Un viaggio nell’anima con Garofoli al suo primo Giro d’Italia

09.06.2025
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I giorni dopo il Giro d’Italia sono dedicati al riposo e a ritrovare le forze per la seconda parte di stagione. La Corsa Rosa chiude un capitolo e ne riapre un altro, arriva l’estate e la stagione dei Grandi Giri prende il via. Gianmarco Garofoli non fa eccezione, il marchigiano della Soudal-QuickStep dopo aver corso il suo primo Giro d’Italia in carriera si trova a casa. Appena sceso dalla bici si è sottoposto a un piccolo intervento chirurgico agli occhi. Nulla di preoccupante, un’operazione di routine che attendeva il momento giusto per essere fatta.

«Male fa male – racconta – è pur sempre un intervento all’occhio, ma dopo un paio di giorni la situazione è migliorata. Ho anche ripreso ad andare in bici, senza stress ma con l’obiettivo di recuperare al meglio per i prossimi impegni. A fine giugno sarò ai campionati italiani, non sarà un percorso adatto alle mie caratteristiche, ma credo sia un bel modo per tornare ad attaccare il numero sulla schiena».

Dopo il ritiro di Landa nella prima tappa, per Garofoli e la Soudal-QuickStep si è aperto un Giro diverso corso all’attacco
Dopo il ritiro di Landa nella prima tappa, per Garofoli e la Soudal-QuickStep si è aperto un Giro diverso corso all’attacco

Finalmente il Giro

Negli anni abbiamo imparato a conoscere Gianmarco Garofoli come un giovane arrembante e con le idee chiare. Il sogno era quello di diventare un corridore da Grandi Giri e l’obiettivo rimane quello. Nel corso delle ultime stagioni ci sono stati diversi momenti in cui le cose sono andate in maniera diversa da quanto ci si sarebbe aspettato e augurato. La forza del corridore e dell’uomo, perché intanto Garofoli è cresciuto e diventato tale, non cambia.

«E’ stato un bel viaggio – continua – ripensare a tutte le tappe e ai tanti momenti vissuti direi che è stato anche lungo, ma viverlo da dentro ha fatto sì che tutto passasse velocemente. Però una volta che mi sono fermato e ci penso, mi accorgo di aver vissuto tante emozioni, positive e negative. Per un bambino nato con il sogno di correre il Giro, è stato bello viverlo e soprattutto è stato bello correrlo. Non sono stato tra i protagonisti assoluti ma mi sono fatto vedere e ho ottenuto buoni risultati. Una delle cose più belle è aver sentito il mio nome sulle strade anche da gente che non avevi mai visto prima».

Nella tappa di Asiago con un settimo posto, Garofoli ha capito di avere le gambe giuste per provare a fare qualcosa
Nella tappa di Asiago con un settimo posto, Garofoli ha capito di avere le gambe giuste per provare a fare qualcosa
Eravate partiti con Landa capitano, ma alla prima tappa avete perso il vostro riferimento…

Sì, è stato strano all’inizio perché eravamo venuti con un obiettivo ma è sfumato presto. Ci siamo trovati a dover cambiare tutti i piani e da lì sono nate nuove opportunità sia per me che per i miei compagni. Abbiamo cercato una vittoria di tappa che purtroppo non è arrivata. Però io posso ritenermi soddisfatto perché dopo diverse cadute e qualche costola rotta sono riuscito a stare nelle fughe e ho sempre dato spettacolo.

Il ricordo che ti porti a casa da questo Giro?

Credo la tappa di Asiago, ho capito di poter avere concrete chance per vincere una tappa. Quel settimo posto mi ha dato ottime sensazioni, essere lì davanti, poi all’arrivo ero dispiaciuto perché quando vedi la vittoria così vicina ci credi. Ma non ho rimpianti, sono convinto di aver dato tutto.

Il marchigiano ha proseguito il suo Giro nonostante le tre costole rotte nella caduta di Napoli (foto Soudal-QuickStep)
Il marchigiano ha proseguito il suo Giro nonostante le tre costole rotte nella caduta di Napoli (foto Soudal-QuickStep)s
Anche perché correvi con tre costole rotte…

Dopo tutto quello che ho passato non avrei mai mollato per tre costole rotte. Forse il momento in cui ho pensato di fare un passo indietro è stato dopo la seconda caduta nella tappa con arrivo a San Valentino. La botta alla schiena si è fatta sentire, tanto che la sera sono andato in una clinica a farmi visitare, per fortuna non avevo nulla di rotto. Mi sono detto: «Continuo solo se posso fare qualcosa di buono».

Ed è arrivato il quarto posto a Sestriere…

Diciamo che ho dato un po’ un senso alla mia sofferenza. E’ stata un po’ una liberazione, soffrivo tanto e non riuscivo a pedalare bene perché mi faceva male alla schiena. La gamba destra era un po’ bloccata. La mattina stessa non avrei mai detto di poter arrivare così vicino alla vittoria ma è stata una bella sensazione.

A Sestriere il miglior piazzamento in questo Giro: quarto, alle spalle di Harper, Verre e Simon Yates
A Sestriere il miglior piazzamento in questo Giro: quarto, alle spalle di Harper, Verre e Simon Yates
Che effetto fa aver scoperto queste tue qualità durante il Giro e soprattutto aver avuto una risposta dopo tanti anni complicati?

Dentro di me ci ho sempre creduto, bisogna sempre crederci. Per me non è stato difficile correggere il Giro d’Italia con tre coste rotte e andare forte, è stato molto più difficile continuare a crederci negli anni in cui tutto era più difficile.

In una corsa difficile hai risollevato il morale della squadra?

Tutti credevamo tanto anche Paul Magnier, era al suo primo Giro ma le qualità non si discutono. Quando a Gorizia non è arrivato il risultato sperato il morale era a terra, fortunatamente nella tappa successiva ho conquistato quel settimo posto che ha risollevato un po’ gli animi. Ci siamo convinti che avremmo potuto fare ancora qualcosa di buono.

Garofoli si è detto soddisfatto anche di quanto fatto nella cronometro di Pisa, un bel segnale per il futuro
Garofoli si è detto soddisfatto anche di quanto fatto nella cronometro di Pisa, un bel segnale per il futuro
Hai colpito tutti in maniera positiva, tanto che proprio durante il Giro è arrivato il rinnovo fino al 2027…

E’ molto importante perché crede in me e mi trovo bene. Mi piace lo spirito vincente, si sente molto ed è quello che mi è mancato negli ultimi anni: andare alle corse e partire per vincere. Qui ho ritrovato la fiducia in me stesso ed è bello, spero di migliorare ancora e di ripagarli della fiducia.

Allora in bocca al lupo.

Crepi! E speriamo di sentirci presto, vorrà dire che sono andato forte!

Punti UCI al Giro. La solita regina, ma in coda non è andata male

09.06.2025
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In qualche modo, il Giro d’Italia continua a tenere banco. Un fattore che è emerso in questa edizione della corsa rosa è stato quello relativo alla questione dei punti. I famosi punti UCI che determinano la permanenza nel WorldTour, ma anche la possibilità di accedere alle wildcard 2026, restando quindi nei primi trenta del ranking mondiale.

