La foratura che piega Van Aert e rovina la festa

09.04.2023
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Stavolta Wout Van Aert è deluso. Se potesse spaccherebbe anche la sedia che si fa passare per le interviste in zona mista. Ma lui, si sa, è sempre molto gentile e disponibile. Però ti stai giocando una  Parigi-Roubaix e la perdi nel momento clou, quello che tutti aspettavano, tu per primo, e vedi il tuo avversario di sempre andare via.

E’ così. E’ la corsa delle pietre. O la ami o la odio. Un attimo sei con le ali sotto le ruote, un attimo dopo sei fermo a bordo strada. Ma oggi qualcosa su cui riflettere non ce l’ha solo Van Aert, bensì un po’ tutta la squadra.

Per Van Aert (classe 1994) un sorriso di circostanza sul podio della Roubaix. Il belga è deluso

Troppe forature

Lo squadrone olandese oggi ha sbagliato qualcosa in termini di pressioni oppure è stato parecchio sfortunato. Il che può anche starci. Anche la Soudal-Quick Step, che quassù è padrona incontrastata, oggi ha avuto le sue belle forature. La Jumbo-Visma monta le stesse coperture della Alpecin-Elegant, le Vittoria, ma hanno forato molto di più. Due volte Van Aert, due volte Laporte, una Van Hooydonck. Almeno quelle note.

Questo, oltre che far riflettere dal punto di vista tecnico, ha influito non poco sull’andamento della corsa. Al netto della caduta di Van Baarle, campione uscente, la Jumbo-Visma ne avrebbe potuti avere davanti tre come la Alpecin. E che atleti…

Proprio Laporte e Van Hooydonck hanno dimostrato di averne. E tanta. Ad un certo punto rimontavano sui super big di testa. E questo avrebbe scompaginato l’andamento della gara. Van der Poel avrebbe dovuto rispondere agli attacchi e utilizzare diversamente i suoi uomini.

L’azione che ha spaccato la corsa sulla Foresta di Arenberg è stata la sua…
L’azione che ha spaccato la corsa sulla Foresta di Arenberg è stata la sua…

Wout di rimessa

E poi c’è Wout. La scorsa settimana vi avevamo parlato di “guerra di nervi”. In effetti oggi il suo atteggiamento in corsa è stato differente. Marcava stretto Van der Poel, quando le cose solitamente sono al contrario. Un paio di fiammate e poi a ruota. Urgeva cambiare tattica Wout e lo ha fatto.

«Che dire – racconta sconsolato Van Aert – io stavo molto bene oggi. Anche se non sono arrivato al  meglio a questo giorno (e indica il ginocchio ferito al Fiandre, ndr), ma il dolore non mi ha infastidito più di tanto. Contro la sfortuna non puoi farci nulla.

«In generale per me è stata una giornata difficile. Ho forato due volte, una poco prima della Foresta di Arenberg. Ad un certo punto sono rimasto senza compagni. Ma ho cercato di rimanere calmo e sono rientrato. Prima della Foresta mi sentivo bene e su quel tratto ho forzato».

Carrefour de l’Arbre, la gomma di Van Aert si affloscia e Van der Poel scappa. Wout non può far altro che vederlo andare via
Carrefour de l’Arbre, la gomma di Van Aert si affloscia e Van der Poel scappa. Wout non può far altro che vederlo andare via

Finito tutto

Poi il racconto della corsa di Wout arriva inevitabilmente al momento del problema meccanico clou. Qualche istante prima che Wout si stacchi, si nota che piega la testa. Guarda in basso, verso la ruota posteriore.

«Ho già avuto diverse forature in carriera, ma a questo punto della gara è amaro, fa male. L’Inferno per me resta maledetto, almeno per ora. La Roubaix finisce solo quando arrivi al velodromo. In quel cambio di ruota ho pensato che avrei perso 20-25 secondi e con un Mathieu in quella forma non puoi rimediare. Sai subito che è finita.

«Anche lì ho cercato di restare calmo. Appena sono entrato nel settore – riferendosi al Carrefour de l’Arbre – ho spinto forte, ma quando mi sono avvicinato alla curva, ho sentito di aver forato. Ho avvertito la squadra. C’era uno dei nostri all’uscita del settore. E’ stato un cambio veloce ma in quel momento della gara è comunque troppo tempo».

Continua la cabala negativa del belga con la Roubaix… Ma sempre grande stile per lui
Continua la cabala negativa del belga con la Roubaix… Ma sempre grande stile per lui

A testa alta

«Alla fine però sono soddisfatto della mia prestazione e delle mie gambe – prosegue l’asso di Herentals – E’ un altro podio che si aggiunge in questa primavera di classiche. Purtroppo una vittoria di quelle grandi non si è concretizzata, ma è così. Se ci riproverò? Certo che ci riproverò. Ora però ho bisogno di recuperare». 

Si chiude qui, dunque, la prima parte di stagione di Van Aert che, ricordiamo, “tira la carretta” da questo inverno con la stagione del ciclocross. Il suo prossimo impegno, salvo cambiamenti, dovrebbe essere il Giro di Svizzera a metà giugno.

Con Affini ultime riflessioni sulla Ronde…

07.04.2023
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Abbiamo parlato non poco del successo di Tadej Pogacar al Fiandre. Abbiamo analizzato il punto di vista di Mathieu Van der Poel, un po’ meno quello di Wout Van Aert, il grande sconfitto di domenica scorsa. Come è andata la loro corsa? Cosa si aspettavano? Edoardo Affini ci porta nell’atmosfera della Jumbo-Visma.

Il mantovano ci spiega come hanno vissuto la Ronde: il prima, il durante e il dopo… Inevitabilmente ora l’attenzione si sposta alla Parigi-Roubaix, che si correrà tra poco più di 48 ore. Edoardo si è fermato dopo una caduta, ma fino a quel momento aveva svolto alla perfezione il suo lavoro, come sempre del resto, portando avanti i suoi capitani e proteggendo Van Aert.

Edoardo Affini (classe 1996) dopo la caduta alla Ronde
Edoardo Affini (classe 1996) dopo la caduta alla Ronde
Edoardo, a mente fredda come è andato il vostro Giro delle Fiandre?

Credo si sia visto che partenza atipica ci sia stata. La fuga ci ha messo particolarmente tanto ad andare via. Ad un certo punto ho anche pensato che saremmo arrivati al primo Kwaremont che la fuga ancora non sarebbe andata… e sarebbe stato un bel casino!

