Harelbeke 2009, lo squillo di Pozzato. Resterà l’ultimo tricolore?

24.03.2023
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Oggi con l’E3 Saxo Bank Classic si entra nel pieno della stagione delle classiche del Nord. Quella di Harelbeke, che ha cambiato nome molte volte piegandosi alle esigenze degli sponsor, è una corsa forse non così popolare da noi, ma in Belgio è molto amata: il “piccolo Fiandre”, così chiamato perché ricalca abbastanza fedelmente la struttura della Corsa dei Muri, ma con meno distanza e meno asperità.

Una corsa quella di Harelbeke (una delle pochissime sfuggite agli arpioni di Merckx…) che ha sorriso poche volte agli italiani, solamente 4: Bontempi nel 1988, Cipollini nel ’93, Pieri nel 2002 e Pozzato nel 2009. Filippo, oggi responsabile organizzativo con la PP Sport Events delle classiche venete di fine stagione, ricorda ancora molto bene quel giorno.

L’ultimo podio con Van Aert fra Laporte (decisivo per il suo successo) e Kung
L’ultimo podio con Van Aert insieme a Laporte, decisivo per il suo successo

«C’era un Boonen favoritissimo, voleva la quinta vittoria, partì sul penultimo muro a una ventina di chilometri dal traguardo. Io lo agganciai quasi subito, poi su di noi rientrò Iglinskiy. Ce la giocammo in volata, il belga era più veloce, ma io finsi di partire, lui si lanciò, io misi due denti in meno e lo recuperai abbastanza facilmente. Era più veloce, ma quello era il mio giorno».

Eri in una forma particolare?

Sì, quello fu un ottimo periodo. Vinsi 3 giorni dopo anche a La Panne, la prima tappa. Puntavo forte sul Giro delle Fiandre, ma la fuga di Devolder sconvolse i piani di tutti.

L’ultimo podio con un azzurro: 2015, Trentin chiude terzo dietro Thomas e Stybar
L’ultimo podio con un azzurro: 2015, Trentin chiude terzo dietro Thomas e Stybar
Che corsa è?

Non è così diversa dalla sua “sorella maggiore”, il tipo di strade è lo stesso come anche la struttura altimetrica, cambiano solo i numeri che sono un po’ inferiori. Non è un dato da poco perché proprio il fatto che ci siano meno chilometri da percorrere permette anche a corridori di seconda linea di stare davanti e giocare le proprie carte. Il Fiandre è talmente selettivo che ben difficilmente non lo vince un corridore dal pedigree affermato.

Come va interpretata?

Devi stare sempre sul chi vive, oggi molto più che ai miei tempi. Potrei dire che gli ultimi 70 chilometri sono quelli decisivi, nei quali devi stare sempre nelle prime 20 posizioni, ma a ben guardare nel ciclismo odierno è un’affermazione che lascia il tempo che trova. Siamo in presenza di campioni che sono abituati a sconvolgere la corsa anche molto prima. Non puoi mai adagiarti. Poi c’è anche altro a cui prestare attenzione.

Van Aert in testa a tirare nell’edizione dello scorso anno. Il belga era già stato secondo nel 2019
Van Aert in testa a tirare nell’edizione dello scorso anno. Il belga era già stato secondo nel 2019
Che cosa?

Il tempo. Può cambiare nel corso della giornata anche più volte. Il vento può essere a favore, ma in molti tratti ti colpisce trasversalmente e può causare ventagli. Sono davvero tante le cose a cui bisogna prestare attenzione.

E’ una corsa che può terminare con volate di gruppo, anche se ridotto o pensi che sia più portata a una soluzione di forza?

Normalmente sia è portati a pensare che sia una corsa per soluzioni molto ristrette. Alla fine ti ritrovi sempre un gruppetto ristretto che si gioca il successo, non più di 5-6 corridori. Bisogna essere veloci, questo sì, ma per rimanere davanti devi avere gamba, tanta gamba.

Van Der Poel si ripresenta in corsa dopo il trionfo di Via Roma. Ad Harelbeke è stato 3° nel 2021
Van Der Poel si ripresenta in corsa dopo il trionfo di Via Roma. Ad Harelbeke è stato 3° nel 2021
Ti aspetti una corsa che premi anche qualche corridore di secondo piano, ossia non appartenente a quella ristretta fascia dei “mammasantissima” in preparazione per il Fiandre?

Io a questa faccenda della preparazione non ci credo più. Ormai i vari Van Der Poel, Van Aert, Pogacar quando mettono il numero sulla schiena partono sempre per vincere. Non pensano a salvare le gambe, non pensano a quel che verrà dopo, se la giocano fino in fondo e oggi sarà ancora così. Inoltre credo che la Sanremo con il suo epilogo abbia dato quel pizzico di pepe in più.

Che cosa intendi?

Van Aert io credo che vorrà prendersi una rivincita immediata sull’olandese. Per me è il corridore più forte perché il più completo e quelle sono le sue strade. Quando serve c’è sempre, se non vince si piazza. Van Der Poel dalla sua ha il fatto che se decide di portare la stoccata molto spesso lo fa e trova il bersaglio. Tra questa gente e gli altri c’è una bella differenza, io credo che assisteremo a una grande gara e i nomi da tenere sul taccuino sono sempre gli stessi.

EDITORIALE / Guai a chi tocca la Sanremo

20.03.2023
5 min
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Non toccate la Sanremo (ma ridateci alla svelta la partenza da Milano). Si è detto per una vita che servisse un’altra salita nel finale per renderla più divertente, senza rendersi conto che bastava avere i corridori giusti. Forse non ci rendiamo tutti conto del grande ciclismo che stiamo vivendo e magari rileggere il finale della Classicissima può essere un’utile guida alla comprensione.

Sul Poggio si sono sfidati il corridore numero uno al mondo, re di due Tour de France e di due Lombardia. Il miglior cronoman del mondo, detentore del record dell’Ora e di quello mondiale dell’inseguimento individuale e a squadre. Il vincitore di due Giri delle Fiandre e di svariati mondiali di cross. Il vincitore di una Sanremo, di tappe al Tour, dell’ultima maglia verde, della Gand e dell’Amstel. Quale altra corsa nel calendario internazionale può fare un simile sfoggio di professionalità diverse e nobili?

