Prima maglia gialla, la verde e i ventagli: inizia il Tour di Milan

04.07.2025
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Il primo italiano a indossare la maglia gialla fu Vincenzo Borgarelli nel 1912: oltre un secolo fa. L’ultimo è stato Giulio Ciccone nel 2019. Successivamente non ci sono state tante occasioni perché un altro ci riuscisse, per questo la prima tappa del Tour a Lille rappresenta un’occasione da non perdere. Jonathan Milan lo sa. Ha studiato il tracciato della gara ed è tornato a farlo anche ieri, prima di schierarsi alla presentazione delle squadre.

Il primo Tour è un’emozione. E anche se il friulano della Lidl-Trek è ormai abituato a calcare palcoscenici anche più importanti come quelli olimpici, di certo al fascino della Grande Boucle non resta indifferente. E così si racconta, a metà fra il tecnico e il sentimentale. Milan è allegro, passa agevolmente dall’inglese all’italiano.

La presentazione delle squadre si è svolta ieri nel cuore di Lille, davanti a una folla notevole (foto A.S.O./Aurélien Vialatte)
La presentazione delle squadre si è svolta ieri nel cuore di Lille, davanti a una folla notevole (foto A.S.O./Aurélien Vialatte)
Due anni fa il debutto al Giro fu fonte di parecchia emozione: come si arriva al Tour?

Quel debutto fu qualcosa di indimenticabile, anche per come andò. Mi sto avvicinando al Tour come al Giro dello scorso anno, con più consapevolezza. So che la condizione è buona, il team è ottimo e tutto ciò mi tranquillizza. Vedremo come andrà domani, cerchiamo di dare il massimo. C’è questa grandissima possibilità di indossare la maglia gialla il primo giorno, ma bisogna stare attenti al percorso. Nei chilometri precedenti l’arrivo, potrebbe esserci un po’ di vento e si potrebbero formare dei ventagli. Qualcuno ci proverà. Insomma, la prendo come qualsiasi altra gara.

Cosa rappresenta per te il Tour de France?

Il Tour era una di quelle corse che guardavo durante l’estate, quando ero piccolo, sul divano con i miei genitori. Una corsa che ho sempre sognato e il fatto di essere qua è molto bello. Pochi anni fa ero molto tifoso di Peter (Sagan, ndr), mi ricordo le sue imprese ed essere qui anche io mi fa pensare che il lavoro ha funzionato.

Ecco, il lavoro. E’ stata una preparazione impegnativa? E cosa puoi dire del passaggio al Delfinato?

In realtà non me la sento di dire che sia stata particolarmente dura. Abbiamo lavorato molto e il Delfinato è stato molto, molto impegnativo: devo ammetterlo. Ho sofferto tanto sulle salite. Però poi, una volta rientrati a casa, ho iniziato subito a sentirmi un po’ meglio, a fare dei buoni valori anche per quanto riguarda lo sprint e gli altri lavori e le sensazioni sono iniziate a crescere. Insomma, mi sento pronto. Credo di aver fatto una preparazione ottima.

In giallo al delfinato, Milan saluta Van der Poel in verde: al Tour i due colori sono entrambi nel suo mirino
In giallo al delfinato, Milan saluta Van der Poel in verde: al Tour i due colori sono entrambi nel suo mirino
Sei passato in Friuli, dicevi, dove l’attesa per il tuo debutto al Tour è notevole: te ne sei reso conto?

E’ un grande supporto. Ho passato un po’ di giorni a casa, ho avuto la bellissima emozione di correre i campionati italiani quasi sulle strade di casa e mi sono reso conto dell’attesa per la grande partenza. Questa cosa mi dà energia in più.

Hai sofferto sulle salite del Delfinato, sai qualcosa di quelle del Tour? E quante sono le tappe in cui si potrebbe arrivare in volata?

Per quanto riguarda le salite, ne conosco ben poche. Di sicuro non sono uno che va a provarle. Abbiamo fatto qualche recon, ma per i percorsi che mi si addicono. Per cui già parecchio tempo fa siamo andati a vedere la tappa di domani. Abbiamo provato gli ultimi 90 chilometri, abbiamo visto bene il finale e anche ieri abbiamo ripassato gli ultimi 20 chilometri. Gli arrivi in volata dovrebbero essere sei, ma si spera di poterne tirare fuori anche qualcuno in più. Posso dire che ogni giorno in ritiro guardavamo i video degli ultimi 15-20 chilometri di ogni tappa. Insomma, sappiamo come sono fatti gli arrivi, più o meno li abbiamo in testa.

La maglia verde può essere un tuo obiettivo?

E’ certamente un obiettivo, però sarà semmai la conseguenza dei buoni risultati. Vedremo con il passare delle tappe se potrà essere un obiettivo concreto.

E’ un peccato che la tappa di Parigi non sia più il classico volatone dei Campi Elisi? 

Mi spiace molto. Era una volata sicura, invece lo strappetto di Montmartre renderà tutto un po’ più interessante, ma meno alla portata dei velocisti. Ho parlato con Stuyven, che l’ha fatto l’anno scorso alle Olimpiadi. Mi ha detto che già con 90 corridori, la gara era abbastanza nervosetta. Immagino che fra tre settimane sarà anche più pericolosa, perché la strada è piccola e con 150 corridori a fine Tour ci sarà anche più tensione. Ci saranno sicuramente molti attacchi, sarà imprevedibile e penso che noi velocisti cercheremo di tenere la corsa più chiusa possibile e poi vedremo come andrà.

Milan ha chiuso il tricolore di Gorizia al settimo posto. Qui è con Velasco e Vendrame
Milan ha chiuso il tricolore di Gorizia al settimo posto. Qui è con Velasco
Al Delfinato abbiamo visto vari cambiamenti di ruolo nel tuo treno: sono soluzioni che si provano o si improvvisano?

