Dal Giro al Tour. La preparazione di Cattaneo tra crono e montagne

13.06.2025
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Sarà l’unico italiano a prender parte sia al Giro d’Italia che al Tour de France, e il periodo tra le due corse più importanti del mondo sarà cruciale per Mattia Cattaneo. L’atleta della Soudal-Quick Step ci ha raccontato nel dettaglio come sta gestendo questa fase così delicata.

Per capire al meglio tutto quello che sta affrontando, bisogna tenere a mente due concetti chiave evidenziati dallo stesso Mattia: come si interpreta il Giro e come se ne esce. Due punti fondamentali per impostare tutto il lavoro di giugno.

Alla fine del Giro, Cattaneo ci aveva confidato che sarebbe rimasto due giorni a Roma. Qualche passeggiata nella Città Eterna con la famiglia, un bel piatto di amatriciana e cacio e pepe, ma soprattutto tanto relax, specie per la testa.

Il lombardo (classe 1990) è stato spessissimo in fuga durante il Giro
Il lombardo (classe 1990) è stato spessissimo in fuga durante il Giro
Mattia, iniziamo parlando del riposo totale. Quanto tempo sei stato senza bici dopo il Giro?

In realtà fermo del tutto sono stato tre giorni. I due a Roma da turista e un altro di riposo appena tornato a casa. Poi ho fatto altri quattro giorni di recupero attivo.

Cosa facevi in questo riposo attivo?

Il primo giorno poco più di un’ora, ma super tranquillo. Poi per due giorni ho fatto tre ore, sempre a ritmi molto blandi, e al quarto giorno ancora un’ora. Poi ho ripreso ad aumentare i carichi. Ma tenendo conto che vengo da un grande Giro: i volumi sono diversi. Da questa settimana ho ricominciato ad allenarmi, considerando sia i numeri dal punto di vista scientifico sia le mie sensazioni.

E quali sono i parametri scientifici?

Ce ne sono tanti che osservano i preparatori e chi di dovere, ma penso ai battiti del mattino, alla variabilità cardiaca, alla qualità e alla durata del sonno

E poi c’è l’esperienza…

Esatto. E’ quella che conta di più, almeno per come vedo io il ciclismo. Anche pensando al recupero mentale. Dopo un grande Giro spesso non ti va di pedalare e quando quella voglia ricomincia a farsi sentire, è un ottimo segnale. Io, che sono vecchio, la metto al primo posto. La voglia di andare in bici è uno dei primi sintomi del recupero.

Cattaneo in azione durante la crono del Giro d’Italia: Mattia vuole fare bene agli italiani
Cattaneo in azione durante la crono del Giro d’Italia: Mattia vuole fare bene agli italiani
Come stai lavorando?

Di base faccio due giorni di carico e uno di scarico, ma è tutto molto variabile. Se sto bene, ci aggiungo anche il terzo giorno. E’ una programmazione difficile, che vivo giorno per giorno, molto in base alle sensazioni. E ovviamente in accordo con il mio preparatore. Al pomeriggio mi confronto con il coach: gli dico come sto, come ho reagito al lavoro, se ero stanco in generale oppure solo a livello muscolare. Se non sono al top, o recuperiamo o non si fa il terzo giorno di carico. E viceversa. Altri invece vanno avanti con il loro programma indipendentemente dalle sensazioni.

E davvero ci sono questi atleti?

Tra noi “vecchi” non credo, ma tra i giovani di oggi che si affidano molto alla scienza, immagino di sì.

Cosa fai nei giorni di carico?

Okay il Tour, ma adesso mi sto concentrando anche molto sulla cronometro dei campionati Italiani. Vorrei arrivarci nel miglior modo possibile. In questo periodo sto usando ancora di più la bici da crono. Già di mio la uso tanto, ma adesso faccio proprio allenamenti mirati. So che vincerà Ganna, che Affini mi batterà, ma spero in un posto sul podio! Poi, sapendo che farò il Tour, sto inserendo anche salite lunghe, a ritmo medio-medio alto (quello che oggi chiamiamo Z3-Z4, ndr). Salite anche da 50’-60’.

E dove trovi salite così lunghe?

Vivo in Engadina, nella zona di Saint Moritz in Svizzera (a circa 1.800 metri di quota, ndr), e qui non mancano proprio. Ci sono il Bernina, il Maloja, il Fluela, il Fuorn, lo Stelvio quando passo da Livigno…

Stelvio: domanda più da cicloamatore che da giornalista, Mattia: quando arrivi al bivio dell’Umbrail e mancano 3 chilometri alla cima dello Stelvio, giri o vai in cima?

Dipende da come sto. Se sono “mezzo e mezzo” giro verso valle, l’Engadina. Ma se sto bene tiro dritto. Lo Stelvio è sempre lo Stelvio: quando arrivi lassù e vedi il cartello con scritto 2.700 e rotti metri ti gasi!

Per Cattaneo, vivendo nel cuore delle Alpi, le lunghe salite proprio non mancano (foto Facebook)
Per Cattaneo, vivendo nel cuore delle Alpi, le lunghe salite proprio non mancano (foto Facebook)
Non era una domanda tanto sbagliata allora! E’ bello però sentire certe cose da un pro’. Torniamo seri: prima hai parlato di volumi. Volumi di carico pensando che si esce da un grande Giro. Cosa significa?

Significa fare leva sul volume di lavoro accumulato al Giro. Tutto dipende da come ne esci. Se sei stanchissimo devi per forza puntare al recupero. Se esci bene, come è capitato a me, puoi lavorare. Ma perché sono uscito bene? Perché, anche se nella settimana finale ero spesso in fuga e ci ho provato, ho potuto interpretare la corsa rosa in un certo modo. A volte, anche se stavo bene (e questo è fondamentale), mi staccavo subito e risparmiavo energie facendo gruppetto. Nella terza settimana un paio di volte che mi sono ritrovato in fuga mi sono detto: «Cavolo, ma ho anche il Tour!». Però sapete, se stai bene e hai voglia, ti butti. L’importante è non finirsi. Così puoi sfruttare il meglio del Giro per arrivare al top al Tour. E qui si apre un altro tema: cosa vado a fare al Tour?

E cosa vai a fare?

Dovrò lavorare per Remco, soprattutto in salita. Anche per questo sto cercando di sfruttare il fatto che sono uscito dal Giro molto magro, per aumentare le mie performance in salita. E sto facendo quei lavori sulle scalate lunghe. Se avessi dovuto lavorare per un velocista, avrei recuperato di più e cercato di mettere massa, avrei fatto altri lavori. Ripeto: se non ne esci distrutto, il grande Giro ti aiuta tantissimo. Almeno per me. Anche mentalmente: in vista del Tour non esiste allenamento migliore. Ti dà una gamba che nessun lavoro a casa può darti… a meno che non ti massacri da solo. Ma io non ho né la testa né l’età per farlo. Magari qualche giovane sì.

Un quadro perfetto. Sei stato chiarissimo, Mattia. E si percepiscono i tuoi grandi stimoli.

E’ la prima volta che faccio la doppietta Giro-Tour, quindi è tutto nuovo anche per me. Ma, per come vivo io il ciclismo, è meglio così. Oggi c’è quasi più il rischio di finire sfiancati dagli allenamenti a casa che in gara.

Invece dopo i campionati Italiani, nella settimana che precede il Tour, cosa si fa? Si scarica?

