Alimentazione 3.0? I tre cardini… secondo Moschetti

25.12.2024
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Nel mondo del ciclismo professionistico, l’alimentazione ha assunto un ruolo centrale, pari a quello della preparazione fisica. Questo aspetto è sempre più determinante e se già 10 anni si parlava di alimentazione 2.0, oggi è lecito di parlare di alimentazione 3.0.

Ci immergiamo in questa tematica con Nicola Moschetti, nutrizionista della Bahrain Victorious, per esplorare come la pandemia da Covid-19 abbia segnato un punto di svolta, trasformando il rapporto tra gli atleti e la nutrizione. Moschetti ha individuato tre pilastri fondamentali che definiscono le attuali strategie alimentari: l’attenzione ai carboidrati, il controllo dei grassi e una maggiore consapevolezza generale.

Nicola Moschetti, giovane nutrizionista della Bahrain Victorious
Nicola Moschetti, giovane nutrizionista della Bahrain Victorious

Rivoluzione carboidrati

Moschetti non ha dubbi e parla immediatamente di carboidrati. Quante volte abbiamo affrontato questo argomento: tipologia dei carbo, quantità prima, dopo e soprattutto durante, quando parliamo di grammi/ora.

«Il punto di partenza – spiega Moschetti – è stato educare i corridori a calcolare i carboidrati in modo preciso, una pratica mutuata dall’ambito clinico, come accade per i pazienti diabetici». Questa metodologia è diventata una consuetudine: oggi ogni ciclista sa quanta pasta mangia o quanti carboidrati ci sono in quattro albicocche. Rispetto a cinque anni fa, quando leggere le etichette dei prodotti era un’eccezione, ora è diventato un gesto naturale.

Il lavoro dei nutrizionisti va oltre il semplice conteggio delle calorie. «Noi ci occupiamo di conteggiarle – prosegue Moschetti – ma l’obiettivo è far comprendere ai corridori la qualità di ciò che mangiano. La bilancia non è più vista come un obbligo, ma come uno strumento. Questa educazione si svolge sin dai ritiri invernali e consente agli atleti di affrontare la stagione con una mentalità diversa.

«Un altro concetto chiave è il “train the gut”, ovvero l’allenamento dell’intestino. Facciamo assumere anche 120 grammi di carboidrati all’ora durante gli allenamenti. Prima era impensabile. Una volta si mangiava poco per dimagrire; oggi si mangia bene per allenarsi meglio. Questo cambio di mentalità evita problemi gastrointestinali in gara e migliora la performance complessiva».

Un tempo i grassi erano scartati a prescindere, oggi si usano e sono ben bilanciati
Un tempo i grassi erano scartati a prescindere, oggi si usano e sono ben bilanciati

Controllo dei grassi

Il secondo pilastro riguarda i grassi e soprattutto la loro gestione, il loro controllo sia in termini quantitativi che qualitativi.

«Gli atleti sono sempre più attenti – dice Moschetti – e controllano anche le etichette per verificare la presenza e la tipologia di grassi. Questo cambio di prospettiva riflette una maggiore consapevolezza rispetto al passato, quando l’obiettivo principale era eliminarli il più possibile.

«Oggi – prosegue il nutrizionista – non si tratta più di demonizzare i grassi, ma di integrarli in modo equilibrato. Hanno una funzione essenziale e fanno parte di un’alimentazione bilanciata. Questo approccio è frutto di una rivoluzione culturale nel modo di concepire la nutrizione».

Che sia il van cucina o la sala di un hotel, la food room è ormai un passaggio fondamentale per gli atleti (foto Charly Lopez)
Che sia il van cucina o la sala di un hotel, la food room è ormai un passaggio fondamentale per gli atleti (foto Charly Lopez)

Più consapevolezza

La terza grande trasformazione è legata proprio alla consapevolezza, termine che è comparso più volte in questo articolo.

«In passato – racconta Moschetti – il rapporto tra cibo e ciclista era conflittuale. Si pensava che mangiare poco, essere magri a prescindere, fosse sinonimo di successo. Oggi questa concezione è stata completamente superata. Gli atleti hanno capito che l’alimentazione non è una privazione, ma una componente fondamentale della performance.

«Abbiamo raggiunto grandi risultati – spiega Moschetti – grazie a una maggiore educazione alimentare. Gli atleti mangiano con cognizione di causa e hanno meno stress, quando vengono nella food room sono più curiosi, più tranquilli e più informati».

Per esempio, come ci diceva anche l’altro giorno Martina Fidanza, un pezzetto di cioccolato non è più visto come un “vade retro Satana”, ma come un alimento da inserire in modo intelligente nella dieta.

Questa rivoluzione dell’alimentazione è stata resa possibile anche dalla presenza costante di figure come Moschetti, che supportano gli atleti nel fare scelte alimentari consapevoli. Oggi ogni squadra ha ben più di un nutrizionista nell’organico, cosa impensabile fino ad un lustro fa, quando solo alcuni team ne avevano uno o al più c’erano delle collaborazione esterne più o meno forti.

«La nostra funzione – conclude Moschetti – non è solo quella di controllare, ma di mettere gli atleti nelle migliori condizioni per mangiare bene senza stress. L’alimentazione è ormai parte integrante dell’allenamento e contribuisce non solo al loro benessere, ma anche ai loro successi. Il futuro del ciclismo si gioca anche a tavola, dove scienza e consapevolezza lavorano insieme per fare la differenza».

Consonni, buon umore contagioso, conquistata dalla Canyon

25.12.2024
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MILANO – L’uniforme delle Fiamme Azzurre le sta benissimo e dal sorriso che sfoggia pensando all’inizio del nuovo anno, si capisce che Chiara Consonni stia attraversando un bel momento. Le vittorie su strada, l’oro olimpico nella madison e l’adrenalina per il cambio della squadra renderanno il 2024 una stagione indimenticabile. Auspicando che ne vengano altre, quando la incontriamo a margine del Giro d’Onore, dopo averla aiutata assieme a Marta Bastianelli a fare il nodo della cravatta (foto di apertura), ci lasciamo investire dal buon umore e le sue risate.

Dopo due stagioni al UAE Team Adq, la bergamasca ha accettato l’offerta della Canyon-Sram. Non tanti lo avrebbero immaginato e quando te lo giocavi come indovinello, nessuno lo azzeccava. Tantopiù che l’offerta è arrivata ben prima che sull’ammiraglia del team tedesco arrivasse Davide “Capo” Arzeni. Ma Chiara appare parecchio sodisfatta della scelta e questo basta per festeggiare bene il Natale, concedersi un bel Capodanno e poi buttarsi nella mischia.

Giro d’Italia 2024, Consonni vince la seconda tappa davanti a Kopecky e Balsamo
Giro d’Italia 2024, Consonni vince la seconda tappa davanti a Kopecky e Balsamo
Che cosa ti ha convinto?

Forse il progetto. Alla fine è una delle squadre più forti al mondo, ma senza una velocista di punta, quindi ho pensato che forse gli mancavo proprio io. Il fatto che ci sia Arzeni sicuramente sarà un punto di riferimento, però nel frattempo ho cambiato allenatore e ho già conosciuto le compagne. Non dico che mi sento già a casa, però è un gruppo molto bello e aperto. Mi hanno accolta a braccia aperte e speriamo di lavorare bene insieme.

Come sono stati questi due anni alla UAE Adq?

Come una seconda famiglia, per un po’ è parso di portare avanti la Valcar. Sicuramente avevano qualcosa su cui lavorare e so che lo stanno già facendo. Gli auguro il meglio, però sentivo la necessità di cambiare e dopo quest’anno penso che per me sia stata la scelta migliore.

Si capisce che è una squadra tedesca?

