Salvoldi verso mondiali ed europei: il conto alla rovescia è iniziato

23.07.2024
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Per la nazionale juniores inizia un conto alla rovescia che porterà i ragazzi, guidati dal cittì Dino Salvoldi, a numerosi impegni. Luglio e agosto saranno mesi intensi in vista del Giro della Lunigiana, dei mondiali su strada e del campionato europeo, sempre su strada. Tre appuntamenti che valgono una stagione, per questo Salvoldi si è rimboccato le maniche e ha iniziato a programmare tutto, cercando di incastrare i pezzi di un puzzle a volte già indirizzato da date stringenti.

«Ora siamo a Livigno – spiega il cittì – con il gruppo pista, ho con me sette ragazzi che sono quelli del mondiale. Staremo qui fino al 3 agosto, poi andremo a Montichiari a perfezionare il lavoro fatto e infine voleremo in Cina. Finita la rassegna iridata su pista si aprirà quella su strada. Torneremo ancora a Livigno per preparare il mondiale di Zurigo e staremo dal 19 al 31 agosto».

Per Salvoldi inizia un periodo ricco di appuntamenti importanti
Per Salvoldi inizia un periodo ricco di appuntamenti importanti

Incastri difficili

Salvoldi nel mese di agosto girerà il mondo, tenendo come base operativa Livigno. Da qui partiranno tutte le spedizioni azzurre. Tra pista e i tre appuntamenti su strada, il cittì non avrà nemmeno tempo di riposare, tutto avverrà in così breve tempo che non saranno ammessi cambiamenti. O intoppi. 

«Torneremo a casa il 31 agosto – prosegue Salvoldi – perché il 4 settembre inizierà il Giro della Lunigiana. Il periodo perfetto per fare un ritiro in ottica mondiale sarebbe stato l’inizio di settembre, ma non sarebbe stato possibile. I ragazzi devono correre quella corsa, che comunque sarà un crocevia importante in ottica del mondiale di Zurigo».

Andrea Bessega (a destra) ha di recente vinto l’appuntamento del Piva Junior Day (foto Bolgan)
Andrea Bessega (a destra) ha di recente vinto l’appuntamento del Piva Junior Day (foto Bolgan)
Finito il Lunigiana ci saranno mondiali ed europei. 

Tra mondiali ed europei c’è una differenza incredibile nei percorsi. Penso adotterò due squadre completamente diverse, forse una o due individualità potranno fare entrambi gli appuntamenti, ma non ne sono così sicuro. Anche perché, come nel 2023, c’è il vincolo, imposto dall’alto, che prevede un gruppo unico tra strada e crono. Quindi chi correrà su strada farà anche la prova contro il tempo e viceversa. Si tratta di una scelta legata al budget. 

L’impegno iridato sarà parecchio esigente.

Noi correremo in cinque. C’è una parte di squadra che per caratteristiche e rendimento nella stagione è già praticamente definita. Nulla è sicuro, il Lunigiana servirà a confermare ciò che mi aspetto da loro. Dovranno farsi trovare in condizione. 

Lorenzo Finn ha conquistato il titolo tricolore juniores e correrà al Lunigiana con la maglia tricolore
Lorenzo Finn ha conquistato il titolo tricolore juniores e correrà al Lunigiana con la maglia tricolore
Stai parlando di Lorenzo Finn e Andrea Bessega?

Non è di certo un segreto. Loro due hanno avuto una stagione positiva ma allo stesso tempo travagliata. Finn è caduto all’Eroica Juniores e si è ripreso bene, Bessega invece ha avuto qualche infortunio di troppo. Da entrambi mi aspetto una gran voglia di rivalsa e una grinta importante. 

Servono poi gli altri tre nomi. 

In base alle caratteristiche del percorso cercherò i ragazzi migliori. Il mese di agosto prevede tante gare importanti con tracciati simili a quello dell’appuntamento iridato. Già domenica al Gran Premio Sportivi Loria si potrà vedere qualcosa di interessante. Anche se, le gare più rilevanti saranno Paganessi e Buffoni, oltre al Lunigiana chiaramente. 

Avere Finn al Lunigiana quanto è importante?

Era una cosa già programmata a gennaio con la squadra, poi confermata una volta che sono andato a trovarli in ritiro sul lago di Garda. Avevo spiegato al team la particolarità e l’importanza del Giro della Lunigiana e loro avevano accettato di lasciar libero Finn di decidere. Il Lunigiana e il Ruebliland sono simili nel percorso e nelle caratteristiche. Anzi, il primo ha un paio di tappe in più. 

Magagnotti, al primo anno nella categoria, è stato una delle sorprese della stagione (photors.it)
Magagnotti, al primo anno nella categoria, è stato una delle sorprese della stagione (photors.it)
Dopo i mondiali arrivano gli europei.

Non ho visto direttamente il percorso, ma conosco bene la zona. E’ un tracciato adatto a corridori potenti e veloci. Qualche nome potrebbe uscire dal gruppo pista, visto anche il loro percorso di crescita con la nazionale. Tanti ragazzi li ho provati nei vari appuntamenti di Nations’ Cup. 

Quali nomi potrebbero uscire dalla pista?

Mi viene in mente Magagnotti, che ha dimostrato di essere un vincente. E’ un primo anno ed è tutto da scoprire: non è solamente un velocista, ma un corridore completo. L’altro potrebbe essere Montagner, ha fatto bene in stagione anche se è stato discontinuo. Per il resto del team dovrò affidarmi ai cosiddetti passisti. Ragazzi che hanno caratteristiche di fondo e con uno spunto veloce. E’ difficile individuarli perché nelle squadre di appartenenza vengono utilizzati come velocisti, invece devono imparare a correre all’attacco. 

Salvoldi ha provato diversi atleti nelle prove di Nations Cup per trovare i giusti interpreti per i tanti appuntamenti (foto Freddy Guérin/DirectVelo)
Salvoldi ha provato diversi atleti nelle prove di Nations Cup per trovare i giusti interpreti per i tanti appuntamenti (foto Freddy Guérin/DirectVelo)
Insomma gli impegni non mancheranno.

Assolutamente, ora è tutta una tirata fino a fine settembre. 

Allora in bocca al lupo.

Grazie e ci vediamo sulle strade del Lunigiana!

Vista al Giro Women la nuova Liv Langma: più leggera, più aero

23.07.2024
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Eccola tra le nostre mani finalmente: è la nuova versione della Liv Langma, che abbiamo visto in azione sulle strade del Giro d’Italia Women. Una bici senza compromessi a prima vista. Aerodinamica e leggera. Rigida, ma ben guidabile. Tutte sensazioni che ci ha poi confermato Mavi Garcia, capitana della Liv AlUla Jayco.

«Mi sto trovando davvero bene con questa Langma – ha detto la campionessa spagnola – la stiamo provando adesso. Non è da molto tempo che ce l’abbiamo, ma le prime sensazioni sono state sin da subito quelle di una bici molto veloce, scorrevole e affatto pesante. Nel complesso molto bella ed efficace. Una caratteristica che deve avere la mia bici? Leggera, prima di tutto… e poi anche pulita!».

