Il quartetto, il cambio sbagliato, l’oro delle ragazze. Vignati racconta

21.08.2024
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In procinto di partire per le Paralimpiadi, che commenterà su Rai Sport accanto a Stefano Rizzato, Pierangelo Vignati ci riporta con il suo racconto agli eccitanti giorni in pista di Parigi 2024. Li ha vissuto ugualmente in cabina RAI accanto a Francesco Pancani. Vignati, ex atleta emiliano classe 1970, dopo qualche trascorso da atleta normodotato, ha partecipato e vinto l’oro nell’inseguimento individuale alle Paralimpiadi di Sydney del 2000. Il suo reclutamento in RAI risale agli scorsi mondiali di Glasgow. Pancani aveva bisogno di un supporto per commentare il quartetto, gli mise una cuffia e lo mise alla prova. Test superato in modo brillante, al punto da portarlo a Parigi.

Che cosa ha visto Vignati nei giorni della pista? Quali sono stati gli episodi più stimolanti da raccontare? Gli abbiamo proposto di riportarci laggiù e lo abbiamo sommerso di domande. Ecco le sue risposte.

Pancani e Vignati, la coppia RAI per la pista olimpica. Alle Paralimpiadi arriverà Stefano Rizzato
Pancani e Vignati, la coppia RAI per la pista olimpica. Alle Paralimpiadi arriverà Stefano Rizzato
Pierangelo, come è stato seguire le Olimpiadi in pista? Faticoso, emozionante..

Entrambe. Faticoso perché ti devi preparare e ti devi ricordare le cose. Devi essere anche fortunato di alloggiare nella parte giusta. C’è chi ogni giorno faceva 45 minuti per andare in velodromo, noi con la Rai eravamo a pochi metri e questo ci ha aiutato molto. Con le Paralimpiadi sarà diverso. Saremo in centro a Parigi, quindi lontani dalla pista e anche dai luoghi in cui si correranno le prove su strada, che non saranno gli stessi. E’ stato emozionante, invece, perché è stata la mia prima Olimpiade. Sono stati un’emozione proprio il contesto e il ruolo che mi hanno cucito addosso. Stare accanto a Pancani rende tutto più semplice, ti mette in condizione di dare il 110% senza che te ne renda conto.

Il commento tecnico di una gara su strada può essere lento per lunghi tratti, invece le gare in pista durano poco: quanta concentrazione serve per accorgersi di tutto?

Fa parte anche quello della fatica della pista. E’ quasi come correrla. Nella mia storia, nonostante la mia disabilità dalla nascita, ho avuto la fortuna di correre in pista sia con i normodotati e poi con i paralimpici. In più sono sempre stato uno molto curioso e attento. So perfettamente che quando vai a vedere una madison non la guardi dall’interno della pista, ma da fuori per avere una visione completa, quindi sugli spalti sei in una posizione privilegiata. Certo, non abbiamo citato la caduta dei tedeschi, l’unica cosa che non abbiamo colto, ma il resto l’abbiamo beccato tutto, soprattutto la conta dei giri. Chi fa la madison deve sapere dove si trova, guardare il suo compagno, guardare il tabellone e guardare come si sta sviluppando la gara. E anche lì quando fai una telecronaca, devi guardare queste cose. Devi avere sotto occhio il tabellone, il punteggio e capire dove è il compagno, per capire quando parte lo sprint finale.

Come te la sei cavata?

Sono stato col profilo molto basso dal punto di vista tecnico, perché mi è stato detto di cercare di far capire più che altro come si sviluppavano le gare. Spiegare a chi non le ha mai viste come funziona e come si decidono. Cos’è l’americana, l’omnium, l’inseguimento a squadre. Come funzionano, le dinamiche, tutta la tattica. E devo dire che chi mi ha ascoltato, non essendo del ciclismo, mi ha detto di aver capito. Non è tanto per il complimento, ma sono contento perché abbiamo raccontato tutto in modo chiaro. Pancani e Rizzato sono bravissimi. Stefano è giovane ed è molto computerizzato, ma è veramente una macchina da guerra. Il suo è il nuovo modo di fare giornalismo in tv, è veramente preparato e meticoloso in tutto e per tutto. Pancani è un archivio storico vivente. Ha il suo librone, prende appunti, segna tutto. Sono due diversi tipi di giornalismo, però entrambi ottengono lo stesso risultato in due modi differenti.

Avevate spesso contatti con il box azzurro?

Per scelta ho lasciato tranquillo Marco Villa. Ho parlato di più con Ivan Quaranta, perché ho corso con lui. Ho cercato di carpire un po’ di informazioni da Diego Bragato, ma da quella parte c’era un silenzio assordante. Villa ha deciso di tenere un velo di segretezza su quello che stavano facendo. Ha fatto una riunione e ha detto che tutte le decisioni sarebbero dovute rimanere riservate.

Vedendoli da lì, si capiva che il quartetto non fosse quello di Tokyo e avesse qualcosina in meno?

Sì. Più che si è capito che gli altri avessero qualcosa di più. Non eravamo gli stessi di Tokyo, però quel bronzo vale quanto l’oro. Ci hanno abituati a vincere e fare il record del mondo, però il bronzo tre anni dopo è una grande conferma. E’ un bronzo che pesa, calcolando anche le dinamiche. Nelle qualifiche non mi sono piaciuti. In semifinale non mi sono piaciuti per nulla, addirittura pensavo che non passassero. C’è stata troppa confusione nel giro e 200 metri di Consonni e secondo me non se lo aspettavano. Invece nella finale del bronzo, anche se Consonni ha fatto la stessa cosa, il quartetto è stato più fluido e si è visto che stava funzionando. Tanto che poi i danesi si sono disgregati. Quando ho visto luce prima del terzo danese, ho capito che era andata. Consonni a quel punto non lo staccavano neanche se gli tiravano una badilata sui denti...

Simone è stato eroico in quel frangente e quando è ripartito dopo la caduta.

E ricordatevi che la madison erano 50 chilometri corsi a più di 60 di media. Alla fine, quando volavano via, era per l’esaurimento delle forze. Sembrava che svenissero, al punto che tutti sapevano che cosa avrebbero fatto i portoghesi e glielo hanno lasciato fare indisturbati. Non ne avevano per provare a tenerli.

Cambio sbagliato, Consonni è caduto, ma riparte con la rabbia in volto. Per Vignati una foto da mostrare ai giovani
Cambio sbagliato, Consonni è caduto, ma riparte con la rabbia in volto. Per Vignati una foto da mostrare ai giovani
L’Italia ha pagato la caduta, ma è stata una caduta che abbiamo provocato noi. Se ne è parlato poco.

All’inizio pensavo che si fosse proprio toccato con Elia. Invece poi nel rallenty, ho visto che la caduta è avvenuta proprio durante il cambio. Simone andava troppo piano in quel momento. E poi con i manubri stretti che hanno ora, a volte cambiano tenendo la mano sotto e non sopra (foto di apertura, ndr). La mano sopra permette di avere un controllo più stabile della bici, con la mano sotto rischi di perderla. Questo è un aspetto che va considerato.

In più la caduta c’è stata in una fase piuttosto concitata…

Mancavano 26-27 giri dalla fine e in postazione ci siamo guardati e abbiamo temuto che avessero perso tutto. C’è stato un momento di panico, non si capiva più nulla. C’erano i neozelandesi all’attacco e per fortuna, non so per quale motivo o per quale santo in paradiso, hanno mollato. Se avessero insistito, saremmo arrivati quarti. In quel momento sono partiti i portoghesi che hanno fatto lo sprint e conquistato il giro. Bravi loro. Noi ce la siamo giocata bene.

Visto che faccia Consonni quando è ripartito?