Avete visto bene, sono cose che proviamo molto in allenamento. Cerchiamo di cambiare i ruoli ed è qualcosa che caratterizza il nostro treno. Se qualcuno sta male oppure ha avuto un problema deve potersi scambiare con chi sta meglio. Al Delfinato è successo che Simone (Consonni, ndr) aveva già fatto un grandissimo lavoro per riportarmi in gruppo e ha detto semplicemente di aver speso tanto. Così si è scambiato con Theuns, andando a fare il terzultimo uomo e curando il posizionamento per l’ultimo chilometro. Penso che questo sia un valore aggiunto per il mio gruppo.

Hai anche detto che ti è piaciuto aver corso il campionato italiano in Friuli: che cosa ti è parso della vittoria di Conca e di come è andata a finire?

Personalmente sono contento della mia performance. E’ stato un italiano difficile da gestire perché eravamo solamente in tre alla partenza (con Milan c’erano Consonni e Mosca, ndr). In ogni caso, Jacopo ha fatto un grandissimo lavoro, mi hanno supportato molto bene. Abbiamo cercato di fare il massimo, ma bisogna dire che c’è stato qualcun altro che ha fatto meglio di noi. Quando si vince, non è mai per caso. Questo lo dico sempre.

I velocisti al Tour? Per Malucelli è una lotta a tre

03.07.2025
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«Jonathan Milan, Jasper Philipsen e Tim Merlier – ci dice Matteo Malucelli appena accenniamo all’argomento della chiamata – sono i tre velocisti più forti al Tour de France. Le sette volate previste se le spartiranno loro».

La Grande Boucle, che partirà da Lille sabato 5 luglio, non sarà solamente l’ennesimo banco di sfida tra Tadej Pogacar e Jonas Vingegaard. Il Tour de France è la corsa a tappe più importante al mondo e di conseguenza diventa il palcoscenico sul quale ammirare i migliori ciclisti al mondo, qualsiasi siano le loro caratteristiche tecniche. 

secondo Malucelli la vittoria di tappa del Delfinato è un segnale molto positivo per Milan
secondo Malucelli la vittoria di tappa del Delfinato è un segnale molto positivo per Milan

Milan e la forza del team

Partiamo parlando di Jonathan Milan. Il velocista della Lidl-Trek arriva al Tour de France per la prima volta nella sua carriera. Un avvicinamento curato nei minimi dettagli e forte delle buone risposte arrivate dal Giro del Delfinato. Malucelli e Milan si sono incrociati al campionato italiano: vero che lui come tutti gli altri si è fatto mettere nel sacco da Conca e dalla Swatt Club, ma i segnali visti sono positivi. 

«Milan sta andando fortissimo – prosegue Malucelli – al Delfinato non è arrivato in una super condizione e ha fatto fatica. Però è stato giusto così, in una gara del genere non devi presentarti al 100 per cento. Anzi, meglio arrivare con qualcosa da migliorare. In altura ha lavorato tanto quindi ha perso qualcosa nello sprint secco e una corsa come il Giro del Delfinato serve per ritrovare la giusta brillantezza. Ha vinto una tappa e questo è un ottimo segnale. Vero che nella quinta è stato battuto, però dopo tanti chilometri e molti metri di dislivello ci sta. Domenica l’ho visto in azione all’italiano, dopo 230 chilometri aveva ancora gambe e stava molto bene».

«Se avesse avuto la squadra – dice ancora – avrebbe vinto il campionato italiano. Al Tour, Milan si presenta con la formazione più forte: Theuns, Stuyven e Consonni sono affiatati e lavorano benissimo insieme».

Merlier ha dimostrato di poter battere Milan anche in rimonta, come fatto al UAE Tour e alla Gent-Wevelgem
Merlier ha dimostrato di poter battere Milan anche in rimonta, come fatto al UAE Tour e alla Gent-Wevelgem

Merlier, il più forte

Tim Merlier sarà l’uomo veloce della Soudal Quick-Step. La formazione belga si schiererà però a favore di Remco Evenepoel con l’intento di lottare per la classifica generale. Il campione europeo in carica e il nostro Milan si sono scontrati poche volte quest’anno spartendosi però le vittorie in palio. 

«Penso che Merlier – racconta Malucelli – sia il più forte dei tre nomi citati. Lo confermano i numeri e la maglia di campione europeo che porta addosso. Tuttavia al Tour si presenta con una squadra votata ad altri obiettivi. Per vincere dovrà correre sulla ruota di Milan e del treno della Lidl-Trek, facile a dirsi ma molto più difficile a farsi. Tutti vorranno incollarsi al team più forte, anche lo stesso Philipsen.

«L’unico che può battere Milan in un testa a testa è Merlier. Il belga ha la forza per superare Jonathan anche quando è lanciato alla massima velocità. lo ha dimostrato diverse volte. Però senza il supporto dei compagni è difficile arrivare posizionati bene in una volata del Tour de France. Alla lunga questo fattore potrebbe incidere». 

Philipsen e il fattore VDP

Il terzo nome fatto da Matteo Malucelli è quello di Jasper Philipsen, l’unico dei tre ad aver vinto la maglia verde al Tour de France (era il 2023, ndr) e uno sprinter forte. Tuttavia questa stagione non ha sorriso molto al belga della Alpecin-Decuninck che ha conquistato due sole vittorie fino ad adesso. 

«Sicuramente la caduta alla Nokere Koerse – analizza “Malu” – non gli ha fatto bene e ha compromesso la Sanremo e le prime Classiche e semi classiche di primavera. Poi ha raccolto qualcosa, ma non ha brillato. Lui però è uno che al Tour ci arriva sempre pronto e i risultati del Baloise Belgium Tour e del campionato nazionale testimoniano una buona condizione. Lo metto comunque un attimo sotto gli altri due, però dalla sua parte gioca il fattore Van Der Poel. Quando il tuo ultimo uomo è un corridore del genere hai un qualcosa dalla tua parte che gli altri difficilmente possono avere.

