Le fiere di settore hanno cambiato pelle. Taipei Cycle, in Taiwan, resta il riferimento mondiale, nonostante gli expo al chiuso (all’interno dei padiglioni) si scontrino con un periodo di flessione. Eppure Taipei resta il punto d’incontro preferito da molti, visitatori e operatori del settore.
Abbiamo chiesto a Claudio Marra, vicepresidente di FSA-Vision, grande conoscitore della Fiera di Taipei e di Taiwan, di guidarci alla scoperta dell’esposizione che si svolgerà dal 26 al 29 marzo.
Claudio Marra è il vicepresidente di FSA-VisionClaudio Marra è il vicepresidente di FSA-Vision
Taipei Cycle resta un punto di riferimento?
L’expo di Taipei, aperto agli operatori del settore della bici ed al pubblico, sta cambiando pelle rispetto a quello che è stato fino al 2010/2012. Fino a quegli anni il ruolo centrale di Taipei Cycle era indiscusso, a quella fiera non si poteva mancare. In tre giorni di esposizioni si incontrava il mondo intero. Più in generale è tutto il settore delle fiere all’interno dei padiglioni a soffrire e probabilmente. Taipei, pur soffrendo è quella che resta in auge, è una fiera sempre ben organizzata e comunque partecipata.
Perché il mondo degli expo al chiuso soffre in questo modo?
I motivi sono differenti. Sono cambiate le stagionalità ed i lanci delle novità. I grandi brand di bici fanno eventi ad hoc e spariscono dalle grandi fiere e tutti adottano una politica di taglio dei costi. Il mercato affronta un periodo difficile ed incerto, nonostante Taiwan e l’Asia restino un riferimento per la produzione. Al pari di una flessione degli expo di settore è cresciuto tantissimo l’evento di Taichung, non aperto al pubblico, dedicato esclusivamente agli operatori del settore. Non in ultimo, lato consumatore, c’è l’aumento d’interesse verso gli eventi all’aperto e demo, dove si può anche pedalare e provare le biciclette.
Expo taiwanese per operatori e consumatori (foto Taipei Cycle)Taipei Cycle potrebbe diventare il riferimento per l’after market (foto FSA-Vision)Le bici non mancheranno, ma le fiere al chiuso cambiano pelle (foto FSA-Vision)L’expo di Taiwan resta strategico ed internazionale (foto FSA-Vision)Expo taiwanese per operatori e consumatori (foto Taipei Cycle)Taipei Cycle potrebbe diventare il riferimento per l’after market (foto FSA-Vision)Le bici non mancheranno, ma le fiere al chiuso cambiano pelle (foto FSA-Vision)L’expo di Taiwan resta strategico ed internazionale (foto FSA-Vision)
Taichung ha preso il posto di Taipei?
Solo in parte. Dal punto di vista strategico Taichung si pone come un evento facile, pratico, veloce e concreto sotto il profilo del business. Ovviamente manca il consumatore finale.
Il futuro degli expo della bici così come li abbiamo conosciuti?
Taipei Cycle resta e resterà ancora un punto d’incontro estremamente importante, essere presenti porta innegabilmente dei vantaggi. Potrà virare focalizzandosi sull’after market, inteso come fiera dove si potranno vedere le anticipazioni dei componenti. Ad esempio, come FSA-Vision, durante l’edizione 2025 lanceremo dei prodotti nuovi nell’ottica di creare un interesse particolare. Non mancheranno le biciclette, ma al tempo stesso non credo torneranno i grandi brand di riferimento.
E’ l’Asia un punto d’incontro?
Taiwan e l’Asia in genere giocano un ruolo strategico. Il Far-East resta ilriferimento per la produzione e anche per la tecnologia. C’è uno spostamento soprattutto verso l’Europa dell’est, ma il ruolo dell’Asia rimane centrale.
«Prendiamo il caso della norma sulle leve dei freni ruotate – dice Marra per spiegare il concetto – il modo migliore per fare il controllo lo abbiamo creato noi aziende. La maggior parte delle lamentele arrivava dai corridori, era un discorso di guidabilità e sicurezza, per cui abbiamo affrontato il problema. Finalmente abbiamo creato un buon rapporto e tutti gli sviluppi vengono fatti insieme all’UCI. In base al tipo di prodotto facciamo dei gruppi di lavoro e andiamo avanti…».
Cosa succede quando l’UCI mette mano al regolamento tecnico sulle bici e promulga nuove regole? Qual è l’iter delle riforme che costringono i corridori, ad esempio, a raddrizzare le leve dei freni (in apertura l’esempio di Evenepoel e Segaert all’ultimo campionato belga) o a cambiare la posizione sulla bici da crono? Ne abbiamo parlato con Claudio Marra, numero uno di FSA che, come tutti i produttori di manubri e ruote, è fra i primi a scontare direttamente gli effetti di simili modifiche.
Ogni anno FSA premia il suo atleta più rappresentativo: qui Marra nel 2019 con Bettiol, re del FiandreOgni anno FSA premia il suo atleta più rappresentativo: qui Marra nel 2019 con Bettiol, re del Fiandre
Che rapporto c’è fra l’UCI e le aziende?
E’ cambiato tanto. Ai tempi in cui il presidente dell’UCI era Hein Verbruggen (olandese al comando del ciclismo mondiale dal 1991 al 2005, ndr), l’omologazione dei prodotti veniva gestita in Belgio, dove viveva Jean Vauthier, che era stato incaricato del compito. Per avere l’omologazione delle ruote ad esempio, dovevi mandargliele e fare un test che costava fra i 1.500 e i 1.800 euro per coppia. Loro le distruggevano in ogni caso e poi ti dicevano se andassero bene oppure no. Quindi sapevi già che l’omologazione ti sarebbe costata il prezzo delle ruote, del trasporto e il costo del test, senza neppure vedere il risultato.