La squadra che ha ottenuto più punti è stata, come spesso accade, la UAE Emirates, nonostante il Giro sia andato alla Visma-Lease a Bike. E infatti la squadra della maglia rosa, nel finale, ha accorciato moltissimo le distanze rispetto a quella di Del Toro.

Anche grazie a molti piazzamenti Del Toro è stato colui che durante la corsa rosa ha raccolto più punti: 1.992
Anche grazie a molti piazzamenti Del Toro è stato colui che durante la corsa rosa ha raccolto più punti: 1.992

Del Toro maglia rosa dei punti

La vittoria del Giro d’Italia, infatti, apporta ben 1.100 punti. Al secondo ne vanno 885, al terzo 750. Questo però non è bastato a Simon Yates per essere maglia rosa anche nei punteggi UCI. Grazie alla vittoria di tappa, ai giorni in maglia rosa e allla piazza d’onore a Roma, il primo è stato Isaac Del Toro. Per il messicano: 1.992 punti, contro i 1.457 dell’inglese. Terzo è Richard Carapaz (1.425 punti) e quarto Mads Pedersen (1.280). Loro sono gli unici quattro atleti ad aver superato quota mille.

In questa particolare graduatoria, il miglior italiano è stato Damiano Caruso con 800 punti, seguito da Giulio Pellizzari con 620. Chiaramente, essendo un grande Giro, la classifica finale conta moltissimo. E sia Pellizzari che Caruso si sono comportati bene. Questo spiega perché Pedersen, nonostante abbia vinto più tappe di tutti tra i nomi citati sin qui, sia “solo” quarto.

Per Mads Pedersen quattro vittorie di tappa e maglia ciclamino
Per Mads Pedersen quattro vittorie di tappa e maglia ciclamino

Lidl-Trek sul podio

Ma veniamo all’analisi della classifica a squadre per punti UCI di questo Giro d’Italia. Una classifica che, anche se non prevede una premiazione ufficiale, è molto ambita dai team. Se si tolgono le primissime squadre del ranking, anche le formazioni WorldTour vi prestano grande attenzione.

La classifica UCI oggi è davvero importante e quando si vedono due corridori dello stesso team disputare una volata, non bisogna pensare che siano sempre errori tattici. E’ il caso, per esempio, della VF Group-Bardiani alla terza tappa, quando Marcellusi e Fiorelli fecero entrambi lo sprint. E’ chiaro che, contro gente del calibro di Pedersen, sapevano che avrebbero perso al 99 per cento. Tanto valeva ottimizzare il bottino.

E questo, sia chiaro, non è qualcosa che si è visto fare solo dai ragazzi di Reverberi, e non solo al Giro. In tanti lo fanno ormai. Pensate che Sedun, uno dei dirigenti della XDS-Astana, a Viareggio ci disse come finalmente potevano rifiatare un po’ e permettersi di iniziare a puntare a qualche vittoria, ora che la situazione del team era migliorata.

«A lungo – ha rivelato Sedun – ho dovuto dire ai miei che sarebbe stato meglio fare terzo, quinto e settimo, piuttosto che lottare per la vittoria. Non è bello, è vero, ma così facendo ci siamo ripresi».

SQUADRANAZIONEPUNTI
1. UAE Team Emirates – XRGEmirati Arabi Uniti3.264
2. Visma – Lease a Bike  Olanda3.098
3. Lidl – TrekStati Uniti2.135
4. EF Education – EasyPosStati Uniti1.695
5. Bahrain – VictoriousBahrain1.429
6. XDS – AstanaKazakistan1.417
7. Ineos GrenadiersRegno Unito1.257
8. Red Bull – BoraGermania1.192
9. Israel – Premier TechIsraele1.090
10. Picnic PostNLOlanda1.069
11. Movistar TeamSpagna992
12. Decathlon-Ag2RFrancia800
13. Tudor Pro Cycling TeamSvizzera724
14. Soudal Quick-StepBelgio690
15. Alpecin – DeceuninckBelgio680
16. Jayco AlUlaAustralia612
17. Q36.5 Pro Cycling TeamSvizzera577
18. Polti VisitMaltaItalia412
19. VF Group – BardianiItalia400
20. CofidisFrancia325
21. Arkéa – B&B HotelsFrancia264
22. Groupama – FDJFrancia245
23. Intermarché – WantyBelgio190
La graduatoria dei punti UCI raccolti durante il Giro d’Italia 2025 (fonte ProCycling Stats)

Intermarché maglia nera

Quindi, la classifica UCI a squadre del Giro è andata alla UAE Emirates, seguita dalla Visma-Lease a Bike e dalla Lidl-Trek. Alla squadra di Guercilena va il plauso di essere arrivata così in alto senza un uomo di classifica. Ma hanno vinto sei tappe e la maglia ciclamino, che vale 180 punti, come una vittoria di tappa.

Sempre per questo motivo, al quinto posto si trova proprio la XDS-Astana: nessun uomo tra i primi dieci in generale, ma una vittoria di tappa (con doppietta Scaroni-Fortunato) e la maglia blu portata a casa. Senza contare i tanti piazzamenti.

Scendendo ai piani bassi delle 23 formazioni in corsa, chiude la graduatoria la Intermarché-Wanty con appena 190 punti. Al penultimo posto troviamo la Groupama-FDJ che, al netto delle fughe dei volenterosi Lorenzo Germani ed Enzo Paleni, ha raccolto davvero pochino. Al terzultimo posto c’è l’Arkéa-B&B Hotels sollevata in extremis dal secondo posto di Verre al Sestriere, che è valso 130 punti al team bretone. Senza quello, sarebbe stata ultima. Quello di Verre è stato l’unico piazzamento rilevante.

E a proposito di francesi, al quartultimo posto troviamo un altro team d’Oltralpe: la Cofidis. Possiamo dire che i francesi non sono venuti al Giro con le migliori intenzioni? Giudicate voi…

Marcellusi e Maestri rispettivamente di VF Group-Bardiani e Polti-VisitMalta in azione sulle strade del Giro
Marcellusi e Maestri rispettivamente di VF Group-Bardiani e Polti-VisitMalta in azione sulle strade del Giro

Il derby italiano

E veniamo alle italiane. Le squadre impegnate al Giro erano solo due: la Polti-Kometa e la VF Group-Bardiani. Due organici simili per qualità, almeno nella formazione schierata nella corsa rosa.

Alla fine hanno concluso rispettivamente al 18° e al 19° posto, con appena 12 punti di differenza: 412 punti per la Polti, 400 per la VF Group. La Polti si è avvalsa del piazzamento di Davide Piganzoli, 14° nella generale, che ha fruttato 90 punti, e soprattutto del secondo posto di Maestri a Cesano Maderno: altri 130 punti.

Più omogenea la distribuzione dei punti in casa VF Group, con Fiorelli, Marcellusi e Magli. E a proposito di Marcellusi: senza il declassamento della terza tappa in Albania, il bottino sarebbe stato più ricco e le posizioni tra i due team si sarebbero invertite.

Ma per valutare bene questa classifica bisogna guardare anche oltre il Giro. E quest’anno, tutto sommato, non è andata male per chi lotta nelle retrovie. Nel caso delle due italiane, hanno rosicchiato punti e posizioni rispetto alla Solution Tech-Vini Fantini, relegandola al 31° posto nella graduatoria annuale per team, nonostante le ottime prestazioni in Asia. Tra l’altro un 31° posto che la porrebbe fuori dal computo delle wildcard 2026.

