Poels e Malucelli: uno si prende la Turchia, l’altro Izmir

04.05.2025
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IZMIR (Turchia) – Matteo Malucelli lascia correre la bici fino a Istanbul, quasi. E’ un modo tutto suo per godersi questa vittoria tanto cercata e tanto voluta. Ieri, guardandolo con tutti gli “occhiali” possibili dopo l’arrivo, eravamo sicuri che oggi avrebbe vinto. I colleghi della stampa turca ci chiedevano se anche oggi avrebbe trionfato un italiano dopo il successo di Viviani. E noi rispondevamo che sarebbe toccato a Malucelli. I complimenti dopo la tappa sono arrivati anche a noi!

Scherzi a parte, siamo a Izmir, l’antica Smirne, una delle città più grandi del Mediterraneo, seconda solo a Istanbul e Il Cairo. Qui vivono oltre 5 milioni di persone. Le case hanno la bandiera turca ai balconi e la città ospita uno dei porti più grandi del Mare Nostrum, porta da e per l’Oriente.

La classifica finale ha visto: 1° Wout Poels, 2° Harold Martin Lopez e 3° Guillermo Juan Martinez
La classifica finale ha visto: 1° Wout Poels, 2° Harold Martin Lopez e 3° Guillermo Juan Martinez

Bravo Poels

Su questa strada che costeggia il porto – incanto di sole, mare e bici, lungo la rotta dell’EuroVelo 8 – la XDS-Astana festeggia. A Malucelli la tappa, a Wout Poels la classifica generale del Presidential Tour of Turkey.

L’olandese aspetta di salire sul podio con un buon colpo di pedale ritrovato. Durante l’inverno ha lavorato bene e soprattutto sembra essersi integrato nel clima della squadra.

«Andrò al Giro d’Italia per puntare a una tappa – spiega Poels – non avrebbe senso fare qualcosa per la generale. Sono molto contento di questa vittoria. Ci dà morale e devo ringraziare tutti i ragazzi che hanno lavorato alla grande. Eravamo qui con l’obiettivo di vincere e fare punti. Ci siamo riusciti».

A fine gara, l’esperto corridore olandese tiene in mano il trofeo del Tour of Turkiye: un intreccio dorato, una colonna, come tante ne abbiamo viste in questi giorni in Turchia.

Tanto mare, ma al via anche qualche bello strappo nell’entroterra
Tanto mare, ma al via anche qualche bello strappo nell’entroterra

Seduti con Malucelli…

Sceso dal podio, iniziamo a parlare con Malucelli. Matteo però ci fa spostare su delle sedie all’angolo dello stand dietro al palco. E’ stanco e preferisce stare seduto.

Per chi sono questi fiori, Matteo?

Se arrivano a casa in due giorni, ma non credo, perché sono un po’ grandi, sono per la mia ragazza, Martina. Alla fine queste sì, noi gioiamo all’arrivo e ci godiamo i risultati che ci ripagano dei sacrifici, ma viviamo quell’emozione intensa che dura un secondo e vale più di tutto il resto. Chi è a casa fa i sacrifici con noi, ma non vive quelle stesse emozioni. Quindi questo pensiero speciale è per lei.

Bastava vederti in volto ieri per capire che oggi non avresti mollato la presa…

Ieri mi sentivo bene, ma anche il primo giorno… e ho fatto secondo. Non c’era mai stata una squadra che mettesse il gruppo in fila. Sono stato anticipato da dietro, ma nella mia testa sapevo di essere più veloce. Ieri ho avuto paura di rimanere chiuso e sono partito troppo presto. E’ stato un errore, ma anche la mossa giusta: c’era una semicurva e con meno vento avrei potuto vincere. Ieri pomeriggio ho cercato di stare calmo, dormire, mangiare, recuperare. Oggi ho provato a stare a ruota di Kristoff: sapevo che la sua squadra aveva il miglior treno. Dovevo solo seguirlo e saltarlo sul finale. E così è andata.

La volata potente di Malucelli, al secondo successo stagionale
La volata potente di Malucelli, al secondo successo stagionale
Non farai il Giro, ma qui c’è uno che ci andrà. Dicci qualcosa di Poels…

E’ la prima gara che faccio con Wout. L’ho sempre visto al Team Sky, ricordo che lui era già pro’ nel 2009 e io ero ancora allievo. E’ un ragazzo molto scherzoso, un burlone, ma in corsa è serissimo. Ha guidato la squadra in maniera esemplare. Non abbiamo mai avuto momenti di difficoltà nel controllare la corsa. Ha sempre mantenuto la calma e ci ha dato quella serenità che serve per vincere. Ne parlavo anche con Fausto (Masnada, ndr) a cena: quando hai un capitano così, le motivazioni e le energie si moltiplicano. E’ bello correre da squadra…

Wout ci ha detto che non farà classifica al Giro. E’ così?

Sinceramente non lo so, ma non credo. Al Giro ci sarà una XDS-Astana d’assalto.

In effetti abbiamo visto una XDS compatta. Ma non credevamo che Poels fosse così leader…

Sì, mi avevano detto che si veniva per fare classifica con lui, quindi magari avrei dovuto lavorare. E siamo una squadra: c’era un obiettivo. Mi sono messo a disposizione e ho cercato di risparmiare più energie possibili nella seconda, terza e quarta tappa. E così facendo alla fine sono riuscito a vincere l’ultimo giorno.

Prima di salire sul palco, Malucelli, Kristoff (questo anche l’ordine d’arrivo) discutono dello sprint. Lonardi ha vinto la maglia a punti
Prima di salire sul palco, Malucelli, Kristoff (questo anche l’ordine d’arrivo) discutono dello sprint. Lonardi ha vinto la maglia a punti
Risparmiare energia pur lavorando però, perché ti abbiamo visto spesso davanti…

Negli anni ho imparato che in queste gare a tappe lunghe, perché otto giorni non sono pochi, la chiave è il recupero. Abbiamo un orologio Garmin che ci monitora tutto e ho visto che anche stando fermo al pomeriggio dopo le tappe, consumavo energia. C’era stress. Quindi ho cercato di dormire tutti i pomeriggi, recuperare al massimo. E c’è differenza: il giorno dopo lo senti, vedi che hai recuperato di più. Sembra banale, ma dopo otto tappe fa la differenza. Ho curato il recupero, il sonno, l’alimentazione… perché sapevo che agli ultimi due giorni dovevo arrivarci più fresco possibile.

Non sarai al Giro: un po’ ti dispiace?

Mi piacerebbe fare un Grande Giro, non l’ho mai fatto. Ma so anche che sarebbe una sofferenza grande per me. Penso di aver trovato la mia dimensione in gare così, con qualche squadra WorldTour. Posso essere competitivo e togliermi soddisfazioni.

Onesto…

Sì, ci sono 4-5 velocisti più forti, c’è poco da fare. Per un velocista è importante vincere e questa è la mia dimensione. Magari posso migliorare ancora un po’ con più corse di questo livello. L’anno scorso ne ho fatte poche, quest’anno ho già corso in UAE, in Cina e qui in Turchia. La mia condizione crescerà e voglio dimostrare che il mio posto qui me lo sono meritato. Nelle prossime settimane avrò molti appuntamenti per sprinter.

In Turchia domina la XDS-Astana. Lopez, Poels… e Masnada

03.05.2025
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SELCUK (Turchia) – Uliveti e coltivazioni di pesche si susseguono senza sosta lungo l’anello di 156 chilometri che parte e arriva da questa cittadina nel Sud-Ovest dell’Anatolia, Selcuk la moderna Efeso. L’area archeologica ci attende subito dopo la tappa. Dopo aver ascoltato quanto detto dalla guida, tra colonne, templi e teatri ci viene da pensare che dopo i Greci e i Romani, ora tocca agli XDS-Astana dominare questa antica città.