In realtà dopo l’Italiano si sta a casa un giorno solo, perché il martedì si parte già per Lille. Si tratta di ricaricare le energie. Tra viaggio e tutto si hanno tre giorni per pedalare. Magari in uno di questi tre giorni si fanno tre ore, tre ore e mezza un po’ più tirate, e poi basta. Solo recupero, prima e dopo.

Al netto di qualche cambio di programma (doveva fare la Roubaix) Cattaneo è sempre stato nell’orbita del “gruppo Remco” (foto Instagram Soudal-Quick Step)
Al netto di qualche cambio di programma (doveva fare la Roubaix) Cattaneo è sempre stato nell’orbita del “gruppo Remco” (foto Instagram Soudal-Quick Step)
Voi, soprattutto nelle squadre più importanti, testate spesso materiali nuovi. Quelli del Tour li provate a casa?

Sul fronte tecnico e della crono, personalmente non ho nulla di nuovo. La bici che avevo prima del Giro è la stessa che avrò in Francia. Quindi a casa sto usando il mio setup classico

E sul fronte dell’integrazione? Se arriva qualche prodotto nuovo?

Qui qualcosa di nuovo c’è. Al Tour avremo una nuova barretta di carbo e un gel nuovi. E questi vanno provati assolutamente. E’ un allenamento per l’intestino. Ho riportato questi prodotti direttamente dal Giro. In realtà avevamo già iniziato a usarli nel finale della corsa rosa, ma in questa fase è giusto testarli e acquisire feedback.

Ultima domanda, Mattia. Hai accennato a Remco: ormai sei uno dei suoi fedelissimi… Lo hai sentito? Sta bene, a giudicare dal Delfinato.

Ci sentiamo come è normale che si sentano due compagni di squadra. Dire che io sia un suo fedelissimo… fa piacere, ma magari lo dirà lui! Il Tour con Remco era molto probabile sin dall’inizio della stagione e quando mi hanno confermato che sarei andato in Francia con lui, quella è diventata la priorità. Soprattutto con un capitano del genere: ci sono enormi stimoli.

Giro Next Gen: gli azzurri al via e le speranze di Amadori

13.06.2025
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Il cittì della nazionale under 23 Marino Amadori prepara il taccuino degli appunti e si dice fiducioso per il prossimo Giro Next Gen. Mancano poco più di ventiquattro ore al via della cronometro di Rho e poi ognuno avrà le risposte che cerca. La corsa rosa under 23 arriva dopo due prove interessanti di Nations Cup nelle quali gli azzurri guidati da Amadori sono stati assoluti protagonisti. E proprio insieme al cittì, alla vigilia di uno degli appuntamenti più importanti della stagione, facciamo un punto sulle forze dei nostri ragazzi

«Penso che per i team – dice Amadori – non ci sia gara più importante. Tour de l’Avenir, mondiali ed europei sono una faccenda diversa, riservata alla nazionale, mentre qui siamo davanti a un impegno fondamentale per tanti ragazzi. Il Giro Next Gen è il palcoscenico di riferimento nel quale mettere in mostra le proprie qualità e tanti atleti sono chiamati a fare bene in ottica futura. Noi come Italia arriviamo da due gare a tappe di Nations Cup nelle quali abbiamo dimostrato di essere competitivi. Gualdi è uno dei nomi che mi sono segnato per la classifica generale, in Repubblica Ceca ha corso bene e non era ancora al 100 per cento (in apertura sul podio finale con Pau Martì e Simon Dalby, ndr)». 

Filippo Turconi è stato protagonista di un buon inizio di stagione e ha corso molto bene anche all’Orlen Nations Cup (foto Tomasz Smietana)
Filippo Turconi è stato protagonista di un buon inizio di stagione e ha corso molto bene anche all’Orlen Nations Cup (foto Tomasz Smietana)

Risposte azzurre

Dalle due prove di Nations Cup, prima in Polonia e poi in Repubblica Ceca, l’Italia è uscita con un bottino più che soddisfacente: due vittoria di tappa e in entrambe le prove anche un podio finale. 

«Abbiamo dimostrato di essere competitivi – analizza il cittì Amadori – anche perché la concorrenza non era di certo bassa. Ci siamo scontrati con diversi ragazzi interessanti tra cui Pau Martì, che l’anno scorso è arrivato terzo al Giro Next Gen. Gualdi, Savino, Mellano e Turconi hanno fatto vedere delle belle cose. Peccato per Mellano che a causa della maturità non potrà esserci. Però dai ragazzi che ho portato con me in nazionale mi aspetto mantengano lo stesso livello, se non qualcosa in più».

Squadre italiane

Le formazioni italiane al via saranno quattordici e per i loro ragazzi la corsa di casa rappresenta un palcoscenico importante nel quale dimostrare di poter essere competitivi nel ciclismo che conta. 

«Tutti gli atleti delle nostre realtà – continua Amadori – che siano esse squadre professional, continental o di club possono fare qualcosa di interessante. Questo è il momento giusto per cercare di fare il salto di qualità e mettersi in mostra. Nelle prove con la nazionale ho portato ragazzi da ogni realtà e abbiamo fatto vedere belle cose, vuol dire che il livello di base è alto. Una cosa bella che ho notato è che tutte le formazioni italiane hanno preparato al meglio questo appuntamento correndo altre corse a tappe prima e con periodi di altura.

«Mi aspetto qualcosa – dice ancora – da ragazzi come Chesini, Nespoli, Lorenzo Masciarelli, ma anche dai tre corridori della Vf Group-Bardiani: Scalco, Paletti e Turconi. Il percorso è vario e aperto a tante occasioni differenti». 

I devo team

Dalle sedici formazioni development invitate escono una dozzina di nomi interessanti.

«Per le volate – analizza Amadori – mi aspetto qualcosa da Delle Vedove e Matteo Milan. Mi sono segnato anche il nome di Lorenzo Conforti che corre nella Vf Group-Bardiani ma è pronto per far vedere quanto vale. Una menzione speciale va fatta anche a Pietro Mattio e Federico Savino, loro sono dei riferimenti per la nazionale e sono convinto faranno un grande Giro Next Gen. Mattio sarà chiamato a lavorare per Nordhagen che viene qui per vincere visto che da quest’anno era già stato aggregato alla formazione WorldTour della Visma. Però le sue qualità le conosco bene e sono convinto che farà un lavoro eccezionale. Altro nome importante è quello di Alessandro Borgo, da lui mi aspetto di vederlo vincente almeno in una tappa». 

Per Lorenzo Finn il Giro Next Gen è un primo obiettivo e un banco di prova importante ma da vivere senza ansia (foto Twila Federica Muzzi)
Per Lorenzo Finn il Giro Next Gen è un primo obiettivo e un banco di prova importante ma da vivere senza ansia (foto Twila Federica Muzzi)

Capitolo Finn

Il campione del mondo juniores merita una parentesi tutta per sé. Le qualità non mancano ma il Giro Next Gen è un primo passaggio in un percorso di crescita ben delineato. E’ giusto che le aspettative intorno a lui siano alte ma, come detto dallo stesso Finn e come ribadisce Marino Amadori, questo è un momento nel quale imparare.

«Lorenzo Finn – conclude il cittì – è sicuramente la nostra punta in prospettiva futura, ma al momento non ci devono essere pressioni. Lui stesso è di questa idea. Si tratta della sua prima corsa a tappe di otto giorni e andrà a sfidare corridori forti e potenzialmente pronti ad altri palcoscenici. Lui sa cosa può prendere dal Giro Next Gen e penso sia un’esperienza importante anche in ottica di europeo, mondiale e Tour de l’Avenir». 