Decisamente. Da come si devono rispettare gli orari. Tutto deve essere come vogliono loro, si deve arrivare dove vogliono loro e quando vogliono loro. Quindi penso che mi faranno crescere anche da quel punto di vista. Avrò anche delle grandi compagne importanti come Niewiadoma, Chloe Dygert e Soraya Paladin, ragazze con palmares importanti. So che devo imparare tanto da loro e speriamo di riuscirci al meglio.

La Canyon Sram del 2025 ha 18 atlete, solo due le italiane: Consonni e Paladin (pohlmann_photo)
La Canyon Sram del 2025 ha 18 atlete, solo due le italiane: Consonni e Paladin (pohlmann_photo)
Sarai tu la velocista del team?

Sì, mi hanno detto che si aspettano questo, ma senza mettermi tanta pressione. Sanno che ho dimostrato con i fatti che sono lì, poi sicuramente dovrò conoscere anche le altre ragazze veloci della squadra. Ad esempio c’è Maike (Van der Duin, ndr), che è una buonissima velocista, quindi ci divideremo le corse. Però in quelle importanti sarò io la punta e voglio dimostrare di essere all’altezza.

Dovrai vedertela con Wiebes, Kool, Balsamo, Kopecky, Fidanza…

Bisognerà avere un treno formidabile e stiamo cercando di crearlo. Nelle corse importanti, è ancora più decisivo avere le compagne giuste e la loro fiducia. Ma sono convinta che troveremo l’intesa e con quella arriverà la fiducia.

Come si adatta lo spirito della Conso ai rigori tedeschi?

Bene (ride di gusto, ndr), benissimo! Hanno già imparato a conoscermi e io sto imparando a conoscere loro. E’ sempre bello cambiare atmosfera, conoscere persone da zero e costruire nuovi rapporti. E’ uno scambio reciproco, è sempre un’emozione.

Soraya Paladin sarà la miglior guida per Chiara Consonni nelle dinamiche del nuovo team
Soraya Paladin sarà la miglior guida per Chiara Consonni nelle dinamiche del nuovo team
Hai cambiato allenatore?

Si chiama Dan, è inglese e sta portando tanti cambiamenti, che però definiremo quando ci saremo conosciuti davvero bene. Gli inglesi sono abituati a uscire sotto la pioggia, a me non tanto (ride, ndr), ma per adesso mi sto trovando bene. Devo ancora abituarmi, conoscerlo meglio. Dobbiamo conoscerci. Poi impareremo a lavorare meglio insieme, penso sia solo questione di tempo.

Una volta ti chiedemmo a cosa servono le ripetute e rispondesti che sono perfette per farsi i selfie…

Adesso un po’ meno (ride, ndr). Sono appena tornata dal ritiro. Si vede che un gruppo è unito anche dalle piccole cose, come quando ti fermi per prendere la barretta e ti aspettano. Cerchiamo di partire sempre tutte insieme. Cerchiamo di cambiare le coppie quando siamo in allenamento, in modo da imparare a parlare con tutte. Ci sono delle buone basi e speriamo che si continui così.

Giro d’Onore, Consonni con Alzini e Vittoria Guazzini (immagine Instagram)
Giro d’Onore, Consonni con Alzini e Vittoria Guazzini (immagine Instagram)
La presenza di Soraya Paladin in squadra ti sta aiutando a inserirti?

Sicuramente, mi ha detto che sono tutte contentissime di avermi. A dire la verità, ero un po’ agitata. Entravo in un mondo completamente nuovo, non mi conosceva nessuno. Aver saputo che anche da parte loro c’è la volontà di lavorare con me e che magari l’anno scorso mancava una velocista per cui lavorare, è stato un bello stimolo. Ti dà qualcosa in più per dire: «Ok, ci sono. Lavoriamo bene e mettiamocela tutta».

Sambinello e Stella: il primo impatto con il mondo UAE

24.12.2024
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Enea Sambinello e Davide Stella stanno già assaporando le emozioni del loro primo anno da under 23. I due ragazzi italiani, classe 2006,  sono diventati parte del UAE Team Gen Z e hanno passato due settimane in Spagna. Un ritiro introduttivo ma con l’obiettivo già di pedalare insieme ai nuovi compagni.

Sulle calde sponde iberiche hanno trovato ad accoglierli il preparatore dei futuri campioni del UAE Team Emirates: Giacomo Notari. In questi giorni il team emiratino ha radunato tutti sotto lo stesso tetto: campioni affermati, giovani promesse e atleti esperti. 

Enea Sambinello a destra in prima fila, aveva già fatto qualche giorno di ritiro con il team UAE Gen Z nell’inverno della scorsa stagione (foto Instagram)
Enea Sambinello a destra in prima fila, era già stato in ritiro con il team UAE Gen Z nel 2023 (foto Instagram)

Un veloce ambientamento

Li abbiamo contattati l’ultimo giorno di ritiro, per farci raccontare in un’intervista doppia, in che modo si sono ambientati e che sensazioni hanno provato nell’indossare la maglia del team numero uno al mondo.

SAMBINELLO: «E’ andato tutto benissimo. Queste due settimane sono volate e non posso che essere contento di quello che abbiamo fatto. Anzi, è andato tutto oltre le mie aspettative. Arrivare nella squadra numero uno al mondo mette un po’ di timore. Soprattutto se arrivi da una realtà juniores a una internazionale». 

STELLA: «Sono arrivato in Spagna con un po’ di timore per i ritmi della preparazione. Qui c’è tanta salita e avevo paura di soffrire, invece ho retto bene. Quasi oltre le mie aspettative e ne sono felice».

Davide Stella, al centro, ha colpito per i risultati ottenuti su pista e per i suoi valori nei test
Davide Stella, al centro, ha colpito per i risultati ottenuti su pista e per i suoi valori nei test
Che impatto è stato?

SAMBINELLO: «Bello! Alla fine ti trovi a parlare con dei corridori che hai visto solamente in televisione. Però non ci sono barriere, è stato come se li conoscessi da sempre. Mi aspettavo che il salto fosse più disorientante, ma la grande organizzazione della squadra non ti fa mai sentire solo. Hai una figura di riferimento per ogni ambito: nutrizione, preparazione, massaggi, medici…».

STELLA: «Per me il primo impatto è stato forte, entrare in una squadra così grande inizialmente mi ha fatto sentire un po’ spaesato. Non sapevo bene dove fossi. L’ambientamento poi è proseguito bene, la fatica maggiore forse è con la lingua ma ci si abitua. Durante gli allenamenti, chilometro dopo chilometro ti sblocchi e tutto va meglio».

Come ti senti ad essere parte del team numero uno al mondo?

SAMBINELLO: «Quando mi fermo e ci penso è strano. E’ come realizzare un sogno che avevi fin da bambino. Da un lato vedi che è tutto vero e provi tanto entusiasmo. Con la UAE Gen Z avevo già firmato a inizio 2024, quindi ero sereno, con la mente libera».

STELLA: «Il contatto è arrivato verso maggio, quando ho fatto un bel salto di qualità sia in pista che su strada. Mi hanno chiesto di mandare i miei dati e sono rimasti piacevolmente sorpresi. Non ho vinto molto durante il 2024 ma i valori ci sono. Il salto è grande, per budget e capacità di lavoro, ma tutto è confortevole».

A sinistra Giacomo Notari, preparatore del devo team della formazione UAE Gen Z
A sinistra Giacomo Notari, preparatore del devo team della formazione UAE Gen Z
Con chi ti sei confrontato?

SAMBINELLO: «Con il nostro preparatore al team Gen Z, Notari. Con lui lavoravo già da fine ottobre. Mi sono trovato bene fin da subito anche perché essendo italiano c’è una migliore capacità di dialogo. Non che l’inglese sia una problema, ma parlare la propria lingua aiuta». 

STELLA: «Anche io con Notari. Non lo conoscevo ma da fine stagione mi ha preso in gestione. E’ una persona estremamente professionale che però riesce a metterti subito a tuo agio».

