Tirreno-Adriatico 2025 ,Andrea Vendrame

Vendrame va al Catalunya e la Classicissima la guarda in tivù

20.03.2025
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La tappa di Colfiorito dell’ultima Tirreno-Adriatico era lunga 239 chilometri. Pioveva da tutto il giorno e quando i più forti si sono presentati nello stretto arrivo, il solo capace di nascondersi e saltare fuori al momento giusto è stato Andrea Vendrame (foto di apertura). Pioveva anche a Sappada, lo scorso 24 maggio, quando il trevigiano conquistò la tappa del Giro a capo di 147 chilometri di fuga.

Vendrame sa vincere quando il tempo è brutto. E dato che sabato alla Milano-Sanremo si annuncia pioggia, sembra veramente strano che la Decathlon-Ag2r abbia deciso di non portarlo. Fra Bennett (il solo dei 7 prescelti ad aver vinto: due tappe al Tour de la Provence, categoria 2.1), De Pestel, Gautherat, Gudmestad, Lafay, Naesen e Paret Peintre un posto per l’unico italiano della squadra, per giunta vincente nel WorldTour e in condizione, non si trovava?

Al Giro d’Italia 2024, la vittoria di Sappada era già venuta a capo di una giornata sotto la pioggia
Al Giro d’Italia 2024, la vittoria di Sappada era già venuta a capo di una giornata sotto la pioggia

Emozioni e imprevisti

Ovviamente si tratta della considerazione di chi scrive, perché Vendrame sa stare al suo posto e non si lamenta. Ha imparato a godere delle conquiste raggiunte, progettandone di nuove, in questo suo correre fatto di emozioni e grandi scariche di adrenalina. Il periodo gli è favorevole, non era andata male neppure alla Strade Bianche, secondo migliore italiano al traguardo: un secondo più lento di Formolo.

«Ma quella è una corsa dai mille imprevisti – racconta – abbiamo visto i risultati e le foto. Tante cadute, tante forature, un disastro tutta la giornata. Purtroppo sul Sante Marie, ero ruota di Pello Bilbao e mi sono mancati quei 30-40 metri per scollinare con il primo gruppo. Però la condizione si è vista ed è buona. Alla Tirreno l’obiettivo era la tappa di Colfiorito ed è andata di lusso».

Anche nella tappa di montagna del sabato verso Frontignano, Vendrame ha ritentato la fuga
Anche nella tappa di montagna del sabato verso Frontignano, Vendrame ha ritentato la fuga

L’estro di Bettini

Emozioni e imprevisti sono il soggetto di una sua riflessione social, che ci è parsa interessante da approfondire. Nel ciclismo dei numeri esatti, dei test, dei rapporti fra chili e watt che smontano qualsiasi sogno, leggere di uno che parla di emozioni e imprevisti ti fa credere nuovamente nelle favole. Soprattutto uno che sta lì e le corse se le gioca col duro lavoro, ma anche la scaltrezza di azzeccare la mossa giusta al momento giusto. Uno come Bettini, facendo tutte le proporzioni: uno che non vince solo con le gambe, ma anche con lo spirito.

«L’imprevisto a Colfiorito – spiega – vista la lunghezza della tappa, è stata la pioggia. Però è andato tutto bene, bisognava mantenere la calma nel finale e gestirla al meglio. Sapevo di avere una buona condizione, la gamba c’era e infatti ci ho riprovato anche nei giorni successivi. Però vi confermo che la testa conta tanto.

«Se hai una mentalità forte, è fatta al 90 per cento. Bisogna mantenere la calma, sapersi gestire e non farsi prendere dal panico. Il giorno di Trasacco, quando ha vinto Kooij, ero rimasto tagliato indietro e ad inseguire da solo, mi sarei finito. Invece la fortuna ha voluto che Landa davanti abbia bucato, sia stato ripreso e poi la squadra lo ha portato ancora sui primi. E io da disperso che ero, alla fine sono arrivato sesto».

Da solo sui tornanti del Monte Grappa al Giro del 2024: Vendrame ama andare all’attacco
Da solo sui tornanti del Monte Grappa al Giro del 2024: Vendrame ama andare all’attacco

Dal Catalunya al Giro

L’imprevisto sarebbe a questo punto essere schierato per la Sanremo, ma in apparenza non sono state previste eccezioni, a meno di ripensamenti nelle prossime ore.

«Per cui per ora la Sanremo resta un sogno – chiude Vendrame – perché la squadra mi ha comunicato da tempo che non l’avrei fatta. Da programma sono previsto al Catalogna, ma è chiaro che essendo l’unico italiano del team, un po’ dispiaccia. Per questo poi comincerò a pensare al Giro d’Italia, l’obiettivo principale dell’annata, dove correrò per vincere una tappa».

E dal bus della UAE Emirates spunta Borselli…

20.03.2025
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All’improvviso ce lo siamo ritrovati davanti, come mille altre volte, ma stavolta nel bus “sbagliato”. Federico Borselli, infatti, non era al pullman della XSD-Astana, ma in quello della UAE Emirates. Un cambio di casacca che ha sorpreso molti, non solo gli addetti ai lavori, ma anche i tifosi più accaniti. Niente più maglietta turchese, ma bianca (in apertura foto Fizza).

Dopo tre lustri, tante vittorie, sfide e campioni, l’autista toscano è passato alla corte di Tadej Pogacar. Un riconoscimento per Borselli, persona dall’animo buono, gentile e dall’esperienza ancora più grande. Ma è chiaro che questo passaggio porta con sé una storia. Cosa lascia all’Astana? E cosa trova alla UAE Emirates? Sentiamo cosa ci racconta…

Con Gil e Tosello, Borselli era l’anima più esperta del gruppo Astana
Con Gil e Tosello, Borselli era l’anima più esperta del gruppo Astana
Federico, insomma ci hai fatto questa sorpresa…

Sì, avevo bisogno di cambiare, ma non perché non mi trovassi più bene. Mentalmente sentivo il bisogno di nuovi stimoli e di cambiare aria. E’ vero che in Astana alcune cose sono cambiate, come tutti sanno, e alcune di queste non mi piacevano più. Vinokourov ha fatto le sue scelte e io lo ringrazierò sempre per quello che ha fatto per me. Dopo 15 anni non posso che essere grato: abbiamo vinto tanto e siamo stati benissimo. Ora è il momento di provare questa nuova avventura.

Cosa ci puoi dire di quelle cose che non ti piacevano? Magari una te la imbocchiamo noi: non c’è più “Martino”, Giuseppe Martinelli, che era un punto di riferimento…

Sì, una è anche quella: non c’è più Martino, non c’è più sua figlia Francesca. Negli anni è arrivato un tecnico nuovo, che a me non piace per niente, che ha un po’ destabilizzato il gruppo, ma va bene così… Sono scelte che ha fatto Vino e io gliel’ho detto apertamente, senza problemi. Con lui ho sempre avuto un bellissimo rapporto e non ho nulla contro di lui. Anzi…

Hai accennato di ricordi: che cosa è stata per te l’Astana? Quindici anni non sono pochi.