Sobrero: «Non vedo l’ora di tornare (veramente) in gruppo»

12.06.2025
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Matteo Sobrero stava viaggiando su un treno con destinazione Svizzera. E’ questa la Nazione che ha visto e che vedrà riprendere la sua stagione agonistica: il Tour de Romandie a maggio, adesso il GP Aargau e soprattutto il Tour de Suisse.


L’alfiere della Red Bull-BORA non si era visto per un po’, quando a metà marzo è caduto in allenamento, riportando una commozione celebrale e la frattura dello zigomo, tanto che è stato trasportato in ospedale con l’elisoccorso. Poi finalmente è riapparso al Romandia, anche se per lui ci sono state solo quattro tappe. Ma l’importante era esserci. E adesso? Adesso è lui che ci spiega come stanno le cose…

Sobrero (Classe 1997) quest’anno ha messo nel sacco solo 17 giorni di gara. Per questo ha una grande voglia di rivincita
Sobrero (Classe 1997) quest’anno ha messo nel sacco solo 17 giorni di gara. Per questo ha una grande voglia di rivincita
Matteo, si ricomincia insomma?

Si ricomincia. Avevo ripreso al Romandia ma è già passato un po’. Poi il ritiro in quota a Sierra Nevada e ora ho proprio voglia di ributtarmi nel gruppo.

Come è andata con quella caduta?

Adesso tutto bene e ormai è un capitolo chiuso. Mi sento meglio. E’ stato un brutto incidente, ma anche la squadra è stata molto vicina nel recupero e mi ha dato tempo per il rientro. E infatti sono cambiati i piani.

E quali erano?

Dovevo fare le Ardenne, il Giro d’Italia e prima la Sanremo. E ora vedremo se farò il Tour de France o la Vuelta.

Che poi, da quel che abbiamo saputo, hai avuto problemi anche di equilibrio?

Di equilibrio e non solo. Ho avuto una commozione cerebrale pesante. Facevo persino fatica a guardare il telefono, dovevo stare al chiuso, al buio. Non sopportavo la gente o la confusione. Ho iniziato con i rulli, ma solo dopo 15 giorni di fermo assoluto. Poi, dopo un’ulteriore settimana, ho ripreso su strada. E’ stato un vivere alla giornata. Di positivo c’è che almeno ho passato parecchio tempo a casa.

Sobrero ha iniziato a lavorare con Roglic dall’anno scorso. Chissà se sarà al Tour con lo sloveno
Sobrero ha iniziato a lavorare con Roglic dall’anno scorso. Chissà se sarà al Tour con lo sloveno
E come è andata al Romandia?

Ho fatto una grande fatica. Ho fatto fatica proprio a tornare in gruppo. Tante cose che erano normali, normali non lo erano più. Mi richiedevano una certa concentrazione. E’ stata una cosa strana.

Quando hai sentito davvero di aver fatto uno step in avanti?

Dopo due mesi dall’incidente ho iniziato a sentirmi come prima e mi sono detto: ci siamo. In bici facevo quello che volevo e da lì ho ricostruito la condizione fisica. Poi l’altura con la squadra, riprendere quella routine mi ha aiutato tantissimo. E mi ha dato modo anche di non pensarci troppo.

E ora a correre finalmente! Come affronti questo Giro di Svizzera?

Diciamo che è importante questo blocco: GP Aargau e Tour de Suisse. Il capitano sarà Vlasov, magari io avrò qualche possibilità in qualche tappa, visto che di ondulate ce ne sono diverse. Tappe ideali per fughe e attacchi.

E gli italiani?

Stavo per dire infatti che dopo la Svizzera per me ci saranno i campionati italiani: sia a crono che su strada. E lì, in quei giorni, saprò se farò il Tour o la Vuelta. In entrambi i casi dirò okay. E lo farò con un sorriso sincero.

Perché?

Perché il Tour è il Tour, ma anche la Vuelta quest’anno non è cosa da poco per me. Passa da dove sono cresciuto, Alba, e quindi ci tengo parecchio. Per entrambe le corse la motivazione non manca, mettiamola così!

Il piemontese è un abile cronoman e agli italiani spera di fare benissimo in questa specialità, che lo ha visto persino vestire il tricolore nel 2021
Il piemontese è un abile cronoman e agli italiani spera di fare benissimo in questa specialità, che lo ha visto persino vestire il tricolore nel 2021
Che ci dici dei tuoi compagni al Giro?

Eh, il Giro l’ho seguito. Mi è dispiaciuto per Primoz. So che ora sta facendo l’altura, ma per conto suo: è a Tignes. E’ davvero tanto che non lo vedo, dal Teide. E dire che invece dovevamo fare parecchie gare insieme, ma poi è andata come è andata. Tra quelli che mi hanno colpito chiaramente c’è Giulio.

Pellizzari, ovviamente…

Avevo detto subito che sarebbe esploso. Lo avevo già detto a tanti che avrebbe fatto vedere qualcosa di buono molto presto perché lo vedevo in allenamento. E sono davvero contento per lui, perché oltre al corridore è davvero un ragazzo bravissimo. Solare, attento… E’ bello lavorare con lui.

A proposito di compagni, chi c’era con te a Sierra Nevada?

Eravamo in otto in tutto: Vlasov, Lipowitz, Pithie, Fisher-Black, Adrià, Fisher-Black… Un bel gruppo, lavorato bene.

Chiudiamo con un po’ di progetti e speranze, Matteo. Prima hai detto che in questo Tour de Suisse ci sono diverse tappe ondulate. Ne hai già segnata qualcuna di rosso? O non si dice nulla per scaramanzia?

No, no… Guarderò il da farsi giorno per giorno. Poi consideriamo anche che dopo l’altura è sempre un po’ un enigma. Curiamo prima di tutto Vlasov e poi ogni giorno sarà diverso. Io non dico niente, non so a che percentuale di forma sono. Prima corro e poi saprò giudicare. Diciamo però che sto bene…

Vingegaard, le pedivelle da 150 e bersaglio fisso su Pogacar

12.06.2025
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Vingegaard che attacca nella prima tappa e poi fa la volata con Pogacar. Pogacar che scherzando gli chiede se voglia diventare un velocista e Vingegaard che ride. Poi la crono e il danese che fa meglio dello sloveno. Al Criterium du Dauphine manca ancora di affrontare le montagne, ma è chiaro che quei due si stiano studiando. Nulla di ciò che accade in questi giorni di Francia può ritenersi risolutivo, al Tour si suonerà un’altra musica, ma è un fatto che il danese della Visma-Lease a Bike, che nel 2022 e 2023 ha piegato Pogacar al Tour, si presenti alla sfida con credenziali migliori rispetto allo scorso anno.

Prima del via della corsa francese in svolgimento, che ha visto ieri la vittoria di Evenepoel nella crono di Saint Peray, Vingegaard si era raccontato con un gruppo di giornalisti. Abbiamo fatto la sintesi di un incontro molto lungo, da cui traspare il suo essere diverso.

Prima tappa del Delfinato: Vingegaard attacca, Pogacar risponde e vince la volata. Jonas è secondo
Prima tappa del Delfinato: Vingegaard attacca, Pogacar risponde e vince la volata. Jonas è secondo

Sui miglioramenti tecnici

L’obiettivo è portare al Tour il miglior Vingegaard di sempre: non può essere diversamente se vuole battere Pogacar. Ne hanno parlato a lungo nel team, partendo dal buono del 2024 cui Jonas era arrivato da vincitore uscente del Tour.