«A livello tecnico – conclude Malucelli – Philipsen non ha la forza per superare Milan una volta lanciato, deve sorprenderlo. Lo può fare in un modo solo, a mio avviso, ovvero mettendosi alla ruota di Van Der Poel alle spalle del treno della Lidl-Trek. Ai 300 metri dal traguardo VDP apre il gas e anticipa, in questo modo Milan deve uscire allo scoperto e prendere vento. Ai 150 metri Philipsen lancia la volata e rimane in testa».

Malucelli ha escluso altri velocisti dalla lotta per gli sprint, anche il vincitore della maglia verde lo scorso anno Biniam Girmay
Malucelli ha escluso altri velocisti dalla lotta per gli sprint, anche il vincitore della maglia verde lo scorso anno Biniam Girmay

Tutto equilibrato

«La cosa bella – dice infine Malucelli – è che tutti e tre sono molto forti ma non c’è il velocista capace di annientare la concorrenza. Tutti hanno delle caratteristiche di forza e delle “debolezze” che gli altri possono sfruttare. Non vedo l’ora di guardarli in azione. E a Parigi per me si arriva in volata! E’ una regola non scritta del Tour». 

Una nuova posizione da crono per Pogacar? Cerchiamo di capire

28.06.2025
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La posizione attuale di Pogacar sulla bici da crono è davvero redditizia? E’ un quesito che ci siamo posti dopo la tappa contro il tempo del Giro del Delfinato, al di la del risultato conseguito dal fuoriclasse sloveno.

La sensazione è quella di un corridore che ha estremizzato ulteriormente il setting sulla bici da crono, a favore dell’aerodinamica, ma sacrificando in parte il comfort. Vediamo se il nostro approccio può essere fondato e se sì, quali potrebbero essere le motivazioni, i vantaggi e gli svantaggi. Per farlo abbiamo approfondito l’argomento con l’Ingegnere Alessandro Colò di Body frame.

Nella prima crono del 2025 negli Emirati Arabi si già si è notato qualcosa in termini di posizione avanzata
Nella prima crono del 2025 negli Emirati Arabi si già si è notato qualcosa in termini di posizione avanzata
Alessandro, rispetto all’anno passato, Pogacar può avere un setting biomeccanico differente? Ti sei fatto un’idea?

Sicuramente Pogacar ha cambiato diverse cose nella sua posizione da crono. Ha i gomiti più arretrati, le protesi più angolate verso l’alto e di conseguenza le mani più vicine al viso. E’ decisamente più raccolto rispetto al 2024 ed il bacino è molto più vicino al manubrio.

Alessandro Colò nello studio Body Frame di La Spezia
Alessandro Colò nello studio Body Frame di La Spezia
Quale può essere il motivo?

Hanno cercato di estremizzare il setting aerodinamico in posizione da crono. Se dovessimo tracciare una linea dalla sua spalla, verso la ruota anteriore della bici si noterebbe ancora di più, anche lo spostamento del gomito verso il retro. Il rovescio della medaglia è che un setting del generare crea instabilità e perdita di prontezza nella guida.

Avere a disposizione anche una bici aero concept, la Y1Rs, ha influito sul setting da crono?

Direi di no. La bici da crono e quella per le gare in linea hanno due percorsi indipendenti. La posizione su una bici da crono non è mai comoda ed è una sorta di compromesso tra la migliore efficienza, la penetrazione aerodinamica ottimale e l’effettiva resa su strada. E poi ci sono le regole UCI da rispettare e sono piuttosto stringenti. Pogacar rientra in una categoria 1.

Cosa significa?

Pogacar è alto meno di 1 metro e 80, 1,76 per essere precisi. Per essere a norma nella sua categoria si prendono una serie di valori numerici relativi alle proporzioni. Ad esempio la distanza orizzontale che va dalla perpendicolare del movimento centrale alla punta delle appendici non può oltrepassare gli 80 centimetri.

Alla Roubaix il cambio bici e due selle diverse, una customizzata, l’altra standard
Alla Roubaix il cambio bici e due selle diverse, una customizzata, l’altra standard
La sella rientra nel cambio di setting?

Il passaggio da Prologo a Fizik è prima di tutto un discorso commerciale, ma è pur vero che il modello di Fizik che utilizza Pogacar, una Argo Adaptive personalizzata, ha una forma diversa rispetto alla Prologo che ha usato fino al 2024. La nuova Fizik gli permette di essere ancora più avanzato, la cosa si nota maggiormente sulla V5Rs e sulla Y1Rs, meno sulla crono, dove, come detto in precedenza le regole da rispettare sono perentorie.

La disposizione delle frazioni a crono del Tour può avere un risvolto nelle scelte tecniche della bici?

A mio parere sì. Perché ci sarà una crono di 33 chilometri, nella tappa numero 5. Poi una crono-scalata, alla frazione numero 13, di soli 11 chilometri, dove si potrebbe anche limitare l’impiego della bici da cronometro. L’approccio è completamente diverso rispetto al Tour del 2024, dove le due crono erano più lunghe, impegnative e dove il dettaglio più piccolo poteva fare una grande differenza. In questo caso invece, facendo un ragionamento sommario, i corridori, dopo la crono di 33 chilometri potrebbero anche dimenticare la bici specifica.

Al Delfinato ha sperimentato quindi?

Da un corridore del genere ci si può aspettare anche una sorta di test in gara. Magari una sorta di esperimento adottando soluzioni differenti rispetto al passato.

A prescindere da tutto, può aver perso un po’ di attitudine sulla bici da crono, visto una primavera incentrata sulle classiche? Lui stesso ha detto di voler fare qualcosa di più in allenamento a crono…

Le gare contro il tempo nelle quali si è cimentato sono state solo due. Sono una piccolissima parte di un puzzle che include tantissime prove ed allenamenti. Rispetto a quanto visto al Delfinato sono convinto che cambierà qualcosa, lo vedremo presto.