La Sanremo vive per 200 chilometri in attesa degli ultimi 100: una costruzione necessaria
La Sanremo vive per 200 chilometri in attesa degli ultimi 100: una costruzione necessaria

La velocità di VDP

Quello che ha stupito è stato il modo in cui Van der Poel se l’è portata a casa. Pogacar infatti ha messo la squadra alla frusta sulla Cipressa. Si è detto che quel lavoro non abbia prodotto i risultati sperati: in realtà il ritmo del UAE Team Emirates ha ricordato a corridori come Pedersen, Mohoric, al giovane De Lie e al più esperto Sagan che cosa significhi arrivare al Poggio con le gambe stanche. Passare dal senso di forza e grandi sogni, all’improvviso blackout e le gambe dure.

A quel punto Pogacar ha piazzato due scatti, portando con sé soltanto Ganna, mentre alle sue spalle Van der Poel si è nascosto nella scia di Van Aert. E quando il Poggio finalmente spianava e tutti si aspettavano l’ennesimo attacco di Tadej, Mathieu ha piazzato il suo affondo. Un’accelerazione violentissima nel tratto in cui serviva calare il rapporto e fare velocità, nel momento in cui tutti gli altri, per stessa ammissione di Pogacar, erano ormai in rosso.

Il forcing sulla Cipressa del UAE Team Emirates (davanti c’è Ulissi) ha tagliato tante gambe
Il forcing sulla Cipressa del UAE Team Emirates (davanti c’è Ulissi) ha tagliato tante gambe

Già visto alla Tirreno

Si è parlato molto della condizione dell’olandese alla Tirreno-Adriatico e lui per primo ha raccontato il bisogno di andare più a fondo nella fatica per ritrovare la gamba giusta. E se questo è stato palese sulle salite, provate a riavvolgere il nastro e valutare con altro occhio le due volate tirate a Philipsen: quella di Foligno, ma soprattutto quella di San Benedetto.

Quel giorno Van der Poel ha sbrigato da solo la pratica che in un’altra squadra avrebbe richiesto almeno due uomini. Il suo lavoro è durato circa 700 metri, durante i quali è stato capace di una velocità che ha allungato il gruppo e servito a Philipsen lo sprint su un piatto d’argento. Da quel numero si poteva già capire parecchio: l’olandese è stato capace di sviluppare una velocità impossibile per gli altri. E sabato l’ha rifatto sul Poggio.

Ultima tappa della Tirreno: Van der Poel ha tirato per quasi 700 metri, Philipsen ha vinto: prove di Sanremo?
Ultima tappa della Tirreno: Van der Poel ha tirato per quasi 700 metri, Philipsen ha vinto: prove di Sanremo?

Van Aert riparte

Certo, uno così ti destabilizza. Pensi che sia alla frutta e ogni volta invece torna forte come sempre. Chissà che cosa possa averne pensato Van Aert, costretto a chinare il capo per l’ennesima volta. Ti aspetteresti che dopo la batosta subito ai mondiali di cross, sia sull’orlo di una crisi di nervi, invece le sue reazioni dopo la gara e il giorno successivo sono state nel segno di una grande tranquillità.

Ha riconosciuto il merito al rivale di sempre, poi si è concesso una domenica in famiglia (a proposito, sua moglie ha annunciato l’arrivo di un altro figlio che arriverà la prossima estate) e adesso si starà rimboccando le maniche per le sfide del Nord. Del resto, se sei consapevole di aver fatto il massimo, perché dovresti starci male se un altro ti batte? Sul momento ti rode, quello è il tuo rivale di sempre, ma dopo deve passare per forza.

Alfredo Martini, che ne avrebbe avuto da insegnare ancora per anni, era solito dire che il grande rammarico viene fuori se sai di essere arrivato alla gara senza aver fatto tutto quello che serviva.

Van Aert e Pogacar hanno dato il massimo: c’è poco da recriminare. Da entrambi, complimenti a Van der Poel
Van Aert e Pogacar hanno dato il massimo: c’è poco da recriminare. Da entrambi, complimenti a Van der Poel

La cicala e la formica

Bartoli l’ha spiegato benissimo: probabilmente Van Aert è più forte, ma Van der Poel è più vincente. L’uno non può vincere ciò che vince l’altro e viceversa. Van Aert è la formica: vince, lavora per la squadra e non perde un colpo. L’altro è la cicala: sembra che dorma e quando si sveglia è capace di capolavori. Per cui forse, al di là di approfondire se Van Aert abbia fatto bene o meno a usare il monocorona, in casa Jumbo Visma una riflessione potrebbero farla sull’impiego del gigante belga.

Se è vero che entrambi si sono presi un mese senza gare dopo il mondiale di cross, resta il fatto che alla Tirreno, Van Aert ha tirato tanto per Roglic, mentre Van der Poel ha avuto il tempo e l’occasione per mettere a punto la gamba. A Sanremo, Van Aert era stanco, Van der Poel aveva ancora riserva.

Pensando al 2022, il belga ha corso per 48 giorni, raccogliendo 4.565 punti UCI. L’olandese ha corso per 49 giorni, prendendone però appena 2.028. Questo perché Van Aert è sempre in prima linea, a vincere (9 vittorie), lavorare e piazzarsi: ricordate che lavorone e quante fughe fece al Tour vinto con Vingegaard? Mentre l’altro, furbo e sornione, fa il suo e quando serve, piazza la botta (5 vittorie 2022, con il Fiandre).

Resta da chiedersi semmai, con gente del genere in circolazione (aggiungendo anche Pidcock a Pogacar, Van der Poel, Van Aert e Ganna) se e quando in corse come la Sanremo ci sarà spazio per gli altri.

A Van Aert è mancato poco. E forse quel 52…

19.03.2023
4 min
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Un po’ come Pogacar ieri, anche Wout Van Aert sembra fare “buon viso a cattivo gioco”. Si dichiara non dispiaciuto di come è andata la sua Milano-Sanremo e si complimenta con l’eterno rivale Van der Poel.

La verità è che la Classicissima della Jumbo-Visma, la squadra più attesa, non è stata affatto facile. Più volte hanno avuto qualche incidente di percorso, ma tutto sommato sono sempre rimasti dove volevano. E alla fine la differenza l’hanno fatta le gambe. E poi c’è quel quid che riguarda il monocorona da 52 denti che tanto fa discutere.

Van Aert e Pogacar stanchi dopo l’arrivo di Sanremo. Hanno dato tutto
Van Aert e Pogacar stanchi dopo l’arrivo di Sanremo. Hanno dato tutto

Nessun rimpianto

«Non ho nessun rimpianto – ha detto Van Aert dopo l’arrivo – Mathieu ha dimostrato a tutti di essere stato fortissimo. E’ stata una Sanremo velocissima, anche se la Cipressa è stata più facile del previsto, quindi sul Poggio c’erano più persone. E la corsa alla fine si è fatta tutta lì».