«Prima dell’incidente dell’anno scorso – ha spiegato – i miei numeri di potenza erano molto buoni e non avevo ancora raggiunto il peso ottimale. Quindi si è trattato più che altro di tornare a quel livello. A causa dell’incidente ho perso molta massa muscolare: al Tour ero leggero, ma non avevo la mia potenza abituale. Per questo abbiamo lavorato per recuperare potenza e poi da lì fare un altro passo avanti. In più abbiamo cambiato alcune cose. E’ uscito sui media ad esempio che sono passato a pedivelle da 150 mm. Ogni anno cerchiamo di migliorare il nostro equipaggiamento, forse anche il modo di prepararci per il Tour, ma ovviamente non è qualcosa di cui voglio parlare nei dettagli. Basterà aspettare per vedere se avrà funzionato».

Vingegaard è tornato al suo miglior rapporto fra potenza e peso e da quest’anno usa pedivelle da 150
Vingegaard è tornato al suo miglior rapporto fra potenza e peso e da quest’anno usa pedivelle da 150

Fra allenamento e corse

La caduta ai Paesi Baschi dello scorso anno ha falsato la preparazione del Tour. La commozione cerebrale di quest’anno alla Parigi-Nizza gli ha fatto perdere una settimana, ma l’impatto sulla preparazione è stato decisamente meno importante.

«Ho dovuto prendermi una settimana di riposo – ha detto – quindi ovviamente mi sento come se mi fossi perso la primavera. Però sto bene e di conseguenza ho ancora più motivazioni. A me piace gareggiare, ma a dire il vero mi è piaciuto molto anche lavorare a Sierra Nevada. Uno dei motivi è che siamo insieme con tutto il gruppo e l’atmosfera è davvero bella. E poi stando in ritiro abbiamo il tempo per ragionare su come si possa migliorare e sono pensieri davvero interessanti.

«Dieci anni fa si diceva che per raggiungere il livello migliore bisognasse soprattutto correre. Poi è arrivato il Covid, nessuno ha corso per sei mesi e una volta che abbiamo ricominciato, il livello era altissimo. Quindi tutti hanno fatto un passo in quella direzione. Non sto dicendo che ho fatto un passo ulteriore, ma che potrebbe non essere necessariamente un male prendersi una pausa più lunga dalle gare. Anche di questo parleremo dopo il Tour».

La Visma Lease a Bike arriva al Tour con un grande organico, cui si aggiungeranno dal Giro Van Aert, il vincitore Yates e Affini
La Visma arriva al Tour con un grande organico, cui si aggiungeranno (dal Giro) Van Aert, il vincitore Yates e Affini

La sfida con Pogacar

Pogacar lo condiziona. Forse non è ancora diventato il suo incubo peggiore, ma di certo è un tema ricorrente delle sue giornate. Lo stimolo per fare meglio, la foto sullo specchio prima di ogni uscita. Non è un caso che i tre momenti più belli vissuti da Jonas al Tour coinvolgano lo sloveno.

«Trovo davvero bello – ha spiegato Vingegaard – lottare sempre contro di lui. Quando non c’è, il livello è più basso e quindi è più facile vincere. La sua presenza mi permette di migliorare in termini di motivazione, di aumento del livello di competizione mio e dell’intera squadra. Penso che avere un avversario così tira fuori il meglio di me. So che devo dare il massimo ogni giorno per cercare di batterlo.

«Non a caso, il ricordo più bello che ho del Tour è la cronometro di Combloux nel 2023. Quel giorno è stato incredibile per me, per la squadra e anche per la mia famiglia, come l’anno prima quando ho preso la maglia gialla sul Col du Granon. Il terzo momento più bello invece è la vittoria di tappa dell’anno scorso, anche se già essere al via del Tour sia stato un grande successo, molto emozionante per me e la mia famiglia. Tutto quello che abbiamo passato l’anno scorso è stato incredibilmente duro. Quindi, essere riuscito a essere sulla linea di partenza è stato probabilmente uno dei più grandi traguardi della mia carriera».

La crono di Combloux al Tour del 2023 vide la disfatta di Pogacar, che perse 1’38” in 22,4 km. Mai visto un Vingegaard così forte
La crono di Combloux al Tour del 2023 vide la disfatta di Pogacar, che perse 1’38” in 22,4 km. Mai visto un Vingegaard così forte

La prima provocazione

Il Delfinato lo dimostra, anche nel suo correre senza timori reverenziali, sono pochi coloro che possono sfidare Pogacar reggendo lo sguardo. I più attaccano il numero e si preparano alla sconfitta.

«Ci sono alcuni elementi – ha detto invece Vingegaard – che mi fanno pensare di poterlo battere. Ad esempio il fatto che l’anno scorso al Tour de France non fossi al mio livello migliore. So che posso essere molto più forte, perché la preparazione è stata migliore e ogni anno si migliora in qualche aspetto. E’ stato così per me in passato: ogni anno ho guadagnato un po’ di livello e ora ci siamo concentrati davvero su questo. Credo davvero di poterlo battere e di poter fare molto meglio al Tour de France.

«E’ davvero impressionante come si sia comportato in primavera, le gare che ha fatto e le vittorie. Ma a essere onesti, come per il Tour de France, l’unica cosa che posso fare è concentrarmi su me stesso e sul dare il massimo. Quindi non penso a quanto sia stato bravo in primavera, anche perché non è detto che se sei stato il migliore in primavera, lo sarai anche al Tour de France».

Dietro le quinte della reunion Liquigas: Marangoni racconta

12.06.2025
5 min
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Sarà per averne vissuto la storia e per i tanti corridori e direttori sportivi che ha donato al ciclismo mondiale, quando abbiamo saputo che alla Castelli 24H di Feltre avrebbe corso una squadra fatta da ex corridori della Liquigas, abbiamo voluto fortemente raccontarne il ritorno.

E’ stato bello rivedere in gruppo Dario Mariuzzo e risentire la sua voce, come pure riconoscere i volti di ragazzi che con quella maglia hanno raccontato corse e sogni. E siccome è parso chiaro che l’anima della festa sia stato in qualche modo Alan Marangoni, ci è venuta la curiosità di parlare con lui per farci raccontare il dietro le quinte.

Nibali ha corso solo pochi giri con il team Liquigas, in prestito dal team di Paolo Kessisoglu
Nibali ha corso solo pochi giri con il team Liquigas, in prestito dal team di Paolo Kessisoglu
A chi è venuta l’idea? 

L’idea è venuta a Giovanni Lombardi che già dall’anno scorso pensava di fare questa cosa. Però un conto è avere l’idea e un altro organizzare, infatti a chiamarli tutti ci ho pensato io. Il punto era che Sagan doveva partecipare con Sportful, perché è un loro ambassador. Poteva andare con la squadra di Paolo Kessisoglu, che ha un fine nobile ma è piena di celebrità, oppure si poteva far rivivere la Liquigas e alla fine è andata così. Siamo arrivati in 12 giusti. Poi Nibali ha fatto qualche giro con noi, mentre con Oss non ci siamo riusciti, perché lo hanno fatto tirare tutta la notte ed era sfinito. Ha fatto la foto sul palco e poi è andato via.

Chi è mancato clamorosamente?

