così buone come quelle di adesso. Nel fine settimana appena concluso, con la maglia della rappresentativa della sua Regione, ha corso il G.P. Baron. La vittoria risale a qualche giorno prima, al 4 maggio, al Gran Premio Città di Predappio

«Non vincevo dalla Coppa d’Oro – racconta Toselli da casa sua – erano 400 giorni e oltre che non salivo sul gradino più alto del podio. Il 2023 non è stato un anno facile, il cambio di categoria tra allievi e juniores si è fatto sentire, ma anche la frattura alla clavicola di inizio stagione non ha aiutato. Una volta tornato in gruppo facevo tanta fatica a seguire il ritmo gara, soprattutto per la differenza con i corridori di secondo anno».

La vittoria di Predappio arriva dopo oltre 400 giorni di astinenza
La vittoria di Predappio arriva dopo oltre 400 giorni di astinenza

Due anni, due sensazioni opposte

Per il ragazzino che da allievo aveva stupito un po’ tutti e vinceva imitando l’esultanza di Mathieu Van Der Poel, per gioco e non per spavalderia, il 2023 è stato difficile.

«A livello juniores – continua – la differenza tra ragazzi di primo e secondo anno si vede, soprattutto per il fatto dei rapporti liberi. Me ne sono accorto anche io in questa stagione, mi sento meglio, sono cresciuto fisicamente ma rimango un atleta dalla corporatura esile. I rapporti liberi li soffrivo molto, in particolare in pianura dove non riuscivo a spingere come gli altri. Capitava che mi ritirassi dalle corse o che non riuscissi a fare quel che mi piace: attaccare. Questa vittoria mi ha sbloccato, ma era da un po’ che mi sentivo bene».

Il sorriso è tornato sul volto di Toselli che ora ha ritrovato la motivazione
Il sorriso è tornato sul volto di Toselli che ora ha ritrovato la motivazione
In che senso?

Sono sempre stato un corridore che ama attaccare, andare in fuga, fare fatica. Insomma correvo in maniera molto libera di testa. Nel 2023 questa caratteristica era stata accantonata, avevo paura di finirmi, di non essere in grado di tenere il ritmo. Da un po’ mi è tornata e devo dire grazie a Matteo Berti per questo. 

Anche all’Eroica Juniores Nations Cup eri molto attivo.

Sì, mi era tornata la voglia di fare, di muovermi e l’ho assecondata. Nella tappa annullata ero in fuga, il percorso era molto vicino alle mie caratteristiche e mi ero detto di provare. Anche la settimana dopo, a San Vendemiano ero andato in fuga, rimanendo davanti da solo per quattro giri (photors.it in apertura, ndr). 

Già all’Eroica Juniores si erano visti sprazzi del Toselli arrembante e coraggioso (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Già all’Eroica Juniores si erano visti sprazzi del Toselli arrembante e coraggioso (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
L’arrivo di Berti ha portato una ventata di aria nuova?

Ha tante conoscenze e sa molto di ciclismo e di come si gestisce una squadra. Con lui il dialogo è costante, parliamo molto sia prima che dopo la corsa. Ha un piano in testa, un programma, e lo rispetta. Capita che magari ci dica di non correre per riposarci e puntare alle gare che sono più vicine alle nostre qualità. 

Come a Predappio?

In realtà non dovevo correre – dice con una risata – ma insieme a Berti abbiamo guardato la planimetria e mi ha detto di andare e pensare di vincere, ma senza pressioni. Lui mi è stato tanto vicino, mi ha fatto rimanere sereno e mi ha riportato a pensare in maniera positiva. Una cosa che nel 2023 mi è mancata.

Il clima nella Vangi è più sereno e comunicativo da quando è arrivato Matteo Berti e questo fa bene ai ragazzi
Il clima nella Vangi è più sereno e comunicativo da quando è arrivato Matteo Berti e questo fa bene ai ragazzi
Tu hai vissuto la Vangi prima e dopo il suo arrivo, cosa è cambiato?

L’anno scorso, in quel mio momento di difficoltà non ho avuto nessun aiuto, solo la mia famiglia mi è rimasta vicina. Un’altra cosa positiva è la programmazione, nel 2023 correvo tutte le domeniche e questo non aiuta a trovare un picco di forma. La stagione scorsa per il nostro team è stata l’annata “no”, succede.

Con Berti è arrivato anche un nuovo preparatore: Fabio Camerin

Anche lui ha dato un grande contributo fin dall’inverno. Ci siamo allenati molto a corpo libero, cosa che non avevo mai fatto in precedenza. Poi ha aggiunto anche delle sedute in palestra, nessun carico eccessivo, ma solamente un modo di lavorare diverso, dove ci ha anche insegnato a fare gli esercizi nel modo corretto. 

La preparazione invernale con Camerin ha portato a grandi miglioramenti in pianura (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
La preparazione invernale con Camerin ha portato a grandi miglioramenti in pianura (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Insieme avete lavorato anche per migliorare in pianura?

Pedalando tanto a ritmi elevati con ripetute da quattro minuti a tutta, una specie di fartlek che mi ha dato tanta gamba in più. Una cosa che ha notato anche Dino Salvoldi (cittì della nazionale juniores, ndr) il quale durante un ritiro di qualche mese fa ha notato i miei miglioramenti e mi ha fatto i complimenti.

Sei uno junior di secondo anno, l’anno prossimo sarai U23, al futuro ci pensi?