Peso piuma

Liv Langma, un po’ come la linea maschile di Giant TCR, è ora con il reggisella integrato Variant. Un reggisella che fa parte del telaio monoscocca in carbonio. «Pertanto – specifica il meccanico del team, Valentin Omont – per essere messa a misura questo reggisella va tagliato. Ma ne guadagna molto il peso e ne guadagna anche la rigidità. Pensate che la bici di Mavi, così come la vedete allestita pesa 6,81 chili e lei usa una taglia L. Nelle misure più piccole dobbiamo compensare con del peso in più, altrimenti saremmo fuori regola. In quel caso montiamo le ruote più alte, da 50 millimetri, e siamo a posto».

Grazie alla sua misura più grande, Mavi Garcia può montare le nuove ruote, Cadex Max da 40 millimetri con raggi in carbonio (gli Aero Carbon Spoke) che anch’essi fanno blocco unico con il mozzo (Cadex R3). Dal mozzo al cerchio quindi è tutto un pezzo.

E questa ruota ha sbalordito Mavi stessa come ci ha detto lei nel comportamento di guida. «La bici mi è sembrata molto reattiva, ma la guida è restata semplice», ha detto la spagnola.

Sempre in virtù del “non compromesso” questa all round, può montare coperture fino a 33 millimetri, nel caso si debba affrontare del pavé o una tappa su sterrato come al Tour o la Strade Bianche.

La Liv Langma in dotazione alle ragazze del team Liv Jayco AlUla. Qui quella di Mavi Garcia
La Liv Langma in dotazione alle ragazze del team Liv Jayco AlUla. Qui quella di Mavi Garcia

Le scelte di Garcia

La Liv Langma del team Liv AlUla Jayco chiaramente monta il top di gamma, quindi parliamo dello Shimano Dura Ace Di2 a 12 velocità: 54-40 e 11-34 per le tappe più facili e 54-36 e 11-34 per la frazioni più dure. Per Garcia la scelta di una corona grande o piccola dipende soprattutto dal dislivello: se questo è superiore ai 2.000 metri opta per la corona da 36 denti, altrimenti resta fedele alla 40 denti. A meno che non ci siano pendenze estreme.

E top di gamma è anche la componentistica. Nello specifico, il manubrio della Garcia è da 38 centimetri e l’inclinazione dell’attacco (che è da 120 millimetri) è di 8 gradi. Mavi è alta 180 centimetri, giusto per dare un’idea del suo setup.

Aerodinamica al top

Ma come dicevamo prima la Liv Langma è senza compromessi. E anche se è principalmente una bici per scalatori, non rinuncia all’elevato grado di aerodinamicità. Per la Langma sono stati riportati dei concetti presenti sulla bici aero di Liv, la EnviLiv.

In particolare il tubo di sterzo riprende moltissimo la forma proprio della EnviLiv. E il concetto è quello della goccia: più larga davanti, più fina dietro per far scivolare via l’aria. Anche il tubo orizzontale è svasato ai lati, non è né rotondo, né quadrato. Questa forma aiuta molto a far scaricare l’aria quando l’atleta avanza alle alte velocità.

Un altro punto chiave della nuova Langma, sempre legato all’aerodinamica, è il passaggio dei cavi. Passaggio che adesso è totalmente interno. Passano sotto (o meglio, dentro) all’attacco manubrio, il Contact SLR AeroLigh,  appositamente ideato per questa bici. Gli stessi cavi passano poi dal manubrio fin dentro il telaio. Anche questo concetto proviene dalla EnviLiv. E lo stesso vale per i cuscinetti e gli spessori adottati.

Liv Bike

Se questo pullman potesse parlare, sai quante ne racconterebbe?

23.07.2024
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NIZZA (Francia) – Se questo pullman potesse parlare, sai quante ne racconterebbe? Il porto di Nizza accoglie la partenza della penultima tappa del Tour, quella che arriverà al Col de la Couillole. Nei clan degli scalatori c’è apprensione, in casa Astana Qazaqstan Team l’unica preoccupazione è quella di portare Cavendish all’arrivo anche oggi, perché domani (domenica) possa raccogliere il meritato applauso sul suo ultimo podio.

Dopo giorni di mascherine e mille attenzioni, questa volta c’è tutto il mondo. La gente si accalca come accadde a Firenze e più di un corridore è costretto a mettere piede a terra, andando e tornando dalla firma, per non cadere. Ma tutto sommato, chi l’ha detto che questo pullman non possa parlare?

Il progetto ha coinvolto tutta la squadra, che da cacciatrice di maglie, ha puntato tutto sul velocista
Il progetto ha coinvolto tutta la squadra, che da cacciatrice di maglie, ha puntato tutto sul velocista

A caccia del record

Il grosso mezzo celeste, un MAN Lion’s Coach, ha la voce di Federico Borselli, che lo guida e se ne prende cura da quando questa squadra è nata ed ha accolto l’anima italiana con Martinelli. Una sorta di filo che la tiene legata alla Saeco di Cipollini e Cunego e che ha poi visto passare Vincenzo Nibali e Fabio Aru. C’è stato a lungo anche Michele Scarponi, il cui nome viaggia sulla prua e apre la strada ai suoi fratelli. Ci sono stati anni in cui l’Astana è stata la squadra delle grandi corse a tappe. Dal 2013 al 2016 portò a casa infatti due Giri, un Tour e una Vuelta. Poi sono arrivati i nuovi giganti, il budget si è ristretto e i Giri sono diventati appannaggio di altri. E così quest’anno al Tour sono venuti per quell’unica vittoria che ha dato un senso al suo ultimo scorcio di carriera e alla loro spedizione.

«Quando porti una squadra di scalatori e lotti per vincere dei Grandi Giri – spiega il toscano, angelo custode del pullman e dei suoi racconti – sei tutti i giorni a lottare per tenere le posizioni, non perdere terreno, attaccare. Quando hai un velocista, ci sono giorni ad altissima tensione e altri in cui cerchi il modo per arrivare ugualmente al traguardo. Lottare tutti i giorni dà un altro morale, però quando si vince, la soddisfazione è uguale. Cavendish che ha vinto la 35ª tappa del Tour è stata una cosa bellissima…».

Con Gil e Tosello, Borselli è l’anima più esperta dell’Astana
Eppure era cominciato male, questo Tour. Il primo giorno si rischiava che Mark andasse a casa…

La prima settimana è stata dura, poi piano piano le cose si sono un po’ riequilibrate. I corridori hanno preso i loro ritmi e ci siamo risistemati.

Cosa si capisce portandoli avanti e indietro ogni giorno?

Riesci a capire il corridore. Come sta, il morale che ha. Lo vedi subito la mattina, quando arriva il bus. Ad esempio Mark è passato dalle tensioni del primo giorno a quell’atmosfera magica del giorno che ha vinto. C’era quella tensione buona, si percepiva che fossimo tutti lì per raggiungere questo risultato molto importante. Non so come spiegare, si sentiva che stesse per succedere qualcosa di importante.

Come ci sta Cavendish sul pullman che è stato di così grandi scalatori?

Essendo un anglosassone, è più chiuso rispetto a un Cipollini, un Simoni oppure Cunego, Scarponi e Nibali. Però alla fine è uno di noi. Uno che sta al gioco, è simpatico. Ride e scherza anche lui. E poi si è visto che dopo la vittoria è cambiato totalmente.