In che modo vi siete allenati?

SAMBINELLO: «Abbiamo fatto tante ore, una media di 20 o 22 ore a settimana. Si è deciso di sfruttare il clima favorevole per fare volume, c’è stato anche il tempo di fare qualche lavoro. Giusto per gettare le basi. 

STELLA: «Ci siamo messi subito in gruppo, non ero abituato a pedalare con così tanti compagni. E’ bello andare in gruppo, ci si diverte. Abbiamo fatto tanto dislivello durante le due settimane. Mentre l’ultimo giorno ci siamo dedicati alle volate, finalmente il mio terreno!».

Tra i nuovi compagni di Sambinello e Stella c’è Marcos Freire, figlio d’arte e junior molto promettente (foto Instagram)
Tra i nuovi compagni di Sambinello e Stella c’è Marcos Freire, figlio d’arte e junior molto promettente (foto Instagram)
Hai visto anche i corridori del team WorldTour?

SAMBINELLO: «Una sera a cena mi sono seduto accanto a Grosschartner, mi ha raccontato tante cose e mi ha dato qualche consiglio. Avere un contatto diretto con la prima squadra è bello perché ti rendi anche conto di cosa c’è dietro».

STELLA: «Proprio durante l’ultimo allenamento, nelle volate, c’erano anche i corridori del WorldTour. Ho fatto qualche sprint contro Molano. Pensavo di fare più fatica, invece un paio di volte l’ho battuto. So che non vuol dire molto ma ne sono uscito comunque soddisfatto».

Hai conosciuto anche i compagni della formazione Gen Z…

SAMBINELLO: «In queste due settimane si è creato un bel gruppo. Con gli spagnoli come Pericas e Freire mi sono trovato subito bene. Loro li conoscevo già visto che ci ho corso contro qualche volta. I primi di gennaio torniamo in Spagna per allenarci insieme».

STELLA: «Cambia solo la lingua, per il resto siamo ragazzi che condividono la stessa passione e con l’obiettivo di diventare professionisti. E’ strano pensare alle diverse nazionalità o che comunque arrivino da ogni parte del mondo, ma alla fine sono come noi. Però un pochino si vede la differenza, quelli che arrivano dal nord sono abituati a ritmi più elevati».

I consigli dei corridori del WT è importante per i giovani, come è successo tra Molano e Stella (foto Instagram)
I consigli dei corridori del WT è importante per i giovani, come è successo tra Molano e Stella (foto Instagram)
Quando inizierai a correre?

SAMBINELLO: «A gennaio, in Spagna con tre gare a Maiorca. Sarò già con i professionisti. Matxin ci ha detto che avremo spazio per fare esperienza visto che i corridori del WorldTour sono 29. Faremo un pochino di gare in meno con gli under 23».

STELLA: «Anche io partirò con i professionisti, ma dal Tour of Sharjah. Sarà tosta, le tappe finiranno in volata probabilmente ma la fatica si farà sentire comunque. Molano mi ha dato qualche consiglio su come affrontare gli sprint tra i grandi, speriamo di metterlo in pratica»

Gli ultimi 15 giri e la nuova vita di Fabio Felline

24.12.2024
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TORINO – Quindici giri nel Motovelodromo per salutare il ciclismo, tanti quanti gli anni passati tra i pro’. È già scesa l’oscurità quando Fabio Felline inforca la Trek rossa fiammante e compie la passerella finale nel salotto buono del capoluogo piemontese. Quel tempio a due passi da casa che lui ha contribuito a far tornare in auge, legandoci tanti degli appuntamenti delle sue ultime stagioni sui pedali. 

L’amico e collega Jacopo Mosca fa da contagiri d’eccezione, mentre in braccio alla moglie di Fabio, Nicoletta Savio, c’è il piccolo Edoardo pronto a scampanellare per l’ultimo giro del papà, già pronto a gettarsi nella nuova vita. «Serenità, Consapevolezza e Determinazione» le tre parole presenti nell’unico tatuaggio stampato sulla sua pelle, ad accompagnare tutte le sue pedalate ma anche la sua nuova quodianità. 

Una festa per Fabio

Non poteva che chiudersi in sella la festa organizzata dall’Associazione Sul Tornante per il ritiro del trentaquattrenne cresciuto nella Rostese e passato professionista nel 2010 con la Footon-Servetto di Mauro Gianetti. Un lungo pomeriggio di aneddoti, risate, qualche lacrimuccia e una folta platea, arricchita dalla presenza dei direttori sportivi che hanno segnato la sua carriera come il mitico Giuseppe Martinelli, che omaggiando Fabio e abbracciandolo ha commentato: «Alla fine quest’anno smettiamo insieme, visto che anch’io do l’addio dopo 15 anni di Astana». 

Poi ancora Giovanni Ellena, che lo guidava negli anni dell’Androni, e Adriano Baffi, ultimo diesse in Trek. Tra il pubblico anche i campioni piemontesi che l’hanno consigliato da giovane e sempre tifato come Italo Zilioli e il due volte vincitore del Giro d’Italia Franco Balmamion. Chi non c’era però non ha fatto mancare il suo affetto, vista la cascata di videomessaggi arrivati da tanti tra compagni di squadra e avversari, che hanno condiviso qualche chilometro con Fabio.

Era presente anche Giuseppee Martinelli, che lo ha avuto con sé all’Astana
Era presente anche Giuseppee Martinelli, che lo ha avuto con sé all’Astana

L’incidente dell’Amstel

Poi una carrellata di immagini a fare da sottofondo, con lo stesso Felline a raccontare tutti i retroscena nascosti dietro quegli scatti. Dalle pedalate con papà Maurizio fino alla vittoria di Laigueglia del 2017 o all’ultimo acuto, il Memorial Pantani del 2020 in maglia Astana. Senza scordare il tremendo incidente nel tratto di trasferimento dell’Amstel Gold Race 2016 che avrebbe potuto costargli un ritiro precoce.

«Per un mio errore ho rischiato la carriera – ha raccontato – ma quel momento ha rappresentato l’inizio di una svolta. Quando mi han detto che potevo ancora correre in bici e che dovevo solo aspettare di riassorbire le botte, ho cominciato a pensare che dovevo tornare più forte di prima».

La conquista della maglia verde alla Vuelta del 2016 è stata uno dei momenti forti della carriera
La conquista della maglia verde alla Vuelta del 2016 è stata uno dei momenti forti della carriera

La verde di Madrid

Quattordici le vittorie complessive, tanti piazzamenti di prestigio, ma un ricordo nel cuore più di tutti: «Salire sul palco di Madrid, con la maglia verde, è un qualcosa che non dimenticherò mai, lì con tutti i grandi di quella Vuelta del 2016. E dire che non ho neanche celebrato con la bici verde o il casco verde perché avevo timore che Valverde mi togliesse la maglia all’ultimo, ma è stato lui stesso prima della tappa conclusiva a dirmi “Es tuya, complimenti. Eppure, io non ci credevo ancora, invece, lui non ha più attaccato ed è andata così. È stata una bella soddisfazione».

Tirreno 2021: quarto alle spalle di Van der Poel, Pogacar e Van Aert: una grande prestazione
Tirreno 2021: quarto alle spalle di Van der Poel, Pogacar e Van Aert: una grande prestazione

Da record dietro Van der Poel

Poi ancora un aneddoto della Tirreno Adriatico 2021, quando fu quarto nell’epica tappa di Castelfidardo vinta da Mathieu Van der Poel davanti agli altri due “alieni” Pogacar e Van Aert.