Il Tour of Turkiye aggredisce questa frazione, forte anche del riposo forzato del giorno precedente: tappa sospesa per troppa pioggia… non senza una certa coda di polemiche.

C’è vento in basso nelle vallate più grandi, ma all’improvviso le strade larghe diventano prima strette, poi strettissime e il vento cala un po’. Si va nella Turchia più autentica, fatta di case vecchie, contadini e… gente con lo smartphone in mano pronta a riprendere i corridori. Si respira un’aria di una genuinità strabordante e si ammirano paesaggi bellissimi.

Strappi cattivi

Il finale è tosto per davvero. Due salite che non regalano nulla, specie la prima. Ci sono strappi anche al 15 per cento. Davanti restano i migliori 15 atleti di questo Tour of Turkiye e tre di questi sono della XDS-Astana: Wout Poels, Harold Martin Lopez e Fausto Masnada.

Tra i 15 c’è anche Giovanni Carboni. L’italiano va forte, fortissimo… Alla fine sarà quinto. Un piazzamento che non lo soddisfa.

«Sono partito troppo presto – racconta l’atleta della Unibetla gamba c’era, ma forse dovevo aspettare. Tanto più che altri avevano compagni di squadra. Ma l’altro giorno, nella tappa regina, ho perso del tempo a causa di alcune cadute e volevo recuperare un po’. Ci proveremo ancora, vedremo cosa uscirà fuori».

Masnada tira, cuce, rilancia e poi lascia fare a Lopez. A circa 1.800 metri dal traguardo Lopez se ne va e va a prendersi la tappa. Lo segue Poels, giusto per non perdere la leadership. Primo e secondo. A distanza di cinque mesi e 2.500 chilometri vediamo realizzarsi le parole che ci aveva detto Maurizio Mazzoleni a Denia, in Spagna, questo inverno: che avrebbero corso in un certo modo, andando a caccia di punti in corse magari meno note, ma pesanti. E il Tour of Turkiye appartiene alla categoria “.Pro“, la più importante dopo quella WorldTour.

Bentornato Masnada

Che bello rivedere il bergamasco davanti, attivo nella corsa. Tanto più che il suo lavoro ha contribuito a far vincere un compagno di squadra, Harold Martin Lopez.

«Mi fa piacere essere qui – racconta soddisfatto Masnada – alla fine, dopo tre anni con parecchi problemi fisici, sembra che sto ritrovando un po’ il colpo di pedale. Faccio fatica, non sono brillante come una volta, però oggi avevo una motivazione in più. Dato che abbiamo il leader e il secondo in classifica, stiamo correndo da vera squadra. Per cui ho ritrovato anche il piacere di lavorare per i capitani e di godermi la corsa e le sue dinamiche. Quando si concretizza ti senti valorizzato.

«Oggi (ieri, ndr) ho fatto quello che mi è stato chiesto e le gambe hanno risposto abbastanza bene. Come l’altro giorno siamo riusciti a concretizzare il lavoro, e questo dà morale. Anche perché in queste gare, anche se non sono di primissimo piano, si fa parecchia fatica e non è semplice controllare la corsa. Ci restano ancora due tappe e il nostro velocista, Matteo Malucelli, potrà dire la sua nelle volate che restano».

Ora Fausto Masnada torna al grande ciclismo: sarà al Giro d’Italia. «Da qui andrò direttamente in Albania, con un volo da Istanbul lunedì».

La Pantera Rosa dell’Ecuador

E poi c’è il vincitore, Harold Martin Lopez. La prima cosa che gli chiediamo è come dobbiamo chiamarlo: Harold o Martin? E lui: «In Ecuador sono Martin, in XDS-Astana sono Harold!». Sempre Masnada ci ha detto che Lopez ha un grande motore e che è un bel prodotto del vivaio XDS-Astana.

«Ho trovato una squadra che investe anche sui giovani – ha concluso Masnada – Nel ritiro invernale c’era sempre anche la squadra Continental e questo lavoro di gruppo mi è piaciuto. Adesso Harold ha fatto il salto di qualità, penso che da noi ci sia un ambiente giusto per far nascere nuovi talenti».

Poi eccoci a Lopez. Quando parla lo fa con un ottimo italiano, appare sicuro e spontaneo: due caratteristiche non da poco.

«Sinceramente mi aspettavo di vincere – ammette con schiettezza – ho iniziato la stagione con una brutta caduta in Australia (porta ancora i segni sul volto, ndr) e sono stato fermo due settimane. Però poi ne ho fatte quattro a tutta in Ecuador. Mi sono allenato e sono tornato bene, avevo tanta voglia e sono subito andato forte, sia alla Milano-Torino che al Catalogna che ancora al Giro di Grecia: l’ho vinto. Quindi arrivavo qui in Turchia con tanta grinta. Ero ed avevo una squadra motivata. Qui in Turchia avevo fatto secondo nella tappa regina e oggi toccava a me».

Lopez è un altro figlio delle Ande, uno scalatore puro. Piccolo ma potente, con due cosce così. E soprattutto è un giovane: parliamo di un classe 2000. Ha tanta voglia di imparare e anche per questo ama stare con gli italiani. Masnada lo ha ribattezzato “Pantera Rosa”… In Ecuador esce spesso con Richard Carapaz.

«Richard è un mio amico – dice – e anche lui mi dà tanti consigli. Dopo che sono arrivato secondo in una tappa in Grecia mi ha detto che ero proprio un dilettante, perché avevo fatto lo sprint con le mani sulle leve».

XDS-Astana: inizio da incorniciare. Sentiamo coach Anastopoulos

21.04.2025
5 min
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E’ evidente che quell’aria di rinnovamento percepita già nei ritiri invernali fosse reale. In casa XDS-Astana le cose stanno davvero cambiando. Pensate che, al netto dell’Amstel Gold Race di ieri, se si stilasse la classifica per team dall’inizio della stagione, la squadra di Alexandre Vinokourov sarebbe terza, dietro solo a UAE Emirates e Lidl-Trek. Sei vittorie e la possibilità di riacciuffare il 18° posto, che garantisce il WorldTour, che resta difficile, ma non è più impossibile.

Un cambio di passo netto, che abbiamo voluto approfondire con uno dei coach del team turchese: Vasilis Anastopoulos. Già questo inverno, il capo dei preparatori Maurizio Mazzoleni – figura sempre più centrale nel progetto – ci aveva illustrato il nuovo piano tecnico. Ora il discorso si completa con la voce del tecnico greco.

Anastopoulos con Ballerini durante il training camp in Grecia (foto Instagram)
Anastopoulos con Ballerini durante il training camp in Grecia (foto Instagram)
Vasilis, partiamo da Ballerini, al netto della sfortuna alla Roubaix. E’ stato al training camp ad Atene con te, come Cavendish l’anno scorso. Come avete lavorato? Era la prima volta che veniva da te in Grecia?

Abbiamo notato che negli anni precedenti Ballerini si ammalava spesso dopo la Tirreno-Adriatico o la Parigi-Nizza. Così abbiamo deciso di cambiare qualcosa per portarlo nelle migliori condizioni alle Classiche del Nord. Invece di correre quelle gare a tappe, abbiamo preferito fare un training camp intenso di dieci giorni in Grecia, dove il clima è migliore.

Avete modificato qualcosa anche nella sua preparazione?

