EDITORIALE / Il fenomeno è solo uno, si chiama Pogacar

04.03.2024
5 min
Salva

La bellezza di uno sguardo. Sono le 14,34, chilometro 134 di corsa, quando Pogacar si ritrova in testa nella seconda parte di Monte Sante Marie. Si volta e forse per un secondo il dubbio balena nei pensieri. Poi incrocia lo sguardo di Wellens, vede che dietro sono tutti in dolorosa fila indiana e i dubbi spariscono. E’ il momento dell’attacco, con il coraggio che si richiede a un leader che sia davvero tale. Si alza. Dieci pedalate e dietro si fa il buco.

La cavalcata dello sloveno verso la seconda Strade Bianche della carriera inizia così, con 81 chilometri davanti e la sensazione di averla fatta davvero grossa. Incontrerà nuovamente Wellens e il suo sguardo sei minuti dopo aver vinto. Nell’attesa (speriamo breve) che il ciclismo italiano trovi un Sinner, un Tomba, un Pantani o un nuovo Nibali, questo sloveno è un capitale da tenersi stretto.

Chiuso il cross con i mondiali, Van der Poel tornerà alla Sanremo. Forse vincerà, ma non vi sembra tutto un po’… freddo?
Chiuso il cross con i mondiali, Van der Poel tornerà alla Sanremo. Forse vincerà, ma non vi sembra tutto un po’… freddo?

Dove sono i fenomeni?

Qualcuno ha detto che gli è riuscita facile, non avendo fra i piedi rivali del suo livello: quelli che ugualmente piegò lo scorso anno al Giro delle Fiandre. Tuttavia, nel rigettare l’obiezione, cogliamo l’osservazione per andare oltre. Dove sono finiti i fenomeni?

Tempo fa, parlando con Bartoli dell’esuberanza di Van der Poel e Van Aert, giungemmo alla conclusione che prima o poi avrebbero dovuto darsi una regolata: il momento è arrivato. In realtà qualcosa ha iniziato a cambiare dallo scorso anno, quando proprio Van der Poel selezionò tre obiettivi – Sanremo, Roubaix e mondiale – e ad essi sacrificò il resto. Scordatevi il VdP della Strade Bianche e degli attacchi alla Tirreno. Mathieu usò la corsa dei Due Mari per prepararsi alla Classicissima, tirando le volate a Philipsen. Vinse la Sanremo e si portò avanti la condizione fino alle classiche: secondo ad Harelbeke e al Fiandre, primo a Roubaix. Anche il Tour diventò banco di prova per il mondiale: nessuna rincorsa alla maglia gialla o risultati parziali, ancora volate da tirare e alla fine ebbe ragione lui. A Glasgow si pappò la concorrenza con una superiorità imbarazzante.

Per Van Aert è arrivato il momento delle scelte: meno istinto e più programmazione: la resa sarà migliore?
Per Van Aert è arrivato il momento delle scelte: meno istinto e più programmazione: la resa sarà migliore?

Van Aert in crisi

Bettini l’ha detto chiaro e a ragion veduta, pur attirandosi i commenti degli altrui tifosi: Van Aert è sempre protagonista, ma cosa ha vinto? E Wout ha iniziato a far di conto, ritrovandosi nei panni di quelli che dal 1999 al 2005 sognarono di vincere il Tour. Bisognava specializzarsi, altrimenti contro Armstrong tanto valeva non andarci. Lasciamo stare il motivo di tanta superiorità, quel che scattò a livello psicologico nei rivali e nei loro tecnici somiglia molto a quanto sta mettendo in atto Van Aert.

Il Fiandre e la Roubaix sono un’ossessione, Van der Poel è il suo demone e per batterlo il belga ha cancellato tutto. Niente più corse dal 25 febbraio al 22 marzo: un mese in cui lavorare in altura per sfidare il rivale di sempre. Ha rinunciato alla Strade Bianche e alla Sanremo dicendo di averle già vinte: punterà tutto sui due Monumenti del Nord, poi verrà al Giro, ma con quali obiettivi? A Van Aert piace vincere, si butta dentro e si afferma anche non essendo al top, come a Kuurne. Ha scelto lui il nuovo programma oppure qualcuno lo ha scritto per lui?

Anche altri hanno evitato la sfida della Strade Bianche. E se “paperino” Pidcock è sempre lì che lotta e come nel cross alla fine gli tocca accontentarsi delle briciole, la scelta di puntare sulla Parigi-Nizza ha fatto sì che a Siena mancassero Bernal, Evenepoel, Roglic e lo stesso Moscon. Mentre Vingegaard, atteso alla Tirreno-Adriatico, ha preferito lasciare spazio alle riserve della Visma-Lease a Bike, che non sono state all’altezza dei capitani. Il campione europeo Laporte è arrivato oltre i sei minuti e gli altri ancora più indietro.

Ironia, buon umore, leggerezza: questo atteggiamento di Pogacar non passa inosservato (foto Instagram)
Ironia, buon umore, leggerezza: questo atteggiamento di Pogacar non passa inosservato (foto Instagram)

Benedetto sia Pogacar

In tutto questo programmare, necessario per raggiungere gli obiettivi e avere una carriera più lunga, Pogacar resta un’eccezione. E’ vero che non prenderà parte alla Tirreno e non è alla Parigi-Nizza, ma lo vedremo alla Sanremo, alla Liegi, al Giro, al Tour, alle Olimpiadi e ai mondiali, con mezza porticina sulla Vuelta che non si chiude perché non c’è necessità di farlo ora. La differenza rispetto a Van der Poel, è che Pogacar lotterà per vincere in ciascuna di queste corse, unico esempio di uomo da grandi Giri che vince anche le classiche, in attesa che Evenepoel individui la sua strada.

Pogacar piace perché preferisce allenarsi piuttosto che correre in modo deludente, ma quando corre lascia il segno. Al netto delle grandi vittorie e delle sconfitte che probabilmente si troverà a vivere, il vero fenomeno è lui. Gli altri sono grandi atleti, grandissimi atleti, con motori impressionanti, ma con qualche deficit a livello di empatia.

L’anno del Covid ha falsato il contesto, perché ha permesso a pochi di essere in forma nelle pochissime gare disputate. Ora che i calendari sono nuovamente pieni, anche i fenomeni degli anni scorsi hanno capito di non poter fare tutto. Solo Pogacar continua a tenere l’asticella molto in alto. Che sia per talento, incoscienza o per il piacere di correre in bici, noi ce lo teniamo stretto. Non sarà italiano e probabilmente anche al Giro non incontrerà avversari del suo livello, ma da che mondo è mondo, la colpa è degli assenti. Chi vince ha sempre ragione.

