Torna Nibali e Tosello riprende la scheda con le misure

29.10.2021
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Il ritorno, ormai imminente, di Vincenzo Nibali all’Astana-Premier Tech riporta alla luce tutti i suoi più grandi successi vissuti con la maglia del team kazako. Oltre ai colori che tornerà vestire dal 2022, lo Squalo ritroverà gran parte dello staff, salutato nel 2016 con un addio che si è poi rivelato un arrivederci. Tra questi c’è il meccanico della squadra, Gabriele Tosello, nonché il sarto che cucirà la Wilier Triestina su misura addosso a Vincenzo.

“Toso” ha vissuto vittorie e sconfitte dal 2013 al 2016 (in apertura durante l’ultima tappa del Tour vinto nel 2014), per poi ritrovarsi alla vigilia della prossima stagione a rispolverare le misure che conservava dentro il cassetto e rimettere in sella il campione siciliano. Un déjà vu che Gabriele ci racconta con professionalità ed entusiasmo, nel ritrovare il fuoriclasse Nibali di nuovo da assistere tra richieste, consigli e aneddoti.

Sei in Astana dal 2010, Vincenzo lo conosci già?

Certamente. Ero presente al suo arrivo dalla Liquigas nel 2013 e alla sua partenza nel 2016 per la Bahrain-Merida. Nei quattro anni con noi allora la bici utilizzata era Specialized. 

Ora il vostro partner tecnico è Wilier Triestina. 

Sì, il prossimo anno sarà il terzo insieme. La transizione da Argon è stata naturale senza traumi. Wilier è una ditta italiana che sta investendo davvero tanto in ricerca e in materiali, una delle poche se posso dire. Si lavora molto bene perché è condotta a livello familiare, se hai qualche richiesta ti ascoltano, sai con chi parlare. E’ una qualità che si percepisce quando ce l’hai tra le mani, non solo a parole come a volte capita in questo settore. 

Torniamo a Vincenzo, che rapporto ha con la bici?

Lui è uno che ci capisce, è un corridore che saprebbe fare benissimo il meccanico. E’ abbastanza pignolo, se avesse gli tutti attrezzi del mestiere si potrebbe smontare e rimontare la bici. Le piccole riparazioni, le  registrazioni se le fa in totale autonomia. Montarla da zero no, perché non ha l’attrezzatura ma sarebbe in grado. Tranquillamente. 

Che bici gli fornirete?

Quest’anno abbiamo usato due modelli la Wilier Zero SLR per le salite e la Filante SLR, quella un più aerodinamica per le corse veloci. Lui per caratteristiche tecniche sarebbe adatto alla prima, ma conoscendolo vorrà sicuramente anche la Filante. Abbiamo già calcolato per lui, come per altri corridori, di mettere a disposizione entrambi i modelli. Poi c’è chi invece avrà solo uno o l’altro. Ma ad un leader come Vincenzo preferiamo dare tutte le possibilità per coccolarlo e stimolarlo. 

C’è già stato il primo incontro fra Tosello e Nibali?

Ci vedremo verso metà novembre per la consegna della bici, poi ci confronteremo giorno per giorno. Per il momento per contratto non può utilizzare la nostra attrezzatura. Ne approfittiamo per aspettare i gruppi nuovi. Non sappiamo ancora se la prima che riceverà sarà la Filante o la Zero SLR.

Le misure le avete già?

Sì, abbiamo quelle che aveva nel 2016 nel suo ultimo anno in Astana (nella foto sotto, ndr) e abbiamo anche quelle che ha usato ultimamente alla Trek-Segafredo. Saranno da adattare alle geometrie della Wilier, ma si parla di pochi aggiustamenti. E’ rimasto sempre lui. E’ un corridore all’antica, ha le sue misure può giocare con qualche millimetro, ma non si allontana. Naturalmente qualcosina dovremo cambiare passando a un modello nuovo, ma i suoi riferimenti sono quelli da sempre. Poi sarà Vincenzo che ci aiuterà a cucirgli addosso la bici. Tra arretramenti, avanzamenti e spostamenti di sella vari.

Ecco le misure della sua bici del 2016, ripescate da Tosello dal suo archivio. A metà mese, avremo le misure 2022
Ecco le misure della sua bici del 2016, ripescate da Tosello dal suo archivio. A metà mese, avremo le misure 2022
Che taglia ha?

A lui non piacciono i classici fuori taglia. Con un giusto fuori sella lui è sempre stato una taglia L, una 56. Non ha bisogno di aver misure piccole per guidare meglio. Anche perché a lui diciamo che nessuno gli può insegnare qualcosa in termini di confidenza con la bici.

E’ pignolo su qualche componente in particolare?

Sulla sella è molto pignolo. Quando passa a una sella nuova di un’altra marca, ci mette sempre un po’ ad adattarsi. Passa un paio di mesi prima che si trovi a suo agio. A meno che non sia cambiato in questi anni con l’età (scherza, ndr). All’inizio giocherà un po’ con i millimetri, poi se l’aggiusterà da solo come posizione

Per quanto riguarda freni e ruote cosa gli proporrete?

Siamo completamente su freno a disco. Nel bene e nel male. Nel bene per l’innovazione, nel male perché c’è più da lavorare per i meccanici (ride, ndr). In Astana fino al 2016 preferiva una ruota a basso profilo, con profili da 32 millimetri. Con la transizione al freno a disco si è passati a montare ruote con profili più alti da 47/50 millimetri. Ho visto che quest’anno anche lui montava ruote di queste misure, quindi credo che la scelta sarà la stessa. Ovviamente poi la decisione si adatterà in base alle esigenze delle corse, di salita o pianura.

Nel 2016, Tosello prepara per Nibali una Specialized rosa con cui sfilare a Milano
Nel 2016, Tosello prepara per Nibali una Specialized rosa con cui sfilare a Milano
La vostra scelta tra copertoni, tubolari o tubeless quale sarà?

Noi montiamo tubolari Vittoria. Probabilmente l’anno prossimo useremo in qualche gara il tubeless che quest’anno con Corima non abbiamo provato. Abbiamo testato il copertoncino nelle cronometro. Approfondiremo nel corso della stagione il discorso tubeless e copertonicini, perché qualche miglioramento in termini di watt sembrerebbe esserci. Poi si vedrà anche in base anche al tipo di corridore e alla tipologia di corsa, perché magari non tutti si adatteranno. Vincenzo sarà un riferimento anche per queste decisioni

Per la cronometro che bici avrà?