In chiave WorldTour, invece, la Lotto non è andata fortissimo nei giorni del Giro come in altre occasioni. Quindi, nonostante Cofidis, Jayco-AlUla e PicNic-PostNL non abbiano brillato (anche se poi il team olandese ha vinto una tappa con Van Uden) hanno comunque messo da parte punticini preziosi. Tuttavia con la XDS-Astana in risalita, oggi la Cofidis sarebbe fuori dal WorldTour.

EDITORIALE / C’è ancora posto per Ayuso alla UAE?

09.06.2025
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Caro Ayuso, ti scrivo dopo il Giro d’Italia, perché questo mi offre il modo per allargare lo sguardo sulla direzione del ciclismo. Scrivo a te perché la tua situazione è per me emblematica e scusatemi tutti se anche questa volta scrivo in prima persona.

Caro Ayuso, dicevamo, hai 22 anni e tanta voglia di correre e vincere: correre per vincere, quantomeno, perché non sempre le due azioni coincidono. La tua ambizione è evidente, l’avevamo annotata sin da quando sbranavi le corse U23 con la maglia della Colpack e temiamo che questo non ti abbia creato grosse simpatie. Sennò come si spiega che al Giro tutti i compagni si siano schierati spontaneamente dalla parte di Del Toro? A Siena erano tutti felici per lui, anche quelli che avevano pedalato con te cercando di guadagnare su Roglic (in apertura lo spagnolo in azione sulla salita finale).

Il tuo contratto con il UAE Team Emirates-XRG arriva fino al 2028 e si suppone che sia anche piuttosto profumato, altrimenti come si spiega la clausola rescissoria di cui si va raccontando? Magari sono chiacchiere da bar, ma l’ammontare sussurrato nei capannelli fra giornalisti è da capogiro: chi vuoi che possa pagarla?

Tutela o prigione?

Sei blindato, tutelato, garantito, forse persino imprigionato per altri tre anni e mezzo. Nessuno ti ha costretto a firmare e ha ragione Martinelli a chiedersi se la squadra abbia pensato a dove metterti e tu abbia chiaro dove vorresti trovarti.

Quando il tuo contratto sarà scaduto, avrai 26 anni: gli stessi di Pogacar adesso. Sarai ricco, più maturo, ma forse non avrai nel tuo carnet tutte le esperienze che avresti altrove. Il contratto di Tadej arriva fino al 2030 e a lui spetta la prima scelta. Quello di Del Toro, che ne ha 21, arriva al 2029. Al 2030 arrivano invece i contratti di Pablo Torres (19 anni) e di Jan Christen (20 anni). Senza guardare Almeida e Yates, abbiamo fatto i nomi dei futuri talenti della squadra con cui, pur con uno step di vantaggio, dovrai dividerti le corse.

Pare che dopo le incomprensioni del Galibier al Tour 2024, il rapporto fra Pogacar e Ayuso si sia incrinato fortemente
Pare che dopo le incomprensioni del Galibier al Tour 2024, il rapporto fra Pogacar e Ayuso si sia incrinato fortemente

Opzione Movistar?

Quest’anno sei partito come capitano per il Giro, ma lo scherzetto di Del Toro a Siena ti ha tolto la leadership e la serenità (se il leader cade, di solito i gregari lo aspettano). Chiunque abbia seguito la corsa si è accorto che da quel giorno qualcosa è cambiato. E quando sei stato costretto al ritiro, a meno di cambiamenti non previsti, è stato subito chiaro che per quest’anno di Grandi Giri non si parlerà più. Quanto al prossimo, si aspetteranno giustamente i piani di Pogacar, poi si vedrà che cosa ti toccherà in sorte.

Pare che il passaggio di Van Gils dalla Lotto alla Red Bull abbia permesso una diversa interpretazione della norma: non più la penale, ma un indennizzo pari al nuovo ingaggio moltiplicato per ciascuno degli anni residui. Se Ayuso dovesse andare alla Movistar (che parrebbe molto interessata) e la Movistar gli versasse 2 milioni di euro all’anno, l’indennizzo per la UAE ammonterebbe a 2 milioni per ciascuno dei tre anni di contratto residui. Quindi 6 milioni di euro. La UAE Emirates lo lascerebbe andare, mettendo su un piatto il rischio di rinforzare una rivale e sull’altro la ritrovata serenità domestica?

Il passaggio di Van Gils dalla Lotto alla Red Bull potrebbe aver riscritto la giurisprudenza in tema di penali e nuovi contratti
Il passaggio di Van Gils dalla Lotto alla Red Bull potrebbe aver riscritto la giurisprudenza in tema di penali e nuovi contratti

Solo un capitano

Il ciclismo è uno sport di squadra, ma il capitano è uno solo. Nel Paris Saint Germain che ha da poco vinto la Champions League c’è un’altissima densità di star, ma nel calcio possono giocare insieme e portare al risultato di squadra. Tu, caro Ayuso, ti vedi nei panni della star che aiuta un altro a vincere? Nelle ultime due occasioni – il Tour 2024 e il Giro 2025, finché sei stato in corsa – l’esperimento è stato piuttosto deludente.

Le corse che contano sono tante, ma non tantissime. E se una squadra ha 4-5 capitani di livello stellare, difficilmente ciascuno di loro potrà correre, vincere, avere la rivincita, provarci e riprovarci. Non avrà la stagione a disposizione. Ci sono dei turni, ci sono programmazioni atletiche, ci sono programmi da incastrare. Per cui se il prossimo anno Pogacar vorrà riprovare il Giro e il Tour oppure tentare il tris come tanti pensano avrebbe potuto fare lo scorso anno, a te cosa rimarrebbe?

Piganzoli e Pellizzari: per entrambi un percorso simile. Prima la professional, poi la WorldTour (per il lombardo dal 2026)
Piganzoli e Pellizzari: per entrambi un percorso simile. Prima la professional, poi la WorldTour (per il lombardo dal 2026)

La distribuzione del talento

Forse a questo punto qualcuno si starà chiedendo cosa cambierebbe se alle squadre più ricche fosse impedito di bloccare corridori così forti per periodi così lunghi. Ci sarebbe la possibilità di trovarli altrove come capitani? E questo potrebbe avere un effetto a cascata sulle altre squadre, in modo che anche le professional tornino un luogo di incubazione ed esperienza per futuri leader?

Certo nessuno mai accetterebbe di scendere di livello, però forse un neoprofessionista di 19 anni non vedrebbe così male la possibilità di farsi le ossa correndo da protagonista le grandi corse in una squadra minore che lo facesse sentire il principe di casa. Come è stato per Pellizzari lo scorso anno alla VF Group e Piganzoli al Team Polti.

Perciò caro Ayuso, nel salutarti e augurarti ancora una splendida stagione, invitiamo te e chi ti assiste a fare una riflessione sul tuo modo di porti e sul contratto che hai firmato. E a chiederti, a prescindere dalla causa, se sia davvero tutto oro quel che luccica.

