Tre vittorie di tappa, secondo posto nella generale e maglia arancione della classifica a punti. Non è il bottino di una squadra WorldTour ma del JCL Team UKYO al Tour de Langkawi. Parliamo quindi della continental gestita da Alberto Volpi.
Prestazioni che non potevano certo passare inosservate, come quel che nel complesso la squadra ha ottenuto nel corso della stagione: ben 16 vittorie (per ora), e queste ultime della Malesia sono state ottenute in una gara di classe .Pro, vale a dire inferiore solo a quelle del WorldTour.
Alberto, si può dire che per questa prima vostra stagione si può essere soddisfatti…
E come potrei non esserlo? A “tre minuti” dalla fine della partita siamo andati oltre quel che mi aspettavo. Siamo al secondo posto nel ranking dell’Asia Tour (la classifica UCI continentale, ndr). Non riusciremo a vincere perché c’è troppo gap con la Terenggannu ma siamo contenti.
Boaro, il tuo diesse, in Malesia ci parlava di una squadra dalla “burocrazia semplice”, che per certi aspetti è anche normale visto che è una continental. Però poi le cose devono funzionare…
La squadra in effetti è impostata in modo semplice ma professionale. Ognuno ha il suo ruolo. Chiaro che non è facile ogni anno reperire corridori di livello e far crescere molto gli atleti giapponesi. Quest’anno siamo riusciti a inserire atleti italiani che ci hanno fatto fare un salto di qualità.
Qual è il vostro metodo di lavoro?
Premetto che alla base servono i corridori. Ma abbiamo ottime bici, le Factor, le stesse che usa la Israel-Premier Tech, componentistica Shimano, specie per quel che concerne le ruote. A questo elemento nel suo insieme abbiamo dedicato molta attenzione. Non è stato un caso che abbiamo scelto Vittoria per le gomme. Potevamo averle gratis di un’altra marca, ma le abbiamo acquistate perché crediamo nella bontà del prodotto, del marchio. Sappiamo che questa gomma è sicura, prima cosa, e che è performante. E lo stesso vale per l’abbigliamento, per i nostri body. Nessun segreto particolare quindi: lavoro e umiltà. Inoltre credo che abbiamo fatto un calendario all’altezza del nostro livello. E per questo abbiamo i ragazzi per organizzarci bene. Ognuno ha il suo preparatore e noi un coordinatore. C’è a disposizione un nutrizionista.
Come mai la scelta di prendere un diesse fresco di gruppo?
Ho scelto Manuele, che di vento in carriera ne ha mangiato tanto, cosa che insegna molto. Lui vede delle cose dal basso, con umiltà. Parliamo la stessa lingua. C’è un problema? Lo comprendiamo, lo affrontiamo, lo risolviamo. E’ come se avessimo confezionato un vestito su misura a questo team. Posto l’atleta al centro, cerchiamo di tirare fuori al massimo le sue qualità e gli costruiamo attorno un calendario idoneo. Il livello di comunicazione, per forza di cose, è molto stretto e funzionale.
Chiaro…
Abbiamo tre europei, un australiano e una grossa parte di giapponesi, i quali sono educatissimi. Loro si sono messi subito a disposizione. E nel farlo sono cresciuti. Certo, per arrivare a tutto questo c’è un bel lavoro dietro!
Tra l’altro la tua finestra lavorativa con il Giappone è molto breve per via del fuso orario…
Alle 6 del mattino sono già in pista, mentre a Tokyo sono le 13. Ma per i vari feedback e relative organizzazioni riusciamo ad essere efficienti. La rete di comunicazione, come dicevo, è breve e non c’è dispersione di informazioni.
Alberto, hai parlato di calendari, come fate a tesserli? Voi team continental siete legati agli inviti e spesso questi arrivano all’ultimo. E di conseguenza come fanno i ragazzi a prepararsi?
Vero e infatti bisogna partire prestissimo. Noi non abbiamo diritti di partecipazione, quindi se voglio che la JCL Ukyo vada alla Coppi e Bartali mi devo muovere molto, molto prima e ovviamente aspettare le decisioni delle WorldTour, poi delle professional… So come funziona, magari ti rispondono a gennaio. Per 27 anni sono stato in top team. Va un po’ meglio con le gare in Asia.
Anche perché ormai con Terenggannu siete dei team importanti… A proposito di 27 anni in grandi team: ti manca l’ammiraglia?
No, ma vado quando posso a vedere le corse dal vivo. Il ciclismo è e resta anche una passione. Ci andavo sin da piccolo. Ma si è presentata questa opportunità di fare il team manager, c’è un bel progetto e l’ho colto al volo. E poi dopo tanto tempo era giusto cambiare. E’ giusto che ci sia un cambio generazionale e che ora in ammiraglia ci sia Boaro.
La domanda più importante Alberto: c’è l’idea di diventare una professional?
Abbiamo l’obiettivo, l’esperienza e le persone per fare una professional. Tuttavia io non ho mai fatto proclami neanche quando dirigevo Sagan e Nibali figuriamoci adesso. Questa cosa riguarda più il Ceo del team, Ukyo Katayama. Lui ha detto che in pochi anni vorrebbe essere al via del Tour. Io gli ho spiegato che è un percorso lungo e difficile e che in tanti hanno fallito. Penso, per esempio alla Uno-X, quanto ci ha messo per arrivare al Tour? Diciamo che c’è un ragionamento in essere per fare la professional nel 2026 e da lì lavorare per andare ad un grande Giro. Ma bisogna presentarsi bene, sotto ogni punto di vista per avere appeal. Servono buoni rapporti con le grandi organizzazioni, vedi Rcs e Aso: loro guardano molto a questi aspetti.
Certo, una buona immagine oggi è fondamentale…
Poi è chiaro, e lo ripeto, alla base servono i corridori e un buon budget. Già da professional cambia tutto: servono più medici, più atleti, più personale, più mezzi. Vediamo se Ukyo riuscirà a reperire sponsor importanti. Io mi devo occupare del funzionamento della squadra.
Il prossimo anno che JCL Ukyo vedremo?
Per prima cosa una JCL Ukyo senza Malucelli, Carboni e Pesenti: loro ci lasciano, tra chi ha avuto offerte importanti e chi si sta muovendo per altre vie. Da una parte il loro addio mi dispiace, dall’altra mi rende contento perché significa che abbiamo fatto le scelte giuste nel prenderli. Pertanto senza di loro dovrò ridiscutere la parte italiana del team. E non è facile rimpiazzare atleti così. Ripartiremo da ragazzi giovani, ragazzi che ad intuizione abbiano determinati margini di crescita.