«Ricordo che quel giorno ero all’inseguimento in solitaria di Van der Poel – racconta – poi mi sono spento, ma comunque sono arrivato a 1”26” e gli ho guadagnato 2 minuti. Sono chiacchiere da bar e forse nessuno lo saprà mai, ma quel giorno forse ho sfoderato la miglior prestazione tra tutti. E infatti tanti mi hanno detto che sono stato il primo degli umani dato il calibro dei tre che mi sono arrivati davanti. Visto che a tutti piacciono i numeri, posso dire che in quella corsa ho fatto quasi 360 watt medi per 120 minuti. Quei valori rappresentano le mie due ore record in quanto a potenza di tutta la carriera». 

E’ stato Jacopo Mosca a dare il via a Fabio Felline per gli ultimi 15 giri di pista
E’ stato Jacopo Mosca a dare il via a Fabio Felline per gli ultimi 15 giri di pista

Gli ultimi 15 giri

Le storie si susseguono, la platea lo abbraccia tra domande e applausi, ma poi è tempo di mettersi scarpette e casco. La commozione è tanta prima dell’ultima passerella.

«È stata una giornata come la sognavo, sapevo soltanto per quanto tempo ero impegnato, ma non i contenuti né chi sarebbe venuto. È stato un regalo stupendo, un’emozione fortissima e i 15 giri simbolici sono stati una degna chiosa della mia carriera». 

In una famiglia che respira il ciclismo dalla mattina alla sera però, il futuro sarà sempre nell’ambiente, come conferma Fabio prima di lanciare la lotteria benefica con in palio tanti cimeli ciclistici e il ricavato da donare alla Fondazione Michele Scarponi.

«Non bisogna mai star fermi e sicuramente il Motovelodromo rappresenta qualcosa che farà parte del mio futuro. Mi sento in dovere di far qualcosa, abbiamo già fondato una squadra di bambini, con grande attenzione al tema sicurezza al quale siamo molto sensibili e vogliamo continuare su questa strada. Sarò ambassador Trek, darò una mano per l’abbigliamento agli amici di Pella e continuerò a pedalare. E chissà, magari organizzerò un’altra Fellinata, però questa volta in primavera, magari il 29 marzo per il mio compleanno». Parafrasando il videomessaggio di Giulio Ciccone, buona pensione ciclistica Fabio!

La settimana tipo: Martina Fidanza, Natale fra strada e pista

24.12.2024
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La settimana tipo degli atleti è sempre molto variegata.In questi anni difficilmente ne abbiamo viste due uguali o molto simili, e quella di Martina Fidanza, che vi proponiamo, è ancora più diversa rispetto alle altre.

Fidanza, infatti, appartiene a quel lotto di azzurri e azzurre che sono anche alla corte di Marco Villa. Senza contare che ha anche cambiato squadra, è passata dalla Ceratizit alla Visma-Lease a Bike, cosa che come vedremo ha effetti sulla preparazione. È dunque interessante vedere come concilia le due attività, specie in questa settimana natalizia

A Montichiari Fidanza svolge una grande percentuale del suo lavoro, almeno in questa fase invernale (foto Instagram)
A Montichiari Fidanza svolge una grande percentuale del suo lavoro, almeno in questa fase invernale (foto Instagram)
Martina, come inizia la tua settimana tipo?

Difficile per me stabilire una settimana tipo visto che di mezzo c’è anche la pista. Diciamo che in questa settimana natalizia, per esempio, c’è un po’ di tutto. Lunedì, per esempio, sono andata a Montichiari per girare in pista.

In questi casi com’è la tua giornata?

Mi alzo verso le 7. Faccio colazione e poi vado a Montichiari. Ci metto un’ora abbondante, dipende anche dal traffico, e lì si gira. La durata delle sessioni dipende anche da quanti siamo e quanto c’è da attendere tra le sessioni di un gruppo e l’altro. Nel pomeriggio comunque si torna e alla sera sono a casa.

Questo era il tuo lunedì, passiamo al martedì?

Oggi palestra e bici. Mi piace raggiungere la palestra in bici, anche perché così mi scaldo anche un po’. Lì mi cambio, conosco bene i proprietari: hanno le mie scarpe e quel che mi serve. Faccio i lavori di forza ed equilibrio. Quando ho finito, parto subito in bici e faccio un paio d’ore di scioltezza.

Mercoledì?

In questo caso, visto che domani è Natale, riposo. Ho cercato di organizzarmi così. Cercherò di svegliarmi il più tardi possibile, quasi verso l’ora di pranzo, così da saltare un pasto (la colazione, ndr) e godermi poi la giornata in famiglia!

Fidanza in allenamento preferisce sempre inserire qualche salitella. Tra qualche giorno vestirà ufficialmente i colori della Visma
Martina in allenamento preferisce sempre inserire qualche salitella. Tra qualche giorno vestirà ufficialmente i colori della Visma
E siamo a giovedì…

Farò tre ore. Tre ore tranquille a Z1 o anche Z2. In Visma-Lease a Bike mi stanno facendo lavorare molto in questa zona per ora. E’ un puro allenamento di Fat Max, ideale dopo il pranzo di Natale! Anche se non sono una scalatrice di certo, mi piace comunque inserire sempre delle salitelle nel corso delle mie uscite, così da movimentare un po’ il tutto. Stavolta, più che altre volte, cercherò di partire presto così che possa essere a casa per l’ora di pranzo e stare in famiglia.

Venerdì?

Di nuovo andrò in pista. Stavolta per una due giorni e infatti resterò a dormire a Montichiari. Venerdì è prevista una doppia sessione: una al mattino e una al pomeriggio. Sabato invece lavoreremo solo al mattino. Ma poi resteremo lì in quanto abbiamo organizzato una cena per festeggiare la vittoria olimpica di Chiara (Consonni, ndr) e Vittoria (Guazzini, ndr) delle Olimpiadi. Alla fine non c’è mai stato troppo tempo per stare tutti insieme.

Ed eccoci a domenica…

Esatto, tornerò a casa e andrò ad allenarmi. Di nuovo un paio d’ore tranquille, anche perché comunque verrò da due giorni di qualità in pista.

Questa è la parte della preparazione, Martina: come ti regoli invece con l’alimentazione, specie ora che sei passata in un team dove questo aspetto è particolarmente curato?

In effetti è forse la parte che più è cambiata. Ci tengono molto e sono molto attenti. Hanno messo a punto un’app con la quale, scannerizzando i codici a barre di ciò che mangiamo, sappiamo le quantità e i bilanciamenti da assumere. Non si tratta tanto di non mangiare questo o quello, tanto o poco, ma di avere sempre il giusto bilanciamento. Posso anche prendere un pezzetto di cioccolata, ma poi so che per il resto del giorno quel quantitativo di grassi o di zuccheri l’ho già preso. So quanto mi resta di quel nutriente.

Il porridge di Martina: inizia così la sua giornata alimentare
Il porridge di Martina: inizia così la sua giornata alimentare
In effetti è interessante…

Interessante e pratica direi. Loro sanno ciò che mangio e anche io. Mi stanno facendo cambiare gradualmente. Per esempio, a colazione ho riscoperto il porridge. Alla base c’è l’avena, io me lo faccio come voglio: quindi yogurt greco, che non necessariamente è quello allo zero per cento di grassi (anche se capita più spesso), quindi avena, frutta, frutta secca, miele o se voglio una crema di cioccolato che mi piace molto. Inserisco il tutto nella App e loro sanno cosa ho mangiato.

Cosa hai cambiato di più sin qui col passaggio alla nuova squadra?

L’alimentazione in bici. Ora mangio davvero di più. Il concetto in Visma è quello di assumere quello che serve. E quello che serve per pedalare al meglio. Quando faccio le tre ore, per esempio, i 60 grammi di carboidrati non mancano mai. Mentre sul fronte degli allenamenti il cambiamento per ora è molto graduale.

Riguardo alle tempistiche di una tua giornata standard, diciamo così, come sono i tuoi orari?