L’anno scorso Davide è stato sfortunato, ha avuto un infortunio al ginocchio proprio durante la campagna del Nord e ha saltato tutto. Quest’anno ci siamo concentrati molto sulla sua condizione generale. Abbiamo fatto anche un ritiro in altura al Teide, che si è rivelato perfetto come avvicinamento alla Sanremo e alle corse belghe. Abbiamo replicato scenari di corsa facendo dietro motore sia in salita che in pianura. Abbiamo lavorato tanto sulla resistenza alla fatica, perché oggi è fondamentale saper esprimere potenza non quando sei fresco, ma quando sei stanco. Su questo abbiamo lavorato molto, sia al Teide che in Grecia.

Ti aspettavi che andasse così forte a Gand e al Fiandre? E cosa ti aspettavi dalla Roubaix?

Credo che tutti abbiamo visto che Davide è stato tra i più forti e veloci. In questo momento è in una forma eccellente. Per la Roubaix, ovviamente, serve anche un po’ di fortuna (cosa che non ha avuto, ndr), ma penso che ci è arrivato davvero bene. Dal punto di vista della prestazione, sono pienamente soddisfatto.

Harold Martin Lopez (classe 2000) è il colombiano che ha vinto il Tour of Hellas
Harold Martin Lopez (classe 2000) è il colombiano che ha vinto il Tour of Hellas
Al Tour of Hellas avete vinto con Martin Lopez. In passato l’hai vinto anche tu: in questo caso sono serviti di più i consigli del coach o del corridore greco?

Direi entrambi. Una combinazione. Detengo ancora il record di vittorie di tappa e conosco ogni angolo di quella corsa. Abbiamo costruito la squadra attorno a Lopez e Ulissi, insieme ai nostri giovani della squadra devo. Abbiamo vinto la classifica generale, che era il nostro obiettivo. I bei ricordi da corridore ora si sono completati con quelli da tecnico grazie a questa vittoria con la XDS-Astana.

Lavori spesso con i velocisti: Malucelli ha vinto in Cina. Come avete lavorato con lui? Avete cambiato qualcosa?

“Malu” è seguito da Claudio Cucinotta giorno per giorno, secondo le linee guida che abbiamo stabilito nei training camp di dicembre e gennaio. Ha un piano specifico con sessioni mirate, che in passato hanno già funzionato bene con Cavendish e Ballerini, e ora sembra che diano risultati anche con lui.

In generale, si vede una XDS-Astana più viva e presente. Un bel cambio rispetto all’anno scorso. Come lo spieghi? Cosa è cambiato?

Da agosto 2024 lavoriamo a stretto contatto con il data analyst Morgan Saussine per costruire il miglior calendario possibile in base alle caratteristiche dei corridori. E’ stato necessario cambiare molto. Abbiamo inserito tante gare 1.1 e Pro-series, sempre su misura per ogni atleta. Volevamo partire forti fin dall’inizio. Abbiamo fatto due ritiri molto produttivi a dicembre e gennaio, con il supporto di Maurizio Mazzoleni. Poi sono seguiti i training camp in altura per i leader. Ora abbiamo anche Alex Dowsett come Performance Engineer e in questo momento è qui con noi in Belgio.

Malucelli ha vinto la 1ª tappa del Tour of Hainan, tre giorni dopo è toccato al compagno Aaron Gate
Malucelli ha vinto la 1ª tappa del Tour of Hainan, tre giorni dopo è toccato al compagno Aaron Gate
Chiaro…

I risultati che stiamo ottenendo dimostrano che abbiamo lavorato bene prima. Dobbiamo continuare così. Abbiamo avuto anche un po’ di sfortuna con infortuni e malanni, ma quando torneranno gli assenti ci aspettiamo altri risultati importanti.

C’è un corridore da cui ti aspetti molto o che può esplodere?

Mi aspetto molto da Sergio Higuita, che ha avuto brutte cadute e finora non ha potuto mostrare il suo vero potenziale. Sono dispiaciuto per la malattia di Bettiol, che in Belgio ha già dimostrato di saper vincere, ma spero che rientri forte. Tutti gli altri stanno rendendo al massimo. Scaroni è stata una bella rivelazione a inizio stagione, anche se sapevamo già dall’anno scorso che era forte e poteva ottenere risultati. Non voglio sottovalutare nessuno: tutti stanno dando il massimo per il team.

Romele: un gran debutto al Nord. Cosa puoi dirci di lui?

Alessandro è uno dei nostri progetti migliori. E’ salito dalla devo l’anno scorso e ha già ottenuto buoni risultati. Abbiamo deciso di dargli l’opportunità di correre le Classiche, per questo ha fatto tutta la preparazione con i big al Teide. Ha lavorato sodo e si sono visti i frutti anche qui in Belgio. Anche Davide Toneatti si sta mettendo in luce con prestazioni notevoli in gare così importanti.

Per Christian Scaroni dopo tanti piazzamenti ad inizio stagione è arrivato il successo alla Classic Var 
Per Christian Scaroni dopo tanti piazzamenti ad inizio stagione è arrivato il successo alla Classic Var 
C’è anche uno scambio continuo con il devo team, che ha già 5 vittorie. Chi può emergere da quel gruppo?

Tutto il gruppo sta andando bene ed è molto utile anche per la squadra WorldTour. Abbiamo un programma fitto e ci scambiamo spesso i corridori. Al Tour of Hellas, ad esempio, c’erano solo 2 atleti della WorldTour e 4 della Devo, ma ha funzionato tutto alla perfezione. Devo e WT: noi la consideriamo una squadra unica e siamo contenti di questo.

Per le Ardenne: cosa vi aspettate? E vedremo Scaroni? Come sta Christian?

Ci aspettiamo un buon Scaroni (ieri sfortunato e caduto, ndr), insieme a Champoussin e Velasco, che è andato molto bene al Giro dei Paesi Baschi. Sono curioso di vederli all’opera alla Freccia e alla Liegi.

Velasco d’Olanda: «L’Amstel mi piace, non sopporto la Freccia»

19.04.2025
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Con tre piazzamenti nei primi dieci, Simone Velasco è uscito dal Giro dei Paesi Baschi con qualche punto e soprattutto tante certezze in più. Ora si fa rotta verso le Ardenne, dove ci saranno altri avversari e altre storie da raccontare. In questi anni di piazzamenti da pesare col bilancino della classifica UCI, la XDS Astana viaggia stabilmente in terza posizione, dietro UAE Team Emirates e Lidl Trek, anche grazie al rendimento costante dei suoi uomini. E gli italiani in questo gioco un po’ necessario e un po’ perverso stanno svolgendo alacremente la loro parte.

Giovedì sera il bolognese è volato in Olanda. Venerdì ha pedalato con i compagni nel finale dell’Amstel che ha finalmente riscoperto l’arrivo sul Cauberg. E da quella sorta di balconata sul Limburgo olandese con vista sul Belgio, ha potuto ragionare sulla settimana delle Ardenne che sin dall’inverno è stata il suo principale obiettivo.

«Ai Baschi comunque – dice – ho dimostrato una bella condizione. Peccato che un malanno avuto a metà febbraio abbia un po’ stravolto i programmi. Per cui ho corso la Coppi e Bartali che non dovevo fare, ho fatto il GP Indurain e i Baschi che non dovevo fare, mentre sarei dovuto andare in altura. Per cui adesso si tratta di sfruttare ancora la condizione costruita in Spagna. Riuscire a fare qualche bel risultato sulle Ardenne sarebbe sicuramente una ciliegina sulla torta di questo inizio stagione, che finora è stato più che positivo».

Velasco, classe 1995, è professionista dal 2016. E’ alto 1,70 per 59 chili
Velasco, classe 1995, è professionista dal 2016. E’ alto 1,70 per 59 chili
Le Ardenne sono l’insieme di tre corse molto diverse fra loro. Amstel, Freccia Vallone e Liegi: qual è la tua preferita?