La Wilier Turbine. Quando si parla di cronometro la sua attenzione per i dettagli è totale. Per la bici da strada si riesce a mediare a volte. Sulla crono ogni sua parola va ascoltata con il calibro in mano. Sempre nel senso buono. Non è uno che ti chiede la luna. Le migliorie e gli accorgimenti che indica si rivelano utili anche per capire i materiali. Ha una sensibilità unica. Quello che dice ha dei riscontri effettivi, non dice mai cose a vanvera. Il bello di Vincenzo è che parli con un corridore che si intende di meccanica. Se ti dice una cosa che potrebbe portare ad un miglioramento, bisogna ascoltarlo. Sempre.

Vi aiuta anche nel vostro lavoro?

Sì, quando c’è del materiale nuovo o da testare, è uno dei pochi su cui fare affidamento. Ed è un riferimento per il team e per i compagni anche sotto questo aspetto. 

Quelli che… sanno esaltarsi sulle strade di casa

19.10.2021
4 min
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Abbiamo ancora negli occhi le immagini dell’ultimo Giro di Lombardia, con la gente impazzita ai bordi della strada per fare il tifo per Fausto Masnada. Non un italiano qualsiasi, perché il corridore della Deceuninck-QuickStep correva sulle strade di casa, quelle nelle quali è vissuto e su cui ha sentito crescere dentro la passione viscerale per il ciclismo. Vivere un grande evento come il Giro di Lombardia sulle strade abituali, con il vicino di casa o l’amico del bar lì sul ciglio che si sgola per incitarti, ha un sapore speciale.

L’enfant du pays”: un’espressione resa famosa, nel mondo delle due ruote, da Adriano De Zan, che spesso la citava non solo nel citare i vincitori, ma anche semplici gregari che sfruttavano l’occasione del passaggio del Giro d’Italia o di qualsiasi altra manifestazione nel paese natio, chiedendo il permesso al gruppo per avvantaggiarsi, di quel tanto da permettergli un rapido saluto. Vestigia di un ciclismo che non c’è più, ora si è professionali sin dal via e certe deroghe non sono permesse quasi più…

Simoni Pordoi 2001
Gilberto Simoni ha costruito sul Pordoi la vittoria al Giro 2001, lasciando poi la tappa allo spagnolo Perez Cuapio
Simoni Pordoi 2001
Gilberto Simoni ha costruito sul Pordoi la vittoria al Giro 2001, lasciando poi la tappa allo spagnolo Perez Cuapio

Mondiali, “nemo propheta in patria”…

E’ pur vero però che vincere in casa propria ha un sapore speciale. Ai mondiali, ad esempio, questo evento è successo solamente 12 volte e parliamo non di atleti che vincono nella propria città, ma nella nazione di appartenenza, un abbinamento riuscito per 4 volte al Belgio (ma la quinta alla quale tanto ambivano quest’anno non si è avverata…) e per 3 all’Italia, nel 1932 con Learco Guerra, nel 1968 con Vittorio Adorni e nel 2008 con Alessandro Ballan, ultimo in assoluto a riuscirci.

Citavamo Guerra, la storica “locomotiva umana” che la soddisfazione di vincere davanti ai suoi concittadini l’ha assaporata nel 1931: la prima tappa del Giro d’Italia arrivava quell’anno a Mantova e Guerra ci teneva tantissimo a conquistare la vittoria davanti alla sua gente, poter ripartire il giorno dopo con il simbolo del primato. Dopo 206 chilometri si mise alle spalle allo sprint Alfredo Binda e Michele Mara e non contento di ciò vinse anche il giorno successivo a Ravenna. Quel Giro per lui finì con 4 successi di tappa ma con il rammarico della brutta caduta a La Spezia che lo costrinse al ritiro.

Ulissi Etruschi 2017
Vittoria in solitudine per Diego Ulissi a Donoratico nel 2017: quelle erano le strade della sua quotidianità…
Ulissi Etruschi 2017
Vittoria in solitudine per Diego Ulissi a Donoratico nel 2017: quelle erano le strade della sua quotidianità…

Giro d’Italia, altra storia…

Giro d’Italia. Spesso corridori hanno cercato e anche trovato la vittoria sulle strade di casa, ma se dovessimo cercare un simbolo di queste immagini?

La mente non può che tornare a qualche anno fa, a Gilberto Simoni che sul Pordoi costruì le sue vittorie rosa, in uno stretto corridoio lasciato libero dai tifosi, spingendo sui pedali per infliggere un ritardo sempre maggiore agli avversari. Non è un caso se la carriera del trentino sia legata a doppio filo alla corsa rosa, che aveva un sapore assolutamente speciale proprio quando si transitava sulle salite di casa, quelle dove da bambino aveva lasciato vagare la fantasia vedendo i campioni dell’epoca compreso lo zio di sua moglie, un certo Francesco Moser

Che dire poi di Stefano Garzelli, che nel 2005 vinse la Tre Valli Varesine? Attendeva da 15 mesi di riassaporare il gusto dolce della vittoria, il finale della classica di casa lo aveva studiato nei minimi particolari percorrendolo e ripercorrendolo in allenamento, soprattutto gli ultimi 500 metri dove si mise alla ruota di Mazzoleni gregario di Cunego e anticipando la prevedibile mossa del veronese scattò per precedere Bernucci. La gara arrivava a Campione d’Italia, città nativa della madre e di residenza delle sorelle. Come poteva non vincere?

Nibali Sicilia 2021
Una vittoria per Nibali nel 2021, ma di grosso peso, nella sua Sicilia, alla sua maniera: tappa e maglia…
Nibali Sicilia 2021
Una vittoria per Nibali nel 2021, ma di grosso peso, nella sua Sicilia, alla sua maniera: tappa e maglia…

Di casa e di cuore

Un po’ lo stesso discorso che vale per Fabio Ulissi. Nel 2017 il nativo di Cecina, appena approdato al Uae Team Emirates, voleva subito impressionare i suoi nuovi “datori di lavoro” e sulle strade di casa, teatro della sua preparazione invernale, sfruttò proprio la conoscenza del percorso e in particolar modo della discesa verso Donoratico.

«La conosco a menadito – affermò dopo la premiazione – sono nato qua e potrei farla a occhi chiusi, sapendo dove rilanciare».