L’Astana è stata una seconda famiglia. Lo dico tranquillamente: nel 2011 ho avuto un problema di salute, sono stato operato per un tumore e nel 2012 ho fatto la chemioterapia. Loro mi hanno supportato tantissimo. Vinokourov voleva che restassi a casa, ma io sono andato comunque alle corse, anche al Tour. Il giorno di riposo tornavo a casa per la chemioterapia e ripartivo quello successivo. Questo mi ha aiutato tantissimo a superare quel periodo difficile, anche per questo resto legato a Vino.

E avete vinto moltissimo…

Eravamo la più grande squadra. Abbiamo vinto di tutto con Fuglsang, Nibali, i fratelli Izaguirre, Sanchez, Aru. Ho davvero dei ricordi bellissimi: dal Tour a tutte le classiche vinte. Sono cose che non dimentichi e ti rimarranno sempre dentro.

La mitica targa di Scarponi che Borselli aveva sul suo bus. Ora è casa sua nel Mugello
La mitica targa di Scarponi che Borselli aveva sul suo bus. Ora è casa sua nel Mugello
Quando arrivavi col tuo pullman e magari avevate la maglia rosa o gialla, come ci si sentiva di fronte agli altri colleghi nel parcheggio delle corse?

Ti dava e ti dà un morale incredibile. Non senti la fatica, non senti niente, sei al settimo cielo. E sono emozioni e sensazioni che ti restano addosso e che ancora provo. Amo questo mestiere. Mestiere che ho iniziato grazie a Bruno Vicino negli anni ’90 e a Franco Gini.

E poi c’è quel cartello che ormai ti aveva identificato: il cartello della crono di Michele Scarponi. Sappiamo che te lo sei portato via.

Esatto, è a casa con me. Quello è qualcosa di speciale. Ho tantissimi ricordi belli e tre brutti che mi hanno segnato, tre perdite toste. La morte del povero Alessio Galletti, ragazzo speciale. Michele Scarponi e Umberto Inselvini. Sono cose che ti restano dentro. Ho vissuto momenti bellissimi, come con Franco Ballerini, con cui siamo cresciuti insieme. Lui mi vedeva fare motocross e diceva che ero matto. Io gli rispondevo che lui scendeva a 70 all’ora senza casco. Sono aneddoti che mi porto dentro e che nessuno mi potrà togliere. Ho vinto sette Grandi Giri, partendo da Gotti fino ad arrivare a Simoni, Cunego, Nibali, Aru. Sono passati 30 anni in un attimo: questa è la mia trentunesima stagione e nemmeno me ne sono accorto.

E si vede anche dalla stima che i tuoi colleghi di riservano. Ma giriamo pagina, Federico: torni a guidare il bus della squadra numero uno, come fu l’Astana un tempo. Come sei arrivato alla UAE?

E’ successo per caso. Ho aiutato tanti giovani autisti a crescere e ora questi ragazzi sono più tecnologici, parlano inglese. Senza l’inglese oggi sei perso. Tramite uno di loro, durante la scorsa campagna del Nord, in Belgio ho parlato con Andrea Agostini e lui mi ha detto che stavano cercando un autista bravo. Luigi Saronni ha subito fatto il mio nome, ma Agostini pensava che non sarei mai andato via dall’Astana. Luigi gli ha detto di provarci. Così mi hanno contattato, abbiamo parlato ed è nato tutto. Solo una cosa ho detto ad Agostini: «Cercate uno che parla inglese o che sappia fare il suo mestiere?». Lui mi ha risposto: «Uno che sappia fare il mestiere». In pochi giorni abbiamo fatto tutto. Nessuno pensava che lasciassi l’Astana, ma sentivo che era il momento giusto per un nuovo inizio.

I primi successi con la UAE Emirates… Federico è sulla destra
I primi successi con la UAE Emirates… Federico è sulla destra
Ma effettivamente è stata una sorpresona pure per noi. Dire Astana era un po’ come dire Borselli. Almeno nei parcheggi delle corse!

Grazie! In effetti sentivo la squadra mia. A parte l’ultimo anno e mezzo, ma lottavo perché tutto funzionasse bene, come fanno tanti altri colleghi in Astana. Ma ora è un nuovo capitolo.

E adesso che ambiente hai trovato? Quanto è diverso?

L’organizzazione è completamente diversa. A livello economico in UAE Emirates non ci sono problemi e sono tre scalini avanti. Le mansioni per me sono le stesse: pullman, caricare le radio, trovare le strade, coordinarmi con i direttori sportivi e guidare al meglio fra gli hotel e le corse. In Astana era Martinelli che gestiva tutto, qui invece ogni direttore ha il suo settore specifico. Ognuno ha una sua mansione e sai che per quella cosa X, devi chiedere al tizio X.

Che impressione ti ha fatto Pogacar? E’ molto più star rispetto alle star che avevi dieci anni fa considerando anche l’era dei social?

I primi dieci giorni sono stati difficili, avevo paura di sbagliare. Pullman nuovo, abitudini diverse. Ma mi hanno aiutato tantissimo e mi hanno fatto sentire a mio agio. Pogacar è tranquillissimo. Certo, alle partenze e agli arrivi c’è il mondo attorno a lui, ma l’ho sempre protetto come ho fatto con i leader del passato.

Alla Strade Bianche ti aspettavi quella calca davanti al bus?

Me l’avevano detto, ma non immaginavo così tanta gente. Mi ha ricordato i tempi di Cipollini alla Saeco e del camper della Mercatone Uno con Pantani. Quella fu un’era incredibile.

Quanti campioni per Borselli. Ora eccolo con il numero uno
Quanti campioni per Borselli. Ora eccolo con il numero uno
Chi ti aveva avvertito della calca alla Strade Bianche?

Me lo avevano detto Gianetti e Matxin, ma anche Luigi Saronni. Ora mi aspetto ancora più gente nelle prossime gare.

Alla fine sei nel bus più atteso e Pogacar è un’icona importante per il ciclismo…

Sì, Tadej è un’iniezione di spettacolo e fiducia per il ciclismo. Speriamo che anche in Italia si riesca a crescere un talento così, ma servono più strutture e mentalità.

Alla UAE conoscevi già qualcuno?

Sì, se parliamo di ex corridori dico: Baldato, Marzano e Mori. Con Mori ho un rapporto particolare, lo vedevo da piccolo crescere. Lui è entrato in Lampre quando io sono andato via, ma lo conosco da sempre.

Quest’anno che calendario farai?

Farò il Giro d’Italia, le classiche delle Ardenne, il Giro di Svizzera… E oggi parto per la Milano-Sanremo, pronto per un’altra avventura!

Verso Sanremo: i piani di Balsamo per lo sprint in via Roma

20.03.2025
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Nel bel mezzo della disputa sulle distanze di gara e sul fatto che tanti – Longo Borghini, ma anche Slongo e Pinotti sentiti ieri – si sarebbero aspettati una Milano-Sanremo più lunga, Elisa Balsamo prende una direzione totalmente opposta.