E il Ballero? E’ pronto graffiare… già da domani

28.06.2025
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Dopo il lungo stop imposto dalla caduta alla Parigi-Roubaix, giugno ha segnato il rientro alle corse del Ballero, al secolo Davide Ballerini.
«E’ stato un periodo lungo – racconta Davide – non correvo da aprile, da quando all’uscita di un settore di pavè mi sono rotto l’uncino dell’uncinato, un osso che non sapevo neanche esistesse. E’  dalla parte opposta dello scafoide, sul palmo della mano, diciamo».

Il corridore della XDS-Astana è uno degli undici, forse dodici, italiani che vedremo sulle strade del Tour de France.

Il suo ritorno è avvenuto al GP Gippingen e poi al Tour de Suisse, passando per allenamenti serrati e un recupero non scontato. Gli abbiamo chiesto come ha vissuto questi mesi e come si sente ora alla vigilia dell’imminente campionato italiano e appunto della Grande Boucle.

Dopo due buone top 10 a Gand e Fiandre, la campagna del Nord di Ballerini si è fermata anzitempo alla Roubaix
Dopo due buone top 10 a Gand e Fiandre, la campagna del Nord di Ballerini si è fermata anzitempo alla Roubaix
Davide, com’è stato davvero il rientro?

E’ stato duro, soprattutto il periodo che ho passato a casa. Ho scelto di non andare in altura con la squadra per recuperare più in fretta. A Gippingen è stato un calvario, mi mancava tanto il ritmo gara. Allo Svizzera però, giorno dopo giorno, ho visto dei miglioramenti.

E’ stato uno Svizzera di sofferenza, ma programmato…

Sì, si sapeva. Avevo visto le tappe e parlato con il preparatore: l’obiettivo era finirlo e mettere fatica nelle gambe. E’ servito come preparazione per il Tour, questo era chiaro. Poi non era un percorso per me, figuriamoci al rientro…

Quando hai ripreso davvero ad allenarti dopo la frattura?

Sono rimasto fermo del tutto una dozzina di giorni, quindi fino alla fine di aprile. Poi ho cominciato con una settimana di rulli senza caricare il polso. Dopo un po’ sono uscito su strada, ma facevo solo un’ora o un’ora e mezza. In tutto ho perso tre settimane, forse tre e mezzo di allenamenti veri.

Nonostante la fatica, in Svizzera Ballerini ha sfiorato la vittoria. In volata è stato secondo, alle spalle di Meeus, nella 6ª tappa
In Svizzera Ballerini ha sfiorato la vittoria. In volata è stato secondo, alle spalle di Meeus, nella 6ª tappa
I rulli li facevi con la bici da crono o quella da strada?

All’inizio con quella da strada. Poi ho usato la bici da crono ed è stato molto meglio, perché non appoggiavo la mano sul manubrio e scaricavo il peso sull’avambraccio.

Avevi un tutore?

Sì. Prima una stecca, poi il chirurgo che mi ha operato mi ha detto che già due giorni dopo l’intervento potevo usare un tutore. L’importante era non muovere il polso per almeno due settimane. Poi ho iniziato a toglierlo la notte, a muovere un po’ la mano. Non sono ancora al 100 per cento, ma l’importante è che in bici non sento dolore. Ero un po’ preoccupato prima del rientro perché mi dava fastidio quando mi alzavo sui pedali, ma allo Svizzera ho visto un netto miglioramento.

Davide, come si fa a soffrire oggi in gruppo, con i ritmi così alti? Si dice sempre che nel ciclismo attuale bisogna arrivare ben preparati alle corse. Tu come ti sei gestito?

Alle spalle del rientro c’è stato tanto allenamento: questa è la base. Mi sono fatto un bel mese intenso a casa, con tante ore in sella e tante salite. Però anche se ti alleni tanto, in gara manca sempre qualcosa. In questo caso ho dovuto centellinare le energie: perché se si inizia a non recuperare più diventa un problema.

Quando il “Ballero” finiva il lavoro per il team, andava regolare. Il giusto mix fra tenere duro e non fare fuorigiri eccessivi
Quando “Ballero” finiva il lavoro per il team, andava regolare. Il giusto mix fra tenere duro e non fare fuorigiri eccessivi
Correvi col contagiri o spingevi comunque?

Dipendeva dal percorso. Se c’era un arrivo in salita lungo, magari tenevo duro per 5 chilometri e poi mi spostavo, oppure aiutavo i compagni a prendere la salita davanti. In quelle situazioni fai degli sforzi intensi. Poi salivo più tranquillo. Lo stesso nei giorni duri: andavo fin dove riuscivo e poi tiravo i remi in barca… tra virgolette.

Ora si profila il campionato italiano. Il percorso in teoria ti si addice?

Ah – sorride Ballerini – a dire la verità sembra sempre che i percorsi dell’italiano vadano bene per me! Il problema è come si fa la corsa. Anche se c’è una salita di due chilometri, o un po’ più lunga come l’anno scorso, la selezione può arrivare lo stesso: 230 chilometri, il caldo, la corsa dura dall’inizio. E’ forse la gara più difficile da vincere per dinamiche e tattiche. Ma alla fine contano sempre le gambe.

E poi ci sono team che corrono in tanti…

E’ un bel vantaggio. Loro possono controllare la corsa. Detto questo, noi della XDS-Astana siamo una bella squadra quest’anno, siamo in buon numero. Però se ti vanno via 8-9 della VF Group-Bardiani, che sono in tantissimi, tra quelli ce n’è sicuramente uno o due che vanno forte. E poi è una corsa lunga, più di 180 chilometri: non tutti riescono a emergere su quella distanza.

La fatica di Ballerini sul Mont Ventoux nel 2021, che si affronterà anche quest’anno. Quello fu il suo primo Tour (foto Instagram – Solowataggio)
La fatica di Ballerini sul Mont Ventoux nel 2021, che si affronterà anche quest’anno. Quello fu il suo primo Tour (foto Instagram – Solowataggio)
Si andrà sullo strappo di San Floriano, visto anche al Giro. I compagni che hanno fatto la corsa rosa cosa ti hanno detto?