Abbiamo visto tutti la foto, che è bellissima. Bisognerebbe farla vedere ai giovanissimi per spiegare cosa vuol dire la grinta in bicicletta. A quel punto non sapevamo che botta avesse preso e cosa potesse accadere. L’unico errore probabilmente è stato il cambio per l’ultimo sprint. Hanno cambiato troppo tardi, hanno rischiato perché è naturale che la dovesse fare Elia. Forse se avessero cambiato prima, sarebbe rimasto agganciato ai primi e a quel punto avrebbe potuto cercare di vincere l’ultimo sprint. 

Il 9 agosto 2024, Guazzini e Consonni sono diventate campionesse olimpiche della madison
Il 9 agosto 2024, Guazzini e Consonni sono diventate campionesse olimpiche della madison
Invece Vignati come ha vissuto l’oro di Guazzini e Consonni?

E’ stato esaltante, la gara perfetta: la dimostrazione che avere coraggio premia. Solo due squadre hanno conquistato il giro: l’Italia e l’Australia. Le nostre sono uscite da sole, hanno conquistato il giro e hanno iniziato a fare poi la gara. Però restava un po’ di dubbio. Adesso cosa succederà? Hanno consumato troppo? Hanno chiesto troppo? Si staccheranno? Capita spesso che vai a prendere il giro e poi non riesci più a stare agganciato. Queste ragazze invece hanno dimostrato un grande coraggio, che poi è stato veramente premiato. Ed è bello perché è una medaglia che valorizza tutto il resto. La spedizione del ciclismo, compreso il Ganna nella crono, torna a casa con un oro, due argenti e un bronzo. Assolutamente un grande bilancio.

Mercato in fermento. Da Alaphilippe alla Tudor, al futuro di Remco

21.08.2024
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La stagione è ancora nel pieno e il mercato è ufficialmente aperto. In realtà non si chiude mai, ma dal primo agosto i contratti possono essere ufficializzati. E così ecco che sono già arrivate le prime “bombe di mercato”. Quali bombe? Bettiol all’Astana-Qazaqstan in presa diretta e Alaphilippe alla Tudor, dalla prossima stagione.

Ma le novità sono numerose. C’è un bel caos in atto. Sono oltre 70 gli scambi (compresi i passaggi interni tra devo team e prima squadra) ufficializzati nell’ultimo mese, tra gli uomini.

E non vanno dimenticate le grandi manovre di mercato al femminile, come Vollering alla Fdj Suez (non ufficiale) insieme alla Labous. Longo Borghini via dalla Lidl-Trek e il ritorno su strada, questo sì ufficiale, della neocampionessa olimpica di mtb, Pauline Ferrand Prevot alla Visma-Lease a Bike.

Bettiol è passato ufficialmente dall’EF Education all’Astana-Qazaqstan dal 15 agosto scorso
Bettiol è passato ufficialmente dall’Ef Education all’Astana-Qazaqstan dal 15 agosto scorso

Astana internazionale

Partiamo proprio dall’Astana di patron Vinokourov. In attesa del main sponsor dalla Cina, XDS Carbon-Tech (si sono già fatti dei passi in avanti per quel che riguarda le bici 2025), ci sono stati già dei bei cambiamenti. Per un Bettiol e un Wout Poels che arrivano c’è un Lutsenko che parte. Alexey è stato una colonna di questo team e del ciclismo kazako. La sua partenza è una piccola rivoluzione, per questa squadra che inizia ad uscire con sempre maggior insistenza dai confini nazionali.

Smetteranno Morkov e Cavendish, due posti importanti che certamente saranno rimpiazzati, anche da corridori italiani. Uno di questi è Romele, già nelle fila kazake, ma del devo team, che passa in prima squadra. Mentre alcune voci dicono che Battistella, in scadenza di contratto, potrebbe cambiare aria, ma un altro atleta italiano, ora nel WT, potrebbe raggiungere i turchesi.

Il team kazako ha fame di punti e cercherà di restare nella massima categoria con le unghie e con i denti. Non sono esclusi altri colpi importanti.

Rumors danno Tratnik (in scadenza di contratto) in rotta verso la Red Bull-Bora del grande amico Roglic
Rumors danno Tratnik (in scadenza di contratto) in rotta verso la Red Bull-Bora del grande amico Roglic

Intrecci Red Bull e Soudal 

Chi sta continuando la sua trasformazione, come ci diceva anche Benedetti ieri, è la Red Bull-Bora. Non solo grandi Giri nel mirino. Qui si vuol crescere su più fronti: settore giovanile, classiche, crono. Presi i giovani Fisher-Black, Phitie e soprattutto il nostro Pellizzari, c’è stata un’enorme fuoriuscita di corridori storici, tra chi termina la carriera e chi cambia squadra. Per esempio Buchman passa non senza qualche strascico polemico alla Cofidis. Kamna va alla Lidl-Trek. Via anche Jungels e Schachmann, rispettivamente a Ineos-Grenadiers e Soudal-Quick Step, team con cui ci sono possibili intrecci.

Al contrario della Red Bull-Bora, proprio la Soudal-Quick Step si stringe sempre di più attorno ad un uomo, il suo simbolo: Remco Evenepoel. Schachmann è stato preso proprio per aiutare Remco e in tal senso sembra ci sia un’opzione per i fratelli Paret-Peintre. E anche il fatto che Alaphilippe lascerà il team è indicativo. La vecchia guardia non c’è quasi più, visto che anche Asgreen andrà via, alla Uno-X.

La squadra di Lefevere per le classiche delle pietre non è più quella corazzata di un tempo. Per ora almeno, lasciamogli crescere i ragazzi in casa. Tutto da vedere è invece il ruolo di Ethan Hayter, che arriverà dalla Ineos.

Ma c’è un altra cosa che lega questi due team in questa fase del mercato, il rumors forse più importante di tutto il mercato: Remco Evenepoel, proprio lui.

Il brand austriaco della nota bibita vuole allestire un colosso al pari di UAE Emirates e Visma-Lease a Bike. E così sembrano fare rotta sul team di Ralph Denk: Remco, Tratnik, i due Van Dijke (anche loro della Visma) e Tom Pidcock.

Ethan Hayter: pistard, cronoman, finisseur e gregario: la Ineos-Grenadiers perde un nome importante
Ethan Hayter: pistard, cronoman, finisseur e gregario: la Ineos-Grenadiers perde un nome importante

Ineos, che fai?

Il nome di Pidcock ci porta in casa Ineos-Grenadiers. Il folletto di sua maestà ha un indizio super pesante che lo dirotta verso il team tedesco: lo sponsor personale che guarda caso è proprio Red Bull. Voci vicine al team, hanno riferito che Tom non sia stato felicissimo di essere schierato al Tour. Lui si sente biker e vuole fare più gare in mtb. Magari alla Red Bull avrebbe più carta bianca e meno pressioni visti i tanti campioni presenti.

Accantonata la voce che vorrebbe un massiccio ed oneroso affondo su Evenepoel (più che improbabile ormai per il 2025), ci si chiede davvero cosa farà questa ex super potenza del ciclismo moderno. Si dice che anche il patron di Ineos voglia investire parecchio, ma per ora non c’è il mega big e per di più hanno perso anche i due Hayter.

Sui giovani Ineos è stata brava ma non formidabile, cosa che ci si sarebbe aspettato vista l’assenza, almeno in questa fase della sua storia, appunto del super nome. Non dimentichiamo che partono anche Narvaez, destinazione UAE Emirates, e Viviani che è in scadenza di contratto. Carlos Rodriguez e Joshua Tarling saranno in grado di “reggere la baracca”?

Gemelli ancora più rivali l’anno prossimo. Simon Yates, in primo piano, passerà alla Visma-Lease a Bike per supportare Vingegaard
Gemelli ancora più rivali l’anno prossimo. Simon Yates, in primo piano, passerà alla Visma-Lease a Bike per supportare Vingegaard

L’eterna sfida

Ed eccoci alla sfida tra UAE Emirates e Visma-Lease a Bike. Su carta sembra difficile rinforzare due squadre così, specie la UAE. E non facciamoci ingannare dall’annata non troppo fortunata dei gialloneri, la sua rosa resta super. In ogni caso, anche per Vingegaard è stato preso uno Yates, Simon chiaramente. I due gemelli saranno più rivali che mai in questo derby per il dominio del WT e del Tour de France.