«Io sinceramente non sono tanto d’accordo su questo – dice – perché credo che lo spettacolo non sia legato al fatto di avere gare più lunghe. Non bisogna confondere il fatto che una gara sia interessante e dura, con la lunghezza, perché secondo me sono due cose separate. Una gara può essere durissima anche se è 140, 150, 160 chilometri, alla fine sono gli atleti a fare la differenza. Anzi, secondo me, mettendo gare troppo lunghe si rischia di andare incontro all’attendismo e quindi a perdere anche un po’ di spettacolarità».

La Sanremo delle donne di sabato si correrà sulla distanza di 156 chilometri, da Genova all’arrivo di via Roma, e Balsamo ha gli occhi che scintillano. Il suo direttore sportivo Ina Teutenberg la corse nel 2000 e arrivò seconda dietro Diana Ziliute. Tra l’orgoglio italiano e la voglia tedesca di rifarsi, alla Lidl-Trek l’avvento della Sanremo è vissuto con grande partecipazione. Le ragazze sono in Riviera già da qualche giorno.

A fine dicembre 2024, Sanguineti ha condotto Balsamo nella ricognizione della Sanremo Women
A fine dicembre 2024, Sanguineti ha condotto Balsamo nella ricognizione della Sanremo Women
Che cosa ti aspetti da questo ritorno?

Sono 20 anni che la Sanremo non era più nel calendario delle donne, quindi già questo lo rende speciale. Correre in Italia è sempre bello, in più Sanremo non è lontana dalle mie zone, quindi la famiglia potrà seguirmi. Queste strade mi piacciono, abbiamo visto il percorso e sarà una bella gara. C’ero già stata a dicembre con Ilaria “Yaya” Sanguineti che si allena qui tutti i giorni. In questi ultimi cinque anni ci siamo battute per avere un calendario simile a quello degli uomini, per cui la Sanremo è una conquista importante. Tutte vogliono vincerla, sarà una vera battaglia.

Quali consigli ti ha dato Sanguineti, che purtroppo non sarà in corsa?

Lei conosce benissimo la zona, si allena qui praticamente ogni giorno. Soprattutto mi ha dato consigli per le discese, su ogni singola buca della discesa del Poggio. Suggerimenti su dove fare attenzione, soprattutto in caso di pioggia nei tratti più scivolosi.

Fino allo scorso anno compagne, Elisa Longo Borghini potrebbe trasformarsi nella bestia nera di Balsamo alla Sanremo
Fino allo scorso anno compagne, Elisa Longo Borghini potrebbe trasformarsi nella bestia nera di Balsamo alla Sanremo
Riesci a immaginare lo svolgimento tattico?

Penso che comincerà tutto dai Capi, il Berta è il più lungo, anche se lontano dal finale, però certo potrebbe iniziare a fare selezione. Io mi sento bene, ma in queste corse non sai mai cosa può succedere. Come al Trofeo Binda (da lei vinto domenica, ndr). Non sai se può andare via una fuga, grande o piccola, se si arriverà in gruppo o un’atleta da sola. Penso che sabato sarà lo stesso, anche se il profilo della gara è molto diverso.

Cosa ricordi delle Sanremo viste in tivù?

I miei genitori amano molto il ciclismo, per cui sin da quando ero piccola passavamo il sabato davanti alla televisione. Era una giornata speciale, perché la gara era molto lunga. Quando arrivavano alla Cipressa e al Poggio, era una grande emozione. Ho sempre guardato la Sanremo, sin da quando ero bambina.

Sanremo 2024, fine discesa del Poggio: VdP si volta, vede la maglia azzurra di Philipsen e tira dritto
Sanremo 2024, fine discesa del Poggio: VdP si volta, vede la maglia azzurra di Philipsen e tira dritto
Invece da più grande?

Credo fosse l’anno scorso. Ho chiaro il momento in cui in fondo alla discesa del Poggio, Van der Poel si è messo davanti a tirare a tutta e io non riuscivo a capire perché. Solo dopo ho realizzato che aveva con sé Philipsen, il suo velocista. Nessuno ha dovuto dirgli niente, è andato via dritto e questo mi ha colpito. La Sanremo si può vincere anche per millesimi di secondo. Se in fondo alla discesa ti guardi un attimo, chi è davanti magari prende i 50 metri che poi non si riescono più a chiudere. La sua prontezza mi colpì molto.

Hai detto che ci sarà da combattere, ma la Omloop Het Nieuwsblad ha visto arrivare una fuga senza che dietro il gruppo si sia organizzato. Pensi sia possibile che accada di nuovo?

Non penso, perché quel giorno abbiamo imparato la lezione. Tutti vogliono vincere la Sanremo, quindi sono sicura che ci sarà una fuga, ma i team lavoreranno insieme per non lasciarla arrivare a 10 minuti. Ci sono almeno 5 o 6 squadre interessate a tenere in mano la corsa.

Alla Omloop Het Nieuwsblad il gruppo ha lasciato arrivare una fuga cui inizialmente non si sarebbe dato credito
Alla Omloop Het Nieuwsblad il gruppo ha lasciato arrivare una fuga cui inizialmente non si sarebbe dato credito
Vedi attacchi già dalla Cipressa?

Penso di sì! Ci sono molti team con scalatori e corridori da classiche. Sono quasi sicura che proveranno a fare il forcing da inizio salita, ma penso anche che fra Cipressa e Poggio ci siano tanti chilometri, per cui chi sarà staccato, avrà il tempo di rientrare aiutato dalla squadra. Poi però attaccheranno di nuovo sul Poggio. Il mio scenario ideale è arrivare con un piccolo gruppo, ma so che prima dovrò sopravvivere alle salite e anche alle discese.

Hai vinto per tre volte il Binda, hai indossato la maglia rosa e vinto tappe al Giro: che cosa rappresenterebbe per te la Sanremo?

Un sogno, quindi un grande obiettivo. Sapere che ci sarà ogni anno mi dà un po’ di tranquillità, perché penso che se non riuscirò quest’anno, ci riproverò il prossimo. E’ più di una tappa al Giro, perché a me piacciono tantissimo le classiche. Vincere qui sarebbe una cosa diversa e nuova.

La vittoria nel Trofeo Binda dice che Balsamo è in ottima condizione e regge bene le salite
La vittoria nel Trofeo Binda dice che Balsamo è in ottima condizione e regge bene le salite
Hai provato anche il rettilineo d’arrivo?

Sì, l’ho visto e devo dire che con il traffico è un po’ caotico: non sono riuscita a immaginarmelo vuoto. Per un velocista è troppo importante andare a studiare fino all’ultimo metro. Ho visto che tira un po’ in su, quindi in caso di volata, mi converrà stare al coperto e uscire all’ultimo.

Ultima cosa, non proprio esaltante, si rischia di correre con la pioggia. Cambia molto?

Abbiamo visto che le previsioni potrebbero essere piuttosto brutte. Però non possiamo farci niente, quindi secondo me è anche inutile fasciarsi la testa. Indubbiamente io preferirei correre col sole, però pioverà per tutte. Vorrà dire che ci sarà da combattere ancora più duramente.