Sarebbe stato bello avere Viviani, ma il regolamento vieta che ci siano professionisti in attività, mentre fino a qualche tempo fa, uno per squadra poteva partecipare. Caleb Ewan era al limite, ma ha dichiarato di aver smesso e l’hanno ammesso. Del resto noi l’abbiamo fatta in maniera goliardica, ma era una gara amatorie ufficiale a tutti gli effetti. C’era gente molto agguerrita, che ha fatto il record dei giri della storia della 24 Ore, gente che andava veramente forte. E per questo alla fine Elia non l’ho neanche chiamato. Si poteva correre al massimo in 12 e l’unica eccezione è stata fatta con Nibali.

Il team Liquigas è stato costruito da Marangoni attorno a Sagan
Qual è stata la reazione dei ragazzi che hai chiamato?

Hanno detto subito di sì. Gli unici che hanno detto di no erano impegnati. I due che sono stati più dispiaciuti di non poter correre sono stati Cataldo e Gasparotto, che erano fuori con le loro squadre. La cosa incredibile è che Amadio ha avuto la conferma di poter usare il nome Liquigas un mese prima, quindi hanno dovuto fare le maglie a tempo di record.

Ci si incontra sempre alle corse, ma questa riunione è stata anche l’occasione per tirare fuori aneddoti e ricordi particolarmente divertenti?

E’ stato bello soprattutto parlare con Mariuzzo, anche di alcune cose che sono successe. Ho ripreso Dario in un video in cui prende in giro Sagan perché è sceso dalla bici ed era finito, rintronato dalla fatica. Inizialmente Peter ha provato a fare corsa di testa, finché ne ha avuto le gambe. E quando è venuto giù era distrutto e si è messo a rispondere a Mariuzzo che avrebbe voluto vedere lui. E Dario ridendo lo pungolava dicendo che lui non lo avrebbe visto nessuno, perché avrebbe corso di notte.

Da Dalto e Sagan: il campione e il gregario di fiducia. Quei due hanno scritto pagine di storia
Da Dalto e Sagan: il campione e il gregario di fiducia. Qui due hanno scritto pagine di storia
Come essere tornati ai vecchi tempi?

La cosa che ha funzionato molto bene è stata proprio il fatto che eravamo tutti molto amalgamati, molto simili, con lo stesso modo di scherzare. Tanti avevano corso in squadra assieme, mentre io con Pellizotti ad esempio non ho mai corso. Però ho scoperto un modo di fare molto vicino al gruppo. Non so se altri si sarebbero integrati allo stesso modo.

Bennati non c’era?

L’ho chiamato, ma ha corso con Kessisoglu. Ho chiamato Nibali e Oss, ma anche loro si erano impegnati con lui e non ci è sembrato bello chiedergli di dare la disdetta all’ultimo. Ho chiamato anche Capecchi e Vanotti, ma erano impegnati. Se fossero arrivati tutti quelli che ho chiamato, sarebbe servito fare almeno due squadre.

Se davvero l’anno prossimo rimettono insieme la Mapei, poi bisognerà chiamare anche tutti gli ex della Mercatone Uno…

Sarebbe meraviglioso, in effetti. Vediamo come andrà il prossimo anno, pare che prenderà in mano tutto Red Bull o almeno così si dice. Ripensandoci ora, è stata una di quelle cose che è meglio fare quando si presenta l’occasione, perché non sai mai cosa possa succedere in futuro.

Due vittorie in Asia, il punto di partenza di Raccani

12.06.2025
5 min
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Il jet lag si fa ancora sentire nella mente e nel fisico di Simone Raccani, d’altronde due giorni di viaggio dopo quasi un mese in Estremo Oriente, fra Giappone e Sud Corea sono contraccolpi forti. Questa è la sua nuova dimensione, se si va a guardare infatti la sua stagione, su 34 giorni di gara ne ha fatti ben 24 nel continente asiatico, come punta del JCL Team Ukyo e il bilancio alla fine non è davvero male, con due vittorie di tappa e due secondi posti in classifica generale. Due corse uguali per risultati ma diverse fra loro, il Giro del Giappone e il Tour de Gyeongnam.

Con i suoi risultati, il veneto di Thiene ha ritrovato verve, ma anche la prima parte di stagione non era poi stata malaccio: «Salvo l’AlUla Tour dove ancora non avevo una buona condizione e mi sono messo a disposizione dei compagni, poi pian piano le cose sono andate meglio. A Taiwan ho fatto una Top 10 in classifica, poi 2 volte nei 10 in Abruzzo, il Tour of the Alps che non è andato benissimo ma la condizione l’ho tenuta a dispetto di qualche problema di salute, e poi la partenza per l’Asia».

La vittoria in terra coreana, a Geoje, battendo il compagno di fuga Van Engelen
La vittoria in terra coreana, a Geoje, battendo il compagno di fuga Van Engelen
Due corse con identico risultato ma molto diverse per come esso è arrivato…

E’ vero, perché in Giappone eravamo in 3 liberi di giocarci la corsa: io, Fancellu e Zeray. In Corea le cose sono andate un po’ diversamente. Nella prima tappa che era di pianura c’è stata la classica fuga dell’australiano Hopkins che ha guadagnato 1’13”. Nella seconda sapevo che c’era l’unica salita davvero dura e abbastanza vicina al traguardo. Abbiamo fatto subito corsa dura, io sono andato via insieme a un olandese, ho guadagnato quasi un minuto vincendo la frazione ma mancavano ancora un po’ di secondi. Nelle altre prove ho provato, ma le salite erano troppo lontane e non erano abbastanza dure. Così mi sono ritrovato secondo ancora una volta.

La squadra però correva per te, mentre in Giappone avevate tutti mano libera…

Sì, non c’erano ordini di scuderia, Fancellu ha vinto perché aveva quel qualcosa in più e a me ha fatto molto piacere che ci sia riuscito. In Corea invece poi la squadra si è messa al mio servizio, mi hanno aiutato e hanno cercato di ricucire quel breve distacco senza successo. Ma questo è dipeso anche dalle differenze di corsa, di caratteristiche.

Il podio finale in Corea, con Hopkins vincitore su Raccani (a 19″) e Van Engelen (a 23″)
Il podio finale in Corea, con Hopkins vincitore su Raccani (a 19″) e Van Engelen (a 23″)
Quali erano?

In Giappone le salite c’erano, c’era spazio per poter fare la differenza e infatti per questo la squadra aveva lasciato tre corridori liberi di lottare per la vittoria, in Corea non c’erano grandi ascese e anche quei brevi strappi dove fare la differenza erano lontani dal traguardo. Erano percorsi più da passisti, quasi in linea, con un paio di giri grandi e giri più brevi nel finale per giocarsi la vittoria. In comune devo dire che ho trovato la qualità delle strade, davvero belle e ben tenute. Ma in generale devo dire che le organizzazioni erano davvero di alta qualità, moto precise.

Parliamo del team: in Giappone c’era un forte apporto italiano, in Corea eravate solo tu e D’Amato. E’ cambiato qualcosa in termini di equilibri?

Direi proprio di no, c’è un ottimo feeling tra tutte le componenti della squadra, con i giapponesi abbiamo fatto gruppo, anche lo staff ha favorito ciò. Il team è stato prezioso lungo tutta la corsa coreana, per questo al di là della soddisfazione per la vittoria di tappa e il piazzamento mi sarebbe piaciuto ricompensare i loro sforzi con la maglia di vincitore.