Perché?

Non tanto per i nostri piani quanto per l’andamento generale della corsa. Sarebbe stato tutto più imprevedibile e non invitante.

E la vostra di corsa? Quella di Van Aert?

Di certo la caduta ha cambiato un po’ tutto. Sono caduto io, è caduto Wout… e mezzo gruppo. E’ vero che Wout ha toccato per terra ed è subito ripartito, ma è anche vero che ho dato uno sguardo al suo ginocchio e di certo gli mancava ben più del primo strato di pelle. Lui non si è lamentato. Ha continuato a fare la sua corsa. Ma questo non è stato ottimale per lui. 

Edoardo, grazie alla sua potenza e alla sua statura, è un gregario ideale per un atleta alto come Van Aert
Edoardo, grazie alla sua potenza e alla sua statura, è un gregario ideale per un atleta alto come Van Aert
Al netto della caduta, vista anche come era andata sui muri di Harelbeke (Van Aert aveva un po’ sofferto in salita), vi aspettavate una corsa così? In qualche modo “temevate” i muri?

Si sapeva che “quei tre”, Wout incluso dunque, avevano più carte da giocarsi rispetto a tutti gli altri. Noi come squadra abbiamo fatto quello che dovevamo fare per prendere bene i muri, ma poi come ha detto Wout stesso, ad un certo punto parlano le gambe. E probabilmente domenica scorsa gli è mancato qualcosa.

La corsa è andata secondo i vostri programmi?

Fino al momento dell’attacco sul secondo Kwaremont tutto è andato più o meno come volevamo. Le posizioni in gruppo, l’attacco dei muri, l’uomo – Van Hooydonck – in fuga. Poi si sapeva che quel secondo passaggio sarebbe stato uno spartiacque della corsa. Il vero finale iniziava da lì.

C’era nervosismo? Nel vostro gruppo sentivate la pressione?

Al Fiandre il nervosismo c’è sempre. Tutti vogliono stare davanti, ma posto per tutti non c’è. Se invece parliamo di pressione, personalmente ho cercato di gestirla come sempre. Non ne avevo più di altre corse. Per quanto riguarda la squadra e Wout che dire: siamo in Belgio, si punta su un belga… le pressioni sono atomiche! Tutto il Belgio vuole che vinca Van Aert. Lui l’avrà sentita un po’, ma ci è anche abituato. Dovete pensare che nella settimana del Fiandre in Belgio i telegiornali aprono con il ciclismo. Da noi poteva succedere con Pantani al Giro… forse. I talk show serali parlano del Fiandre e di Van Aert che lo può vincere. Ci sta che possa aver sentito la pressione. Quindi queste situazioni non sono un gioco da bambini, né matematica che tutto va secondo i programmi.

Nell’attacco che ha preceduto l’affondo di Pogacar e VdP, forse la Jumbo avrebbe potuto inserire un secondo uomo oltre a Van Hooydonck
Nell’attacco che ha preceduto l’affondo di Pogacar e VdP, forse la Jumbo avrebbe potuto inserire un secondo uomo oltre a Van Hooydonck
A proposito di programmi, col senno del poi c’è qualcosina che cambiereste?

Di base no: il grosso del programma è andato come volevamo. Forse avremmo potuto mettere un uomo in più nell’attacco. In pratica mandare avanti Laporte nel secondo Kwaremont. Era un’ipotesi di cui avevamo parlato in riunione, ma poi la corsa è un’altra cosa. Forse sarebbe stato meglio per noi tatticamente. Ma alla fine non sarebbe cambiato più di tanto. Perché quando hanno attaccato Pogacar e Van der Poel, bisognava avere le gambe nel momento del dunque.

Come esci e come uscite dal Fiandre? Ossa rotte o rabbia in vista della Roubaix?

Siamo determinati a prenderci la rivincita. E poi guardando all’insieme della campagna del Nord non possiamo che essere contenti. Okay, il Fiandre è andato come è andato, ma abbiamo vinto cinque corse dall’inizio della stagione solo in questa fase: Omloop Het Nieuwsblad, Kuurne-Bruxelles-Kuurne, E3 Saxo Classic, Gent-Wevelgem e Dwars door Vlaanderen. Siamo orgogliosi di quanto fatto.

Van Aert rialza la testa e apre la pagina sulla Roubaix

06.04.2023
4 min
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«Domenica ci riprovo». A margine di una di quelle delusioni che lasciano il segno, Van Aert si è lasciato andare a pochi commenti. Il belga ha una grande capacità di metabolizzare le sconfitte e forse il fatto che a vincere il Fiandre sia stato Pogacar e non l’eterno rivale Van der Poel ha reso meno amaro il quarto posto di Oudenaarde.

Al via del Fiandre a Bruges, la folla è esplosa quando Van Aert è sceso dal bus: era il più atteso di tutti
Al via del Fiandre a Bruges, la folla è esplosa quando Van Aert è sceso dal bus: era il più atteso di tutti

Pogacar non c’è

L’assenza dello sloveno alla Roubaix è stata già salutata con una punta di ironia da Van der Poel dopo il Fiandre, ma è tema di ragionamento anche fra gli altri corridori.

«Abbiamo ancora molta fiducia – fa sapere Nathan Van Hooydonck, che domenica è stato in fuga con Trentin e Pedersen – perché comunque Wout ha sprintato per il terzo posto e Pogacar domenica non ci sarà. Abbiamo grandi possibilità di vincere, si tratta di recuperare e spostare il focus sulla Roubaix in cui rientrerà Van Baarle (l’olandese è caduto e si è ritirato alla E3 Saxo Classic, ndr), che l’ha vinta l’anno scorso e potrà essere utilissimo».

Van Hooydonck è servito da appoggio per Van Aert, ma non come avrebbero voluto
Van Hooydonck è servito da appoggio per Van Aert, ma non come avrebbero voluto

Torna Van Baarle

E’ ancora una volta il diesse Van Dongen, che avevamo già sentito alla Tirreno a proposito di Roglic, a tirare le fila della squadra che al Fiandre ha mostrato una fragilità tattica cui non eravamo più abituati. O forse il rendimento al di sotto delle attese di Van Aert e Laporte ha reso meno incisivo il blocco Jumbo-Visma.