Due volte era finito sul podio senza cogliere il risultato al quale teneva di più: per la gente del luogo, quell’edizione è rimasta nel cuore. E poi, parlando di discesa, non è lo stesso principio che ha applicato Masnada?

Se si parla di “enfant du pays”, c’è un’immagine recente che si fa strada nella memoria. Per Vincenzo Nibali quelle lacrime versate all’arrivo della conclusione dell’ultimo Giro di Sicilia contengono infiniti significati. Immaginate che cosa significa tornare a vincere, dopo tutto quel che ha passato in questi ultimi due anni, quello che ha letto e sentito su di lui, quei dubbi esasperanti nel proprio animo, davanti alla propria gente, quella stessa gente lasciata tanti anni fa, lui come tanti siciliani, per trovare fortuna nel Continente? Non c’era posto migliore per tornare ad azzannare il successo per lo Squalo. Certe volte anche i grandi uomini piangono…

Nibali nelle Marche per la granfondo e la stele di Michele

16.10.2021
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Giornata autunnale sui Monti Sibillini, nel cuore delle Marche. Il bosco si veste di mille colori e le cime più alte sono già imbiancate. Sul Passo di Santa Maddalena, in pratica Sassotetto, il vento si fa sentire, ma almeno porta via le nuvole. Un drappello di gente si raduna attorno a un grande blocco di pietra. Tra queste persone c’è Vincenzo Nibali. Lo Squalo è arrivato sin quassù proprio per quel blocco. Una pietra che è un’opera d’arte. Un’opera d’arte che è un ricordo: quello di Michele Scarponi.

Siamo nel cuore delle Marche, come detto, regione di cui Nibali è testimonial, ma anche sede della sua granfondo, la Nibali 5Mila Marche, che andrà in scena domani a Porto Recanati. Il weekend si apre così tra commozione e ricordi. I ricordi legati a Michele e alle tante sfide vissute da queste parti.

La stele a Sassotetto

«E’ sempre un piacere essere qui, tanto più per Michele – dice lo Squalo – proprio su questa salita ricordo che in una Tirreno-Adriatico scattò lui e andò a vincere davanti a Garzelli e Basso (la tappa finiva a Camerino, ndr). Quell’anno “Scarpa” ci teneva proprio. Era lui contro la Liquigas. Era una tappa di 230 e passa chilometri. Io andai in fuga da lontano. E negli ultimi dieci chilometri qua sotto – e annuisce col mento indicando la direzione della strada – andai in crisi. Non venivo più su. Fu la Tirreno che Michele vinse con gli abbuoni, se non ricordo male».

Lo Squalo ha staccato già da una settimana. Ha finito la sua diciassettesima stagione da pro’ con la bella vittoria del Giro di Sicilia, nel più classico dei “tappa e maglia”. E questo gli dà una bella dose di fiducia in vista della prossima stagione, che lo vedrà di nuovo coi colori turchesi.

«E’ particolare essere quassù – riprende Nibali – sarà che poi quest’anno torno in Astana, che è una famiglia. Con gli “Astana boys” come li chiamo io ci vedremo già la prossima settimana per prendere alcune misure di bici e vestiario e iniziare a parlare di programmi». 

I ricordi con Michele…

In effetti la posa di questa stele per Scarponi e il contestuale ritorno all’Astana rendono tutto più suggestivo e i ricordi si susseguono.

«Michele mi diceva sempre vieni allenarti da me. Ma tu dove sei, gli domandavo io. E lui ancora: a Filottrano, il centro del mondo! Non sono andato spesso a trovarlo, ma quando ci andavo le prime volte scalavamo La Castelletta, anche con i suoi amici, che è la sua salita, quella dei test, quella di tutti i giorni. Anche lì c’è una piccola stele dedicata a lui».

Il papà di Scarponi, Giacomo, ringrazia i presenti: «Quando vedo certe cose e ascolto certe parole sento che Michele è ancora vivo». E poi si avvicina a Nibali e ripete il ringraziamento, ma stavolta in privato. Vincenzo ribatte con un: «Ma scherzi!». 

«I ricordi delle sfide nelle Marche sono tanti. Ma quello che ricordo di più con Michele è da avversari. E proprio la tappa di Sassotetto. Perché? Perché volevo batterlo, ma non ci sono riuscito!».

Quante sfide nelle Marche

Ma che il feeling con le Marche fosse buono lo si capì presto. Tirreno 2013. La Liquigas corre compatta per Nibali e lo fa anche nella frazione di Sant’Elpidio, il cui finale prevede un muro micidiale ma succede che…

«Succede che Sagan doveva controllare la situazione, controllarla per me. Invece ne aveva talmente tanta che ci lasciò tutti lì e io feci secondo».

Dal muro di Sant’Elpidio ai muri di Castelfidardo, nell’ormai mitica tappa di Van der Poel, sempre alla Tirreno di quest’anno.

«Anche quella è stata micidiale. Faceva un freddo incredibile, ma il ricordo di quella frazione è che nonostante appunto il freddo e la pioggia c’era un sacco di pubblico».

Ma nel mezzo ci sono altri passaggi marchigiani assolutamente non secondari. Uno soprattutto è da collegare al Giro del 2013.

Saltara, la crono e la rosa

In quella tappa va in scena una vero capolavoro. C’è la cronometro, terreno ideale per l’inglese Wiggins. Nibali deve difendersi. L’inglese che delle prove contro il tempo fa la sua forza è già dato in maglia rosa a fine frazione.

«Quella crono l’avevo provata tre volte almeno: una d’inverno, una a ridosso del Giro e una il giorno prima. Andai benissimo, presi la maglia rosa e la tenni fino a… Brescia, stavo per dire Milano!».

Ed è vero, quella crono in Astana l’avevano studiata al millimetro. Noi eravamo nei monitor per la stampa dietro all’arrivo e al nostro fianco c’era Giampaolo Mondini, di Specialized, marchio con cui Nibali correva all’epoca. Ebbene Mondini con le dita incrociate a memoria (e in piena trans agonistica) ripeteva il “copione”: stai in posizione, curva a destra, curva a sinistra, in piedi sui pedali… E automaticamente Nibali eseguiva il tutto.

Quel giorno probabilmente Nibali passò dall’essere grande a grandissimo.