Il veneto aveva già messo la firma al Giro del Giappone, vincendo la quarta tappa a Shinshu Iida
Il veneto aveva già messo la firma al Giro del Giappone, vincendo la quarta tappa a Shinshu Iida
Torna un attimo indietro nel tempo, al passaggio di  stagione: la tua scelta di andare nel JCL Team Ukyo, per te che avevi sempre corso in Italia, è stata indovinata?

Decisamente sì, mi trovo molto bene, i giapponesi sono molto di parola ma anche solari, si è formato un bel gruppo e in certe occasioni è davvero l’arma in più. Devo dire che sto vivendo esperienze importanti perché quando vai a correre in Asia è sempre qualcosa d’importante, di diverso, è sempre un’esperienza  formativa anche a livello umano.

Tu con il team hai firmato solo per quest’anno?

Sì, ragioneremo più avanti su che cosa fare, io per ora voglio pensare solo a correre, a fare sempre meglio, quel che posso dire è che la scelta di accettare questa sfida è stata quella giusta. Questo team non ha nulla da invidiare a una squadra professional, ha tutto, con gente d’esperienza alla sua guida. Quella scelta fatta alla fine della passata stagione è stata quella giusta.

Raccani è al primo anno nel team giapponese, dove ha trovato grande empatia anche dai locali
Raccani è al primo anno nel team giapponese, dove ha trovato grande empatia anche dai locali
Dopo un mese dall’altra parte del mondo, ora che ti aspetta?

Queste settimane preparerò il campionato italiano, poi un breve periodo di vacanza prima di preparare in altura la seconda parte di stagione a cominciare dal Giro della Repubblica Ceka. Sulle gare asiatiche devo però aggiungere una cosa: molti dicono che team come il nostro vanno lì per prendere punti facili, ma non è così. Quelle gare sono molto diverse da quelle europee, non ci sono i team che gestiscono, come quelli del WorldTour, infatti al Giro de Giappone siamo stati noi a fare la corsa, in Corea c’era invece anarchia in tal senso. Il livello è più basso rispetto alle corse europee, ma serve grande scaltrezza, sono corse che bisogna saper correre innanzitutto con la testa.

Finn verso il Giro Next Gen: la crescita e la voglia di imparare

12.06.2025
5 min
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Una videocamera nella hall dell’hotel ad Andorra, posto scelto per i ragazzi del team Red Bull-BORA-Hansgrohe Rookies per il ritiro in preparazione al Giro Next Gen (in apertura foto Twila Federica Muzzi). Al centro Lorenzo Finn che con questi colori lo abbiamo visto correre lo scorso anno e vincere il mondiale juniores a Zurigo. A sinistra John Wakefield responsabile della parte di sviluppo della squadra, a destra Werner Muller-Schell responsabile della comunicazione e addetto stampa. Nonostante la presenza di cinque giornalisti italiani, compreso chi scrive, le domande vengono poste in inglese. E’ il ciclismo dei devo team e che piaccia o meno la piega è internazionale. 

Intorno al campione iridato juniores del 2024 c’è tanta curiosità. Le sue qualità alzano le aspettative ma la giovane età invita a restare calmi e avere pazienza. Quando si ha tra le mani un talento come quello di Lorenzo Finn serve programmare tutto con i giusti passi. Il lavoro dei tecnici Red Bull-BORA-Hansgrohe è volto a questo anche se l’inizio del Giro Next Gen porterà sicuramente un primo banco di prova. 

Pressioni? Poche

Il ragazzo nato e cresciuto in Liguria sfoggia la sua solita calma e risponde alle domande. Ogni tanto si lascia andare a qualche battuta ma la concertazione verso questo primo grande obiettivo di stagione è massima. 

«Non vedevo l’ora che arrivasse questa gara – racconta subito – sarebbe stato bello conoscere il percorso un po’ prima. Correrò vicino a casa (le ultime tre tappe non saranno lontane dalla sua Genova, ndr) e verranno parenti e amici a vedermi. Il Giro Next Gen è un grande obiettivo fin dall’inizio della stagione.  Sono al primo anno da under 23 e accanto a me avrò compagni più esperti. Mi limiterò a fare del mio meglio senza troppa pressione».

Arrivare alla gara di casa forte del titolo di campione del mondo juniores come ti fa sentire?

Sereno. Si tratta di un bellissimo risultato ma ottenuto in un’altra categoria. Sono molto orgoglioso di quanto fatto ma si parla dello scorso anno, ora sto lavorando per fare altri step. Il Giro Next Gen sarà la corsa a tappe a cui ho preso parte, saranno otto tappe impegnative. 

Come avete lavorato in questi giorni di ritiro ad Andorra?

Siamo stati qui per tre settimane (il team è tornato a casa domenica 8 giugno, ndr). All’inizio abbiamo lavorato in maniera tranquilla per abituarci alla quota perché ci trovavamo a 2.400 metri. Per il resto, una volta trovato il ritmo giusto, ci siamo concentrati su blocchi di due giorni con sforzi sulla media distanza e uno incentrato sulla resistenza. 

Durante le otto tappe del Giro Next Gen Finn si metterà alla prova e avrà il supporto di tutta la squadra (foto Flavio Moretti)
Durante le otto tappe del Giro Next Gen Finn si metterà alla prova e avrà il supporto di tutta la squadra (foto Flavio Moretti)
Quanto ti sei concentrato nel curare la cronometro? Visto che il Giro Next Gen partirà con una prova contro il tempo?

Ci siamo concentrati abbastanza su questo aspetto, in primavera una caduta mi ha causato la frattura della clavicola e non è stato facile allenarsi sulla bici da cronometro. Fino ad ora non abbiamo mai fatto gare contro il tempo ma non credo sia un problema, alla fine la cronometro di Rho misura otto chilometri. Non credo risulterà decisiva per la vittoria finale. 

Guardando il percorso che idea ti sei fatto?

Penso che la terza tappa sia più una scalata sola e darà già delle buone indicazioni. Ai fini della classifica finale le ultime due frazioni, quella di Prato Nevoso e di Pinerolo, saranno realmente decisive. La settima è un continuo sali e scendi con degli strappi che possono fare male. Personalmente credo di preferire un percorso del genere piuttosto che avere una sola salita nel finale. 

Hai detto che questo è il tuo primo obiettivo di stagione, come mai?

Perché da bambino ho iniziato a guardare il ciclismo con il Tour de France, quindi il sogno che ho coltivato è quello delle corse a tappe. Crescendo però ho scoperto che mi piacciono molto anche le corse di un giorno, la squadra sta lavorando molto per farmi diventare un corridore da corse a tappe viste le mie qualità però vedremo. Sto crescendo e vedremo cosa ci riserverà il futuro. 

Ultima domanda: sarai contento se a fine Giro?

Penso che sarò felice comunque perché la mia ragazza verrà a vedermi. A essere totalmente onesti mi piacerebbe vincere una tappa, sarebbe bello ma ci sono tanti corridori forti. Però direi che voglio dare il meglio senza subire infortuni e lavorando bene con la squadra.

Remco vola, Vingegaard morde, Pogacar trema. Parola a Maestri

11.06.2025
7 min
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Perché alla fine la notizia è la sconfitta di Tadej Pogacar. Inutile girarci intorno. Forse è anche esagerato dire così: alla fine lo sloveno ha perso 28” dal suo rivale numero uno. Ma questo è quello che succede agli Dei. Tuttavia la crono di Saint-Péray, quarta tappa del Critérium du Dauphiné, ha detto molto di più.