Ho parlato con loro, mi hanno detto che non è impossibile. Però, come dicevo, dipende sempre da come viene fatta la gara.

Capitolo Tour de France: c’è un obiettivo preciso? Hai già segnato delle tappe?

Il Tour de France è una gara molto importante. Le prime tappe sono tutte mosse, se hai la gamba puoi provare a fare qualcosa. Vincere non lo so, il livello è altissimo. Ma come squadra possiamo far bene: non puntiamo alla classifica generale, ma a vincere tappe. Saremo una squadra simile a quella del Giro, costruita per provarci.

La questione dei punti resta centrale o si può pensare in modo diverso ora che la situazione è migliorata?

Ci hanno mentalizzato così da inizio anno. Le cose sono andate bene, ma attenzione: siamo ancora lì. La situazione non è del tutto felice. Non possiamo rilassarci perché siamo a metà stagione e quello che abbiamo fatto noi può essere fatto anche dalle altre squadre da qui a fine anno.

Come sarà il Tour di Remco? L’opinione di Giuseppe Martinelli

27.06.2025
6 min
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Remco Evenepoel ha chiuso lo scorso Giro del Delfinato al quarto posto, un risultato che non è sembrato soddisfarlo del tutto. Nonostante una vittoria di tappa e una classifica migliorata rispetto alla settima piazza dell’anno scorso, il bi-campione olimpico ha dovuto cedere il terzo gradino del podio a Florian Lipowitz.

Il corridore tedesco della Red Bull-Bora ha dimostrato di essere molto brillante in salita, sarà un suo concorrente anche al Tour de France? Che tattica dovrà mettere in atto Evenepoel per provare a confermare l’ottimo risultato del 2024 alla Grande Boucle?

Abbiamo raggiunto Giuseppe Martinelli per chiedergli, alla luce della sua grande esperienza, quali sono secondo lui le prospettive del campione belga per il prossimo Tour de France.

Da DS Giuseppe Martinelli ha vinto due Tour, con Pantani nel 1998 e con Nibali nel 2014
Da DS Giuseppe Martinelli ha vinto due Tour, con Pantani nel 1998 e con Nibali nel 2014
Giuseppe, come hai visto Evenepoel al Delfinato?

Lui è uno che non si accontenta mai, anche nelle interviste, non lascia trasparire la felicità. Pensa subito al giorno dopo, alla prossima gara. Forse è andato a casa un po’ demotivato, pensava di essere più avanti con la forma, ma non è andato piano, anzi. Sono gli altri due (Pogacar e Vingegaard, ndr) che hanno volato, basti pensare che hanno fatto tutti i record di salita.

Chiaro…

Certo che pensava di arrivare davanti a Lipowitz, invece ha pagato in salita e questo l’ha deluso. Però deve calcolare che le salite del Delfinato le hanno fatte tutte a blocco e non regolari come piace a lui. Credo che veda quel 4° posto più come una sconfitta che come un normale percorso di avvicinamento.

Ed è un errore?

Secondo me sì, perché Lipowitz aveva una forma straordinaria che non è detto riesca a tenere fino a luglio, e poi il tedesco è molto più scalatore. In ogni caso si tratta di un signor corridore che aveva già dato ottimi segnali la scorsa stagione.

Evenepoel ha vinto la crono del Delfinato, che è stata anche la 1000^ vittoria della Quick-Step. Ma non gli è bastato per raggiungere il podio
Evenepoel ha vinto la crono del Delfinato, che è stata anche la 1000^ vittoria della Quick-Step. Ma non gli è bastato per raggiungere il podio
Si è parlato molto di quel chilo e mezzo che Evenepoel ha perso rispetto all’anno scorso. Un aspetto forse sopravvalutato?

Il Delfinato e il Tour sono cose molto diverse. In primis il Delfinato dura solo una settimana, mentre Remco sa che in tre settimane può cambiare tutto molte volte, e ci si gioca la classifica soprattutto nelle salite degli ultimi giorni. Non deve pensare ad arrivare per forza più magro, anche perché se al Delfinato gli mancava ancora qualcosa è anche vero che questa primavera ha perso più di un mese di preparazione per l’infortunio. E questo influisce sulla forma basale e quindi sulla resistenza. Inoltre al Tour farà molto caldo, quindi un chilo lo si può perdere in tre giorni.

Arriviamo al Tour. Ha ancora tempo per migliorare prima del via?

Credo proprio di sì. Deve arrivarci sereno e pensare giorno per giorno, iniziando dalla crono della 5^ tappa, 33 chilometri piatti in cui può già guadagnare sugli altri e magari anche prendere la maglia gialla. Però è un Tour durissimo che si vincerà sicuramente in salita, e lì appunto deve stare tranquillo e trovare il suo ritmo. Perché in una gara così impegnativa c’è sempre qualcosa che può andare storto, una foratura, o una caduta che può far perdere tempo a lui ma anche ai suoi rivali. Deve avere vicino la squadra e cercare di rimanere il più sereno possibile.

Nelle salite del Delfinato ha pagato dazio a Pogacar, Vingegaard e non solo. Sarà così anche al Tour?
Nelle salite del Delfinato ha pagato dazio a Pogacar, Vingegaard e non solo. Sarà così anche al Tour?
Ma credi possa davvero competere con Pogacar e Vingegaard?

Io credo che Remco sia uno dei più forti del panorama mondiale. Lui ha qualcosa in più nelle crono, gli altri in salita. Ma voglio dire ad alta voce che non ha nulla di meno degli altri campioni, ha solo delle caratteristiche diverse. E poi ha il carattere da vincente, sa di partire svantaggiato ma vuole comunque provare a vincere, non è persuaso di non poter competere. Ci prova e ci proverà sempre a mettere nel sacco gli altri, e questa è la mentalità del campione.

A proposito, se tu fossi in ammiraglia cosa gli diresti? Magari di cercare di fare quello che Yates ha fatto al Giro, cioè approfittare della rivalità degli avversari?