«Se avessimo avuto Van Baarle in quel gruppo di testa – ha detto il tecnico dopo il Fiandre – la corsa sarebbe potuta andare in modo completamente diverso. Domenica però sarà un’altra storia. Dylan si è allenato bene a Monaco e per la Roubaix sarà pronto e decisivo. Non dobbiamo rimanere bloccati sul Fiandre. Abbiamo perso contro uno più forte e ora dobbiamo prenderci la rivincita. Mio padre diceva sempre: non saltare troppo in alto quando le cose vanno bene e non andare troppo in profondità quando le cose non vanno come previsto».

Domenica alla Roubaix torna in gruppo Van Baarle, a sinistra, il vincitore della scorsa edizione. Con lui Van der Hoorn
Domenica alla Roubaix torna in gruppo Van Baarle, il vincitore della scorsa edizione

Zero salita

Sarebbe bastato che Van Aert avesse la gamba dei giorni migliori. Non si sarebbe staccato dagli altri due o quantomeno sarebbe rimasto accanto a Van der Poel nella rincorsa a Pogacar, che a quel punto sarebbe stata più complicata. Il Fiandre ha confermato quanto si era visto anche nella E3 Saxo Classic: in questo momento Wout è inferiore agli altri in salita, mentre è la solita… moto in pianura. E sul pavé l’esplosività di Van der Poel potrebbe fare meno male che sui Muri fiamminghi.

«Nella Roubaix non c’è salita – ha detto ancora Van Dongen – e anche il fattore fortuna gioca un ruolo importante. Il percorso va bene per Wout, che proprio al Fiandre ha dimostrato di sapersi gestire nei tratti in cui c’era da fare velocità».

Van Aert è rimasto coinvolto nella grande caduta: c’è da capire se la botta lo abbia condizionato
Van Aert è rimasto coinvolto nella grande caduta: c’è da capire se la botta lo abbia condizionato

Maestro di reazioni

Nessuno nel team giallonero mette in dubbio la capacità di reazione di Van Aert, che ha sempre saputo rialzarsi molto bene dalle sconfitte. E’ capace di dargli subito una collocazione e poi di servirsene come di una motivazione supplementare. E’ indubbio che domenica nel pullman della squadra fosse parecchio giù, ma i compagni e il suo entourage scommettono che già da martedì fosse con la testa sull’impegno successivo.

«Non penserò alla Roubaix fino a lunedì – ha detto il capitano dopo l’arrivo – ma di certo non ho intenzione di strisciare in un angolo. Mi sembra di non avere avuto nulla da perdere a causa della caduta. La ferita è stata curata e a prima vista non sembra esserci più alcun problema. Non c’era niente che non andasse nemmeno nella mia condizione a causa di questo. Domenica ci sarà un’altra occasione da cogliere e poi tireremo un po’ il fiato».

Pedersen, quel podio ha un retrogusto agrodolce

06.04.2023
5 min
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A qualche giorno di distanza, si parla ancora del Giro delle Fiandre, perché alcune considerazioni continuano a vagare nell’ambiente, destate dalle parole di Mads Pedersen terzo al traguardo. Si parte da una constatazione: è sempre più difficile riuscire a scalfire il dominio della “triade” (Pogacar, Van Der Poel, Van Aert) nelle classiche d’un giorno. La Sanremo ha visto il colpo di mano dell’olandese con gli altri due beffati sul Poggio dal suo scatto e poi dall’arrembante volata di Ganna, ma dietro c’erano loro: 3 su 4.

E3 Saxo Classic: fuga insieme del trio e gli altri guardano da lontano. Vince Van Aert: 3 su 3. Gand-Wevelgem: vince Laporte per gentile concessione del capitano Van Aert dominatore occulto della corsa, gli altri due assenti. Giro delle Fiandre: Pogacar mette tutti d’accordo con un’azione monstre, Van Der Poel prova a tenere senza riuscirci, Pedersen beffa Van Aert in volata: 3 su 4.

Il podio del Fiandre. Il danese era stato già 2° nel 2018 a 12″ dall’olandese Terpstra
Il podio del Fiandre. Il danese era stato già 2° nel 2018 a 12″ dall’olandese Terpstra

L’obbligo di anticipare

Tenete presente questo andamento nel giudicare le parole di Mads Pedersen, l’ex campione del mondo che ha centrato un podio comunque importante. Il danese della Trek Segafredo ha seguito un copione ben preciso, che aveva addirittura annunciato ai microfoni di Eurosport prima della partenza: «L’unica arma per poter recitare un ruolo importante è anticipare quei tre, questo è il modo in cui voglio correre la Ronde».

Parole che ha ribadito al traguardo: «Dovevo agire in quel modo, senza paura di rimanere senza proiettili. Non c’erano altre tattiche possibili anche se sapevo essere dispendiosa. Non stavo pianificando un momento specifico per attaccare, non avevamo fatto calcoli precisi alla vigilia, ma sapevo che dovevo essere davanti ai ragazzi, prevenire le loro mosse e guadagnare terreno e alla fine ha pagato, il podio in una Monumento rappresenta qualcosa d’importante, soprattutto per me dopo che ci ero già andato vicino».

Pedersen davanti, ma già dietro la moto si profila minaccioso Pogacar, che lo salterà di netto
Pedersen davanti, ma già dietro la moto si profila minaccioso Pogacar, che lo salterà di netto

«Ciao, Tadej, ci vediamo dopo»

Fin qui siamo abbastanza nell’ordinario. Registrato dai microfoni di Spaziociclismo, però, Pedersen alla fine si è lasciato sfuggire alcune considerazioni interessanti: «Che cosa ho pensato quando ho visto arrivare Pogacar? “Ciao, goditi la corsa, ci vediamo dopo”. Non mi sono dannato l’anima per seguirlo, andava a una velocità pazzesca in salita e non ci ho nemmeno provato. Quello è uno che vince i Tour de France, è naturale che su certi terreni è più veloce di me. Penso che se avessi provato a seguirlo sarei crollato e poi mi sarei staccato dal gruppo e addio piazzamento. A volte devi saper riconoscere i tuoi limiti».

Pedersen è andato presto in fuga con altri corridori. Una tattica studiata
Pedersen è andato presto in fuga con altri corridori. Una tattica studiata

Una resa ormai prestabilita?