Ci ha detto che Remco Evenepoel sta raggiungendo livelli sempre più siderali in questa disciplina, che Jonas Vingegaard fa paura ed è già in ottima condizione, e che Pogacar forse aveva il sentore che gli mancasse qualcosa a cronometro. Nella conferenza stampa dell’altro giorno infatti aveva detto che avrebbe voluto lavorare un po’ di più in questa specialità.

Mirco Maestri (classe 1991) lo scorso anno si è laureato campione europeo nella mix relay
Mirco Maestri (classe 1991) lo scorso anno si è laureato campione europeo nella mix relay

L’occhio di Maestri

Tutto questo lo commentiamo con un cronoman italiano, uno degli eroi dell’europeo 2024: Mirco Maestri. Il portacolori della Polti-VisitMalta è in partenza per il GP Aargau e la Copenhagen Sprint. E mentre faceva le valigie si è fermato a studiare i tre tenori.

«Sto bene nel complesso – racconta Maestri – ma è stato un Giro d’Italia duro e ancora vado a giornate alterne. Però c’è da tenere duro fino agli italiani, dove cercherò nella crono di migliorare il sesto posto dell’anno scorso. Per questo devo ringraziare la squadra che ha creduto in me per questa sfida e mi ha permesso di migliorare e di lavorarci su».

Mirco, insomma cosa ti è sembrato di questa crono?

Che quei tre volano! Remco è stato spaventoso…

Su cosa ti sei concentrato guardandolo?

Sulla posizione dei top player, dai corridori che vincono le cronometro, specialisti, che poi tante volte ormai sono gli scalatori quelli che vanno forte a crono, a parte qualcuno. Mi piace molto la posizione e lo stile che ha Remco a cronometro, perché è un piccolo missile, bello dritto, spianato. Guardi più che altro quello, non essendoci il nostro Ganna si guardano gli avversari. Studiamo gli avversari soprattutto. Esatto, esatto.

E riguardo alla gestione dello sforzo, ti aspettavi un finale ancora devastante da parte sua?

No, ma penso che come fa le crono lui è molto costante. Non è mai uno che parte forte e poi perde o il contrario, parte piano e poi guadagna: fa una crono molto lineare. Mi piace soprattutto come sta fermo in bici, questa potenza che ha. Se guardiamo anche la salitella: l’ha fatta tutta di potenza, seduto. Infatti quando ho visto che Pogacar si alzava, avevo già annusato che secondo me non era brillantissimo. A cronometro più sei fermo, più riesci a spingere forza bruta. Devi avere quella forza in quella giornata lì: il che fa tutta la differenza.

Hai introdotto tu Pogacar: cosa ci dici di lui? Hai notato qualcosa di diverso rispetto alle sue ultime crono?

Come ho detto prima, Tadej l’ho visto un po’ meno potente del solito, ma può essere anche la giornata. Una giornata no per lui. Se guardate altre cronometro che ha fatto, la salita l’ha sempre affrontata in spinta da seduto. E’ vero che era un nove per cento, ma da quello che mi ricordo l’ha sempre affrontata di forza, rimanendo addirittura in posizione. Secondo me, ripeto, può essere anche stata una giornata storta. Non era una gran giornata, e a cronometro se non sei perfetto paghi. Ricordiamoci che lui deve essere in condizione al Tour e ancora di più nel finale del Tour. E al via della Grande Boucle mancano ancora tre settimane.

Un plauso al giovane Ivan Romeo che si è trovato a duellare coi giganti. Ha chiuso la sua prova 15° a 1’25” da Evenepoel (foto Instagram)
Un plauso al giovane Ivan Romeo che si è trovato a duellare coi giganti. Ha chiuso la sua prova 15° a 1’25” da Evenepoel (foto Instagram)
Quanto è importante questa crono ai fini del Tour? Che dati si acquisiscono? Ed eventualmente c’è margine per lavorare?

Per me questa crono è più un indicatore di come si sta tre settimane prima del Tour. E’ il primo vero test. Si può testare la posizione, la brillantezza, come si è lavorato. Poi dipende anche dall’approccio: se uno vuole impostare un Tour in crescendo ci sta che sia ancora lontano dal top della forma. Diciamo che adesso io non vorrei essere al top, a tre settimane dal Tour.

Conoscendolo, stasera Pogacar è tranquillo del suo cammino o ha qualche certezza in meno?

Lo conosco da dentro il gruppo e comunque da quello che vedo è uno a cui non piace perdere, indipendentemente dallo stato di forma. Però ormai lo standard si è livellato (in alto) anche per loro. Può essere che gli altri siano stati un po’ più pimpanti, un po’ più preparati. Tuttavia per me è comunque tranquillo.

Certo Pogacar non è “morto” oggi, anzi… forse sarà ancora più cattivo?

Esatto, ribadisco il fatto che mancano tre settimane. Sarei ben sereno. Lui è abituato a dar spettacolo, a far vedere che è forte. E giustamente dimostra sempre di avere qualcosa in più rispetto ai diretti avversari.

Al Delfinato (Sud Ovest della Francia) c’erano 32 gradi: una giornata torrida specie con quei bodi aero (foto Instagram Soudal-Quick Step)
Al Delfinato (Sud Ovest della Francia) c’erano 32 gradi: una giornata torrida specie con quei bodi aero (foto Instagram Soudal-Quick Step)
Ha perso 48 secondi da Evenepoel e 28 da Vingegaard.

Da Remco comunque ci può stare, anche perché non era particolarmente dura. Certo, per lui può essere tanto, anche considerando la batosta dal diretto avversario, ma penso che dormirà tranquillo stanotte. Anzi, dirà: «Domani glielo faccio vedere io».

Passiamo a Vingegaard: questa partenza a tutta è un modo per mettere pressione ai rivali?

Penso che anche Vingegaard nel complesso la viva abbastanza bene. Sì, fa vedere che c’è. Magari c’erano dei dubbi, l’avevano visto un po’ strano, con tutte quelle voci che girano prima del Tour, la caduta alla Parigi-Nizza… Invece si è visto che c’è eccome. Ora Pogacar sa che dovrà dare battaglia per vincere.

E da un punto di vista tecnico, come ti è sembrato il danese?

Lui è molto meticoloso. Vedi come prepara gli appuntamenti, le cronometro, è molto preciso anche sulle curve, molto concentrato. Nel finale mi ha colpito il fatto che su una curva ha tolto solo una mano dalle appendici perché c’era un dosso, poi si è rimesso subito in posizione: quello è un segno di lucidità. E poi so che alla Visma-Lease a Bike preparano ogni crono al dettaglio. Io conosco bene Affini e so come lavorano. Quindi sono sicuro che Jonas sapeva cosa doveva fare per perdere il meno tempo possibile. Sono meticolosi. E lui, per quello che vedo da fuori, è uno molto quadrato, studia il dettaglio.

In maglia gialla ora c’è Remco con 4″ su Lipowitz e 9″ su Romeo
In maglia gialla ora c’è Remco con 4″ su Lipowitz e 9″ su Romeo
Prima hai parlato della potenza di Vingegaard. A noi ha colpito quell’agilità estrema sulla salita. Sarà andato a 110 rpm…

Dipende da come l’hanno preparata. Perché alla fine avere troppa cadenza ti penalizza in termini di aerodinamicità. Se sei agile perché stai facendo girare un rapporto lungo va bene, altrimenti non è redditizia quella scelta a crono. Però credo che quando riesci a fare potenza in agilità vuol dire che la forma è buona. Non vai a ricercare il rapporto: hai potenza per far girare le gambe.