Tutti d’accordo e nessuna obiezione?
Tutte le aziende del mondo dovevano seguire questa procedura, almeno fino a quando ci accorgemmo che una sola non passava per lo stesso canale e a quel punto decidemmo di opporci. I regolamenti erano abbastanza aleatori, scritti solo in francese con postille piccolissime e quasi nessuno li seguiva. Finché decisero di mettere mano seriamente alla regolamentazione dei manubri da crono e ci comunicarono che i 3/4 di quelli che stavamo utilizzando erano illegali. Fu un colpo, c’era bisogno di almeno un anno per metterci a posto.
Come la gestiste?
Cambiare subito avrebbe significato buttare tutto quello che c’era nei magazzini, così capimmo di dover avere una voce in capitolo per parlarne con l’UCI e assieme a Phil White, fondatore di Cervélo, creammo il GOCEM (Global Organisation of Cycling Equipment Manufacturers), l’associazione dei costruttori di biciclette e parti.
Al Tour Down Under, gli ispettori UCI hanno verificato la messa a norma delle leve (foto Escape)L’UCI ha approntato una dima con cui i suoi ispettori in gara possono verificare anche l’inclinazione delle leve dei freni (foto Reddit)Al Tour Down Under, gli ispettori UCI hanno verificato la messa a norma delle leve (foto Escape)L’UCI ha approntato una dima con cui i suoi ispettori in gara possono verificare anche l’inclinazione delle leve dei freni (foto Reddit)
Come venne accolto?
L’idea non era di creare caos, ma di far ragionare tutte le parti, dato che l’UCI andava per la sua strada e c’erano altri costruttori fuori regola. Parlammo chiaramente, come abbiamo fatto anche di recente. L’industria sostiene il ciclismo. Avevamo valutato ai tempi, era intorno al 2010, che tra sponsorizzazione, telai, biciclette davamo al sistema un contributo di circa 100 milioni all’anno. Pertanto sarebbe stato meglio parlarne insieme: che ci dessero il tempo di metterci a posto e poi si potevano stabilire regole condivise e valide per tutti.
Tutto risolto, quindi?
No, perché anche il fronte delle aziende era spaccato. Ricordo che Scott trovava tutto interessante, ma non voleva farne parte, finché per fortuna si fece avanti la WFSGI (World Federation of the Sporting Goods Industry, ndr). E’ l’associazione mondiale delle aziende che, messe insieme, dialogavano con le varie federazioni. Erano già molto forti nei rapporti con la FIFA, con il nuoto e altri sport maggiori e alla fine venne a farmi visita Frank Dassler, il fondatore di Adidas che è scomparso nel 2020 e ne era il presidente.
Motivo della visita?
Ci chiesero di far confluire il GOCEM nella loro federazione e accettammo volentieri, dato che il nostro lavoro è produrre e non fare politica. E così dal 2018 è la WFSGI che dialoga con le aziende, raccoglie indicazioni, crea gruppi di lavoro e si interfaccia ufficialmente con l’UCI.
Questo è Andrea Piccolo al Tour Colombia: la leva resta inclinata, ma c’è un limiteQuesto è Andrea Piccolo al Tour Colombia: la leva resta inclinata, ma c’è un limite
Però qualche frizione a volte si coglie ancora…
Negli anni ci sono stati vari passaggi, perché ogni nuovo presidente UCI si porta dietro i suoi uomini e ogni volta bisogna ricucire il rapporto, fargli capire che siamo importanti, anche perché loro arrivano spesso con una certa arroganza. Poi si rendono conto che non possono fare da soli, capiscono che l’industria ha i suoi i suoi tempi e i suoi bisogni, di conseguenza devono per forza scendere a compromessi. E finalmente si rendono conto che siamo un grosso valore aggiunto, per cui ci accolgono e collaboriamo.
Adesso come va?
Negli ultimi due anni è arrivato Michael Rogers, che ha cominciato anche lui da capo. Piano piano abbiamo costruito il rapporto con WFSGI, a spiegargli le cose e fortunatamente adesso abbiamo una buona collaborazione. Infatti ad esempio le ultime disposizioni riguardo l’inclinazione delle leve sono figlie di un accordo fatto con noi. Abbiamo dato noi le istruzioni per capire come arrivare a un controllo semplice ed efficace. E la fine insieme a loro abbiamo promulgato questo tipo di discorso.
E’ così per tutto?
Se ad esempio parliamo di ruote, mettiamo assieme 4-5 aziende, generalmente le più interessate al prodotto, e si portano avanti gli studi, si fanno i test e le proposte per poi arrivare a raggiungere il massimo possibile. L’obiettivo è avere la sicurezza al numero uno. Seconda cosa, l’affidabilità. Terza, l’accessibilità che è importante per l’UCI: quello che è a disposizione degli atleti, deve essere disponibile nel mercato per tutti, per dare a tutti le stesse soluzioni. Il concetto di base è questo.
Dall’inizio dello scorso anno è entrata in vigore la nuova normativa sulle protesi aerodinamicheLo sviluppo delle nuove posizioni viene elaborato da Vision al computer corridore per corridore (foto FSA)Dall’inizio dello scorso anno è entrata in vigore la nuova normativa sulle protesi aerodinamicheLo sviluppo delle nuove posizioni viene elavorato da Vision al computer corridore per corridore (foto FSA)
Tornando per un attimo alle leve girate?