In Slovenia acuto di Tsarenko. Ora pronto al grande passo

09.06.2025
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«Avrei puntato alla classifica anche qui, ma ieri ho commesso un grosso errore e sono andato in crisi così ho perso terreno ed è già tanto che sono riuscito a chiudere la tappa col gruppo dei velocisti. Vediamo ora quel che si può fare…». Venerdì sera, la voce di Kyrylo Tsarenko dalla Slovenia sembra un po’ giù di corda al telefono, ma riparlare di questa sua sfolgorante prima parte di stagione gli dà nuova verve. Il giorno dopo l’ucraino della Solution Tech-Vini Fantini, 24 anni, è un’altra persona e infatti porta a casa un’altra vittoria, in solitudine, che sicuramente catalizzerà su di sé le attenzioni di qualche grosso team.

Tsarenko è arrivato in Italia nel 2021, trovando l’ambiente giusto per emergere (foto team)
Tsarenko è arrivato in Italia nel 2021, trovando l’ambiente giusto per emergere (foto team)

Un 2025 superiore alle aspettative

Ormai Tsarenko possiamo considerarlo un italiano acquisito, visto che da molti anni risiede in Emilia e ha anche acquisito un po’ di cadenza locale. Il suo 2025 è stato finora davvero ricco, con 4 vittorie e non si può davvero dire che siano successi di poco conto considerando che si è aggiudicato prove del circuito Pro, quello immediatamente inferiore al WorldTour.

«Non posso proprio lamentarmi – spiega – di come siano andate le cose finora. Sono rimasto sorpreso anch’io dal mio rendimento così elevato, non mi aspettavo di fare così tanti risultati di peso. Soprattutto in Cina, al Tour of Hainan, ho sentito che andavo davvero forte e infatti, dopo aver vinto la terza tappa, abbiamo corso per portare a casa il trofeo finale».

La vittoria in Cina gli ha dato la consapevolezza di poter puntare alla classifica (foto organizzatori)
La vittoria in Cina gli ha dato la consapevolezza di poter puntare alla classifica (foto organizzatori)

L’ucraino è uomo da classifica

Quella vittoria gli ha dato una nuova consapevolezza: «Ora so che posso far bene anche nelle corse a tappe, per questo mi dispiaceva quel che è successo in Slovenia, perché senza quel disastro alla seconda tappa potevo anche giocarmela. Tutti dicevano che la corsa slovena era troppo dura ma non è così, è abbordabile. Con la condizione adatta posso essere competitivo anche in prove del genere».

La sua vittoria più importante di quest’anno? «Sicuramente quella in Cina, con tutto il rispetto per le altre proprio perché mi ha dato una nuova consapevolezza. Lì non credevo che sarei stato così competitivo al punto di poter vincere la classifica finale, oltretutto era una gara con una buona partecipazione, anche se non era certo una corsa da WorldTour».

Il successo a Baoting, battendo il rumeno Raileanu, è valso a Tsarenko la vittoria al Tour of Hainan (foto organizzatori)
Il successo a Baoting, battendo il rumeno Raileanu, è valso a Tsarenko la vittoria al Tour of Hainan (foto organizzatori)

Al De Gasperi, rivincita sul passato

Prima di partire per la Slovenia, il corridore del Team Solution Tech-Vini Fantini aveva portato a casa il Trofeo Alcide De Gasperi mettendo la sua firma anche nel calendario italiano: «Potrà sembrare strano ma a quella gara tenevo particolarmente. L’avevo già affrontata due anni fa e quell’ottavo posto mi era rimasto un po’ sul gozzo. Volevo vedere quant’ero migliorato in questo frattempo e la dimostrazione c’è stata.

«Lì ho avuto un grande supporto da Lorenzo Quartucci, trovandoci insieme nel gruppetto di testa di una quindicina di corridori mi ha permesso di attaccare nel finale rompendo i cambi degli inseguitori, permettendomi di arrivare al traguardo senza il timore di essere ripreso. Ora ho una nuova consapevolezza, posso anche inventare azioni per scompaginare la corsa».

Il corridore di Kropyvnytskyi sul podio del De Gasperi, tra Jasch (GER) e Cretti (foto team)
Il corridore di Kropyvnytskyi sul podio del De Gasperi, tra Jasch (GER) e Cretti (foto team)

Un grande team all’orizzonte?

Tutte queste prove hanno messo il suo nome tra i più citati in sede di ciclomercato: «Io non me ne voglio preoccupare, c’è il mio procuratore che ci pensa, ma so che molti team si stanno interessando e cominciano a contattarlo. Io devo solamente continuare su questa strada, fare il mio lavoro e attendere notizie. Ho 24 anni, il salto di qualità c’è stato, è il momento giusto per il grande salto».

Il che significa che forse dovrà anche lasciare il nostro Paese: «E questo mi dispiacerebbe molto perché in Italia sto davvero bene, ormai è la mia seconda casa, poi mi piacciono molto le corse italiane, mi ispirano. Molti criticano queste prove, quelle non inserite nel massimo circuito professionistico, pensano non siano di elevato livello, ma non è così. A mio avviso sono tutte belle corse, da vivere».

Finora Tsarenko ha colto 4 successi. Ora punta ad allungare la lista tra Appennino e Gippingen
Finora Tsarenko ha colto 4 successi. Ora punta ad allungare la lista tra Appennino e Gippingen

I punti, responsabilità di tutti

Torniamo allo Slovenia, gara di livello più elevato di altre se non altro perché per alcuni è già un test verso il Tour de France: «Effettivamente la partecipazione è più di qualità rispetto alle altre e per questo averci messo la firma ha un valore diverso. Però non è che sminuisca le precedenti, anzi: se guardate bene le startlist, in fin dei conti anche una Coppi e Bartali non ha nulla da invidiare. Cambia magari il livello dei velocisti, in Slovenia c’era gente come Groenewegen, ma per il resto eravamo lì…».

Le sue vittorie hanno dato nuovo respiro al team nella famelica corsa ai punti per il ranking: «Questo mi fa particolarmente piacere perché tutti noi sentiamo questo peso, questa esigenza. La squadra ha bisogno di punti per restare al livello Professional e poter contribuire al raggiungimento del traguardo è importante. Ora però non voglio fermarmi, arrivano prove come il Giro dell’Appennino e la gara svizzera di Gippingen che sono nelle mie corde. Io voglio far bene soprattutto in quelle corse che esaltano le mie caratteristiche. Per lanciare ulteriori segnali…».

Carapaz il più deluso? Forse sì, ma già pensa alla maglia a pois

09.06.2025
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E’ stato il più deluso, il meno espansivo… Forse a 32 anni suonati Richard Carapaz si è reso conto dell’enorme occasione persa. Se ieri per Del Toro avevamo parlato di consapevolezza, questo vale ancora di più per Carapaz.

Il corridore della EF Education-EasyPost ha fatto il punto della sua corsa. «Abbiamo perso una grande opportunità – spiega Carapaz con un tono asettico, ma anche laconico – possiamo però ancora lottare per qualcosa di grande e di importante, ma questa è andata». In questi giorni di riposo, per lui è tempo di guardare avanti, ma prima va metabolizzata questa sconfitta.

Carapaz (classe 1993) a Roma dove per la terza volta in carriera è salito sul podio del Giro
Carapaz (classe 1993) a Roma dove per la terza volta in carriera è salito sul podio del Giro

Quel feeling col Giro

«Il Giro d’Italia è la mia corsa preferita – ha continuato Carapaz – l’ho sempre detto. Qui sono sempre andato bene. Ho vinto una volta la generale, ho sfiorato un podio e altre due volte ci sono salito. Ho vinto quattro tappe e da qui voglio ripartire».