Sarebbe curioso sapere se Simon rivelerà qualche info “da spionaggio” che il fratello magari gli confessava quando ancora non sapeva del suo passaggio alla Visma.

In ogni caso, UAE ha preso Narvaez, corridore poliedrico che potrà essere utile alla causa delle classiche e non solo. E sempre in ottica classiche ha preso Florian Vermeersch, un bel bestione dalla Lotto-Dstny. 

Il mercato della Visma di contro, oltre a Simon Yates, ha visto l’arrivo di Axel Zingle, Victor Campenaerts e Mike Teunissen. 

In tutto ciò bisognerà vedere come andranno le cose per due big di questi team: Ayuso e Van Aert.

Si dice che lo spagnolo vorrebbe cambiare aria, perché soffocato da Pogacar, ma Matxin ha negato tutto. Mentre per Van Aert vale un po’ il discorso fatto per Pidcock circa lo sponsor: anche lui è Red Bull. Però è anche vero che il patron della Visma, da sempre “innamorato” di Wout, non lascerà andare via una figura così importante sia sul fronte tecnico che su quello del marketing per i suoi supermercati tra Belgio e Olanda. Wout è popolarissimo. E poi anche la Red Bull-Bora non può mica prenderli tutti, tutti!

Speriamo per la Tudor che quanto visto a San Sebastian tra Alaphilippe e Hirschi siano prove di attacco insieme e non di rivalità
Speriamo per la Tudor che quanto visto a San Sebastian tra Alaphilippe e Hirschi siano prove di attacco insieme e non di rivalità

Tudor regina 

Per il resto ci sono tanti altri “piccoli”, ma interessanti, movimenti. Uno è il passaggio di Lenny Martinez dalla Groupama-FDJ dove era cresciuto alla Bahrain-Victorious. Con Tiberi qui si vuol formare la coppia del futuro.

E in generale è interessante vedere il mercato dei tanti movimenti dei team francesi, tra giovani e corridori affermati che cambiano. In tal senso una vera rivoluzione sta interessando la Cofidis. Via Zingle, Guillame Martin (alla Groupama-Fdj) e Geschke (fine carriera) la squadra biancorossa ha già preso sei atleti e altrettanti ne dovrebbero arrivare. Tra questi in “nomination” ci sarebbe anche Lorenzo Rota, a fine contratto con la Intermarché-Wanty.

Infine, è ottimo il mercato del Tudor ProCycling Team. Patron Cancellara ha preso, come detto in apertura, Julien Alaphilippe, ma anche un altro big: Marc Hirschi. Senza contare Marco Haller, ottimo in funzione di questi due acquisti. E altri tre corridori dal loro devo team.

Tanta carne al fuoco insomma e non è finita qui. Vedremo cosa ci riserverà l’autunno. Gli scambi dell’ultimo minuto spesso hanno lasciato il segno più di altri, proponendo per la stagione successiva corridori affamati.

Un mese da leone, seguiamo da vicino Manuel Oioli

21.08.2024
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Manuel Oioli sta quasi ritrovando Manuel Oioli, l’atleta che sulla salita di Fosdinovo al Lunigiana del 2021 polverizzò il precedente record di un certo Tadej Pogacar. Ci riuscirono in nove, a dire il vero, aprendo la porta sull’accelerazione dei ciclismo giovanile rispetto ai tempi recenti del fenomeno sloveno. Da allora Olioli passò nella Fundacion Contador come under 23 e poi ne venne via, approdando lo scorso anno alla Q36.5. E se l’inizio di stagione non è stato dei più esaltanti, i risultati dell’ultimo mese evidenziano un deciso cambio di rotta. Le vittorie della Coppa Medicea e del Trofeo Città di Brescia (in apertura, foto Team Q36,5), unite ai podi di Poggiana e Capodarco, lo propongono fra gli U23 di riferimento del momento. Per questo il cittì Amadori lo ha inserito nella rosa di coloro che potrebbero correre gli europei, mentre forse il percorso del mondiale potrebbe essere troppo duro.

«Non posso lamentarmi di come stanno andando le cose nell’ultimo mese e mezzo – spiega – ma questo non significa che possa adagiarmi. Non sono neanche professionista, quindi voglio migliorare ancora. Sto andando, forte però sono consapevole che nel professionismo queste prestazioni sarebbero niente. Quindi non sono ancora il Manuel che vorrei, però posso dire che a inizio stagione speravo di arrivare ad agosto esattamente con questa condizione».

Il 2024 di Oioli era partito al Tour of Antalya, gara fra i pro’
Il 2024 di Oioli era partito al Tour of Antalya, gara fra i pro’
Vai forte ad agosto perché è il tuo periodo?

Storicamente da sempre vado forte in questi mesi, più che nella prima parte di stagione, quindi un po’ me lo aspettavo. Non posso recriminare niente sulla preparazione o altro, non ho avuto intoppi, è solo che comincio ad andare forte da luglio.

Non sei ancora professionista: è l’obiettivo di quest’anno?

Sì, davvero sì. L’ho detto già all’inizio della stagione che quest’anno sarei voluto passare. Il 2023 si è chiuso bene con il successo al Trofeo Del Rosso, ma onestamente quest’anno fino alla prima vittoria, quindi fino a Brescia, ero consapevole di non aver fatto abbastanza. Dopo due vittorie e i due podi in gare così importanti, penso di aver guadagnato in consistenza. Il mio piano A sarebbe quello di diventare professionista alla Q36,5 e spero che mi prendano. Il problema è che non so quanti posti abbiano per l’anno prossimo, per cui non si sa ancora molto, anche se un interessamento c’è stato.

Quanto e in cosa il Manuel di quest’anno è più forte da quello del 2023?

Se guardo tutti e tre gli anni da under, anno per anno, quello che si nota di più è stata la resistenza. Non dico la salita, perché ho visto che in una gara come la Firenze-Viareggio non ho ancora i numeri dei più forti. Però invece sulla resistenza in una gara come Capodarco, con otto giri duri in cui si fa la differenza negli ultimo due o tre, mi sono visto tanto migliorato. L’anno scorso non avrei mai pensato di giocarmi la vittoria in una gara come quella.

Oioli terzo a Capodarco, alle spalle di D’Aiuto e Dunar, su un percorso durissimo
Oioli terzo a Capodarco, alle spalle di D’Aiuto e Dunar, su un percorso durissimo
Perché?

Sono partito con qualche dubbio. Sapevo di stare bene, perché a Poggiana ero andato forte anche in salita, però Capodarco è dura. Sono partito, ho visto che nei primi giri facevo fatica, però c’ero. Di solito mi sblocco col passaggio dei chilometri, quindi mi sono detto che magari sarei arrivato a fare il  finale. Anche quando facevo più fatica, ho tenuto duro. Ho sempre cercato di rientrare usando l’intelligenza in discesa e in pianura. E poi negli ultimi 3-4 giri, ho visto che di gambe ero con i migliori e ho pensato che me la sarei giocata. Ho scelto una tattica un po’ attendista che poi non ha premiato, perché sono andati via D’Aiuto e il ragazzo slovacco. Io ho preso quella decisione e ho chiuso terzo, però ero al loro livello e questo è importante.

Perché Capodarco è dura, visto che sei uno di quelli che batté il famoso record di Pogacar a Fosdinovo?

