Valentina Scandolara e Guido Bontempi sulla moto del regolatore di gara al Tour of Guangxi

Scandolara: «Mi piace vivere le gare dal lato organizzativo»

24.11.2025
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Classiche e percorsi mossi erano i suoi terreni preferiti quando correva e vinceva. Ora Valentina Scandolara si trova a suo agio in qualunque tipo di corsa… da regolatore di gara. Un compito che si aggiunge a quelli di diesse, talent scout e manager potendo dire serenamente che stia diventando una (ex) atleta completa.

In questa fase della sua carriera post agonistica, sta avendo un ruolo importante un gigante del passato come Guido Bontempi che è una colonna nei servizi motociclistici di scorte tecniche. Al Tour of Guangxi maschile e femminile, l’ultima gara WorldTour di una stagione sempre più infinita, Scandolara ha esordito sulla moto guidata proprio dall’ex velocista della Carrera, formando una coppia di altissima qualità per quel tipo di lavoro. Per una giramondo come lei è stata un’esperienza inedita che le ha fatto scattare un’ulteriore scintilla.

Scandolara ha corso per 15 stagioni. Il suo "occhio" e la sua esperienza sono molto utili per il suo nuovo ruolo
Scandolara ha corso per 15 stagioni. Il suo “occhio” e la sua esperienza sono molto utili per il suo nuovo ruolo
Scandolara ha corso per 15 stagioni. Il suo "occhio" e la sua esperienza sono molto utili per il suo nuovo ruolo
Scandolara ha corso per 15 stagioni. Il suo “occhio” e la sua esperienza sono molto utili per il suo nuovo ruolo
Valentina com’è andata in Cina?

E’ andata molto bene. Ero emozionata perché ho visto il Tour of Guangxi evolvere sotto tanti punti di vista, specie per la sicurezza. Io lavoro per la ProTouch Global di Robert Hunter, l’ex pro’ sudafricano, che è un’agenzia di management sportivo. Non abbiamo solo la procura di diversi atleti, ma curiamo da vicino anche alcune gare. Il Tour de Suisse lo organizziamo completamente noi così come il Tour of Guangxi maschile, mentre aiutiamo l’organizzazione della gara femminile. Ecco perché mi sentivo così inizialmente, ma con accanto uno come Guido mi sono tranquillizzata subito.

Ti sta facendo da mentore?

Lui per me è un riferimento assoluto. Guido dopo che ha smesso di correre ha davvero fatto di tutto: direttore sportivo, regolatore e ora esperto motociclista. Mi ha insegnato tanto e mi consigliava di diventare una regolatrice di gara già da tempo. Mi ha spinto a seguire tanti corsi perché, come mi dice sempre lui, possono sempre tornare utili. Infatti in quest’ultimo periodo ho fatto i corsi di scorte tecniche e moto staffette organizzati dalla FCI.

Al via della gara Scandolara ha notato scetticismo per un regolatore donna, però sapeva come farsi rispettare
Al via del Tour of Guangxi, Scandolara ha notato scetticismo per un regolatore donna, però sapeva come farsi rispettare
Al via della gara Scandolara ha notato scetticismo per un regolatore donna, però sapeva come farsi rispettare
Al via del Tour of Guangxi, Scandolara ha notato scetticismo per un regolatore donna, però sapeva come farsi rispettare
Grazie alle sue indicazioni hai avuto meno difficoltà nella gestione in gara?

Quello senza dubbio, anche perché ci vogliono tremila occhi per stare attenti ad ogni cosa. Noi non siamo né giudici né commissari, ma persone che conoscono molto bene il percorso di gara che devono gestire la parte non sportiva. Non possiamo dire nulla se un atleta sta in scia prolungata ad un’ammiraglia però possiamo intervenire sulle manovre moto di fotografi od operatori tv che stanno troppo vicino ai corridori. Oppure, come in Cina dove non ci sono strade alternative a quelle della corsa, organizziamo il passaggio del convoglio di altri mezzi.

Quanto conta essere stata un’atleta?

Certamente perché ti rendi conto subito di tante cose. Sai come pensa un corridore in gara o come può reagire in certe situazioni. Ad esempio le traiettorie che fanno quando e dove vogliono rientrare in gruppo dopo aver superato il traffico di ammiraglie e altri mezzi. Oppure in altri punti del percorso. Per i ruoli che riguardano la sicurezza a mio avviso è importante che ci sia un ex atleta.

Hai qualche aneddoto da raccontare del Tour of Guangxi?

Non molti per la verità, giusto un paio che mi sono rimasti impressi. Appena arrivata, sia dopo le riunioni che soprattutto al via della corsa, ho notato alcuni sguardi di scetticismo nel vedere una donna come regolatore di gara. Sono abituata a queste cose ormai. Fortunatamente essendo stata in ammiraglia, so come farmi capire bene fin da subito. L’altro aneddoto riguarda un momento in corsa.

Spiega pure.

Riprendo ciò che dicevo prima. Nel finale del Tour of Guangxi femminile si era avvantaggiata in discesa Anna Henderson (che poi ha vinto, ndr) e la stava affrontando a grande velocità. Su di lei avevo lasciato un’auto dell’organizzazione guidata da un cinese, ma sono dovuta ritornare ben presto su di loro perché lui le stava davanti in modo pericoloso. Non si era reso conto, e forse non se lo aspettava minimamente, quanto potessero andare forte in discesa anche le ragazze. Gli ho detto di lasciarle più spazio e si è risolto tutto.

Il tuo congedo dall’Esercito Italiano ti ha permesso di essere attiva su più fronti?

Sono stata con loro per dodici anni e gli sono grata per il supporto che mi hanno dato in tutti quegli anni. Avevo ottenuto il servizio permanente, ma è stata una decisione mia l’anno scorso quella di uscirne. Avevo in ballo la realizzazione di alcuni progetti e una parte di essi stavano e stanno prendendo corpo. Sono sempre impegnata anche con la Down Under Cycling Academy di ciclisti che arrivano da lontano o da altri sport con l’obiettivo di portarli ad un livello più alto.

Henderson vince il Tour of Guangxi, ma in un tratto di discesa Scandolara ha dovuto metterla in sicurezza per una moto troppo vicina
Henderson vince il Tour of Guangxi, ma in un tratto di discesa Scandolara ha dovuto metterla in sicurezza per un’auto troppo vicina
Henderson vince il Tour of Guangxi, ma in un tratto di discesa Scandolara ha dovuto metterla in sicurezza per una moto troppo vicina
Henderson vince il Tour of Guangxi, ma in un tratto di discesa Scandolara ha dovuto metterla in sicurezza per un’auto troppo vicina
Come sta andando?

Molto bene anche quello. Inizialmente, grazie ai miei trascorsi lavorativi in Australia, prendevamo atleti elite australiani o neozelandesi, con donne under 27 per consentire loro di correre almeno le gare open in Italia. Dall’anno scorso abbiamo allargato anche ad atleti U23 o juniores che vengono anche da Israele o Canada. Abbiamo una base nel veronese a Ronco all’Adige dove fanno camp di due mesi insegnandogli il ciclismo europeo e seguendo test e programmi di Luca Zenti, preparatore della UAE Team ADQ. Quest’anno siamo riusciti a far partecipare due australiane al Giro Women con la Mendelspeck (McCarthy e Nicholson, ndr).

L’agenda di Valentina Scandolara è già piena per il 2026?

Vedremo cosa mi riserverà anche questo nuovo ruolo di regolatore. Mi piace stare da questa parte del ciclismo e mi piace questo compito. Non avevo mai considerato troppo il lato organizzativo delle gare, però vorrei continuare a seguirlo e magari scoprire altri aspetti.

Sei Giorni di Gand 2025, Elia Viviani, ritiro

EDITORIALE / Le domande su Viviani team manager azzurro

24.11.2025
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Elia Viviani saluta dalla Sei Giorni di Gand e diventa il nuovo team manager delle nazionali. Prende il posto di Amadio, che prende il posto di Villa. Quest’ultimo lascia la nazionale dei professionisti su strada, tiene le crono e torna a pieno titolo nella pista donne, affiancando Bragato. Lo annuncia il comunicato successivo al Consiglio federale del fine settimana. Nulla cambia per il resto, neppure la sensazione di una architettura suggestiva, ma forse un po’ rischiosa.

Chi sia Viviani non lo scopriamo oggi. Chi scrive lo conosce, lo intervista e ha iniziato a parlarci da quando era un U23. Sarebbe stato bello semmai che negli anni lo avessero scoperto anche altri addetti ai lavori che, ipnotizzati dalla strada, non hanno mai riconosciuto al veronese il prestigio che merita. Elia ha costruito la sua carriera fra pista e strada. Ha sacrificato a volte l’una e più spesso l’altra, diventando però uno dei pochi atleti nella storia dello sport italiano ad aver vinto medaglie in tre diverse edizioni delle Olimpiadi. E’ sempre stato un professionista meticoloso, già da ragazzino stupiva per la concretezza delle risposte e la lucidità nel progettare gli obiettivi. Dopo 16 stagioni da professionista, 90 vittorie su strada (fra cui un titolo europeo), 3 medaglie olimpiche su pista (una d’oro), 11 medaglie ai mondiali su pista (3 d’oro), 22 medaglie agli europei su pista (15 d’oro), avrebbe tutto il diritto di fermarsi, studiare e scegliere la sua strada. E’ pronto per fare il team manager delle nazionali?