I fatti, a ben vedere, gli hanno dato ragione e poi precedere Van Aert in volata ha sempre il suo significato (foto di apertura). Le sue parole però possono essere anche lette in versione opposta: di fronte allo strapotere dello sloveno (ma in altre occasioni varrebbe lo stesso per gli altri due) c’è la tendenza a non opporsi neanche più. La Sanremo è stata uno spettacolo assoluto e non si può dire che gli altri non abbiano combattuto, nella classica belga E3 Saxo Classic, quando i tre sono andati via, c’è stata invece la sensazione che non ci fosse grande fiducia nel gruppo inseguitore, considerando anche il lavoro dei rispettivi team che hanno la “fortuna” di avere simili campioni. Al Fiandre stesso discorso, quando Pogacar ha aperto il gas la velocità era enorme e gli altri ormai sembrano disarmati. Anche perché “se è l’uno, è l’altro…”.

Probabilmente questo tema, con l’andare avanti della stagione, verrà riproposto. Pedersen dal canto suo alla fine ha avuto ragione e alla Trek Segafredo possono anche essere soddisfatti, proprio perché bisogna considerare anche l’impegno di chi collabora con la triade. Il danese ha dimostrato di saper leggere la corsa.

«So bene che la mia era anche la tattica di altri. Ogni corridore di valore – ha spiegato – ma non facente parte del magico trio, voleva anticipare ed essere davanti quando la corsa fosse esplosa. Si trattava di trovare il momento giusto e soprattutto essere nelle condizioni di andare. Le due cose in me hanno coinciso, il risultato è derivato da quello e dalla giusta lettura tattica della corsa e soprattutto delle mie condizioni».

Per il danese della Trek Segafredo una primavera positiva. Qui alla Gand-Wevelgem chiusa al 5° posto
Per il danese della Trek Segafredo una primavera positiva. Qui alla Gand-Wevelgem chiusa al 5° posto

Ora a Roubaix, senza Pogacar…

Ora Pedersen punta alla Parigi-Roubaix, che chiuderà la sua stagione delle classiche. Una stagione con un enorme segno positivo, considerando che dopo la positiva Sanremo (chiusa al 6° posto, era tra quelli che avevano potuto profittare dello strategico “buco” creato da Trentin), ha colto la quinta piazza sia alla Gand che alla Dwars door Vlaanderen, poi il 3° posto al Fiandre, mancando di fatto solo la E3 Saxo Classic (14°). Unendo ciò a resto, ossia a un totale di 16 giorni di gara con ben 10 Top 10 tra cui due vittorie, si può ben dire che l’iridato 2019 sia tornato ai suoi antichi fasti. Il fatto è che contro quei terribili tre non basta…

Azzardi e tattiche. La moviola del Fiandre con Ballan

03.04.2023
6 min
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Il day-after del Giro delle Fiandre consente sempre a tutti di riavvolgere il nastro della corsa e rivivere con più calma tutte le emozioni. Perché se le emozioni sono connaturate alla “Ronde” solo per definizione, la gara di ieri non ci ha lasciato davvero tranquilli un minuto.

Una successione di eventi che hanno caratterizzato il Fiandre nel bene e nel male senza paura di essere banali. Prendendo spunto da una curiosa azione corale del Team DSM sul Kortekeer (in apertura immagini tv), abbiamo estrapolato alcuni momenti della gara e li abbiamo sottoposti ad Alessandro Ballan, uno che se ne intende parecchio di quel tipo di gare. Messo davanti ad una sorta di moviola, il vincitore del Fiandre 2007 ci ha dato il suo parere, trovando delle similitudini con le edizione dei suoi tempi.

Alessandro Ballan ha vinto il Fiandre nel 2007, ottenendo altri quattro piazzamenti nei primi sei
Alessandro Ballan ha vinto il Fiandre nel 2007, ottenendo altri quattro piazzamenti nei primi sei
Alessandro innanzitutto, ti è piaciuta la corsa?

Sì, tantissimo. E’ stato il Fiandre più veloce della storia (media oraria di oltre 44 km/h, ndr) e farlo su 273 chilometri di quel genere non è poca cosa. E’ stata una gara spettacolare che ti teneva sveglio. Un po’ per gli scatti dei campioni quando mancava tanto alla fine oppure per il salto di catena di Van der Poel sul Taaienberg. E anche un po’ per le cadute. Purtroppo quelle, che fanno parte del gioco, rendono viva una corsa.

A proposito della velocità, la prima ora di gara l’hanno fatta a quasi 50 di media. Incide questo sull’economia della corsa per chi resta impigliato nella rete?

Bisogna dire che su più di sei ore di gara, c’è il tempo per recuperare e smaltire alcuni sforzi. Però al Fiandre tutto può contare alla fine, dipende quanto consumi in situazioni simili. Van der Poel, Van Aert, Sagan e tanti altri si sono fatti sorprendere da qualche ventaglio in avvio e hanno dovuto usare subito la squadra per rientrare. Forse sprechi più energie nervose che fisiche e quello può penalizzarti. Non è mai bello quando succede, perché non sai se riuscirai a rientrare in fretta. E’ capitato anche a me. Ricordo che in alcune strade vallonate potevi vedere ad occhio la situazione. Tra la testa del gruppo allungatissima e la coda c’erano più di trenta secondi. Facevi fatica a farli diminuire.

Alaphilippe è stato uno dei tanti coinvolti nella caduta innescata dalla manovra assurda di Maciejuk
Alaphilippe è stato uno dei tanti coinvolti nella caduta innescata dalla manovra assurda di Maciejuk
Torniamo alle cadute. Quella provocata da Maciejuk è stata scioccante. Davide Ballerini, caduto più volte, sul traguardo si è toccato con Theuns per un piazzamento attorno alla quarantesima posizione. Poi ce ne sono state tante altre. Non si rischia un po’ troppo?

Al Fiandre si fa di tutto per guadagnare posizioni. Alcune sono le classiche cadute per limare e stare davanti. Come quella in cui è rimasto coinvolto Girmay. Altre sono davvero incomprensibili. Io credo che il polacco della Bahrain Victorious non l’abbia fatto apposta. Sono certo che quando si è reso conto di quello che aveva combinato, avrebbe voluto sprofondare. Poi non so se è ancora valido nel regolamento il divieto di usare le piste ciclabili, perché ne ho visti tanti utilizzarle. Sulla caduta di Ballerini all’arrivo posso dire che a volte succede di fare uno sprint solo per un tuo orgoglio personale. Dopo che hai fatto tanta fatica, cerchi di prenderti una tua soddisfazione e onorare la gara.

A più di 120 chilometri dalla fine abbiamo assistito al Team DSM che ha affrontato un muro quasi in surplace, facendo da tappo, per poi accelerare poco prima dello scollinamento. Sono stati anche attaccati su twitter. Una mossa però che non ti è nuova, giusto?