Se prendesse la maglia dopo la crono e riuscisse a tenerla per qualche giorno sarebbe una cosa bella per Pogacar e Vingegaard, che potrebbero far riposare la squadra. Poi quando arriveranno le salite vere devi solo difenderti e basta. Se gli altri due sono superiori, come credo, può provare ad inventarsi qualcosa, approfittando magari di un momento in cui si controllano. Ma la vedo dura perché hanno squadre fortissime, con 5-6 gregari che altrove sarebbero capitani. Poi è anche difficile che con la loro esperienza si guardino come Del Toro e Carapaz. Deve solo provare a stargli più vicino possibile. Forse dovrà guardarsi più dietro che davanti…

Florian Lipowitz sarà il vero capitano della Red Bull-Bora-Hansgrohe e il principale rivale di Remco alla Grande Boucle?
Florian Lipowitz sarà il vero capitano della Red Bull-Bora-Hansgrohe e il principale rivale di Remco alla Grande Boucle?
Iniziando dalla Red Bull?

Credo che con uno sponsor così vogliano puntare al massimo, essere protagonisti, al di là di chi sia il capitano.

Non credi sarà Roglic?

Se Roglic non è riuscito ad allenarsi bene, come credo, penso che faranno fare il capitano a Lipowitz. Nella mia esperienza è difficile recuperare dopo un Giro così, specie moralmente, ricominciare dopo lo stop, cambiare la preparazione… La caduta secondo me inficia tutta la preparazione al Tour, sia fisica che morale, e adesso se non arrivi al 100 per cento fai tanta, tanta fatica. Non sto dicendo che farà il gregario a Lipowitz, magari punterà alle tappe, ma non credo che punteranno su di lui per la classifica. Anche perché sono convinto che il tedesco, alla luce della crescita che ha dimostrato, farà un grande Tour.

Il podio del Tour 2024. Secondo Martinelli un bis del belga sarebbe un grandissimo risultato
Il podio del Tour 2024. Secondo Martinelli un bis del belga sarebbe un grandissimo risultato
Vedi altri corridori che potrebbero insidiare Evenepoel?

I francesi tirano fuori sempre qualcosa per le posizioni di rincalzo, e ora ce ne sono diversi di buoni. Poi qualcosa che stravolge i pronostici al Tour capita sempre, bisogna metterlo in preventivo. Un corridore che trova la forma della vita, una fuga che scappa via. Però il rivale più ostico per Remco credo rimanga Lipowitz. Il terzo posto secondo me se lo giocheranno loro due.

E il terzo posto sarebbe un buon risultato per il campione olimpico?

Lui vorrebbe sempre tutto e subito, ma è anche intelligente e sa che gli altri due sono fortissimi. Perciò se riuscisse a bissare il terzo posto, dopo la sorpresa dell’anno scorso, sarebbe la conferma che è davvero un grande campione. 

Continental lancia Archetype, lo pneumatico per il Tour di Pogacar

26.06.2025
3 min
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Dopo mesi di progettazione, test e collaudi, oggi Continental lancia Archetype, il nuovo pneumatico sviluppato con la UAE Team Emirates, che vedremo in azione nel prossimo Tour de France.

Archetype è nato proprio dalle esigenze di Pogacar e compagni, che hanno chiesto al brand tedesco uno pneumatico da 30 millimetri che assicurasse le massime prestazioni possibili. In termini di velocità, leggerezza e tenuta.

Archetype arriva direttamente dalla richiesta di Pogacar e compagni di avere un nuovo pneumatico da 30 mm super performante
Archetype arriva direttamente dalla richiesta di Pogacar e compagni di avere un nuovo pneumatico da 30 mm super performante

Dai fondamentali al futuro

Il nome stesso, Archetype, testimonia il lavoro che è stato fatto dall’azienda: un prototipo reso reale, e un modello per il futuro degli pneumatici da gara. Come ha detto Hannah Ferle, Road Product Manager di Continental: «La UAE Emirates – XRG ci ha chiesto uno pneumatico che offrisse prestazioni ancora più veloci con una larghezza di 30 millimetri. E’ stata una grande sfida, quindi siamo tornati ai fondamentali».

Continua Ferle: «Il risultato è l’Archetype: un pneumatico che distilla i nostri decenni di esperienza nelle corse in un prodotto puro e specifico. È minimale, veloce e fatto per coloro che vivono per competere».

Il disegno del battistrada richiama quello del modello Grand Prix 5000, ma il peso è di 35 grammi inferiore
Il disegno del battistrada richiama quello del modello Grand Prix 5000, ma il peso è di 35 grammi inferiore

Leggerezza, velocità, comfort

Dovendo rispondere agli altissimi standard richiesti dalla squadra che domina il World Tour, molta attenzione è stata rivolta al peso. Infatti Archetype pesa 35 grammi in meno rispetto ad un modello molto apprezzato dai professionisti, il Grand Prix 5000 S TR (di cui richiama anche il disegno del battistrada). 

La sua carcassa è ultra-morbida e garantisce la massima reattività e un grande livello comfort. Lavora assieme alla mescola BlackChili di Continental, che riduce la resistenza al rotolamento pur mantenendo un’aderenza che è – e non potrebbe essere altrimenti – ai massimi livelli disponibili.

Inoltre si avvale della lavorazione LazerGrip, il trattamento micro-profilato di Continental sulla spalla del copertoncino, che permette di affrontare le curve in modo sicuro anche ad alte velocità. L’Archetype integra infine anche Active Comfort, una tecnologia che assorbe le vibrazioni della strada. Questo garantisce una guida più fluida e controllata, caratteristica fondamentale per chi deve stare molte ore in sella. 

Archetype è in versione limitata, e un prodotto ufficiale del Tour de France 2025
Archetype è in versione limitata, e un prodotto ufficiale del Tour de France 2025

Dettagli e prezzo

In linea con l’ormai consolidata tendenza tra i professionisti (e non solo) gli Archetype sono naturalmente tubeless ready e compatibili con i cerchi hookless. Il nuovo, anzi nuovissimo, Continental Archetype è disponibile da oggi, in edizione limitata, in tutti i rivenditori ufficiali Continental al prezzo di 105,95 euro.