C’è un’immagine del campione olimpico di Tokyo che ci torna in mente ed è il suo volto verso Sestriere. Pedalava a bocca chiusa, con l’espressione che era il ritratto della delusione. Gli occhi erano nascosti dagli occhiali, ma il taglio della bocca diceva molto. Chissà quali erano i suoi pensieri in quel momento.

«Abbiamo fatto vincere il più intelligente, non il più forte. Alla fine Del Toro ha perso il Giro. Non credo che sappia ancora correre bene. Sono molto soddisfatto di essermi ritrovato e di aver lottato di nuovo per un Grande Giro. Nella mia situazione, non è facile ritrovarsi a lottare con i migliori. Me ne vado con la sensazione di essere tornato sul podio in un grande Giro e soprattutto per il lavoro svolto qui, segno che avevamo fatto bene anche il cammino di avvicinamento».

Lo scatto violento di Carapaz all’inizio del Colle delle Finestre. Oltre alle discussioni tattiche questo è stato forse il “rumoroso” errore che porta dentro di sé
Lo scatto violento di Carapaz all’inizio del Colle delle Finestre. Oltre alle discussioni tattiche questo è stato forse il “rumoroso” errore che porta dentro di sé

Fuorigiri sul Finestre?

In qualche modo tutti, a partire da Carapaz stesso, sapevano che la grande salita piemontese avrebbe deciso le sorti della corsa. E’ vero che sin lì era stato l’unico ad attaccare veramente Del Toro, ma a parte il giorno di Brentonico, in cui più che esser stato bravo lui era andato in difficoltà il messicano, non lo aveva mai messo in crisi. Anzi, nei finali aveva perso i secondi di abbuono. Del Toro, vuoi per caratteristiche fisiche, vuoi per l’età, era più esplosivo di lui.

Restava solo il Colle delle Finestre, dunque, temuta anche in casa UAE Emirates. Salita lunghissima, ad alta quota, a fine Giro: ci si giocava tutto lì. Secondo gli esperti, uno di questi Johan Bruyneel, oltre alla questione dei battibecchi tattici tra i due, il vero grande errore di Carapaz è stato lo scatto all’inizio del Finestre. Uno scatto troppo violento che forse ha pagato più di quel che si è pensato e scritto.

Le volte successive in cui ci ha provato non aveva più quella brillantezza per fare la differenza. Sì, qualche spinta, ma mai con quel dente più duro che ti permette di dare continuità e velocità all’azione. Cosa che invece è riuscita a fare Simon Yates. E forse questa è la cosa che più di tutte pesa a Carapaz.

C’è un dato molto interessante che va analizzato. Un dato che riguarda direttamente Simon Yates a dire il vero, ma che può dare importanti indicazioni circa il fuorigiri di Carapaz. Dal momento dello scatto di Richard, Yates ha impiegato quasi 4 minuti per rientrare su di lui e su Del Toro, sprigionando 430 watt medi con una punta di 660 watt (dati Velon).

Sono valori importantissimi per un corridore di 57-58 chili quale è Yates. Pensate dunque che attacco aveva portato poco prima Carapaz, che non si discosta troppo dal peso dell’inglese. Anche Jens Voigt, commentatore dalla moto di Eurosport, aveva immediatamente sottolineato questo aspetto. Ci sta quindi che poi i gli attacchi di Carapaz non fossero più così violenti da poter staccare Del Toro. E innescando di conseguenza tutto quello che poi ormai ben conosciamo.

All’uscita dalla mix zone di Roma Carapaz non ha salutato i suoi fans che lo acclamavano da ore. Era davvero deluso
All’uscita dalla mix zone di Roma Carapaz non ha salutato i suoi fans che lo acclamavano da ore. Era davvero deluso

Tra Tour e rinnovo

Carapaz da dopo il Giro si è ritirato nel suo silenzio e nel suo mondo. Anche sui social non è più apparso. Ora l’obiettivo è recuperare. Prima di congedarci però aveva fatto una battuta sul suo futuro in EF. «Non ho ancora firmato, ma credo che in questi giorni, e dopo questo comunque buon Giro, lo firmerò». Carapaz ha anche sottolineato il buon lavoro fatto dalla sua squadra, di cui ha detto che la parola d’ordine sin dall’Albania è stata provare, e provare ancora… E tutto sommato, di questo gli va dato atto. Anche se col senno di poi anche loro potevano inserire un uomo in fuga nel giorno del Sestriere. Ma di questo già ne avevamo parlato con il direttore sportivo Juan Manuel Garate.

Da quanto sembrava, Carapaz doveva fare anche il Tour de Suisse, ma lui ha tagliato corto: «No, ora recupero e poi andrò direttamente al Tour de France». In Francia, l’obiettivo non sarà la classifica generale, bensì bissare la maglia a pois, re dei GPM, conquistata l’anno scorso.

Batosta digerita, ora Del Toro è consapevole del suo potenziale

08.06.2025
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E’ passata una settimana dalla fine del Giro d’Italia e a mente fredda torniamo a parlare di Isaac Del Toro, l’uomo, anzi, il ragazzino che in qualche modo ha segnato questo Giro più di tutti. E quello che è successo sul Colle delle Finestre è stato qualcosa di incredibile, di forte e misterioso.

Pensate che durante questi giorni, anche noi, ritornati alla base dopo le fatiche del Giro, per le vie del paese, in un bar o a fare la spesa, amici e conoscenti, sapendo del nostro lavoro, ci chiedevano: «Ma come mai la maglia rosa non ha seguito “quell’inglese?”». «Perché il messicano lo ha lasciato andare?». Per dire come certe storie varcano i confini. Noi abbiamo cercato di fare un’analisi anche con il più esperto dei direttori sportivi, Giuseppe Martinelli.

Uno scatto curioso prima del via del tappone del Sestriere. Unzue, grande capo della Movistar, si è recato a complimentarsi con Del Toro. I due hanno parlato a lungo
Uno scatto curioso prima del via del tappone del Sestriere. Unzue, grande capo della Movistar, si è recato a complimentarsi con Del Toro. I due hanno parlato a lungo

Parla Isaac

Adesso riportiamo anche le parole di Del Toro stesso. Ancora un po’ scosso quando lo abbiamo incontrato a Roma dopo il podio a Caracalla: «Cosa porto via da questa cosa? Credo di avere imparato a credere in me e a fare le cose bene… e sempre con il sorriso. Ovviamente. Tutti vogliono cambiare qualcosa, ognuno ha la sua opinione, ma ormai non possiamo più cambiare nulla di questo Giro.
«Tutte le decisioni che ho preso negli ultimi tre mesi mi hanno portato in questa posizione. Ho 21 anni e per diventare il corridore che sono, ho fatto tutto quello che dovevo fare al meglio. Ovviamente sono triste. L’ultimo giorno è stato difficile. Ma devo essere orgoglioso di quanto fatto».

Sul Colle delle Finestre non è stata solo questione di gambe insomma. La  UAE Emirates aveva detto a Del Toro di marcare Carapaz e lui lo ha fatto. Poi quando Simon Yates prendeva il largo sono arrivate le direttive di reagire all’assalto dell’inglese. Ma lì è venuta fuori l’inesperienza. Carapaz e Del Toro hanno iniziato a battibeccare.