L’esperienza di Villa alla guida dei pro’ è durata un solo anno, con risultati molto interessanti
Campionato del mondo Kigali 2025, prova su strada professionisti, Marco Villa e Giulio ciccone, dopo corsa
L’esperienza di Villa alla guida dei pro’ è durata un solo anno, con risultati molto interessanti

Un tutor per Viviani

Magari sì, glielo auguriamo di cuore. Di certo, conoscendolo, Elia non farà mancare l’impegno e cercherà di portare nell’ambiente azzurro le idee e le soluzioni ipotizzate in tanti anni da corridore, osservando e vivendo le realtà delle squadre in cui ha militato. Basta per gestire il movimento azzurro? Avrà un tutor che lo affiancherà? Amadio, che ha ricoperto il ruolo fino ad oggi e da nuovo tecnico della strada non avrà per un bel pezzo giornate frenetiche, si incaricherà della sua formazione? E’ questa la strada più logica e probabilmente il motivo per cui Viviani ha accettato la proposta azzurra. Le scelte dell’ultimo Consiglio federale fanno pensare infatti alla grande voglia di coinvolgerlo e alla necessità conseguente di disporre il resto.

Giusto ieri, Villa ha dichiarato di essere stato sempre consapevole che il suo ruolo di tecnico della strada fosse a tempo determinato. In realtà, in questi mesi ha spesso parlato al futuro: lo faceva immaginando il suo lavoro o quello del futuro tecnico? Quando il 23 febbraio venne annunciato il nuovo assetto delle nazionali, nel non confermare Bennati, le parole del presidente Dagnoni non lasciavano intuire che ci fosse nell’aria un avvicendamento a breve termine. «Il valore indiscusso di Villa – si leggeva nel comunicato – ci ha convinto in questo cambiamento. A lui l’incarico sicuramente più difficile in questa fase storica, ma anche di maggior prestigio».

Forse se Viviani si fosse fermato all’inizio della stagione, l’assetto varato ieri sarebbe stato anticipato di nove mesi. Ma Elia, che ha più volte ribadito di non aver mai pensato di fermarsi senza averci riprovato alle sue regole, ha probabilmente scombussolato i piani di chi lo vedeva già team manager all’inizio del 2025.

Campionati dle mondo pista 2025, Santiago del Cile, Roberto Amadio, Elia Viviani
Ha fatto passare Viviani fra i pro’, lo ha seguito da team manager su pista e ora Amadio lo aiuterà nel nuovo incarico
Campionati dle mondo pista 2025, Santiago del Cile, Roberto Amadio, Elia Viviani
Amadio ha fatto passare Viviani fra i pro’, lo ha seguito da team manager su pista e ora lo aiuterà nel nuovo incarico

Amadio e il Consiglio

Roberto Amadio diventa il tecnico dei professionisti: ha l’esperienza per quel ruolo e un parco di azzurri giovani e con personalità tutte da costruire. Rinunciando a lui come manager, la Federazione si indebolisce in un ruolo cruciale oppure è consapevole che Roberto potrà svolgere il doppio incarico, affiancando Viviani. La parte burocratica del lavoro federale non gli è mai piaciuta, alcuni consiglieri si sono spesso lamentati delle sue assenze, ma avendo la pelle dura e sulle spalle l’esperienza da manager di squadre WorldTour, Amadio è riuscito ad arrivare fin qui dai giorni di Tokyo.

Già durante l’estate si sussurrava della volontà di una parte del Consiglio di modificare il suo incarico: va capito se fare di lui il tecnico della nazionale vada considerato una promozione. Non è consuetudine, almeno nel WorldTour, che un team manager diventi direttore sportivo, semmai il contrario: l’esempio di Luca Guercilena è lampante. Di certo la nuova qualifica di Amadio ha liberato spazio per Viviani. A quest’ultimo basterà essere stato un campione per navigare nelle dinamiche della politica federale? Amadio ha ammesso più volte che quando si è abituati a intervenire in modo rapido per superare una necessità, è difficile dover chiedere il permesso a chi non ha neanche la completa consapevolezza del problema. Forse, non avendo alle spalle alcuna esperienza da manager, Viviani troverà meno sconcertante certe dinamiche che per Amadio sono state spesso indigeste.

Campionati del mondo Kigali 2025, Rwanda, Ruanda, Segretario generale FC Marcello Tolu, presidente Cordiano Dagnoni, Lorenzo Finn iridato U23, Gianni Vietri consigliere federale
Da sinistra, il segretario Tolu e i presidente Dagnoni: questo il tandem che guida la FCI. A destra, dopo Finn, il consigliere Vietri
Campionati del mondo Kigali 2025, Rwanda, Ruanda, Segretario generale FC Marcello Tolu, presidente Cordiano Dagnoni, Lorenzo Finn iridato U23, Gianni Vietri consigliere federale
Da sinistra, il segretario Tolu e i presidente Dagnoni: questo il tandem che guida la FCI. A destra, dopo Finn, il consigliere Vietri

Il passo più lungo

L’inverno in arrivo ci offrirà la possibilità di cercare risposte alle tante domande di questo lunedì freddo e piovoso. Le Olimpiadi di Los Angeles non sono tanto lontane e la pista azzurra è nella delicata situazione di avere più da perdere che da vincere. Siamo arrivati molto in alto e serve un cambio di passo per salire ancora, lavorando sugli atleti e contemporaneamente sullo sviluppo dei materiali. Quanto alla strada, i pochi mesi di gestione di Villa hanno segnato un risveglio di interesse e di entusiasmo. Probabilmente Amadio proseguirà sull’identica strada, avendo condiviso con Villa la maggior parte delle scelte.

Ora il quadro appare stabile. Restiamo dell’avviso che un professionista scrupoloso come Viviani meriterebbe il tempo per studiare e affrontare il mondo del lavoro con una formazione più completa. Accettare questo incarico azzurro è forse il passo più lungo della sua carriera sempre molto controllata. Per fortuna avrà attorno persone consapevoli del suo valore, che lo supporteranno al meglio possibile.

Giro delle Regioni col sigillo della Borello, specialista pura

Giro delle Regioni col sigillo della Borello, specialista pura

24.11.2025
4 min
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Come lo scorso anno, il Giro delle Regioni chiude i battenti e premia Carlotta Borello, autentica dominatrice della challenge che mette il sigillo alla sua maglia di leader conquistando anche la tappa finale nella “sua” Cantoira, visto che si gareggiava in Piemonte. Carlotta è una ciclocrossista pura, diversa dalle sue colleghe/avversarie. Per lei il ciclocross è la prima specialità e la strada è davvero un’appendice, un tramite per la preparazione.

L'arrivo della Borello, per lei tre vittorie di tappa e la conquista della maglia davanti a Rizzi e Gariboldi
L’arrivo della Borello, per lei tre vittorie di tappa e la conquista della maglia davanti a Rizzi e Gariboldi
L'arrivo della Borello, per lei tre vittorie di tappa e la conquista della maglia davanti a Rizzi e Gariboldi
L’arrivo della Borello, per lei tre vittorie di tappa e la conquista della maglia davanti a Rizzi e Gariboldi

Un’estate con pochissima strada

In quest’annata è stato così anche di più e durante la stagione sono state ben più frequenti le sue uscite in gravel, dove ha colto risultati molto importanti tornando a vestire la maglia azzurra: «Quest’estate ho fatto una stagione un po’ alternativa. Non mi sono focalizzata solamente sulla strada come gli anni passati. I risultati dicono che è stata la scelta giusta, ma non mi riferisco solo al responso del cronometro, neanche al titolo italiano di gravel conquistato, ma alle sensazioni vissute. E’ stata una stagione molto varia, dove mi sono messa alla prova anche nelle Marathon di mountain bike, oltre alle gare su strada e gare gravel. Mi sto trovando bene anche come preparazione che ha influito su questa prima parte di stagione invernale».

Infatti nel ciclocross la Borello è partita subito forte, dominando il Giro delle Regioni: «In verità ho colto qualche vittoria in meno dell’anno scorso, ma sono arrivati comunque piazzamenti sul podio e in gare comunque importanti. In più è arrivata anche la convocazione all’europeo e quindi sono molto felice di essere riuscita a partecipare al mio primo europeo tra le Elite, quindi diciamo che non mi posso lamentare».

Sullo Zoncolan la gara più dura ma anche più soddisfacente per la piemontese nel Giro delle Regioni
Sullo Zoncolan la gara più dura ma anche più soddisfacente per la piemontese nel Giro delle Regioni (foto Billiani)
Sullo Zoncolan la gara più dura ma anche più soddisfacente per la piemontese nel Giro delle Regioni
Sullo Zoncolan la gara più dura ma anche più soddisfacente per la piemontese nel Giro delle Regioni (foto Billiani)

Un europeo corso nel dolore

Che esperienza è stata, quella internazionale? «E’ stata molto impegnativa perché c’era veramente tanta sabbia e non ci sono abituata. Ho cercato di difendermi al meglio che potessi, nonostante non fossi in un periodo molto facile perché è mancata la mamma del mio fidanzato proprio il giorno prima della gara. Diciamo che di testa non ero al 100 per cento, ma ho cercato di onorare al meglio la maglia azzurra e dare il mio massimo».