Esatto. E’ una manovra che facevano già ai miei tempi. Ricordo che quando sono passato pro’ e andavo in Belgio a correre, mi avevano messo in guardia. «Se vedi dei team belgi assieme davanti, preoccupati», era stato l’avvertimento. In effetti è stato così tante volte. Si mettevano d’accordo gli squadroni tipo Quick Step e Lotto e facevano quello che ha fatto la DSM. Salivano pianissimo, tu restavi intrappolato dietro, eri costretto mettere piede a terra. Poi quando loro ripartivano a tutta,non ti restava che farti aiutare a ripartire dal pubblico oppure ti facevi il muro a piedi, con le tacchette che non fanno aderenza. Comunque guardando l’ordine d’arrivo dei DSM (Degenkolb 19° a più di 6′, ndr) direi che è stata una tattica della disperazione perché al Fiandre provi davvero il tutto per tutto.

I Jumbo-Visma sono i grandi sconfitti di giornata. La loro tattica invece come la giudichi?

Potevano vincere la corsa o comunque giocarsi meglio le fasi salienti. Potevano fermare prima Van Hooydonck per Van Aert, ma può darsi che la radio non avesse la giusta copertura. Tuttavia per me il loro vero sbaglio è stato quello di non riuscire a mettere Laporte in una fuga così ben assortita, oltre allo stesso Van Hooydonck. A parte i tre fenomeni, il francese era quello più in forma delle cosiddette seconde linee e dava parecchie garanzie perché è molto veloce. Mancavano cento chilometri e la gara era già entrata nel vivo.

Ultimamente le azioni da lontano spesso arrivano in fondo. Pedersen ha ottenuto così i suoi due podi al Fiandre. Sono tattiche che possono continuare a dare frutti?

Personalmente penso di sì. In corse del genere dove dietro si va a scatti, rischiando di pagare, è meglio andare in fuga dove invece vai molto più regolare. Pedersen è un ottimo corridore ed è andato fortissimo. Lui ha queste azioni nelle sue corde e infatti ha colto un bel terzo posto. Avevo fatto anche io una cosa simile nel 2005. Avevo attaccato a 90 chilometri dalla fine riprendendo la fuga. Poi quando sono stato raggiunto dai più forti, sono rimasto agganciato a loro chiudendo sesto. Questo consiglio l’avevo dato a Pasqualon pochi giorni prima del via, perché so che è in forma e che va bene in queste corse.

Trentin in avanscoperta, menata della squadra all’imbocco dell’Oude Kwaremont e le stoccate di Pogacar. Il Fiandre della UAE si può riassumere così?

Hanno fatto una grande corsa. Hanno inserito nella fuga un uomo di esperienza come Matteo che avrebbe potuto giocarsi le sue carte qualora dietro non fossero rientrati. Tatticamente erano tranquilli. Poi ovvio che se in squadra hai uno come Pogacar che sta bene, allora è giusto fare gara dura da lontano e sfruttare Trentin come appoggio. Per vincere dovevano fare solo così e così hanno fatto.

Tu spesso sei stato uno dei terzi incomodi nel dualismo Boonen-Cancellara. Rispetto al tuo periodo vedi qualche affinità con i grossi calibri di adesso?

Naturalmente sono tempi diversi. Noi avevamo molte fasi di studio, di attesa, mentre le generazioni di adesso attaccano. Ma intendo tutti i corridori. Ora sai che su 200 partenti ce ne sono 4-5 che possono vincere sempre a mani basse, quindi gli altri devono inventarsi qualcosa per poterli battere. Abbiamo visto che partire da lontano può essere una soluzione, ma ieri contro un Pogacar così si poteva fare poco.

Van der Poel-Van Aert, esplode la guerra dei nervi

01.04.2023
5 min
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Pogacar ha detto la sua, ma resta il fatto che per il Giro delle Fiandre di domani lo sloveno sia l’outsider di lusso che da queste parti, come pure alla Sanremo, ha acceso già la miccia e poi ha dovuto piegarsi alla reazione di altri più furbi o semplicemente più esperti. E anche se questa volta Tadej sembra armato al punto giusto, gli altri due – Mathieu Van der Poel e Wout Van Aert – non hanno intenzione di venir meno alle attese, sia pure con psicologie diverse e diversi punti di partenza.

Alla E3 Saxo Classic, Van der Poel ha fatto la corsa, Van Aert ha inseguito
Alla E3 Saxo Classic, Van der Poel ha fatto la corsa, Van Aert ha inseguito

Van der Poel, la cicala

Van der Poel ha cucita addosso la fiducia di uno che il Fiandre lo ha già vinto per due volte. Una contro Van Aert nel 2020 e una contro Pogacar nel 2022 (anche se al secondo posto lo scorso anno si piazzò Van Baarle). Conquistando il terzo, raggiungerebbe Boonen e Cancellara. Con la Sanremo ha dimostrato di saper vincere anche non essendo al top, ma sui Muri questo difficilmente accadrà. L’olandese ha raccontato di aver lavorato sodo in Spagna negli ultimi giorni.

«Conosco bene il percorso del Fiandre – ha detto venerdì – e la settimana scorsa con la E3 Saxo Classic l’ho in parte ripassato. Poi ho preferito volare verso la costa spagnola per finalizzare la mia preparazione con ottime condizioni meteorologiche. Mi sono anche accorto che correndo tutte le corse fino al Fiandre, arrivavo in calando alla Roubaix: una cosa che quest’anno vorrei evitare.

«L’anno scorso a causa dei problemi alla schiena, ho trovato una grande condizione per il giorno della gara, ma è durata davvero poco. Questa volta sto bene. Per cui nel giorno della Gand ho fatto l’ultimo allenamento davvero impegnativo, poi ho pensato a recuperare e mantenere la freschezza».

Van der Poel sa che nell’ultimo scontro, in salita è stato forte come Pogacar, mentre Van Aert ha ceduto
Van der Poel sa che nell’ultimo scontro, in salita è stato forte come Pogacar, mentre Van Aert ha ceduto

«Ad Harelbeke penso di essere andato fortissimo – prosegue – e avrei preferito vincere. Wout è stato solo un po’ più forte in volata, ma in salita mi sono sentito decisamente tra i migliori ed è quello che conta, anche se non puoi paragonare la E3 con il Fiandre, che è comunque molto più lunga. Allo stesso modo non voglio pensare che sarà solo una battaglia a tre. La gara è imprevedibile, qualcuno potrebbe anticipare e magari potrebbe esserci qualcuno che si è nascosto preparando soltanto il Fiandre.