Raggiunta quota 35, Mark Cavendish ha mollato finalmente la tensione e festeggiato anche con la famiglia
Raggiunta quota 35, Mark Cavendish ha mollato finalmente la tensione e festeggiato anche con la famiglia
Ogni giorno una lotta per raggiungere il traguardo: come lo vedevi quando arrivava dopo le tappe?

Ha avuto una grinta incredibile, perché arrivare fino qui a Nizza per lui non è stato facile. In questi giorni che stavano nel tempo massimo per pochi minuti, quando salivano sul pullman erano davvero finiti. Però dopo un’ora il corridore, l’atleta professionista recupera e torna nella normalità. Lui ha fatto fatica, ma ce l’ha fatta anche grazie agli altri ragazzi che gli sono stati vicini.

Ti ha mai chiesto perché ci sia quel grosso cartello col nome di Scarponi?

No, credo per discrezione. Però sa il motivo per cui c’è, in gruppo penso lo sappiano tutti.

P.S. Finito il Tour, mentre la squadra si è concessa la meritatissima festa, Borselli si è rimesso al volante ed è ripartito alla volta di Calenzano. C’erano dei lavori da fare sul pullman, che dopo un Tour mostra i suoi cedimenti. E visto che il programma di Federico prevede la ripartenza per Vuelta Burgos, San Sebastian, Circuit de Getxo e poi la Vuelta Espana, bisogna che il mezzo sia a posto. Non esserci gli è dispiaciuto, ma per essere dei grandi professionisti bisogna saper individuare le priorità. E questa era superiore.

Parigi, sabato si comincia: “Longo” e Ganna per lanciare l’Italia

23.07.2024
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La grande attesa è ormai giunta a conclusione, da sabato non ci sarà più spazio per le chiacchiere, ma su piste, strade, pedane e corsie di Parigi si darà vita al più grande spettacolo del mondo, quello olimpico. Le due settimane che stabiliscono la reale forza sportiva di una nazione e sulle quali si baserà tutto il lavoro (e anche gli introiti economici…) del quadriennio successivo.

E’ una vigilia particolare per l’Italia, che porta a Parigi la spedizione più ampia (403 elementi, a dispetto di sole 4 squadre qualificate) e più ambiziosa di sempre. Da Tokyo 2020 è stato un crescendo di grandi risultati, che hanno fatto addirittura dell’Italia il Paese principe anche nelle manifestazioni omnisportive europee, eppure in questa crescita il contributo ciclistico c’è stato, ma non di primo piano.

14 agosto 2004, Bettini vince di forza la medaglia d’oro di Atene, battendo in volata il portoghese Paulinho (foto Olycom)
14 agosto 2004, Bettini vince di forza la medaglia d’oro di Atene, battendo in volata il portoghese Paulinho (foto Olycom)

L’importanza d’iniziare bene

La particolare conformazione del calendario impone però all’Italia delle due ruote di battere subito un colpo. Inutile nasconderselo: già sabato, primo giorno di assegnazione delle medaglie, il Bel Paese calerà carte importanti per ambire quantomeno al podio. Tutti sanno che il giorno iniziale ha un peso psicologico non indifferente: chi ha qualche anno sulle spalle ricorda il fatidico 14 agosto 2004, quando Paolo Bettini colse l’oro nella prova in linea. Da lì arrivò a poche decine di minuti di distanza l’oro di Montano nella sciabola e poi fu un crescendo di emozioni e successi, fino all’apoteosi di Baldini nella maratona.

Fino a qualche mese fa, nel giorno delle cronometro, si sarebbe puntato tutto su Ganna e su quella voglia di prendersi la rivincita su Evenepoel dopo i 12 fatidici secondi costatigli il titolo mondiale lo scorso anno. Il Pippo nazionale (non ce ne voglia Baudo…) ha incentrato tutta la sua stagione su questo appuntamento (e su quello della pista) e la sfida si preannuncia apertissima.

Longo Borghini viene dalla conquista del Giro. Sabato potrebbe sorprendere in una crono incerta
Longo Borghini viene dalla conquista del Giro. Sabato potrebbe sorprendere in una crono incerta

Tutto sulla crono? Non proprio…

Da qualche tempo però le cose sono un po’ cambiate. Non per colpa del piemontese, che si è preparato al meglio, quanto perché prima si disputerà la prova femminile. Dopo la vittoria del ballottaggio con Vittoria Guazzini ma soprattutto del trionfo al Giro d’Italia (con tanto di successo nella cronometro), Elisa Longo Borghini potrebbe anche essere la variabile imprevedibile. La gara ha da una parte la favorita d’obbligo nell’americana Chloe Dygert, dall’altra appare molto incerta per le altre posizioni, stante l’assenza della svizzera Reusser e le condizioni non ottimali dell’olandese Van Dijk.

Una settimana dopo arriveranno gli appuntamenti su strada. Qui la presenza italiana a Parigi è quasi marginale al maschile, dove si può confidare in uno squillo di Bettiol che però non ha convinto appieno al Tour, ma è potente fra le donne, dove alla stessa Longo Borghini e alla ritrovata Balsamo, con il supporto di Cecchini e Persico, si chiede di provare a mettere i bastoni fra le ruote nella lotta fra olandesi e l’iridata Kopecky. Si può fare, a condizione di costruire una corsa su misura per le due stelle azzurre, o selettiva al massimo per la maglia rosa, o puntando allo sprint, magari a ranghi ridotti per la Balsamo.

Per Van der Poel, qui nella crono finale, un Tour nascosto. Prepara il grande colpo?
Per Van der Poel, qui nella crono finale, un Tour nascosto. Prepara il grande colpo?

Strada uomini il 3 agosto

L’appuntamento per le donne è domenica 4 agosto, mentre 24 ore prima sarà spettacolo con la gara maschile. Chi pensa ancora che per i professionisti la gara olimpica abbia poco valore è rimasto ancorato a schemi sorpassati. Non è un caso se al via ci saranno quasi tutti i più forti, con le assenze di Pogacar e Vingegaard per percorsi non proprio favorevoli e le fatiche del Tour da smaltire. Van der Poel ha corso una Grande Boucle in sordina, Van Aert idem, ma l’impressione è che abbiano lavorato proprio pensando alla sfida parigina che vale una carriera.

Dopo la strada, a Parigi inizierà la seconda settimana dedicata alla pista. E’ chiaro che in chiave italiana l’attenzione principale è tutta sui quartetti, da una parte quello maschile rimasto immutato rispetto al trionfo del 2021 e che dovrà presumibilmente ripetersi su quei valori, stante la crescita di Gran Bretagna e Danimarca, dall’altro quello delle ragazze che hanno seguito lo stesso iter compiuto dagli uomini prima di Tokyo, bisognerà vedere se riusciranno a completare la parabola.