«Siamo rimasti in quattro, tutti corridori molto forti e tutti abbiamo corso per vincere. Ed è quello che ha fatto anche Mathieu. Lui è stato intelligente. Bisognava chiudere subito quel buco, ma io ero ero a tutta quando ha attaccato Pogacar.

«Semmai sono rimasto sorpreso dal fatto che Mathieu avesse ancora qualcosa nelle gambe. In discesa ho provato a chiudere, ma sapevo che al massimo saremmo potuti scendere alla stessa velocità. Poi una volta entrati a Sanremo, all’ultimo chilometro, ci siamo giocati il secondo posto. Ma si sapeva, è normale. E’ stata una bella gara, una bella battaglia».

Wout dice di non essere deluso, ma poi aggiunge anche: «Mathieu è andato via al momento giusto. Io non mi pento di come ho corso – quasi a giustificarsi – Questa gara mi piace. È la quinta volta che la faccio e sono sempre stato nella top 10. Devo provare a rivincerla».

Richard Plugge, grande capo della Jumbo-Visma
Richard Plugge, grande capo della Jumbo-Visma

Parla Plugge

E di tattica in qualche modo ci ha parlato anche il grande capo della Jumbo-Visma, Richard Plugge. Nella zona dei bus il general manager ha detto: «Erano rimasti in quattro, i più forti di oggi ed era più o meno quello che ci aspettavamo. Van der Poel è stato molto intelligente.

«Si sapeva in anticipo che qualcuno sarebbe scattato lì, ma servivano le gambe. Non è facile e Wout aveva speso tanto per chiudere su Pogacar… con Van der Poel a ruota».

«Siamo stati anche un po’ sfortunati. Abbiamo avuto qualche guaio di troppo. Avremmo potuto utilizzare meglio Jan Tratnik nel finale, ma è caduto (prima della Cipressa, ndr). Alla fine per me ottenere un podio in una classica monumento va bene».

E il fatto di spingere di più sulla Cipressa lo ha confermato anche il diesse, Grischa Niermann. L’assenza di Tratnik non ha scombussolato del tutto i piani, ma ha inciso.

E se fosse stata questa scelta, il monocorona, ad aver deciso la Sanremo di Van Aert?
E se fosse stata questa scelta, il monocorona, ad aver deciso la Sanremo di Van Aert?

Persa in partenza?

E così la corsa dei giallo-neri è stata molto meno semplice di quel che si possa pensare. Però è anche vero che Van der Poel nel finale non aveva tutti questi compagni e anche la UAE Emirates non aveva lavorato al meglio sulla Cipressa. Pertanto la domanda, e le riflessioni, da farsi riguardano proprio il famoso monocorona da 52 denti che ha utilizzato Van Aert.

Che quel rapporto lo abbia “cotto a fuoco lento”? Che lo abbia logorato nei quasi 300 chilometri da Milano a Sanremo? O, analisi ancora più tecnica, che il 52 sul Poggio a quelle velocità forse è “poco” per rispondere a certi attacchi? Non che in una corsa del genere si utilizzi così spesso il 39 o il 40, ma va da sé che con il 52 quando si va forte, e alla Sanremo capita praticamente per 270 chilometri, per forza di cosa si va a cercare un pignone posteriore più duro. A rafforzare questa ipotesi, consideriamo anche che Van Aert, il quale a volte si getta persino nelle volate di gruppo, ha perso lo sprint con Ganna.

Dubbi che lo stesso Plugge non smentisce. Con la tipica lucidità di chi lavora con i numeri, alla domanda se Van Aert rifarebbe questa scelta lui replica così: «Bisognerebbe chiederlo a Wout, ma come vedete sono appena sceso dalla macchina e ancora ci devo parlare. E’ una cosa che analizzeremo». 

Lazer Vento e Strada: è la Wout Van Aert Limited Edition

18.03.2023
5 min
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L’ultima famiglia dei caschi Lazer porta con sé la tecnologia Kineticore, soluzione che rende i caschi differenti dagli standard del mercato. Strada e Vento, i due prodotti dedicati in maniera specifica al settore road, sono leggeri, ventilati ed estremamente confortevoli ed ora anche con la livrea Limited Edition Red Bull dedicata Wout Van Aert.

Dopo aver provato il modello Lazer Vento in occasione del lancio ufficiale, abbiamo testato il modello Strada (nella colorazione bianco nero).

Collaborazione con Red Bull

Le particolarità di questa produzione non stanno solo nella tecnologia dei due modelli – Vento e Strada – e nella livrea cromatica, ma anche nel fatto che questi di Lazer sono ufficialmente i primi caschi Red Bull che vengono messi in commercio.

Rispetto alle versioni standard, le caratteristiche tecniche non cambiano. Quello che cambia è la livrea blu cangiante, che è parte del DNA Red Bull, oltre alla presenza del logo dell’azienda austriaca abbinato a quello di Wout Van Aert. I prezzi di listino sono di 269,99 per Vento (modello usato in tutte le situazioni da Van Aert) e 119,99 euro per Strada, prezzi che non si discostano dalle versioni “convenzionali”.

Chiusura ScrollSys

Il sistema di chiusura ScrollSys consiste in un dispositivo meccanico che sostituisce il rotore posteriore micrometrico e perimetrale. E’ molto preciso ed ha il vantaggio di essere completamente integrato nella struttura del casco, un fattore da considerare anche in ambito sicurezza. Agisce in modo diretto sulle due gabbiette inferiori che si adeguano alla forma del collo, ma anche sul filler perimetrale per una calzata ottimale, con pressioni ben distribuite. Appena sotto il nastro di azionamento posteriore, c’è una piccola asola che è utile per il montaggio del led. Non un semplice dettaglio.

La tecnologia Kineticore del mold e delle imbottiture
La tecnologia Kineticore del mold e delle imbottiture

Fronte e retro, forma diversa

Il numero delle imbottiture è ridotto all’osso, sono solo 4. Una frontale con degli spessori differenziati e due laterali, oltre a quella centrale, anche quest’ultima con spessori differenti e un’asola centrale per agevolare l’espulsione del calore. Tutto questo è reso possibile anche grazie all’adozione di Kineticore, con tutti quei piccoli tasselli del mold che hanno una miriade di funzioni.