Qualche contatto con dei team c’è, ma nessuna conferma: sono ancora in cerca. Una cosa però la voglio dire: in questo momento non ci penso al prossimo anno. Vedrò verso fine stagione cosa succederà, pensare troppo al futuro mi ha portato tante preoccupazioni, ho imparato a vivere di più il momento. Sto in pace e cerco i risultati.

Un mese in Grecia, così Anastopoulos ha rimesso in forma Cav

14.05.2024
4 min
Salva

Mark Cavendish è tornato a ruggire. Lo ha fatto al Giro di Ungheria, spazzando via la sua primavera complicata. Anche se tutto sommato la stagione era iniziata benino, con dei buoni allenamenti in quota in Colombia e una vittoria sempre nella corsa sudamericana.

Poi ecco marzo ed e con esso i problemi, che si sono ufficialmente materializzati alla Tirreno-Adriatico. Tirreno finita con zero sprint disputati e un ritiro anticipato, per il corridore dell’Astana Qazaqstan. Hanno provato a fargli fare la Milano-Torino qualche giorno dopo, ma ancora nulla di buono. Calendario rivisto: tra Grecia, Turchia, ancora Grecia e Ungheria.

Mark Cavendish con Vasilis Anastopoulos sulle alture attorno Atene (foto Instagram)
Mark Cavendish con Vasilis Anastopoulos sulle alture attorno Atene (foto Instagram)

Un mese in Grecia

Al Giro d’Italia le imprese magiare di Mark non sono passate inosservate, così come non è passato inosservato il suo training camp in Grecia. Il suo storico coach, Vasilis Anastopoulos, se lo è portato a casa. E chi conosceva il tecnico greco sapeva che lì avrebbe messo l’ex iridato a regime.

«Ho deciso – spiega coach Antastopoulos – di portarlo in Grecia perché così era previsto dall’inizio della stagione. Mark si è venuto ad Atene all’inizio di aprile per allenarsi insieme a me. È la terza volta che viene in Grecia per un camp. Gli piace molto, quindi abbiamo deciso di ripetere questa sessione anche quest’anno». 

«In più il fatto che in Grecia il ciclismo non sia così popolare, fa sì che quasi nessuno riconosca Cav, ed è una cosa che Mark stesso gradisce. Lui ama allenarsi senza ricevere troppa attenzione e restare concentrato».

A Valle Castellana, alla Tirreno, Cav scortato da Morkov, è fuori tempo massimo
A Valle Castellana, alla Tirreno, Cav scortato da Morkov, è fuori tempo massimo

La forma arriva

Antastopoulos conosce Cavendish come pochi altri. Sa i suoi punti forza e le sue debolezze. Probabilmente la sua presenza costante fa bene al corridore inglese. Da una parte lo esalta, dall’altra gli dà la tranquillità necessaria, la sicurezza che sta lavorando bene. E infatti i risultati si sono visti, anzi, rivisti in Ungheria.

«L’inizio della stagione – va avanti Vasilis – è stato molto positivo con il ritiro in Colombia e la vittoria di tappa lì, ma poco prima della Tirreno Cav si è ammalato. Ha preso un raffreddore molto forte che è durato circa due settimane e mezzo. Quindi insieme allo staff medico della squadra abbiamo preso la decisione di annullare la sua partecipazione alle gare primaverili in Belgio e di lasciargli invece del tempo per recuperare bene».

«E infatti anche per questo non sono stupito che abbia vinto in Ungheria. Tutto sommato era vicino a vincere anche la tappa finale in Turchia, che si è tenuta due settimane prima. Quel giorno ebbe un problema meccanico».

A Kazincbarcika, Cavendish (classe 1985) ha colto la sua vittoria numero 164
A Kazincbarcika, Cavendish (classe 1985) ha colto la sua vittoria numero 164

Volume e intensità

In Grecia quindi Cavendish ha trovato le condizioni migliori per allenarsi. Clima buono, percorsi giusti e appunto un coach che lo ha seguito passo, passo… ogni giorno. La gara ungherese era un passaggio importantissimo per l’ormai mitica 35ª vittoria del Tour de France.

In Ungheria Cav è persino andato in fuga nella tappa finale: pensate che motivazione…

«Qui in Grecia – dice Antastopoulos – possiamo combinare alcune lunghe pedalate di resistenza con un po’ di lavoro a ritmo elevato senza problemi. Abbiamo trascorso quasi un mese ad allenarci in qui. Il piano includeva un po’ di tutto. Abbiamo iniziato con alcune pedalate lunghe e facili per concludere con un po’ di lavoro ad alta intensità e sprint da dietro moto».

Non solo ha vinto: in Ungheria Cav è anche andato in fuga. Un ulteriore ottimo allenamento
Non solo ha vinto: in Ungheria Cav è anche andato in fuga. Un ulteriore ottimo allenamento

Verso il Tour

«Come sono i suoi valori? Abbiamo ancora del lavoro da fare – specifica Anastopoulos – ma per il momento il suo livello è abbastanza buono».

Infine abbiamo chiesto al tecnico greco se c’è mai stata l’idea di portare Cavendish al Giro d’Italia. Si poteva pensare che senza più troppe gare nelle gambe, la corsa rosa potesse essere un buon viatico per lui. Ma si sa, di questi tempi, correre senza essere al top è controproducente.

«No, l’idea di portarlo al Giro d’Italia non è mai stata presa in considerazione. Siamo rimasti fedeli al nostro piano. Dai prossimi giorni faremo un ritiro in quota a Sierra Nevada, poi ci sarà il Tour de Suisse e quindi ecco il Tour de France».