Il trionfo azzurro di Tokyo 2020 è ancora nel cuore. La Danimarca però cova la vendetta
Il trionfo azzurro di Tokyo 2020 è ancora nel cuore. La Danimarca però cova la vendetta

Gli orari degli inseguimenti

Si comincerà nel pomeriggio di lunedì 5 agosto con le qualificazioni maschili: il torneo sarà infatti spalmato su tre giorni, con le semifinali alle 19,14 del martedì e le finali alle 18,04 del mercoledì. Per le ragazze questi gli orari da ricordare: martedì alle 17,30 le qualificazioni, mercoledì alle 13,52 il primo turno e alle 18,57 le finali.

Giovedì 8 agosto sarà la volta dell’omnium maschile a cominciare dalle 17 dove Viviani vuole riassaporare l’ebbrezza di Rio 2016. Elia è uno di quelli che si esalta quando sente profumo di Olimpiade, tutto quel che è avvenuto prima ha poco valore anche se obiettivamente i favoriti sono altri, poi al venerdì spazio alla madison femminile seguita sabato dalla maschile, ma qui giochiamo il ruolo degli outsider, domenica gran finale con l’omnium femminile dove chiunque gareggi fra Balsamo e Paternoster ha tutte le carte in regola per agguantare il podio.

Parigi è pronta, quasi svuotata degli abitanti e piena di turisti-spettatori. Venerdì la cerimonia inaugurale
Parigi è pronta, quasi svuotata degli abitanti e piena di turisti-spettatori. Venerdì la cerimonia inaugurale

Caccia a un’altra Top 10

Sarebbe, si spera, la ciliegina sulla torta speriamo non solo della spedizione ciclistica, ma di quella generale. Che parte tenendo a mente due numeri: 40 (il massimo numero di medaglie vinte, a Tokyo 2020) e 14 (il numero di ori, a Los Angeles 1984). E che vuole confermarsi nella Top 10 del medagliere dove staziona dal 1996. Quello, a conti fatti, sarà il risultato più importante.

Quello che segue è uno specchietto sintetico delle prove che vedranno impegnati gli atleti azzurri, a partire da sabato prossimo e sino al gran finale di domenica 11 agosto. A questo link invece il programma completo del ciclismo.

CRONOMETRO INDIVIDUALE
Sabato 27 luglio
Gara donne14,30
Gara uomini16,32
MOUNTAIN BIKE
Domenica 28 luglio
Cross country donne14,10
Lunedì 29 luglio
Cross country uomini14,10
PROVE SU STRADA
Sabato 3 agosto
Gara uomini11,00
Domenica 4 agosto
Gara donne14,00
PISTA
Mercoledì 7 agosto
Finale inseguimento a squadre uomini18,04
Finale inseguimento a squadre donne18,57
Giovedì 8 agosto
Omnium uomini17,00-19,30
Venerdì 9 agosto
Madison donne18,09
Sabato 10 agosto
Madison uomini17,59
Domenica 11 agosto
Omnium donne11,00-13,55

Tappa e maglia (a pois): il magico Tour del marinaio Carapaz

23.07.2024
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NIZZA (Francia) – La faccia dolce ma niente affatto mite del Tour de France ha lo sguardo di Richard Carapaz, salito con orgoglio sul podio di Nizza per la maglia a pois, dopo aver calcato nel 2021 quello di Parigi alle spalle di Pogacar e Vingegaard. Non si può essere gente qualunque per frequentare certi posti. E così quest’anno per impedire a Pogacar di conquistare anche la classifica degli scalatori c’è voluto un campione olimpico, vincitore nella sua storia del Giro d’Italia e del Giro di Svizzera. E quando è sceso da quel gradino così bello, aveva gli occhi che scintillavano, come dopo aver vinto la tappa di Superdevoluy in quel giorno altrettanto scintillante.

«Tenere questa maglia – ha detto Carapaz dubito dopo – era diventato un puntiglio ed è ora motivo di orgoglio. La squadra ha fatto un ottimo lavoro per permettermi di entrare in ogni fuga. E’ un premio prestigioso. Tutti i corridori del mio Paese la sognano perché in Ecuador ci sono molte montagne. Essere il re della montagna al Tour de France significa molto per me».

La sua cocciutaggine e la determinazione nello sfuggire ogni giorno alla morsa feroce del UAE Team Emirates, risultando l’unico in grado di sfilare un osso dalla bocca del mastino in maglia gialla, gli sono valse il premio di Supercombattivo del Tour.

A Superdevoluy, la vittoria di tappa che finora mancava nel palmares di Carapaz
A Superdevoluy, la vittoria di tappa che finora mancava nel palmares di Carapaz

Qualcosa che mancava

Dopo la maglia gialla di Torino, ceduta con orgoglio sul Galibier, il giorno più bello è stato quello di Superdevoluy. In cima a quella salita a quota 1.500, dove non c’era neanche il fresco tonificante dell’alta quota, Richard ha coronato il sogno di alzare le braccia al cielo. Qualcosa che gli mancava e che in qualche modo gli ha permesso di regolare qualche conto in sospeso con la corsa francese. 

«Tre anni fa sono salito sul podio – ha spiegato Carapaz – ma sentivo che mancava ancora qualcosa: dovevo provare a vincere una tappa. L’ho fatto e anche questo è molto speciale, è stata un’emozione molto potente. Lo senti sulla pelle che è la corsa più grande del mondo. Dopo la caduta al Giro di Svizzera, sapevo che non avrei potuto lottare per la generale. Nella prima settimana abbiamo provato a vedere in che modo avrei potuto inserirmi in quel discorso, ma è stato subito chiaro che non potevo continuare fino a Nizza. E allora abbiamo deciso di aspettare il momento giusto, cioè la terza settimana. Sapevo che avrei potuto fare la differenza in alcune tappe, come poi è successo».

Sabato verso il Col de la Couillole, con Powless a tirare: la conquista della maglia a pois ha richiesto una strategia ben precisa
Sabato verso il Col de la Couillole, con Powless a tirare: la maglia a pois ha richiesto una strategia ben precisa

Lavoro di squadra

L’idea di partenza non era questa, ma aver saputo riadattare le ambizioni e il battito del cuore ha fatto sì che il Tour nato male si sia trasformato forse nel più bello della sua carriera. Il ritiro dal Giro di Svizzera, nello stesso giorno in cui decise di non ripartire anche Alberto Bettiol dopo la caduta nella tappa del San Gottardo, non lasciava presagire niente di buono. Invece la squadra ha saputo gestire al meglio il suo avvicinamento.

Charly Wegelius, che lo ha guidato dall’ammiraglia, ha ammesso sorridendo che qualsiasi altro corridore fosse uscito così male dalla corsa svizzera, non sarebbe stato selezionato per il Tour. Eppure nessuno nella dirigenza della EF Education-EasyPost ha avuto dubbi nel concedere una chance a Richard. Di lui il capo Vaughters ha un’opinione singolare. Lo punzecchia spesso perché si impegni di più in allenamento e sfrutti meglio il suo talento. Ma Richard di fronte a queste battute sorride, annuisce e tira avanti.

«Tutti arrivano qui con la loro squadra migliore – spiega – i migliori corridori, il miglior staff e con la voglia di avere successo e noi siamo riusciti a portare a casa qualcosa di bello. La vittoria di tappa ha avuto un gusto speciale. La squadra è stata sempre in prima linea. Abbiamo parlato molto con i direttori sportivi nella riunione, sapevamo che sarebbe stata una giornata dura per il vento e il lavoro dei velocisti per la maglia verde. Non si poteva prendere vantaggio tanto presto nella tappa. Ma siamo stati intelligenti, abbiamo aspettato che le acque si calmassero e soprattutto abbiamo lavorato insieme».