Le domande sulle scelte di Van Aert verso Fiandre e Roubaix

02.03.2024
5 min
Salva

Van Aert e le classiche del Nord: il Fiandre e la Roubaix. L’una e l’altra, l’una o l’altra. E’ questa la grande missione del belga per la prima parte di stagione, tanto da aver sacrificato per esse i lavori specifici della crono, la Strade Bianche di oggi e la Sanremo. E’ incredibile come nel giro di un anno e mezzo il supereroe instancabile – Van der Poel – si sia convertito in cecchino capace di programmare col contagocce e anche Van Aert abbia dovuto adeguarsi. Già lo scorso anno i loro programmi avevano preso a cambiare direzione: sarà vero che sul podio Wout ha sempre il sorriso, ma perdere sempre non è certo piacevole.

La vittoria in Algarve ha messo il primo tassello, quella di Kuurne ha fatto capire che il progetto è una cosa seria. Eppure c’è chi, come il francese L’Equipe, ha visto nella prestazione poco sicura della Omloop Het Nieuwsblad un livello insufficiente rispetto alla caratura del campione. Se infatti domenica ha fatto esplodere il gruppo a quasi 90 chilometri dall’arrivo, il giorno prima ne mancavano 30 quando non è riuscito a rispondere a Skujins sul Berendries. La vittoria di Tratnik a Ninove basta per dire che tutto va bene?

Di nuovo il Teide

La vera novità di stagione per quanto riguarda Van Aert sta nel cambio di guida tecnica. Di lui ora si occupa Mathieu Heijboer, il gran capo degli allenatori della Visma-Lease a Bike, che ha dichiarato chiaramente gli obiettivi.

«La cosa che m’interessa – ha detto nell’inverno – è che Van Aert migliori in modo costante per essere al meglio in aprile. Senza picchi di forma precedenti, mostrando però un continuo progresso di condizione».

Stando così le cose, il piano si va svolgendo alla perfezione, sia pure con alcune perplessità legate alla periodizzazione dell’altura e scelte inedite. L’anno scorso Van Aert è stato sul Teide da metà febbraio a inizio marzo, mentre nel 2022 ne scese a fine febbraio per l’Omloop Het Nieuwsblad. Quest’anno, insieme ai compagni Tratnik, Benoot e Hagenes, Wout ha optato per un periodo di tre settimane subito dopo il weekend dell’apertura al Nord. Tornerà alla vigilia della E3 Saxo Classic (22 marzo), per dedicarsi alle classiche del pavé, con il Fiandre e la Roubaix come obiettivo principale. Dopo la Omloop Het Nieuwsblad, il diesse Arthur Van Dongen ha dichiarato che Van Aert non fosse ancora al top proprio perché non è ancora stato in altura, come invece i compagni Laporte e Jorgenson.

I dubbi e le domande

Il tema sulla durata dello stage e il rientro al livello del mare tiene banco sui media del Belgio. Het Nieuwsblad ha infatti interpellato Ruud Van Thienen, medico sportivo e ricercatore presso l’Università di Gand.

«Come ogni cosa legata all’essere umano, ci sono variazioni – spiega – ma in media si ottiene un vantaggio dallo stage in altitudine nelle quattro-sei settimane successive. Dopo due settimane, la quantità di globuli rossi extra prodotti è quasi completamente scomparsa e anche gli altri benefici si attenuano nel tempo. In media, dopo circa sei-otto settimane, nessuno degli altri effetti è più evidente».

Per cui la curiosità è sull’anticipo con cui andare, puntando alle classiche tra il Fiandre e la Roubaix e il carico di lavoro possibile per non esagerare con la stimolazione.

«Nei primi giorni – prosegue Van Thienen – l’energia passa dal tuo sistema all’adattamento all’altitudine e questa è energia che non è disponibile per l’allenamento. Devi ridurre il volume di lavoro durante l’intero periodo di permanenza in quota. Tutto quindi dipende da ciò che per il singolo atleta offre il massimo miglioramento delle prestazioni. Beneficia maggiormente del volume in più (dal 5 al 10%) con cui può allenarsi quando non è in quota, oppure beneficia maggiormente dell’effetto positivo dell’altitudine? Tutti migliorano andando in quota, ma la portata dell’effetto varia enormemente».

«Normalmente mi sento molto forte quando torno dall’altitudine – ha detto Van Aert dopo la vittoria di Kuurne – spero di trovare lassù quell’uno per cento in più».

Van Aert va da anni sul Teide: qui una foto del 2021 con Roglic, preparando proprio le classiche
Van Aert va da anni sul Teide: qui una foto del 2021 con Roglic, preparando proprio le classiche

Sanremo addio

Domenica Van Aert ha fatto esplodere la Kuurne-Bruxelles-Kuurne. Ha portato con sé Wellens, Lazkano e Pithie e non ha avuto difficoltà nel metterli in fila all’arrivo. Ugualmente, è rimasto molto cauto sul suo stato di forma, che ha trovato migliore del giorno prima, ma ancora lontano dal top.

Sappiamo che il belga è spinto dalle ambizioni più elevate in relazione a Fiandre e Roubaix e il suo cammino per raggiungerle è iniziato lunedì con il volo verso Tenerife.

«Sto cercando di trovare l’ultima percentuale – ha spiegato – che mi è mancata per vincere finora il Fiandre o la Roubaix. Het Nieuwsblad e Kuurne sono state difficili per come le abbiamo gestite, ma i monumenti verranno tra cinque settimane: sarà un altro periodo, un altro livello. Non so quanto mi manchi per essere al top, ma ho bisogno di questo stage in altura».

Questo ha significato eliminare gare come le Strade Bianche o la Milano-San Remo: «Mi rende triste – dice – ma le ho già vinte. In questa stagione cambio tutto, non solo per le classiche visto che farò subito il Giro, che è anche una novità. Non so dire se ho ragione o no, ma dovevo cambiare».

Van Aert e Vingegaard, la vittoria resta in famiglia

25.02.2024
4 min
Salva

Nonostante fra loro ci fossero 1.800 chilometri, Jonas Vingegaard e Wout Van Aert hanno dato un senso compiuto alla domenica e più in generale al weekend della Visma-Lease a Bike. Dopo la tripletta di ieri, con Vingegaard in Spagna più Tratnik e Marianne Vos alla Het Nieuwsblad, oggi è stata la volta nuovamente del danese e del gigante belga che ha trionfato nella Kuurne-Bruxelles-Kuurne. E se ieri alle spalle di Tratnink era finito Nils Politt, questa volta è toccato a Tim Wellens, anche lui del UAE Team Emirates.

Vingegaard ha detto che avendo già perso Roglic, al Tour sentirà la mancanza di Van Aert. Non c’è dubbio che la convinzione sia oggi ancor più radicata.