Quanto contano le gare italiane, visto che non avevi avuto test prima della corsa continentale? «Quest’anno è stato un po’ più complicato, cioè confrontarsi solamente con le atlete italiane mi ha fatto arrivare un po’ al buio, ma non è colpa delle prove italiane che sono state di sicuro valore, internazionali, quindi abbiamo potuto fare gare impegnative che sono servite per arrivare in condizione. A dicembre comunque andrò a correre in Belgio, quindi mi confronterò con le più forti e capirò il mio valore».

D'estate la Borello ha privilegiato il gravel, vincendo il titolo nazionale e finendo seconda alle World Series in Sardegna
D’estate la Borello ha privilegiato il gravel, vincendo il titolo nazionale e finendo seconda alle World Series in Sardegna
D'estate la Borello ha privilegiato il gravel, vincendo il titolo nazionale e finendo seconda alle World Series in Sardegna
D’estate la Borello ha privilegiato il gravel, vincendo il titolo nazionale e finendo seconda alle World Series in Sardegna

In Belgio per capire davvero chi è

La tappa che ti è piaciuta di più del Giro delle Regioni? «Sicuramente quella dello Zoncolan. Il percorso era veramente duro, con tanta salita, ma è servito perché era un po’ più dura rispetto ai soliti standard e è stata un test fondamentale nel corso della stagione. Tutti parlavano dell’altitudine, ma quella non è stato certo un fattore».

Ora che cosa ti proponi per questa stagione di ciclocross? «Sarò in Sardegna per la Coppa del mondo e poi, dopo Faé di Oderzo, andrò come detto in Belgio dal 20 dicembre fino ai primi di gennaio. Poi, chiusa la stagione invernale, devo ancora valutare, ma vorrei proseguire sulla falsariga di quest’anno, puntando molto alle gravel per portare in giro la maglia tricolore».

In campo maschile vittoria finale all'ultima tappa per Folcarelli, anche senza alcun successo parziale
In campo maschile vittoria finale all’ultima tappa per Folcarelli, anche senza alcun successo parziale
In campo maschile vittoria finale all'ultima tappa per Folcarelli, anche senza alcun successo parziale
In campo maschile vittoria finale all’ultima tappa per Folcarelli, anche senza alcun successo parziale

L’esito delle altre categorie

Il Regioni ha chiuso i battenti a Cantoira con una gara Open maschile davvero accesissima. Non essendoci il leader della classifica Samuele Scappini, si è scatenata la lotta per cogliere la maglia all’ultima occasione. L’evoluzione della gara ha visto emergere Tommaso Cafueri e Antonio Folcarelli: alla fine l’ha spuntata il primo, uno dei pochi confermati all’UC Trevigiani, ma Folcarelli è corridore esperto e a un certo punto si è fatto i conti in tasca: meglio lasciar andare il friulano e assicurarsi, con la piazza d’onore, un nuovo trionfo nella challenge dopo quello dello scorso anno (e i 3 al Giro d’Italia…). Fra gli juniores maglia bianca conquistata da Tommaso Cingolani (assente a Cantoira ma già protagonista al suo primo anno nella categoria) e Azzurra Rizzi. Il Regioni chiude qui, ma gli impegni per lo staff di Fausto Scotti non sono minimamente finiti. Ma ci sarà tempo per pensarci…

Roberto Capello, Team Grenke Auto Eder, Trofeo Emozione Juniores 2025 (Photors.it)

Capello: dalla Red Bull alla EF in cerca di spazio per emergere

24.11.2025
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Roberto Capello si trova in ritiro in Spagna, più precisamente a Girona, città ormai fulcro del ciclismo nei mesi invernali. La notizia, però, è che il giovane piemontese classe 2007 è insieme alla EF Education EasyPost. Infatti Capello, dopo una sola stagione con il Team Grenke Auto-Eder, passerà under 23 con il devo team della formazione americana. Un cambio di maglia non del tutto inaspettato, le voci sul suo futuro avevano già iniziato a girare la scorsa estate. Ora che però tutto è stato definito siamo venuti dallo stesso Roberto Capello incuriositi da questa scelta (in apertura Photors.it). 

«In questo mini ritiro di inizio stagione – ci racconta Capello – mi sono già fatto una prima impressione della nuova realtà in cui sono arrivato. Abbiamo avuto anche modo di pedalare e prendere le misure con i materiali del prossimo anno».

Roberto Capello, Italia, europeo juniores 2025 (Philippe Pradier/DirectVelo)
Roberto Capello ha concluso la sua seconda stagione da junior nell’europeo di categoria (Philippe Pradier/DirectVelo)
Roberto Capello, Italia, europeo juniores 2025 (Philippe Pradier/DirectVelo)
Roberto Capello ha concluso la sua seconda stagione da junior nell’europeo di categoria (Philippe Pradier/DirectVelo)

Primo contatto

Mentre le temperature in Italia crollano e diventano sempre più invernali, a Girona continua ad esserci un clima favorevole: ottimo per pedalare senza infreddolirsi troppo. 

«Il clima continua a sorriderci – prosegue il piemontese – ci saranno tra i dieci e i quindici gradi. Una temperatura ideale per pedalare, anche se abbiamo fatto solo qualche breve uscita, giusto per qualche test e prendere le misure con il materiale nuovo. Cambiare squadra è sempre un po’ strano, tutto è nuovo, ma il team mi ha fatto subito una buona impressione. Siamo tanti, tra staff e corridori arriviamo a 250 persone».

Roberto Capello, Team Grenke-Auto Eder, Alpes Isère Juniores 2025 (Robert Cachet/DirectVelo)
Capello nel 2025 ha corso con il Team Grenke-Auto Eder (Robert Cachet/DirectVelo)
Roberto Capello, Team Grenke-Auto Eder, Alpes Isère Juniores 2025 (Robert Cachet/DirectVelo)
Capello nel 2025 ha corso con il Team Grenke-Auto Eder (Robert Cachet/DirectVelo)
Partiamo subito, come mai lasciare la Red Bull?

Avrei avuto la possibilità di rimanere con loro nel devo team under 23. Però le prospettive di crescita e di trovare i miei spazi erano minori rispetto a quelle offerte dalla EF. Ho scelto una formazione più piccola (se così si può definire, ndr) così da avere più occasioni per giocarmi le mie chance. 

Una scelta arrivata totalmente da parte tua?

Sì, ci pensavo già da maggio. La Red Bull ha i migliori atleti under 23, l’anno prossimo ci sarà il campione del mondo Lorenzo Finn, poi saliranno tanti miei compagni della Grenke e inoltre arrivano atleti come Magagnotti. Insomma, ho pensato che sarebbe stato difficile trovare lo spazio per mettermi in mostra. In corsa ci vanno cinque o sei atleti e se non dimostri di meritare il posto rischi di correre negli appuntamenti di secondo piano. 

Il passaggio tra gli U23 lo farà con il devo team della EF Education Easy Post, una scelta per cercare maggior spazio
Il passaggio tra gli U23 lo farà con il devo team della EF Education Easy Post, una scelta per cercare maggior spazio
Che prospettiva ti ha offerto la EF Education EasyPost ?

Mi hanno fatto firmare un contratto di quattro anni: uno nel devo team e gli altri tre nel WorldTour. Mi hanno rassicurato che avrò comunque modo di crescere e arrivare al livello richiesto per competere nella massima categoria del ciclismo. 

Qual è questo livello?

Penso che la vera differenza sia adesso, tra gli juniores il livello si sta alzando ma sono pochi i corridori capaci di fare tanta differenza. Invece quando passi under 23 o pro’, il livello di tutto il gruppo diventa davvero elevato. 

Con la maglia del devo team juniores della Red Bull ha conquistato 5 vittorie e 3 podi (Photors.it)
Con la maglia del devo team juniores della Red Bull ha conquistato 5 vittorie e 3 podi (Photors.it)
Hai già corso un anno all’estero, cosa pensi di aver imparato?

A correre come richiesto a livelli internazionali, dove si attende poco e si attacca tanto. Le gare sono più nervose e questa stagione con la Grenke mi ha aiutato a fare un passo importante per la mia crescita personale. 

Si sente tanto la differenza tra Austria e America?

Da quel che ho potuto vedere, EF e Red Bull sono molto diverse. La mentalità tedesca dà meno margine, mentre alla EF sono più aperti al dialogo e ad ascoltare un punto di vista differente. Ascoltano tanto l’opinione del corridore. 

Hai conosciuto i nuovi compagni?

Tutti meno uno. Saremo quattordici nel devo team, la maggior parte saranno atleti americani, poi ci saranno anche ragazzi danesi, svedesi, un belga e infine io. Non mi fa strano essere l’unico italiano, alla fine l’anno scorso ho imparato anche a gestire questo aspetto. Mi sono rafforzato con l’inglese e mi sento più sicuro.