E poi la forma di questo Lazer, più largo davanti e nella zona delle ossa Sfenoide, più stretto ed asciutto man mano che passa verso il retro, forma che non influisce minimamente sulla bontà del fitting. Questa forma è comune anche al modello Vento.

I nostri feedback

Lazer Strada è un casco estremamente comodo e ventilato in ogni situazione, fattore quest’ultimo che si percepisce anche alle velocità più basse, magari in salita, magari quando si ha il naso all’insù in un ambiente gravel. L’accumulo del calore e dell’umidità prodotti durante lo sforzo sono davvero ridotti, merito delle imbottiture, ridotte come numero e di ottima qualità, ma anche dei tasselli Kineticore che lasciano l’aria libera di circolare.

Preciso ed efficace il sistema di chiusura, aspetto che avevamo già sottolineato in occasione della prova del modello Vento. Lo stesso sistema influisce parecchio sul design del casco, che ha un profilo tronco marcato e che risulta in linea con i più moderni sviluppi per quanto riguarda le forme. Inoltre, sempre nella zona posteriore, i due lati scendono verso il basso in maniera importante, un ulteriore vantaggio in fatto di protezione per zone sensibili come quella occipitale e parietale inferiore.

Lazer Strada Kineticore è un casco che conosce pochi limiti d’impiego e di modi per essere sfruttato a pieno. E poi ha un rapporto eccellente tra la qualità ed il prezzo.

Lazer

Le squadre e il Castello. Sanremo 2023, primo atto

17.03.2023
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Scherzando ma neanche tanto, Daniele Bennati dice che il suo favorito per domani alla Sanremo è Laporte. Immagina botte da orbi fra i soliti noti tra Cipressa e Poggio e alla fine la volata del francese, che nessuno immagina, sul gruppetto rimasto.

Abbiategrasso accoglie la Sanremo con un pubblico interessato e moderatamente chiassoso. Lo spostamento della partenza ha portato con sé anche quello di tutte le operazioni preliminari, cui si è aggiunta la presentazione delle squadre nella piazza del Castello Visconteo. Il paese è ormai una città, ma nel cuore ha un gioiello che per molti rappresenta una novità.

Pogacar è visto come il nemico pubblico numero uno; la UAE ha quasi solo scalatori, più Trentin
Pogacar è visto come il nemico pubblico numero uno; la UAE ha quasi solo scalatori, più Trentin

La presentazione

I corridori sfilano sul palco e alcuni, i più richiesti, passano poi nella mix zone per le interviste. E mentre Tratnik e Van Aert stazionano davanti ai microfoni, Edoardo Affini riprende la via del pullman, fermato di tanto in tanto per autografi e foto. Che sia per Laporte oppure Van Aert, sulle spalle del mantovano poggia già la consapevolezza del lavoro da fare.

«Se tutto va come da programma – dice – dovrei entrare in azione fra tra i Capi e la Cipressa. Vediamo un po’ come si mette la corsa, se c’è da qualche imprevisto o altro. E’ una vigilia tranquilla, il percorso è quello. Le condizioni meteo sembrano buone, quindi siamo abbastanza rilassati. Faremo la riunione prima di cena, vedremo che cosa vuole fare la squadra. Guarderemo gli avversari, ma non più di tanto. Servirà per capire come potrebbero correre le loro squadre. Non sarebbe male condividere il peso della corsa, già l’anno scorso il mio compagno Van der Sande ha tirato da solo per 240 chilometri, sarebbe bello che domani anche gli altri facessero qualcosa. Anche solo per condividere la fatica…».

Ganna se la ride. Pippo è il leader della Ineos Grenadiers dopo l’uscita di scena di Pidcock
Ganna se la ride. Pippo è il leader della Ineos Grenadiers dopo l’uscita di scena di Pidcock

Sagan, quasi un addio

Sul palco si fanno onori per tutti i campioni. Onori per Alaphilippe e Pogacar, ma un abbraccio particolarmente affettuoso, il pubblico italiano lo riserva a Peter Sagan, che ringrazia dopo la proiezione di un video, in quello che a tutti gli effetti sembra un addio. Peter potrebbe anche tornare per qualche gara di gravel, ma la Sanremo potrebbe essere la sua ultima corsa vera in Italia. E poi viene a salutare, appare rilassato. Scherza sull’essersi commosso e poi passa, accompagnato da Daniel Oss, che per seguirlo in quest’ultima avventura avrebbe rinunciato a tre anni di contratto in una grande squadra.

Il peso della corsa

Affini prosegue. E’ innegabile che dopo una partenza di stagione così prepotente, la Jumbo Visma rischi di ritrovarsi con la corsa tutta sulle spalle. Loro lo sanno e sono abbastanza solidi da non farsene un problema.

«Penso che abbiamo dimostrato – dice il mantovano – che non ci tiriamo mai indietro quando c’è da prendersi la piena responsabilità della corsa. Non abbiamo paura. Abbiamo lavorato con l’idea di partire bene, poi ovvio che tra il dire e il fare c’è differenza. L’Opening Weekend in Belgio è stato trionfale. Siamo andati molto bene alla Tirreno, dove Primoz (Roglic, ndr) ha fatto un ottimo rientro. Bene alla Parigi-Nizza, anche se abbiamo trovato un Pogacar in forma stellare. Bene anche alla Strade Bianche. Siamo sempre nel vivo della corsa e cerchiamo di portare a casa il massimo risultato».

Nuovo taglio di capelli e monocorona: la Sanremo di Van Aert è piena di novità
Nuovo taglio di capelli e monocorona: la Sanremo di Van Aert è piena di novità

Van Aert col monocorona

Arriva Van Aert, che domani correrà con il suo nuovo casco Red Bull e dice di esserne molto orgoglioso. Poco fa ha raccontato la sua vigilia., dicendo di essere andato anche dal parrucchiere per rifarsi un po’ il look. E poi ha aggiunto che domani correrà con una sola corona anteriore (dettaglio che verificheremo alla partenza).

«Non ho bisogno della seconda corona – dice – è una scelta di aerodinamica e leggerezza. E’ un piccolo guadagno che cerchiamo di ottenere. La Milano-Sanremo spesso si decide negli ultimi due o tre chilometri e Pogacar è il favorito in assoluto. E’ venuto qui solo con scalatori e questo significa che vuole fare la corsa dura. L’anno scorso ho sbagliato a seguire tutti i suoi attacchi, ma non avevo scelta, altrimenti sarebbe andato via. Quest’anno ho chiesto di avere aiuto sul Poggio, per cui con Tratnik, Van Hooydock e Laporte saremo un quartetto pronti a ogni evenienza. Anche perché oltre a Pogacar, mi aspetto Alaphilippe. Lui la Sanremo l’ha già vinta e sa benissimo come… maneggiare il Poggio».