Premesso che ogni gara è diversa e sarebbe sbagliato fare paragoni, vedo che gli juniors di adesso vanno ancora più forte. Ho guardato i tempi della Collegno-Sestriere, in cui avevo fatto secondo, proprio come quest’anno il figlio di Ivan Basso. Guardando i tempi su Strava, i suoi sono tutti più bassi dei miei. In generale, ma negli juniores in particolare, il livello si alza sempre di più. Sicuramente quando Pogacar ha fatto il Lungiana, gli juniores erano molto più simili agli allievi che agli under 23. Invece adesso la loro preparazione è molto simile a quella dei grandi. Io mi sono trovato in una fase di passaggio.  Erano anni in cui qualcuno passava direttamente al professionismo, ma era ancora una cosa strana. Si diceva ancora che di Evenepoel ce n’è uno solo, per cui chi passava presto era una sorta di pioniere. Penso che se avessi vinto oggi due tappe al Lunigiana e poi fossi arrivato nella top 10 dell’europei, probabilmente sarei passato diretto in una WorldTour.

Pentito di qualcosa nel tuo percorso?

No, perché io avevo già dato parola alla Eolo e non mi sarebbe piaciuto tornare sui miei passi. Non è neanche detto che passare subito professionisti sia la cosa migliore. Il rammarico semmai è che avrei potuto migliorare prima, allenandomi in maniera un po’ diversa da primo e secondo anno U23, però meglio averlo fatto ora che mai.

Giro della Lunigiana 2021, Oioli vince a Fosdinovo con un tempo migliore rispetto a quello di Pogacar
Giro della Lunigiana 2021, Oioli vince a Fosdinovo con un tempo migliore rispetto a quello di Pogacar
Pur essendo in un devo team, hai fatto pochi giorni di gara con i pro’, come mai?

Penso che ne farò un paio ancora entro fine stagione. Nella squadra c’è una diversa gestione degli stagisti, per noi non c’è una programmazione e anche giustamente. Alla fine hanno la precedenza i corridori della professional e se ci sono dei buchi, ci va uno di noi.

Non hai fatto il Giro Next Gen con la squadra, per motivi misteriosi, ma lo hai fatto con la nazionale. Sarebbe cambiato qualcosa andando con la Q36,5?

A livello di prestazione, secondo me no, perché oggettivamente non ero al top della mia forma. E in una corsa come il Giro, con un livello così alto, se non sei al top fai fatica. Mi è dispiaciuto più che altro perché per tutto l’anno lo staff ha lavorato sodo per noi e alla fine non si è fatta la corsa più importante. Proprio per questo devo ringraziare il nostro diesse Nieri che ha spinto perché corressi con la nazionale.

Ci sono degli appuntamenti entro fine stagione in cui mettere in mostra il miglior Oioli?

Vediamo se sarò agli europei, poi gli appuntamenti a cui tengo di più sono il Giro del Friuli e la Ruota d’Oro. E vedremo se per fine stagione sarò riuscito a trovare il miglior Oioli e se questo mi porterà nel gruppo dei più grandi.

Mondiali juniores in pista, le ambizioni delle ragazze azzurre

21.08.2024
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Siamo dall’altra parte del mondo, a più di ottomila chilometri da noi, nella zona est della pianura centrale della Cina a Luoyang, una delle sette antiche capitali del Paese ed ora metropoli (almeno per noi) di quasi sette milioni di abitanti. Nel velodromo cittadino proprio oggi in questi minuti si stanno aprendo i mondiali juniores in pista che andranno in scena fino al 25 agosto.

Al termine di una serie di voli e coincidenze, il gruppo azzurro è arrivato laggiù il 17 agosto per il necessario ambientamento dovuto alle sei ore avanti di fuso orario. Assieme a Fabio Masotti abbiamo cercato di capire quali possono essere le ambizioni della pattuglia femminile, visti gli europei di Cottbus a luglio (un oro, tre argenti e quattro bronzi) e tenendo conto dei buoni risultati ottenuti nella rassegna iridata un anno fa a Cali in Colombia. Come sempre al tecnico friulano è toccato il lavoro intenso con le giovani durante il periodo delle Olimpiadi, mettendo da parte anche la possibilità di andare a Parigi, ma lui sa che questo appuntamento vale quasi alla stessa maniera, specie in chiave futura.

In Cina il gruppo endurance è formato da Siri, Iaccarino, Giordani, Sgaravato, Baima, Pegolo e Sanarini
In Cina il gruppo endurance è formato da Siri, Iaccarino, Giordani, Sgaravato, Baima, Pegolo e Sanarini
Fabio, partiamo subito dalle convocate. Chi sono?

Abbiamo un bel gruppo di juniores e quindi abbiamo potuto fare scelte molto simili all’anno passato, col solito turnover tra europei e mondiali, guardando anche alla condizione delle ragazze. Ovvio che quelle che si sono distinte maggiormente nella doppia attività vengono prese maggiormente in considerazione. A Luoyang sono in nove. Matilde Cenci e Siria Trevisan faranno la velocità. Asia Sgaravato, Linda Sanarini, Anita Baima, Chantal Pegolo, Irma Siri, Arianna Giordani e Virginia Iaccarino invece faranno le discipline endurance. In ogni caso ci tengo a sottolineare che non ci sono bocciature per chi è rimasto fuori dagli europei o dai mondiali.

Team Sprint d’oro. Fabio Masotti con Napolitano, Minuta e Predomo ai recenti europei U23 in pista a Cottbus
Team Sprint d’oro. Fabio Masotti con Napolitano, Minuta e Predomo ai recenti europei U23 in pista a Cottbus
L’avvicinamento com’è andato?

Ci siamo allenati bene a Montichiari. Compatibilmente con i loro impegni su strada, in totale abbiamo fatto quasi due settimane intere di sessioni, ripetendo lo stesso lavoro fatto l’anno scorso per Cali mentre c’erano i mondiali elite strada e pista a Glasgow. Sulla base di quello che abbiamo visto agli europei, abbiamo fatto diverse prove e combinazioni sia per il quartetto che per le altre gare di gruppo. Secondo me abbiamo un gruppo di atlete molto equilibrato ed omogeneo che può fare molto bene.

Quanto è possibile replicare i titoli vinti nel 2023 in Colombia?

L’anno scorso non nascondo che sia stato facile raccogliere certe vittorie con un’atleta come Venturelli. Avevamo portato a casa tre ori, due argenti e due bronzi. Alcune di queste medaglie erano state una sorpresa. Quest’anno vorremmo riconfermarci, come abbiamo fatto a Cottbus, e sarebbe un bel risultato proprio perché non abbiamo un riferimento come Federica. Gli stimoli non mancano, però allo stesso tempo sappiamo che non sarà semplice perché questa, non mi stancherò mai di dirlo, è una categoria particolare. Poi se volete possiamo fare qualche previsione…

Bianchi, Trevisan e Cenci sono state bronzo europeo nella velocità a squadre. Le ultime due sono state chiamate anche al mondiale
Bianchi, Trevisan e Cenci sono state bronzo europeo nella velocità a squadre. Le ultime due sono state chiamate anche al mondiale
Vai pure.

Ad esempio Baima si potrebbe riconfermare nell’eliminazione. Ha appena vinto l’europeo, lei sta bene e qualcuno può pensare che con un anno in più possa vincere facile un altro oro iridato, ma non sappiamo cosa c’è fuori dall’Italia o dall’Europa. Lei stessa può fare molto bene nella madison con Sanarini, che a sua volta è arrivata seconda al fotofinish all’europeo nell’omnium. Linda e Pegolo sono due ragazze del primo anno e sono state due belle scoperte. Chantal all’europeo è stata argento nello scratch e bronzo nella corsa a punti. C’è anche Sgaravato che sta andando forte da inizio stagione. Ed anche col quartetto (bronzo continentale, ndr) sono fiducioso di una bella prestazione.

Ci sembra di capire che il morale delle juniores è buono alla vigilia di questi mondiali in pista?