Mi sveglio tra le 7 e 8, dipende cosa devo fare e se devo andare a Montichiari, da quanto fa più o meno freddo. Mi alleno. Pranzo. E verso le 20 solitamente ceno.

Vai a letto ad un orario stabilito?

No, se capita che siamo in famiglia mi piace restare tutti insieme, magari a giocare a carte. Oppure guardo un film. Ma di solito entro le 23 sono a letto. A volte mi piace fare stretching dopo cena, proprio prima di dormire.

Longo Borghini, si comincia. Sarà Giro oppure Tour?

24.12.2024
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BENIDORM (Spagna) – Elisa Longo Borghini al UAE Team Adq richiede un esercizio di concentrazione, almeno fino a che non ci avremo fatto l’abitudine. Anche lei nel riferirsi alla Lidl-Trek finisce col parlare della sua squadra, come se nulla fosse cambiato. Invece dopo sei anni è davvero venuto il momento del cambiamento ed è comprensibile che serva del tempo per ricreare riferimenti e meccanismi.

Il primo ritiro di Abu Dhabi, di cui Elisa ci aveva già raccontato quando andammo a casa sua, ha creato il clima. Quello spagnolo lo ha consolidato. C’è da scommettere che quando saranno al via del UAE Tour, importante per loro come il Tour de France per i francesi, le ragazze della squadra emiratina sapranno esattamente cosa fare.

«Non posso parlare di quello che questa squadra era prima perché non lo conosco – comincia a dire – però mi sono sentita accolta e ho sentito tanto affiatamento sin da subito. Mi sono trovata molto bene. Ho visto un gruppo di ragazze pronte per la prossima stagione e anche un po’ gasate, devo dire la verità. Questa cosa mi ha fatto tanto piacere, perché non sempre quando arriva qualcuno di nuovo è scontato che venga accolto così bene».

Pogacar e la maglia gialla sono da sempre il riferimento irraggiungibile per i manager del team femminile (foto UAE Team Adq)
Pogacar e la maglia gialla sono da sempre il riferimento irraggiungibile per i manager del team femminile (foto UAE Team Adq)
La sensazione, avendo parlato con alcune ragazze di spicco del team, è che ti abbiano accolto bene e soprattutto come leader.

Mi fa molto piacere se le ragazze mi vedono in questo modo, perché allora posso dare anche io qualcosa a loro. A me fa sempre piacere lasciare qualcosa o comunque condividere la mia esperienza o un mio punto di forza per rendere il gruppo più forte. Perciò, se fosse davvero così, sarei molto contenta.

Riusciamo già a immaginare il gruppo Longo per una grande corsa a tappe, che sia la Vuelta, il Giro d’Italia oppure il Tour?

Ho visto tante ragazze che hanno del potenziale e tante scalatrici. Persico, Magnaldi, Chapman, Włodarczyk. Gasparrini per le tappe più ondulate, come pure Marturano. Siamo già quasi a fine roster, ma ce ne sarebbero anche parecchie altre da aggiungere. Quello che mi fa piacere è vedere anche che c’è un gruppo devo, che fa crescere le ragazze e le porta a correre le gare di seconda fascia con la WorldTour. Così possono fare un percorso lineare senza essere buttate nel World Tour a 18 anni, col rischio che si perdano.

Che cosa ti ha stupito di questo ambiente?

L’accoglienza calorosa che mi è stata data e l’aria di tranquillità che si respira, anche se c’è tanta ambizione. Vedo persone molto motivate, ma allo stesso tempo essendo una squadra abbastanza nuova e che si sta adesso affacciando alle competizioni più importanti, non hanno ancora fissazioni apparenti sulle corse da vincere o i piazzamenti da centrare.

Eleonora Gasparrini si è detta molto motivata dall’arrivo di Elisa Longo Borghini (foto UAE Team Adq)
Eleonora Gasparrini si è detta molto motivata dall’arrivo di Elisa Longo Borghini (foto UAE Team Adq)
Non ci giriamo intorno: dicono da sempre di voler vincere il Tour come la squadra maschile.

Lo vogliono, però non ci mettono la pressione di dover essere alla fine dell’anno la prima squadra al mondo. E’ chiaro, tutti lo vogliamo, sarebbe strano non volerlo. Però ci siamo posti degli obiettivi che siano intanto raggiungibili. E poi sarà questione di avere fiducia nel processo che abbiamo appena iniziato a fare.

E’ una squadra araba, però la componente di base è latina, con spagnoli e italiani. C’è grande differenza rispetto alla Lidl-Trek?

E’ una delle prime cose che ho notato. Parlo tanto più italiano qui rispetto alla vecchia casa. Anche oggi mi sono ritrovata a fare un allenamento soltanto con ragazze italiane. E questa cosa mi ha colpito, perché ero abituata a essere l’unica italiana oppure ad averne al massimo due o tre intorno. E oggi in bici parlavamo solo italiano e mi ha fatto strano. E’ stata la prima volta in sei anni in cui in ritiro non ho detto una sola parola d’inglese.

Cosa si prova a essere leader di una grande squadra?

Mi motiva molto. Devo dire che questo è un ruolo che mi hanno sempre dato anche in Lidl-Trek, seppure là ci fossero più leader. Però confesso che una mia ambizione per questa squadra è che le ragazze prendano coscienza dei propri mezzi. Secondo me una ragazza molto forte è Silvia Persico. Forse agli occhi dei meno attenti sembra spavalda, invece è molto forte ma ha le sue insicurezze. Mi piacerebbe che nel 2025 capisse qual è la sua la sua vera forza, poterla spingere verso qualche bel risultato perché credo che sia nelle sue potenzialità.

La Longo sta facendo un passo indietro?

Non sarò sempre io l’unica leader. Loro devono capirlo e io continuerò a ripeterglielo. Alla fine siamo una squadra e una squadra secondo me non deve avere sempre e solo un leader. Per essere squadra devi avere totale fiducia nelle tue compagne e sapere che qualsiasi mossa tu stia facendo, non la fai per un dispetto alla tua compagna, ma per far vincere la squadra. La UAE Adq, in questo caso.

Federica Venturelli è uno dei punti di forza del devo team della WorldTour (foto UAE Team Adq)
Federica Venturelli è uno dei punti di forza del devo team della WorldTour (foto UAE Team Adq)
Pogacar ha detto che ogni anno sale in bici per migliorare qualcosa: la opensi anche tu allo stesso modo?

Quest’anno mi piacerebbe lavorare ancora di più sulle corse a tappe, cercare di diventare più efficiente. Mi piacerebbe veramente poter finire il Tour de France, perché su tre edizioni l’ho finito solamente una volta e anche abbastanza male. Nella altre due occasioni ho messo insieme un ritiro e nella seconda, l’ultima, non sono neanche partita perché mi sono autoeliminata con una caduta. Mi piacerebbe molto arrivare al Tour de France in buona condizione e sfruttare un po’ l’occasione.

Il Giro al posto del Tour?

Non ne sarei così sicura, perché so quanto la società tenga alla maglia gialla. Al Tour sinceramente mi piacerebbe andare per le tappe, anche se è difficile restare fuori dai giochi, a meno che non prendi 40 minuti il primo giorno e non se ne parla più. Altrimenti, come si è visto quest’anno con Lucinda Brand, lei andava fortissimo, forse non era al livello delle prime cinque, però si è ritrovata a fare classifica. In un paio di occasioni si è trovata davanti ed è arrivata decima.

E se invece i capi volessero Longo Borghini tutta sul Tour?