«In ogni caso, parlando dei due, Tadej proverà ad arrivare da solo, mentre Wout diventerà pericoloso in caso di sprint. Nelle ultime tre edizioni siamo arrivati al traguardo in compagnia, per cui arrivare da soli sarebbe qualcosa di particolare, ma non è scontato. Il tratto dal Paterberg all’arrivo non è paragonabile al finale della Milano-Sanremo. Mi basterebbe riuscire a lottare per la terza vittoria».

La vittoria su VdP alla E3 Saxo Classic potrebbe aver segnato una svolta psicologica per Van Aert
La vittoria su VdP alla E3 Saxo Classic potrebbe aver segnato una svolta psicologica per Van Aert

Van Aert, la formica

Vincendo e gridando forte sul traguardo di Harelbeke che lui non deve niente a nessuno, Wout Van Aert arriva al Fiandre con uno stato d’animo da decifrare. La vittoria della E3 Saxo Classic dà morale, ma resta in testa il fatto che all’ultimo passaggio sul Qwaremont si è staccato e solo lui e la sua caparbietà potevano a quel punto tenere duro, rientrare e vincere. La rivalità con Van der Poel pesa e anche il giudizio della stampa belga e di campioni come Merckx e Boonen è insolitamente freddo nei confronti di un simile campione.

«Non ho la stessa cultura delle gare fiamminghe dei corridori di un tempo – ammette Van Aert – quando ero bambino non andavo sul ciglio della strada a vedere il Fiandre. Non ho mai avuto un idolo in particolare, mi piaceva Boonen, ma soprattutto mi piaceva seguire la sua rivalità con Fabian Cancellara. Però so anche io che non aver ancora vinto un Fiandre è un deficit enorme. Sono un fiammingo, un giorno dovrò avere la Ronde nel mio palmares. Finché non lo avrò vinto, rimarrà l’obiettivo principale della mia carriera. Senza questa vittoria, non mi sentirò mai veramente un vero corridore da classiche.

«Non guardo mai i commenti che mi riguardano – spiega Wout che è seguito stabilmente da un mental coach – i miei genitori a volte me li portano, ma evito di stare dietro a queste cose. Però non crediate che io sia distaccato, anch’io sono stressato prima delle gare. Cerco solo di non darlo mai a vedere perché sarebbe già un segno di debolezza rispetto ai miei avversari.

Staccato sull’Oude Kwaremont, Van Aert ha avuto il carattere di tenere duro, rientrare e vincere la volata
Staccato sull’Oude Kwaremont, Van Aert ha avuto il carattere di tenere duro, rientrare e vincere la volata

«La rivalità con Mathieu – chiude Van Aert – è un fatto importante della mia carriera, ma a volte penso che sia il modo per entrambi di andare oltre i nostri limiti. La sconfitta al Fiandre del 2020 non mi toglie certo il sonno, ma ovviamente è ancora presente nella mia memoria. Fra le sconfitte, è la più difficile da dimenticare. Il modo per andare avanti è ovviamente vincere il Fiandre. Farlo battendo Mathieu sarebbe ancora meglio».

«Ai meno dieci, Wout mi ha chiesto se volessi vincere»

29.03.2023
5 min
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«A dieci chilometri dall’arrivo – ha raccontato Laporte nella conferenza stampa di Wevelgem – Wout mi ha chiesto se volessi vincere. Credo che conoscesse la risposta. Quello che avevamo fatto nel 2022 al GP E3 (identico arrivo, ma primo Van Aert, ndr) era stato magnifico. Ne parlavamo qualche giorno prima, dicendo che difficilmente sarebbe successo ancora. Invece alla Gand lo abbiamo fatto nuovamente».

L’arrivo mano nella mano fa pensare ad Harelbeke 2022, ma anche alla Liegi 2002 con Bettini e Garzelli
L’arrivo mano nella mano fa pensare ad Harelbeke 2022, ma anche alla Liegi 2002 con Bettini e Garzelli

Da cacciatori a prede

Il dominio del Team Jumbo-Visma, culminato con l’assolo di Christophe Laporte e Wout Van Aert alla Gand-Wevelgem, ha irretito il gruppo e il pubblico. Le reazioni sono state di vario colore. Dal trionfalismo dei tifosi, alla constatazione degli osservatori che in mancanza di rivali come Van der Poel o Pogacar, Van Aert e soci non hanno avversari. Il divario effettivamente è innegabile e nelle parole dei manager dello squadrone olandese traspare la voglia di fare anche di più.

«Abbiamo ancora bisogno di un grande budget – ha spiegato il team manager Merijn Zeeman a L’Equipe – perché i buoni corridori diventano sempre più costosi. Da questo punto di vista, dovremmo essere strutturalmente tra i primi cinque team del World Tour. Ma non ci siamo ancora…»

«Siamo partiti per diventare come la Ineos durante il periodo estivo – gli ha fatto eco il grande capo Richard Plugge – e la Quick-Step in primavera. Ci stiamo ancora lavorando, siamo passati dal periodo dell’apprendistato al copiare, ma ora dobbiamo arrivare alla fase successiva. Questa è la nostra sfida e dobbiamo fare ancora meglio e trovare il modo di riuscirci. Ma al momento ci troviamo in una posizione che non conosciamo davvero. Non siamo più i cacciatori, ora siamo le prede».

A Wollongong, Laporte ha centrato l’argento dietro Evenepoel: eccoli sul podio con Matthews
A Wollongong, Laporte ha centrato l’argento dietro Evenepoel: eccoli sul podio con Matthews

Spirito di gruppo

Quello che traspare sono la continua ricerca e la cura dei dettagli: tratti comuni a tutti gli squadroni che nel corso degli anni, anche grazie a budget più importanti di altri, sono riusciti a dominare la scena. I soldi però non bastano: se così fosse, altri team riuscirebbero a vincere con più corridori anziché sempre con il solito.

«Ho appena compiuto 30 anni – dice Laporte, spiegando i suo momento – è ora che devo fare il mio palmares. Questo gruppo è fantastico perché fra noi c’è il piacere di veder vincere i compagni. Io sono super felice di vedere Van Aert vincere grandi gare, come lo sono stato per Van Baarle all’Het Nieuwsblad e Benoot a Kuurne. E sono sempre stato felice per loro perché sapevo che prima o poi sarebbe toccato anche a me».