EDITORIALE / Astana, il segreto si chiama Martinelli

11.10.2021
5 min
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Chi lascia la Deceuninck-Quick Step non vince più. Si dice così in gruppo: lo sapete, no? I corridori ti spiegano perché, i maliziosi di professione fingono di crederci. Eppure la squadra belga non è un caso isolato. Anche chi lascia l’Astana smette di vincere, ve ne siete accorti?

Nibali ha vinto l’ultima grande corsa a tappe del 2016 prima di passare al Team Bahrain-Merida, con cui ha vinto un Lombardia e la Sanremo. Passando nel Uae Team Emirates, Aru ha smesso di essere il campione di cui tutti si erano innamorati e lentamente ha finito con lo spegnersi. Diego Rosa, grande gregario che per poco non vinse un Lombardia, si è spento al passaggio nel Team Sky. Landa come lui, appena un poco meglio grazie al Bahrain. L’ultimo caso è quello di Superman Lopez, passato alla Movistar e tornato indietro alla svelta, prima di buttare via altro tempo.

Aru ha vinto in Astana la Vuelta del 2015 e fino al 2017 è cresciuto
Aru ha vinto in Astana la Vuelta del 2015 e fino al 2017 è cresciuto

L’arma segreta

Il segreto c’è, si chiama Giuseppe Martinelli. In fondo, se ci pensate bene, l’Astana è quel che resta della Saeco e di un modo di intendere il ciclismo all’italiana, che farà anche inorridire i manager anglofoni, ma indubbiamente funziona.

“Martino” ci sa fare e nella sua lunga carriera ha vinto grandi Giri con ogni tipo di corridore: dai campioni super celebrati ai giovani da costruire. Con Pantani e Garzelli. Con Cunego e Simoni. Con Contador, Nibali e Aru. Il grande bresciano ha chiaro in testa come si faccia per far sentire il capitano al centro delle operazioni, perché l’ha imparato alla scuola di Luciano Pezzi, a sua volta gregario di Coppi e tecnico Gimondi alla conquista del Tour.

«Pantani è il capitano – disse Luciano alla fine del 1996, presentando la nuova Mercatone Uno – Martinelli è colui che comanda».

Venivamo da trent’anni senza il Tour e Pantani non era uno che accettasse facilmente ordini, eppure da quel nucleo e quell’impostazione arrivarono il Giro e il Tour di Marco e nella scia il Giro di Garzelli.

Non solo per soldi

Vinokourov l’ha capito e ha permesso a Martinelli di costruire la squadra secondo le sue idee, con l’imposizione più o meno invasiva di… aromi kazaki necessari per la sopravvivenza del team. E quando Aru decise di andarsene, “Vino” disse parole profetiche cha ha di recente ripetuto al nostro Filippo Lorenzon.

«Tante volte i corridori vanno dietro ai soldi – ha detto – e questa cosa è importante sì, ma non è tutto. Vale per tutti i corridori, non solo per Fabio, ma bisogna guardare anche dove sei e se ti trovi bene. Noi all’Astana siamo una famiglia per come trattiamo i corridori. E poi è una squadra anche molto italiana con Martino e altri dello staff. I corridori pensano sempre che in altre squadre stanno meglio, ma poi trovano altre realtà. Ci sono tanti che sono andati via che dovevano fare chissà quali cose, penso a Rosa, a Landa… Potevano stare con noi e potevano vincere un grande Giro. Sicuro».

Nibali e Moscon

Perché questo discorso? Perché oltre a Lopez, nell’Astana quest’anno approderanno Nibali di ritorno e Moscon. Abbiamo già detto che non ci sarà da aspettarsi miracoli da Vincenzo, mentre forse Gianni troverà nel giusto ambiente e in Stefano Zanini la sicurezza che nella vecchia casa gli è sempre mancata. La sicurezza di avere attorno persone che lo guardano come un eroe di famiglia: i corridori devi tenerli con i piedi per terra, ma devi anche farli sentire importanti, perché vivono di sfide e autostima.

Nibali vinse l’ultimo Giro nel 2016: qui con Martinelli e Slongo
Nibali vinse l’ultimo Giro nel 2016: qui con Martinelli e Slongo

Sapore di casa

Zanini, un guerriero. Borselli che guida il pullman e senza saperlo è uno psicologo. Inselvini e i suoi massaggi da vecchio filosofo. Mazzoleni e il suo staff di allenatori. Erica Lombardi alla nutrizione. Tosello e gli altri meccanici. Andare alle corse sarà ogni volta come tornare a casa. E su tutti vigilerà lo sguardo burbero e impagabile di Martino, con lo sguardo e la voce che gli trema quando parla del Panta. Che sta sempre un passo indietro. Capace di spendersi per ciascuno dei suoi ragazzi come quando eravamo tutti più giovani e inseguivamo sogni enormi. E forse, proprio guardando a quelle conquiste indimenticabili, Nibali e Moscon potrebbero convincersi ancora una volta che non esistono traguardi impossibili.

P.S. A proposito, lo stesso discorso magari un giorno lo faremo per Davide Bramati. Non tutte le squadre hanno l’ambiente giusto, non tutti i tecnici sono capaci di crearlo e i manager hanno la saggezza di lasciarglielo fare. Non pensiate che per far andar forte i corridori servano solo soldi e segreti. I primi servono, i secondi sono spesso meno misteriosi di quel che si pensa.

EDITORIALE / Nibali e la Sicilia, la terra dove tutto ebbe inizio

04.10.2021
3 min
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In qualche modo era già successo. Nibali andò a rifugiarsi a casa sua in Sicilia e cominciò a macinare chilometri su chilometri, circondato dagli affetti di sempre. Il racconto della strada che lo portò a vincere il Giro di Lombardia del 2015 dopo l’esclusione dalla Vuelta resta uno dei capitoli più belli nella storia del campione siciliano. Perciò vederlo andare all’attacco nella tappa di Mascali al Giro di Sicilia e vincere davanti alla sua famiglia e alla sua gente altro non ha fatto che riallacciare quel filo.

Nelle interviste dopo la vittoria, commosso come quando centrò la vittoria al campionato italiano del 2014 dopo un lunghissimo periodo di astinenza, Vincenzo ha analizzato la durezza degli ultimi due anni, degli infortuni e di tutto quello che a vario titolo gli ha fatto perdere la serenità. E proprio da questa si dovrebbe forse ripartire tutti per portare il ciclismo su strade più agevoli.