Van Aert mette Alaphilippe tra i più pericolosi: sa come si vince la Sanremo
Van Aert mette Alaphilippe tra i più pericolosi: sa come si vince la Sanremo

La parte di Affini

Affini lo sentirà parlare più tardi in albergo, quando si riuniranno per guardarsi negli occhi. Il capitano sembra in forma, anche se non è parso straripante come quando la vinse nel 2020, ma la squadra è tutta attorno a lui. Il tempo di salutarsi e vediamo arrivare Ganna. Senza Pidcock, ma con l’aiuto di Kwiatkowski appena diventato padre, anche Pippo domani sarà uno di quelli da osservare con attenzione.

«Domani mi toccherà fare la mia parte – saluta Affini – sono abituato a questi incarichi. Però è ovvio che quando inizierà la lotta per la posizioni, la corsa diventerà più stressante. Man mano che ti avvicini, cominci a entrare nelle fasi veramente calde della corsa. Quindi c’è più adrenalina, c’è più voglia di fare, c’è un po’ più guerra. Quando il gruppo è aperto eppure tutti stanno spingendo, capisci che è il momento di cominciare. E allora si comincerà davvero».

Sanremo ’99, partono Pantani e Bartoli: Cipressa in fiamme

16.03.2023
6 min
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Suo padre Graziano lo chiamò Michele in onore di Dancelli, che in quel 1970 vinse la Sanremo. Eppure, nonostante tanta benedizione, per Bartoli la Classicissima non è mai stata un gran campo di gioco, come furono il Fiandre, la Freccia Vallone, la Liegi oppure il Lombardia. Quelli fra il 1993 (quando passò professionista) e il 2004 (in cui smise) erano anni di velocisti capaci di deglutire facilmente la Cipressa e il Poggio. Per questo scendevano in Riviera circondati da squadroni, che si alleavano fra loro per rintuzzare ogni attacco. Non come oggi, che non ci sono più velocisti così resistenti da autorizzare una squadra a fare blocco compatto. Oggi ci si preoccupa di Pogacar che potrebbe staccare tutti nel finale e di altri attaccanti, cui non si opporrebbero certo le squadre dei velocisti, quanto piuttosto quelle dei rivali diretti.

«Probabilmente – ragiona Bartoli – è una questione di mancanza di velocisti con determinate caratteristiche. Oppure le squadre non si fidano più a puntare tutto su uno e non lavorano per tenere chiusa la corsa. Probabilmente oggi i velocisti tengono un pochino meno in salita. Ma soprattutto si trovano davanti parecchie squadre più determinate a fare la corsa dura. Prima era difficile trovare alleati, a miei tempi c’era il Panta, però poi il 95 per cento del gruppo voleva arrivare in volata. E a quel punto era difficile per una squadra da sola fare la gara selettiva».

La legge di Zabel non perdona: nel 2000 batte Baldato in maglia Fassa Bortolo
La legge di Zabel non perdona: nel 2000 batte Baldato in maglia Fassa Bortolo
Oggi è il contrario.

A parecchie squadre fa comodo la gara dura per togliere di mezzo i velocisti. Alla Uae non vedono l’ora. Van der Poel uguale. Insomma, ci sono squadre che hanno interesse che la Sanremo venga dura. Di conseguenza è più facile fare selezione.

Una Sanremo sarebbe stata bene nel tuo palmares?

Appena passato, vidi questa corsa e pensai che fosse una di quelle adatte a me, poi però basta. Non sono mai andato forte, tranne quella volta che attaccai sul Poggio, mi agganciò Konychev in discesa e poi ci ripresero tutti sull’Aurelia, ma non sono mai andato particolarmente bene o vicino a vincerla (i suoi risultati migliori vennero nel 1995 e nel 1997 con due quinti posti, rispettivamente alle spalle di Jalabert e Zabel, ndr).

E’ vero che uno dei motivi era l’allergia alla polvere delle foglie degli ulivi?

Purtroppo sì. Che poi è il motivo per cui ho fatto solo due volte il Giro d’Italia. Perché io morivo. Le cure che si potevano fare sono ancora le stesse, magari ti salvavano, ma quando eri proprio immerso nella vegetazione, eri fritto. Ed è chiaro che sulle colline della Sanremo gli olivi regnano come in alcune tappe al Giro d’Italia. Magari per due settimane stavo bene, poi c’era quella in cui si attraversavano posti per me… proibiti e basta.

Sanremo del 2001, vincerà Zabel su Cipollini, vani i tentativi di Bartoli e Bettini di attaccare
Sanremo del 2001, vincerà Zabel su Cipollini, vani i tentativi di Bartoli e Bettini di attaccare
Quindi alla fine non averla vinta non si può definire un grosso rimpianto?

Mi è dispiaciuto, perché la Sanremo per noi italiani è una delle gare più belle da vincere. Però poi pian piano ho perso la determinazione a farla. Provi un anno, provi due, provi tre, vedi che non riesci mai ad andare bene e alla fine un po’ molli. Non è che molli la corsa, ma ci vai con una tensione diversa, non come al Fiandre, alla Liegi e alle altre.

Però qualche piazzamento è venuto, no?

Ho sempre continuato a provarci. E chiaro che essendo anche abbastanza veloce, non mi tiravo indietro. In quegli anni lì c’era la Telekom ed era un casino metterli nel sacco, a meno che non avessi una condizione super. Ma io, lo ripeto, non l’ho mai avuta alla Sanremo. Anche nella settimana prima, durante la Tirreno andavo bene, ma un po’ a sprazzi.

Sempre per l’allergia?

Partivo. Facevo inizi di stagione molto buoni, in cui vincevo anche spesso. Poi arrivavo alla Tirreno e soffrivo sempre. E quella cosa me la portavo fino al Belgio, dove finiva tutto. Per questo non vedevo l’ora di partire per il Nord, perché lassù l’allergia era zero. Ma è chiaro che certi problemi mi toglievano anche un po’ di convinzione. Se se sai che corri con l’handicap, non ci metti mai la cattiveria al 100 per cento.