Nato in Cofidis

Siccome non è scritto da nessuna parte che i vincitori abbiano sempre ragione, la scelta di Van Aert di lasciar vincere il compagno, gli è valsa qualche illustre… forchettata, come ad esempio quella di Merckx. Il Cannibale ha infatti precisato che lui non lo avrebbe mai fatto. Per contro, si è levato alto anche il coro di chi invece ha applaudito. Di certo questa voglia di condividere gioia e vittorie deve essere ben radicata nell’animo dei corridori, se è vero che Laporte non è stato in grado di seguire Van Aert sul Kemmelberg, ma è stato atteso.

E così il francese, che nelle dichiarazioni di inizio anno è stato descritto come un leader, negli ultimi mesi ha visto arrivare nella sua bacheca una tappa al Tour, il secondo posto al mondiale e ora la vittoria in una grande classica fiamminga.

«Risultati che mi sono costati sacrifici soprattutto sul piano familiare – ha spiegato con riferimento alla compagna Marion e i due figli – ma che hanno premiato il lavoro che faccio tutti i giorni. Il mio ciclismo è cambiato molto da quando gareggiavo in mountain bike e andavo in bici senza pensare al resto. Sono felicissimo di essere arrivato in questa squadra, ma ho potuto farlo grazie ai miei anni nella Cofidis, che sono stati molto buoni. Non ho rimpianti. E’ stato lì che ho imparato a diventare un professionista e grazie a questa esperienza, ho potuto rivendicare il mio status in Jumbo-Visma».

Le parole di Laporte confermano il grande affiatamento fra compagni di squadra: qui l’abbraccio con Wout Van Aert
Le parole di Laporte confermano il grande affiatamento fra compagni di squadra

Impatto psicologico

E qui il salto di qualità è stato palese. Si potrebbe obiettare che la vittoria ottenuta a questo modo non sia delle più esaltanti: l’arrivo solitario o uno sprint le avrebbero tolto il senso del regalo, anche se nelle parole del vincitore e nella pubblica opinione è stato proprio il regalo a renderla più importante.

«Sono molto contento – ha spiegato Laporte – di essere arrivato in questa squadra. Qui ho scoperto i ritiri di tre settimane in altura, le nuove bici che vanno veloci. I piani nutrizionali precisi alla caloria. La mia mente ha retto bene il passaggio in una delle squadre più forti del mondo. Ho sofferto la lontananza dalla famiglia. Mio figlio è nato il giorno di Natale e non è stato facile stargli lontano durante il ritiro di febbraio sul Teide. Ho superato tutto perché in cuor mio so che sto vivendo uno dei miei sogni di bambino».

Uno-due Jumbo: Laporte e Van Aert si prendono la Gand

26.03.2023
5 min
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Uno-due. Wout Van Aert, Christophe Laporte. E’ bastata una sgasata, apparentemente neanche mostruosa sul Kemmelberg e i due Jumbo-Visma hanno salutato tutti. La Gand-Wevelegem di fatto si è decisa a poco più di 50 chilometri dall’arrivo.

Sembra quasi che il maltempo al Nord aspetti le corse per palesarsi, per renderle più mitiche e tradizionali. La pioggia, il freddo e a tratti anche un po’ di vento non sono mancati nei 261 chilometri in questa “quasi monumento”.

Un solo corridore

Senza Van der Poel, che cova il bis al Fiandre e si nasconde, ecco che tutti i fari sono puntati sul “Wout nazionale”, tanto più che Remco Evenepoel non c’è e se la “spassa” al sole della Spagna. La corsa si accende sin da subito. Tra gli attaccanti della prima ora anche Greg Van Avermaet.

La Gand è una sorta di Amstel Gold Race delle Fiandre e nel suo dedalo di stradine e cambi di direzione è facile restare coinvolti in una caduta, come è successo a Filippo Ganna. Per ora non sembra nulla di grave, se non una forte contusione ad un ginocchio. Ma quel che avevamo scritto giusto questa mattina, riguardo al saltare la Ronde, per non mettere a rischio la Roubaix si è puntualmente verificato.

Il Belgio si stringe dunque intorno a Van Aert e lui non delude i suoi connazionali. Lo aspettano sotto la pioggia. Lo applaudono, lo filmano con gli smartphone mentre le nuvolette escono dalla bocca. E lui spesso la bocca ce l’ha chiusa. 

Su un muro al 17% Van Aert piega ma non spezza Laporte. I due hanno fatto uno crono a coppie
Su un muro al 17% Van Aert piega ma non spezza Laporte. I due hanno fatto uno crono a coppie

Wout il buono

Pedala composto, potente come nei giorni migliori. Lui un filo più agile di Laporte. Su uno dei muri ad un tratto toglie di ruota anche il compagno francese. E se ne accorge. Non molla subito – vuol far vedere chi è il più forte – tuttavia non affonda il colpo e in cima lo aspetta.

E lo aspetta anche perché okay che è Van Aert, ma mancano ancora parecchi chilometri all’arrivo. I due vanno via di comune accordo. Belli. Spianati sulle loro Cervélo. Il distacco continua ad aumentare in modo costante ma regolare. E arriva a toccare 2’15”.

Dietro si muovono un po’ come degli juniores. Tirano a momenti. Scattano. Ineos Grenadiers e Bahrain-Victorius ci provano un po’ di più, ma alla fine è questione di gambe. E i due Jumbo ne hanno di più. Amen.

Il chilometro finale è una lunga – forse anche troppo – parata. I due si parlano. Si abbracciano, si riparlano. Si riabbracciano, si voltano a guardare l’ammiraglia che lampeggia nel grigio pomeriggio belga. Alla fine la ruota che taglia per prima la linea è quella di Laporte. Ma la gioia del Belgio non è strozzata. Wout ha vinto lo stesso.

«Siamo andati “full gas” fino ai -10 dall’arrivo – ha detto Van Aert – quando era chiaro che avremmo vinto. Io ho alzato le braccia al cielo venerdì e ho gli occhi puntati sui prossimi obiettivi (si legga Giro delle Fiandre, ndr). Posso dire che fare la Gand è stata una buona scelta», quest’ultima frase era la risposta a chi lo incalzava sul fatto che VdP era rimasto a riposarsi.