Pare che Del Toro abbia detto, testuali parole: «Okay, la corsa è persa ma almeno salvo il secondo posto». La volata a Sestriere e i complimenti in corsa fatti a Van Aert, ripreso mentre completavano la scalata finale, non sono segnali di chi non aveva più gambe. O almeno che non ne aveva neanche per provare a difendersi.

La UAE Emirates ha corso sempre vicino al suo giovane leader
La UAE Emirates ha corso sempre vicino al suo giovane leader

UAE compatta

Una cosa è certa: la squadra non lo ha abbandonato e anzi ha capito che l’erede di Pogacar è Del Toro. Rafal Majka ci aveva detto di essergli stati vicini. Adam Yates, non in grande spolvero, lo ha sempre affiancato finché ha potuto e lo stesso vale per McNulty e tutti gli altri. Tanto è vero che hanno fatto corsa compatta attorno al messicano.

«Mi dispiace soprattutto per i compagni di squadra – riprende Del Toro – loro mi hanno sempre supportato. Mi sono stati vicini. Ormai è acqua passata. Ma voglio tornare più forte. E anche essere più intelligente (di nuovo il messicano ha usato questa parola che gli abbiamo sentito dire sin dal giorno di Siena, quando prese la maglia rosa, ndr) di quanto sono stato nelle ultime settimane.
Ogni giorno mi sentivo più fiducioso, anche nello stare in gruppo. Aver perso fa male, ma di buono adesso so che ce la posso fare. Ora so che quello che mi ha detto Pogacar può essere vero: e cioè che ce la posso fare. Devo solo stare tranquillo, scaricare la pressione e divertirmi in bici. So che posso lottare per vincere un grande Giro».

Intanto dalla squadra si è saputo che Del Toro non farà la Vuelta. Ma è il modus operandi della squadra di Mauro Gianetti: con i giovani si fa al massimo un solo Grande Giro l’anno. Pensate che lo stesso Pogacar ne ha affrontati due solo a 25 anni, l’anno scorso, quando mise a segno la doppietta Giro‑Tour.

Man mano che passavano i giorni si vedevano più tifosi messicani al Giro. Un segnale mica da poco pensando alle potenzialità di questo Paese
Man mano che passavano i giorni si vedevano più tifosi messicani. Un segnale mica da poco pensando alle potenzialità di questo Paese

Sogno messicano

Però, ed è qui che si vedono gli effetti del “ciclone Del Toro”, qualcosa di enorme Isaac lo ha fatto, anzi, forse sarebbe meglio dire: lo ha provocato. A distanza di una settimana dal Giro e un paio dalle imprese in maglia rosa, il Messico del ciclismo si è risvegliato.

Forbes Mexico (bisettimanale di finanza e marketing) ha evidenziato il potenziale economico del ciclismo in un Paese di quasi 130 milioni di abitanti, sottolineando come Del Toro rappresenti un diamante in grezzo per il mercato. Isaac potrebbe scatenare un boom di vendite di materiale tecnico e, soprattutto, aprire le porte a nuovi accordi per i diritti tv come già avviene nei Paesi andini. In effetti, un aumento di audience e sponsorizzazioni per le gare in chiaro o a pagamento si profila come realizzabile grazie all’interesse mediatico attorno al messicano.

In questo senso, il “Sogno Messico” non è solo sportivo ma strategico: Del Toro, grazie ai numeri e al carisma, potrebbe giocare un ruolo fondamentale nella negoziazione di nuovi accordi media tra Europa e Centro‑America. Ma soprattutto potrebbe far salire in bici tanti ragazzini. Qualcosa del genere ce lo aveva già accennato Alejandro Rodriguez che tanto sta facendo, con la sua squadra Monex, per i ragazzi del suo Paese. E Del Toro viene proprio da lì.

Honoré: «Sono contento di come abbiamo corso. Tutto o nulla!»

08.06.2025
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La mente e i pensieri degli appassionati e degli addetti ai lavori sono ancora focalizzati sulla tappa di Sestriere. In particolare ricorrono le immagini della scalata del Colle delle Finestre, quella che fondamentalmente ha deciso l’edizione 108 del Giro d’Italia. Lo scatto di Yates, quando ancora si era lontani dalla cima e dall’arrivo di Sestriere, ha scombussolato i piani. Dietro Del Toro e Carapaz hanno giocato sulla forza dei nervi. Il risultato è che entrambi hanno perso l’occasione per vincere il Giro. 

Per capire cosa sia successo nell’ultima settimana della Corsa Rosa siamo andati da Mikkel Honoré. Il danese della EF Education-EasyPost ci racconta i pensieri all’interno della squadra americana, che per qualche giorno ha dato l’impressione di poter vincere il Giro con il loro capitano Richard Carapaz.

Riavvolgiamo il nastro sul Giro della EF EasyPost e lo facciamo con Mikkel Honoré
Riavvolgiamo il nastro sul Giro della EF EasyPost e lo facciamo con Mikkel Honoré

Prima salite e prime verità

Il Giro è andato avanti sui nervi fino al termine della seconda settimana. Archiviato il secondo giorno di riposo il gruppo ha affrontato il primo vero arrivo in salita: San Valentino. Una scalata che ha aperto qualche dubbio sulla tenuta della maglia rosa. Del Toro ha mantenuto il primato ma la sua leadership non è apparsa così solida come in precedenza. 

«Dopo il giorno di riposo – ci racconta Honoré mentre torna verso casa – Carapaz è stato bravo a capitalizzare quello che è stato il primo arrivo in salita. Ha messo tutti gli avversari al limite, complice anche il lavoro fatto dalla Ineos nei chilometri precedenti. Quel giorno siamo tornati al bus con un ritardo più che dimezzato dalla maglia rosa. Forse è mancata la tappa che potesse dare il colpo definitivo alla classifica».

Nel giorno di San Valentino, Carapaz ha dimostrato di essere il più forte in salita
Nel giorno di San Valentino, Carapaz ha dimostrato di essere il più forte in salita
Cosa intendi?

Sarebbe servito un altro arrivo in salita. In totale il Giro non ha visto molti arrivi di questo tipo, ne avrò contati tre: quello di Tagliacozzo, San Valentino e Champoluc. Ma una salita difficile come quella di San Valentino, nel finale, non c’è stata più. 

Credi sarebbe stato utile?

Per fare la differenza contro uno squadrone come la UAE direi di sì. Abbiamo provato a fare una tattica diversa sul Colle delle Finestre prendendolo di petto e facendo esplodere la corsa. Anche nella tappa del Mortirolo abbiamo attaccato, avevamo Steinhauser in fuga come appoggio. Carapaz è arrivato su di lui, ma poi dietro c’era la UAE con tre uomini più Del Toro. Ci eravamo accorti, durante la scalata del Mortirolo, che la maglia rosa non fosse proprio brillante.

Anche nella tappa di Bormio Carapaz ha provato ad attaccare, ma la UAE ha chiuso bene: lo ha ammesso lo stesso Honoré
Nella tappa di Bormio Carapaz ha provato ad attaccare, ma la UAE ha chiuso bene: lo ha ammesso lo stesso Honoré
Guardando indietro c’è qualcosa che cambieresti?