Per come è fatta, l’Amstel è quella che si adatta di più alle mie caratteristiche. Delle tre, la Freccia Vallone è quella che non amo. E poi la Liegi ha sempre il suo fascino, ma è un po’ troppo dura per me. Però se ci arrivi con una grande condizione, puoi sempre lottare per fare un bel risultato. Per cui ci proviamo, siamo su con una bella squadra e andremo alla ricerca dei punti. Tanto il ciclismo di oggi si basa su questo, come sempre si corre in quest’ottica e anche noi cercheremo di fare il meglio possibile anche a livello di squadra.

Per uno che come te viene dalla mountain bike, la Freccia Vallone non dovrebbe essere un bel banco di prova?

L’arrivo là in cima non mi ha mai entusiasmato, perché alla fine si risolve tutto sull’ultimo strappo. A me piacciono di più le corse a sfinimento, invece a Huy tante volte ci si ritrova ancora con 50, 60 corridori ai piedi del Muro. Alla fine è anche un discorso di posizioni e non solo di gambe. E a me non vanno tanto a genio gli arrivi in cui c’è da prendersi qualche rischio in più ed essere… sfacciati. Se devo dire la verità, non sono neanche mai arrivato a prendere il Muro con il gruppo dei primi, tra cadute, la volta che c’era una fuga e il gelo dell’anno scorso. Magari quest’anno sarà l’anno buono per provare a vedere se si possa invertire la tendenza.

Al Giro dei Paesi Baschi, per Velasco tre top 10 e l’ottavo posto finale a 3’43” da Almeida
Al Giro dei Paesi Baschi, per Velasco tre top 10 e l’ottavo posto finale a 3’43” da Almeida
La ricerca di punti è necessaria, ma si riesce anche a ragionare in termini di risultato assoluto?

Diciamo che si cerca sempre di fare risultato. E’ chiaro però che per una squadra come la nostra, non avendo un leader dichiarato particolarmente forte, è difficile puntare tutto su un corridore. Per questo, dovendo comunque considerare il ranking, saremo aperti su più fronti. Sicuramente la ricerca di un risultato importante è sempre l’obiettivo principale della gara. Anche ai Paesi Baschi abbiamo cercato di vincere e lo stesso al GP Indurain e in tutte le altre gare fatte sin qui.

L’Amstel è la più adatta e il finale è tornato quello di una volta.

Quello prima del 2019, su cui non ho mai corso. Per questo con Scaroni e gli altri compagni abbiamo ritenuto necessario provare il finale. L’anno scorso sbagliai la volata, altrimenti avrei potuto avvicinarmi alla top 10. Ora c’è da capire se e come cambierà lo svolgimento della corsa, ma cercherò di farmi trovare pronto.

Che differenza c’è tra il Velasco che vinse il tricolore due anni fa e quello di oggi?

Oramai sono cinque anni buoni che riesco a esprimermi su un livello medio alto. Il campionato italiano mi ha portato consapevolezza nei miei mezzi e credo di avere dimostrato, anche se non in toto ma comunque in parte, di aver fatto uno step successivo. Se tutto va come deve, riesco a essere competitivo nelle corse WorldTour e, quando mi chiamano all’appello, rispondo quasi sempre presente. E’ chiaro che quando si va a correre con certi campioni, cercare il grande risultato non è mai semplice. Comunque penso che dal 2023 c’è stata una svolta.

Alla Coppi e Bartali, un terzo posto nella tappa di Cesena, dietro Vine e Sheffield
Alla Coppi e Bartali, un terzo posto nella tappa di Cesena, dietro Vine e Sheffield
Di che tipo?

Sono maturato fisicamente e mentalmente. E comunque a quasi trent’anni, anche se sono professionista da dieci, sento di essere ancora abbastanza giovane. Per il periodo in cui sono passato, anche se avevo solo vent’anni, non sono stressato come alcuni giovani che diventano professionisti adesso. Sono ancora pieno di forze e con tanta voglia di far bene. Questo conta quando vai alle gare.

Dopo la Liegi si stacca la spina?

Nel programma c’è che potrei fare il GP Francoforte del primo maggio, però vediamo come starò fra dieci giorni, perché ho fatto un filotto di un mese e mezzo che mi ha messo abbastanza a dura prova. Ho fatto tante tante gare ravvicinate e non ho mai avuto modo di recuperare. Quindi tirerò il fiato, poi andrò in altura nella seconda parte di maggio e dopo proveremo a fare una bella preparazione per il Tour.

Zanini e lo spirito ritrovato tra le pietre del Nord

18.04.2025
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Un anno fa raccontavamo del Giro delle Fiandre concluso con il ritiro dell’ammiraglia da parte dell’Astana Qazaqstan. Qualcosa che rimane dentro e che ha ferito l’animo del team e del suo staff. 365 giorni dopo, più o meno, i ragazzi della XDS Astana Team sono tornati sulle pietre di Fiandre e Roubaix per prendersi la rivincita. Il risultato è stata una campagna del pavé vissuta in prima linea e con il coltello tra i denti, guidati in macchina da uno Stefano Zanini che da queste parti ha lasciato un pezzo di cuore e tante emozioni. Lo sentiamo mentre si trova in macchina e ha appena ritirato l’ammiraglia dal tagliando.

«Anche i veicoli – dice Zanini con un sorriso – devono fare un controllo dopo due settimane nelle Classiche del Nord. Per fortuna tutto a posto. Ora torno a casa e mi godo un periodo di riposo prima di ripartire con le gare nel mese di maggio».

La XDS Astana Team ha corso un Fiandre d’attacco anticipando i favoriti e cogliendo un decimo posto con Ballerini
La XDS Astana Team ha corso un Fiandre d’attacco anticipando i favoriti e cogliendo un decimo posto con Ballerini

L’altra faccia del pavé

Quest’anno la XDS Astana ha un altro spirito, lo si è capito fin dalle prime gare in Spagna e la campagna del Nord ne ha dato conferma. La rincorsa ai punti ha portato tutti a fare un salto a livello mentale e di approccio alle corse. La ciliegina sulla torta è arrivata al Fiandre e alla Roubaix, dove la squadra ha corso da protagonista. 

«Abbiamo avuto l’impressione di un cambio di mentalità fin da dicembre – racconta Zanini – l’ambiente dei corridori era diverso. L’arrivo di ragazzi nuovi ha portato qualcosa in più e lo si è visto. C’era tanta motivazione e il riscontro lo abbiamo avuto fin da subito. Nel 2024 le pietre ci erano rimaste indigeste, un anno dopo posso dire che è andata in maniera totalmente diversa e il grazie va a tutti. Anche ragazzi giovani come Romele e Toneatti si sono dimostrati all’altezza della situazione. Da questo punto di vista siamo contenti perché per loro si prospetta un bel futuro. Con il mix di corridori esperti e giovani sono convinto che in futuro potremo fare delle belle cose».

Dicevi della mentalità che è cambiata, ci spieghi meglio?

Mi riferisco all’approccio a questo tipo di gare. Tatticamente la strategia non cambia, negli anni ci troveremo sempre a competere contro i soliti Pogacar, Van der Poel, Pedersen e Van Aert. Però l’atteggiamento dei ragazzi deve essere quello di dire: «Non vedo l’ora che arrivino queste gare». Solo così ti viene la voglia di soffrire e di provarci fino in fondo. 

Hai rivisto la corsa?