I corridori si sono lamentati per la sicurezza. Sono andati dall’UCI chiedendo di intervenire, per vietare questo tipo di discorso. Tanti hanno visto che in certe fasi, avendo le leve così ruotate, c’erano problemi di frenata e prontezza di reazione. Avevano paura che questo potesse creare delle cadute. L’UCI non poteva essere sorda al richiamo dei corridori, quindi si è rivolta a noi chiedendo cosa potessimo fare insieme. E noi abbiamo fatto delle simulazioni e degli studi, stabilendo il limite secondo noi di questa rotazione, senza il rischio di compromettere la sicurezza. Una volta che l’UCI ha ricevuto gli strumenti per arrivare a una conclusione, ha ufficialmente varato le nuove regole. E’ frutto di un lavoro di equipe che ora si sta occupando anche di altri componenti.
Ma visto che i corridori ruotavano le leve per essere aerodinamici, l’industria sta lavorando a manubri che gli permettano di esserlo stando nelle regole?
Certamente. Infatti si cominciano a vedere manubri che in qualche modo gli permettono, sia pure minimamente, di tenere la stessa posizione. Da anni sono tutti matti per i marginal gain, andando a risparmiare un watt qua e un watt là, per cui è giusto assecondarli.
Il fatto invece che sia stato imposto un limite alla larghezza dei manubri comporta qualcosa per voi aziende?
Dal punto di vista della produzione, non ancora. A livello commerciale invece si dovrà valutarne l’impatto. Se ci avete fatto caso, quasi tutti i corridori usano telai di una misura più piccola, con attacchi da 150-160 e manubri molto stretti, da 38 a un massimo di 40 centro/centro. Dovremo capire se l’utente finale vorrà imitarli oppure rimanere fedele al manubrio dal 42 con cui guida meglio e sta più comodo. Invece per la fornitura alle squadre, dato che ormai si è ristretto tutto di una o due misure, va fatto il riassortimento in base alle esigenze dei corridori. Oggi si usano il 38 e 40, non di più.
L’UCI ha stabilito il massimo allungamento, l’inclinazione e l’altezza delle protesi da crono (foto FSA)Con la normativa di fine 2022, le protesi vengono inserite nel contesto manubrio, che a sua volta ha delle nuove specifiche (foto FSA)Per dare modo a corridori di tutte le taglie di stare in posizione, è stato previsto un triplo range di misure (foto FSA)L’UCI ha stabilito il massimo allungamento, l’inclinazione e l’altezza delle protesi da crono (foto FSA)Con la normativa di fine 2022, le protesi vengono inserite nel contesto manubrio, che a sua volta ha delle nuove specifiche (foto FSA)Per dare modo a corridori di tutte le taglie di stare in posizione, è stato previsto un triplo range di misure (foto FSA)
E’ stata più impattante questa riforma o quella di due anni fa con cui sono stati rivisti i manubri da crono?
Quella, non c’è il minimo dubbio. Sono anni che continuiamo a fare sempre continuamente nuove estensioni per i manubri e loro a cambiare le regole. Che poi non è solo il manubrio. Magari il costruttore parte dalla regola in vigore, realizza la bici nuova e noi facciamo l’estensione di conseguenza. Poi l’UCI cambia le regole ed è un vero bagno di sangue. Ogni anno siamo in ballo, specialmente con le squadre più importanti.
Rogers adesso si è ammorbidito?
Ha fatto esperienza. Inizialmente aveva la pressione dei grandi capi che volevano imporre le loro regole. Ma essendo una persona ragionevole, gli spieghi le cose, si rende conto che abbiamo bisogno gli uni degli altri, e quindi collaborare con noi è vantaggioso. Non dimentichiamoci che i soldi che gli arrivano dall’omologazione dei prodotti sono tanti.
Quando Colbrelli ha annunciato la svolta della vita, Claudio Marra era seduto al suo fianco, anche lui toccato dal momento. Aveva ancora addosso il sole dell’ultimo viaggio a Taiwan e da buon padrone di casa ha subito messo a disposizione gli uffici di FSA per organizzare la conferenza stampa del 15 novembre.
Da FSA per Sonny una targa, consegnata da Marra, per ricordare le conquiste comuni nelle classicheDa FSA per Sonny una targa, consegnata da Marra, per ricordare le conquiste comuni nelle classiche
Testimonial e tester
Le parole di quel giorno sono ancora nell’aria. I social pullulano dei racconti del pomeriggio milanese, ma intanto il tempo passa e Marra fa il punto della situazione, ricordando le ore assieme a Colbrelli parlando di sviluppo dei prodotti e immaginando quale potrà essere il seguito della storia.
«Con Sonny c’è un rapporto particolare – racconta – di amicizia, ma anche di estrema collaborazione. Lui è un tester importante, ci ha aiutato a sistemare anche dei piccoli dettagli sulle ruote. Quelle che ha usato alla Roubaix sono state realizzate ad hoc per lui. Avevano una scorrevolezza particolare e hanno debuttato con lui. Ci ha vinto l’italiano, l’europeo e la Parigi-Roubaix. Non voleva mollarle più».