Tatticamente siamo stati perfetti, per il tipo di squadra che avevamo e per il percorso abbiamo fatto il massimo. Non penso ci siano stati errori, ed è la cosa che mi rende più felice. 

Alla fine la differenza l’ha fatta il Colle delle Finestre e la tattica della UAE…

Ha vinto il più furbo, colui che ha fatto l’attacco giusto al momento giusto. Peccato per noi, ma penso che chi ha perso di più sia la UAE. Erano in maglia rosa e hanno visto sfumare il Giro. Magari Del Toro era al limite sul Colle delle Finestre, ma non penso vista la volata che ha fatto a Sestriere. 

Il momento dell’attacco di Simon Yates sul Colle delle Finestre, Del Toro e Carapaz esitano e il britannico vola verso la conquista del Giro
In squadra che sensazioni c’erano?

Noi eravamo convinti, io per primo, di avere il corridore più forte. Lo sapevamo dal primo giorno. Ero consapevole anche della forza di Del Toro, a chi mi chiedeva di dire i favoriti io rispondevo di non sottovalutare il giovane messicano. 

Quanto eravate preoccupati da Yates?

Se un corridore occupa il terzo posto al Giro d’Italia vuol dire che è forte. Ma per come abbiamo corso e per come stava Carapaz noi abbiamo guardato solamente al primo posto. L’idea era di provare a vincere, tra secondi e terzi cambiava poco.

Sorridono tutti, ma Del Toro e Carapaz riusciranno prima o poi a spiegarsi?
Sorridono tutti, ma Del Toro e Carapaz riusciranno prima o poi a spiegarsi?
Per questo Carapaz non ha seguito l’attacco di Yates sul Colle delle Finestre?

Ha provato a chiudere, infatti lui e Del Toro sono arrivati a pochi secondi da Yates, ma sul più bello il corridore della UAE non ha dato il cambio per provare a ricucire. Però tutte le volte che Carapaz ha provato ad attaccare è sempre stato seguito da Del Toro

Che sentimenti c’erano in squadra dopo Sestriere?

C’era una sensazione strana. Credevamo nella maglia rosa e avevamo un sogno e sapevamo di avere le carte giuste per realizzarlo. Era la nostra occasione. Non si sa quando ne capiterà un’altra così concreta per vincere il Giro, penso lo stesso valga per Del Toro. Alla fine abbiamo corso come ci eravamo detti. Anzi, se Del Toro avesse chiuso su Yates, sarei stato più arrabbiato. Sarebbe stato il segno che stava correndo per il secondo posto. Abbiamo rischiato tutto pur di vincere ed è stato giusto così.

Anche su strada ora sanno chi è Agostinacchio…

08.06.2025
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Appena 11 giorni di gara, eppure Mattia Agostinacchio il suo marchio sulla stagione lo ha già messo: due vittorie nelle classiche nazionali, una presenza corposa alla Corsa della Pace con una piazza d’onore nella prima tappa e un comportamento sempre da uomo squadra, infine una prestazione sontuosa al Trophée Centre Morbihan, la classica corsa francese in due giorni dove ha vinto la seconda tappa (foto di apertura di Pascal Granger) finendo in classifica alle spalle solo del britannico Max Hinds.

E’ un Agostinacchio diverso da quello dello scorso anno e l’aostano lo sa bene: «La prima causa è sicuramente quella fisica: ho solo 17 anni, sono nel pieno della maturazione fisica e il mio corpo si è evoluto. Sono cresciuto in altezza, in peso, in misure sulla bici. Questo permette di cambiare completamente il motore, i wattaggi che riesco a esprimere. Ma non è solo una questione fisica».

Il corridore della Ciclistica Trevigliese festeggiato sul podio di Locminé (foto organizzatori)
Il corridore della Ciclistica Trevigliese festeggiato sul podio di Locminé (foto organizzatori)
Quanto influisce nella tua serie di risultati anche quanto è successo questo inverno, culminato con la conquista della maglia di campione del mondo di ciclocross?

Tantissimo, è evidente. Sono un altro corridore soprattutto mentalmente. Ora so perfettamente chi sono e chi voglio essere in bicicletta. Mi riesce tutto in maniera più facile perché ho raggiunto una nuova consapevolezza.

Quale reputi finora la tua gara più bella su strada?

Non saprei proprio scegliere perché ognuna mi ha dato qualcosa. La vittoria al Liberazione di Massa, ad esempio, ma anche la prova di Cantù dove ho rivinto dopo lo scorso anno, le gare alla Corsa della Pace con la maglia azzurra toccando vertici internazionali di altissimo profilo, ma anche in Francia dove ho vinto. Io però fra queste ci metto anche una gara sfortunata ma che per me ha sempre un valore speciale: l’Eroica, dove spero tanto un domani, in altro ambito, di farmi valere.

Agostinacchio e Magagnotti, alla Corsa della Pace hanno mostrato segni di ottima coesistenza (foto organizzatori)
Agostinacchio e Magagnotti, alla Corsa della Pace hanno mostrato segni di ottima coesistenza (foto organizzatori)
Parlavi della Corsa della Pace dove sei riuscito anche a trovare una coesistenza con Magagnotti

Non è stato per nulla difficile: nella prima tappa eravamo entrambi liberi di fare la nostra corsa, nella seconda invece gli ho tirato la volata. Mi dispiace solo che successivamente non abbiamo più avuto modo di collaborare. Quel suo successo mi ha dato molta soddisfazione, è stato gratificante poter contribuire alla vittoria della nazionale anche se non sono stato io ad alzare le braccia al cielo.

In Francia però ci sei riuscito…

Era una corsa più impegnativa, con molti strappi, alcuni anche abbastanza duri e su uno di questi ho cercato la soluzione di forza. Avevamo Fedrizzi pronto per la volata, io potevo giocarmi le mie carte e sono riuscito a fare la differenza, ma non sono riuscito a colmare tutto il ritardo da Hinds. Devo dire comunque che è andata bene anche perché in quell’occasione ho dimostrato che non sono solo uno sprinter, ma che ho varie frecce al mio arco. Io penso di essere un corridore tuttofare, che può emergere un po’ dappertutto quando sono nella giusta condizione.

Il podio del GP Liberazione di Massa, con Agostinacchio fra Manion (AUS) e Doghetti (foto Fruzzetti)
Il podio del GP Liberazione di Massa, con Agostinacchio fra Manion (AUS) e Doghetti (foto Fruzzetti)
Ancora non hai annunciato quale sarà la squadra che ti accoglierà il prossimo anno ma si sa che hai già fatto la tua scelta. Con i responsabili sei in contatto, ti stanno seguendo?

Assolutamente sì, è un percorso già iniziato anche se faccio tranquillamente la mia attività alla Ciclistica Trevigliese. Mi seguono con assiduità, anche per poter programmare bene il mio prosieguo. Il passaggio non lo aspetto con timore, anzi sono molto curioso di vedere che cosa mi riserverà il futuro. Ma non so ancora se la mia stagione si chiuderà in anticipo per cominciare a preparare il ciclocross, questo lo decideremo più avanti in base al corso dell’annata.

Continueremo a vederti comunque in gara anche d’inverno?

Certo, almeno per i prossimi anni ho intenzione di continuare, all’estero la doppia attività è quasi la normalità. Se poi dovrò fare una scelta affronterò il discorso a tempo debito, per un po’ di stagioni continueremo su questa splendida convivenza anche perché vedo che sono controllato con un occhio diverso dopo la vittoria iridata.