Lunedì, una volta rientrato a casa. Abbiamo corso bene, fin dai primi tratti eravamo davanti. La Roubaix è una corsa nella quale serve fortuna ma anche tanta calma, tra cadute e forature il gruppo esplode ma poi si ricompatta sempre. Bisogna avere una gran dose di fortuna ma la si deve anche cercare. I momenti difficili vanno gestiti e interpretati. Non si può correre solamente quando tutto va bene. 

Mike Teunissen si è dimostrato solido e tenace, per lui un 12° posto al Fiandre e il 16° alla Roubaix
Mike Teunissen si è dimostrato solido e tenace, per lui un 12° posto al Fiandre e il 16° alla Roubaix
Chi è rimasto dall’anno scorso, a partire da voi dello staff, ha cercato di instillare questa voglia di rivincita anche nei nuovi arrivati?

Per quanto mi riguarda no. I corridori sanno che queste sono le mie corse preferite, chi viene qui capisce che è un altro modo di vivere il ciclismo. Forse inconsciamente riesco anche a trasmettere questa mia passione. Le Classiche del pavé le senti maggiormente rispetto alle altre, sarà per l’ambiente o altro, ma non c’è bisogno di tante parole. Chi viene a fare queste gare percepisce nell’aria il ciclismo.

I due punti di riferimento quest’anno per il Nord erano Ballerini e Bettiol…

Sì, poi purtroppo Bettiol ha avuto un’infiammazione ai polmoni e ha saltato tutta la campagna del pavé. Ballerini, invece, ha fatto una buona serie di gare con ottimi risultati: sesto alla Gand, decimo al Fiandre. Peccato per la Roubaix dove è stato messo fuorigioco dalla sfortuna e da un incidente con uno spettatore. 

La forza (ancora grezza) di Fedorov ha impressionato Zanini
La forza (ancora grezza) di Fedorov ha impressionato Zanini
La squadra, nonostante l’assenza di quello che poteva essere il leader, non si è disunita. A testimonianza di quanto dicevi sulla mentalità giusta.

E’ stato un modo per capire quanto valgono anche gli altri, da Ballerini a Bol e passando per Teunissen. Quest’ultimo mi ha sorpreso in positivo, ha dimostrato una grande professionalità ed è stato un perfetto capitano in corsa. Perché a volte c’è il capitano che trascina con la sua personalità, altre invece servono corridori come Teunissen. Dotati di carisma e di una grande gestione dei momenti di gara. 

Fedorov ha fatto degli ottimi passi in avanti rispetto allo scorso anno.

A mio avviso è fortissimo, ha una forza sovrumana. Deve imparare a correre meglio e leggere le fasi di gara. Alla Roubaix fino alla Foresta di Arenberg è rimasto tra i primi, poi ha speso troppo per rientrare su un gruppetto e da lì è mancato. Sono passi naturali da fare, ha comunque venticinque anni. Non voglio dimenticarmi nemmeno di Gazzoli, è stato una pedina importante e di supporto alla squadra.

La cosa più importante che portate a casa?

Che la stagione non finisce con le Classiche del Nord. Quello che abbiamo fatto fino ad ora è solamente l’inizio e dobbiamo proseguire su questa strada.

A tu per tu con Ballerini: il Nord, la gamba, gli italiani

06.04.2025
5 min
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Tre ore al via del Giro delle Fiandre e l’attesa, la voglia, l’adrenalina ci fanno “mangiare le unghie”. Al via ci sarà anche Davide Ballerini, che con la maglia della XDS-Astana ha mostrato una condizione crescente, culminata nel sesto posto alla Gand-Wevelgem.

Esperto delle Classiche del Nord, il comasco si presenta in forma al via di Bruges e ci racconta non solo come sta vivendo questo periodo, ma anche come vede il momento degli italiani sulle pietre. Una sorta di inviato speciale per bici.PRO, direttamente dal cuore del gruppo.

Il lombardo è stato in ritiro in Grecia, alla corte di coach Anastopoulos (foto Instagram)
Il lombardo è stato in ritiro in Grecia, alla corte di coach Anastopoulos (foto Instagram)
Davide, partiamo da te. Partiamo dal sesto posto di domenica scorsa, che immaginiamo ti abbia dato un po’ di fiducia, no?

Sì. Finalmente, devo dire la verità, mi sono allenato tanto per questa parte del Belgio e piano piano stanno arrivando i risultati. La condizione c’è, si comincia a raccogliere qualcosa.

L’anno scorso fu una bella botta morale con quel problema al ginocchio…

Sì, l’anno scorso è stata dura. Non è stato un bel periodo, ma col tempo tutto passa. L’importante è fare le cose per bene e alla lunga si sistemano. Adesso mi sento bene, il peggio è alle spalle.

Che significa stare bene lassù? Stare bene per queste gare? Definiamolo meglio.

La prima cosa è riuscire a divertirsi, perché se non sei al 100 per cento e cominci a subire la gara, diventa un inferno. Quando cominci a sprecare energie solo per stare davanti, poi è sempre un rincorrere. Alla Gand riuscivo a gestirmi bene, prendere le salite davanti, muovermi come volevo. Questo è indice che la gamba c’è. Alla Dwars door Vlaanderen invece ho pagato, ero stanco dalla Gand e non avevo recuperato. L’ho fatta per completare la distanza, ma ho capito subito che non era la mia giornata.

Ballerini ha una grande attitudine per le corse di un giorno, specie in Belgio: potenza, capacità di limare, velocità nel finale
Ballerini ha una grande attitudine per le corse di un giorno, specie in Belgio: potenza, capacità di limare, velocità nel finale
Quando hai capito che non era giornata, hai pensato direttamente al Fiandre?

Sì, quando ho cominciato a subire la gara, già da uno dei primi muri. Ero riuscito a rientrare nel primo gruppo, ma lo sforzo per rientrare mi è costato troppo e non ho più recuperato. A quel punto ho cercato solo di portare a casa la distanza. Anche questa è esperienza.

Una gestione matura: dosare le energie in base agli obiettivi.

Esatto. A volte hai bisogno di sbloccarti, ma altre volte capisci subito che non è giornata e continuare a forzare ti porta solo via energie preziose. Qua ogni watt conta.

Ti senti più pronto per Fiandre o Roubaix?

Domanda difficile. Il Fiandre è molto più duro a livello altimetrico, questo è sicuro. La Roubaix ha tante incognite, ma anche meno salite. In ogni caso mi sento pronto. Come dicevo, ho lavorato bene e la gamba gira, poi vedremo in corsa cosa viene fuori.

Sei uno dei pochi italiani davvero esperti per il Nord. Come vedi i tuoi connazionali?

Quest’anno sono rimasto molto colpito da Filippo Ganna. Ha fatto un salto di qualità, si muove bene, ha una gamba eccezionale. Lo vedo bene sia oggi al Fiandre che domenica prossima alla Roubaix.

Ballerini Omloop 2021
Ballerini ha vinto l’Omloop Het Nieuwsblad 2021, il suo successo di maggior prestigio al Nord
Ballerini Omloop 2021
Ballerini ha vinto l’Omloop Het Nieuwsblad 2021, il suo successo di maggior prestigio al Nord
Lo vedi a suo agio anche sugli imbocchi dei muri?

Sì, e non solo lui. Tutta la Ineos si muove bene. Sono una squadra di riferimento per posizionamento e gestione della corsa. Ganna si è integrato alla perfezione in questo meccanismo. Se resta davanti quando scattano i big, può anche rientrare o sfruttare situazioni particolari. Ha davvero tante carte da giocarsi.

E gli altri? Trentin, Moscon, Mozzato?

Beh, Trentin si muove sempre bene, è sempre lì. Matteo è una garanzia. Alla Gand, quando c’è stato il primo ventaglio, ci siamo parlati, eravamo soli io e lui delle nostre squadre. Ci siamo detti di darci una mano. E’ importante, soprattutto fra italiani. Non si lavora uno per l’altro, ma se non ci si corre contro è un aiuto per restare davanti. Insomma è un vantaggio per entrambi.