Assolutamente sì e non vorremmo il contrario. Tutte le nostre ragazze sono prontissime, pur sapendo che dovranno fare attenzione ad alcune nazionali. Magari nel frattempo hanno trovato la loro Venturelli di turno e fanno saltare il banco. Però non voglio che ci fossilizziamo troppo sui risultati qualora non dovessero arrivare. Personalmente porto sempre l’esempio dei ragazzi del quartetto che hanno vinto l’oro olimpico a Tokyo. Da giovani non avevano raccolto molto in pista, eppure lavorando sodo col passare del tempo sono arrivati al top. Con le juniores bisogna avere pazienza e loro ti ripagheranno.

La fiammata di Crescioli. Che colpo all’Avenir…

21.08.2024
5 min
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Sono passate già alcune ore ma la sua voce trema ancora dall’emozione. Ludovico Crescioli, quasi non ci crede, invece è tutto vero: ha vinto una tappa al Tour de l’Avenir. Sono quasi le otto di sera e l’azzurro sta per scendere a cena.

«Ho finito proprio adesso i massaggi. Tra premiazioni, controlli e tutto il resto siamo andati un po’ lunghi», ha raccontato il toscano.

Crescioli ha così vinto la terza frazione di questo particolare Avenir, che da domani fino alla fine vedrà tanta, ma proprio tanta, salita. 

Ritmi folli in fase di avvio, alla fine la media finale è stata superiore ai 44 all’ora nonostante i circa 2.300 metri di dislivello (foto Tour Avenir)
Ritmi folli in fase di avvio, alla fine la media finale è stata superiore ai 44 all’ora nonostante i circa 2.300 metri di dislivello (foto Tour Avenir)

Tutto nel finale

Verso Plateau d’Hauteville il gruppo regala di nuovo una tappa corsa a ritmi supersonici. «Ben 48 media nelle prime due ore di gara e 44 alla fine, incredibile come vanno e che livello ci sia. Era dura… Morgado, non uno a caso, ieri ha preso quasi 8’», sottolinea il cittì Marino Amadori.

Alla fine la fuga parte. Scappano in sette e dentro c’è anche Pietro Mattio. Ma nel finale, impegnativo e tecnico, tutto si rimescola.

Scatta il tedesco Ole Theiler e su di lui piomba Ludovico Crescioli, che con una volata di gambe lo infilza nettamente.

«Mamma mia che bello – riprende Crescioli – meglio di così non poteva andare. Il finale era bello. Era tutto un saliscendi, insidioso e duro. Davanti non hanno più trovato l’accordo e dietro la Danimarca tirava forte. In più la strada prima di prendere la salita era stretta e così tutti volevano stare davanti. Questo ha contribuito molto a ridurre il gap sulla fuga. 

«Il tedesco ha allungato e io ho dovuto fare un grande sforzo per rientrare. Ho fatto tutto da solo, ho dato il massimo ma ci sono riuscito».

Buon lavoro degli azzurri che hanno centrato la fuga ed eseguito al meglio gli ordini del cittì (foto Tour Avenir)
Buon lavoro degli azzurri che hanno centrato la fuga ed eseguito al meglio gli ordini del cittì (foto Tour Avenir)

Avanti con fiducia

Questa è una vittoria pesante. Un successo all’Avenir vuol dire molto. Ci ritornano in mente le parole del suo diesse alla Technipes #InEmiliaRomagna, Francesco Chicchi, quando dopo il Giro della Valle d’Aosta ci disse che ormai a Ludovico mancava solo la vittoria. Chicchi era sicuro che sarebbe arrivata. Non si sbagliava.

«Una vittoria pesante è vero – dice sempre emozionato Ludovico – in effetti era un bel po’ che non vincevo (questa è la prima vittoria da under 23, ndr), mi mancava un risultato così. Lo avevo messo nel mirino ed ora averlo raggiunto è bellissimo».

«Da domani (oggi per chi legge, ndr) si riparte con una tappa regina. C’è davvero tanta salita e sarà tosta. Ma questa vittoria dà tanta spinta a me e anche agli altri ragazzi. Stiamo tutti pedalando bene. La motivazione è forte.

«In gruppo ne ho visti tanti pedalare bene. Credo che Jarno Widar sia il favorito, ma anche Blackmore mi ha impressionato, si capisce che sono in forma. Ma da domani (oggi, ndr) si vedrà».

Ludovico Crescioli (classe 2003) ha da poco vinto a Plateau d’Hauteville: un successo importantissimo per la sua carriera
Ludovico Crescioli (classe 2003) ha da poco vinto a Plateau d’Hauteville: un successo importantissimo per la sua carriera

Gioia Amadori

«Marino (Amadori, ndr) era contentissimo. Questa vittoria è di tutti gli azzurri», ha concluso Crescioli, ormai finalmente a cena con i compagni.

«Questo è un bel gruppo, alla faccia di chi ci ha criticato – dice Amadori – Non avremo il super leader, ma lo sapevamo, però posso garantire che questi sono i migliori uomini per la salita che abbiamo. Io sono contento, bisogna dargli tempo e ricordare che il nostro motto è: “Siamo qui per crescere e imparare”. Anche nella prima tappa in linea i ragazzi ci avevano provato, ma non erano riusciti a prendere la fuga. Ieri ce l’hanno fatta con Mattio. Pietro sapeva che queste prime due tappe erano le più adatte a lui. Da oggi farà fatica. Gli ordini erano proprio questi: entrare nelle fughe, soprattutto con Mattio».

«Ieri nel finale hanno lavorato in tanti e in pochi avevano le gambe per chiudere ancora, anche per questo Crescioli e il ragazzo tedesco sono riusciti a scappare. Ludovico lo ha rintuzzato. Sì, ha saltato qualche cambio, ma aveva fatto un grande sforzo per chiudere. E credetemi, è stato bravissimo, non era per niente facile visto come era partito».

Clima disteso per i ragazzi di Amadori ieri sera a cena
Clima disteso per i ragazzi di Amadori ieri sera a cena

Testa bassa

Al cittì chiediamo cosa poterci attendere da Crescioli. In fin dei conti è giunto terzo al Valle d’Aosta, gara piena zeppa di salite, e da oggi si prende quota con l’arrivo sulla Rosiere. Arrivo che gli azzurri hanno visionato durante i giorni del Sestriere.

«Crescioli – spiega Amadori – ha fatto un bel calendario quest’anno. Ha corso all’estero, ha fatto belle prestazioni… Ha steccato al Giro Next, ma poi ha fatto bene al Valle d’Aosta, questa vittoria dà morale ma restiamo con i piedi per terra. Ci vorrà pazienza. Inutile fare proclami adesso. Oggi si sale e si scende. Da stasera ne sapremo di più su chi lotterà per la classifica».

Come il gatto col topo, Roglic dà la zampata e riprende la maglia

20.08.2024
5 min
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In cima al Pico Villuercas fa davvero tanto caldo. E forse proprio la fornace spagnola ha trasformato il primo arrivo in salita della Vuelta in un calvario. Gli improvvisi passi a vuoto di grossi nomi come Yates, Kuss, Rodriguez e Carapaz fanno pensare che non sia stata soltanto la salita, che pure è stata di tutto rispetto. Quattordici chilometri e mezzo, con una strappata dal decimo al tredicesimo con pendenze fra 11,8 e 14,6 per cento. Un drittone cementato per trattori, la scorciatoia per evitare i chilometri di troppo della strada principale. E su in cima, anche se il tratto finale spianava scendendo a un più mite 7,6 per cento, il vecchio Roglic ha spiegato le regole del ciclismo al giovane Van Eetvelt. Come il gatto col topo. Il belga aveva praticamente vinto ed era così contento da aver alzato il braccio, nel momento stesso in cui lo sloveno ha dato il colpo di reni, superandolo.