All'europeo Capello (qui incitato da Frigo) è stato in fuga solitaria per 30 km prima di essere ripreso beneficiando dell'altura di Kigali
Capello si è messo in mostra anche con in nazionale: qui verso l’argento degli europei, incitato da Frigo che si era fermato
All'europeo Capello (qui incitato da Frigo) è stato in fuga solitaria per 30 km prima di essere ripreso beneficiando dell'altura di Kigali
Capello si è messo in mostra in nazionale: qui verso l’argento degli europei, incitato da Frigo che si era fermato
La EF è un team tanto “colorato”, innovativo, che guarda ad aspetti anche esterni al ciclismo, lo si percepisce?

Da dentro tanto. Si sente un clima più “leggero” e tranquillo. Diciamo divertente.

Quando si parte ufficialmente?

Dopo questo ritiro praticamente iniziamo la preparazione. Nei mesi di dicembre e gennaio non avremo appuntamenti, il primo stage tra noi del devo team sarà a febbraioe inizieremo a correre i primi di marzo. Per il calendario avremo modo di capire bene come incastrare i vari impegni tra scuola, corse e ritiri. Quest’anno ho la maturità e va fatta nel miglior modo possibile

Vinokourov, XDS Astana

Vinokourov mette la firma sul capolavoro XDS-Astana

23.11.2025
6 min
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Sedici­mila­settecento­sedici punti: tanti ne ha raccolti la XDS-Astana nel corso del 2025. Una quota che le ha consentito di concludere l’anno come quarta squadra in assoluto. Un traguardo importante, forse inaspettato, di sicuro cercato. Corazzate come Soudal–Quick-Step e Ineos Grenadiers le sono arrivate dietro. E la permanenza nel WorldTour, che solo un anno fa sembrava una chimera, si è trasformata in realtà. Un capolavoro di tutti come tende a sottolineare la foto di apertura.

La stagione 2025 si è rivelata una delle più riuscite nella storia della squadra, tolti i periodi in cui conquistava i Grandi Giri con atleti di un calibro enorme (Contador e Nibali giusto per citarne due): 32 vittorie, 72 podi e appunto quarto posto nel World Team Ranking 2025, il suo miglior risultato dell’ultimo decennio. Un aspetto interessante è che in questa analisi di dati la maggior parte dei punti è stata ottenuta nelle gare WorldTour (45 per cento), seguite dagli eventi ProSeries (29 per cento).

Alexandre Vinokourov (classe 1973) è il team manager della XDS-Astana
Alexandre Vinokourov (classe 1973) è il team manager della XDS-Astana

Dal Kazakistan: Vinokourov

Giusto qualche settimana fa, poco dopo il Tour di Guangxi, che segnava appunto il termine del calendario WT, Alexandr Vinokourov, general manager della XDS Astana finalmente si lasciava andare dopo tante tensioni. E si complimentava con la sua squadra.

«La stagione 2025 è stata davvero speciale per noi, poiché ha segnato il 20° anniversario del progetto Astana, fondato nel 2006. Abbiamo iniziato l’anno da outsider: eravamo fuori dalla zona di licenza WorldTour. Per assicurarci un posto nella massima divisione per i prossimi tre anni, dovevamo compiere qualcosa di simile a un miracolo e, sinceramente, non molti credevano che ce l’avremmo fatta. Devo sottolineare che tutti i nostri sponsor e partner hanno creduto in noi al 100 per cento. Vorrei esprimere la mia più profonda gratitudine al nostro partner principale Samruk-Kazyna e alla Sports Support Foundation SportQory per la fiducia riposta nella squadra e nel suo successo, per averci dato l’opportunità di crescere e svilupparci nelle condizioni esigenti dello sport professionistico d’élite».

Noi abbiamo raggiunto Vinokourov e gli abbiamo chiesto altro. Da segnalare che proprio Vinokourov era tornato in Kazakistan, la sua patria per celebrare questo successo e andare avanti con garanzie sul futuro.

Maurizio Mazzoleni e gli altri tecnici hanno studiato bene il piano di battaglia per raggiungere l’obiettivo WT
Maurizio Mazzoleni e gli altri tecnici hanno studiato bene il piano di battaglia per raggiungere l’obiettivo WT
Insomma, Alex, la partenership con il main sponsor XDS è iniziata nel migliore dei modi?

XDS, che si è unita al nostro progetto in un momento molto delicato, fornendo al team non solo bici incredibilmente veloci e di alta qualità, ma anche un sostegno enorme. Un ringraziamento speciale a Freedom Broker per il supporto al progetto. E, naturalmente, la mia gratitudine va a tutti i nostri sponsor e partner: il successo di quest’anno e’ un successo condiviso.

Una grande stagione per XDS-Astana. Cosa ci racconti? Quali sentimenti provi?

Il sentimento è pazzesco, ovviamente. Siamo rimasti nel WorldTour. Siamo sopravvissuti, si può dire… E forse anche più che sopravvissuti. Avevamo un obiettivo: restare nel WorldTour e ce l’abbiamo fatta. E’ stata una nuova esperienza per noi. Quindi, incredibile.

Quando hai capito davvero che le cose stavano andando per il verso giusto?

Probabilmente subito, non appena sono arrivate le vittorie. Era così importante iniziare bene la stagione. Ci siamo fissati gli obiettivi, abbiamo calcolato le corse. Morgan, il nostro “ingegnere-tecnico”, ha fatto bene i calcoli… Chiaramente li ha fatti insieme ai nostri allenatori: il capo allenatore, Maurizio Mazzoleni, Vasilis Anastopoulos. Loro hanno selezionato le gare giuste. E l’obiettivo era, ovviamente, guadagnare punti. A volte anche più che inseguire vittorie. Sapevamo di aver bisogno di punti, e abbiamo lottato per ogni singolo punto. Quindi, già a marzo, abbiamo visto che eravamo sulla strada giusta, quando avevamo già guadagnato un margine di 2.000–3.000 punti sull’ultima squadra, la Cofidis.

L’arrivo in squadra di un atleta come Ulissi (in maglia rosa) è stato un grande impulso sotto ogni punto di vista
L’arrivo in squadra di un atleta come Ulissi (in maglia rosa) è stato un grande impulso sotto ogni punto di vista
Ci sono stati aspetti negativi in questo “viaggio-sfida”? Qualcuno da cui ti aspettavi di più?

Direi di no. Sergio Higuita ha avuto un po’ di sfortuna. È caduto all’inizio della stagione, in un periodo in cui contavamo su di lui forse più del solito. E anche Alberto Bettiol, sempre all’inizio dell’anno ha avuto qualche difficoltà, ma ha ritrovato la forma più avanti e ha dimostrato di essere un campione. E gli altri ragazzi hanno dimostrato quello che erano capaci di fare. Quindi, sono grato a tutta la squadra, a tutti i corridori e, naturalmente, allo staff.

Chi ti ha colpito in modo particolare?

Probabilmente su tutti, Christian Scaroni, che ci ha sorpresi e ha fatto un grande salto in avanti. Ha iniziato a credere in se stesso. Questo gli ha dato ancora più fiducia. Ha dimostrato in ogni gara che poteva lottare per le posizioni di vertice e vincere. Quindi, probabilmente Scaroni, se devo sceglierne uno. Sapevamo di cosa erano capaci gli altri. Aaron Gate è stata una piacevole sorpresa. I giovani si sono sviluppati bene. Per le prossime due stagioni, penso che sarà più facile. Contiamo molto sui nostri ragazzi.

Appunto, guardiamo avanti: ora come si ricomincia? L’obiettivo rimarrà sempre quello di fare punti o magari tornerete a correre in modo “tradizionale”, inseguendo vittorie?

Certo, vogliamo vittorie. Quest’anno nonostante tutto ne abbiamo ottenute 32. Penso che sia un risultato molto rispettabile, soprattutto rispetto agli anni passati. Non eravamo così performanti dal 2019, probabilmente. Quindi, finire tra le prime quattro del ranking è meraviglioso, non avrei potuto immaginare di meglio. Perciò, l’obiettivo è rimanere lì, nella top 10. Combattere per le vittorie quando ce n’è l’occasione. Gli obiettivi non cambiano.

Christian Scaroni è stata la news più bella per Vinokourov: 4 vittorie tra cui una tappa al Giro d’Italia
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Sei di ritorno non solo dal Kazakistan ma anche dal primo breve ritiro a Montecatini: cosa hai detto ai corridori del 2025? E cosa dirai per il 2026?

Siamo stati a Montecatini. Non ci tornavamo da un po’, quindi penso sia una bella tradizione.
Cosa ho detto ai corridori: «Grazie, ragazzi. Avete creduto in voi stessi. Abbiamo fissato un obiettivo e lo avete raggiunto». Quindi, grazie a tutti, ad ogni singolo atleta che ha lottato per ogni punto. E anche un grande grazie allo staff: hanno coperto tantissime corse. Tutti hanno messo impegno, quindi rispetto totale per tutti loro. In tre anni abbiamo fatto quasi 17 mila punti. Abbiamo battuto grandi squadre con budget il doppio del nostro. Come ho già detto, abbiamo dimostrato che ce la possiamo fare. E adesso sappiamo cosa possiamo fare. Sono orgoglioso di tutti loro.