Wellens è in ottima forma: il suo forcing sui muri si è fatto sentire
Wellens è in ottima forma: il suo forcing sui muri si è fatto sentire

Selezione inattesa

Van Aert non aveva mai corso la Kuurne-Bruxelles-Kuurne, cosa che sembra surreale parlando di un corridore belga. Il podio di ieri lo aveva gratificato per la vittoria del compagno Tratnik, ma certo avendo fatto tutta la preparazione finalizzata alle classiche, un po’ gli era seccato non vincere l’apertura.

«E’ una vittoria molto bella – ha detto Van Aert nell’intervista flash nella zona mista – è davvero bello, perché è stata una gara dura. Con Wellens e Lazkano avevo due buoni compagni di avventura e grazie al vento a favore sapevo che i più forti sarebbero rimasti tagliati fuori finita la zona dei muri. Non ho avuto neppure bisogno di voltarmi, ho sentito che dietro di me il gruppo iniziava a lacerarsi, ma siamo rimasti molto meno di quanto mi aspettassi».

Mentre Lazkano era a corto di gambe, la volata di Van Aert con Wellens è stata tirata: duello belga
Mentre Lazkano era a corto di gambe, la volata di Van Aert con Wellens è stata tirata: duello belga

Strade e Sanremo, au revoir

Il belga ora partirà per un ritiro in altura e tornerà in gruppo soltanto alla E3 Saxo Classic di Harelbeke, saltando quindi la Strade Bianche e anche la Sanremo. La sensazione che il Fiandre e la Roubaix si stiano trasformando in ossessione si fa largo.

«Sapevo che era possibile controllare il finale – ha spiegato Van Aert – e quando Laurence Pithie (corridore della Groupama-Fdj, ndr) si è staccato, dopo che aveva fatto il furbo non tirando, ho pensato che fosse meglio andare via in tre. Sarebbe stato più difficile per due soli sorprendermi, per questo ho deciso di andare. Negli ultimi chilometri ho corso con molta attenzione e avevo molta fiducia nel mio sprint. E’ stato un ottimo modo per aprire la stagione delle classiche e ovviamente dà molta fiducia. Era il mio primo tentativo a Kuurne e ho fatto centro subito. Questa gara è ovviamente molto diversa dalle classiche che verranno. Ora è il momento di aggiungere il poco che manca e vincere una Monumento».

O Gran Camino: l’attacco finale di Vingegaard gli ha consegnato l’ultima tappa, ma Martinez non ha mollato
O Gran Camino: l’attacco finale di Vingegaard gli ha consegnato l’ultima tappa, ma Martinez non ha mollato

Il tris di Vingegaard

Questa mattina, nella partenza dalla cittadina di Ponteaeras, Vingegaard sembrava rilassato. Si avviava all’ultima tappa con un buon vantaggio, dato che i due numeri di ieri e di venerdì avevano praticamente messo in cassaforte la vittoria finale. Solo il tempo poteva mettere i bastoni tra le ruote. E infatti la tappa, che sarebbe dovuta finire a Monte Aloia è stata abbreviata a causa delle avverse condizioni meteorologiche.

Si sarebbe dovuta fare la salita finale per due volte, ma l’organizzazione ha deciso di cambiare subito. E alla fine è stato ancora Vingegaard a vincere. Solo che prima di esultare ha dovuto fare i conti con Lenny Martinez, un cucciolo di campione che spinge davvero forte.

«Sono molto soddisfatto della settimana trascorsa – ha detto Vingegaard – tutti hanno fatto un lavoro fantastico. Con tre vittorie di tappa e la classifica possiamo parlare di una O Gran Camino quasi perfetta. L’unica cosa meno positiva è stata il meteo. E’ davvero un peccato dover finire in queste condizioni atmosferiche difficili».

Contrariamente al compagno belga, Vingegaard farà ora rotta sull’Italia. Il suo programma di gare a tappe di qui al Tour prevede la Tiirreno-Adriatico, il Giro dei Paesi Baschi e il Delfinato.

Remco e Wout, crono al lumicino sulla via di Parigi

20.02.2024
5 min
Salva

In Belgio si fa un gran ragionare sulla cronometro di Parigi, per la quale gli uomini hanno qualificato due atleti come l’Italia. I due nomi sulla bocca di tutti sono ovviamente quelli di Remco Evenepoel e Wout Van Aert, che hanno iniziato la stagione ad andature differenti ed entrambi convergeranno sull’obiettivo olimpico seguendo percorsi diversi.

Ben strana specialità la cronometro individuale: forse l’unica fra quelle che assegnano medaglie a non avere un calendario internazionale dedicato. Ci si accontenta di correrle nell’ambito delle corse a tappe, così che non esista un vero ranking e tantomeno la possibilità di avere il confronto diretto fra gli specialisti. Questo accade in occasione di europei e mondiali, quando in palio c’è già qualcosa di molto grosso.

Evenepoel ha stravinto il primo confronto diretto nella crono di Albufeira
Evenepoel ha stravinto il primo confronto diretto nella crono di Albufeira

Calendari al minimo

Il primo scontro fra i due belgi s’è consumato alla Volta ao Algarve e ha visto il prevalere netto di Evenepoel, con Van Aert che sta ricostruendo la condizione dopo la stagione del cross e si sta concentrano prevalentemente sulle classiche.

Sfogliando il calendario, Evenepoel disputerà 4 crono prima di Parigi: quella dei Paesi Baschi (Irun, 10 chilometri), poi al Delfinato (Neulisse, 34,4 chilometri) e le due crono del Tour (Gevrey Chambertin di 25 chilometri e Nizza di 34). Il totale per Remco è di 103,4 chilometri contro il tempo prima delle Olimpiadi.

Molto meno per Van Aert, che nel suo avvicinamento al Giro non ha previsto gare dotate della crono, avendo scelto di non passare per la Tirreno-Adriatico. Per cui le prove saranno appena 2: quelle del Giro. Quindi la crono di Perugia (37,2 chilometri) e quella di Desenzano del Garda (31 chilometri). Il totale per Wout è di 68,2 chilometri.

Per entrambi si potrebbe aggiungere il campionato nazionale di Binche, i cui dettagli non sono però ancora noti.

Van Aert ha sollevato la presa sulle appendici: obiettivo comfort e penetrazione
Van Aert ha sollevato la presa sulle appendici: obiettivo comfort e penetrazione

Le mani di Van Aert

Nonostante i pochi test in gara, i clan di entrambi i campioni sono al lavoro per trovare possibili risparmi di tempo e di watt. Non è sfuggito infatti che proprio in Algarve, la posizione di Wout van Aert è parsa leggermente cambiata rispetto alle apparizioni 2023. Si nota a occhio nudo che le appendici del manubrio sono state ruotate in senso orario, in modo che il belga possa tenere le mani più sollevate

«Abbiamo svolto dei test nella pista di Zolder – ha spiegato il diesse Marc Reef a Het Nieuwsblad – e Wout ha provato la soluzione proprio ad Albufeira. Con questa nuova posizione delle mani, dovrebbe sentirsi un po’ più a suo agio, essere più aerodinamico ed essere in grado di trasferire meglio la sua potenza alla bici».