La vittoria di Mascali ha sbloccato il campione dopo 2 anni difficili
La vittoria di Mascali ha sbloccato il campione dopo 2 anni difficili

Stress eccessivo

Nei giorni scorsi ci siamo confrontati in maniera schietta con Michele Bartoli, il quale ha raccontato che tanti corridori non riescono più a sostenere il peso dei tanti ritiri in altura e chiedono da tempo, ma spesso senza esito, di farne a meno. Quanti giorni trascorrono a casa durante la stagione delle corse? Pochi. Si fanno carico giornalmente di pressioni e impegni che stando al di fuori non è neppure possibile immaginare. Forse potremmo chiederci e potrebbe farlo chi li consiglia se, proprio in nome della serenità, le vite che vengono loro proposte siano il meglio assoluto.

Sicuramente fra le pressioni e le sollecitazioni che li schiacciano e portano via la serenità ci sono anche le attese e i giudizi dei media. Non saremo mai grati abbastanza ad Elisa Longo Borghini per averci fatto notare certi particolari e capire in che modo alcune espressioni possano ferire, sia pure inconsapevolmente, l’atleta che le riceve

Nibali, un’eccezione

In ogni caso, davanti alla serenità ritrovata da Nibali sulle strade di casa e davanti alla possibilità di vederlo risplendere ai suoi livelli come è già successo in passato, viene da chiedersi se non ci sarebbe da rispolverare un ciclismo in stile classico, dove il campione era ispirazione per i bambini e i ragazzi delle sue zone, che in qualche modo raccoglievano da lui il testimone. Come per decenni è accaduto su tutte le strade d’Italia, prima che i campioni venissero convinti della bontà di esili dorati, ma non sempre funzionali al loro buon vivere.

Diciamolo subito, anche in questo Nibali è un’eccezione. Nato campione in Sicilia, cresciuto in Toscana fino a livelli fantastici, Vincenzo ha scelto Lugano come base per la sua famiglia e città in cui far crescere sua figlia ed ha una solidità a prova di nostalgia. Ma i corridori giovani che non hanno famiglia, hanno in quei luoghi l’ambiente migliore?

Così sul podio del Lombardia 2015, dopo la rinascita con suo padre in Sicilia
Così sul podio del Lombardia 2015, dopo la rinascita con suo padre in Sicilia

Fisco spietato

Le obiezioni sono note e perfettamente condivisibili. Il sistema fiscale italiano li priverebbe della metà dei guadagni così faticosamente conquistati, come accade quotidianamente a tutti noi e per importi decisamente inferiori. In attesa e nella speranza che il Governo studi una normativa ad hoc, la nuova frontiera pare essere San Marino, che avrebbe predisposto per gli sportivi un regime fiscale super agevolato e dove gli affitti sono sensibilmente inferiori rispetto ad esempio a Monaco.

Ma non sarebbe meglio se nei momenti di stanca, di riposo o scarsa serenità, svegliandosi la mattina, il corridore si trovasse accanto la sua famiglia, gli amici e le voci di sempre? E’ solo per caso che Nibali per due volte, ricollegandosi con la grande storia che lo ha reso campione, abbia avuto bisogno della Sicilia per ritrovare se stesso?

Tre Valli Varesine, una storia lunga 100 anni

03.10.2021
5 min
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Con l’edizione di martedì, la Tre Valli Varesine entra nel novero delle gare ultracentenarie, un club ancora abbastanza ristretto pur considerando l’enorme quantità di corse che si disputano in tutto il mondo. Sin dal 1919 era abitudine per gli appassionati affrontare una classica disegnata fra le tre principali valli del territorio: Valcuvia, Valganna e Valtravaglia.

Per tre volte la gara non è stata disputata: nel 1943 e ’44 quando gli eventi bellici post Armistizio dell’8 settembre resero impossibile l’allestimento della corsa e proprio lo scorso anno, in piena diffusione del Covid. E’ vero, molte gare d’inizio autunno 2020 andarono in scena, buona parte recuperi della prima parte dell’anno (Giro d’Italia in primis). Trovare una data utile non era semplice, ma d’altro canto a Varese, in quei tristi giorni, c’era altro a cui pensare. L’ultima volta, nel 2019, vinse dunque Primoz Roglic e al via c’erano Vincenzo Nibali in maglia Bahrain, Alejandro Valverde campione di Spagna, Davide Formolo col tricolore e Mads Pedersen, fresco di iride ad Harrogate (foto di apertura).

Paradossalmente, l’ultimo terribile virus è riuscito dove non arrivò l’influenza spagnola, in rapida diffusione in tutto il mondo proprio negli anni della nascita della Tre Valli, ma è anche vero che il mondo del ciclismo di allora era molto diverso, frequentato da pochi appassionati e soprattutto decisamente “no global”. Basti pensare che per trovare un vincitore straniero della corsa lombarda bisognerà attendere fino al 1957, quando a trionfare fu il belga Germain Derycke.

Tre Valli percorso 2021
Il percorso della Tre Valli Varesine, oltre 197 chilometri che promettono scintille: questa l’altimetria del tratto in linea
Tre Valli percorso 2021
Il percorso della Tre Valli Varesine, oltre 197 chilometri che promettono scintille: questa l’altimetria del tratto in linea

Da Bestetti a Roglic, sempre spettacolo

Chi pensa, considerando l’aspetto geografico della provincia varesina, a una corsa piatta e lunga attesa dello sprint a ranghi compatti si sbaglia di grosso. Nel corso della sua storia la Tre Valli ha sempre saputo regalare spettacolo ed emozioni. E’ praticamente impossibile considerare in anticipo la soluzione della corsa, sin dalla sua edizione inaugurale andata a Pierino Bestetti.

Ripercorrendo in un rapido viaggio 100 anni di corsa, tornano in mente il primo successo di Bartali nel ’38 al termine di una fuga a 4. Poi la vittoria di Fausto Coppi dieci anni dopo proprio su Bartali in uno sprint a 9; ancora Coppi nel ’55, unica edizione dove la Tre Valli venne trasformata in una cronometro individuale lunga ben 100 chilometri.