E per il 2026?

Cosa gli ho detto? Come al solito, Astana forever!

Drali Iridio, una vera bici aero con qualcosa in più

23.11.2025
7 min
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Drali Iridio in test. Taglia 54, 7,3 chili netti. Ruote Fulcrum da 57, pneumatici Continental, trasmissione Shimano Dura Ace. Una bici aero nata per correre.

Il soggetto è avere una bici aerodinamica, la bici protagonista è Drali Iridio. Una bici che mette da parte qualsiasi compromesso, è dedicata a chi ama spingere forte e tenere la velocità alta, una di quelle biciclette da “trattare male” per sfruttarne a pieno le potenzialità. Iridio è uno di quei mezzi che, più gliene dai e più ti dà.

Muscolosa, voluminosa e scolpita, oggettivamente bella e con molti dettagli di pregio, ricercati e distintivi che la rendono unica. L’abbiamo provata e ci ha colpito positivamente in diverse situazioni.

Drali Iridio, una vera bici aero con qualcosa in più
Geometria compatta, aggressiva, ma non estrema
Drali Iridio, una vera bici aero con qualcosa in più
Geometria compatta, aggressiva, ma non estrema

La Drali Iridio del test

Una taglia 54 con un valore alla bilancia (rilevato e senza pedali) di 7,3 chilogrammi netti, considerando anche i due portaborraccia RaceOne (non in carbonio). Un peso comunque molto contenuto se consideriamo anche le ruote Fulcrum Speed 57, un vestito perfetto per questa bici, che al tempo stesso non è votato ad una leggerezza pronunciata (è necessario sottolineare che le Speed 57 sono leggere, pur avendo un’altezza di 57 millimetri, con un peso dichiarato di poco meno di 1500 grammi). Le ruote sono gommate Continental GP5000 (copertoncino) da 28 con camera d’aria in butile.

Trasmissione Shimano Dura Ace 52-36 e 11-30 (senza power meter), la sella di Selle Italia SLR kit carbonio. Il reggisella full carbon specifico per Drali Iridio, il cockpit integrato Drali anch’esso in carbonio (bello da vedere ed anche in questo caso perfettamente in linea con il concept espresso dalla Iridio). Il prezzo di listino parte dal kit telaio ed è di 5290 euro.

Le peculiarità di telaio e forcella

Drali Iridio adotta una fibra in alto modulo (HM) con laminazione esterna MRB. Partendo dal tubo sterzo che adotta il suffisso Speed Taster. Adotta una sorta di rastrematura/svasatura centrale che si ispira ai telai in acciaio degli anni novanta e smorza leggermente la muscolarità della Iridio. Design e forme dei tubi sono influenzate dai dati NACA, con variazioni sul tema dovute alla personalizzazione fatta in casa Drali. Il seat-post è una lama se osservato frontalmente ed è assecondato da un blocchetto di chiusura integrato/nascosto nell’orizzontale. E’ disponibile con due arretramenti, 24 e zero off-set. Un buon range di scelta e la disponibilità dell’arretramento zero, a nostro parere, è fondamentale per questa categoria di bici e considerando le tendenze attuali della biomeccanica.

Il passaggio per le gomme, anteriore e posteriore è garantito fino a 34 millimetri di larghezza. Non in ultimo la forcella tutta in carbonio, con foderi sottili e arrotondati frontalmente che nella parte bassa mostra un design asimmetrico e le asole di sede dei perni sono ben fatte, integrate in modo ottimale.

Due anni di sviluppo e un blend di soluzioni

Per contestualizzare ancora meglio la Iridio abbiamo chiesto anche a Manuel Colombo di Drali, strettamente coinvolto nel processo di evoluzione dell’azienda lombarda, così come nello sviluppo di bici e tecnologie produttive.

«Tutto il processo che coinvolge la Iridio – spiega – dal suo disegno alla produzione, è complesso e molto articolato. La bicicletta non è completamente prodotta in Italia come la Opale, ma è una sorta di blend produttivo italo/asiatico. Siamo intervenuti utilizzando le nostre skills in quei punti dove siamo realmente bravi. Ci siamo avvalsi di un partner asiatico, capace di mettere sul piatto standard produttivi e di tecnologie di altissima caratura per sviluppare quelle sezioni dove le tecnologie a noi disponibili non ci permettevano di raggiungere l’eccellenza.

«Questa scelta – prosegue Colombo – non è stata dettata dal risparmio. Inoltre, Drali Iridio è stato ed è per noi un esercizio che va ben oltre il proporre una bici aero concept, ma ha l’obiettivo di accontentare l’utente considerando aspetti tecnici che non sono esclusivamente legati alla sola aerodinamica».

La nostra prova, i nostri feedback

E’ rigida e si sente parecchio, super performante anche per quello che concerne le geometrie. Ha un angolo del piantone molto dritto e uno sterzo piuttosto verticale che contribuisce ad accorciare il passo complessivo della bici al di sotto del metro di lunghezza. Per essere una taglia 54 di categoria aero, la Iridio è una bici corta. Agile e super scattante in diverse situazioni, ma è sulla capacità di mantenere alta la velocità il frangente dove fa la differenza. E’ bella tosta sull’anteriore, quanto sulla sezione centrale e in tutto il retrotreno.

Paga qualcosa in salita quando le pendenze vanno in doppia cifra per lunghi tratti, ma diciamo che non è il suo ambiente ideale e non è pensata per stare troppo tempo con il naso all’insù. Per avere una sorta di doppio confronto, l’abbiamo usata anche con ruote da 55 (le DT Swiss ARC 1100 Dicut di nuova generazione), oltre ad averla provata con un profilo da 45. Pensiamo al tempo stesso che proprio un cerchio da 45 sia il limite da considerare per la Iridio, scendere ulteriormente significherebbe snaturare il carattere della bicicletta.

Stabilità da primato, quasi inaspettata in discesa e nei cambi di traiettoria repentini. Inaspettata non perché la bici si mostri fuori equilibrio, semplicemente perché la rigidità ha un prezzo e una bici aerodinamica non è scontato che sia così stabile, precisa e anche facile da portare alla corda (in tutta sicurezza) come lo è la Iridio.

In conclusione

Gran bel mezzo, bici aero superlativa e super tirata in fatto di resa tecnica. Rigida e tanto grintosa, con una geometria marcatamente corsaiola che non lascia nulla al caso, non lascia nulla per strada. Non è una bici da passeggio ed una di quelle biciclette da vestire con l’abito adeguato, ovvero le ruote medie/alte. La performance che mette sul piatto va ben oltre il valore della bilancia e per sfruttarla al pieno delle potenzialità bisogna avere qualche malizia, far correre la bici e avere qualche watt aggiuntivo nelle gambe per stare su di giri.

Drali Milano

Festa A&J, Carera, 2025, Erbusco, Tadej Pogacar, simulatore contro Antonio Tiberi

Un Pogacar esclusivo, dal padel ai sogni di campione

23.11.2025
8 min
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ERBUSCO – Quando uno ha l’iride che gli brilla addosso non se ne vuole mai separare. Nemmeno a padel, Tadej Pogacar si è discostato di quei colori che indossa oramai dall’autunno 2024. Anzi, se li è fatti pitturare sui bordi della racchetta realizzata da MET che ricorda i grandi successi ottenuti proprio in quella stagione. Occorrerà aggiornare la grafica con qualche stella, vista la perla aggiunta nel 2025, ovvero il titolo europeo. 

La collezione del re sloveno, anno dopo anno, si arricchisce di nuovi traguardi e già tutti sanno quali sono le gemme che ha messo nel mirino per quello venturo, ovvero quelle che ha sfiorato la scorsa primavera: Milano-Sanremo e Parigi-Roubaix. Questo weekend, tra una partita e una sfida al simulatore Red Bull, la leggenda vivente del ciclismo ci ha raccontato di come ha ricaricato le pile in vista delle nuove sfide.  

Il punto di riferimento di Tadej Pogacar è sempre la compagna Urska Zigart
Il punto di riferimento di Tadej Pogacar è sempre la compagna Urska Zigart
Il punto di riferimento di Tadej Pogacar è sempre la compagna Urska Zigart
Il punto di riferimento di Tadej Pogacar è sempre la compagna Urska Zigart

Contro Tiberi e Milesi al simulatore

Nella festa organizzata da A&J All Sports, è stato bello vedere l’asso del UAE Team Emirates XRG scendere in campo prima con il connazionale e astro nascente Jakob Omzrel (trionfatore al Giro NextGen 2025) e poi con un altro campione del mondo, Thor Hushovd. C’è da dire che, almeno sul campo da padel, era il norvegese a dettare i tempi, con tocchi da giocatore esperto. Soprattutto faceva effetto vedere che Tadej l’alieno sia un ragazzo come tanti nella vita quotidiana lontana dalla bicicletta. Con qualche colpo a vuoto con la racchetta come un qualunque giocatore della domenica o sorridente al volante pure quando prima Lorenzo Milesi e poi Antonio Tiberi l’hanno superato nelle sfide al simulatore della Formula 1.