Milano-Torino a Del Toro, “figlio” di Pogacar e Ayuso

19.03.2025
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TORINO – Un inchino a Superga lancia Isaac Del Toro tra i grandi e fa sorridere i suoi capitani. Non fosse bastato l’incessante supporto a Juan Ayuso alla Tirreno-Adriatico della scorsa settimana, ecco la fiammata nella classica più antica della storia che fino a oggi non era mai stata vinta da un corridore messicano. Una fiammata che arriva proprio nella settimana che porta alla Milano-Sanremo, obiettivo dichiarato dell’iridato Tadej Pogacar. 

Il ventunenne del UAE Team Emirates fa sul serio e il successo ottenuto nella Milano-Torino che ritrovava l’arrivo più classico di fronte alla Basilica è un segnale forte. Basti pensare che qui aveva trionfato gente del calibro di Alberto Contador (2012) e Primoz Roglic (2021). Senza dimenticare anche il secondo sigillo tricolore di Vincenzo Nibali al Campionato Italiano del 2015.

Prima parte di gara piatta, poi nel finale il doppio passaggio (con arrivo) a Superga
Prima parte di gara piatta, poi nel finale il doppio passaggio (con arrivo) a Superga

Sulla rotta dei grandi

In attesa di diventare grande come i nomi appena citati però, Isaac si concentra sui suoi capitani. Fa esplodere in una fragorosa risata la sala stampa quando gli chiediamo le differenze del correre per due fenomeni come Pogacar o Ayuso, rispondendo con una battuta che va a braccetto con la festività di San Giuseppe. 

«Sono due persone troppo diverse, è un po’ come parlare delle differenze tra il tuo papà e la tua mamma – racconta con un sorriso in un ottimo italiano – sono due amici e sono contento di lavorare e offrire la mia versione di me per loro. In questo momento sono i più forti e l’hanno visto tutti. Uno ha vinto le Strade Bianche su una gamba e l’altro è stato il migliore alla Tirreno. Io sono lì per loro e per me essere l’ultimo o il penultimo uomo mi riempie di felicità».

Lo scorso anno tutti si ricordano il suo forcing sulla Cipressa che mise alla corda gran parte dei favoriti della Sanremo. Tutti lo considerano una pedina fondamentale nei sogni di gloria del campione del mondo, prima di rimettersi al servizio delle ambizioni rosa del fresco re dei due mari.

Ma Isaac non ha fretta e prende una corsa alla volta: «Adesso voglio pensare soltanto alla Milano-Sanremo. Al Giro d’Italia manca ancora tanto, per cui non voglio stancare troppo la testa. Sono pronto a prendermi la responsabilità, voglio fare un bel lavoro e fare una bella figura con Tadej. Da lui cerco di imparare tutto il possibile, è una persona normale. Quando è con me cerca di caricarsi anche tutta la responsabilità che può esserci su di me e lo fa sempre con grandissima tranquillità.

«Correre con lui è un divertimento, scherziamo sempre molto, lo considero un amico e soltanto dirlo mi sembra qualcosa di incredibile».

Lorenzo Fortunato, come spesso capita, è stato il migliore degli italiani, ottavo
Lorenzo Fortunato, come spesso capita, è stato il migliore degli italiani, ottavo

Famiglia UAE

Tutte le squadre World Tour vorrebbero in rosa un gregario così. Un gregario capace di trasformarsi all’occorrenza in capitano di giornata, con classe da vendere e grandissima umiltà.

«Sono giovane, per cui mi rende felice la fiducia che mi dà la squadra e che l’esempio qui ho avuto gente come Covi o come Adam (Yates, ndr) che si è messa al mio servizio. E’ davvero un sogno quello che sto vivendo. Credo sia la prima gara che vinco qui in Italia, vincere qui è incredibile. Sono arrivato in questo Paese a 16-17 anni, sono cresciuto tanto come ciclista, ora vivo e mi alleno a San Marino».

A chi gli chiede che cosa si aspetta dal 2025 iniziato nel migliore dei modi, replica così: «L’obiettivo essere costante. Vediamo che libertà avrò con la squadra. Voglio solo divertirmi in bici. È tutto così incredibile, per tutto il mio Paese e per la mia famiglia».

Isaac Del Toro (classe 2003) è alla prima vittoria stagionale. E’ una pedina fondamentale per Pogacar in ottica Sanremo
Isaac Del Toro (classe 2003) è alla prima vittoria stagionale. E’ una pedina fondamentale per Pogacar in ottica Sanremo

Superga messicana

Superga è Del Toro. In molti accostano il suo nome alla mitica squadra granata che il 4 maggio del 1949 divenne immortale in seguito alla tremenda tragedia aerea che la portò via da questo mondo. Il talentuoso messicano ascolta con attenzione la storia, ma ammette candidamente di non seguire il calcio, prima di spiegare il perché della sua esultanza.

«L’inchino – dice Del Toro – è stato un ringraziamento a tutti i tifosi che ho in giro per il mondo. È davvero incredibile avere questo seguito in Italia, Francia e Spagna per me che vivo tanto lontano dal mio Paese. In tanti mi supportano e ho voluto ringraziarli così». 

La maglia aperta, il sorriso sornione e poi quello scatto nelle ultime centinaia di metri che non ha lasciato spazio né a Ben Tulett né a Tobias Johannessen. E’ così ha fatto sua la Milano-Torino 2025.

«Non sempre mi sveglio con la fiducia giusta, ma oggi avevo la gamba giusta – conclude Del Toro – Nel finale mi sono trovato con due corridori molto diversi. Sapevo che Johannessen era veloce in volata, mentre Tulett era temibile in caso di allungo. Io sapevo di essere più cattivo e ho cercato di essere intelligente». 

Lo abbiamo visto e sicuramente lo hanno fatto anche Ayuso e Pogacar, che si coccolano il loro “figlio” e se lo tengono ben stretto.

Caro Crescioli, com’è cambiata la tua vita tra i pro’?

19.03.2025
5 min
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La prima stagione di Ludovico Crescioli con la Polti VisitMalta sta procedendo un po’ a rilento. Dopo i primi appuntamenti in Spagna, dai quali è scaturito anche un ottavo posto all’esordio, è arrivato un piccolo stop a rallentare il tutto. In questi mesi il toscano, alla sua prima annata tra i professionisti ha comunque assaggiato un mondo diverso e con il quale ha già imparato a prendere le misure (in apertura foto Maurizio Borserini). 

«Si tratta solo di un leggero dolore al ginocchio – racconta Crescioli – ma piano piano sto recuperando, la squadra mi sta dando una grande mano e non mi fa mancare nulla. E’ un peccato perché avevo iniziato bene, sia nei ritiri di dicembre e gennaio che nelle prime gare tutto stava andando alla grande. Il team era contento e anche io lo sono, in particolare dopo l’esordio alla Classica Camp de Morvedre».

Crescioli ha esordito in maglia Polti VisitMalta alla Classic Camp de Morvedre cogliendo un ottimo ottavo posto (foto Maurizio Borserini)
Crescioli ha esordito in maglia Polti VisitMalta alla Classic Camp de Morvedre cogliendo un ottimo ottavo posto (foto Maurizio Borserini)

Sempre meglio

Come cambiano la vita e la quotidianità di un ragazzo che passa da under 23 a professionista? Il salto non è solamente sportivo e atletico, ma anche nella gestione di tanti piccoli dettagli. 