Colbrelli sarà uomo del Team Bahrain Victorious, ma sarà coinvolto direttamente nel lancio delle 71 Merida Reacto customizzate col suo nome e il nuovo logo che lo contiene. Le bici saranno equipaggiate con gli stessi sponsor tecnici della squadra, per cui Sonny metterà la sua esperienza certamente al servizio dei corridori, ma anche degli sponsor tecnici che vorranno riscontri tecnici da un campione che comunque continuerà ad usare la bicicletta.
Colbrelli, spiega Marra, ha sviluppato da sé le ruote Vision Metron con cui ha ottenuto i suoi successi più importantiColbrelli, spiega Marra, ha sviluppato da sé le ruote Vision Metron con cui ha ottenuto i suoi successi più importanti
E’ importante avere nelle squadre una figura così?
Quando abbiamo collaborazioni di questo tipo, con le squadre cerchiamo di non essere solo sponsor, ma collaboriamo perché la fornitura di materiale sia per noi un punto di inizio e non di arrivo. Da loro impariamo tantissimo e poi cerchiamo di migliorare sempre attraverso i loro consigli o le esigenze. Ci tirano matti, ma è sempre uno stimolo a migliorare.
Il fatto che Colbrelli resti nell’orbita della squadra e dei suoi partner è anche un bel segno di umanità.
Il nostro obiettivo non è solo fornire prodotti, ma è anche diffondere la cultura del ciclismo, essere amici, vivere insieme emozioni, gioie, fatiche e sacrifici. Quello che alla fine è il sale della vita. Avere corridori che condividono questo nostro pensiero anche fuori dalle corse per noi è il massimo e cerchiamo di sostenerli sempre, quando è possibile, anche dopo che scendono dalla bicicletta.
Come hai vissuto personalmente quel giorno di marzo?
E’ stato tragico. Una volta avuta la conferma che Sonny fosse fuori pericolo, ho avuto subito la sensazione che da lì sarebbe cambiato tutto. Innanzitutto abbiamo sperato che tutto andasse bene, però abbiamo capito che la sua vita non sarebbe stata più la stessa e ci siamo promessi di aiutarlo in questo progetto. Averlo voluto qui da noi per il suo annuncio è stato il modo di fargli sentire che noi siamo con lui.
Questo il nuovo logo di Colbrelli, con cui saranno personalizzate le sue future iniziativeQuesto il nuovo logo di Colbrelli, con cui saranno personalizzate le sue future iniziative
Ci siete voi, c’è Merida, c’è la squadra: non è tanto comune, in un mondo che a volte si dimentica dei valori.
E’ vero, però devo dire che il ciclismo è un mondo diverso e migliore. Siamo persone con una filosofia, cioè che le persone positive, che riescono sempre a portare avanti una missione, chissà perché si ritrovano sempre insieme e condividono lo stesso tipo di idea. E per questo siamo contenti di poterlo sostenere al meglio.
«E’ un momento molto importante – inizia Colbrelli – come avrete sentito e letto, sono qui per confermare il mio ritiro. Dopo tanti mesi a pensare e riflettere. Dopo aver parlato con la mia famiglia e vedere se valesse la pena continuare…».
La voce si strozza di colpo. Sonny guarda in alto. Il momento è arrivato, ma non è facile ammetterlo davanti alle tante persone accorse, almeno quanto lo è stato ammetterlo con se stesso. Giornalisti. Parenti. Addetti ai lavori. Una conferenza stampa a invito. E’ il pomeriggio del 15 novembre. L’anno scorso in questi stessi giorni, il bresciano era nella sede di Merida per celebrare la vittoria di Roubaix, oggi è in casa FSA per dire che è tutto finito.
Sonny raggiunge la scrivania alle 14,40. E’ rimasto a lungo in un ufficio a parlare con Cassani e altri amici, fra cui Luca MazzantiSonny raggiunge la scrivania alle 14,40, dopo aver parlato a lungo con Cassani e altri amici, fra cui Luca Mazzanti
Salvataggio Cassani
Interviene Cassani, accanto a Sonny come amico più che come tecnico. E Davide prende il microfono, sollevando Sonny dal momento difficile. Racconta delle avventure in azzurro. Ripete le parole che in questi mesi tanti gli hanno sentito ripetere, quasi a scacciare anche lui la malinconia e lanciare un salvagente di speranza all’uomo seduto accanto a lui.
«Abbiamo fatto una chiacchierata – dice – prima di venire davanti a voi. Mi ha detto di non aver ancora metabolizzato quest’idea. Ha raggiunto tanto nella sua carriera e ora ha voluto questo incontro. Da tanto tempo non parlava. E’ una persona che ha seminato tanto e bene. E adesso – voltandosi verso Colbrelli – se hai finito di piangere, tocca di nuovo a te…».
La sala scoppia in una risata e un applauso. La commozione ha invaso i pensieri di tutti, ma questo non è il momento di deprimersi. Questo è il momento per guardare avanti. Le malinconie hanno già popolato e forse popoleranno ancora le sue notti. Avere un pensiero felice da coltivare sarà il balsamo migliore.
In prima fila i genitori di Sonny, la moglie Adelina e i figli, oltre al fratello Tomas. Subito dietro giornalisti e addetti ai lavoriIn prima fila i genitori di Sonny, la moglie Adelina e i figli, oltre al fratello Tomas. Subito dietro giornalisti e addetti ai lavori
La chiamata con Eriksen
«Dopo quel 21 marzo – riprende Sonny rinfrancato – la mia vita è cambiata. Capisci quello che è successo e devi essere realista. Non tornerai mai più a fare la vita di prima. E’ stato difficile guardare le corse, ma il giorno dopo ero già col mio telefono a vedere Bauhaus che faceva secondo al Catalunya. La bici mi ha dato tanto e mi ha tolto tanto, ma ultimamente mi ha fatto capire che la vita è una sola.