«Quando sei fra i giovani – dice Van Eetvelt – impari che devi continuare a sprintare fin oltre il traguardo. Non ero del tutto sicuro di aver vinto, non ho sentito Roglic arrivare e pensavo di avercela fatta. Non è stato così. Ho un duplice sentimento. Da una parte sono molto soddisfatto della forma che mi permette di giocarmi la vittoria di tappa. Gli ultimi mesi non sono stati facili perché ho combattuto con un infortunio al ginocchio e quindi sono contento. Allo stesso tempo mi sento anche stupido, ma ci saranno ancora opportunità».

Nonostante le grandi pendenze che non ama, Tiberi ha chiuso al quarto posto dietro i migliori
Nonostante le grandi pendenze che non ama, Tiberi ha chiuso al quarto posto dietro i migliori

Tiberi in bianco

A margine dell’incresciosa ingenuità, Van Eetvelt si è detto dispiaciuto di non aver conquistato la maglia bianca, che sarebbe stata un privilegio. Quella infatti se l’è presa in virtù della crono e del piazzamento odierno il nostro Antonio Tiberi, già miglior giovane del Giro d’Italia.

«Sono davvero felice e orgoglioso della tappa di oggi – dice l’azzurro del Team Bahrain Victorious – e dal momento che non ci aspettavamo di fare così bene, per tutto il giorno abbiamo lavorato con la squadra per restare al riparo e al fresco, anche ricorrendo a ghiaccio e acqua. Abbiamo fatto un ottimo lavoro, anche se è stata una tappa super dura per il ritmo imposto dalla Red Bull e per il caldo. Era una salita super ripida, non di quelle che preferisco, ma sono andato più forte che ho potuto. E forse mi sono sorpreso un po’ anche io, dato che normalmente nella prima settimana di un Grande Giro ho sempre bisogno di più tempo per prendere il ritmo. Qui alla Vuelta è un po’ diverso. Mi sento bene davvero da subito, quindi spero di continuare così. Sono super felice di aver indossato la maglia bianca, mi dà un sacco di morale per continuare in questo modo».

Sua maestà della Vuelta

Sua maestà della Vuelta, per averne già vinte tre, s’è ripreso la maglia rossa. Roglic dice che non prevedeva di vincere la tappa e che forse non era neppure nei suoi piani, ma per tutto il giorno è parso eccezionalmente tranquillo e in controllo. Seppure Enric Mas abbia dato a lungo la sensazione di essere ottimamente a suo agio, lo sloveno ha colpito con la ferocia di un cecchino. E dopo il cambiamento di squadra, il ritiro dai Paesi Baschi dopo la caduta in cui tuttavia non subì danni e quello dal Tour con ben più conseguenze, finalmente ha trovato il modo per sorridere.

«Vincere di tappa non era l’obiettivo principale oggi – dice – ma quando vedi i compagni di squadra lavorare così duramente con il caldo, sono felice di essere riuscito a portarla a termine. Di certo non ho chiesto io di fare quel lavoro sulla testa. Se me lo avessero chiesto, avrei detto che non era necessario. E stata una salita dura, molto ripida. Dopo il mio ritiro dal Tour, sto ancora recuperando. Dopo tante ore in bici ho sentito la schiena dare problemi. Speriamo che nei prossimi giorni la situazione non peggiori. Ho continuato a viverla giorno dopo giorno. Perciò adesso cerco di godermi questa vittoria di tappa, perché alla mia età non si sa mai quando sarà l’ultima».

Terzo al traguardo, Almeida ha rintuzzato tutti gli attacchi tranne l’ultimo
Terzo al traguardo, Almeida ha rintuzzato tutti gli attacchi tranne l’ultimo

Almeida sornione

Il vincitore uscente Sepp Kuss si è detto soddisfatto per il passivo di soli 28 secondi alle spalle del suo ex capitano, che aspettava vincente quassù. Dice di non aver avuto le migliori sensazioni, perché il caldo è stato duro e all’inizio dell’ultima salita il gruppo era ancora numeroso e c’era parecchio nervosismo. Chi invece s’è salvato molto bene (al contrario del compagno Adam Yates) è il solito Almeida, che si stacca sugli scatti e poi rientra da par suo.

«E’ stata una giornata molto, molto calda – dice il portoghese – sin dalla partenza. Penso che probabilmente abbia battuto qualche record di temperatura. Il team ha fatto un ottimo lavoro con le borracce e il ghiaccio per tenerci freschi e mantenere alta l’idratazione. E quando siamo arrivati all’ultima salita, eravamo in posizione perfetta, ma ci siamo accorti che era davvero dura. Io mi sono ritrovato con gambe abbastanza buone e in qualche modo sono arrivato terzo al traguardo. E’ stata una giornata positiva per me, per cui continuiamo a far girare la palla e speriamo di riuscire a fare meglio. Spero che Adam (Yates, arrivato a 1’29”, ndr) stia meglio già da domani, in modo che abbia presto risultati e sensazioni migliori».

Kuss immaginava la vittoria di Roglic, ma forse non di perdere 28 secondi
Kuss immaginava la vittoria di Roglic, ma forse non di perdere 28 secondi

Van Aert ha lasciato la maglia rossa all’ex compagno Roglic, raggiungendo il traguardo con 16’44” di ritardo, felice tutto sommato che la gloria sia andata all’amico che ha il suo bel conto aperto con la sfortuna. Domani si arriverà veloci a Sevilla, ma l’indomani si tornerà a salire. La Vuelta è cominciata. E anche se patron Guillen dice che il caldo non sarà determinante, quello che si è visto oggi a 1.526 metri di quota qualche preoccupazione addosso in effetti l’ha messa.

Team Di Federico, il baluardo più a sud del ciclismo femminile

20.08.2024
7 min
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Nel secolo scorso il premio Nobel Thomas Eliot diceva che ciò che conta è il viaggio e non la meta. Una filosofia sposata più o meno consciamente dal Team Di Federico, che si distingue per l’attività esclusivamente femminile con una filiera profonda non tanto nei numeri, quanto più nel modo di vivere il suo percorso agonistico.

Ogni gara che la società abruzzese (con sede a Pescara) disputa è un avvenimento spaziotemporale. Ciclismo abbinato alla crescita personale delle proprie atlete attraverso un viaggio che non può essere uguale a quello delle colleghe, né come durata né come esperienza. Perché quante volte abbiamo detto che fare ciclismo in una determinata zona d’Italia sia particolarmente complicato? E quante volte abbiamo sostenuto che avere dei riferimenti nel movimento giovanile, specie nel femminile, sia importante? Tante volte o forse non abbastanza per entrambe le domande, però una buona parte di risposte sta provando a darle da un po’ di anni proprio la squadra gestita da Edoardo Di Federico, dal quale ci siamo fatti raccontare meglio la loro realtà.

Ai vertici con Ciabocco

Il Team Di Federico attualmente sta vivendo un comprensibile ricambio generazionale, soprattutto se contestualizzato a quelle latitudini italiane. Tuttavia ha conosciuto l’apice per tante stagioni grazie ad Eleonora Ciabocco, indiscutibilmente il miglior gioiello forgiato da loro. Tantissime vittorie della ragazza marchigiana (ben 43 nelle tre categorie giovanili), tra cui molti titoli italiani, fino al passaggio direttamente nel WorldTour alla DSM.

«Siamo ancora in contatto con Eleonora – spiega Edoardo Di Federico con soddisfazione – e ci sentiamo ogni settimana. Ci sta rendendo orgogliosi con il suo processo di crescita. Lei ha fatto la storia della nostra società. Nel 2022 ha vinto il secondo tricolore juniores consecutivo che non accadeva dai tempi di Noemi Cantele a fine anni ’90. Eleonora oltre ai risultati si è contraddistinta per le grandi qualità umane. E’ una ragazza con un’intelligenza molto sopra la media ed io sono certo che nel 2026 sarà una delle migliori in circolazione, anche se spero che già dall’anno prossimo andrà molto forte».

Restiamo sul discorso storico. Come nasce la vostra società?