Continental Tyres

Il lungo addio di Bardet, 7 momenti da ricordare

22.06.2025
7 min
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«Ca va Bardet, Ca va Bardet», quel grido risuona nelle orecchie all’ultima edizione del Giro del Delfinato. E’ ancora più forte del solito, probabilmente perché forse non lo risentiremo. Perché Romain ha deciso di chiudere la sua carriera, a 34 anni dopo 13 stagioni da pro’. Ha voluto farlo nella corsa che ama di più, anche se nel mezzo della stagione: «E’ la mia preferita, quella dove sono andato più vicino alla vittoria e dove ho conquistato il mio primo successo importante, in una tappa nel 2015. Non potevo che chiudere qui». Con i più grandi del ciclismo odierno a fargli da contorno, da Pogacar a Vingegaard a Evenepoel, protagonisti di un ciclismo che forse non gli appartiene più.

Uno dei tanti cartelli dei tifosi all’ultimo Giro del Delfinato, dove gli hanno tributato una vera ovazione
Uno dei tanti cartelli dei tifosi all’ultimo Giro del Delfinato, dove gli hanno tributato una vera ovazione

Un francese dalle mille sfumature

D’altro canto si dice sempre più spesso che il ciclismo cambia velocemente e quello dei suoi inizi, nel 2012 quando esordì all’AG2R la Mondiale, non era quello di oggi. E’ curioso il fatto che di vittorie Bardet ne ha collezionate poche ma buone, 11 in totale, di cui due in classifiche di corse a tappe (Tour de l’Ain 2013 e Tour of the Alps 2022) eppure passerà alla storia come uno specialista di grandi giri.

Non che se la sia cavata male, in fin dei conti vanta 4 tappe al Tour, una alla Vuelta, al Giro affrontato tardi in carriera si è pure distinto, ma la sua storia non è semplicissima da raccontare, soprattutto se lo si vuole identificare in uno stereotipo. Perché Bardet da Brioude (Alta Loira) è come un personaggio pirandelliano, pieno di sfaccettature. Proviamo allora a venirne a capo attraverso episodi.

Il francese in fuga all’Amstel del 2012. Il sogno vivrà fino a 10 chilometri dal traguardo
Il francese in fuga all’Amstel del 2012. Il sogno vivrà fino a 10 chilometri dal traguardo

Amstel Gold Race 2012, il primo squillo

Romain, figlio di un maestro e un’infermiera, è appena passato di categoria, ma di recitare un ruolo di contorno proprio non gli va. D’altronde nelle categorie giovanili si è ben distinto, soprattutto come corridore di classiche (2° alla Liegi U23 dell’anno prima). All’Amstel dopo 40 chilometri si lancia all’attacco. E’ la fuga di giornata, figurati se va al traguardo. Sono in 7 (fra loro anche un giovanissimo Pello Bilbao), si aggiungono altri 2 e il vantaggio monta, monta fino a 13 minuti. Il gruppo si sveglia e inizia la rimonta, ma lui non molla. Mollano gli altri, lui no, tira dritto. Lo riprendono a 10 chilometri dal traguardo eppure ci crede ancora e quel 25° posto finale vale molto. Quel ragazzo ha un bel caratterino…

L’esordio al Tour 2013

L’anno dopo arriva l’esordio al Tour de France. Bardet non ha ancora vinto da pro’, ma nelle prove a tappe è sempre fra i migliori giovani e l’AG2R decide di dargli fiducia. Si parte dalla Corsica e Romain si distingue perché ha già capito che deve rimanere nelle prime posizioni, soprattutto nel finale delle tappe, poco importa che ci si scanni per la volata. Ma quando si tratta di salire, sa tenere il passo, anche se poi paga a cronometro. Alla fine è 15° in classifica, il migliore dei francesi. Poca cosa? Forse, ma intanto si capisce che quella è la “sua” dimensione.

L’attacco di Mende, dove con Pinot nasce una forte rivalità, che Bardet però ha sempre negato
L’attacco di Mende, dove con Pinot nasce una forte rivalità, che Bardet però ha sempre negato

Il Tour 2015 e “il pasticciaccio” di Mende

Ci si attende tanto da lui, la prima parte di stagione è stato tutto un lungo prologo al Tour. Ma in classifica non c’è, sui Pirenei accusa distacchi pesanti mentre Chris Froome mette subito le cose in chiaro. Il vantaggio di accusare minuti e minuti c’è, perché cominciano a controllarti di meno. Bardet inizia a pensare a riprendere vigore, è 3° a Plateau de Beille e si sente pronto per il primo centro nella Grande Boucle. Nella tappa di Mende però succede qualcosa. Va in fuga con un altro francese di belle speranze, Thibaut Pinot.

I due si studiano, si guardano, si fanno i dispetti: Steve Cummings, anziano britannico del Team MTN-Qhubeka ringrazia e li prende in contropiede. In casa sudafricana si festeggia, i due “galletti” continuano a beccarsi e la loro rivalità rimarrà a fare da contrappunto a un ciclismo francese che con loro riprende a crescere, anche se non come vorrebbe. Bardet però non si dà per vinto e alla diciottesima tappa, a Saint Jean de Maurienne coglierà la sua prima vittoria al Tour, riuscendo anche ad agguantare la Top 10 finale.

A Saint Gervais-Mont Blanc una delle sue quattro vittorie di tappa al Tour
A Saint Gervais-Mont Blanc una delle sue quattro vittorie di tappa al Tour

Il Tour 2016 e il podio finale

Il francese ci crede e il popolo è con lui. Che sia arrivato il momento di chiudere la lunga astinenza da maglia gialla, che risale all’epoca d’oro di Hinault? L’anno dopo Bardet si prepara pensando solo al Tour, questa volta i Pirenei non fanno male, la cronometro invece sì, accusa quasi 3 minuti da Froome. Ma d’altronde il britannico ha una corazzata, lui è un autodidatta. Sulle Alpi è un crescendo rossiniano: recupera sull’arrivo in salita di Finhaut-Emosson, va bene anche nella cronoscalata di Megève, a Saint Gervais-Mont Blanc si scatena e dà scacco matto a Mollema e Adam Yates. Sul Joux Plane controlla gli avversari, sa che Froome è troppo lontano e chiude secondo a 4’05”. I media francesi lo acclamano: «Abbiamo trovato il campione per il Tour».