«Non sono Van der Poel o Evenepoel, ci ho messo 32 anni per arrivare al mio livello migliore e sul più bello mi tocca smettere. Ho fatto tanti esami. Ho usato come riferimento Eriksen (il calciatore danese dell’Inter rianimato in campo durante la partita fra Danimarca e Finlandia agli europei 2020, ndr). Tramite alcuni amici, ho trovato il suo numero. Gli ho mandato un messaggio e mi ha chiesto se poteva richiamarmi dopo la doccia, perché aveva appena finito l’allenamento. Abbiamo parlato, ma ho capito che il ciclismo non è il calcio. E se mi succedesse di nuovo in una discesa, potrei farmi molto più male. Perciò smetto. Spero di dare ancora tanto al ciclismo. Ringrazio la squadra, che mi ha tranquillizzato per il futuro…».
Miholjevic, al tavolo con Marra, Colbrelli e Cassani, ha raccontato l’importanza di Sonny per il teamMiholjevic, al tavolo con Marra, Colbrelli e Cassani, ha raccontato l’importanza di Sonny per il team
L’abbraccio di Miholjevic
Accanto a lui c’è Miholjevic, il team manager del Team Bahrain Victorious. E’ un tipo tosto Vladimir, di poche parole. Più tosto adesso da manager che quando era corridore, eppure anche lui è commosso. Non è solo un momento di Colbrelli, in qualche modo è il momento della sua squadra.
«Abbiamo conosciuto Sonny – dice – quando arrivò dalla Bardiani. Era un ragazzo fortissimo, con un grande potenziale e lo stesso entusiasmo dei suoi bimbi qua davanti. Siamo riusciti a incanalare le sue forze e abbiamo fatto la gioia della nostra squadra e del ciclismo italiano, con la vittoria della Roubaix, la classica più bella. Il Catalunya è stato uno choc anche per noi. Anche noi che abbiamo smesso per età non abbiamo metabolizzato facilmente il fatto di non essere più corridori, per Sonny sarà ancora più dura».
Due anni con il team
«Abbiamo pensato di aver perso qualcosa – prosegue Miholjevic – invece ora pensiamo di aver in qualche modo guadagnato. Avreste dovuto vederlo nel bus, motivare la squadra con le sue parole spontanee. Per questo abbiamo prima sentito l’obbligo di stare accanto a lui e alla sua famiglia. Ora però sappiamo quale potenziale abbiamo in mano, con uno che ha vinto la corsa più importante per la squadra. Sonny scenderà con noi nella… miniera (sorride, ndr) che lavora dietro le quinte. Abbiamo 28 corridori e 68 persone. Diventerà una persona più completa. Nel frattempo i bambini crescerano e Tommaso (dice ridendo mentre indica il figlio di Sonny, ndr) comincerà a vincere le corse. Sarà con noi per altri due anni».
Dopo le lacrime delle prime parole, Colbrelli è parso commosso a tratti, ma sempre più consapevoleDopo le lacrime delle prime parole, Colbrelli è parso commosso a tratti, ma sempre più consapevole
Il ciclismo dei giovani
Scorrono le immagini delle vittorie. Poi viene presentato il logo con il cobra e il nome Sonny Colbrelli, disegnato da Johnny Mole per una linea di 71 bici Merida volute da Sonny, perché 71 era il numero sulla maglia nella Roubaix vinta. Intervengono Claudio Marra, il padrone di casa, che gli consegna un premio. Interviene Dario Acquaroli, per Merida Italy. E intervengono anche due pezzi grossi di Merida Europe: il direttore del marketing Andreas Rottler e il general manager Wolfgang Renner. E Sonny, già più disteso parla del progetto e della sua idea di lavorare per il ciclismo dei bambini.
«Quando ero piccolo – dice – avevo una pista in cui pedalare al sicuro. Ora nella zona di Brescia vedo i bimbi nel parcheggio di un supermercato e mi mette tanta tristezza vederli in mezzo ai vetri. Vorrei fare qualcosa, non so quando. Dipende da quanto mi farà lavorare Miholjevic (ride a sua volta, ndr). Un impianto in cui possano provare tutte le specialità e poi semmai scegliere. I più giovani bisogna farli innamorare del ciclismo, non proporglielo come un’ossessione».
Claudio Marra ha premiato Colbrelli con una targa che vale anche come promessa di collaborazione futuraClaudio Marra ha premiato Colbrelli con una targa che vale anche come promessa di collaborazione futura
I pensieri pericolosi
Poi prende una pausa di silenzio. Di colpo Colbrelli torna Sonny, il ragazzo che sognava di diventare campione sulla sua bicicletta e di colpo vengono avanti i fantasmi delle prime notti.
«Ho pensato di togliermi il defibrillatore – dice davanti a tutti e poi approfondirà a quattr’occhi – fare due anni al top e poi di rimetterlo. L’ho pensato subito, quando ho scoperto che è removibile. In bici senti magari di poter fare quello che facevi prima, ma poi hai paura di spingerti al massimo. E allora penso che comunque non sarei più il Sonny di una volta. Hai paura, non vai allo sfinimento. Non doveva succedere quel giorno, non era il mio turno. Sono stato fortunato. Di 10 persone che hanno avuto un arresto cardiaco come quello, 8 non sono qui a parlarne. Bisogna essere forti e intraprendere una cuova carriera.