Mattia e la sua maglia di campione europeo. Un paio di corse a fine stagione, poi via su strada
Mattia e la sua maglia di campione europeo. Un paio di corse a fine stagione, poi via su strada
Quali altri appuntamenti ti attendono?

Il 15 correrò l’internazionale di Solighetto, poi la prova tricolore a cui vorrei aggiungere anche quella a cronometro e poi ci sarà a luglio un’altra importante prova a tappe in Francia, l’Ain Bugey Valromey Tour con la Trevigliese.

A proposito di cronometro, è diventato un tuo obiettivo?

Voglio migliorare perché i risultati che ho ottenuto finora non sono frutto di allenamenti specifici. Da martedì sarò libero dagli impegni scolastici (l’anno della maturità è il prossimo, ndr) e sarò più libero anche per allenarmi sulla bici da crono, mi ci potrò dedicare di più e abituarmi soprattutto alla posizione.

Feltre, Castelli 24H: rivive per una sera la favola della Liquigas

08.06.2025
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FELTRE – Basta il nome Liquigas e all’appassionato di ciclismo non può non scappare la lacrimuccia. A dare lustro alla 23ª edizione della Castelli 24h, la festa della bicicletta che ogni anno pone il comune bellunese al centro del mondo del pedale, ci ha pensato la squadra che tra il 2006 e il 2014 ha scritto la storia sulla strada tra Grandi Giri e classiche. Un boato ha accolto la presentazione sul palco del team, qualche minuto prima delle 21 di venerdì, per la reunion nata da una suggestione di Giovanni Lombardi.

Li riconoscete? Da sinistra il ds Mariuzzo, Ponzi, Da Dalto, Moser, Sagan, Marangoni, Curtolo, Pellizotti, Oss (foto Castelli 24H)

Sagan capitano

Alan Marangoni, Alberto Curtolo, Simone Ponzi, Franco Pellizotti, Fabio Sabatini, Moreno Moser, Mauro Da Dalto, Tiziano Dall’Antonia, Stefano Agostini, Ivan Santaromita, insieme al mitico diesse Dario Mariuzzo, presentatosi al ritiro dei chip e del pacco gara con una maglia verde brillante con una scritta inequivocabile sul petto: Sagan. Già perché il tre volte campione del mondo e re di Fiandre e Roubaix non poteva proprio mancare. Anzi, Peter e il suo sorrisone hanno aperto le danze di questa rimpatriata

«E’ un’occasione speciale- ha raccontato l’asso slovacco – e sono contento di essere qui e di partire per primo. Sono molto emozionato, perché la Liquigas mi ha lanciato nel mondo dei pro’ ed è bello rivedere così tanti vecchi amici».

Al suo fianco, ad abbracciarlo c’è il mitico Mariuzzo che aggiunge: «Bello indossare questa maglia di nuovo con lui come i vecchi tempi e rivivere quelle vittorie e quei momenti magici». 

Moreno Moser, coetaneo di Sagan, ha corso con questa squadra nel 2011 e 2012 (foto Castelli 24H)
Moreno Moser, coetaneo di Sagan, ha corso con questa squadra nel 2011 e 2012 (foto Castelli 24H)

Marangoni regista

Deus ex machina di questa rimpatriata è stato Marangoni, che ha rimesso insieme i pezzi di storia e spronato il team fino alla bandiera a scacchi come solo lui sa fare.

«Ho avuto l’incarico di formare la squadra – racconta – e li ho chiamati uno per uno, ma il diesse l’ho lasciato fare a Mariuzzo, che tra l’altro è anche il più allenato di tutti quanti. Infatti, mi è toccato pure girare come una trottola, perché mi sono ritrovato in una squadra di gente che non pedala mai e ho fatto più di 100 chilometri».

Tutti ricordano con nostalgia i tempi d’oro, come commenta Da Dalto, “passistone” come lo definisce Marangoni e pedina fondamentale per Sagan: «Ci siamo divertiti tantissimo in quegli anni, credo molto di più di quello che avviene nel ciclismo moderno».

I voti di Pellizotti

Pellizotti, oramai calato nel nuovo ruolo in ammiraglia Bahrain Victorius, commenta le prestazioni dei compagni: «Mariuzzo sta andando a tutto gas. Peter si è difeso bene, Moserino anche. Ponzi da rivedere, anche perché è partito senza trasponder, quindi è come se non avesse corso».

Non è stato l’unico inconveniente perché come racconta Marangoni: «Dall’Antonia si è presentato con il cambio scarico e ha dovuto prendere in prestito la bici di Da Dalto. Per fortuna avevamo il nostro Mvp, Mariuzzo, che ha dato spettacolo nonostante non sia più un giovanotto».

Sul palco alla presentazione: da sinistra Sagan, Marangoni, Curtolo, Pellizotti e Oss (foto Castelli 24H)

Una maglia storica

E proprio il tanto citato diesse stuzzica Pellizzotti che prova a seguire le sue orme: «Ha ancora tanta strada da fare». E Franco incassa con un sorriso: «C’è sempre da imparare, non bisogna mai fermarsi e da uno come Dario non posso che prendere un grande esempio. A parte tutto, è stata una bellissima esperienza, vestendo una maglia che ha fatto la storia del ciclismo degli ultimi vent’anni e tutti sono stati contenti di tornare a indossarla».

Goliardia, ricordi e tante risate: l’esperimento è riuscitissimo e i tanti appassionati che hanno assiepato le strade del circuito cittadino di Feltre hanno applaudito e travolto d’affetto una delle squadre più forti della storia del ciclismo.

Vincenzo Nibali ha corso con la Liquigas dal 2006 al 2012, vincendo la Vuelta e altre 14 corse (foto Castelli 24H)
Nibali ha corso con la Liquigas dal 2006 al 2012, vincendo la Vuelta e altre 14 corse (foto Castelli 24H)

Nibali e la sfida 2026

E non è finita qui, perché nel team benefico di C’è Da Fare capitanato da Paolo Kessisoglu c’erano anche Daniel Oss e Vincenzo Nibali, altri due gioielli della scuderia Liquigas. Lo Squalo messinese non ha resistito alla chiamata della storica maglia verde e, su gentile concessione del comico ligure, ha sfrecciato anche coi vecchi compagni.

«Bello questo doppio impegno – ha sorriso – per una buona causa e per ritrovare i compagni di tante vittorie. Questi colori mi hanno lanciato nell’Olimpo del ciclismo ed è stato fantastico ritrovarli qui a Feltre. Velocità buona, anche se la gamba non era delle migliori dopo un Giro d’Italia vissuto in ammiraglia, per cui ho sofferto un pochino. E’ stato un momento conviviale di grande festa, grazie agli sforzi del Comitato organizzatore ed è stato bello celebrarlo tutti insieme. Davvero stupendo ritrovare tanti ex compagni di squadra, direttori sportivi, meccanici: è stato davvero un evento spettacolare, un po’ di fatica c’è, ma soprattutto tanto divertimento».

Si sussurra che per il 2026 Andrea Tafi, questo weekend col team Rudy Project, e anche Paolo Bettini stiano già pensando a una rimpatriata della Mapei: la sfida è già lanciata.