Il manager Alex Carera se lo coccola: «E’ lo stesso ragazzo del 2019 e la nostra relazione non è cambiata di una virgola rispetto ad allora. Semmai, è molto più richiesto, perché è decisamente più famoso di allora, ma cerca di mantenere la stessa semplicità di sempre».

Un campione immenso, una vita normale

Come se non bastasse, quando non si parla di ciclismo, Pogi è più loquace del solito: «Mi sono divertito un sacco a giocare con Thor. Ringrazio Alex e Johnny per aver reso così bello tutto questo evento. Divertente per una volta trovare il tempo di giocare a padel con altri colleghi ciclisti che condividono la stessa agenzia di management. Grazie a Thor qualche partita l’abbiamo vinta, ma purtroppo non sono riuscito a supportarlo a dovere e, per colpa mia, non abbiamo vinto il torneo, però è stato molto bello. Al simulatore, è stata molto avvincente la sfida finale con Tiberi, con sorpassi e controsorpassi nel giro conclusivo, ma lui è stato più bravo, riuscendo a superarmi proprio all’ultima curva. Nel complesso, è stata davvero una grande giornata».

D’altronde, dopo un 2025 a tutta, in cui gli obiettivi sono stati centrati, ma a volte con un grande dispendio di energie mentali, come ad esempio al Tour quando il ginocchio dava parecchi grattacapi, Tadej aveva tantissima voglia di staccare un po’ la spina. «Ho provato tantissime cose diverse, come avete visto ad esempio in questa giornata, nulla di speciale, un po’ quello che fanno tutti i ragazzi della mia età», ci ha raccontato. Il suo punto di riferimento è sempre Urska che si è divertita anche lei a cimentarsi nel padel così come altre colleghe, tra cui Elisa Balsamo. 

Un’altra cosa che stupisce è che, nonostante l’assalto degli appassionati presenti all’Hub 4.0 (il circolo di padel di Rovato dove è cominciata la festa), Tadej abbia concesso foto e autografi a tutti quelli che gliel’hanno chiesto. Dai più piccini ai più grandi, senza dimenticare un tifoso speciale come Ernesto Colnago, passato a salutare il suo talento sul finire del pomeriggio e a farsi firmare qualche maglia iconica di questa incredibile stagione.

Più avvezzi al padel, Hishovd, Alex Carera e persino Ciccone: decisivi i consigli di Sinner?
Più avvezzi al padel, Hushovd, Alex Carera, Beñat Intxausti (ex maglia rosa) e persino Ciccone: decisivi i consigli di Sinner?
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Primo ritiro a Benidorm

La prossima stagione scatterà ufficialmente il 10 dicembre da Benidorm (proprio dove Bugno bissò il suo titolo iridato) con il raduno della squadra. Ecco però che, quando si torna a parlare di ciclismo, Tadej cambia modalità e si fa subito serio, perché quando sale in sella non è uno che scherza.

«La mia stagione sarà divisa in due, prima le classiche, dopodiché la seconda parte sarà in funzione del Tour de France».

Come ci ha raccontato il ds Fabio Baldato all’ultimo Lombardia, Tadej nel 2025 ha attaccato tutte le volte che si è trovato da solo. Ma come fare a cogliere le due Monumento che mancano alla collezione? Tadej punta sull’ostinazione.

«In corse come la Sanremo e la Roubaix – dice – non è che servano troppe tattiche, bisogna soltanto andare e provarci. E, nel caso non funzioni, riprovarci ancora. Per ogni corsa la preparazione è differente e questo vale anche per corse iconiche come queste in cui la preparazione è differente rispetto a quella per il Tour. Abbiamo dei piani in mente, ma non abbiamo ancora studiato il calendario, ne parleremo tra qualche settimana quando ci raduneremo in Spagna». 

Lo scatto di Pogacar sulla Cipressa è stato il più duro da contrastare, ma in cima Ganna era in scia
Pogacar ha ammesso che Ganna e Van der Poel alla Sanremo lo spingono verso un livello sempre più altro
Pogacar ha ammesso che Ganna e Van der Poel alla Sanremo lo spingono verso un livello sempre più altro

Mental coach: no, grazie

Ciò che sembra sempre più possibile è che il suo esordio venga ritardato direttamente a marzo alle Strade Bianche, altra corsa che adora (come si vede dalla sua racchetta da padel) e che ha conquistato già tre volte. Nel ciclismo moderno, in cui si parla sempre più di numeri, Tadej prova a quantificare, ad esempio quello dell’ultima impresa dello scorso 11 ottobre che gli ha permesso di eguagliare nientemeno che Fausto Coppi.

«In una corsa come il Lombardia – dice – si bruciano più di 1000 KJ all’ora. Dunque, visto che lo sforzo dura in media sulle 6 ore o 6 ore e mezza, si può arrivare fino a 6500 KJ in totale. Direi che sono un bel po’». Alla domanda sull’idea o meno di avvalersi di un mental coach per lui che è sempre circondato da un bel carico di stress risponde secco: «No».

Tadej Pogacar, Roubaix 2025
Non esiste una strategia particolare per vincere la Roubaix: andare, provarci e riprovarci
Non esiste una strategia particolare per vincere la Roubaix: andare, provarci e riprovarci

Contro Ganna e Van der Poel

La lezione imparata dalla Sanremo 2025 e dal duello con Ganna e Van der Poel? «Che è molto difficile da vincere. Loro costringono me ad alzare il livello ogni anno, ma penso di costringerli anch’io a fare altrettanto. E’ un bello stimolo per tutti». Nibali consiglia di non essere ossessionato dalla Classicissima perché soltanto così è riuscito a vincerla, Hushovd rimane ammirato dal fatto che un corridore da Grandi Giri come Pogacar si sia trasformato in un cacciatore di classiche. «Davvero sensazionale quello che sta facendo», ci racconta il campione del mondo 2010 quando ci spostiamo alla serata nel non lontano club di Erbusco.

Anche qui è sempre Tadej il più atteso e la sua entrata in scena è degna dei divi di Hollywood, con gli speaker che continuano a elencare il suo sconfinato palmares mentre scende la scalinata e raggiunge il palcoscenico principale. Davvero comprensibile come spesso anche lui ami soltanto isolarsi e vivere la vita da ragazzo normale. Lo sloveno però non si tira indietro e si concede all’abbraccio del pubblico, firmando una maglia anche a un altro campione del mondo sulle due ruote, ma col motore: il centauro Marco Melandri. 

L'incontro con Marco Melandri, la conoscenza e l'autografo sulla maglia
L’incontro con Marco Melandri, la conoscenza e l’autografo sulla maglia
L'incontro con Marco Melandri, la conoscenza e l'autografo sulla maglia
L’incontro con Marco Melandri, la conoscenza e l’autografo sulla maglia

Una UAE diversa

Per quanto riguarda il Giro d’Italia, Tadej sposta il suo ritorno alla Corsa Rosa dal 2027 in avanti. «Sicuramente tornerò al Giro, mi piacerebbe moltissimo, ma la strada è ancora lunga. Adoro correre in Italia e sentire gridare il mio nome ed avere quell’accoglienza sulla Boccola come accaduto all’ultimo Lombardia è un qualcosa che mi carica moltissimo». E, a precisa domanda dei colleghi, non chiude la porta nemmeno all’incredibile ipotesi di disputare tutti e tre i Grandi Giri nello stesso anno. D’altronde, per un collezionista come lui, anche la Vuelta è un diamante ancora assente.

Certamente sarà una UAE differente con la partenza di Ayuso verso la Lidl-Trek dopo la burrascosa Vuelta, l’addio di un gregario fedele come Majka e l’ascesa del discepolo Isaac Del Toro.

«Abbiamo una squadra fortissima. Sono contento dell’atmosfera che si respira nel nostro team – racconta ancora Tadej – e della relazione con i miei compagni». Poi ricorda il compagno festeggiato al Lombardia del mese scorso: «E’ stato fantastico correre con Rafa e abbiamo condiviso splendidi momenti e vittorie insieme. Ho imparato tantissimo da lui, sicuramente sentirò la sua mancanza, ma sono felice che abbia avuto una carriera strepitosa e sono fiero di esserne stato parte».

La salita preferita di uno che spiana qualunque pendenza? «Sinceramente non ne ho una particolare in corsa, perché in quel momento mi concentro solo su quello che sto facendo e a tirare fuori il meglio. Ci sono tanti posti però che adoro percorrere in allenamento. La Costa Azzurra offre tantissime opportunità e sono fortunato a vivere in posti così belli». Lo lasciamo agli ultimi momenti tranquilli con la sua giacca in tartan, che in queste ore ha già messo da parte per tornare a vestire l’amato completo iridato. Sanremo, Roubaix e Tour del 2026 non aspettano.

I fratelli Fiorin, uniti da un cambio importante

Fratelli Fiorin, l’anno di una svolta importante

22.11.2025
7 min
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Due fratelli, uniti dalla stessa passione, dalla stessa doppia scelta strada-pista, ultimamente anche dalla necessità di cambiare squadra il che non è sempre un passaggio leggero per le sue implicazioni. Matteo e Sara Fiorin si ritrovano ad attendere il via del 2026 con tanti punti in comune. Lontani geograficamente, indirizzati verso obiettivi differenti ma legati come solo chi ha lo stesso sangue può essere.