«Ho capito di non essere più un corridore quando è arrivata la mail con l’organico della squadra e il mio nome non era più nella lista. Ma se ho fatto un cambio di marcia lo devo a Paola, la mia mental coach. Mi ha fatto capire quanto valgo e che sono più forte di quanto pensassi. Ho capito che posso fare cose importanti anche non essendo più un corridore. Ora la vedo così, magari domani mi chiudo nei miei silenzi. Non è facile. Potrebbe esserci il rimpianto del Fiandre e di non aver fatto sempre la vita che ho imparato negli ultimi tempi, ma non è questo il tempo dei rimpianti».
Notevole l’afflusso dei media. La decisione di Colbrelli era già nota, ma quasi tutti hanno voluto essere presenti per raccontarloNotevole l’afflusso dei media. La decisione di Colbrelli era già nota, ma quasi tutti hanno voluto essere presenti per raccontarlo
Il futuro è già una vittoria
Il futuro è con la squadra e con i suoi sponsor. Con i giovani da osservare e i materiali da provare. Poi forse il futuro passerà attraverso una tessera da direttore sportivo. Zero elucubrazioni su soluzioni ardite per aggirare il divieto di correre. Ancora una volta Sonny è l’uomo maturo che nel 2021 ha fatto sognare l’Italia del ciclismo.
«Non ero solo un corridore – sorride – come ha detto Miholjevic. Mi mancheranno i miei compagni e il mio posto sul bus. Con Caruso ci sentiamo sempre. Mi ha detto: “Sonny, sono con te”. Ci facciamo delle grandi risate. Mi mancherà anche il diesse che la sera porta il numero da attaccare sulla maglia. Non mi mancheranno quelle giornate di fatica a 40 gradi a chiedersi chi me l’ha fatto fare. Però adesso che lo dico, invece mi mancano. Bisogna pensare al bello…».
Immancabile la foto con la bici, Merida Reacto, che lo ha condotto alla conquista della RoubaixImmancabile la foto con la bici, Merida Reacto, che lo ha condotto alla conquista della Roubaix
I figli che crescono
«Ora vado in bici per divertirmi, mentre prima avevo l’assillo dei lavori e del peso. Ora la sosta al bar è prolungata. Mi godo la bici come mi diceva tanta gente, che per loro è il modo di scaricarsi la mente dopo giornate impegnative. E’ così davvero. Prima cominciavo la giornata dicendo: “Sonny, alzati, vestiti e vai ad allenarti”. Ora mi alzo e mi dico: “Sonny, alzati, vestiti e prepara la colazione ai bambini”. Parto subito con quattro caffè, ma è una cosa bella, perché noi corridori vediamo i figli crescere nel telefono.
«E per il resto – conclude – ho davanti tutta la vita e tanti progetti. L’importante è che sono qui e che non tutti possono dire che la loro ultima vittoria è stata una Roubaix. Ma vi dico subito che c’è già il mio erede. Si chiama Jonathan Milan, abbiamo visto tutti di che pasta è fatto. E magari avermi accanto lassù lo aiuterà a crescere un po’ più in fretta».
Dopo la conferenza stampa, Colbrelli ha concesso qualche minuto ai giornalisti presenti. Qui con bici.PRODopo la conferenza stampa, Colbrelli ha concesso qualche minuto ai giornalisti presenti. Qui con bici.PRO
Sorride. Si alza. Si presta ad altre interviste. Sky va in diretta. Ci sono Rai e Mediaset. Ci sono Eurosport e la Gazzetta. C’è la sala stampa degna di un grande campione. C’è soprattutto il senso consapevole di una seconda occasione. E davanti alla vita, tutto il resto si ferma. Buona vita, Sonny. Ci vediamo alle corse.
Primo assaggio di Pirenei. Vince Konrad che imita Mollema, Colbrelli fa secondo e si mangia le mani. Mentre tra i favoriti iniziano i fuori d'artificio
Succedeva negli anni Novanta ed era un po’ uno spasso e un po’ una condanna al silenzio. Sui telai c’era scritto un nome, ma li producevano altri. C’è chi ha vinto il mondiale con un telaio mascherato e chi il Giro d’Italia. Si sapeva, si chiudeva un occhio e la storia andava avanti. Poi la musica è cambiata. Gli sponsor sono diventati più severi e soprattutto hanno alzato lo standard dei loro prodotti, almeno fino al Covid. Dallo scorso anno è stato come tornare indietro. Alcune grandi aziende infatti non sono state in grado di garantire la fornitura di ruote e l’aggiornamento di quanto concordato. E le squadre, il cui fine ultimo è vincere e non mostrare marchi, hanno messo le mani al portafogli e hanno cominciato a comprarsi quel che gli serviva.
Nelle tappe di montagna (Van Aert sul Ventoux), i corridori Jumbo-Visma hanno ruote Vision prive di scritte
Nella tappa di Parigi (vinta in volata) Van Aert invece con le ruote dello sponsor
Van Aert sul Ventoux con ruote Vision prive di scritte
A Parigi per Van Aert tornano invece quelle dello sponsor
Ruote tutte nere
Ha fatto sorridere la storia rocambolesca del viaggio per consegnare le ruote da crono a Van der Poel al Tour. Roglic e tutti i corridori Jumbo Visma hanno corso le crono dal Tour in avanti con ruote anteriori Aero Coach. Hanno fatto scalpore le Vision senza scritte mostrate da Yates all’Alpe di Mera al Giro. E a ben vedere non sono poche le squadre che, nel momento del bisogno, hanno attinto al catalogo Vision, cancellando scritte e staccando adesivi. Quello che si faceva una volta, con l’accortezza di non metterci sopra scritte contraffatte. Ma cosa pensano in casa Vision di questa situazione? Lo abbiamo chiesto a Claudio Marra, vicepresidente mondiale di Fsa, cui fa riferimento per l’Italia anche il marchio americano Vision, cui rubiamo 10 minuti di chiacchiere durante le meritate ferie.