Se mi obbligano, farò quello che mi dice la squadra. Non posso fare altro e nemmeno potrei dire che mi dispiaccia. Mi manderebbero al Tour, non a fare una corsetta di paese…

Pesenti, ecco la grande occasione nel devo team Soudal

23.12.2024
7 min
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CASTELL’ARQUATO – Sul banco di lavoro di Marco, meccanico e titolare di Cicli Manini, c’è una Specialized blu con sfumature nere ed interamente marchiata “Wolfpack”. La misura è quella tipica di uno scalatore di media taglia. Sul tubo orizzontale, dove inizia l’attacco del reggisella, c’è l’etichetta col nome del suo corridore e sul tubo piantone l’adesivo della sua prossima squadra. Li indica con soddisfazione Thomas Pesenti dopo aver firmato col devo team della Soudal Quick-Step.

La sua è la storia di un ragazzo di 25 anni che non si è arreso. Una storia che appartiene ad un periodo che non esiste più e che deve però indicare un’inversione di tendenza laddove si può fare o c’è del merito da riconoscere. Il ciclismo moderno non aspetta più nessuno, nemmeno i talenti più giovani. Appare sempre più impermeabile a dare spazio ad atleti dell’età di Pesenti, con esperienze limitate ai team continental o che hanno visto scappare il treno del professionismo per lo svanire delle squadre dalla sera alla mattina.

Tecnicamente bisogna dire che Pesenti non cambia lo status della formazione per cui correrà. Continental era il JCL Team Ukyo in cui ha corso quest’anno, continental è Soudal Quick-Step Development, ma cambiano radicalmente gli orizzonti e le opportunità. La porta del WorldTour è lì ad un passo ed il parmense di Fontanellato nel 2025 avrà la possibilità di varcarne la soglia in modo contingentato correndo anche con la prima squadra. Poi toccherà sempre a lui guadagnarsi il definitivo salto di categoria. Thomas intanto, a fronte di una maggiore e comprensibile disinvoltura, va cauto, come ha sempre fatto.

Pesenti nel 2024 col Team JCL Ukyo ha potuto correre in posti esotici come Arabia Saudita, Oman, Malesia e Giappone
Pesenti nel 2024 col Team JCL Ukyo ha potuto correre in posti esotici come Arabia Saudita, Oman, Malesia e Giappone
La notizia era nell’aria da qualche mese, ma mancava l’ufficialità. Quando sono partiti i primi contatti con la nuova squadra?

Tutto è nato dopo il campionato italiano. Il mio procuratore Moreno Nicoletti ha iniziato a guardarsi attorno, per vedere se c’era qualcosa di diverso. Io avrei avuto comunque il contratto col Team Ukyo e ci sarei rimasto volentieri visto che mi trovavo bene. Verso agosto Moreno mi ha detto che mi avrebbe preso il devo team della Soudal, che è una realtà ottima. Non ho nemmeno chiesto perché mi cercassero, ho detto subito di sì (racconta divertito, ndr). Col passare del tempo ci siamo tenuti aggiornati via email per tante informazioni. Mancava solo la firma per una questione di tempo, ma non ero minimamente preoccupato. L’ho messa direttamente da casa mia, in modo digitale perché i contratti si fanno anche così, in collegamento col mio procuratore e un dirigente della squadra.

Nel frattempo hai già fatto un paio di ritiri con la squadra. Come sono andati?

Il primo raduno l’ho fatto in Belgio il 20 ottobre arrivando direttamente dalla Japan Cup senza passare nemmeno da casa. Sono rimasto su una giornata, in cui ho provato bici e abbigliamento, fatto qualche test fisico per la mobilità articolare e un po’ di chiacchiere con i futuri compagni e diesse. La cena è stata un’ulteriore occasione per fare gruppo. C’era anche il gruppo della prima squadra, mentre la formazione femminile era in un hotel accanto. Il giorno successivo ero rientrato a casa con la bici ed un po’ di vestiario seguendo già le indicazioni della squadra. Da lì in poi ho seguito subito le tabelle del preparatore della squadra, Frederik Broché, che si è unito alla squadra proprio recentemente dopo aver lavorato per la federazione belga e per quella inglese della pista

Thomas nel Team Ukyo ha avuto un forte assaggio di professionismo. Nel 2022 doveva andare alla Androni che poi ha chiuso
Thomas nel Team Ukyo ha avuto un forte assaggio di professionismo. Nel 2022 doveva andare alla Androni che poi ha chiuso
Il secondo ritiro è stato più intenso, giusto?

Sì esatto, il tipico ritiro invernale. Dal 4 al 6 dicembre siamo ritornati in Belgio alla Bakala Academy (il centro di ricerca e prestazioni atletiche dell’università di Leuven in cui si appoggia la Soudal, ndr) per svolgere qualche test. Poi ci siamo trasferiti in Spagna dove le giornate e le temperature sono ottimali per allenarsi. Era presente tutta la squadra WorldTour, a parte Remco a causa della caduta, più qualche ragazzo del devo team come me. Abbiamo alternato uscite in bici divisi in tre gruppi con lavori in palestra. Sono stati 10 giorni importanti dal punto di vista fisico, per l’allenamento, ma anche per capire i meccanismi di questo nuovo ambiente per me.

Avete già abbozzato un programma delle corse che farai tra devo team e prima squadra?

Non c’è nulla di definitivo, in teoria dovrei fare esperienza con entrambe le squadre. Tenendo conto del calendario del devo team, mi hanno chiesto quali corse avrei voluto fare e fondamentalmente ho dato la mia disponibilità un po’ ovunque. La prima dovrebbe essere l’AlUla Tour in Arabia Saudita a fine gennaio, che ho già fatto l’anno scorso. Potrei correre anche il Tour du Rwanda a febbraio, ma ovviamente decideranno i diesse dove mandarmi. Per quanto riguarda le gare col team WorldTour, non so ancora quali correrò, però so che ne farò visto che mi hanno già consegnato anche l’abbigliamento per la prima squadra. Ripeto, seguirò le loro indicazioni senza problemi.

Italiani samurai. Carboni, Malucelli e Pesenti hanno cercato e trovato il proprio rilancio attraverso il Team Ukyo
Italiani samurai. Carboni, Malucelli e Pesenti hanno cercato e trovato il proprio rilancio attraverso il Team Ukyo
Durante questi ritiri che stati d’animo hai provato?

Naturalmente c’è tanta emozione perché sono andato in una squadra che è il sogno di molti corridori. Malucelli mi ha detto che è come se fossi andato nella cantera del Real Madrid. Farne parte è motivo di grande orgoglio, se penso a dove ero qualche anno fa. Non ci avrei creduto, anche se ho sempre lavorato intensamente per fare questo lavoro. Al raduno di ottobre mi sono incrociato con fuoriclasse come Evenepoel, Landa o Merlier o tanti altri giovani talenti ed è stato incredibile, anche se veloce. E’ normale che quando passi in certe squadre incontri i grandi corridori, infatti ero un po’ in soggezione, ma anche loro sono persone normali e mi sono trovato subito a mio agio. Nel ritiro in Spagna della settimana scorsa invece ho avuto modo di conoscere meglio un po’ tutti tra corridori e parte dello staff.

Hai avuto modo di parlare anche con Bramati?

Considerate che ad ottobre, avendo perso un giorno di viaggio arrivando dal Giappone, in otto ore ho dovuto fare quello che si fa normalmente in due giorni. Tuttavia ero riuscito a fare tutto, parlando per la prima volta anche con Davide. L’ho poi rivisto in Spagna ovviamente. E’ stato molto gentile nei miei confronti, ci siamo detti un po’ di cose in generale, ma nulla di troppo specifico.

Nel 2022 Pesenti fa uno switch mentale e cresce. Alla Coppi e Bartali è protagonista in mezzo ad atleti di team WorldTour
Nel 2022 Pesenti fa uno switch mentale e cresce. Alla Coppi e Bartali è protagonista in mezzo ad atleti di team WorldTour
Sei un classe ’99 e per il ciclismo di adesso si è considerati vecchi, però la tua storia può passare un messaggio. Che idea ti sei fatto?