Parallelamente risulta che Giro, nuovo sponsor per i caschi, sta mettendo a punto un prototipo proprio per Van Aert. Inoltre, pare che il team disporrà di ruote nuove e più veloci. Il tutto dovrebbe essere disponibile per il campione belga a partire dal mese prossimo.

Evenepoel si è sottoposto a due sedute in galleria del vento: a Morgan Hill e a Milano (foto Castelli)
Evenepoel si è sottoposto a due sedute in galleria del vento: a Morgan Hill e a Milano (foto Castelli)

I dettagli di Remco

Come abbiamo già raccontato, nel corso dell’inverno Evenepoel ha fatto ricorso per due volte alla galleria del vento. Prima in California, nell’impianto di Morgan Hill, di proprietà Specialized. Poi a Milano con Castelli per mettere a punto il body migliore e individuare i tessuti più veloci.

«Il suo abbigliamento è stato aggiornato – ha detto l’allenatore Koen Pelgrim – e ha potuto utilizzarlo in Algarve, perché non è dovuto partire con la maglia di leader della montagna. Anche la posizione di Remco è leggermente cambiata, ma si tratta di piccole cose. Certamente però non rimarremo fermi fino all’estate. Siamo sempre alla ricerca di innovazioni. Non guadagneremo un minuto sui 40 chilometri, ma sono i dettagli che tutti cercano. Rispetto alle cronometro di vent’anni fa, c’è un’enorme differenza. Questa grande evoluzione è il risultato dei piccoli dettagli che sono cambiati. Se guardiamo ai mondiali, la differenza con Ganna è stata inferiore all’uno per cento».

Sul fronte della preparazione, Tom Steels esclude la possibilità che dopo il Tour il campione del mondo faccia un ritiro specifico. «L’allenamento a cronometro – dice – è una parte standard dei programmi di allenamento di Remco, tutto l’anno, con qualche lavoro extra specifico qua e là».

Una foto del 2022 ritrae Van Aert con il manichino su cui si effettuano le simulazioni al TUE di Eindhoven
Una foto del 2022 ritrae Van Aert con il manichino su cui si effettuano le simulazioni al TUE di Eindhoven

Il manichino di Wout

A parlare invece di ritiro è l’entourage di Van Aert, che fra i due è certamente quello che più deve investire sul lavoro e la dedizione, dovendo fare i conti (come Ganna) con una mole e un’aerodinamica peggiore rispetto a Remco. Come detto, la crono portoghese è servita per provare le variazioni tecniche messe a punto nei mesi invernali.

«Durante le ultime settimane – ha spiegato il suo allenatore Mathieu HeijboerWout ha pensato alle classiche e non ha ancora lavorato sulla cronometro. Dopo le classiche ci dedicherà ancora un po’ di tempo in vista del Giro. Si prenderà poi qualche settimana di riposo e poi preparando Parigi farà uno stage in quota. In quell’occasione presterà molta attenzione alla sua bici da cronometro. Naturalmente si tratterà di perfezionare i dettagli. A quel punto sarà troppo tardi per fare grandi cambiamenti, ma ovviamente per provare soluzioni più importanti abbiamo sempre il manichino di Wout».

Kopecky è la Van Aert delle donne? Lo chiediamo a Bastianelli

16.02.2024
6 min
Salva

Lotte Kopecky è la Wout Van Aert delle donne? Ormai affermalo non è più così un azzardo. La belga della Sd Worx oltre a vincere le classiche, qualche corsa veloce e ad essere una donna squadra, ci sta abituando ad andare anche molto forte in salita. Esattamente come il suo illustre connazionale. Entrambi fanno una doppia attività, uno il cross, lei la pista.

Ma se il nostro parere può essere corretto finché si parla di risultati, per far sì che trovi un riscontro tecnico ha bisogno anche di un parere più “tecnico”da dentro”. E chi meglio di Marta Bastianelli, delle Fiamme Azzurre, ce lo può dare? L’atleta laziale ha corso fino a pochi mesi fa ed è notizia freschissima che da quest’anno lavorerà accanto al cittì Sangalli. Conosce tutte le ragazze del gruppo e ha un’esperienza unica. Proprio con Kopecky tra l’altro ha battagliato in molte classiche e le loro caratteristiche non erano poi così differenti.

Quindi Marta, cosa ne pensi. E’ azzardato il nostro paragone tra Kopecky e Van Aert? 

No, no… Lotte è cresciuta molto, non solo dall’anno scorso. Era già una grande atleta. Fino a qualche tempo fa aveva sempre corso “da sola”, in quanto era in squadre più piccole tipo la Lotto, era più difficile per lei mettersi in mostra.

Van Aert fa terzo ad Hautacam, Pirenei, al Tour. Kopecky lo scorso anno è andata forte sul Tourmalet e quest’anno ha vinto in salita…

E quello è stato uno step. Partiamo dal fatto che è una grande atleta. Ha un grande motore. E’ indiscutibile. Sicuramente ha lavorato tanto per migliorare anche in salita. Ma poi c’è un’altra cosa da dire: lei, complici anche gli Europei in pista, sta attraversando un periodo di grande forma. E questo, soprattutto in questa fase della stagione, le consente di fare una grande differenza contro atlete che sono alla prima gara della stagione.

Tiene meglio le botte di acido lattico, chiaro…

Esatto. E c’è un’altra cosa da dire. Quella salita all’UAE Tour, analizzandola da Marta, quindi da non scalatrice, è stata fatta in maniera che lei potesse rimanere a ruota. Se fossi stata io al suo posto, in estrema forma, probabilmente l’avrei retta anch’io. E’ stata fatta ad una velocità controllata, con dei wattaggi sicuramente altissimi, ma regolari. Wattaggi che a ruota, un’atleta in grande condizione riesce a tenere. Ciò non toglie che comunque sia migliorata tanto in salita, altrimenti non vai forte in quel modo sul Tourmalet. Però penso che se al UAE Tour fossero salite con scatti e controscatti, avrebbe sofferto un pochino di più.

Insomma che Kopecky vada così forte anche in salita, per te non è poi così una sorpresa?

No, l’ho sempre detto che era una grandissima atleta. Non a caso è la campionessa del mondo. Ha vinto la corsa iridata praticamente da sola… E anzi, mi viene da pensare che tutto questo sia soltanto l’inizio. Gli altri anni andava forte sui “suoi” percorsi, altrove tirava subito i remi in barca. Io almeno l’ho sempre vista così e di conseguenza non conosco i suoi limiti e fino a che punto possa arrivare. Mi aspetto che possa comunque migliorare ancora di più in salita. Tuttavia mi viene anche da pensare che perderebbe un po’ di esplosività.