Quest’anno siamo al decimo anno di attività. Gestiamo la squadra la mia compagna Silvia Trovellesi ed io, entrambi con un passato agonistico (lei tra le elite, Edoardo tra gli U23, ndr). Quest’anno per la prima volta abbiamo esordienti, allieve e juniores, mentre in precedenza facevamo due categorie a seconda delle atlete che avevamo. Tutto è iniziato però con mio padre Lucio (una vittoria al Giro Dilettanti nel ’77 e poi pro’ con Gis e Jollyceramica, ndr) che prese quattro ragazze che correvano nelle gare maschili. Col passare del tempo ci siamo voluti specializzare facendole correre solo nelle gare femminili dove avevano la possibilità di crescere meglio.

Questo ha significato spostarsi per tutta Italia per correre, giusto?

Esattamente. Per noi è diventato un bell’impegno. Quello che le altre società del Nord Italia spendono in materiali tecnici, noi lo spendiamo in trasferte. Per seguire il calendario siamo sempre costretti a partire con un giorno di anticipo, anche nel periodo scolastico che spesso è traumatico. Le nostre ragazze finiscono di studiare sul pullmino con la torcia sui libri. Facciamo sempre spostamenti da almeno 36 ore e suddividendoci tra le categorie. E’ un lavoro di organizzazione e logistica non semplice. A cavallo del Ferragosto ne abbiamo avuto un ulteriore esempio.

Racconta pure.

Siamo partiti il 13 con le juniores per correre il giorno dopo a Vittorio Veneto il Trofeo dell’Assunta. Poi alla sera nel viaggio di rientro mi sono trovato a Bologna con mio padre che mi ha portato esordienti e allieve per andare nella zona di Domodossola dove correvano il 15, mentre lui riportava a casa le juniores. Infine siamo rientrati la sera tardi per Ferragosto. Per noi è sempre così. Onestamente ci rimango un po’ male quando vicinissimo a casa nostra ci sono corse e le squadre del nord non scendono perché sono lontane, preferendo fare un weekend fermi. Peccato, perché poi si rischia di perdere quelle poche gare femminili per mancanza di partecipanti. E il movimento ne potrebbe risentire.

Come si porta avanti un sacrificio del genere?

Noi lo facciamo per passione e ancor prima per il bene delle ragazze. Abbiamo pochi sponsor che ci aiutano e che ringraziamo sempre. Per il resto ci mettiamo tanto del nostro. I conti della società non ridono mai (dice proprio sorridendo, ndr), ma ci togliamo sempre tante soddisfazioni con le nostre atlete. La nostra è una società famigliare che tuttavia è diventata un appiglio importante per le ragazze che vogliono fare ciclismo nella nostra zona e dalle regioni limitrofe. Pensate che siamo la società femminile più a sud dell’Italia. Siamo l’ultimo baluardo e per il momento non vogliamo mollare.

Vi è però mai venuta voglia di smettere?

Non nascondo che dopo gli anni di Ciabocco volevamo fermarci per poter respirare. Erano state stagioni belle soddisfacenti, ma intense nonostante il prezioso supporto della Ciclismo Insieme (società vicentina, ndr) nelle ultime stagioni. Tuttavia non ce la siamo sentita. Avevamo ragazze che stavano crescendo bene e chiudere significava lasciarle a spasso, perché sappiamo bene che nel ciclismo femminile non tutte trovano squadra o hanno voglia di spostarsi lontano da casa. Dalle nostre parti sentiamo forse un po’ di più una responsabilità sociale per chi fa ciclismo. Infatti siamo fieri dell’identità che ci riconoscono.

Come avviene il vostro reclutamento?

Attualmente non abbiamo tante atlete in Abruzzo, però ormai da qualche anno abbiamo ragazze che vengono dall’Emilia-Romagna, Toscana, oltre che Marche, Molise, Puglia o Umbria. Ci chiamano in tanti e ovviamente ci fa molto piacere, però ci teniamo subito a spiegare come funziona, proprio per la questione delle lunghe trasferte. Adesso abbiamo nove ragazze totali, tre per categoria. Per noi sono un numero giusto perché non possiamo permetterci di più, ma lavoriamo sempre sodo con loro.

De Laurentiis è una passista-scalatrice che va forte anche a crono. Farà un ritiro con la nazionale, sperando di andare all’europeo (foto Ossola)
De Laurentiis è una passista-scalatrice che va forte anche a crono. Farà un ritiro con la nazionale, sperando di andare all’europeo (foto Ossola)
Nelle juniores intanto il Team Di Federico orbita nelle prime posizioni con un nome interessante.

Siamo felici della nostra stagione. La quasi totalità dei punti li ha ottenuti Elena De Laurentiis, una ragazza di Altino (in provincia di Chieti, ndr) al primo anno nella categoria, che era da noi da allieva nel 2023. E’ una passista-scalatrice ed ha già conquistato due vittorie, oltre a tanti piazzamenti nelle cinque. Si difende a crono, dove è arrivata terza al campionato italiano. Stiamo lavorando sulle volate ristrette perché non ha un grande spunto veloce. Elena ha grandi margini di miglioramento. Fra qualche settimana dovrebbe andare in ritiro con la nazionale di Sangalli, che la potrebbe portare all’europeo. Noi lo speriamo, sarebbe un altro grande traguardo raggiunto.

Parisini, primi segnali di crescita alla corte di Nizzolo

20.08.2024
4 min
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Alla recente Vuelta a Burgos, prova introduttiva alla Vuelta Espana si è rivisto ad alti livelli Nicolò Parisini. Il portacolori della Q36.5 ha colto la piazza d’onore nell’ultima tappa per poi spostarsi in Danimarca e conquistare un’altra Top 10, a dimostrazione di una condizione fisica finalmente acquisita. Il che si traduce in uno spirito alto, nella voglia di spaccare il mondo, cosa che gli era un po’ mancata da inizio stagione.

In fin dei conti parliamo di un corridore ancora giovane, appena 24 anni, che il suo posto nel ciclismo che conta se lo è guadagnato e che nel team ha un ruolo importante, a metà fra l’ultimo uomo per Giacomo Nizzolo e il finalizzatore, almeno in certi tipi di arrivi.

Per il vogherese quest’anno 53 giorni di gara con 4 Top 10, tutte ottenute in agosto

«In Spagna ho iniziato a sentire le gambe proprio come volevo – afferma mentre è ancora in giro per l’Europa – già nella seconda tappa avrei potuto dire la mia, ma non ero ancora nella condizione giusta, eppure ho colto la decima piazza il che significava che cominciavo a funzionare. Nell’ultima tappa eravamo d’accordo che avrei tirato per Giacomo, ma sull’ultimo strappo si è staccato così ho preparato lo sprint e Bittner mi ha battuto di poco».

Come ti trovi a lavorare con Nizzolo?

Benissimo, siamo anche in camera insieme nelle trasferte che condividiamo proprio per trovare un sempre più stretto feeling. Parliamo molto, mi dà consigli, gli stimoli giusti. Il suo insegnamento principale è che in questo mondo non c’è nulla di facile, devi guadagnarti ogni cosa con il sudore della fronte facendo piccoli passi. Sto imparando molto da lui.

Tappa finale alla Vuelta a Burgos con Bittner che beffa Parisini, decisamente amareggiato
Tappa finale alla Vuelta a Burgos con Bittner che beffa Parisini, decisamente amareggiato
Giacomo ha avuto per te parole molto lusinghiere, quasi da suo erede…

Lo apprezzo molto, spero sia proprio per quel feeling che si è instaurato anche fuori dalle corse. Mi accorgo che in gara gli chiedo tanto, nella gestione delle corse e lui è sempre disponibile. D’altronde si vede che ha un occhio diverso, coglie momenti che a me sfuggono ancora. La squadra ha puntato molto su di noi, non è un caso se i nostri calendari per la maggior parte coincidono.

Tu nella maggior parte dei casi hai detto di essere il suo pesce pilota. Come ti trovi in questo ruolo?