Mi do sempre un po’ di colpa per questo ritardo nei tempi. Sono maturato dopo rispetto alla norma che vuole il ciclismo di oggi. Non ero pronto fisicamente, ma soprattutto mentalmente per fare il corridore. Pensavo di più ad altre cose, poi ho capito che se volevo fare questo nella vita dovevo impegnarmi al 100 per cento. Da junior vincevo, ma da U23 non ho fatto nulla. Sono riuscito a fare questo cambio di mentalità nell’inverno a cavallo del 2022, che è stata la mia prima vera stagione con vittorie, risultati e prestazioni importanti. Mi sono approcciato a tutto in maniera più professionale. E lo devo all’aiuto di tante persone che mi sono state vicine.

Ti senti di ringraziare qualcuno?

Certamente la mia famiglia. Poi tutto lo staff della Beltrami Tsa-Tre Colli, che mi ha sempre riconfermato anche quando raccoglievo poco o niente. Infine devo dire grazie anche al Team Ukyo, a Volpi e Boaro. La squadra non ci ha mai fatto mancare nulla. Quest’anno ho vissuto un’annata bellissima, facendo esperienze che non avrei mai fatto correndo per una continental italiana. Ho corso in Arabia Saudita, Oman, Malesia e Giappone e viaggiando così tanto ho anche imparato tanto. Noi italiani volevamo rilanciarci e così è stato. Malucelli è andato all’Astana e Carboni alla Unibet Tietema Rocket.

Pesenti al Giro d’Abruzzo si è distinto indossando maglia bianca, ciclamino e centrando un terzo posto di tappa
Pesenti al Giro d’Abruzzo si è distinto indossando maglia bianca, ciclamino e centrando un terzo posto di tappa
Thomas Pesenti come sta vivendo questo importante momento per la sua carriera?

Sono molto contento di essere entrato nel piccolo Wolfpack (sorride, ndr). Battute a parte, ho firmato per un anno e so che è una grande occasione da sfruttare, magari cercando di non deludere chi ha creduto in me. Devo pensare a fare del mio meglio e cercare di migliorarmi. Devo fare quello che ho sempre fatto negli ultimi due anni. Cercare di andare forte, essere d’aiuto alla squadra e, quando ci sarà la possibilità di fare, qualcosa giocandomi le mie carte. Sono pronto e spero di andare avanti il più possibile.

A Gallipoli sipario sul Regioni. Scotti però non si ferma

23.12.2024
5 min
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Anche il vento che si era levato forte fino alla notte precedente, si è calmato alla domenica, in coincidenza del 6° GP Caroli Hotel di ciclocross, tappa conclusiva del Giro delle Regioni, ma anche escursione al sud della challenge allestita dal team di Fausto Scotti, già pronto a rituffarsi nell’attività con gli imminenti campionati italiani giovanili di Follonica. Come sempre succede nel circuito (che altro non è se non il vecchio Giro d‘Italia) la prima parte è stata arricchita dalla presenza dei big del movimento, poi sono rimasti coloro che davano la caccia alla classifica finale, ma Scotti – giustamente – guarda anche ad altro.

Per Fausto Scotti un nuovo successo organizzativo e altri progetti in cantiere
Per Fausto Scotti un nuovo successo organizzativo e altri progetti in cantiere

«Questa edizione della challenge è andata alla stragrande e ha confermato i suoi numeri di partecipazione davvero elevati con la punta di 840 presenze a Corridonia ma una media che ha sempre superato i 300 partecipanti e parliamo solo dell’agonismo, senza considerare la parte promozionale con tantissimi bambini che si sono avvicinati a questo bellissimo mondo. Tutto ciò non è stato senza fatica, basti pensare ai continui impedimenti burocratici da parte di enti locali e soprattutto chi gestisce i parchi, ma questo è un prezzo che ormai paghiamo annualmente».

Il calendario del Giro all’inizio trova ampi spazi, poi col passare delle tappe la concorrenza italiana e internazionale diventa sempre più forte. Quanto vi penalizza ciò?

E’ un aspetto che ci siamo ripromessi di non guardare. Noi viviamo in un calendario dove ci sono 44 eventi nazionali e parlo solo dell’Italia, sarebbe pazzesco pensare di avere un’esclusiva. Lo spazio è ristretto e i team devono fare i loro calcoli. All’inizio abbiamo sempre una partecipazione “totale”, poi a quelli che tirano avanti perché legati alla classifica si aggiungono quelli delle varie realtà regionali. Bisogna anche mettere in conto i costi di trasferta: gareggiando a Gallipoli molti hanno storto il naso, ma si sono presentati al via anche team del nord e questo significa che le nostre scelte sono state giuste.

Antonio Folcarelli ha bagnato il trionfo al Giro con la vittoria a Gallipoli su Simone Vari, 1° U23
Antonio Folcarelli ha bagnato il trionfo al Giro con la vittoria a Gallipoli su Simone Vari, 1° U23
Dal tuo punto di vista hai notato segnali positivi dal movimento meridionale?

I segnali ci sono, c’è grande attività ma bisogna ancora crescere molto dal punto di vista organizzativo. Essere una gara nazionale comporta certe regole, troppo spesso si assiste a percorsi non pienamente conformi, a servizi lacunosi, a una gestione dell’evento anche pericolosa, ad esempio riguardante gli accessi al tracciato. Sappiamo che nel Meridione c’è una grande voglia di pedalare, di fare ciclocross. La strada è giusta, ma bisogna che gli organizzatori siano seguiti, consigliati, al Sud come al Nord, coon la presenza di delegati tecnici qualificati e attenti. Invece vedo spesso giudici che chiudono un occhio…

A inizio challenge raccontavi come ti senta spesso tirato per la giacchetta, da una parte da chi ha già allestito tappe e dall’altra da chi vuole entrare. E’ così anche ora?

Certamente, visto che abbiamo sul tavolo 14 proposte, le 6 delle prove allestite quest’anno e 8 che vogliono entrare. Avremmo spazio per fare anche una seconda challenge, staremo a vedere nei primi mesi del 2025 che cosa potremo fare, considerando anche che abbiamo in stand-by la proposta mutuata con Flanders Classic di una tappa di Coppa del Mondo in Piemonte. Ma finché non vedo firmato il protocollo da parte delle autorità regionali non mi faccio avanti, voglio avere le spalle economicamente coperte e considerando l’approdo della Vuelta, non mi faccio soverchie illusioni.

Oscar Carrer, anche Scotti concorda sul suo grande talento. A Follonica cercherà un nuovo titolo nazionale
Oscar Carrer, anche Scotti concorda sul suo grande talento. A Follonica cercherà un nuovo titolo nazionale
Dal punto di vista tecnico che Regioni è stato?

Io dico che ha risposto alle aspettative, sapevamo bene che nella seconda parte i big si sarebbero diretti altrove. Noi a Gallipoli avevamo la concomitanza della Coppa del Mondo, era chiaro che avremmo avuto alcune defezioni. La Borello ad esempio sapeva già di aver vinto, pur rinunciando alla trasferta. Io però, dopo aver lodato il vincitore assoluto Folcarelli che continua a raccogliere grandi risultati pur lavorando con sveglie alle 5 del mattino, voglio mettere l’accento sui giovanissimi.

Hai visto nuovi talenti?

Non solo. Ce ne sono, basti vedere Carrer che continua a raccogliere successi e ha dominato la categoria Esordienti 2° anno, oppure la coetanea Marta Grassi o anche Francesco Dell’Olio primo fra gli Allievi 2° anno e che sono convinto farà grandi cose da junior. Ma bisogna guardare anche più in là: io ad esempio sono rimasto stupito dalle prove per giovanissimi a Gallipoli, su un percorso con molta sabbia dove ho assistito a grandi impostazioni di guida a livello medio. C’è un bacino davvero promettente, qualche anno fa queste capacità tecniche così diffuse fra i ragazzini ce le sognavamo.