«Già lo scorso anno – racconta Crescioli – che correvo in una formazione continental ho avuto una buona impostazione sia per il calendario che per l’organizzazione. Tra tutti i vari impegni ho corso una ventina di gare tra i professionisti con la Technipes #InEmiliaRomagna. Quindi quello che ho trovato ora con la Polti VisitMalta non è totalmente nuovo, ma tutto sta diventando sempre più specifico. Con il modo di correre dei professionisti ho già avuto modo di confrontarmi e mi trovo bene».

I primi giorni di ritiro sono serviti per conoscere il nuovo ambiente (foto Maurizio Borserini)
I primi giorni di ritiro sono serviti per conoscere il nuovo ambiente (foto Maurizio Borserini)
E nella tua routine?

Nei due ritiri che abbiamo fatto questo inverno si vede l’organizzazione del team. Tutto è curato affinché noi ciclisti possiamo fare la vita dell’atleta. Dovevamo solo preoccuparci di fare colazione, uscire in bici e riposare in vista del giorno successivo. Poi c’erano momenti in cui, anche se era giornata di scarico, le ore si riempivano comunque con foto per gli sponsor, riunioni con lo staff, ecc…

Sei passato in una squadra con molte più persone all’interno…

Sia con i compagni che con lo staff ti trovi a rapportarti con tante persone nuove. I primi giorni si fa un più fatica ma poi inizi a conoscere tutti e si trovano le misure. Nel team la lingua principale è l’italiano, ma si parla anche tanto spagnolo. 

Gli shooting aiutano a creare un legame con i compagni (foto Maurizio Borserini)
Gli shooting aiutano a creare un legame con i compagni (foto Maurizio Borserini)
Ora che hai avuto bisogno di fare alcune visite come ti sei organizzato?

Il medico della squadra Giulio Tempesti, che tra l’altro è toscano, mi ha indicato le strutture alle quali rivolgermi. La comodità è sapere che tutto viene gestito comunque dallo staff del team.

Come ti sei trovato con tutte le attività esterne in ritiro?

Mi sono piaciute, senti di far parte di un gruppo e di essere nel mondo dei professionisti. Sono un ragazzo molto tranquillo ma queste attività mi fanno piacere, così come le varie interviste. Il nostro fotografo, Maurizio Borserini, è davvero bravo e simpatico. Quando organizziamo i vari set per fare tutti i contenuti degli sponsor ci mette sempre a nostro agio. Anzi, a volte sembra che non voglia disturbarci, è molto attento da questo punto di vista. 

Nei ritiri invernali non mancano le visite degli sponsor, colonna portante per l’attività dei corridori (foto Maurizio Borserini)
Nei ritiri invernali non mancano le visite degli sponsor, colonna portante per l’attività dei corridori (foto Maurizio Borserini)
In che modo vivi tutto?

E’ bello, anche perché è un modo per socializzare e conoscere i compagni sotto altri aspetti. E’ vero che passiamo tanto tempo in bici, ma non esiste solamente questo. In ritiro c’è il tempo di conoscersi e di stare tutti insieme. Quando si va alle gare si è sempre in sette o otto corridori e si è tanto concentrati sulla prestazione, com’è giusto che sia. 

Che sponsor hai incontrato?

Al ritiro di gennaio sono venuti dei rappresentanti di Kometa e Francesca Polti (Presidente e Amministratrice Delegata presso Polti Group, ndr). Sono iniziative belle, che ti fanno conoscere le persone dietro al nome sulla maglia. 

Altri particolari sono cambiati?

In gara, ad esempio, c’è da prendere la sacchetta ai rifornimenti mentre da under 23 non capitava così spesso. Un’altra cosa diversa sono le radioline, gli anni scorsi qualche volta le ho usate ma ora sono parte della routine

Crescioli ha corso anche alla Classica Valenciana prima dello stop per l’infiammazione al ginocchio (foto Maurizio Borserini)
Crescioli ha corso anche alla Classica Valenciana prima dello stop per l’infiammazione al ginocchio (foto Maurizio Borserini)
A proposito di sacchette del rifornimento, per l’alimentazione in corsa è cambiato qualcosa?

Non tanto. La quantità di carboidrati che assumo è molto simile all’anno scorso, già da under 23 facevo molto caso a questi dettagli. 

Ci sono altre cose che ti hanno emozionato?

Beh quando ho ricevuto lo scatolone con tutto il materiale tecnico è stato bello: magliette, kit per allenamenti, giacche e tutto il resto. Anche salire sul pullman del team è stato particolare, fin da bambino sei abituato a vederli da fuori, entrarci è stata un’emozione. La riunione tecnica si fa con VeloViewer e i diesse ci mostrano tutte le insidie del percorso e i punti cruciali. Tante cose che fanno capire che sono arrivato tra i professionisti.

Taipei Cycle, la fiera d’Oriente chiama il mondo occidentale

19.03.2025
4 min
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Le fiere di settore hanno cambiato pelle. Taipei Cycle, in Taiwan, resta il riferimento mondiale, nonostante gli expo al chiuso (all’interno dei padiglioni) si scontrino con un periodo di flessione. Eppure Taipei resta il punto d’incontro preferito da molti, visitatori e operatori del settore.

Abbiamo chiesto a Claudio Marra, vicepresidente di FSA-Vision, grande conoscitore della Fiera di Taipei e di Taiwan, di guidarci alla scoperta dell’esposizione che si svolgerà dal 26 al 29 marzo.

Claudio Marra è il vicepresidente di FSA-Vision
Claudio Marra è il vicepresidente di FSA-Vision
Taipei Cycle resta un punto di riferimento?

L’expo di Taipei, aperto agli operatori del settore della bici ed al pubblico, sta cambiando pelle rispetto a quello che è stato fino al 2010/2012. Fino a quegli anni il ruolo centrale di Taipei Cycle era indiscusso, a quella fiera non si poteva mancare. In tre giorni di esposizioni si incontrava il mondo intero. Più in generale è tutto il settore delle fiere all’interno dei padiglioni a soffrire e probabilmente. Taipei, pur soffrendo è quella che resta in auge, è una fiera sempre ben organizzata e comunque partecipata.

Perché il mondo degli expo al chiuso soffre in questo modo?

I motivi sono differenti. Sono cambiate le stagionalità ed i lanci delle novità. I grandi brand di bici fanno eventi ad hoc e spariscono dalle grandi fiere e tutti adottano una politica di taglio dei costi. Il mercato affronta un periodo difficile ed incerto, nonostante Taiwan e l’Asia restino un riferimento per la produzione. Al pari di una flessione degli expo di settore è cresciuto tantissimo l’evento di Taichung, non aperto al pubblico, dedicato esclusivamente agli operatori del settore. Non in ultimo, lato consumatore, c’è l’aumento d’interesse verso gli eventi all’aperto e demo, dove si può anche pedalare e provare le biciclette.