Matteo in questa settimana è impegnato alla Sei Giorni di Gand, nella prova U23 con Davide Stella e la sua presenza non è casuale: «Per me è la prima volta qui e si sente che l’atmosfera è diversa da ogni altra gara su pista. Speriamo nei prossimi anni di correre anche quella elite, perché c’è un seguito fantastico».

La vittoria di Matteo Fiorin alla Vicenza-Bionde, la seconda nel giro di 24 ore
La vittoria di Matteo Fiorin alla Vicenza-Bionde, la seconda nel giro di 24 ore
La vittoria di Matteo Fiorin alla Vicenza-Bionde, la seconda nel giro di 24 ore
La vittoria di Matteo Fiorin alla Vicenza-Bionde, la seconda nel giro di 24 ore
Come giudichi in generale la tua stagione, sia per la strada che per la pista?

Bisogna fare due discorsi distinti. Per quanto riguarda la strada, di sicuro non è stato un inizio stagione ricco di soddisfazioni, nel senso che speravo di riuscire a vincere prima del 25 aprile quando ho vinto la prima corsa. E’ stato un anno dove sono migliorato tanto perché ho avuto la possibilità di allenarmi, cosa che l’anno scorso non era successa perché sono stato fermo parecchio tempo a causa degli infortuni. Ho raggiunto una buona condizione fino a inizio agosto, ma non ho avuto impegni per sfruttarla, poi a inizio settembre in una gara di rifinitura a Verona sono caduto, mi sono rotto la clavicola e lì è finita la mia stagione.

E per la pista?

Da inizio giugno in poi mi ci sono dedicato molto, anche perché gli impegni su strada scarseggiavano e quindi Salvoldi mi ha dato tanto spazio, mi ha fatto correre molto in giro per l’Europa e sono arrivati i risultati, come il bronzo nell’inseguimento a squadre al campionato europeo U23 di Anadia, quindi posso essere solo che contento. Dopo l’europeo ho fatto due 6 giorni, a Pordenone e Fiorenzuola e ho notato di essere migliorato davvero tanto su quel tipo di sforzo in pista di nelle gare di gruppo. Penso che sia la strada giusta.

Dopo l'esperienza all'europeo di febbraio, Matteo puntava ai mondiali, sfumati per un infortunio
Dopo l’esperienza all’europeo di febbraio, Matteo puntava ai mondiali, sfumati per un infortunio
Dopo l'esperienza all'europeo di febbraio, Matteo puntava ai mondiali, sfumati per un infortunio
Dopo l’esperienza all’europeo di febbraio, Matteo puntava ai mondiali, sfumati per un infortunio
Quando hai cominciato a pensare al cambio di società?

E’ una scelta maturata abbastanza naturalmente, visto che la MBH Bank, passando fra le professional, ha dovuto fare delle scelte. Io non sono riuscito a esprimere al meglio le mie potenzialità, quindi non si è mai concretizzata la possibilità di passare professionista. Quando poi sono stato contattato dalla Solme Olmo sapevo che aveva preso molti miei compagni di nazionale in pista, quindi ho pensato che fosse la scelta migliore.

E’ un po’ una scelta presa in comune accordo anche con Salvoldi, per potervi avere sotto mano con più facilità?

Credo che Giampietro Forcolin parlasse più dei ragazzi Arvedi che ha preso. E’ certo però che non avrò bastoni fra le ruote quando chiederò di andare in pista, ma non li ho mai avuti neanche quest’anno, quindi da quel punto di vista cambierà poco per me. E per quanto riguarda invece il discorso strada, magari avrò più occasioni di emergere con un treno ben strutturato. Ovviamente bisognerà trovare quell’intesa che serve, poi non sono l’unico velocista, quindi dovremmo anche fare delle scelte fra me, Anniballi e Fantini, ma ci conosciamo da tempo e non ci saranno problemi per decidere chi dovrà fare la volata e chi dovrà tirarla.

Durante l'estate il corridore di Seveso ha gareggiato molto su pista in tutta Europa
Durante l’estate il corridore di Seveso ha gareggiato molto su pista in tutta Europa
Durante l'estate il corridore di Seveso ha gareggiato molto su pista in tutta Europa
Durante l’estate il corridore di Seveso ha gareggiato molto su pista in tutta Europa
Cambiate squadra sia te che tua sorella, chi dei due si sente un po’ più ad affrontare un salto nel buio?

Sono due situazioni diverse, non ne abbiamo parlato. Lei viene da una WorldTour che è fallita, quindi è stata una scelta obbligata. Per quanto riguarda il salto nel buio, di sicuro nessuno ha la possibilità di fare una scelta sapendo effettivamente a cosa andrà incontro. Credo che tutti i cambi di casacca abbiano delle incognite.

Cosa ti aspetti ora dalla nuova stagione?

L’infortunio di settembre mi ha rovinato i piani, impedendomi di poter andare ai mondiali di Santiago. Dove avrei potuto provare a giocarmi un posto, anche se fortunatamente la concorrenza in questo momento è molto alta. Vorrei per questo ancor più partecipare all’europeo a inizio febbraio, perché sono più avanti nella preparazione rispetto a tutti, a causa dell’infortunio ho praticamente fatto un’off season molto anticipata. E quindi credo di poter arrivare con una buona condizione all’europeo. Su strada potermi giocare le carte in ogni volata a cui partecipo.

Un solo anno alla Ceratizit, poi i guai economici hanno costretto Sara Fiorin a cambiare ancora
Un solo anno alla Ceratizit, poi i guai economici hanno costretto Sara Fiorin a cambiare ancora
Un solo anno alla Ceratizit, poi i guai economici hanno costretto Sara Fiorin a cambiare ancora
Un solo anno alla Ceratizit, poi i guai economici hanno costretto Sara Fiorin a cambiare ancora

Sara va in Spagna, ma sarà come casa

Matteo giustamente sottolinea come le premesse per il cambio di squadra siano diverse, Sara è stata quasi costretta a trovarsi un nuovo team, approdando alla Laboral Kutxa. Lei comunque cerca di prenderla con filosofia: «In realtà mi sono trovata bene avevo preso le misure a questo mondo già dalla UAE, quindi non mi sono trovata in un ambiente totalmente nuovo. La stagione era iniziata alla grande, avevo fatto buoni piazzamenti all’UAE Tour, ho viaggiato tantissimo e devo ritenermi soddisfatta anche con la vittoria in El Salvador il 5 aprile».

Poi cosa è successo?

Al Giro d’Italia io puntavo alle tappe piatte, ce n’erano due e sono rimasta un po’ delusa dalla tappa con il passo del Tonale perché dopo essere rientrata nel gruppo, c’è stata la caduta in rotonda e fortunatamente non sono andata per terra. Sono riuscita a rimanere in piedi, ma il gruppo per la vittoria era ormai andato e mi è un po’ dispiaciuto perché un bel piazzamento secondo me sarei riuscita a portarlo a casa. Nella seconda tappa piatta invece non avevo proprio le gambe.

Il Giro Women è stato sfortunato, con la tappa alla quale puntava sfuggita per una caduta
Il Giro Women è stato sfortunato per Sarà Fiorin, con la tappa alla quale puntava sfuggita per una caduta
Il Giro Women è stato sfortunato, con la tappa alla quale puntava sfuggita per una caduta
Il Giro Women è stato sfortunato, con la tappa alla quale puntava sfuggita per una caduta
Poi però sei scomparsa dal calendario, una sola gara in Maryland…

La settimana dopo avevo l’europeo su pista ad Anadia, dove ho chiuso seconda nello scratch. Poi non avevamo più gare, la squadra si è trovata in difficoltà. Io ho fatto qualche gara su pista in estate e avrei dovuto finire lì, per l’America sono stata chiamata il giorno prima di partire perché una mia compagna si è sentita male.

Il contatto con la formazione basca quando è nato?

Fine settembre. Mi avevano già cercato l’anno scorso e mi ha fatto davvero piacere che si siano ricordati, vuol dire che credono nelle mie potenzialità e vedono in me una buona opportunità.

Quanto ha influito il fatto che si sta costruendo lì, nella squadra dei Paesi Baschi, un nocciolo importante tutto italiano?

Ci ho pensato, è una cosa che mi rende anche un po’ più tranquilla. Il fatto di poter parlare la mia lingua fa sempre piacere in squadra. Anche perché quest’anno ero l’unica italiana. Avere qualche compagna è sempre bello, soprattutto perché vivono anche vicino a me, quindi avrò l’occasione di allenarmi spesso con loro.

Sara Fiorin sul podio agli europei U23 di Anadia, argento nello scratch dietro la Brautigam (GER)
Sara Fiorin sul podio agli europei U23 di Anadia, argento nello scratch dietro la Brautigam (GER)
Sara Fiorin sul podio agli europei U23 di Anadia, argento nello scratch dietro la Brautigam (GER)
Sara Fiorin sul podio agli europei U23 di Anadia, argento nello scratch dietro la Brautigam (GER)
Nella scelta del team quanto ha influito anche la possibilità che ti lascino fare la pista?