Carapaz ha resistito alla voglia di Pogacar di prendere anche la maglia a pois: complimenti reciproci al Col de la Couillole
Carapaz ha resistito alla voglia di Pogacar di prendere anche la maglia a pois: complimenti reciproci al Col de la Couillole

La corsa nella corsa

Sabato, come pure il giorno prima a Isola 2000, per qualche chilometro ha pensato di poter assistere in prima persona al duello fra i primi della classe. Al Col de la Couillole, i due lo hanno preso e lasciato all’ultimo chilometro. Il giorno prima invece era stato Pogacar a saltarlo al doppio della velocità, ingolosito da quell’arrivo per lui così speciale.

«Soprattutto sabato – ammette nella zona mista di Nizza – mi sarebbe piaciuto arrivare con loro, ma andavano troppo veloci per me che avevo trascorso buona parte della giornata in fuga. E’ stata molto dura e un po’ snervante. Abbiamo dovuto fare molti calcoli e l’unico modo per blindare questa maglia era andarsela a prendere ogni giorno con un’altra fuga. Durante il Tour sono progredito giorno dopo giorno. Non dico che sia stato facile riuscire a stare davanti, ma ho avuto le gambe per farlo. Non poteva finire meglio, la squadra ha lavorato davvero bene. Conquistare una maglia  di classifica significa fare una corsa nella corsa. Studiare una strategia a parte rispetto a quella dei primi. Il Tour è sovrapposizione e intreccio di tante corse diverse, ma finché non ci sei dentro, non lo capisci».

La sua estate conoscerà ora finalmente il riposo, prima di riaccendere i motori e fare rotta vero la Vuelta e i mondiali di Zurigo. Le Olimpiadi non saranno affar suo per questa volta, il percorso iridato gli si addice invece molto di più. Se ne va con il sorriso dolce e l’appagamento del marinaio che ha raggiunto il porto anelato. Si guarda intorno, riempie gli occhi di bellezza, sapendo che presto sarà il tempo per alzare nuovamente le vele.

Valle d’Aosta alle spalle, è già Avenir. Amadori al lavoro…

22.07.2024
5 min
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CERVINIA – Marino Amadori sta caricando le borse sull’ammiraglia azzurra. E’ appena finito il Giro della Valle d’Aosta ed è già ora di guardare avanti, all’Avenir e anche all’europeo. Non si torna a casa pertanto, ma si va subito verso Sestriere.

Con il commissario tecnico della nazionale italiana U23 facciamo un bilancio del “Petit Tour” e soprattutto parliamo dell’impegno francese. Marino è sorridente. Tutto sommato gli italiani non hanno sfigurato in una competizione che offriva un livello stellare.

Ludovico Crescioli (classe 2003) sul podio del Valle d’Aosta, un traguardo prestigioso che dà fiducia
Ludovico Crescioli (classe 2003) sul podio del Valle d’Aosta, un traguardo prestigioso che dà fiducia
Marino, il Valle d’Aosta è finito: che risposte hai avuto?

Direi non male. Un terzo in classifica generale, Ludovico Crescioli, va bene. L’anno scorso chi è arrivato terzo qui poi ha vinto il Tour dell’Avenir! Mettiamola sul positivo… Crescioli ha disputato un bellissimo Valle d’Aosta, ha fatto un bel calendario di gare ed è arrivato a questo appuntamento ben preparato.

E ora?

Ora con lui e altri partiamo per il Sestriere. Faremo un ritiro con la rosa degli atleti che correranno l’Avenir. Ma sarà un ritiro anche in prospettiva dell’europeo e del mondiale.

Qual è questa rosa?

E’ una rosa allargata. Questo è l’elenco: Pietro Mattio, Ludovico Crescioli, Edoardo Zamperini, Alessandro Pinarello, Samuel Kajamini, Simone Gualdi, Noviero Raccagni, Lorenzo Conforti, Christian Bagatin, Alessandro Borgo, Nicolas Milesi, Lorenzo Masciarelli e sto valutando anche Matteo Scalco.

Partiamo da coloro che erano in Valle d’Aosta. Di Crescioli abbiamo detto…

Gualdi ha fatto una bellissima gara. Lui è un primo anno, un ragazzino parecchio interessante. Mi piace molto e sicuramente gli farò fare anche il Tour de l’Avenir. Come vediamo in giro per il mondo, a questi super giovani danno spazio subito e anche noi. Diamo a lui e agli altri la possibilità di fare queste bellissime esperienze. Tornando al Valle d’Aosta, come Nazionale abbiamo vinto una tappa con Biagini: anche se non era la frazione forse più difficile, abbiamo però dimostrato che su certi percorsi siamo molto competitivi. Su quelli più impegnativi facciamo più fatica, però ci lavoreremo in questo mese prima del Tour de l’Avenir.

Gli azzurri impegnati al Valle d’Aosta
Gli azzurri impegnati al Valle d’Aosta
Che squadra porterai?

Una squadra ben preparata innanzitutto. Vogliamo raccogliere il miglior risultato possibile in Francia. L’Avenir è una delle più belle corse per i giovani, per un confronto di alto livello. Ci rimbocchiamo le maniche in questi giorni e cercheremo di lavorare. Perché poi l’unica strada che c’è è quella del lavoro sodo.

Parlaci un po’ dei ragazzi in lizza per l’Avenir…

Zamperini lo porterò perché è un ragazzo che ha fatto bene, sia qua ma anche prima. E poi si sa muovere bene su certi percorsi impegnativi. Mattio, non era al Valle, ma è considerato per l’Avenir. Poi abbiamo il buon Kajamini che qui purtroppo ha avuto dei problemi fisici e mi auguro di recuperarlo. Gli dò la possibilità di venire in altura e speriamo possa rimettersi lassù.

Tra i nomi in lista c’era anche quello, importante, di Pinarello…

Pinarello è un altro che al Giro Next Gen ha fatto bene e soprattutto che va forte in salita. Non era qui, ma farà il Tour d’Alsace la prossima settimana, poi ci raggiungerà al Sestriere e quindi sarà all’Avenir. Mentre Raccagni e Borgo sono stati convocati più in prospettiva europeo. In tal senso penso anche a Romele e Conforti. Questa è un po’ la rosa allargata dei corridori che hanno fatto bene ultimamente o durante la stagione.

In ordine: Gualdi, Roganti, Crescioli e Zamperini, tutti ragazzi che si sono ben comportati sin qui (foto Giro VdA)
In ordine: Gualdi, Roganti, Crescioli e Zamperini, tutti ragazzi che si sono ben comportati sin qui (foto Giro VdA)
E poi ci sarebbe potuto essere Giulio Pellizzari. Come è andata con lui?