Taichung ha preso il posto di Taipei?

Solo in parte. Dal punto di vista strategico Taichung si pone come un evento facile, pratico, veloce e concreto sotto il profilo del business. Ovviamente manca il consumatore finale.

Il futuro degli expo della bici così come li abbiamo conosciuti?

Taipei Cycle resta e resterà ancora un punto d’incontro estremamente importante, essere presenti porta innegabilmente dei vantaggi. Potrà virare focalizzandosi sull’after market, inteso come fiera dove si potranno vedere le anticipazioni dei componenti. Ad esempio, come FSA-Vision, durante l’edizione 2025 lanceremo dei prodotti nuovi nell’ottica di creare un interesse particolare. Non mancheranno le biciclette, ma al tempo stesso non credo torneranno i grandi brand di riferimento.

E’ l’Asia un punto d’incontro?

Taiwan e l’Asia in genere giocano un ruolo strategico. Il Far-East resta il riferimento per la produzione e anche per la tecnologia. C’è uno spostamento soprattutto verso l’Europa dell’est, ma il ruolo dell’Asia rimane centrale.

Sanremo Women. Tattiche a confronto per sprinter e scalatrici

19.03.2025
6 min
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Cresce l’attesa per la prima edizione della Milano-Sanremo Women, che porta con sé tante domande e aspettative. Sarà una corsa per velociste, che terranno tutto chiuso aspettando la volata, o favorirà le scalatrici, che dovranno sfruttare le poche salite? Queste le principali incertezze che aleggeranno sulla corsa, ma anche sulle strategie delle squadre e degli atleti, pronti ad affrontare la storica Classicissima (in apertura, Arianna Fidanza e due compagne della Laboral Kutxa sull’iconico scollinamento della Cipressa).

In questo articolo, abbiamo avuto modo di ascoltare le opinioni di due tecnici di alto livello, Marco Pinotti della Jayco-AlUla, e Paolo Slongo della UAE-ADQ, che ci offrono un’analisi approfondita su come si prepareranno alla corsa e le prospettive per le rispettive atlete. L’approccio e la visione di due tecnici, alle prese con un evento che si preannuncia già ricco di emozioni e con due atlete agli antipodi: Longo Borghini, scalatrice (e non solo) per Slongo. Letizia Paternoster, donna veloce, per Pinotti.

Il profilo della Sanremo Women: 156 km. Sia Pinotti che Slongo si aspettavano qualche chilometro in più
Il profilo della Sanremo Women: 156 km. Sia Pinotti che Slongo si aspettavano qualche chilometro in più

Parola a Slongo

Il tecnico della UAE ADQ va dritto al sodo. Spiega che la scalatrice ha un passo tale da creare fatica a tutte le avversarie e quindi ha interesse a tenere un ritmo forte per tutta la gara, specie sulle salite. Un’altra opzione è che, se non questa situazione non dovesse verificarsi, bisognerà creare delle circostanze che rendano la corsa dura. I Capi rispetto agli uomini saranno più incisivi…

Quindi per la scalatrice sarà corsa dura sin dai Capi?

Direi di sì, ma non solo lì. Come abbiamo detto più volte ormai le ragazze sono tutte ad un buon livello, ma di certo i Capi faranno più selezione rispetto alla gara degli uomini. Tuttavia, secondo me, le favorite saranno in condizione e quindi, che siano scalatrici o velociste, a loro i Capi non creeranno grossi problemi. Creerà più problemi sicuramente la Cipressa o al limite il Poggio, se fatti in una certa maniera.

Hai detto Cipressa, un punto chiave: è possibile andare via lì per le donne?

Da sole è un po’ difficile, però se si crea un gruppetto di 4 o 5 ragazze con Vollering, Kopecky, Longo Borghini… sicuramente c’è la possibilità. Anche perché, oltre ad essere le più forti, rappresentano più squadre e quelle che poi possono controllare sono pochissime. Quindi, a differenza degli uomini, un attacco di leader da lontano è più facile. O più verosimile. Negli uomini diventa davvero complicato farlo sulla Cipressa, perché le squadre possono controllare anche per gli altri capitani.

Longo Borghini al Binda. Prove di accelerazioni brutali in salita. Lei di sicuro preferirà la corsa dura
Longo Borghini al Binda. Prove di accelerazioni brutali in salita. Lei di sicuro preferirà la corsa dura
Paolo hai tirato in ballo gli uomini: da un punto di vista tattico qual è la cosa più simile tra la Sanremo maschile e quella femminile?

Direi in generale la bellezza della Sanremo, che fino alla fine non sai mai chi può vincere. E’ una corsa talmente facile, ma allo stesso tempo diventa difficilissima da interpretare: questo aspetto penso sia uguale per uomini e donne.

E la differenza?

La differenza è che se le leader, specie le scalatrici o comunque quelle che sanno andare forte in salita, decideranno di attaccare da lontano, si potrebbe fare una corsa già selettiva con le leader che restano davanti. Una cosa è certa: tra le donne la corsa dura che ovviamente va meglio per le scalatrici, può fare più selezione. Certo, portarsi in volata una Kopecky, che su quelle salite va benissimo, è sempre una cosa rischiosa. Quindi, secondo me le altre avversarie, tra cui anche Elisa, dovranno comunque provare o pensare a qualcosa anche sulle salite precedenti al Poggio.

Sempre al Binda, Parternoster cerca invece di difendersi in salita. Letizia preferirà una corsa più lineare
Sempre al Binda, Parternoster cerca invece di difendersi in salita. Letizia preferirà una corsa più lineare

Parola a Pinotti

In relazione alla corsa di Letizia Paternoster, Pinotti analizza le dinamiche che porterebbero alla volata e la volata stessa, che vedrà comunque un gruppo ristretto. Come nelle classiche, la velocista che voglia arrivare in finale dovrà aver lavorato tanto sulla resistenza. I Capi arrivano dopo 110-115 chilometri e tanto dipenderà dalla situazione di gara in quel momento.

«La Sanremo – dice Pinotti – non è una corsa lunghissima come ci si poteva aspettare, ma per le donne le prime salite arrivano dopo oltre tre ore di gara e potranno già dire qualcosina».

Quando dici che la sprinter deve aumentare la resistenza intendi quei lavori di 3′-5′?

Quelli, ma anche la resistenza in generale, quella che si fa a gennaio. E’ chiaro che certi lavori, certe rifiniture si fanno con l’avvicinarsi dell’evento. E poi quei minuti vanno bene per i Capi e il Poggio, ma la Cipressa per le donne dorerà almeno 12′.

Fra i Capi quale sarà quello più duro per una sprinter come Letizia?

Il Berta, sicuramente, è il più selettivo. Gli altri due non troppo.

L’ostacolo principale per Letizia, secondo te, sarà la Cipressa o il Poggio?

Secondo me, sarà la Cipressa, non tanto per le pendenze, ma perché è più lunga. Su questa salita la posizione conta meno. Il Poggio è più facile, anche per le donne, e la pendenza è meno impegnativa. La velocità però conta molto e ci si può staccare di più. Il problema del Poggio è che arriva dopo 145 chilometri, quindi dopo parecchie ore e il posizionamento conta moltissimo.