Francesco Dell’Olio, vincitore in terra pugliese e primo nella classifica Allievi 2° anno
Francesco Dell’Olio, vincitore in terra pugliese e primo nella classifica Allievi 2° anno
Il cambio di denominazione del circuito ha influito?

Direi proprio di no. Ormai sanno chi siamo e il livello della nostra professionalità, il richiamo è automatico. Ora comunque si riparte subito dopo Natale, per pensare all’appuntamento tricolore di Follonica.

EDITORIALE / Ditelo voi a corridori di 20 anni di trovarsi un lavoro

23.12.2024
5 min
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Una conversazione avuta con Marino Amadori e Johnny Carera al termine della conferenza stampa milanese di Cordiano Dagnoni offre lo spunto per chiarire un pensiero. Avendo chiesto al presidente se pensa si possa fare qualcosa per arginare la crisi del movimento U23 italiano (in apertura, foto Giro NextGen), al termine dell’incontro con la stampa ci siamo sentiti domandare dal cittì azzurro come mai ce l’abbiamo tanto con la sua categoria. In parallelo, il principe dei procuratori ci ha spiegato che il ciclismo sia ormai cambiato e che l’attività under 23 sia diversa da quella di dieci anni fa e che grazie ai test è possibile capire con certezza scientifica se i corridori faranno carriera. Per cui chi non passa a 20-21 anni, evidentemente non ha i mezzi.

Grati per l’illuminazione, entriamo nel ragionamento, cercando di non dare per scontato ciò che scontato a nostro avviso non dovrebbe essere. L’analisi del territorio porta a dire che le società che fanno attività U23/Elite siano in diminuzione e che nei loro organici ci siano i soli corridori non considerati dai devo team. Il movimento nazionale che ne deriva, non considerando le gare internazionali in cui arrivano gli squadroni stranieri, ne risulta impoverito. Avete presente la scena dello Stelvio al Giro NextGen? Il confronto fra atleti di caratura inferiore genera corridori meno solidi, che fanno una gran fatica a entrare nel mondo del lavoro.

Lo Stelvio al Giro Next Gen del 2023. Troppo dura la salita o basso il livello dei corridori? (foto cyclingpro.net)
Lo Stelvio al Giro Next Gen del 2023. Troppo dura la salita o basso il livello dei corridori? (foto cyclingpro.net)

Le leggi sul lavoro

Si può impedire ad atleti maggiorenni di accettare un’offerta dall’estero? No, impossibile. E se anche la Federazione italiana imponesse una regola che li vincola a trascorrere un periodo in team italiani, la normativa europea sul lavoro permetterebbe di aggirarla. Del resto, basta osservare la grande disinvoltura con cui si rompono i contratti di professionisti ben più affermati, per capire che non ci sia scampo a fronte di un certo tipo di commercio. Chi propone e vende i corridori ha tutte le strade aperte. Si può impedirlo? No, impossibile. Si può impedire la concentrazione di talenti nelle mani di un solo soggetto? No, impossibile, almeno per ora. A meno che non ci pensi l’UCI, che rilascia le licenze alle squadre, ai corridori e anche ai loro agenti.

Per cui i ragazzi di 18 anni fanno valigia e vanno in Belgio, Olanda, Germania, Spagna, Francia: l’offerta è vasta. Restano per 2-3 anni e a quel punto chi ancora interessa alla WorldTour di riferimento, sale il fatidico scalino. Gli altri tornano indietro. Cosa trovano in Italia? Squadre che certo li accolgono, ma non è detto che li porteranno all’agognato professionismo. Secondo Carera ciò è dovuto al fatto che non abbiano le qualità per diventare corridori: per cui farebbero bene a cercarsi un lavoro. Su questo punto non è possibile generalizzare ed ecco perché.

Dopo il devo team, Scaroni non è passato alla Groupama, eppure si sta affacciando sul settimo anno da pro’
Dopo il devo team, Scaroni non è passato alla Groupama, eppure si sta affacciando sul settimo anno da pro’

La scelta di partire

Se è così matematico pesare le qualità di un atleta, perché mandare in un devo team ragazzi che non le hanno? Se tornano indietro è perché non le hanno, chi ha stabilito che le avessero? Si scommette assieme a loro sul successo e anche sul fallimento? Si tiene conto, nel proporgli la sfida, di quanta fatica gli sia costato arrivare a quel punto? La maturazione fisica e psicologica degli atleti è omogenea per tutti? Siamo consapevoli del fatto che l’adolescente di oggi, benché più ferrato in tema di tecnologie, sia anche parecchio più disarmato rispetto alla quotidianità della vita? Tutti i corridori sono in grado di andare all’estero e gestire la vita in ritiro in mezzo a gente che non parla la loro lingua? I corridori di 18 anni e le loro famiglie hanno le stesse consapevolezze di chi li consiglia?

Andare all’estero è una straordinaria scuola di vita, come farlo per motivi di studio, ma non tutti sono in grado di trarne vantaggio. Perché allora mandarli tutti? Forse perché si ha la consapevolezza che, se va bene, si potrà guadagnare in maniera più importante sui loro contratti? E in che modo poi si assistono quelli che tornano indietro?

Cristian Scaroni, under 23 nel devo team della Groupama, non andò alla WorldTour, eppure sta avendo una discreta carriera da professionista. Lorenzo Ursella arrivò alla DSM che era ancora un bambino, si è trovato male e nel 2025 correrà nella Padovani. Gli sarebbe convenuto forse un impatto meno duro con quel mondo? Thomas Pesenti, una carriera da U23 e poi elite con la Beltrami-TSA e il JCL Team Ukyo è appena salito del devo team della Soudal-Quick Step pur avendo già 25 anni.

Marino Amadori, selezionatore azzurro degli U23, al Giro Next Gen con Pietro Mattio
Marino Amadori, selezionatore azzurro degli U23, al Giro Next Gen con Pietro Mattio

Prima uomini

A Marino Amadori ci preme dire che non ce l’abbiamo con la sua categoria, nella quale siamo cresciuti quando entrammo in questo mondo nell’ormai lontano 1992. Ma proprio perché conosciamo a menadito le storie di tutti i ragazzi con cui abbiamo lavorato, ci possiamo permettere di fare delle distinzioni. Il suo lavoro di selezionatore non sarà minimamente scalfito dal Paese in cui i ragazzi sceglieranno di correre. Per cui come ha risposto venerdì lo stesso Dagnoni, il cittì potrà ugualmente garantire i suoi piazzamenti al Tour de l’Avenir. Nessuno gli impedisce l’accesso ai migliori, ma i migliori ormai si contano sulla punta delle dita, mentre un tempo era difficile fare la squadra, tanti erano i nomi in ballo.

La differenza fra chi ancora si ostina a scrivere queste cose e chi dice che tanto ormai va così, sta nel fatto che, pur essendo dei semplici giornalisti, ci sta a cuore il futuro di queste persone che a vent’anni corrono in bicicletta. Forse, come è giusto che sia trattandosi di rapporto di consulenza professionale, a chi deve trovargli una squadra l’ultimo aspetto sta meno a cuore. La nota stonata è che se un ragazzo di 20 anni si sente dire che non è forte abbastanza per andare avanti e gli viene negata la possibilità di dimostrare il contrario, se ne andrà dal ciclismo arrabbiato e magari escluderà la possibilità di rimanere nell’ambiente in altre vesti. Tutti i meccanici e i massaggiatori, tranne poche eccezioni, sono stati corridori, alcuni anche professionisti. Oggi se ne bruciano così tanti che magari un domani si farà fatica anche a comporre gli staff delle squadre. A volersi rassegnare, bisognerebbe ammettere una volta per tutte che il ciclismo giovanile italiano non è più in mano alle squadre e neppure alla Federazione.