Questa è una storia di famiglia, lavoro e ciclismo. Ha come protagonista la famiglia Garofoli di Castelfidardo, in provincia di Ancona. Quella di Gianmarco, per capirci, che sabato inizierà il suo primo Giro d’Italia con la Soudal-Quick Step, ma anche quella di suo padre Gianluca e del nonno Fernando, che per primo fu corridore (immagine Instagram in apertura).
Ce la racconta proprio Gianluca, che nel weekend vorrebbe raggiungere suo figlio in Albania e per questo si sta sottoponendo ai lavori forzati. L’azienda produce porte, armadi e pavimenti coordinati. Iniziò tutto nel 1968. Operavano nel settore del legno, producendo cornici per quadri e mobili e sub fornitura per antine da cucina. Finché negli anni 80 fu Fernando Garofoli, poi insignito del titolo di Commendatore della Repubblica, a creare un prodotto tutto suo e con un marchio tutto suo, dedicandosi alle porte, che gli mancavano, e industrializzando il lavoro di falegnameria.
«Adesso stiamo ritornando sull’interior design – prosegue Gianluca Garofoli – quindi alle porte abbiniamo armadi, cabine armadio, cucine. Facciamo un total look. Chi sceglie la porta Garofoli ha una scelta di complementi abbinabili».
Ciclismo, un affare di famiglia
Se qualcuno pensasse di essere capitato in una rivista di architettura, vogliamo tranquillizzarlo. Questo è infatti il momento in cui entra in scena il ciclismo, che per ora è rimasto sullo sfondo e invece in tutta questa storia ha un ruolo molto importante.
«Mio padre da piccolino ha corso anche lui – racconta Gianluca – all’epoca fece gli esordienti e gli allievi. Quando ho compiuto tre anni, mi ha comprato la prima bici, ma non era come quella degli altri bambini. Aveva le rotelle, ma anche il manubrio ricurvo, perché era una biciclettina da corsa. E così, finché ero piccolino, mi portava a fare le passeggiate con lui. Poi ho iniziato a correre da esordiente e subito dopo ha iniziato mio fratello Giacomo e alla fine di tutto è toccato a Gianmarco. Anche se a un certo punto ha dovuto scegliere fra calcio e ciclismo, perché d’inverno giocava a pallone ed era anche bravo».
Dalla bici all’azienda
Gli juniores, poi qualche corsa fra i dilettanti e alla fine lo slancio di Gianluca si arresta. Oggi va ancora in bici e talvolta si infila nei gruppi degli amatori, partecipa a qualche gran fondo e a Pasqua è stato a Tenerife con suo figlio e hanno pedalato insieme, almeno per la prima ora dell’allenamento.
«Così ho cominciato a lavorare – prosegue – e per fortuna non dovevo partire da zero. Fin da piccolino, mio padre mi portava con sé al lavoro e ho scoperto che tutto quello che avevo imparato con la bici era prezioso anche in azienda. Il sacrificio, lo stringere i denti sino alla fine, non mollare fino alla riga anche se la riga è dietro l’angolo e non la vedi. Secondo me qualsiasi lavoro fai, se sei stato uno sportivo, quella dedizione ti rimane attaccata addosso. Ti fa fare le scelte giuste al momento giusto. Facendo uno sport duro come il ciclismo, è come se iniziassi a lavorare prima. Una persona normale inizia a capire il valore del sacrificio a vent’anni, chi ha corso in bici lo conosce già da quando ne ha 12».
Un piccolo imprenditore
Per lo stesso motivo, anche Gianmarco Garofoli – lo stesso che sabato debutterà al Giro d’Italia – nei sei mesi in cui è rimasto fermo per far passare la miocardite, ha frequentato l’azienda e seguito suo padre per lavoro.
«Quando era bambino – racconta Gianluca – ogni volta che potevo, lo portavo con me. Ma quando è stato fermo 6-7 mesi per il cuore, mi ha detto: “Papà, voglio stare accanto a te per capire meglio il tuo lavoro”. E così siamo andati spesso in giro dai clienti, nelle aziende e alle fiere. E comunque, per il livello dove è arrivato, Gianmarco è già un imprenditore. Ha vedute superiori rispetto a molti altri che hanno sempre studiato. Ha una marcia in più. Mi ricordo quando a 14 anni era stato investito e si era rotto la clavicola. Un giorno venne un signore a farmi i complimenti perché non aveva mai visto un ragazzino così sveglio. Lavorava in un’azienda di abbigliamento e Gianmarco aveva ordinato da sé i completini da campione regionale, mandandogli il file jpg con il logo della squadra e degli sponsor. A me diede il conto, mi pare 1.000 euro. Restava solo da pagare, il lavoro era tutto fatto».
Il ciclismo nel cuore
Garofoli nel ciclismo è presente con diverse sponsorizzazioni, dalla Due Giorni Marchigiana a tutti gli eventi cui offre il suo supporto. Più d’un manager li ha cercati per mettere il nome sulle maglie di qualche squadra, ma finora hanno preferito muoversi diversamente.
«Avevamo l’azienda davanti all’arrivo della Due Giorni Marchigiana – ricorda Gianluca – quindi il coinvolgimento è stato sempre abbastanza importante. Parecchie persone nel direttivo delle varie gare erano nostri dipendenti, quindi è sempre rimasto tutto in famiglia. Non ci siamo mai tirati indietro. Qualche anno fa abbiamo avuto la squadra dei giovanissimi più grande d’Italia, abbiamo vinto tre volte il campionato giovanile italiano, ci abbiamo investito tanto. Fare una squadra più grande sarebbe un impegno troppo grande. Quando sei troppo visibile vengono a cercarti. Ad ora investiamo sulla televisione, ma non è detto che un domani di fronte all’occasione giusta non si decida di fare di più».
La televisione e il Giro d’Italia
Gianluca con suo padre Fernando, Gianmarco con Gianluca. Il ciclismo come una scuola di vita e come un affare di famiglia. Ci viene da ridere nel chiederglielo, ma la risposta è perfettamente in linea con l’aria buona che abbiamo respirato finora. Con il Giro d’Italia l’azienda si ferma per seguire Gianmarco?
«Quando ha fatto il mondiale da junior nel 2019 – ride lui di gusto – mio padre ha messo la TV in azienda, ha fermato il lavoro e hanno visto tutti insieme la corsa. Certo sarebbe bello rifarlo col Giro, ma ho paura che sarebbero un po’ troppi giorni e il lavoro è tanto. Però vediamo come va Gianmarco. Se le cose si avviano nel verso giusto, farebbe piacere anche a me portare uno schermo di là e fare tutti quanti il tifo per lui».