Bello questo spirito. Passiamo a Moscon?

Gianni l’ho visto a De Panne, ha lavorato per la squadra. Moscon ha sempre avuto un gran motore, quello non sparisce. Dipende da che mood ha, ma il potenziale c’è. E la sua squadra, la  Red Bull-Bora è cresciuta tanto rispetto agli anni scorsi nelle gare del Belgio.

Per Ballerini Ganna ormai appartiene alla schiera dei top rider e potrà fare bene non solo alla Roubaix
Per Ballerini Ganna ormai appartiene alla schiera dei top rider e potrà fare bene non solo alla Roubaix
E di Mozzato invece cosa ci dici?

L’ho visto poco. Con Mozzato ci siamo incrociati alla Dwars. Ma la gara è stata tirata sin da subito, non c’è stato modo di parlarci. Se Luca ha la gamba giusta, ha già dimostrato di saper stare là. In generale penso che noi italiani non abbiamo tanti corridori di primissima fascia, a parte Ganna che secondo me oggi lo è, ma siamo una buona schiera. Tolti quei quattro fenomeni, tutti gli altri dipendono molto dal giorno, dalle circostanze, da come si evolve la corsa. Però noi italiani possiamo esserci.

C’è qualcuno tra i giovani di “casa nostra” che ti ha colpito?

Non ne ho visti molti a dire il vero, però posso dirvi qualcuno della mia squadra. E il mio pensiero va subito ad Alessandro Romele che sta crescendo bene. Ha già fatto buone gare in Belgio, magari di seconda fascia, ma è già qualcosa. Impara in fretta. Abbiamo diviso la camera in ritiro, lo vedo concentrato.

Ultima domanda: se Davide Ballerini dovesse scommettere 10 euro sul vincitore del Fiandre su chi punterebbe?

Van der Poel. Sta andando davvero forte. Ho visto il GP E3 da casa ed è stato impressionante. E’ migliorato in salita, è solido. Poi attenzione anche a Pedersen, alla Gand ha fatto un gran numero. Pogacar è sempre Pogacar, ma per domenica io vedo avanti Van der Poel.

Romele a scuola di Nord, prima lezione: “l’effetto lavatrice”

15.03.2025
5 min
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Fin da quest’inverno, da quando è passato alla formazione WorldTour della XDS Astana Team, Alessandro Romele è entrato di diritto nel roster delle Classiche. Un lavoro iniziato a dicembre e che ora entra nella sua fase calda e viste le prime esperienze messe alle spalle siamo andati direttamente dal ventunenne nato sulle sponde del Lago di Iseo per farci raccontare tutto. Lo raggiungiamo mentre sta lavando gli scarpini, di Romele negli anni abbiamo imparato a conoscere la sua meticolosità, caratteristica che riporta anche quando pedala.

«In questo periodo sto bene – racconta – abbiamo fatto un bel lavoro in altura con Vasily (Anastopoulos, ndr) il preparatore del team. Con i quattro ragazzi destinati a fare tutto il blocco delle Classiche: Ballerini, Bettiol, Bol, Teunissen e io. Dopo l’esordio all’AlUla Tour, che non era previsto, ci siamo diretti subito verso il Teide per preparare le gare del Nord.  

Prima dell’esordio al Nord Romele e compagni sono stati in ritiro tre settimane sul Teide
Prima dell’esordio al Nord Romele e compagni sono stati in ritiro tre settimane sul Teide

Lavori in corso

Tre settimane girando sulle strade dell’isola vulcanica costruendo la gamba per arrivare pronto all’Opening Weekend, il fine settimana di Omloop Nieuwsblad e Kuurne-Brussel-Kuurne. 

«Abbiamo fatto un bel incremento rispetto allo scorso anno – continua Romele – parlo soprattutto visto che sono passato dal team under 23 al WorldTour. Il più grande cambiamento è sulla qualità, con molta forza fatta in un modo molto più intenso con wattaggi molto alti a cadenza bassa. Si è lavorato molto sull’aspetto dello sprint e con tanti allenamenti specifici sul VO2Max, credo che tutto questo abbia fatto un po’ la differenza».

Ecco il giovane della XDS Astana durante la presentazione dei team nel velodromo Kuipke di Gand alla Omloop Nieuwsblad
Ecco il giovane della XDS Astana durante la presentazione dei team nel velodromo Kuipke di Gand alla Omloop Nieuwsblad
Sei stato a contatto con molti corridori esperti delle Classiche, come ti sei trovato?

Abbiamo iniziato ad anticipare quello che poi avremmo fatto alle corse con i vari diesse. In quelle settimane di ritiro ero in camera con Davide Ballerini, a mio modo di vedere uno dei corridori con più esperienza in quel genere di gare. Lui è uno che va sempre a cercare quel qualcosa in più, vi faccio un esempio. 

Dicci…

Se in gara c’è stato qualcosa che non è andato, lui ripercorre tutti i suoi passi: guarda la pressione delle gomme, oppure a livello di tattica cambia completamente. Non so, il punto cruciale era a 100 chilometri dall’arrivo? Lui analizza la gara e dice: «La prossima volta anticipiamo la mossa di altri 10 chilometri per evitare di rimanere chiusi». Tutte cose che poi anche durante la ricognizione della prima WorldTour, la Omlopp Nieuwsblad, ho riscontrato nuovamente. 

Cees Bol è uno dei riferimenti per il giovane Romele, qui alle sue spalle sullo sfondo
Cees Bol è uno dei riferimenti per il giovane Romele, qui alle sue spalle sullo sfondo
Che altri consigli ti ha dato?

In altura è stato uno che mi ha regalato tanti consigli, mi ha fatto capire a quali aspetti bisogna stare attenti. E’ vero che ho avuto la fortuna di fare tanti ritiri, anche con la nazionale U23, ma non si smette mai di imparare. Con “Ballero” ero una spugna che cercava di assorbire ogni singolo dettaglio. Un altro esempio: i primi giorni mi diceva: «Guarda che devi andare piano, guarda che devi stare tranquillo».

Quali consigli tecnici e tattici ti ha dato?

Quello che mi è rimasto più impresso è che per andare forte in quel tipo di corse devi spendere di più ed entrare in quel circolo che loro chiamano “effetto lavatrice”. Si ha quando il gruppo alza la velocità e i primi iniziano a girare senza mai fermarsi. Se rimani fermo vuol dire che sei fregato perché ti trovi nel retro del gruppo. Per assurdo ti trovi a spendere 10, 20 o 30 watt in più del previsto, ma rimani davanti e in altre parti riesci a gestire meglio le forze e non devi inseguire.

Al Nord rimanere nelle posizioni in fondo al gruppo vuol dire essere tagliati fuori nei momenti salienti
Al Nord rimanere nelle posizioni in fondo al gruppo vuol dire essere tagliati fuori nei momenti salienti
Difficili poi da mettere in pratica?

In queste corse, che si svolgono su strade strette con tanti dentro e fuori, spartitraffico e spazi ristretti si crea questo movimento che se non sei capace a gestirlo è dura. Anche se mi hanno dato tanti consigli quando poi vai in gara è tutto diverso perché ci sono altri 150 corridori che vogliono fare lo stesso. Nella Omloop Nieuwsblad era un continuo cercare di seguire, ma non riuscivo mai a stare nelle prime posizioni. avevo il compito di tenere davanti la squadra ma non sono stato in grado. Devo mettermi con ancora più meticolosità a guardare i dettagli del percorso su VeloViewer, ma l’esperienza fa tanto. Più corri, più impari. 