Letizia Paternoster ha un grande spunto veloce. Per Pinotti il suo ostacolo maggiore sarà la Cipressa
Letizia Paternoster ha un grande spunto veloce. Per Pinotti il suo ostacolo maggiore sarà la Cipressa
Ecco il posizionamento: quanto è importante, specie per una velocista che deve risparmiare il più possibile, e quanto conta il ruolo della squadra?

Il posizionamento è fondamentale. Bisogna stare davanti, ma questo è importante anche nelle salite minori come il Berta. Sulle salite più dure, la squadra aiuta a prendere la posizione e a stare coperti, soprattutto per evitare danni durante le salite e per fronteggiare eventuali problemi meccanici. Dopo la Cipressa e il Poggio, se ci sono atlete con buone gambe, la squadra dovrà intervenire per ridurre i distacchi (gli attacchi delle big che paventava Slongo, ndr). Per il resto Paternoster è molto brava a anche a districarsi nel gruppo e sa stare coperta… merito della pista.

C’è la concreta possibilità di una volata con parecchie velociste?

Sì, una volata tra velociste è possibile, ma a questo punto diventa una questione di gambe più che di velocità pura. Se arriva giù dalla salita un gruppo più folto, una velocista potrebbe avere un vantaggio maggiore: una Wiebes, tanto per dire, potrebbe arrivarci e sarebbe dura da battere. Ma se l’arrivo avviene in un gruppo selezionato, anche se ci fossero le velociste più forti queste potrebbero avere più difficoltà.

Chiaro…

Lo abbiamo visto anche al Binda. Alla fine dopo una gara di oltre 2.300 metri di dislivello ha vinto la Balsamo, che è una velocista. Letizia è arrivata quinta (e la Longo decima, ndr). Tra le donne oggi il livello è elevato anche tra le sprinter. Vero che le salite erano diverse e nessuna superava un certo minutaggio, ma non sarà facile eliminarle alla Sanremo Women.

La discesa del Poggio può fare la differenza?

Sì, la discesa può essere cruciale, anche se non ci si pensa troppo. La differenza tecnica tra le atlete potrebbe essere maggiore rispetto agli uomini, con alcune che potrebbero avere più difficoltà nelle curve. Ciò potrebbe causare dei buchi. Bastano 10″ e si può andare all’arrivo.

Sarà interessante vedere quanto i capi incideranno nella Sanremo Women
Sarà interessante vedere quanto i capi incideranno nella Sanremo Women

Quanta curiosità

In conclusione, la Milano-Sanremo Women si preannuncia una corsa incerta e ricca di potenziali sorprese. Le risposte dei due tecnici, Pinotti e Slongo, mostrano come le strategie siano legate tanto alla preparazione fisica e alle caratteristiche tecniche, quanto alla capacità di affrontare i momenti più cruciali della corsa. Insomma, all’intersecarsi di varie tattiche.

E’ tutto da scoprire: il dilemma e lo spettacolo al tempo stesso sono tutti qua. Scalatrici contro velociste e non solo. Andamenti tattici. Poggio o Cipressa? Via Roma o i Capi? Questa prima edizione della Classicissima donne segnerà una traccia importante anche per i prossimi anni. La Sanremo Women si prepara a regalare grandi emozioni.

Pasqualon, cominciati i doppi turni fra Tiberi e Mohoric

19.03.2025
3 min
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SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Mentre Antonio Tiberi è sul podio finale della Tirreno-Adriatico e squadra Ayuso, pensando probabilmente alla rivincita da prendersi al Giro, Andrea Pasqualon è sulla strada che fa il punto con se stesso. Ancora una volta il suo lavoro lo ha visto al fianco del giovane capitano, facendo l’impossibile per tenerlo davanti. Anche pilotandolo nell’impresa impossibile di contrastare Ganna nella volata al traguardo volante, grazie alla quale Pippo si è preso il secondo posto nella generale.

«Alla fine abbiamo centrato l’obiettivo di portare Antonio sul podio – dice Pasqualon – siamo un po’ rammaricati per il secondo posto sfumato, però con un Ganna così era difficile mantenerlo. Pippo si è rivelato molto forte in salita e anche allo sprint, perché ne ha fatto uno fenomenale al traguardo volante. Abbiamo provato a contrastarlo come team, abbiamo lavorato bene, abbiamo portato anche Antonio a sprintare. Speravamo che facesse secondo, ma purtroppo c’era anche di mezzo anche la maglia a punti di Milan e quindi Jonny ha fatto secondo».

Tirreno, tappa finale di San Benedetto del Tronto: a ruota di Ganna, Pasqualon prepara lo sprint di Tiberi
Tirreno, tappa finale di San Benedetto del Tronto: a ruota di Ganna, Pasqualon prepara lo sprint di Tiberi
Siete passati dall’essere secondi per un secondo ad aver perso il piazzamento ugualmente per un secondo…

Però il podio è venuto, quindi l’obiettivo è raggiunto. Il team è contento e anche io sono soddisfatto. Scortare Antonio è sempre un piacere, perché pur essendo un campione, è un ragazzo molto umile e genuino. Merita davvero di avere compagni di squadra leali e che lo aiutino per raggiungere il suo obiettivo che poi è l’obiettivo di tutti.

La Tirreno è stata un passo verso il Giro?

Un banco di prova. Il modo di lavorare che avete visto sarà quello che adotteremo anche al Giro d’Italia. E io personalmente sono soddisfatto della mia condizione, in crescita in vista della Sanremo e soprattutto delle classiche del Nord. Dovevo portare a casa una gamba buona e sono felice di esserci riuscito. Così ora potrò aiutare Matej (Mohoric, ndr) nella stagione delle classiche che sta per cominciare.

Diciamo che il tuo ruolo non conosce soste: con TIberi per la classifica, con Mohoric per le classiche…

Sicuramente avrò qualche spazio, però alla fine rimango in ballo tutto l’anno. Corro tantissimo, però mi piace essere al fianco di capitani come Mohoric e Tiberi, dato che farò il loro stesso programma.

La Sanremo lancia la stagione delle classiche: qui Pasqualon al GP E3 di Harelbeke nel 2024
La Sanremo lancia la stagione delle classiche: qui Pasqualon al GP E3 di Harelbeke nel 2024
Come fai?

C’è un solo modo e cioè andare forte tutto l’anno. Quindi non potrò avere tanti picchi di forma, ma dovrò essere costante e performante sino in fondo.

Sono anche due leader diversi, come si fa per stargli accanto?

Matej è abbastanza calcolatore, Antonio invece no, segue di più le sensazioni. E’ un po’ più pazzerello, però mi piacciono entrambi. Diciamo che uno è già un corridore esperto, l’altro invece va educato

Una risata, gli occhiali di nuovo sul volto e poi si avvia in direzione del pullman prima di tornare a casa. Mancano pochi giorni alla Sanremo, da sabato la stagione delle classiche entrerà nel vivo. Ci sarà da sgomitare, pedalare e stringere i denti. E quando si avrà la sensazione che la fatica sia finita, sarà tempo di tirare il fiato e tuffarsi nella grande avventura del Giro d’Italia. Forse per questo una volta li chiamavano i forzati del pedale?