Marta Bastianelli a ruota di Lotte, era il Fiandre 2023
Marta Bastianelli a ruota di Lotte, era il Fiandre 2023
Secondo te è dimagrita un po’ per fare questi exploit anche in salita?

Sì, l’ho vista molto bene fisicamente già dallo scorso anno, però non è quel quel magro da spaventarsi. E’ un magro bello da vedere, un magro definito. Lei a livello personale è sviluppata bene anche mentalmente: ha seguito una linea precisa, equilibrata e di conseguenza il fisico le ha risposto immediatamente. Sì, fisicamente c’è e la vedo molto bene.

La vedi anche per le corsa a tappe a questo punto?

Credo di sì. Però se fossi in lei non ci insisterei. Non starei a concentrami sui grandi Giri, quelli da 10 giorni, ma più sulle corse di 3-4 tappe, che poi saranno sempre di più. Mi sembrano più adatte alle sue caratteristiche. Poi è ovvio, se un giorno volesse puntare al Tour Femmes, è in una squadra che le può permettere tutto, tanto più che non deve più scontrarsi con la Van Vleuten. Ma non starei snaturami troppo.

In genere le grosse trasformazioni, quando le abbiamo viste, non sono andate benissimo…

Anche Van Aert o Van der Poel, vanno forte dappertutto, ma poi restano loro stessi quando davvero devono puntare. Van Aert ha quelle caratteristiche che si adatta un po’ a tutto, perché è un grande campione, ma non si stravolge. Migliorare sì, diventare una scalatrice no. Secondo me non avrebbe senso.

Tanto più che il livello nelle donne si sta alzando e la specializzazione è sempre più. Inevitabile…

Un’atleta che ha fame di risultato vuole andare bene ovunque. Io anche ero così. L’anno che ho vinto il Fiandre, facevo le volate, volevo arrivare tra le prime tre nella tappe al Giro, però ad un certo punto mi sono resa conto di dover essere carne o pesce. 

UAE Tour: verso Jebel Hafeet ritmi alti ma regolari. Kopecky resta a ruota e nel finale sfodera la sua potenza
UAE Tour: verso Jebel Hafeet ritmi alti ma regolari. Kopecky resta a ruota e nel finale sfodera la sua potenza
Marta, prima hai detto: «Lotte è in una squadra che le consente di fare tutto». Quanto conta davvero il team nella sua situazione? E quanto incide la competizione interna?

Parliamo di una grande squadra che la pensa in un modo molto simile ad un team maschile a partire dai materiali, dall’allenamento, dall’alimentazione, dalla nutrizione. La Sd Worx non lascia nulla al caso. Lavora tanto e ci crede tanto. Dalla prima all’ultima atleta. Mi ricorda un po’ la Quick Step dei tempi d’oro che, al netto di alcune situazioni particolari, aveva gli atleti più forti e vincere per loro era più facile. 

Cosa ti aspetti dal 2024 di Kopecky? Le Olimpiadi saranno un cardine per lei?

Mi auguro per che possa essere un anno da godersi nel migliore dei modi con la maglia da campionessa del mondo. E che si tolga tutte le le soddisfazioni possibili con quella maglia. L’Olimpiade è una gara strana per tutti, abbiamo visto cosa è successo a Tokyo. La gara è più difficile da gestire e nessuno vuole andare a chiudere. Ci sono situazioni che vanno oltre la prestazione e la forma fisica, quindi vedremo. Di certo quello di Parigi è un percorso che si adatta parecchio alle sue caratteristiche, così come alle caratteristiche delle italiane. Ora stiamo parlando di Lotte e non vado fuori tema, ma ci tengo a dire che le azzurre non sono da meno in questo anno così importante. Spero possano togliersi e farci togliere, grandi soddisfazioni

Tu ci hai corso di fianco in gruppo: Lotte è una leader come Van Aert?

E’ stata sempre un’atleta eccezionale. Nei miei confronti ha sempre portato tanto rispetto. Veniva a salutarmi, a chiedermi questo o quello e anche quando ho smesso mi ha scritto. E questo è bello perché mi rendo conto che oltre i risultati, rimane molto la persona che sei stata.

Da un punto di vista tecnico invece hai notato delle differenze rispetto a qualche tempo fa? Magari pedala più agile. Ha alzato la sella…

Lotte ha un colpo di pedale che ha preso tanto dalla pista. E’ molto agile. Almeno così l’ho vista in questa gara all’UAE Tour anche in salita. Ma era una caratteristica che aveva anche in passato e in altre corse. In generale è leggera. La vedo molto bene in bici. La vedo proprio se stessa.

Benidorm incorona Van Aert, primo senza la sella

21.01.2024
6 min
Salva

BENIDORM (Spagna) – Vince Van Aert, anche senza la sella. Van der Poel è caduto e in un battito di ciglia siamo stati costretti a immaginare un’altra storia. Eravamo tutti pronti a coniare nuovi aggettivi per descrivere lo strapotere dell’iridato. Anche lui al mattino era parso fiducioso e leggero, quasi abituato alla vittoria senza troppo contraddittorio. Ha raggiunto il circuito in bici, facendo 40 chilometri dall’hotel. Ha provato per il tempo a disposizione. E quando si è schierato al via della tredicesima e penultima prova di Coppa del mondo, era così bianco, splendente e grosso, che nessun dubitava potesse centrare l’undicesima vittoria consecutiva.

Eravamo tutti così pronti che adesso, davanti al gigantesco Wout Van Aert vincitore (in apertura, sul podio con Vanthourenhout e Nys), viene da pensare che abbiamo fatto bene a scegliere Benidorm. Il belga per di più, come dicevamo, ha vinto senza la sella, volata via per un colpo dato dallo stesso Wout nella ripartenza dopo la caduta del finale. Ma riavvolgiamo il nastro.

Van Aert è partito indietro. Ha impiegato quasi tre giri per tornare davanti, mentre alle sue spalle andava in scena l’ancor più inquietante rimonta di Van der Poel. E quando sono tornati insieme è parso che Mathieu volesse farne polpette, con un paio di accelerazioni spaventose nel tratto di salita in cemento. Poi qualcosa è cambiato.

Sedicimila paganti

Raggiunti nel frattempo da Pidcock, i due hanno rallentato. Da dietro sono iniziati i rientri. E forse proprio il repentino aumento del… traffico al penultimo giro ha provocato la caduta di Van der Poel. Van Aert, che in quel momento aveva il suo bel da fare per seguire le accelerazioni di Vanthourenhout, ha colto l’occasione ed ha accelerato con tutte le gambe che gli erano rimaste. E alla fine a Benidorm ha vinto lui, così simile nei modi a Bugno, che a neanche un chilometro da qui vinse il mondiale del 1992.