«La vittoria di Christophe è stata una decisione facile. Ne parlavamo giusto qualche giorno fa: pensavamo che un nuovo arrivo in parata non sarebbe mai più accaduto, visti i livelli elevati che ci sono, e invece… Tutto questo è frutto del duro lavoro di squadra».

Laporte ringrazia

Laporte intanto gioisce e anche lui torna ai dieci chilometri dal traguardo: «Lì Wout mi ha chiesto se volevo vincere. Penso che conoscesse già la risposta! È davvero incredibile. Wout è stato più forte di me oggi, quindi devo a lui questa vittoria a lui. Vincere una classica e una tappa al Tour era il mio sogno sin da bambino. Ora l’ho realizzato. Questa vittoria è per mia moglie e i miei due figli. Sono stanco, ho sofferto ma sono anche molto felice».

«La nostra tattica? Volevamo accelerare al secondo passaggio sul Kemmelberg e l’abbiamo fatto – ha detto il francese – anche se mancavano 52 chilometri. Da lì abbiamo dato tutto fino alla fine. Ho fatto di tutto per restare con Wout. Era davvero forte oggi. Sono felice di condividere questo successo con lui».

E3 Saxo Classic a Van Aert: primi morsi sul Fiandre

24.03.2023
5 min
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«A qualcuno potrò anche sembrare stupido, ma alla lunga imparo anche io». Con queste parole Wout Van Aert commenta a caldo la vittoria nella E3 Saxo Classic di Harelbeke, centrata allo sprint contro Van der Poel e Pogacar. Per una corsa così sarebbe valsa la pena pagare il biglietto, ma il ciclismo per fortuna ancora è gratuito e gli appassionati che anche oggi si sono ammassati numerosi sulle strade delle Fiandre hanno goduto di uno spettacolo straordinario.

Non è pari e patta con la Sanremo, ma intanto sulla strada del Fiandre per Van Aert piccola rivincita su VDP alla E3 Saxo Classic
Non è pari e patta con la Sanremo, ma intanto sulla strada del Fiandre per Van Aert piccola rivincita su VDP

Assalto a 80 dall’arrivo

La corsa l’ha accesa ovviamente Mathieu Van der Poel, che ha tratto ispirazione dal Taaienberg, come Boonen prima di lui. Mancavano 81 chilometri all’arrivo, quando il vincitore della Sanremo ha preso il largo, con il solo Van Aert agganciato alla ruota. Pogacar non c’era ancora, forse perché neppure lui si aspettava un simile affondo, ma è rientrato con Kragh Andersen, Asgreen e Mohoric. Il tempo che la testa si riformasse e hanno preso il largo ancora Mohoric con Andersen e Van Hooydonck. Si capiva che fosse una situazione interlocutoria e si è avuta conferma quando sull’Eikenberg Van der Poel è ripartito e li ha ripresi, portando con sé Van Aert e Pogacar.

Neanche a metterlo in dubbio, è Van der Poel a 81 chilometri dall’arrivo a rompere gli indugi nella E3 Saxo Classic
Neanche a metterlo in dubbio, è Van der Poel a 81 chilometri dall’arrivo a rompere gli indugi

La selezione finale a quel punto c’è stata per mano di Pogacar prima sul Paterberg e poi sull’Oude Kwaremont. Van der Poel lo ha seguito abbastanza agevolmente, invece Van Aert si è staccato e per due volte è rientrato stringendo i denti.

«Ero veramente al limite – racconta dopo l’arrivo – e volevo stare attento alla parte più ripida. Poi Tadej e Mathieu si sono guardati e io ho fatto di tutto per passare davanti. Ho avuto di nuovo un momento di difficoltà, ma sapevo che il tratto più difficile era alle spalle. E da quel momento in poi mi sono concentrato sullo sprint».

Meglio la volata lunga

Quando è stato chiaro che si sarebbe arrivati in volata, tre episodi hanno fatto capire che il finale non sarebbe stato troppo scontato. Il primo, uno sprint con risate successive sul Tiegemberg, dove Van Aert ha vinto 6.000 euro in articoli da bagno in un traguardo volante di cui Van der Poel e Pogacar erano all’oscuro. Il secondo, Van Aert che sull’ultima salitella ha provato ad allungare. Il terzo, Pogacar, che negli ultimi 4 chilometri ha provato per due volte a staccare gli altri.

Il primo episodio è stato per farsi una risata. Il secondo probabilmente non era un tentativo di attacco, ma un test per le gambe che hanno risposto assai bene. Il terzo episodio confermava invece che Pogacar era forte, ma non abbastanza per fare lo sprint contro gli altri due. E infatti nella volata finale, molto lunga e senza i rallentamenti che avrebbero agevolato Van der Poel, Van Aert si è tolto di ruota l’olandese, costretto a sedersi, e Pogacar che era già seduto. 

«Siamo partiti nello stesso momento – ha detto Van Aert riferendosi a Van der Poel – e ho capito subito di essere più forte, anche se l’arrivo era ancora molto lontano. Penso di essere scattato a circa 250 metri e anche il vento era a favore. Ho fatto volate brevi in passato e ora imparato che non sono a mio favore (ha riso con chiaro riferimento al mondiale di cross, ndr). Posso sembrare un idiota, ma sto cercando di imparare». 

Olio galeotto

Il tempo di registrare qualche perplessità sull’operazione di mettere olio sulla catena (sui social è stato pubblicato un screenshot del regolamento UCI che lo proibisce) e Van Aert si è affrettato a spiegare che credeva di avere un problema al cambio e per chiedere assistenza si è fatto sfilare in coda al terzetto, come prevede la norma. Poi si è cominciato a ragionare sul fatto che il Fiandre sarà un’altra storia, perché i 69 chilometri in più potrebbero essere sentenze inappellabili per chi, forse anche Van Aert, ha dato segni di fatica sui muri del finale. E potrebbero invece essere un vantaggio per chi in questo momento avesse più fondo nelle gambe.

«Questa è una vittoria importante per me – spiega Van Aert – mi piace vincere e le ultime settimane non sono state facili o come volevo. Ora va bene. Se questa vittoria dice qualcosa sul Fiandre? Sembra che io debba vincerlo per forza, quindi ci proverò. Oggi la situazione di gara non è stata come la volevamo. In parte a causa della sfortuna, non abbiamo potuto usare la nostra forza. Fortunatamente in finale avevo con me Nathan Van Hooydonck, mentre ho dimostrato che posso vincere nel corpo a corpo. E’ un bel podio, ma soprattutto perché nel mezzo ci sono io»