Dal 2017 è un feudo straniero

Venendo a tempi più recenti, due campioni hanno contraddistinto la Tre Valli ottenendo il record di vittorie, ben 4. Gianni Motta ne siglò 3 di fila, dal 1965 al ’67 con l’aggiunta del 1970. Giuseppe Saronni vince nel ’77, ’79 e ’80 e poi nel 1988. Dei campioni attuali, Vincenzo Nibali firmò l’edizione del 2015 con un’azione delle sue, anticipando il gruppo di 8”. Una tattica abbastanza simile a quella dello sloveno Primoz Roglic, campione uscente che nel 2019 ha preceduto di 3” la volata dei “superstiti” vinta da Giovanni Visconti.

Va detto che anche se la Tre Valli resta un feudo nazionale con 86 vittorie azzurre contro sole 13 straniere, è dal 2017 che manca un successo italiano: in quell’anno vinse il francese Alexandre Geniez, l’anno dopo il lettone Tom Skuijns, in entrambi i casi precedendo l’altro transalpino Thibaut Pinot che nel finale di stagione è solito tirare fuori dal cilindro sempre qualcosa di buono.

Roglic Tre Valli 2019
La stoccata da campione di Primoz Roglic nel 2019: chi sarà il suo erede?
Roglic Tre Valli 2019
La stoccata da campione di Primoz Roglic nel 2019: chi sarà il suo erede?

La grande novità del 2021

Fino al secolo scorso, la Tre Valli insieme alle altre classiche del Trittico Lombardo (Coppa Agostoni e Coppa Bernocchi) era la fase decisiva per la preparazione azzurra verso i Mondiali, poi i calendari sono stati rimodellati e ora chi corre a Varese pensa al Lombardia come culmine della fase stagionale, mettendo in gioco le residue energie a disposizione.

Intanto però la Tre Valli Varesine sta cambiando pelle negli ultimi anni, diventando un brand che si rivolge al mondo del ciclismo nel suo insieme: la Piccola Tre Valli Varesine, gara per Under 23 esiste da ben 44 anni, ben più recente è la Granfondo per amatori che ha festeggiato i 5 anni proprio oggi, mentre la novità del 2021 è la nascita della prova femminile, abbinata a quella dei professionisti. Il pacchetto di proposte della Sc Alfredo Binda è sempre più ampio.

Il giorno che Vincenzo per vincere ritornò bambino

Giada Gambino
02.10.2021
4 min
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E’ concentrato lo sguardo che si intravede dietro gli occhiali. Vincenzo respira profondamente e scruta i suoi compagni di fuga in attesa del giusto segnale. Il ritmo è alto, la strada sale, i battiti del cuore aumentano e piccole gocce di sudore si formano sulla pelle.

«Non conosco questa parte di salita  – pensa – ma è dura, è ideale per un attacco da lontano». 

Con Pallini, commosso anche lui, andando verso il podio
Con Pallini, commosso anche lui, andando verso il podio

Il passo diminuisce, gli occhi di Nibali si infuocano… è arrivato il momento

Non esita, non si volta, scatta, come uno squalo quando vede da lontano la sua preda. Inizia a guadagnare terreno, metri, secondi. Bardet prova a inseguirlo con dietro Valverde, Covi, Fortunato e De la Cruz, ma invano. Quando la strada sale e l’adrenalina scorre in tutto il corpo, non si sente alcuna fatica. Mancano 22 chilometri al traguardo.

«Vai Enzo!», sente a bordo strada, riconosce la voce: è quella di suo cugino. Si sente a casa, protetto e diventa, così, inarrestabile. Spinge sui pedali sempre più forte, più deciso, più agile.

Dall’ammiraglia lo avvertono del suo vantaggio, Vincenzo inizia a crederci di più e come un pittore che dipinge con linee morbide ma decise, il siciliano affronta la discesa che conosce molto bene. Le strade di Mascali sono proprio quelle dove da ragazzino si allenava.

Un’azione solitaria come non si vedeva da tempo per ritrovare lo Squalo
Un’azione solitaria come non si vedeva da tempo per ritrovare lo Squalo

Prende la borraccia a cui è attaccato un gel, ma non serve, la maestosità dell’Etna gli infonde grande energia; un’esplosione inarrestabile che ci regala un’immagine sublime. Si volta leggermente indietro… ed è un attimo, pensa a questi ultimi due anni, alle tante cadute, ai sacrifici e alle critiche che adesso lascia lungo la strada alle sue spalle.

«Non sono stati due anni facili. Tanti imprevisti hanno influito su quello che mi aspettavo di poter fare. La pandemia, la frattura, qualche problema fisico di troppo a cui non ero abituato. Mi sono ritrovato quasi sempre a rincorrere la condizione migliore. Moralmente, non era una situazione facile da affrontare. Non mi è mai mancata voglia, impegno o serietà. In alcuni momenti mi è mancata la serenità».

Anche il fratello Antonio esulta sul traguardo. I due si separeranno a fine stagione
Anche il fratello Antonio esulta sul traguardo. I due si separeranno a fine stagione

Mancano pochi chilometri, è lanciato verso quello che non è un semplice traguardo: è la sua preda, il suo riscatto, la sua felicità. Non è un arrivo, è un nuovo inizio!

Così, spinto dall’entusiasmo della folla, della sua gente, vede l’ultimo chilometro che affronta tutto d’un fiato. Arriva al traguardo, alza le braccia al cielo dopo due lunghi anni e, per un attimo, si sente nuovamente bambino. D’altronde non aveva mai vinto da professionista in Sicilia.

«Questa vittoria significa molto, in un contesto unico, forse, il migliore».

Inevitabilmente si lascia trasportare dalle emozioni, piange. I tifosi urlano il suo nome ma lo Squalo è come se fosse in una bolla, non sente nulla se non il cuore in gola e le lacrime scendere lungo il viso.

Nibali-Valverde: la storia del ciclismo. E un giovane come Covi che mastica amaro
Nibali-Valverde: la storia del ciclismo. E un giovane come Covi che mastica amaro

«Tanti di quelli che mi conoscono bene mi hanno detto che era tanto tempo che non mi vedevano così commosso. Ed è vero. Ho vinto sulle mie strade di casa, quelle dove sono cresciuto. E l’ho fatto davanti alla mia gente, i miei amici di una vita».

«Ohh !!» un urlo rompe la bolla, il fratello Antonio lo strattona, Vincenzo si volta, sorride, lo abbraccia aggiungendo a questo quadro gli ultimi colori: rosso e giallo, quelli della maglia che poco più tardi illuminerà il volto di Vincenzo Nibali sul podio davanti Valverde e Covi. 