Quanto conta invece la prestazione di Jorgenson, sia dal punto di vista fisico che dei materiali e delle metodologie?

Di sicuro vanno forte e lavorano bene. Pensiero mio: magari servirebbero alcune regole che livellassero un po’ certi aspetti, come quello dei caschi. Mi sembrano un po’ esagerati. Detto questo, Jorgenson non è l’ultimo arrivato. Anche lui è andato forte perché molto probabilmente l’hanno preparata al dettaglio. E lui con ogni probabilità ha fatto da apripista per Vingegaard, fornendogli poi i dati su gestione, curve…

Ultima domanda, Mirco. Pogacar è stato l’unico che ha bevuto: magari c’era un goccio di maltodestrine in quella borraccia. Questo può essere indicativo per i tecnici o anche per te?

La questione è delicata perché non sappiamo cosa c’era in quella borraccia. Non dimentichiamo che Tadej soffre il caldo e voleva idratarsi. Quindi potrei ipotizzare anche solo acqua per inumidire la bocca, perché vai in secchezza. Anche io preferisco bagnarla, anche se è uno sforzo di venti minuti. Arrivare con la bocca asciutta non dà buone sensazioni. Quindi può essere che sia stato per quello. Mi sembra difficile che usino maltodestrine in uno sforzo così breve. Anche se le hai prese a metà gara, qualcosa entra forse nel finale, ma non va a influire davvero.

Dal Veneto arriva Forlin, nome nuovo per la salita

11.06.2025
5 min
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In una corsa di altissimo profilo tecnico come il GP FWR Baron, prova della Nations Cup vinta dallo spagnolo Benjamin Noval considerato il nuovo Ayuso, ha fatto rumore il quarto posto di Daniele Forlin, primo degli italiani ma non presente nella nazionale, bensì nella rappresentativa veneta.

Per il diciassettenne di Abano Terme questo piazzamento è una sorta di diploma di maturità (quella vera lo studente di Tecnica Agraria a Padova la sosterrà il prossimo anno) nel mondo del ciclismo, al suo secondo anno nella categoria. Forlin tocca il suo punto più alto di una carriera nata quasi per caso.

Daniele Forlin è nel Team Nordest dallo scorso anno dove ha trovato subito molta considerazione (photors.it)
Daniele Forlin è nel Team Nordest dallo scorso anno dove ha trovato subito molta considerazione (photors.it)

«Non vengo da una famiglia di ciclisti. Mio padre è sì appassionato, ma non ha mai fatto agonismo, usa la bici solo per divertimento. Da ragazzino vedevo che i miei amici andavano a scuola in bici e così anch’io gliene chiesi una, gli dissi che volevo una Graziella, ma per lui costava troppo così mi comprò una vecchia bici con un manubrio da strada e con quella iniziai, mi sono appassionato e dal 2020 ho iniziato da primo anno esordiente. Anche se iniziato è una parola grossa: era l’anno del Covid che presi anch’io, ci furono solo 6 gare».

A mente fredda, essere arrivato vicino ai big della specialità che cosa ti dice?

Che sono molto migliorato rispetto allo scorso anno, ma questo lo avevo visto già nel corso della stagione. Nel 2024 vedevo che i miei valori non erano molto buoni, anche nei momenti di maggior sforzo. I risultati non mi premiavano, ma con un anno in più, la crescita fisica, i numeri dicono che sono un altro e vado più forte. Io spero di continuare su questa strada anche perché fisicamente ho margini ampi.

Il padovano ha già 7 Top 10 nella stagione, con due piazze d’onore in Abruzzo e al GP San Michele (foto Bolgan)
Il padovano ha già 7 Top 10 nella stagione, con due piazze d’onore in Abruzzo e al GP San Michele (foto Bolgan)
Al Baron hai vinto la classifica degli scalatori come avevi fatto al Giro d’Abruzzo: è quella la tua dimensione?

Sicuramente la salita è il terreno dove vado meglio ma non mi ritengo uno scalatore puro perché salgo di ritmo, non attraverso continui scatti. Vado bene anche in pianura e sono anche abbastanza veloce, anche se trovo sempre qualcuno nei gruppi ristretti che lo è più di me… Di regola comunque preferisco le corse dure, dove c’è molta selezione.

Tu sei del team Nordest Villadose Angelo Gomme: come hanno preso la tua prestazione?

Sono rimasti naturalmente molto contenti e un po’ mi dispiace che in quella vetrina non avessi la loro maglia. Sono al secondo anno con loro e devo dire che mi sono sempre trovato molto bene, mettono tutto quel che serve a disposizione.

Vittoria nella classifica degli scalatori al GP FWR Baron, come aveva già fatto al Giro d’Abruzzo
Vittoria nella classifica degli scalatori al GP FWR Baron, come aveva già fatto al Giro d’Abruzzo
Garzara, il vostro nuovo diesse, ti aveva indicato a inizio stagione come uomo di punta…

Lo ringrazio e mi piacerebbe ripagare il team con una vittoria di peso. La corsa a tappe è stata un appuntamento importante, non mi aspettavo quel risultato né tantomeno l’importanza che ha avuto. Sapevo che era un’occasione importante perché c’erano tutti i grandi specialisti internazionali tanto è vero che secondo è arrivato il polacco che ha vinto la Corsa della Pace. Io non sapevo quale poteva essere il mio livello, ora so che posso davvero giocarmela con tutti.

La tua prestazione ti ha anche avvicinato alla maglia azzurra, considerando che le prove titolate quest’anno saranno pane per gli scalatori…

Io non voglio pensarci troppo, non voglio sognare e poi rimanere deluso. Spero che i miei risultati mi portino sempre più vicino a quell’opportunità, ma so anche che per i mondiali i posti a disposizione sono pochissimi ed essere nel quartetto promosso non sarà facile. E’ un motivo in più per impegnarmi nelle prossime gare.

Con la rappresentativa veneta, con cui ha brillato nella prova di Nations Cup
Con la rappresentativa veneta, con cui ha brillato nella prova di Nations Cup
Che sono?

Innanzitutto l’appuntamento di Solighetto che sarà un’altra vetrina internazionale, poi il campionato italiano e il Giro della Valdera, altra occasione dove far vedere che nelle prove a tappe me la cavo piuttosto bene.

Stiamo entrando nell’estate, come ti trovi con il caldo?

Diciamo che è la mia stagione preferita, ho qualche problema solo all’inizio, con il cambio di temperatura, ma posso dire che quest’anno è già passato senza problemi, il GP Baron è stata la prima corsa con il clima che piace a me.

Forlin punta ora a una grande estate, per provare a guadagnarsi una maglia azzurra (photors.it)
Forlin punta ora a una grande estate, per provare a guadagnarsi una maglia azzurra (photors.it)
Qual è stata finora la tua gara più bella?

Dire l’ultima sarebbe troppo facile, ma a me è rimasto nel cuore il GP San Michele, con la fuga portata avanti per 70 chilometri e alla fine il secondo posto inchinandomi solo a Brandon Fedrizzi che per quel tipo di gare d’un giorno è davvero portato.

A fine anno ci sarà da pensare al cambio di squadra…

Per ora vado avanti gara dopo gara, a luglio prenderò una decisione parlando anche con i miei genitori. D’altro canto ora le prospettive sono un po’ cambiate, al GP Baron si sono avvicinati anche emissari di squadre estere mostrandomi il loro vivo interesse, non posso non tenerne conto…