Tour de France 2021, per la 5ª tappa a cronometro di Laval, Van der Poel con ruote non ufficialiTour 2021, per la cronometro di Laval, Van der Poel con ruote non ufficiali
Che cosa succede?
Succede che Shimano ha eliminato provvisoriamente il blocco che di solito impone ai team sponsorizzati, che hanno potuto guardarsi intorno. Immagino che avessero concordato degli aggiornamenti su alcuni prodotti, che il Covid ha rinviato e le squadre hanno iniziato a premere. Così alcune si sono rivolte a noi, soprattutto per le tappe di montagna. Ruote in carbonio per freni a disco. Le hanno prese. Le hanno provate su strada e in galleria del vento. Hanno visto che magari le Lightweight pesano meno, ma le nostre in discesa si guidano più facilmente. E alla fine hanno scelto.
State svolgendo un ruolo… socialmente utile, oppure si tratta di affari?
A dirla tutta, vedere che tolgono le scritte ci lascia un po’ di amaro in bocca, ma capiamo la situazione. Del resto le comprano e possono farne ciò che vogliono. Se si rompono gli diamo assistenza gratuita e anche il prezzo è di favore. Certo se decidessero di lasciare i loghi, gliele daremmo gratis.
Nella tappa di ieri della Vuelta, Roglic con ruote Vision prive di scritte
Allo stesso modo ha vinto la cronometro olimpica a Tokyo con anteriore Aero Coach
Nella tappa di ieri della Vuelta, Roglic con ruote Vision prive di scritte
Allo stesso modo ha vinto la crono di Tokyo con anteriore Aero Coach
Parliamo di tanti casi?
Più di quelli che siamo in grado di fronteggiare. Al punto che se ci mettessimo ad andare dietro a tutti, non riusciremmo ad accontentare i team che invece sponsorizziamo ufficialmente.
E poi comunque la notizia passa lo stesso, no?
Diciamo che quando escono sui social, piacciono tantissimo. Sono scoop che per noi sono anche un buon battage. E insieme sono il riconoscimento da parte di altre squadre della bontà del nostro prodotto.
Al Giro d’Italia, Bardet ha utilizzato delle misteriose ruote nere in fibra di carbonioAl Giro d’Italia, Bardet ha utilizzato delle misteriose ruote nere in fibra di carbonio
Sembra davvero di essere tornati a quegli anni…
E’ vero (ride, ndr), ma per i telai ormai non si può più, anche perché il loro sviluppo è ormai pazzesco e tutte le grandi case sono in grado di dare ottimi prodotti. Ma il telaio non è tutto. E ora che la frontiera sta nella leggerezza e nella aerodinamicità, poter sceglier tra ruote, manubri e altri componenti fa una bella differenza. Evidentemente Shimano aveva altri progetti che per vari motivi sono saltati, ma sono certo che si metteranno in pari. E anche noi…
E anche voi?
Non abbiamo capacità illimitata di fornitura. Il mercato durante il lockdown è stato impegnativo per tutti…
Le scelte tecniche di Romain Bardet per la sua Scott Addict RC, soluzioni che ritroveremo anche al Giro d'Italia 2022. Solo tubolari e quella corona da 36 dove non è necessario spingere a tutta
Il Team Bike Exchange, che nel 2020 si era affidato a Shimano, passa al marchio Vision per la fornitura di ruote da crono. I primi test sono stati positivi, visti i due podi nelle crono ai campionati nazionali australiani, ottenuti da Luke Durbridge (foto di apertura) e Grace Brown fra le donne. La notizia dell’accordo è uscita in extremis e coincide probabilmente con il passaggio alla guida del team di Brent Copeland, che con Vision aveva collaborato e anche bene nei suoi anni come team manager al Team Bahrain.
«In questa importante disciplina, ogni secondo conta – ha detto Darach McQuaid, presidente del team – e i guadagni marginali che le ruote Metron di Vision offriranno ai nostri ciclisti saranno un altro elemento decisivo nel nostro obiettivo di vincere le gare più grandi del mondo».
Un altro bel traguardo raggiunto nel WorldTour per l’azienda, che sponsorizza ancora il team Bahrain Victorius e il team EF Education-Nippo. Noi di bici.PRO abbiamo fatto una chiacchierata con Claudio Marra Vice Presidente globale FSA e Vision per scoprire qualche dettaglio in più…
Per l’anteriore, le Metron 81 SL. Al posteriore le Metron Disc (foto GreenEdge Cycling)Per l’anteriore, il team userà le Metron 81 SL (foto GreenEdge Cycling)
Come è nata la collaborazione con il Team Bike Exchange?
E’ semplice, la squadra ci ha contattato per migliorare l’aspetto tecnico nelle prove contro il tempo. Non è stato difficile decidere, siamo stati ben felici di fornire i nostri materiali a un team cosi ben organizzato.
E’ una bella opportunità, il team Bike Exchange vanta la presenza di corridori molto esperti nelle prove a cronometro, vi hanno fatto qualche richiesta in particolare?