Capisco la sua scelta e quella del suo staff. Ne abbiamo parlato, lui era entusiasta specie dopo il secondo posto dell’Avenir dell’anno scorso, ma poi si è deciso così. Abbiamo trovato un grande atleta ad impedirci di vincerlo, Del Toro. E che andasse fortissimo l’ha dimostrato dopo pochi mesi nel mondo dei professionisti. Non ci ci ha battuto uno qualunque. Giulio ha fatto un bellissimo Giro d’Italia e ne sono felice perché ritengo che sia quello il suo mondo. E’ lì che deve stare e sfondare. Come detto, ne abbiamo parlato tranquillamente e abbiamo deciso così. Gli auguro il meglio e sono convinto che farà grandi cose. Come del resto Piganzoli. Piga è un altro ragazzo che ha già fatto due Avenir, riportando un quinto e un terzo posto. Anche lui poteva essere interessante, ma per Davide vale lo stesso discorso fatto per Pellizzari. 

Marino, hai parlato di lavoro di squadra, ma come ti organizzerai? Oggi un po’ tutti hanno il proprio preparatore, come farai a coordinarli tutti?

Io rispetto i preparatori, sia chiaro. I ragazzi però devono venire in ritiro con un programma ben definito. Poi insieme ne parliamo, siamo una squadra, siamo un gruppo, e vediamo di fare i lavori e di coordinarci nel migliore dei modi. Al Sestriere ci staremo per tre settimane. Abbiamo due massaggiatori, io ho la moto… lassù cercheremo di curare i dettagli, il peso, tutto quello che serve. Con la moto conto di fargli fare i lavori specifici. L’importante è che ci sia chiarezza nei programmi sin da subito.

Chiaro..

In più ci va di lusso, perché su sei tappe dell’Avenir ne visioneremo ben quattro, poiché sono tutte in zona. Questo significa poter vedere non solo le salite, ma anche le discese, le svolte più pericolose, capire come soffia il vento. Faremo i percorsi metro per metro e penso che sarà un buon vantaggio. Anche gli altri anni visionavamo le tappe, ma al massimo erano due.

Parigi ha il sapore del riscatto. Ora Plebani vuole vincere

22.07.2024
5 min
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Questa settimana Elisa Balsamo, insieme agli altri 402 atleti della grande spedizione olimpica azzurra, sarà a Parigi. Per Davide Plebani ci sarà invece da aspettare ancora oltre un mese, per gareggiare sotto l’insegna dei cinque cerchi. Il fidanzato della pluricampionessa del mondo ha raggiunto il traguardo della qualificazione insieme a Lorenzo Bernard. Nei giorni scorsi a Ostenda (BEL) con il bronzo in Coppa del Mondo ha confermato come la coppia sia una valida carta da giocare per il podio e per lui questi giorni hanno anche il dolce sapore della rivincita.

L’approdo alle Paralimpiadi riscatta infatti la doppia Olimpiade sfuggita dalle mani proprio in extremis e che gli aveva lasciato ferite che solo ora iniziano a rimarginarsi. Parlando con il corridore di Sarnico, la soddisfazione è evidente, ma anche la carica fortissima per portare a casa qualcosa di importante.

Bernard e Plebani, in un anno sono arrivati sul podio mondiale e ora sognano quello a cinque cerchi
Bernard e Plebani, in un anno sono arrivati sul podio mondiale e ora sognano quello a cinque cerchi

«Mi avvicino al momento più importante della mia carriera», esordisce. «Abbiamo cominciato a fare lavori specifici su pista abbinati alla distanza per la strada per ottenere la miglior condizione in entrambe le discipline, che rispetto alle Olimpiadi per normodotati saranno invertite: prima la pista e poi la strada. Noi punteremo molto sulla prima e anche sulla prova in linea, per la crono non abbiamo avuto molto tempo per prepararla, comunque è chiaro che ci proveremo».

C’è un particolare che ti accomuna al tuo vecchio compagno d’avventure Filippo Ganna: anche tu sarai una delle primissime punte azzurre a scendere in gara…

Sì, la prova di inseguimento sui 4.000 metri sarà il giorno successivo alla cerimonia d’apertura, spero tanto che potremo avere fortuna noi come anche Filippo sabato prossimo. Il primo giorno di gare hai tutta l’attenzione addosso, se fai bene sei di buon auspicio per tutti gli altri, qualsiasi disciplina affrontino.

L’ultimo podio in Coppa del Mondo a Ostenda è il viatico verso una Paralimpiade ricca di ambizioni
L’ultimo podio in Coppa del Mondo a Ostenda è il viatico verso una Paralimpiade ricca di ambizioni
Che cosa rappresenta per te esserci arrivato?

Era un obiettivo importantissimo, uno dei grandi traguardi della mia carriera. Uso appositamente il passato perché ora è invece uno stimolo, per conquistare almeno una medaglia. E’ sicuramente l’evento più importante al quale parteciperò, averlo raggiunto attraverso la fiducia dei cittì mi dà ulteriore spinta per alzare la mia condizione, cercare di arrivare davvero al massimo.

Quanto c’è di diverso rispetto a prima?

Molto, perché qui siamo in due, questa è una grande responsabilità. Non inseguo più solo obiettivi personali, ma condivisi. Io e Lorenzo facciamo squadra, lavoriamo come una cosa sola. Io poi sento dentro di me una spinta in più.

Una delle grandi soddisfazioni di Plebani da inseguitore, l’argento agli European Games 2019
Una delle grandi soddisfazioni di Plebani da inseguitore, l’argento agli European Games 2019
C’è anche voglia di rivalsa per due Olimpiadi sfuggite?

Un po’, non lo nego. La cosa che mi piace è aver visto i miei sforzi, i miei risultati essere finalmente valsi a qualcosa. C’è stata una meritocrazia, mi sono sentito premiato per quel che avevo fatto e questo, riflettendoci, è ciò che mi è mancato in passato. Ho visto Rio 2016 e Tokyo 2020 da spettatore dopo aver tanto lavorato, essermi impegnato per qualificare il quartetto. In quel caso però i miei sforzi non trovarono un giusto premio.

Oltretutto tu hai vissuto sulla tua pelle tutta la parabola del team, partito praticamente dal nulla per arrivare all’oro olimpico…

Sì, con momenti importanti anche prima di Tokyo come ad esempio quell’edizione dei mondiali nella quale stavamo viaggiando ai limiti del record del mondo, fallito solo a causa della sfortunata caduta di Lamon. Io c’ero, io stavo contribuendo, io potevo farlo. E’ tutto ciò che non è stato considerato. Ma fa parte del passato, ora c’è un nuovo orizzonte per me e voglio concentrarmi su quello.

Bernard e Plebani, per loro pista e strada con elevate ambizioni da podio
Bernard e Plebani, per loro pista e strada con elevate ambizioni da podio
Intorno a te hai mai sentito giudizi e pensieri che esprimevano una considerazione diversa per le Paralimpiadi rispetto alle prove dei normodotati?

No, perché chi si occupa di sport sa quanto lavoro ci sia dietro e soprattutto si rende conto che il livello è altissimo. Voglio fare solo un esempio: il record mondiale di Ganna nell’inseguimento individuale è 3’59”. Noi nel tandem viaggiamo a 3’58” e per arrivarci serve un lavoro enorme. Non è che essendo in due si va automaticamente più veloci, anzi. Il peso è doppio, tanto per capirci. Sarà un’impresa enorme conquistare il podio, noi vogliamo provarci e ci stiamo provando senza stress, perché l’ambiente ci aiuta, anche questa è per me una novità.