Un pensiero per Luca Guercilena. Poi l’ultima tappa e il Giro di Sicilia sono suoi!

“Martino” e quel fiocco su una bella storia… (da scrivere ancora)

01.10.2021
5 min
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Ci risiamo! Dopo cinque anni Giuseppe Martinelli e Vincenzo Nibali tornano insieme. La scorsa settimana è stata ufficializzata la notizia che era nell’aria già da un po’ e che Vinokourov ci aveva dato per fatta già in agosto. Ma si sa come vanno certe cose: fino a che non c’è la firma… tutto tace. E qualche settimana fa lo stesso “Martino” ci disse di aspettare. Chissà magari anche per un po’ di scaramanzia.

Martinelli e Nibali insieme hanno vinto (tra le altre): due Giri, un Tour, un Lombardia, una Tirreno…
Martinelli e Nibali insieme hanno vinto (tra le altre): due Giri, un Tour, un Lombardia, una Tirreno…
Martino, torna Nibali. Come è andata? Come è nata l’idea del suo ritorno?

E’ stato quasi fortuito. Eravamo alla Tirreno, prima del tappone, i nostri bus non erano lontani. Lui è sceso per andare al foglio firma e io gli ho detto: ohi, quando torni indietro fermati qui. Una battuta come tante. Vincenzo invece si è fermato per davvero. Con me c’è era anche Federico Borselli (autista dell’Astana, ndr) e gli abbiamo detto: dai torna qui. E lui: okay, ci penserò. Sono quelle cose che hanno un qualcosa di bello.

Quindi primi contatti alla Tirreno e poi?

E poi abbiamo iniziato a parlarne un po’ di più al Giro, ma fino a che c’è stato il trambusto su Vinokourov sì, Vinokourov no…. Poi le cose sono cambiate e abbiamo insistito di più. Ma al di là di Vino, l’idea è piaciuta a tutti e questo ha agevolato il suo ritorno. E anche Vino l’ha presa nel mondo giusto.

Cioè?

Non penso che Nibali venga per vincere il Giro o il Tour, ma perché lui stesso ha piacere di venire e perché è una figura che vogliamo. E’ bello che abbia voglia di tornare nel team che lo ha consacrato campione. Sono storie belle che ti gratificano. Qui conosce tutti. Ci sono tutti coloro che lo hanno accompagnato nei successi: da Borselli a Zanini, da Tosello a Vinokourov… E poi ricordiamo che lui andò via non per andare in un’altra squadra, ma per un progetto. Perché la Bahrain era un progetto creato intorno a Nibali.

L’Astana in azione in quel Lombardia evocato da Martino. Rosa e Landa a tirare per Nibali
L’Astana in azione in quel Lombardia evocato da Martino. Rosa e Landa a tirare per Nibali
Qual è il ricordo più caro che hai? La vittoria più bella?

Facile dire Giro o Tour, ma per me la più bella è stata il Giro di Lombardia (del 2015, ndr). Quella corsa l’abbiamo voluta vincere. Quel giorno tutti quanti abbiamo lavorato in un senso. E per me ha un fascino quella giornata… sarà poi che è l’ultima di stagione e la vittoria ti consente di andare incontro all’inverno con serenità. Sì, me la sono proprio goduta.

Martino, Vincenzo è un grande campione ma bisogna anche essere realisti: non è più un ragazzino, tanto più in un ciclismo sempre più a trazione giovanile. Cosa può fare ancora?

Ho detto più volte a Vino che se è arrivato il merito è il suo, perché alla fine è stato fatto un investimento. Significa che quindi ci crede. E Vino mi ha risposto che Vincenzo ci avrebbe fatto tornare ad essere l’Astana di una volta. Una squadra di grandi campioni, con tutto il rispetto per i presenti, perché Fuglsang è un campione. Ma io dico come quando avevamo Contador. E questa mancanza l’abbiamo sentita. Cosa ci può dare dunque: qualità e compattezza di squadra. E da qui possiamo costruire dell’altro e dietro lui può nascere qualcosa di buono.

Sarà quindi il capitano chioccia…

Io sono convinto che può dare ancora molto sia all’Italia che all’Astana. Io credo che se Vincenzo va alla partenza delle gare con la serenità di chi non ha l’obbligo di vincere, può davvero inventarsi qualcosa com’è nelle sue corde, tanto più con alle spalle una squadra che crede compatta in lui. E da un presupposto di fiducia simile, conoscendolo, dico che Vincenzo tira fuori qualcosa di buono. Magari si va ad una Tirreno o ad una Parigi-Nizza non so non dico per puntare alla classifica ma magari per fare delle belle azioni nelle frazioni più dure o spettacolari e magari vincere. E in una situazione così avere Nibali con noi è un valore aggiunto.

In Sicilia visto un Nibali in buona condizione e sorridente. Risolta la soluzione del contratto magari è più sereno
In Sicilia visto un Nibali in buona condizione e sorridente. Risolta la soluzione del contratto magari è più sereno
Quanto è cambiato caratterialmente Nibali?

Io ho passato con lui quattro anni nei quali c’è stata tanta serenità e nessuno screzio. E’ diventato un uomo, ma per me il suo carattere non è per nulla cambiato. Guardate anche l’azione dell’altro ieri per Moschetti al Giro di Sicilia. Si è messo a tirare per un compagno. Se non hai un carattere buono quelle cose non le fai. Almeno dai primi incontri telefonici posso dire che non è cambiato. Si è sempre mostrato pronto al dialogo, disponibile. Quando c’è da prendere un campione non si tratta solo con lui e su ogni aspetto contrattuale da limare Vincenzo si è reso disponibile.

Chi lo allenerà, Martino?

Maurizio Mazzoleni – risponde secco il diesse bresciano – chiunque arriva in Astana è seguito dal nostro staff. Vincenzo sarà preparato dal nostro capo allenatori.

Quando nell’inverno del 2013 L’Astana prese Nibali gli scenari e le aspettative erano diverse, chiaramente. Lo Squalo era lanciato all’apice della sua carriera e si aveva la consapevolezza di “spaccare il mondo” vincendo tutto o quasi come di fatto è andata. Adesso le cose sono differenti, ma la posta in palio non è certo meno intrigante, specialmente per i tanti tifosi che ha Nibali.