Sanremo 1999: terminata la discesa della Cipressa, sull’Aurelia l’azione di Bartoli e Pantani si appesantisce
Sanremo 1999: terminata la discesa della Cipressa, sull’Aurelia l’azione di Bartoli e Pantani si appesantisce
La Sanremo più bella da ricordare è quella dell’attacco sulla Cipressa col Panta (foto di apertura)…

Era il 1999 e sia Marco sia io si puntava a vincere la Sanremo. Eravamo gli unici che volevano la corsa dura. Io sapevo che il Panta sarebbe partito sulla Cipressa e infatti partì. Mi aspettavo anche un po’ di movimento da parte di altri. Pensai: «Cavoli, va via il Panta, qualcuno si muoverà». Invece alla fine non si mosse nessuno. Così andai io e lo agganciai. Facemmo una bella salita, ma poi arrivati alla pianura in fondo alla discesa si formò quel gruppetto in cui non collaborava praticamente nessuno. Perciò ci si rialzò e finì lì. 

Pur correndo con la Mapei, i tuoi rapporti con Marco erano buoni?

Eravamo rivali, ma nel senso buono, sportivo. Fra noi non c’è mai stata una scorrettezza, si andava d’accordo. Anche quando andammo a Sydney, alle Olimpiadi, passammo delle giornate molto belle.

Faceste la Cipressa quasi tutta sui pedali…

Sulla Cipressa difficilmente toglievi il 53. Magari ora è diverso, perché anche le tecniche di allenamento sono cambiate e vai più agile. Non è che vanno più piano, anzi magari vanno più forte perché battono in continuazione tutti i record. Hanno anche materiali più veloci. Però prima il sistema di pedalare era diverso. Si andava più duri. Utilizzavi quasi sempre 53.

La tirata di Van Aert nella tappa di Osimo della Tirreno ha messo gli avversari sul chi vive
La tirata di Van Aert nella tappa di Osimo della Tirreno ha messo gli avversari sul chi vive
Chi vince sabato?

Se dovessi fare un nome, direi Van Aert. La tirata che ha fatto nella tappa di Osimo della Tirreno vuol dire che ha gamba e anche tanta. Poi è chiaro, magari non è al 100 per cento della sua condizione, però va già molto molto forte. Secondo me è difficile toglierlo dal pronostico.

Non è al top secondo te?

Va sicuramente più piano di quando due anni fa arrivò secondo alla Tirreno. Per me ha tentato comunque di partire forte, perché i numeri che ha fatto, non li fai senza essere ben allenato. Magari a volte capita che la condizione ti arrivi una settimana dopo, però secondo me ha preparato il periodo. Invece Van der Poel…

Lo vedi indietro?

Sono rimasto deluso, perché proprio lo vedo spento. Mi sembra che subisca quello che è, come se le idee di partenza fossero state diverse. Ci sta che voglia essere fortissimo ad aprile, però vedendo come si muove, che all’inizio cerca anche di tener duro e poi salta, secondo me nella sua testa c’era anche qualche cos’altro.

Van der Poel sta vivendo un periodo sotto tono: condizione ancora in arrivo o si è nascosto?
Van der Poel sta vivendo un periodo sotto tono: condizione ancora in arrivo o si è nascosto?
Che cosa hai capito guardandolo?

Secondo me lui ambiva anche a qualcosa di più, perché non è che mollava subito. Lo vedevo anche nella tappa di Osimo. Si staccava, poi rientrava. Se uno fa così, probabilmente va alla ricerca di qualcosa che ancora non ha. Quando ricerchi quello che ti manca, vuol dire che comunque il periodo l’hai preparato, perché sennò ti metti lì tranquillo e ti alleni. Invece vedevo che tentava di tener duro. Alla fine ci sta anche lui sul Poggio sabato…

Van der Poel a Siena, per iniziare il 2023 su strada

04.03.2023
3 min
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Mathieu Van der Poel ha scelto la Strade Bianche per il debutto 2023 su strada. E’ passato poco più di un mese dal mondiale di Hoogerheide, dopo il quale l’olandese ha messo via la bici da cross ed è tornato sull’asfalto. Non è riuscito neppure a godersi la maglia iridata, dato che al mondiale ha chiuso la stagione offroad. C’è di buono, in questa breve fase di ricondizionamento, che le cose sono andate lisce. Né un’influenza, né un mal di schiena.

«La preparazione è stata impeccabile – ha detto alla vigilia della Strade Bianche, in una serie di dichiarazioni diffuse dal suo team – se così si può dire. Sono stato in grado di fare tutto come volevo, quindi sono molto contento di questo».

Il trenino Alpecin ha percorso il finale della Strade Bianche (foto Facebook/Alpecin-Deceuninck)
Il trenino Alpecin ha percorso il finale della Strade Bianche (foto Facebook/Alpecin-Deceuninck)

Il ricordo più bello

In Piazza del Campo lo hanno accolto e circondato (foto Het Nieuwsblad in apertura). Succede quando il centro di Siena è pieno di cicloturisti del Nord Europa e tu sei quello che la Strade Bianche l’ha dominata due anni fa con una sparata terrificante in faccia a Bernal e Alaphilippe.

«La Strade Bianche – ha detto – è molto importante per me. E’ una gara che ha qualcosa di magico. Una volta l’ho vinta, una volta sono andato malissimo (il riferimento è all’edizione estiva del 2020, quando arrivò a 10 minuti dal vincitore, ndr). Non vedo l’ora di iniziare qui. La mia vittoria alla Strade Bianche è stata una delle migliori su strada. Nel gruppo di testa c’erano campioni dai nomi altisonanti. Percorrere l’ultima salita con Alaphilippe e Bernal è stato molto bello. Mi piace sempre tornare in un posto dove ho vinto».

La base della Alpecin-Deceuninck per la Strade Bianche (foto Facebook/Alpecin-Deceuninck)
La base della Alpecin-Deceuninck per la Strade Bianche (foto Facebook/Alpecin-Deceuninck)

La prima gara

Attaccò con la violenza di un tornado e Alaphilippe, dietro con la maglia iridata, non trovò neppure la forza per guardarlo, tanta fu la veemenza del suo scatto. Forse allora qualcuno lo sottovalutò e gli permise di sparare le sue cartucce, magari oggi non sarà lo stesso. Ad accrescere il tasso di incertezza c’è il fatto che una corsa così al debutto potrebbe risultare indigesta.