Poi a Le Samyn è arrivata una bella top 10. 

Segno che sto bene e le gambe girano. Però ho notato tanta differenza tra le gare WorldTour e quella che è una di categoria 1.1. A Le Samyn riuscivo a prendere le posizioni, a capire quando era il momento di stare davanti, ecc… Ho avuto anche la fortuna di correre con uno dei miei idoli a livello ciclistico, Van der Poel.

Com’è stato correre insieme? Sei arrivato anche nel gruppo a giocarti la volata con lui.

Anche solo aver fatto qualche metro a ruota è stato bello. In generale in quelle gare gli specialisti vanno forte, però sono sicuro che si possa lavorare su tante cose e provare a migliorare. 

Ora parte la Campagna del Nord?

Da mercoledì 19 marzo parte la tripletta con Nokere Koerse, Denain e Koksijde. Poi torneremo il 24 marzo per correre nei vari appuntamenti in vista del Fiandre: Brugge-De Panne, E3 Saxo, Gent-Wevelgem e Dwars door Vlaanderen. Gireremo spesso e vedrò tante volte tutti i settori, con la speranza di immagazzinare quante più informazioni possibile.

Laigueglia: dietro al sorriso di Ayuso, la grinta di Scaroni

05.03.2025
5 min
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LAIGUEGLIA – La Liguria in questo mese di marzo è terreno di caccia dei corridori del UAE Team Emirates che iniziano alla grande la stagione delle gare italiane. Juan Ayuso conquista il Trofeo Laigueglia e dimostra di essere una delle pedine fondamentali della formazione emiratina per il futuro. Tra poche settimane toccherà a Tadej Pogacar provare a fare sua la riviera ligure con l’obiettivo della Milano-Sanremo. Per lo spagnolo, che è cresciuto nel segno di Alberto Contador, è arrivato il secondo successo nelle tre gare disputate fino a ora. 

«Uno dei miei obiettivi stagionali – racconta Ayuso mentre la voce viene soffocata da quelle mascherine che avevamo quasi dimenticato – era partire forte. E’ da inizio anno che sto bene e questo mi dà tanto morale. Sono venuto a correre tre volte qui al Laigueglia e dopo un secondo e un terzo posto negli anni passati finalmente ho vinto. La squadra ha lavorato tutto il giorno e vinto una corsa non facile sia per durezza che imprevedibilità. Aver raccolto già due successi mi permette di guardare con fiducia verso i prossimi obiettivi che sono la Tirreno-Adriatico e il Giro d’Italia

Lo sguardo di Scaroni

Nell’aria calda di Laigueglia, a due passi dal mare che si nasconde timido dietro le case, quello che rimane è l’idea di aver assistito a un duello bellissimo tra Ayuso e Scaroni. Il bresciano è partito come meglio non avrebbe potuto immaginare nel 2025. Proprio nell’anno in cui la XDS Astana aveva bisogno di trovare un punto di riferimento “Scaro” ha risposto presente raccogliendo lo scettro. I colpi sui pedali tra i due pretendenti alla vittoria sono state come stoccate di fioretto, rapide e dolorose, ma nessuna ha lasciato il segno. A spuntarla è stato lo spagnolo che arriva da Barcellona, in una volata che non ha ammesso repliche

«Ho provato a rispondere agli attacchi di Ayuso – racconta sotto al podio Scaroni – e poi ad allungare in qualche occasione. Sapevo di essere il meno veloce e quando è partita la volata ci ha lasciato fermi al palo. Peccato perché la gamba gira bene. Ci voleva un’altra vittoria ma ci si deve anche accontentare a volte».

Un ottimo inizio di stagione il morale è già alle stelle?

Sicuramente è alto. La squadra sta facendo bene e tutti stiamo cavalcando l’onda di questo ritrovato entusiasmo. Oggi abbiamo corso ancora una volta bene. Io avevo il compito di rimanere alla ruota di Ayuso, dovevo essere la sua ombra. Sapevo avrebbe attaccato e così è stato, ora vediamo per la Strade Bianche di sabato, la forza c’è.  

Due vittorie, come nel maledetto anno del caso Gazprom

Sono vittorie tanto diverse, quelle all’Adriatica Ionica Race erano di rabbia e cattiveria. Volevo dimostrare di meritare un posto tra i grandi, ora ci sono dentro l’obiettivo è far capire che ci sono anche io. 

Come sono state le ultime due stagioni?

Mentalmente queste due vittorie sono arrivate in un momento importante. Mi sono tolto un peso di dosso perché negli anni scorsi cercavo il successo con ossessione, tante volte mi muovevo male. Anche in questo inizio stagione a volte ho sbagliato i tempi. Aver vinto mi ha permesso di ritrovare la serenità che mi era mancata e in corsa so cosa fare, riesco a essere lucido. 

La UAE Team Emirates ha corso tutta per Ayuso, qui Morgado a fare il forcing nel finale
La UAE Team Emirates ha corso tutta per Ayuso, qui Morgado a fare il forcing nel finale
Tornando a quelle due vittorie che ti avevano aperto le porte dell’Astana senti di aver ritrovato quella motivazione? 

Quella non mi è mai mancata. Rispetto alle vittorie all’Adriatica Ionica ho cambiato programma e metodo di lavoro. In quelle gare non c’erano campioni forti come oggi: Storer, Powless, Ayuso. Riuscire a sfidare questi corridori mi fa capire di aver aggiunto un tassello al mio status di corridore. La mia carriera è stata un insieme di spazi vuoti: il Covid, poi il caso Gazprom… 

In questi due anni con l’Astana è arrivata la continuità che cercavi?

E’ l’anno della maturazione e vediamo di continuare così. L’anno scorso avevo molte squadre che mi cercavano. Tuttavia ero consapevole che rimanendo qui avrei avuto un ruolo da capitano, da leader e questo avrebbe fatto bene alla mia crescita. Se avessi scelto di andare via avrei ricoperto il ruolo di gregario e non è quello che avrei voluto per il prosieguo della mia carriera. 

Scaroni dopo due stagioni non facili sembra aver trovato la via giusta per emergere
Scaroni dopo due stagioni non facili sembra aver trovato la via giusta per emergere
Sei il miglior corridore per punti raccolti in squadra. 

Sono e siamo partiti nel migliore dei modi. La programmazione era pensata per partire forte e fare tanti punti fin da subito. La squadra ha l’obbligo di provare a mantenere la licenza WorldTour. Sapevo che nei primi mesi dell’anno di solito rendo al meglio e abbiamo cambiato i programmi per massimizzare questo fattore. Quest’anno sono improntato maggiormente verso le corse di un giorno. Credo che sia stata la carta vincente che mi ha permesso di fare quel salto di qualità che mi mancava.

Dopo il Laigueglia?

Dopo Strade Bianche, Milano-Torino e Coppi e Bartali mi fermerò un attimo per preparare il Giro. La condizione non può durare in eterno.

Primi mesi da direttore sportivo: Dario Cataldo racconta…

01.03.2025
6 min
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Ed eccolo Dario Cataldo, sempre più a pieno regime nel suo nuovo ruolo. Da direttore sportivo in corsa a direttore sportivo in ammiraglia, quella della XDS-Astana. L’abruzzese è tornato nel team che probabilmente ha caratterizzato di più la sua carriera. Aru, Nibali e tanti altri ragazzi forti erano parte di quel gruppo e lui c’era. Ed era un riferimento.

Con Dario ripercorriamo questi primi mesi “dall’altra parte della barricata”. Un approccio preso, come da sua abitudine, con piglio, passione e decisione. Competenza.