«All’ultimo sono stato anche fortunato – dice – ma sentivo delle buone gambe ed è stata una battaglia serrata. Ci sono stati alcuni incidenti per i materiali (il riferimento è proprio alla sella volata via, ndr) ed è un peccato che nel finale non si sia arrivati ad una vera e propria resa dei conti. Ho dovuto mantenere la calma per cercare di contrastare Mathieu, quindi sono felice di questa vittoria. E’ davvero bello essere qui e sentire la passione di tutto il pubblico (l’organizzazione ha dichiarato oltre 16.000 spettatori paganti, ndr). Sono particolarmente orgoglioso di vedere tutti i tifosi spagnoli assistere a questa gara. Ho la sensazione che provengano da ogni parte del Paese e quando ho iniziato a fare ciclocross professionistico 10 anni fa, non avrei mai immaginato un evento come questo. Oggi resta una di quelle gare cui sono orgoglioso di aver preso parte».

Il numero 13

Van Aert in apparenza non si fascia la testa quando non vince, ma certo stasera appare molto più leggero del solito. Racconta che il ritiro della squadra è finito, ma che lui si fermerà ancora una settimana con la famiglia per allenarsi al caldo.

«Ora mi aspettano alcuni allenamenti importanti – spiega Van Aert – le prime gare su strada sono dietro l’angolo e ci arrivo con un buon morale. La vittoria è sempre dolce, è il motivo per cui corriamo. Ma soprattutto quello che mi è piaciuto di oggi è stata la sensazione di avere buone gambe. Uno dei miei obiettivi era avere un buon feeling durante tutta la gara e concludere la stagione del cross con una bella prestazione, quindi sono particolarmente felice. La salita era il baricentro della gara e sono contento di aver avuto gambe migliori di un paio di settimane fa.

«Peccato per quella caduta finale, sono stato goffo. Ho pensato di essere prudente. Mi sono detto di non saltare più le travi in bici, ma di farle a piedi così non avrei sbagliato. Invece sono volato a terra e quando sono ripartito mi sono accorto di non avere più gli occhiali né la sella e non è stato facile pensare di sedersi. Avevo il numero 13 e sono piuttosto superstizioso: quando l’ho visto ho alzato gli occhi al cielo. Quell’ultimo minuto è costato qualche anno della mia vita».

Van der Poel filosofo

E mentre Van Aert sorride per aver rischiato di finire rimontato e beffato come Paperino, Van der Poel la prende con filosofia. In alcuni tratti di gara ha dimostrato di essere ampiamente il più forte, ma questa volta la sfortuna ci ha messo lo zampino.

«Ho colpito un palo con la spalla – racconta Mathieu – e sono caduto. E’ stato un brutto momento. Ho capito che la gara era finita. Già avevo dovuto fermarmi in una delle prime curve per rimettere la catena che era scesa, ma dopo la caduta, non c’era più terreno per recuperare. Ci avevo provato. Ho attaccato in salita, ma non era abbastanza dura per staccare un corridore come Van Aert. Erano solo 15 secondi di sforzo, poi il resto era abbastanza facile e poco tecnico. Avevamo visto anche l’anno scorso che qui è super difficile fare la differenza. Sapevo che un giorno sarebbe finita, non puoi vincere sempre. Sono felice di come mi sono sentito, anche se in realtà non ero molto fresco, ma penso che sia normale dopo due settimane di allenamento. Ma in fondo lo sapevo: ho scelto di essere al meglio fra due settimane. Ai mondiali!».

Lazer Z1 KinetiCore, sicuro e leggero come mai prima

10.01.2024
4 min
Salva

Peso piuma senza compromessi. La sicurezza è al primo posto per Lazer, come sempre. Con il nuovo Z1 KinetiCore l’azienda belga presenta il rinnovamento dell’iconico casco. Progettato per essere ancora più leggero e consentire un’eccellente ventilazione, il casco integra i più elevati standard di sicurezza con la protezione dagli impatti rotazionali.

Disponibile in sette colorazioni per ogni gusto
Disponibile in sette colorazioni per ogni gusto

Costruzione intelligente

Il nuovo casco non nasce da un foglio bianco: i progettisti di Lazer sono partiti dall’iconico design dello Z1. E’ stata mantenuta inalterata la struttura, migliorandola con l’integrazione della tecnologia di protezione KinetiCore brevettata da Lazer. Il risultato è un casco con protezione dagli impatti rotazionali incorporata, dal peso di soli 220 grami in taglia M, che può fregiarsi delle 5 STELLE rilasciate dall’Istituto Virginia Tech Helmet Lab. 

La sua costruzione con le prese d’aria posizionate strategicamente, i ponti inclinati e l’archetto fluttuante consentono allo Z1 KinetiCore di vantare una ventilazione unica senza sacrificare l’aerodinamica. Da sottolineare la compatibilità con l’accessorio Lazer Aeroshell che può essere impiegato a chiusura delle prese d’aria per un vantaggio aerodinamico extra oppure per fornire protezione dagli agenti atmosferici.

Lo abbiamo visto in anteprima in colorazione RedBull sulla testa di Wout Van Aert
Lo abbiamo visto in anteprima in colorazione RedBull sulla testa di Wout Van Aert

Tecnologia Lazer KinetiCore 

La sicurezza è un lato imprescindibile e sicuramente un pregio tecnico di questo nuovo Z1. Reinventando il moderno design del casco con oltre dieci anni di ricerca, sviluppo e test, in caso di impatto il casco “lavora” grazie alle esclusive zone di deformazione controllata incorporate nella struttura interna. Il risultato di questo design integrato è una protezione multidirezionale avanzata che consente ai ciclisti di affrontare ogni uscita in sicurezza.

Un aspetto non lasciato al caso è quello dell’ambiente. Infatti la tecnologia integrata KinetiCore utilizza meno materiale complessivo e quindi meno plastica per la sua costruzione. Questo favorisce anche una migliore ventilazione e un design del casco più leggero che si traduce in grammi di plastica in meno. La rimozione di quote significative di plastica e l’uso di materiale riciclato sono piccoli passi nella direzione di un futuro più sostenibile di cui Lazer è sostenitrice.

Comodità d’utilizzo

I dettagli fanno la differenza infatti, in questo Z1 KinetiCore Lazer sono racchiuse più soluzioni e innovazioni tecniche. A differenza del precedente modello, si avvale del sistema di chiusura Lazer Advanced RollSys, caratterizzato dalla presenza di una rotella sulla parte superiore del casco che controlla il sistema di adattamento alla testa del ciclista per una vestibilità comoda e sicura senza punti di pressione. Poiché il Lazer Advanced RollSys è posizionato sulla parte superiore del casco, rimane spazio sufficiente per accogliere i capelli lunghi raccolti in una coda di cavallo o in uno chignon. 