La tua preparazione quanto è stata influenzata da quel che è accaduto a Elisa?

E’ complicato dirlo. Io le sono stato vicino e ho accompagnato tutta la sua ripresa, paradossalmente il momento peggiore è stato coincidente con un momento di minor attività mia, quindi ho potuto esserle accanto. Abbiamo condiviso la ripresa, la crescita e ci davamo forza l’un l’altra. Sicuramente è stato un viaggio bello ma difficile, ora il suo si avvia alla conclusione.

Davide insieme a Elisa Balsamo. L’avventura a Parigi ci sarà per entrambi, in periodi sfalsati
Davide insieme a Elisa Balsamo. L’avventura a Parigi ci sarà per entrambi, in periodi sfalsati
Nessuno più di te può saperlo: in che condizioni è?

E’ consapevole di quel che sta facendo, del fatto che ha dovuto ricominciare praticamente da zero e sin dall’inizio ci siamo detti che l’obiettivo vero doveva essere arrivare al 4 agosto non solo nella miglior condizione possibile, ma coscienti di aver fatto tutto quello che si poteva fare, senza avere rimpianti. La sua forma cresce giorno dopo giorno, so per certo che appena sarà a Parigi ci metterà tutto quel che si sente nella testa, nelle gambe, nel cuore. Poi staremo a vedere.

EDITORIALE / I giornalisti, quelli che non cambiano

22.07.2024
5 min
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NIZZA (Francia) – «E’ cambiato veramente tutto – diceva qualche giorno fa Andrea Agostini, numero due del UAE Team Emiratesl’unica categoria che non è cambiata è quella dei giornalisti».

E’ stata una delle frasi che più ci è risuonata nella testa in questi lunghi e frenetici giorni al Tour de France, probabilmente sentendoci chiamati in causa vista la lunga militanza in gruppo. Il mondo è cambiato completamente, le sale stampa sono piene di facce nuove. Ci sono all’opera tanti ragazzi super tecnici, che non hanno vissuto minimamente il ciclismo degli anni 90 e quello subito successivo. Ci sono pochissimi italiani. Facendo i conti a spanne, tolti gli inviati di RAI Sport con il curiosare competente di Silvano Ploner, il Tour de France 2024 (nella sua parte francese) è stato seguito da cinque fotografi italiani e tre giornalisti (3-4 in più sono arrivati per le ultime due tappe). Tutto il resto che avete letto, anche su testate prestigiose, è stato confezionato da casa telefonando oppure utilizzando gli audio che gli addetti stampa inviano nelle chat dei vari team.

Non serve andare alle corse e spendere. Arrivano gli audio. Le conferenze stampa sono online. Se ti accontenti di avere gli argomenti di tutti gli altri, hai risolto il problema. Per certi editori e certi direttori è manna dal cielo. Speriamo di cuore che la differenza si noti.

La partenza da Firenze è stata vissuta come uno splendido spot cui si è dato poco seguito
La partenza da Firenze è stata vissuta come uno splendido spot cui si è dato poco seguito

Andare alle corse

Non è un bel modo di lavorare. Le corse bisogna seguirle, anche se questo ha un costo e adesso che lavoriamo in proprio lo sappiamo anche meglio. Ma è soltanto guardando in faccia l’atleta, il tecnico o qualunque interlocutore che si riesce a capire effettivamente il senso del suo discorso. Soltanto percorrendo le strade e respirandone l’aria si coglie il senso delle parole. E’ solo immergendosi nel bagno di folla attorno ai pullman che si capisce il consenso di questo o quel campione. Averlo visto al Giro o in qualche Tour di anni fa non basta per raccontarlo oggi. Aiuta, ma non basta. Ogni corsa ha la sua storia, ogni epoca le sue particolarità.

Qualsiasi giornalista che si rispetti, chi scrive per primo, avrebbe voglia di stare fuori ogni santo giorno, ma spesso la sua aspirazione si infrange davanti ai no delle amministrazioni o, peggio ancora, dei direttori. I quali certamente vengono dagli anni in cui il ciclismo era meno presentabile di oggi. E il guaio è fatto.

Il silenzio o l’evidenza ignorata per scelta ha portato agli anni bui da cui Pogacar vuole tenersi giustamente alla larga
Il silenzio o l’evidenza ignorata per scelta ha portato agli anni bui da cui Pogacar vuole tenersi giustamente alla larga

La memoria che aiuta

C’è però un’altra sfumatura nel discorso di Andrea Agostini sulla quale abbiamo ragionato a lungo. La sua frase era venuta fuori parlando dei continui sospetti sulle prestazioni di Pogacar. E’ opinione comune, da noi condivisa, che l’attuale sistema antidoping, il passaporto biologico e la reperibilità Adams siano un ottimo deterrente rispetto alle abitudini malsane di una volta.

Le stesse parole pronunciate ieri da Pogacar nella conferenza stampa danno la sensazione di una generazione meno propensa al compromesso. Forse perché questi ragazzi preferiscono pensare con la loro testa e non ascoltare i consigli di chi già c’era: in questo caso, si dovrebbe definirlo un bene. Aver parlato così significa che il ragazzo ha gli attirbuti, non ha paura di metterci la faccia e si capisce che provi fastidio a dover rispondere per gli errori di gente che correva quando lui non era ancora nato.

Non dimentichiamo però che altre generazioni di corridori giurarono sulla loro trasparenza, in primis sua maestà Lance Armstrong. Salvo scoprire che era tutto finto. Qualcuno scelse di non vedere e ordinò di non farlo. Altri ci provarono e furono messi all’indice. Per questo avere dei giornalisti che ne abbiano memoria non è assolutamente un male. Anzi, forse è una necessità. Ricordiamo bene quando l’irlandese David Walsh fu messo all’indice ed emarginato dallo stesso Armstrong e dai suoi sodali, salvo poi vincere tutte le cause in cui l’americano lo aveva trascinato. Fu lui in qualche modo la chiave per smascherare il programma di doping del team americano.

Nella conferenza stampa di ieri a fine Tour, Pogacar ha usato parole precise: «E’ da stupidi rovinarsi la salute per delle corse»
Nella conferenza stampa di ieri a fine Tour, Pogacar ha usato parole precise: «E’ da stupidi rovinarsi la salute per delle corse»

Il caso di Piccolo

La fiducia è un valore assoluto che va conquistato e mantenuta. Abbiamo applaudito Pogacar perché ci sembra un personaggio credibile, ma verremo meno al nostro lavoro se abbassassimo completamente le antenne e ci fidassimo soltanto di quello che ci viene detto. Questo non significa tornare a un clima di caccia alle streghe o dare un’interpretazione a due tinte di qualsiasi cosa farà Tadej di qui in avanti. C’è già chi lo fa e ci basta.

Significa però osservare, fare la domanda in più e guardarlo negli occhi mentre risponde. Documentarsi e studiare. E questo puoi farlo meglio se ci sei, lo schermo è inaffidabile. Lo sloveno dà la sensazione di essere al di sopra di queste problematiche: evviva per lui, per il ciclismo, per tutti noi. Purtroppo l’episodio che ha coinvolto Andrea Piccolo di recente fa capire tuttavia che il male è ancora nella testa di alcuni atleti. Forse mal consigliati da personaggi del passato. Forse incapaci di pensare che si possa andare avanti con le proprie forze. Oppure forse dediti ad altro e convinti di aver trovato il modo per fare meno sacrifici.