«Sulla strada – ha spiegato Van der Poel – c’è pochissima ghiaia, sembra quasi un asfalto in cattivo stato. Negli ultimi giorni ha piovuto, per cui non troveremo sassi. Lo scenario di gara è difficile da prevedere, possono succedere centinaia di cose. E’ la mia prima corsa e di solito ho bisogno di farne qualcuna di più per raggiungere il livello migliore. Ma mi sono allenato bene, spero di essere competitivo. Anche se di solito ho bisogno di un po’ di rodaggio per stare davvero bene».

Van der Poel ha studiato attentamente il percorso (foto Facebook/Alpecin-Deceuninck)
Van der Poel ha studiato attentamente il percorso (foto Facebook/Alpecin-Deceuninck)

Senza riferimenti

L’assenza dei grossi nomi paradossalmente rende la corsa più aperta e quindi meno facile da controllare. Mancano Van Aert e Pogacar, due su cui si poteva costruire una tattica.

«Rimane una gara difficile – ha spiegato ieri Van der Poel – ma senza quei due, le cose cambiano. Se ci fossero stati, sarebbe bastato stare con loro. Con la forma di adesso, Pogacar sarebbe potuto partire da lontano, invece così ci sarà da guardare tutti. Il fatto che la mia squadra non abbia ancora vinto non mi mette pressione. Almeno questo è un problema che non ho mai avuto».

Boonen ne ha per tutti. E su Van Aert va giù duro

01.03.2023
5 min
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E’ la voce di quattro Roubaix, tre Fiandre, tre Gand-Wevelgem e un mondiale con cui il bilancio delle sue vittorie è arrivato a quota 122, prima del ritiro nel 2017 a 37 anni. Tom Boonen parla raramente, ma essendo sempre stato un uomo e un campione molto intelligente, le sue parole raccolte da Het Nieuwsblad sono secche come pedalate sul pavé. Il fatto di essersi sfilato dalla quotidianità del ciclismo, pur seguendolo con grande attenzione, fa sì che non sia… assuefatto alle dinamiche del gruppo e possa esprimere giudizi privi di grossi condizionamenti.

E’ il 2005, Boonen ha 25 anni e vince la prima delle sue 4 Roubaix
E’ il 2005, Boonen ha 25 anni e vince la prima delle sue 4 Roubaix

Su corridori e interviste

«Ho anche notato che nelle interviste – dice Boonen – la nostra generazione è stata l’ultima in cui i corridori abbiano davvero espresso la loro opinione. Ora si attaccano spesso a cliché già pronti. Non perché loro siano così, ma perché gli viene ordinato di farlo. Anche Remco Evenepoel in questo è cambiato molto».

Sulla Soudal-Quick Step

«La squadra è ancora la squadra – analizza Boonen – ma non vedo più i super leader. Alaphilippe è l’unico che può battere Van Aert e Van der Poel in una buona giornata. Di recente, Lefevere lo ha criticato duramente, forse troppo. Una volta al Tour disse che ero scattato come un principiante. Quando la stampa venne a riferirmelo, risposi: “Allora domani facciamo che al mio posto corra Lefevere”. E il giorno dopo rimasi in gruppo. Alaphilippe porta via gran parte del budget, ciò comporta molte responsabilità. Le pressioni hanno direzioni doppie. E comunque l’ingaggio di Merlier è stato azzeccato, un solo velocista non basta. Assiene a Jakobsen, servirà per tenere alto il numero delle vittorie».

Alaphilippe ha iniziato il 2023 vincendo la Faun Ardeche Classic su Gaudu
Alaphilippe ha iniziato il 2023 vincendo la Faun Ardeche Classic su Gaudu

Su De Lie

«Sono un tifoso di De Lie, dicono che mi somigli per la sua mentalità. E’ un ragazzo semplice, gli scivola tutto addosso. E’ arrivato e ha subito vinto le sue gare, eppure fa le cose gradualmente. Non sopporto i neopro’ che entrano con un contratto da 400.000 euro perché hanno dei buoni test. Non è così che funziona. E De Lie infatti cresce tranquillo, come ha imparato nella sua fattoria e a 22 anni può tranquillamente vincere il Giro delle Fiandre. Non è riuscito neanche a me. Ho dovuto aspettare un po’ prima che Museeuw si ritirasse, ma alla mia prima possibilità, l’ho subito battuto. Ho sempre avuto molto rispetto per Johan e da giovane pensavo che fosse un onore vivere gli ultimi anni di un simile monumento. Ho vinto l’ultima gara di Johan, la Scheldeprijs, solo perché andarono a riprenderlo».

Su Sagan

«Forse è davvero il momento giusto per fermarsi. Può ancora vincere grandi corse – ragiona Boonen – ma mi chiedo se ci riuscirà. Penso che gli piaccia ancora andare in bicicletta, ma in modo anonimo, senza tutta la zavorra che si porta addosso e che lo ha soffocato. E’ ora di fare un passo indietro e scegliere il divertimento. Capisco che voglia ancora andare in mountain bike. Ha fatto una grande carriera. Sei anni buoni, in cui ha vinto tanto. Tre volte campione del mondo, io avrei potuto esserlo due volte. Dopo Madrid anche in Qatar, perché stavo davvero bene.

Omloop Het Nieuwsblad del 2017, Sagan con la maglia iridata vinta a Doha. Fra i due, c’è una vittoria di differenza: 122 a 121 per Boonen
Omloop Het Nieuwsblad del 2017, Sagan in maglia iridata: fra i due, c’è una vittoria di differenza: 122 a 121 per Boonen

Su Van Aert

«Quest’anno Wout compirà 29 anni. E’ giunto il momento che vinca il Fiandre, soprattutto dopo l’inverno che ha avuto. Il livello che raggiunge è pazzesco. Può vincere venti cross, ma non importa a nessuno. Deve vincere le classiche. Anche io odiavo che la mia stagione si riducesse a questo, ma lui è così forte che solo le grandi classiche aggiungono davvero qualcosa al suo palmares. Puoi vincere quindici corse, ma non basta se non c’è una classica. A volte però è troppo ragioniere, quasi un nerd: mi alleno così per durare così. E’ fortissimo, ha fatto grandi cose, ma gli manca la grande classica».

Van Aert è il più solido, ma Van de Poel è capace di destabilizzarlo con la sua imprevedibilità
Van Aert è il più solido, ma Van de Poel è capace di destabilizzarlo con la sua imprevedibilità

Su Van der Poel

«Se Van Aert è un numero uno – sorride Boonen – quando corre con Van der Poel, sembra che gli succeda qualcosa. In un certo senso Van der Poel lo riporta a essere quel ragazzino di dieci anni fa. Ai mondiali di cross, Mathieu ha fatto per due volte uno sforzo incredibile, così forte che – a quanto ha raccontato – sentiva quasi di vomitare. E alla fine Wout è crollato. Lui imposta, Mathieu fa la sua rotta ed è la bestia nera. E’ una trappola per ogni corridore, perché alla fine tutti corrono costantemente contro gli stessi uomini e Mathieu è un cliente speciale. Per vincere non ha bisogno di essere il migliore».