Un altro dettaglio è contenuto nel design che consente di mantenere gli occhiali al sicuro grazie ai suoi slot di aggancio specifici. Da sottolineare la possibilità di agganciare alla parte posteriore del casco l’accessorio Lazer Universal LED a garanzia di una maggiore visibilità durante le uscite in bicicletta. A impreziosire la sua costruzione ci sono i cinturini cuciti in materiale riciclato e antibatterico, progettati per garantire il massimo comfort di utilizzo. Disponibile in tre taglie (S/M/L) e sette differenti colori è pronto ad assecondare ogni esigenza di comfort e stile. Il prezzo consigliato al pubblico è di 249,99 euro.

Lazer

Van Aert e Jumbo sulle pietre: scatta l’operazione Roubaix

28.12.2023
5 min
Salva

Le Classiche del Nord sono lontane, ma chi ha segnato in rosso quelle date già ci pensa. Wout Van Aert e la Jumbo Visma (che dal primo gennaio sarà Visma-Lease a Bike) sono tra quelli. Il team olandese era sulle pietre della Roubaix qualche giorno fa. Tra loro c’era anche Edoardo Affini, scudiero di Wout Van Aert nelle ultime edizioni e preziosa pedina della squadra (in apertura Photo News/HLN). 

Una pedalata di un centinaio di chilometri, come riportato dal file Strava dei presenti. Un modo per riprendere il feeling con le ruvide pietre che tanto hanno fatto male a Van Aert nell’ultima edizione della Parigi-Roubaix

Sul profilo Strava di Affini ecco la ricognizione degli ultimi 110 chilometri della Roubaix
Sul profilo Strava di Affini ecco la ricognizione degli ultimi 110 chilometri della Roubaix

Ripartenza sulle pietre

Affini lavora, insieme ai suoi compagni di squadra, per iniziare la stagione nel migliore dei modi. Anche in Jumbo Visma i gruppi sono divisi a seconda delle bozze dei vari calendari. C’è chi riparte dall’Australia, a breve, e chi, invece, riprenderà più avanti. 

«Anche in questo periodo natalizio – dice Affini – mi sono tenuto attivo, non ci si può fermare. Mi hanno dato un calendario indicativo, ripartirò dalla Omloop Het Nieuwsblad, quindi tra un mese e mezzo praticamente. E’ lo stesso inizio di stagione che ho da tre anni a questa parte e mi trovo bene, il tempo per correre ci sarà.

«Chi partirà dall’Australia – continua – è già in viaggio praticamente. Mentre noi che iniziamo dalle corse del Nord andremo in ritiro a gennaio, sempre in Spagna, per una decina di giorni. Ormai siamo tutti lì, se volessimo fare una corsa WorldTour non ci sarebbe alcun problema (dice con una risata, ndr)». 

Il feeling con le pietre va ricostruito passo dopo passo per arrivare pronti al grande evento
Il feeling con le pietre va ricostruito passo dopo passo per arrivare pronti al grande evento

Ritrovare la pedalata

E’ di qualche giorno fa, più precisamente del 20 dicembre, l’ultima ricognizione della Jumbo sulle pietre. Le poche foto sono rimbalzate da una parte all’altra del web. 

«In occasione della presentazione del team – spiega Affini – abbiamo sfruttato la vicinanza e siamo andati a fare una ricognizione sulle pietre della Roubaix. Non sono di certo le stesse pietre che trovi nella settimana della corsa, queste erano sporche e non curate, ma è sempre utile fare un giro. Si è trattata di una ricognizione nella quale provare i vari materiali: copertoni, pressioni, gruppo e tutto il resto. E’ utile perché non si ha modo di passare spesso su questi settori, alla fine se ci pedali sopra 3 o 4 volte all’anno è tanto».

Wout Van Aert “scortato” da Laporte durante la ricognizione del 20 dicembre (Photo News/HLN)
Wout Van Aert è stato scortato anche da Laporte durante la ricognizione del 20 dicembre (Photo News/HLN)

Un’idea di base

Curare tutto nel minimo dettaglio serve per arrivare al 100 per cento nel giorno della corsa. I materiali devono essere sicuri: forse il belga, scottato dalla foratura della passata edizione, ha deciso di prendere con largo anticipo l’impegno.

«Sicuramente la foratura fuori dal Carrefour de l’Arbre – continua Affini – non ha fatto piacere a Wout. Però in queste corse c’è anche una dose di sfortuna, noi dobbiamo arrivare pronti per quello che ci riguarda: la parte meccanica. La Roubaix mette sotto stress la bici nella sua interezza. Nel giorno in cui siamo andati a provare i tratti di pavè, abbiamo cercato di curare tutto. Bisogna arrivare nella settimana della corsa con una linea di cosa serve, non ci si può ridurre alla ricognizione del giovedì (quella che anticipa la gara, ndr). 

«Siamo partiti dal settore prima della Foresta di Arenberg e siamo arrivati fino al velodromo di Roubaix. Le velocità non sono state esagerate, ma in alcuni settori come la Foresta, il Carrefour e Mons en Pévèle devi spingere un pochino di più altrimenti non ne esci. E comunque spingere un po’ serve anche per testare i materiali, passeggiare non è utile».

Van Aert “cacciatore”

La Jumbo era presente in gran numero sulle strade della Roubaix, anche se foto e immagini sono state tutte per Van Aert. 

«Sfruttando il fatto che fossimo lì vicino per la presentazione del team – dice ancora Affini – eravamo un bel po’. Praticamente tutto il blocco delle Classiche del Nord, in totale eravamo in una decina. Una sorta di lista lunga. Wout l’ho visto concentrato, ma comunque sereno. In queste situazioni devi essere attento perché cerchi il “pelo nell’uovo”. Si fa il punto sui vari prodotti che i nostri partner ci mettono a disposizione».

Copertoni, pressioni, gruppo… La preparazione e i test dei materiali partono da lontano (foto Instagram)
Copertoni, pressioni, gruppo… La preparazione e i test dei materiali partono da lontano (foto Instagram)

Materiali e test

«Quella del 2024 potrebbe essere la mia quinta Parigi-Roubaix – conclude Affini – non ho un’esperienza esagerata, ma ho visto tanti cambiamenti tecnici. Uno dei più grandi riguarda la dimensione delle coperture, dovuta all’allargarsi della “luce delle forcelle”. Ora un copertone da 30 millimetri passa ovunque. Noi abbiamo provato diverse misure e, di conseguenza, varie pressioni. Un’altra grande novità arrivata nel tempo sono i tubeless e l’air liner, forniti da Vittoria.

«Nella ricognizione vanno valutate anche le parti meccaniche. Il cambio in una corsa come la Roubaix è messo tanto sotto pressione e lavora in condizioni uniche. La “cambiata” è diversa, la catena saltella su e giù e non essendo mai “in tiro” l’affidabilità deve essere massima. Trovare qualche criticità ora ci dà la possibilità di lavorarci su da qui alla settimana che precede la gara».