Il Tour del 2024 ha offerto decine di spunti che sono stati colti bene dagli inviati presenti sul posto
Il Tour del 2024 ha offerto decine di spunti che sono stati colti bene dagli inviati presenti sul posto

Racconta, non fare il furbo

In questo mondo che è cambiato tanto, davvero gli unici a non essere cambiati (forse in parte) siamo noi? C’è bisogno soprattutto di giornalisti bravi: conoscerne arricchisce e possiamo garantirvi di averne incontrati tanti sulle strade del Tour, anche molto giovani, ma animati da quel fuoco speciale che riconosci se l’hai addosso. Persone disposte a non avere orari, a lavorare (se serve) nel cuore della notte e a guidare per centinaia di chilometri, per portare a casa una storia originale. Racconta – diceva un vecchio maestro, purtroppo inascoltato – non fare il furbo. Per gente così a bici.PRO c’è sempre posto. Quelli che rielaborano i loro articoli copiando, incollando e rassegnandosi all’omologazione, continuino pure sulla loro strada. Ma forse questo mondo che così tanto è cambiato di loro davvero non ha bisogno.

Gare tra gli U23 anche da pro’: Rossato spiegaci tu

22.07.2024
5 min
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Giovani, professionisti e professionisti giovani: ormai sempre più spesso vediamo questa commistione tra devo team (o team satellite) e prime squadre. Una commistione che sta variando rispetto a qualche tempo fa. Oggi si mischiano le gare tra le due categorie sempre di più e questa regola vale anche per chi è “più” pronto.

Oggi, chiaramente nel rispetto dei limiti d’età, si passa da una corsa under 23 ad una con i professionisti. Il che non è una novità, ma quello che abbiamo visto quest’anno in VF Group-Bardiani ci ha un po’ sorpreso. 

Prendiamo il classico esempio di Giulio Pellizzari. In inverno già si sapeva che avrebbe disputato il Giro d’Italia dei pro’, dopo qualche gara con i pro’ vedi il Laigueglia e la Coppi e Bartali, comunque ricca di giovani, è stato poi portato al Giro del Belvedere e poi al Palio del Recioto. Una scelta su cui riflettere. E le riflessioni le abbiamo fatte direttamente con Mirko Rossato, direttore sportivo che ha in cura il settore giovanile della VF Group-Bardiani.

Rossato in riunione con i suoi ragazzi al Giro della Valle d’Aosta
Rossato in riunione con i suoi ragazzi al Giro della Valle d’Aosta
Mirko, siete la squadra che per prima in Italia ha insistito forte sui giovani, nella spola tra professionismo e dilettantismo ci ha colpito il fatto di far fare gare U23 anche a corridori più maturi, sempre under 23 ovviamente. Pensiamo a Pellizzari, ma anche a Pinarello.

Innanzi tutto è un discorso di programmazione che si fa ad inizio anno per tutti i corridori. Nel caso di Pellizzari e Pinarello, ma anche degli altri che hanno già due o tre anni di attività tra gli under 23, non è altro che un’attività progressiva.

In che senso?

Nel senso che l’attività con i professionisti va fatta in modo crescente. Pian, piano poi quando vedi che i ragazzi sono pronti e possono affrontare le gare dei professionisti allora gli fai fare un’attività con loro. Il tutto come accennavo legato anche ad un discorso di programmazione generale per l’attività con i pro’.

Spiegaci meglio.

Devi sempre sistemare e programmare le varie formazioni con gli altri ragazzi del team più vecchi di loro. In breve: non puoi lasciare a casa un Marcellusi, un Tonelli o un Covilli per far correre il giovane a discapito di quello più grande. Noi abbiamo la fortuna che i nostri ragazzi possono fare l’attività elite, ma quella under 23 non va dimenticata nella programmazione. Serve, perché  comunque sono ancora giovani e serve anche perché in questo modo mantengono il piglio di correre per vincere e non per partecipare. E questo è importante.

Pinarello al Tour of the Alps, anche lui classe 2003 come Pellizzari, ha fatto gare con i pro’. Presto il salto avverrà anche per lui
Pinarello al Tour of the Alps, anche lui classe 2003 come Pellizzari, ha fatto gare con i pro’. Presto il salto avverrà anche per lui
Sei entrato nel pieno del discorso. A forza di prendere legnate con i pro’ magari si rischia di abbatterli moralmente. E questo vale anche per chi magari ha già due se non tre stagioni di spola tra under 23 e pro’?

Va che comunque ci sono delle situazioni di gara anche negli under 23 molto interessanti. In questa categoria vanno forte, fortissimo e almeno in certe gare non c’è poi una grande differenza tra i grandi e i piccoli. Al tempo stesso però il livello è talmente alto tra gli stessi pro’ che il giovane mediamente fa fatica, pertanto cerchi di lavorare anche a livello psicologico. 

Sembra un passo indietro ma non lo è…

Se tu gli dai degli obiettivi dove può far bene già questa da sola è una buona cosa. Fatto questo, ogni tanto li metti con i grandi. In questo modo cosa succede? Che gli lasci la possibilità di avere sempre una mentalità vincente, ma nello stesso tempo quando vanno con i grandi sanno che devono fare esperienza e crescere senza troppe pressioni… ecco questo è l’obiettivo di squadra. Faccio un esempio.

Vai…

Per l’anno prossimo, avendo preso altri ragazzi juniores, Pinarello, Scalco, Palletti, Conforti, Biagini faranno un’attività maggiore con i professionisti e io lavorerò di più con i nuovi arrivati. Ma questo non significa che gli stessi terzi anni anni non facciano qualche gara importante negli under 23.

La programmazione parte dall’inverno e coinvolge sia i giovani che i più grandi
La programmazione parte dall’inverno e coinvolge sia i giovani che i più grandi
Il criterio di questo “yo-yo” dunque è quello di un passaggio al professionismo incrementale?

Abbiamo sempre fatto così. Quando siamo partiti con questo progetto abbiamo iniziato a fare un’attività under 23 di alto livello, correndo le gare più importanti, confrontandoci sempre con i migliori under 23 al mondo. Ed è questo confronto di qualità che ci permette di capire davvero il livello dei ragazzi. Al primo anno, verso fine stagione gli facciamo fare un po’ di attività con i professionisti. L’anno successivo, gli riduciamo le gare under e magari fanno un’attività che è “50-50”. Al terzo anno, magari sarà un 80 per cento con i professionisti e un 20 con gli under.

Quando capisci che un ragazzo è pronto per correre anche con i pro’?

Quando il ragazzo under 23 è in condizione e va forte in questa categoria. Allora può competere con i grandi, cercando di finire le corse. Perché attenzione: è importante finire le corse dei pro’ altrimenti non migliori. Quindi quando vediamo il rendimento in corsa, quando vediamo che i valori sono buoni allora capiamo che il ragazzo è pronto e che quello è il momento giusto per fargli fare il salto.