E’ una vera e propria scuola, è un compito importante per svolgere il quale serve innanzitutto una grande fiducia reciproca. Non s’inventa, serve tempo anche per sincronizzare i movimenti. Io d’altro canto sono uno sprinter diverso da lui, sono veloce ma non abbastanza per le volate a gruppo compatto, mentre Nizzolo è un velocista puro che ha sempre uno straordinario colpo di pedale. Io ho già svolto questo compito al servizio di Moschetti, ora con Nizzolo continuo a crescere. Poi, quando capita l’occasione non mi tiro certo indietro…

Parisini insieme a Nizzolo. Un connubio in tante corse e volate costruite insieme
Parisini insieme a Nizzolo. Un connubio in tante corse e volate costruite insieme
Sei soddisfatto finora di come sta andando la stagione?

Non tantissimo. Sono stato piuttosto sfortunato perché lo scorso anno avevo colto la mia prima vittoria al Cro Race e contavo di ricominciare sulla stessa linea, ma alla quinta tappa della prima corsa, la Volta a la Comunitat Valenciana sono caduto e da allora ho sempre inseguito la condizione migliore. Pensavo di averla trovata alla Tirreno-Adriatico e infatti ero carico a mille per le classiche, ma alla Gand-Wevelgem altra caduta con rottura della clavicola e due mesi di stop. Non ho fatto altro che inseguire la forma migliore, spero di essere ormai sul punto di trovarla.

Come ti trovi nel team?

C’è un solo termine per definirlo: perfetto. E’ una professional al livello più alto, segue un calendario molto qualificato pur dovendo fare i conti con un budget che non può essere all’altezza di quello del WorldTour. L’unica cosa che manca è la partecipazione a un grande giro, ma credo proprio che il prossimo anno anche questa lacuna verrà colmata.

Il lombardo all’E3 Saxo Classic finita al 29° posto. Per Parisini il sogno è vincere in Belgio
Il lombardo all’E3 Saxo Classic finita al 29° posto. Per Parisini il sogno è vincere in Belgio
Ora che la forma sta arrivando, che cosa desideri?

Io mi aspetto di ripetere il 2023 e quindi di vincere almeno una gara. In Danimarca ho lavorato per Giacomo, che ha colto due buoni piazzamenti in un contesto di primo piano. Dopo ci saranno molte classiche di un giorno, alcune hanno percorsi che sono davvero alla mia portata, vorrei piazzare la mia zampata e se fosse all’estero, magari nel nord Europa sarebbe ancora più bello. Il mio sogno? Mettere la firma su una corsa belga, perché la patria del ciclismo vero è lì.

Sul traguardo con le ali aperte, Van Aert riallaccia il filo

20.08.2024
5 min
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«E’ questo il posto cui appartengo», ha detto Van Aert subito dopo aver vinto la terza tappa della Vuelta. «Corro per vincere. Sono arrivato qui con un’enorme motivazione. Ero ansioso di vincere una tappa e oggi è arrivato il giorno. Ho avuto dei dubbi nei mesi successivi alla caduta, ma durante il Tour de France ho sentito che prima o poi avrei potuto raggiungere il mio livello migliore. Questo risultato mi rende molto felice».

La tappa verso Castelo Blanco, la terza in Portogallo, misurava 191,2 chilometri
La tappa verso Castelo Blanco, la terza in Portogallo, misurava 191,2 chilometri

La volata e poi il volo

La tappa di ieri a Castelo Blanco non era una frazione banale, ma quando la maglia roja della Vuelta ha lanciato lo sprint, si è ricordato di essere semplicemente Wout Van Aert. Quello che in salita metteva in croce Pogacar, a crono se la giocava con Ganna e allo sprint teneva testa ai migliori velocisti. Ed è per questo che dopo l’arrivo il belga ha aperto le ali e mimato il gesto di volare, come il 5 luglio 2022 a Calais. Quel giorno anticipò il gruppo e vinse la quarta tappa del Tour. Van Aert è tornato e non è stato niente di facile, forse per questo dopo l’arrivo erano tutti contenti per lui.

«E’ bello quando le cose vanno così – ha detto dopo la vittoria – vale la pena avere pazienza. E’ passato molto tempo dall’ultima volta che avevo potuto agitare di nuovo le braccia e adesso mi sento bene».

Non vinceva dalla Kuurne-Bruxelles-Kuurne del 25 febbraio, la caduta di un mese dopo alla Dwars door Vlaanderen ha chiuso in modo drammatico la prima parte della sua stagione e la risalita è stata più ripida di qualsiasi colle alpino avesse affrontato in precedenza.

Una preparazione particolare

Vincere una tappa era il suo obiettivo personale per questa Vuelta, ma non deve essere stato facile arrivarci dopo la caduta, la rincorsa al Tour, il Tour, le Olimpiadi e la necessità di ripartire.

«E’ stato abbastanza impegnativo nelle ultime settimane – ha spiegato – non è stata una normale preparazione per un Grande Giro, specialmente con le Olimpiadi subito dopo. Mi sono preparato cercando di mantenere quello che avevo alla fine del Tour, mentre devo dire che mentalmente è stato abbastanza facile perché ho ancora fame per questa stagione. Sto bene. Mi sentivo bene anche alle Olimpiadi e negli ultimi dieci giorni a casa credo di aver lavorato bene, anche se senza correre, è sempre difficile capire la forma che hai. Diciamo che va bene per settembre e per fare una bella corsa. Non ho intenzione di risparmiare energie, voglio fare bene e aiutare i miei compagni. Penso che i mondiali quest’anno siano davvero difficili, spero di andarci e avere una piccola possibilità, ma di sicuro sarà una piccola possibilità. Quindi preferisco cogliere le opportunità che troverò qui in Spagna».

Un bel grazie ad Affini, che ha lavorato sodo tutto il giorno
Un bel grazie ad Affini, che ha lavorato sodo tutto il giorno

Sprint ai 200 metri

Perciò questa volta è stato Van Aert a lanciare lo sprint lungo, anticipando Groves e migliorandosi rispetto al Tour, quando rimaneva sistematicamente chiuso alle transenne. Proprio l’australiano della Alpecin-Deceuninck lo aveva battuto domenica e Van Aert deve essersela legata al dito o semplicemente ha messo a punto la strategia per rifarsi.

«Il mio piano era di fare il contrario di domenica – ha spiegato – cioè lanciare lo sprint lungo e poi usare la mia forza. Sono partito a più di 200 metri dal traguardo. La strada era leggermente in salita, lo sprint perfetto per me, e ho sorpreso Groves. Mi sono sentito bene domenica e stavo bene anche oggi. La squadra è stata forte e mi ha messo in una posizione perfetta. Questo mi ha dato la fiducia necessaria per concludere il lavoro».

Nelle interviste dopo la tappa, la gioia per il successo e la consapevolezza della salita odierna
Nelle interviste dopo la tappa, la gioia per il successo e la consapevolezza della salita odierna

Iniziano le salite

Oggi la pacchia finirà. La quarta tappa propone il primo arrivo in salita al Pico Valluercas, a quota 1.544, in una tappa con tre salite prima di quella d’arrivo. Per essere il Van Aert che sarebbe venuto al Giro per fare classifica, si potrebbe pensare che farà di tutto per tenere. Ma avendo davanti il Van Aert in ripresa dopo l’incidente, anche la sua ambizione fa fatica a puntare troppo in alto.

«Ormai il divertimento finisce – ha riso ieri dopo l’arrivo – sarò felice di cedere il ruolo di leader della squadra a Sepp Kuss e Cian Uijtdebroeks. Sarà il primo test tra i corridori di classifica e per me sarà molto difficile mantenere la maglia di leader. Mi mancava il sapore della vittoria e l’ho ritrovato, ma sono venuto alla Vuelta per aiutare i miei compagni e ora il momento è arrivato. E’ un anno diverso dal solito, non è detto che non possa essere ugualmente bello».