No, gli abbiamo fornito il materiale e i primi riscontri ottenuti sono stati positivi. Abbiamo però cercato di adattare al meglio le ruote in base alla struttura dei loro telai.
Che cosa significa adattare le ruote in base alla struttura dei telai?
Significa cercare l’allineamento corretto tra la ruota, la forcella e il carro posteriore, al fine di favorire al meglio la scorrevolezza, senza tralasciare l’aspetto pratico dello sgancio rapido. La cura dei dettagli ci stimola ad aumentare la qualità dei nostri materiali.
Ecco la Bianchi da crono in uso al Team Bike ExchangeEcco la Bianchi da crono in uso al Team Bike Exchange
Avete cercato di migliorare qualche dettaglio delle ruote?
Certo, abbiamo utilizzato un tipo di cuscinetto che non necessita di alcun lubrificante o olio per la scorrevolezza. Comparando i risultati ottenuti con quelli precedenti, ci siamo accorti di aver migliorato la performance. Siamo soddisfatti.
Che tipo di ruote utilizzeranno gli atleti?
Le Metron 81 SL per tubolare, che hanno un profilo da 81 mm e sono realizzate esclusivamente a mano. Lo stesso vale per la lenticolare Metron Disc realizzata a mano, in carbonio e con un peso di 1.050 grammi.
Testate le ruote anche nella galleria del vento?
Assolutamente, cerchiamo di perfezionarci e di innovarci sempre.
Nella gara delle donne, Grace Brown ha ottenuto il 2° posto a 17″ da Sarah Gigante (foto GreenEdge Cycling)Nella gara delle donne, Brown al 2° posto (foto GreenEdge Cycling)
Ai campionati australiani a cronometro, conquistato dal giovanissimo e fortissimo Plapp, Durbridge non è riuscito a vincere per una serie di contrattempi legati alle normative anti Covid e ad un caso di positività dopo il Santos Festival of Cycling di Adelaide, che hanno reso il suo avvicinamento parecchio complicato. In sostanza, l’aumento delle restrizioni ai confini per chi proveniva da altri Stati hanno fatto sì che Luke sia arrivato giusto in tempo per partirenella crono.
«E’ stato stressante – ha raccontato Durbridge a Cyclingnews – ma in questi tempi di Covid è quello che devi fare e abbiamo agito abbastanza rapidamente e chiesto un’esenzione. Sono stato così fortunato che me ne hanno concessa una sottoponendomi a ogni test possibile, ma certo sono state 48 ore molto stressanti. E il secondo posto era tutto ciò che avevo nelle gambe».
Nelle tappe di montagna del Giro, Simon Yates ha usato delle ruote prive di marchi. Sembrano un modello inedito di Vision, cerchio da 45 e freni a disco
Anche per la corrente stagione agonistica, ilTeam spagnolo Burgos BHpedala con FSA e Vision. Gli atleti della squadra hanno ben equipaggiate le loro specialissime, fornite appunto dallo storico bike brand basco e secondo nome della formazione, con componenti ed accessori top di gamma forniti dai due brand con sede operativa europea in Italia, a Busnago in provincia di Milano.
Il test dei pro’
«Siamo davvero orgogliosi della nostra collaborazione commerciale con il produttore di biciclette iberico BH, e con il Team Burgos BH in particolare – ha dichiarato Claudio Marra che di FSA è il Vice Presidente globale – in quanto per i nostri tecnici e per i nostri ingegneri il supporto degli atleti durante la stagione rappresenta un plus importantissimo per lo sviluppo della prossima gamma. I corridori della Burgos BH utilizzano anche il gruppo completo elettronico e wireless K-Force WE: un autentico concentrato di tecnologia e design. E questo banco di prova estremo, rappresentato dall’intenso impiego agonistico, è la certificazione migliore dei passi in avanti in chiave tecnologica e di affidabilità che stiamo facendo».
Le leve freno del gruppo K-Force WELe leve del freno del gruppo K-Force WE su una bici del Team Burgos BH
FSA in tutte le discipline
Full Speed Ahead produce componenti di alta gamma per il ciclismo su strada, la mountain bike, il gravel e il cross supportando direttamente, e da molto tempo, diversi pro team di fama internazionale. La sua storia nel ciclismo professionistico e il suo patrimonio in termini di innovazione, design e produzione, sono davvero molto riconosciuti in ambito ciclistico.
Le pinze e il freno a disco del K-Force WELe pinze e il disco del gruppo K-Force WE di FSA
Investimenti costanti
FSA investe costantemente nello sviluppo della propria gamma di prodotti, introducendo innovazioni che hanno fatto la storia del ciclismo, come nel caso della compact di cui vi abbiamo già parlato. In ogni prodotto FSA si assicura di poter fornire sempre i migliori componenti possibili, sia agli atleti professionisti quanto agli appassionati e praticanti ciclisti.
La maglia della Burgos BH che parteciperà anche alla VueltaLa maglia della Burgos BH che quest’anno parteciperà anche alla Vuelta
R&D, qualità e design
Un concetto importante che in FSA – ma questo vale ovviamente anche per Vision – amano spesso sottolineare è che i due brand non supportano semplicemente team e atleti di livello mondiale, ma lavorano, anzi vogliono lavorare a stretto contatto con loro per sfruttare le loro competenze e i loro feedback e sviluppare al meglio la gamma. Questo atteggiamento, unito agli studi di R&D e alla nota inclinazione di FSA e Vision da sempre orientata verso un design innovativo, consente loro di fornire componenti tecnicamente sempre al top.