Ad Anversa Van der Poel apre la sabbia e Van Aert ci sprofonda

23.12.2023
5 min
Salva

Una settimana dopo, il responso non cambia: Mathieu Van Der Poel ha una superiorità tale su tutti gli avversari nel ciclocross che toglie anche la suspence. E allora bisogna affidarsi ai colpi del destino, come avvenuto ad Anversa, nella prova di Coppa del mondo, la sua prima quest’anno.

Pronti, via e l’olandese perde il colpo di pedale. Resta in piedi, ma gli altri passano via veloci e lui si ritrova intruppato nel gruppo. Perde tempo anche Pidcock per una caduta, così con Van Aert poco avanti i tre tenori si ritrovano quasi alla pari, nel mezzo del gruppo degli specialisti. Esito diverso dal solito? Non sarà così…

La clamorosa spaccata dell’iridato per scendere di bici sulla sabbia, testimonianza della sua agilità
La clamorosa spaccata dell’iridato per scendere di bici sulla sabbia, testimonianza della sua agilità

Un trionfo nonostante tutto

A seguire la gara anche questa volta, come una settimana prima per l’assolo dell’iridato a Herentals, Luca Bramati, che rispetto a sette giorni fa ha colto altri aspetti sulla superiorità del campione dell’Alpecin Deceuninck.

«Non ho dubitato minimamente che VDP avrebbe vinto – dice – anche dopo la partenza difficoltosa. Anzi, guardandolo in faccia ho colto come una leggera soddisfazione, come a dire “almeno oggi mi diverto un po’ di più”. Sono sicuro che non ha mai temuto per la vittoria».

Nella sua dissertazione, Bramati si affida ai numeri: «Nel primo giro Van Der Poel ha perso 25” e sapeva che gli sarebbe bastato anche mezzo giro per riprenderli, così è andato avanti con calma. D’altronde aveva sempre davanti la testa della corsa: la vedeva, era nel suo mirino. Così ha sfruttato i punti a lui più favorevoli e quello di Anversa è un percorso che gli attaglia come un vestito su misura».

Per Van Der Poel è la terza vittoria stagionale su tre uscite, in totale ne ha programmate 14
Per Van Der Poel è la terza vittoria stagionale su tre uscite, in totale ne ha programmate 14

La differenza sul bagnasciuga

Effettivamente Van Der Poel guadagnava tantissimo su tutti gli altri nei tratti su sabbia, dimostrando di essere capace di interpretarli come nessun altro.

«Questo perché abbina alla potenza stratosferica – spiega – anche una grande agilità. Si era visto anche la settimana prima che riesce a utilizzare rapporti improponibili per gli altri, ma ha già migliorato anche la tecnica. Sulla scalinata saliva come un gatto: a Van Aert ha ripreso tantissimo proprio in quei tratti e sulla sabbia ha fatto la differenza».

Quella di Anversa, dove Van Der Poel ha colto la sua settima vittoria nell’albo d’oro, la 152ª nella sua carriera nel ciclocross, era la prima sfida delle quattro che vedranno impegnati tutti e tre i “tenori” della disciplina. Si pensava che rispetto anche a 24 ore prima (quando a Mol nella tappa dell’Exact Cross c’era stato il primo testa a testa con Van Aert, finito a oltre un minuto) ci fosse più competizione e la corsa si era messa per favorirla, ma l’olandese ha fatto capire che non ce n’è per nessuno.

Il fotogramma di Eurosport dove si vede la caduta di Pidcock nel 1° giro, che poteva avere conseguenze gravi
Il fotogramma di Eurosport dove si vede la caduta di Pidcock nel 1° giro, che poteva avere conseguenze gravi

Van Aert ancora in ritardo

«A me ha deluso un po’ Van Aert – afferma Bramati – e il secondo posto non m’inganna. L’ho visto macchinoso a piedi e pesante nella condotta della bici. Per carità, nulla di preoccupante, anzi credo che sia diretta conseguenza dei carichi di lavoro che sta svolgendo per la stagione su strada. So che questa settimana è andato anche a visionare dei tratti di pavé in vista della Roubaix. Si capisce che affronta queste gare con uno spirito diverso dal solito».

Van Aert comunque con molto mestiere ha saputo mettere la museruola agli avversari. Anche a un encomiabile Eli Iserbyt rimastogli attaccato fino al giro finale e alla fine contento del terzo posto che rafforza il suo primato in Coppa. Non altrettanto si può dire di Pidcock, la cui prova di Anversa passa alla storia per la brutta caduta iniziale, dove ha davvero rischiato di sbattere la fronte contro la transenna, facendo scorrere un brivido sulla schiena di tutti gli appassionati. Un risicato ingresso fra i primi 10: dopo la vittoria di domenica scorsa a Namur nella tappa precedente c’era davvero da attendersi di più dal britannico.

Per Van Aert un secondo posto come il giorno prima a Mol, mostrando ancora una forma approssimativa
Per Van Aert un secondo posto come il giorno prima a Mol, mostrando ancora una forma approssimativa

Un paragone con il passato

Difficile a questo punto pensare che Van Der Poel possa trovare concorrenza, tanto che già si ipotizza una stagione senza sconfitte per lui, unico dei tre che andrà avanti fino al mondiale.

«Io una superiorità simile non l’ho mai vista – sentenzia Bramati – se non forse ai tempi di Roland Liboton. Ricordo che quando correva alla Guerciotti aveva delle gambe mostruose, è forse il paragone più vicino a quello che VDP sta mostrando in giro per i prati europei».

La prossima sfida fra i tre sarà subito dopo Natale, il giorno di Santo Stefano a Gavere, su un percorso molto diverso, con tanta salita e meno passaggi tecnici. C’è chi pensa che questo possa cambiare un po’ le carte in tavola, ma Bramati non è di questo avviso.

«C’è una differenza di potenza enorme – dice – almeno un minuto fra lui e tutti gli altri. Non credo comunque che Van Aert sia preoccupato per questo, è chiaro che il belga è più indietro di preparazione proprio pensando alla stagione su strada».

Viezzi in azione ad Anversa: il friulano ha chiuso 2° mantenendo la maglia di leader di Coppa del Mondo (foto Fci)
Viezzi in azione ad Anversa: il friulano ha chiuso 2° mantenendo la maglia di leader di Coppa del Mondo (foto Fci)

Un altro tassello per Viezzi

A margine della corsa elite, la prova di Anversa ha regalato ancora soddisfazioni anche all’Italia per merito di Stefano Viezzi, secondo nella prova juniores alle spalle del francese Aubin Sparfel che però in classifica si avvicina alla sua leadership e la sfida fra i due diventa di volta in volta più appassionante. Quell’incertezza che a livello assoluto non esiste più, stante la superiorità di Van Der Poel e della sua connazionale iridata Fem Van Empel, all’undicesima vittoria in 11 gare.