Cadute e cure: l’arte del fisioterapista e l’arte di saper cadere

18.03.2025
5 min
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Pogacar che cade, rotola, passa indenne in mezzo a vari ostacoli, si rialza, si toglie la polvere di dosso e vince la Strade Bianche. Milan che cade, batte forte, si rialza, stringe i denti per due giorni e poi vince l’ultima volata della Tirreno. I corridori sono gatti, ma dietro le quinte hanno un esercito di personale altamente specializzato che è capace di rimetterli in sesto in tempi rapidissimi dalle loro cadute. Oggi parliamo proprio di questo con Michele Del Gallo, veneto di 50 anni: uno dei fisioterapisti e osteopati più preparati del gruppo, che lavora al UAE Team Emirates.

Che cosa succede, specialmente in una corsa a tappe, quando un corridore cade e in apparenza è conciato per le feste? Se cadute come quella di Pogacar alla Strade Bianche si verificassero durante il Giro d’Italia, quale sarebbe il modo di agire?

«Il primo intervento – comincia Del Gallo, aprendo la porta alle domande – viene fatto quando arrivano al bus. Abbiamo sempre del ghiaccio pronto e un macchinario che fa contemporaneamente pressoterapia e freddo, affinché la parte interessata si gonfi il meno possibile. Poi il medico valuta se ci sia il rischio di una frattura. Se ha il dubbio che sia così, si va diretti in ospedale per gli approfondimenti del caso e poi si torna in albergo».

Michele Del Gallo lavora nel ciclismo dal 1996: è fisioterapista e osteopata al Uae Team Emirates
Michele Del Gallo lavora nel ciclismo dal 1996: è fisioterapista e osteopata al Uae Team Emirates
Cerchiamo di essere ottimisti ed escludiamo la frattura.

Se non c’è quel dubbio, sul bus si fa solo ghiaccio e quando si arriva in albergo si prende in mano la situazione e si valuta il problema. In base a questo, si cerca di intervenire attraverso tutto quello che una squadra ha a disposizione.

Il primo soccorso, tolto semmai il medico di gara, compete al direttore sportivo e al meccanico: come viene fatta la prima valutazione?

Nel nostro caso negli allenamenti abbiamo sempre il medico in macchina. Le cadute non accadono soltanto in corsa. Se il medico non c’è, il da farsi viene valutato dal direttore o eventualmente il manager.

Torniamo sul pullman: ghiaccio, macchinario che fa pressoterapia e freddo, ma potrebbe servire anche qualche medicazione?

Le cadute hanno spesso come primo effetto delle abrasioni. Per questo vanno in doccia e si usano dei saponi che servono per disinfettare. Una volta fatto questo, si chiude la ferita con garze e bende, perché altrimenti diventerebbe difficoltoso anche vestirsi per rientrare in albergo.

Hai parlato di ricorrere a tutto quello di cui una squadra dispone. In caso di colpo molto forte, come quello di Milan alla Tirreno, si fa ugualmente il messaggio?

Il massaggio lo fai dovunque riesci, perché è importante. Nel punto interessato dalla botta, si usa invece qualche macchinario per sopperire alla mancanza del massaggio e far riassorbire più velocemente possibile il gonfiore.

Milan è caduto nella terza tappa della Tirreno, dopo tre giorni è tornato a vincere
Milan è caduto nella terza tappa della Tirreno, dopo tre giorni è tornato a vincere
Macchinari come la Tecar e altri che sfruttano gli stessi principi?

Esattamente. Macchine che sfruttano le radiofrequenza per generare calore e stimolano i processi di riparazione dell’organismo. Quello che crea più problemi, oltre all’abrasione che ti dà fastidio dal punto di vista superficiale al contatto, è infatti il versamento, che può impedirti di piegare bene il ginocchio oppure la caviglia.

C’è anche il rischio di problematiche posturali come conseguenza delle cadute?

E’ scontato che ci siano. A causa delle cadute ci sono spesso dei problemi a livello del bacino, con l’anteriorizzazione o la posteriorizzazione dell’osso iliaco. E’ molto probabile che insorga una serie di complicanze dal punto di vista osteopatico ed è per questo che in tutte le squadre c’è anche un osteopata per trattare quel tipo di situazioni.

Dopo la caduta si parla di un solo intervento oppure è necessario ripeterlo dopo cena e anche il mattino successivo?

Non si smette mai. Lo fai appena arrivi in albergo, appena finito il massaggio, dopo cena e la mattina prima di partire dall’hotel. In qualsiasi momento ci sia la possibilità di fare qualcosa, si cerca di farlo. Oggi l’uso di macchinari specifici offre la possibilità di intervenire su varie sintomatologie, dal gonfiore delle articolazioni a tutto ciò che può interessare i legamenti. Ogni squadra ha i suoi strumenti per cercare di far riassorbire più in fretta possibile gli effetti di una caduta.

Per Pogacar, abrasioni su gambe, schiena e spalle, dopo l’arrivo le prime medicazioni
Per Pogacar, abrasioni su gambe, schiena e spalle, dopo l’arrivo le prime medicazioni
Quanto sono decisive queste tecnologie?

Fanno la differenza. Noi siamo sempre sotto, se serve portiamo le macchine sul bus anche prima della partenza. Logisticamente, il ciclismo è un disastro. Non c’è la possibilità di avere la tua struttura dove far venire il corridore, avendo il tempo per trattarlo. Tante volte devi improvvisare. Mi è capitato che il corridore fosse sul bus e attaccasse il numero sulla maglia e io intanto gli facevo un trattamento termico al ginocchio fino alla partenza della gara.

Quindi, riepilogando, si parte dalla valutazione del medico e poi l’atleta viene affidato a voi?

La supervisione è sempre del medico. Eliminato il rischio di complicanze severe, si affida alla nostra esperienza, perché abbiamo una competenza diversa e più specifica. L’atleta passa a noi e il medico si impegna a tenere monitorata la situazione. E si va avanti finché il dolore sparisce, tenendo conto che abbiamo a che fare con atleti giovani che prima della caduta erano perfettamente sani. Quindi i tempi di recupero rispetto a una persona normale sono notevolmente più rapidi. E poi considerate il modo in cui cadono…

Vale a dire?

Avete visto com’è caduto Tadej? Partiamo dal fatto che il professionista cade in maniera diversa rispetto a una persona normale. Non è andato giù come un sacco di patate. E’ andato giù che stava già rotolando, come se ci fosse uno spirito di conservazione grazie al quale il rotolare lo porta a dissipare la forza di impatto che potrebbe causare maggiori problemi se concentrata in un solo punto. Quello ce l’hai di istinto, ti viene perché sei giovane e sei abituato a cadere. Quale corridore non è mai caduto? Uno che corre in bici prima o dopo l’asfalto lo assaggia, no? Quindi imparano anche a cadere e c’è anche chi cade con classe. Il campione cade con classe.