Il Giro di Lombardia è stata l’ultima gara di Cataldo, omaggiato così dai suoi compagni. Per l’abruzzese (classe 1985) ben 18 stagioni da pro’
Il Giro di Lombardia è stata l’ultima gara di Cataldo, omaggiato così dai suoi compagni. Per l’abruzzese (classe 1985) ben 18 stagioni da pro’
Dario, sei direttore sportivo. Come ti sono sembrati questi primi mesi? Quando a novembre non hai ripreso la preparazione…

Eh sì, è strano non dirlo, però alla fine questo momento è arrivato. Il fatto che, appena finita la stagione, ero già preso con degli impegni con la XDS-Astana mi ha fatto proiettare subito su altre esigenze, quindi con la testa ero già di qua e non ho sofferto troppo il distacco. In più le mansioni che avrei dovuto svolgere da direttore erano cose a cui pensavo già da diverso tempo.

Cosa intendi?

Già da corridore mi sono sempre fatto domande sullo staff, cercando di mettermi nei panni degli altri. Interpretare la situazione della persona che hai di fronte per capire le sue esigenze e incastrarle con le tue. Mi mettevo nei panni del massaggiatore che si sveglia la mattina alle 5 per fare tutte le mille mansioni che deve svolgere. E il massaggio è quasi l’ultima tra queste. Si pensa che il direttore abbia il controllo assoluto su tutto quello che fa un corridore, ma non è così semplice. Forse più il preparatore ce l’ha. E infatti il diesse si interfaccia spesso con il preparatore. Insomma, ho cercato di switchare subito.

Ma non è facile applicare tutto subito…

Non conosci al 100 per cento le cose che andrai a fare, ma fino a che non ti ci butti… Insomma, serve la pratica. Qualunque scuola non è sufficiente. Ho fatto le prime corse in Spagna, poi in Oman, che è una cosa particolare, perché non sei con i mezzi della squadra, ma con quelli dell’organizzazione. Pertanto, la logistica è molto particolare, il numero di personale molto ridotto e tutto va incastrato. Posso dire che è stato formativo.

Controllare la corsa dall’ammiraglia è ben più complesso secondo Cataldo
Controllare la corsa dall’ammiraglia è ben più complesso secondo Cataldo
A chi sei stato affiancato in queste prime gare?

Ad Alexandre Shefer. Lui era stato mio direttore quando ero corridore qui in Astana. Ci conosciamo bene.

Tra le varie mansioni del diesse, quale ti è venuta più naturale?

Essere in ammiraglia. Alla fine è quasi un’estensione di quello che fai già da corridore.

Che poi tu eri un road captain, come si dice oggi. Il regista, il direttore in corsa…

Esatto. Analizzare la corsa, anticipare i tempi su quello che succederà sia tatticamente con le altre squadre, il vento, il meteo, il percorso, le esigenze del leader… Tutte queste dinamiche ho iniziato a trattarle da un’altra postazione. La cosa che mi mette un po’ in difficoltà è il fatto che da corridore sei sul posto. Vedi quello che succede in gara in tempo reale: avversari, movimenti dei team, sai il vento com’è, vedi il tuo capitano come pedala. Invece in ammiraglia non vedi praticamente nulla e non subito. Devi andare sull’interpretazione, su quello che dice radio corsa o che ti dicono i tuoi corridori. E ora, da direttore sportivo, mi rendo conto di quanto sia importante e fondamentale avere un buon road captain, una persona di fiducia responsabile che sta lì al momento, sa prendere decisioni e mantenere la comunicazione con l’ammiraglia.

A proposito dei ruoli, Dario, fino a pochi mesi fa eri spalla a spalla con molti dei tuoi atleti. Come ci si barcamena? Autorevolezza, autorità…

Non credo sia né una questione di autorevolezza né di autorità. Se si parte da questi presupposti, per me, si sta già sbagliando. Sai che di fronte hai atleti con esperienza per capire. Il dialogo diventa fondamentale. Instaurare quel rapporto di fiducia è alla base. Non è quindi autorevolezza, ma collaborazione. E per adesso mi sembra che questa collaborazione venga riconosciuta. Poi magari anche io farò degli errori, è normale. L’importante è essere onesti da entrambe le parti, parlare…

Dario è stato nelle fila del gruppo Astana dal 2015 al 2019
Dario è stato nelle fila del gruppo Astana dal 2015 al 2019
Un esempio di successo o di qualche problema di cui avete parlato nel post gara?

Sì, ci sono state occasioni in cui tatticamente si poteva fare meglio. Bisognava farlo presente ai corridori. Ed è stato fatto. Prima ho sentito i feedback di tutti i corridori singolarmente. Poi ci si è seduti tutti insieme. Quello che voglio far capire è che quando si fa notare un errore, non è una punizione, ma un modo per cercare di migliorare in vista delle prossime volte.

In questo ciclismo che va veloce, quanto conta essere freschi di gruppo? Un diesse giovane non è lontano dal ciclismo reale, non è ancorato a vecchie dinamiche. Sia chiaro, non è una critica verso i diesse più maturi, ma è evidente che tante cose sono cambiate…

Moltissime cose sono cambiate ed essere freschi di gruppo, come dite voi, conta tanto davvero. Anche da corridore mi rendevo conto del fatto che certe volte, quando si analizzava una corsa con i direttori, specie negli ultimi tempi, bisognava rimarcare alcuni aspetti. Dicevo: «Guarda che non è più così. Non è più come una volta». Bisognava ricordare che nelle cose concrete sono cambiati tutti i modi di interpretare la corsa. Da quando sono cambiati i modi di alimentarsi, è cambiata la distribuzione delle energie e di conseguenza cambia tutto.

E proprio qui volevamo arrivare…

Faccio un esempio banale. Prima c’era la fuga e sapevi che la situazione era sotto controllo. Due, tre, cinque atleti… sapevi che non arrivavano e non bisognava ammazzarsi a tirare, tanto sarebbero “rientrati da soli”. Una volta stabilizzata la corsa, iniziavo a fare i miei calcoli e mediamente sapevamo che si poteva recuperare un minuto ogni 10 chilometri. Ogni 5 facevi una proiezione e sapevi se dovevi accelerare o calare. Adesso è un problema chiudere sulla fuga e, a seconda di chi c’è, è quasi impossibile. Insomma, se oggi la fuga ti prende 10′ non la recuperi. E quindi, chiudendo il discorso, avere queste sensazioni fresche ti consente di capire meglio i corridori e di metterti nei loro panni.

Tra gli atleti sotto diretto controllo di Cataldo c’è anche Lorenzo Fortunato, uno dei leader della XDS-Astana
Tra gli atleti sotto diretto controllo di Cataldo c’è anche Lorenzo Fortunato, uno dei leader della XDS-Astana
Chi sono i tuoi atleti di riferimento?

Ho Fortunato, Schelling, Kajamini e Toneatti.

Passiamo al Dario uomo: come ti è cambiata la vita nel quotidiano?

In questo momento sono abbastanza assorbito dal lavoro, ho tante cose nuove per me e mi portano via più tempo. Preparare i file delle corse da VeloViewer, i vari meeting, i contatti con i ragazzi… sto costruendo una nuova quotidianità.

Quindi niente bici?

Per due mesi non ho toccato la bici perché mi sono operato al femore e me lo sono imposto. L’osso era ancora fragile e non volevo rischiare nulla. Faccio un po’ di palestra, qualche corsetta per non ingrassare come una palla. Anche se mi hanno detto: «Oh Dario, finalmente sembri una persona normale!». D’altra parte si sta a stecchetto da quando si è ragazzi. Anche se devo dire che recentemente due sgambate le ho fatte. Due uscite per risentire un po’ di vento in faccia.