Lo sprint di Hoogerheide con Franzoi, Bramati (e Bartoli)

10.02.2023
5 min
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Il mondiale in una curva. Il ciclismo è uno sport di situazione, lo abbiamo detto tante volte, e questo è il suo fascino. Basta un attimo, una scintilla che tutto può cambiare. Non contano sempre e solo le gambe. E’ passata neanche una settimana ma abbiamo ancora negli occhi lo spettacolo dei campionati del mondo di ciclocross di Hoogerheide, in particolare lo sprint, la sfida tra Mathieu Van der Poel e Wout Van Aert.

Duello doveva essere e duello è stato. Due giganti che dopo mezzo giro di fatto avevano messo in chiaro chi comandava. Un duello fatto di watt, ma anche di tattica e questa è stata decisiva. E a ribadirlo sono stati due veri esperti: Enrico Franzoi e Luca Bramati.

Dicevamo dell’ultima curva. Ci si aspettava che i due campioni ci arrivassero a mille all’ora e invece non solo ci sono arrivati piano, ma hanno anche rallentato. E ad abbassare ulteriormente la velocità è stato forse il belga. L’epilogo: un lungo sprint da bassa velocità che ha visto vincere l’olandese.

Van Aert si aspettava un attacco sugli ostacoli da parte di Van der Poel che non c’è stato
Van Aert si aspettava un attacco sugli ostacoli da parte di Van der Poel che non c’è stato

Questione di sguardi

«Ho il numero di Van der Poel – racconta Bramati – e gli ho inviato un messaggio in cui gli dicevo che lo aveva  battuto come suo papà Adrie aveva battuto me e Pontoni a Parigi! Mi ha risposto con una faccina sorridente!

«Detto ciò, per me la gara l’ha persa Van Aert. Forse VdP aveva un pelo in più di gamba, ma quel finale lo ha sbagliato lui. Van der Poel ha messo la corsa esattamente come voleva. E’ partito in quel modo e dopo un giro ha mandato tutti a casa. Così si è concentrato solo su Van Aert.

«Wout si aspettava un suo attacco in salita, ma non lo ha fatto. Si aspettava un attacco dopo le tavole, ma non lo ha fatto… Non sapeva cosa fare. A quel punto ha commesso l’errore di non partire prima lui. La gamba per vincere ce l’avevano entrambi. Gli è mancato il coraggio di partire prima».

Poi Bramati fa un’analisi che è da antologia del ciclismo.  «Era una volata alla pari per me, ma se ci fate caso – e io ho riguardato la gara più e più volte – nel momento in cui sta per iniziare la volata Van Aert ha gli occhi fissi su VdP. Mathieu aspetta l’attimo in cui Van Aert guarda avanti per valutare la distanza con il traguardo e in quel preciso momento, appena perde il contatto visivo, parte. E’ partito secco e su quel decimo di secondo è riuscito a prendergli i due metri che poi Van Aert non è più riuscito a chiudergli. VdP correva in casa, conosceva a menadito quel percorso e aveva studiato tutto nei minimi particolari. Lo ha voluto sfidare in volata».

Van Aert ha preso la testa nel finale, ma poi forse all’ingresso del rettilineo ha rallentato troppo
Van Aert ha preso la testa nel finale, ma poi forse all’ingresso del rettilineo ha rallentato troppo

Sprint “lento”

«Ho visto un Van der Poel che andava davvero forte – analizza Franzoi – ha attaccato e stava bene. Hanno fatto una volata quasi da fermi e in questi sprint Mathieu è leggermente favorito. Con la sua potenza, non che Van Aert non ne abbia, ma gli ha preso quei 2-3 metri che si è portato sino all’arrivo. Se lo avesse portato all’ingresso del rettilineo con una velocità più alta, bastavano 3-4 chilometri orari in più, avrebbe vinto Van Aert, forse sarebbe riuscito a recuperare».

Anche per Franzoi, Van der Poel ha giocato ottimamente le sue carte sul piano tattico.  «Per me lo ha spiazzato il fatto che VdP non lo abbia attaccato sugli ostacoli, come se fosse andato un po’ in tilt. Anche perché VdP veniva da un paio di attacchi importanti e magari gli avrebbe fatto male.

«Comunque alla fine ha vinto il più forte. Non era uno sprint semplice. Sì, forse Van Aert ha tentennato un po’ al momento del lancio dello sprint, ma sono valutazioni che in quel frangente non sono facili da analizzare. C’è una tensione tremenda e non è facile essere sempre lucidi. Ripeto, forse Van Aert si aspettava un finale diverso dopo gli ostacoli».

Rapporti e… Bartoli

Infine altre due considerazioni. La prima riguarda i rapporti e in particolare il confronto tra doppia (Van der Poel) e monocorona (Van Aert). E’ ipotizzabile che in questo finale ci siano state diverse reazioni al momento dello sprint. Eppure né Bramati, né Franzoi riconducono a questa differenza tecnica l’esito dello sprint. Semmai è la scelta del rapporto dell’atleta al momento del lancio. E in questo Franzoi una minima differenza la trova ma, ripetiamo, è una scelta di rapporto da parte dell’atleta e non un limite tecnico.

«Ho visto che Van Aert aveva un monocorona – ha detto Franzoi – ma era bello grande. Credo fosse un 46 se non un 48, in più con Sram aveva a disposizione anche il 10, quindi lo sviluppo metrico c’era. Semmai l’unica postilla è che nel momento in cui parte è un pelo troppo agile e lì ha perso quei due metri fatali».

La seconda considerazione invece la facciamo noi. E ci rifacciamo alle parole di Michele Bartoli quando ci parlò del confronto tra i due fenomeni. Bartoli è stato un vero cecchino. Il toscano aveva detto: «In uno sprint a ranghi ridotti, che di solito parte da velocità più basse, Van der Poel è favorito». E ancora: «Van Aert tatticamente è più forte, più completo, ma se VdP capita nel giorno in cui azzecca la tattica può combinare ogni cosa. Sbaglia tattica nove volte su dieci, ma magari la decima, quella giusta, è al mondiale». Meglio di così…