«Per me – aggiunge a fine intervista spontaneamente un motivatissimo Martinelli – è il fiocco di una bella storia, lo ripeto. Tipo quando Baggio tornò al Brescia… Quei grandi campioni che ritornano dove li porta il cuore, dove sei stato bene».

Martinelli su Aru: «Una sorpresa, ma ci ha pensato a lungo»

05.09.2021
5 min
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Martino è al Benelux Tour e giusto stamattina, andando alla partenza parlava col suo meccanico di quanto sia strano pensare che oggi Fabio Aru chiuderà la carriera. Il sardo è stato uno dei suoi ragazzi, come prima di lui lo furono Pantani, Cunego, in parte Simoni e in parte Nibali. Grandi campioni che fidandosi di lui e stando alle sue regole hanno ottenuto grandi risultati. E poi, per motivi che si somigliano sempre, hanno cambiato strada. Martino, al secolo Martinelli Giuseppe da Rovato, pensando ad Aru usa il termine “sorpresa” e a ben vedere la reazione davanti alla decisione di smettere dopo il ritorno ai piani alti è stata la stessa in tutti noi.

«Lo avevo incontrato prima dell’inverno – racconta – quando ancora non sapeva dove avrebbe corso. Nonostante l’incertezza, sembrava sul pezzo. Veniva da due stagioni non facili, eppure voleva ripartire. Poi l’ho visto a Burgos ed è andato indubbiamente bene, perché non si arriva secondo lì per caso. Per cui è proprio il caso di dire che la decisione mi ha sorpreso. Però conoscendolo, non ci è arrivato per un colpo di testa. Deve averlo meditato a lungo. E magari ha aspettato un risultato positivo per essere in pace con se stesso».

Oggi Fabio Aru chiuderà la sua carriera a Santiago de Compostela: l’annuncio a sorpresa dopo la Vuelta Burgos
Oggi Fabio Aru chiuderà la sua carriera a Santiago de Compostela: l’annuncio a sorpresa dopo la Vuelta Burgos

Martino è un fine conoscitore di uomini e anche se spesso se ne sta sulle sue, quando parla non è mai banale. A volte risulta scomodo, perché per abitudine va dritto ed è poco propenso al compromesso. Ma tant’è, non pensiamo che cambierà dopo 35 anni di carriera da direttore sportivo e lui peraltro non ne ha la minima intenzione.

A un certo punto Fabio se ne andò dall’Astana…

L’ho detto più di una volta ad altri giornalisti. Se ne è andato sbattendo un po’ la porta. Noi abbiamo fatto di tutto per tenerlo, ma evidentemente ha fatto una scelta di carriera e non di soldi, perché quelli li avrebbe presi anche qui. Magari non gli stessi, ma comunque tanti. Forse pensava di trovare qualcosa che qui non aveva, ma a me è dispiaciuto. Perché con me è nato. Ha vinto la Vuelta e ha fatto un secondo e un terzo al Giro. Ha vinto un italiano e ha preso la maglia gialla del Tour…

Che cosa cercava?

Magari ha pensato che qui in Astana qualcosa non funzionasse. Il rapporto con me era buono, ma ci siamo anche presi. Sono esigente. Se devo dire una cosa, non sto zitto. Forse voleva un altro Martino o uno meglio di me. Un po’ mi dispiaceva vederlo in difficoltà, ma non l’ho mai chiamato per rincuorarlo. Lui era là, io ero di qua. Sono fatto così, ho il mio carattere.

Nel 2015 dopo il podio del Giro, arriva la vittoria della Vuelta. Il ritiro è una vera sorpresa
Nel 2015 dopo il podio del Giro, arriva la vittoria della Vuelta. Il ritiro è una vera sorpresa
Proprio il carattere si diceva fosse un suo limite, molto cocciuto. Molto sardo…

Aveva il suo “io” nel dna. Ci scontravamo su cose che lui pensava fossero o dovessero andare in un certo modo, mentre io gli dicevo che non era così. Si poneva con convinzioni che alla fine lo condizionavano, senza ascoltare che magari le cose potessero essere diverse. Il suo inizio di carriera è stato tutto bello, ma abbiamo discusso. A spiegargli che se fai ciclismo al 100 per cento, poi ti torna tutto indietro. Se non fai il massimo, soprattutto oggi, non vinci più.

E adesso smette…

E la parola resta “sorpresa”.

Lo scorso anno si disse che sarebbe potuto tornare, ma non si fece. Ora pare che torni Nibali: che differenza c’è fra i due possibili ritorni?

Come Giuseppe Martinelli, Fabio lo avrei anche preso, ma non so quanto sarebbe stata una cosa buona per entrambi. Quello di Vincenzo invece è il ritorno dell’atleta più importante che abbiamo avuto nella nostra storia di squadra, che vuole rivedere le stesse facce di quando tutto riusciva bene. Che vuole stare bene, ma non perché non stia bene dov’è ora. E’ venuto perché il binomio Nibali-Astana è stato vincente.

Primo anno in Astana, il 2013, e per Nibali arriva il Giro d’Italia
Primo anno in Astana, il 2013, e per Nibali arriva il Giro d’Italia
Perché vanno via se stanno così bene? Ieri se ne parlava con Cataldo, è per i soldi, per cambiare aria, per gli stimoli?

C’è tutto questo. Perché l’erba del vicino è più verde. Per trovare qualcosa di diverso. Per guadagnare di più… E per i procuratori, che spesso e volentieri manipolano il modo di pensare dei corridori e li portano a fare ragionamenti che non sarebbero i loro. La sintonia fra procuratore e atleta è spesso superiore a quella fra tecnico e atleta. Noi sappiamo che la forza del corridore è nella testa, nel corpo e nelle gambe, ma se la testa va in una direzione diversa, è difficile poi riprenderlo. Sapete quante volte ho detto a Cataldo che se voleva ancora correre doveva restare qui?

E lui cosa diceva?

Ha la compagna spagnola, ho pensato che andasse alla Movistar per chiudere la carriera. Forse pensava che là sarebbe rimasto tranquillo, perché una cosa è certa: qua si corre sempre per vincere. Ti sembra di stare male perché c’è tensione. E’ difficile dire a un corridore che ha fatto il Tour di prepararsi per la Vuelta, ma questa è anche la squadra in cui puoi parlare ed essere ascoltato. E’ un’abitudine che ho sempre portato con me. A volte va bene, a volte vai a rompere. E per questo a volte se ne vanno…