E’ un argomento che tiro sempre fuori in sede di contrattazione, perché è una cosa a cui tengo molto, la pratico fin da bambina e abbiamo esempi in Italia che dimostrano che si possa integrare bene con la strada. Nella squadra basca non ci sono molte altre che la fanno, ma per loro conta che non intacchi il calendario del team. Appena sapremo anche gli impegni su pista mi gestirò per fare il meglio in entrambe le situazioni.

La squadra nella quale sei entrata è veramente una multinazionale, perché ci sono molte nazioni che ne fanno parte e il gruppo italiano è quello più ricco, anche più delle spagnole stesse…

Io mi aspetto due anni di crescita in cui vorrei un po’ sistemare ogni tassello, a partire dalla preparazione, dalla nutrizione, anche a livello mentale. La preparazione è già avviata, ho anche cambiato preparatore e mi sto trovando molto bene. Sono sicura e fiduciosa che sia l’anno del grande salto di qualità.

Con Matteo vi trovate a cambiare squadra su basi differenti. Vi siete confrontati su questo tema?

No, sinceramente non ne abbiamo parlato, forse perché è avvenuto abbastanza naturalmente. L’ho visto molto tranquillo, poi è più bravo di me ad adattarsi alle nuove situazioni. E’ una sfida come lo è ogni cambiamento, che per me può sempre portare a qualcosa di buono.

Analisi dell’attività Allievi, dove gli schemi stanno cambiando

Analisi dell’attività allievi, dove gli schemi stanno cambiando

22.11.2025
5 min
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Il ciclismo corre e cambia i suoi connotati. Fino a pochi anni fa si dava poco risalto alle gare per allievi sottolineando come in quella dimensione l’aspetto ludico dovesse mantenere la preminenza. E’ ancora così? Molti lo dicono, ma alla resa dei conti, assistendo alle gare, ci si accorge che ormai la categoria è vista come un vero e proprio antipasto degli juniores, come una porta d’accesso al ciclismo che conta.

La volata tricolore che ha premiato Tommaso Cingolani, già 1° nella crono, su Ceccarello e Fiorini
La volata tricolore che ha premiato Tommaso Cingolani, già 1° nella crono, su Ceccarello e Fiorini
La volata tricolore che ha premiato Tommaso Cingolani, già 1° nella crono, su Ceccarello e Fiorini
La volata tricolore che ha premiato Tommaso Cingolani, già 1° nella crono, su Ceccarello e Fiorini

Ragazzini, ma dal fisico già strutturato

Ecco così che tutti quei principi di base, come il fatto che a quel livello il lavoro di squadra è ancora un concetto astratto, perdono valore. La categoria sta cambiando, non a caso i procuratori guardano già con sempre maggiore interesse a quanto avviene a quei livelli, vanno a caccia di talenti, ma il problema rimane sempre lo stesso: ci si dimentica spesso che la maturazione non ha gli stessi tempi per tutti

Innanzitutto dal punto di vista fisico: chi gira per le gare degli allievi si accorge che ci sono ragazzi di 15-16 anni già formati, strutturati e che sfruttano questo vantaggio fisico per emergere. Ma la maggior parte non è così, è ancora lontana dal raggiungere la sua conformazione ideale e definitiva: chi dà a questi il tempo di farlo? Il rischio di perdere di vista talenti importanti è concreto e il ciclismo italiano non può permetterselo.

In 336 gare si sono registrati 128 vincitori diversi e 266 ciclisti sul podio. Primato di presenze per Agnini, Alessiani ed Endrizzi con 21
In 336 gare si sono registrati 128 vincitori diversi e 266 ciclisti sul podio. Primato di presenze per Agnini, Alessiani ed Endrizzi con 21
In 336 gare si sono registrati 128 vincitori diversi e 266 ciclisti sul podio. Primato di presenze per Agnini, Alessiani ed Endrizzi con 21
In 336 gare si sono registrati 128 vincitori diversi e 266 ciclisti sul podio. Primato di presenze per Agnini, Alessiani ed Endrizzi con 21

Si gareggia troppo?

Non è questo l’unico rischio: c’è anche il fatto che il calendario, stretto com’è nella fascia tra marzo e ottobre, è sovrabbondante. Abbiamo preso in esame 336 gare, se poi si considera che molti (per fortuna…) fanno anche altre attività, come il ciclocross invernale oppure la mountain bike in alternativa, ci si accorge che i ragazzi sono impegnati praticamente tutti i fine settimana. Ma parliamo di ragazzini impegnati con la scuola, che tra allenamenti e gare vivono un impegno alternativo che riempie le loro giornate. Forse anche troppo…

E’ un problema solo italiano? Assolutamente no. Una considerazione che emerge guardando la stagione è che ormai abbiamo una categoria che è copia conforme a quella successiva. Squadre di riferimento assoluto, trasferte in giro per l’Italia a ogni pié sospinto, ma c’è un altro dato che emerge: i confronti sempre più frequenti con gli stranieri. In Italia in questa stagione sono emersi spesso nuovi talenti sloveni, come quel Maks Olenik vincitore dell’ultima Coppa d’Oro battendo un suo connazionale. Le imprese di Pogacar stanno facendo proseliti, il movimento locale è in forte incremento come nel tennis avviene anche da noi

Maks Olenik vincitore della Coppa d'Oro su Keun, suo connazionale. Gli sloveni hanno vinto più gare in Italia (foto Mosna)
Maks Olenik vincitore della Coppa d’Oro su Keun, suo connazionale. Gli sloveni hanno vinto più gare in Italia (foto Mosna)
Maks Olenik vincitore della Coppa d'Oro su Keun, suo connazionale. Gli sloveni hanno vinto più gare in Italia
Maks Olenik vincitore della Coppa d’Oro su Keun, suo connazionale. Gli sloveni hanno vinto più gare in Italia (foto Mosna)

Le squadre di riferimento

L’analisi della stagione dice che ci sono squadre che rappresentano i fari della categoria allievi, portando a casa la maggior parte delle vittorie. Come la Petrucci Zero24 e il Team Iperfinish che spesso finiscono per accaparrarsi podi popolati solamente da loro rappresentanti. Questo significa che già a quell’età si fa la corsa per entrare in quei contesti, dove c’è anche una forte concorrenza interna. Come in ogni cosa, è un fattore che può avere una valenza positiva o negativa, dipende da come lo si guarda.

Che non si possa più parlare di una categoria dove l’agonismo e l’aspetto tecnico sono in secondo piano passa anche dall’evoluzione delle corse a tappe, in importante sviluppo. E che danno responsi importanti, ad esempio mettendo in evidenza Andrea Endrizzi, corridore del VC Marostica vincitore de Le Fiumane, prova su 5 frazioni e poi terzo al Giro delle Tre Province, vinto da Andrea Gabriele Alessiani.

Il podio de Le Fiumane, corsa a tappe vinta da Andrea Endrizzi su Zanei e Brustia
Il podio de Le Fiumane, corsa a tappe vinta da Andrea Endrizzi su Zanei e Brustia
Il podio de Le Fiumane, corsa a tappe vinta da Andrea Endrizzi su Zanei e Brustia
Il podio de Le Fiumane, corsa a tappe vinta da Andrea Endrizzi su Zanei e Brustia

Il primatista delle vittorie

Il portacolori del Petrucci Zero24 Cycling Team è  sicuramente il corridore che si è messo più in luce in questa stagione: primatista di vittorie fra gli allievi con 11 successi, trionfatore al Gran Premio Liberazione a Roma, Alessiani rappresenta pienamente il discorso fatto prima, con uno sviluppo fisico prepotente tanto che a guardarlo si pensa di essere davanti a uno junior già formato e pronto per il grande salto.

E’ proprio in casi come il suo che bisogna lavorare di cesello, evitando la facile tentazione di fargli saltare le tappe. In fin dei conti, se si dice che è dagli juniores che si comincia a fare sul serio, una ragione ci sarà…

Alessiani vincitore del Liberazione a Roma. Un fisico già definito, che lo fa emergere in molti ambiti tecnici
Alessiani vincitore del Liberazione a Roma. Un fisico già definito, che lo fa emergere in molti ambiti tecnici
Alessiani vincitore del Liberazione a Roma. Un fisico già definito, che lo fa emergere in molti ambiti tecnici
Alessiani vincitore del Liberazione a Roma. Un fisico già definito, che lo fa emergere in molti ambiti tecnici

L’effervescenza nelle Isole

Andando in profondità c’è però un altro elemento, per certi versi un po’ nascosto, che emerge ed è la forte vitalità che emerge da regioni solitamente considerate ai margini della grande attività, come Sicilia e Sardegna. Dove non solo si svolgono molte gare per allievi (magari all’interno di altre, con classifiche estrapolate) ma emergono anche buoni talenti, grazie soprattutto al fatto che c’è un forte scambio con altre regioni.

I migliori delle Isole vanno a gareggiare anche nel continente e alcune prove locali raccolgono adesioni anche da team di riferimento di altre regioni. Questo è un dato anche superiore a quanto avviene poi fra gli juniores, dove ad esempio l’attività siciliana è strettamente locale e quella sarda molto ridotta in paragone. Su questo aspetto bisognerebbe sicuramente lavorare.