Alla Grande Boucle del 2020 il ritiro dopo la caduta alla tredicesima tappa con esiti molto pesanti
Alla Grande Boucle del 2020 il ritiro dopo la caduta alla tredicesima tappa con esiti molto pesanti

La terribile caduta del Tour 2020

L’anno dopo finisce ancora sul podio, ma quell’ultimo centesimo per completare l’euro non riesce proprio a trovarlo e man mano perde fiducia. Bardet ci prova, ci prova sempre. Anche nel 2020, nell’anno del folle calendario legato al covid, è lì a lottare. Alla tredicesima tappa è quarto in classifica: «Quella mattina mi sentivo alla grande – ha raccontato poco tempo fa all’Equipea un certo punto sono caduto e ho battuto la testa. In quel momento non ci ho neanche fatto caso, sono risalito in sella e ripartito, pensavo solo a riagganciarmi al gruppo. Ma iniziavo a non sentirmi bene, ero come in trance. Faticavo più del normale. Sono arrivato al traguardo, poi il buio più totale».

Bardet riporta una commozione cerebrale, viene naturalmente fermato: «Non facevo che vomitare con un forte mal di testa. Ci ho messo tantissimo per recuperare, fisicamente e come stress psicologico: se ti rompi un osso si riaggiusta, con il cervello è più difficile e qualcosa ti lascia». Molti dicono che qualcosa sia cambiato da allora, fatto sta che non è stato più uomo da classifica.

Il riscatto del transalpino alla Liegi 2024, dove solo lo scatenato Pogacar lo precede
Il riscatto del transalpino alla Liegi 2024, dove solo lo scatenato Pogacar lo precede

Il riscatto della Liegi del 2024

Fatto sta che l’anno dopo cambia team e lascia la Francia, approdando al Team DSM. Per molti appassionati francesi è un’onta: è come se Totti lasciasse la Roma o Del Piero la Juve (per chi crede ancora alle bandiere…). Ma lo fa con cognizione di causa: basta classifiche, meglio pensare ai traguardi singoli. Così comincia a raccogliere, vince una tappa alla Vuelta 2021, vince al TOTA 2022 e nel 2024 stupisce tutti con la piazza d’onore alla Liegi-Bastogne-Liegi. Non è che avesse ambito alla vittoria, davanti c’è Pogacar che… fa il Pogacar, ma gli altri li mette tutti in fila con un paio di attacchi vecchia maniera.

«Ho abbastanza esperienza per sfruttare le situazioni – racconterà al traguardo – è la dimostrazione che bisogna sempre crederci e che il karma sa ripagarti». Una frase che stupisce qualcuno, chi non ricorda l’episodio di due anni prima: caduta di Alaphilippe e lui che non ci pensa un attimo, butta la bici da una parte e va a prestargli soccorso. Alla faccia della rivalità…

Bardet in giallo, un sogno realizzato proprio a fine carriera in quel di Rimini
Bardet in giallo, un sogno realizzato proprio a fine carriera in quel di Rimini

Rimini, l’ultimo acuto al Tour 2024

Il  podio alla Doyenne ha un valore, ma non è quello che davvero cerca. Come fare per mettere il sigillo alla sua carriera? A Bardet manca una cosa, colorata di giallo. Sarebbe bello conquistare la maglia di leader al Tour e se non si può fare in Francia, perché non farlo in Italia? Alla tappa inaugurale a Rimini sono tanti che la cercano ma lui ha in mente un piano e trova in Frank Van den Broek l’uomo giusto per attuarlo. Il francese attacca sulla salita di San Leo e va a prendere i fuggitivi, poi con il fidato gregario se ne va. Il gruppo è affamato al loro inseguimento, ma l’olandese è fenomenale sul lungomare scortandolo verso quel successo che gli regala il simbolo inseguito per tutta la carriera.

Il resto è un lungo, lunghissimo saluto, fino al Delfinato, sentendo sempre quel grido: «ça va Bardet». Ma chissà che non torneremo a sentirlo, perché Romain ha detto basta al ciclismo su strada, ma vuole ancora togliersi qualche sfizio sulla gravel e punta al mondiale di Nizza. E i suoi tifosi già si stanno organizzando…

Tutti gli uomini di Remco. Petacchi studia la Soudal del Tour

21.06.2025
5 min
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Qualche giorno fa con Stefano Garzelli avevamo messo sotto la lente d’ingrandimento le squadre dei principali pretendenti alla prossima maglia gialla: la UAE Team Emirates di Tadej Pogacar e la Visma-Lease a Bike di Jonas Vingegaard. Oggi con Alessandro Petacchi parliamo della Soudal-Quick Step di Remco Evenepoel.

La squadra belga meritava un discorso a parte, visto che tra infortuni, assenze e una rosa meno profonda, Remco è rimasto spesso solo al Delfinato, denunciando una situazione poco entusiasmante. Anche in Belgio la “questione Soudal” ha tenuto banco sui media. Come farà Evenepoel, senza una vera squadra, a contrastare quei due?

Petacchi in ricognizione sulle strade francesi del Tour. Sarà lui la voce tecnica per la Rai
Petacchi in ricognizione sulle strade francesi del Tour. Sarà lui la voce tecnica per la Rai
Alessandro, Remco e la sua Soudal-Quick Step escono dal Delfinato senza avere dato grandi impressioni. Tu cosa ne pensi?

Anche l’anno scorso lui era indietro al Delfinato e poi è andato bene. Quest’anno alla fine ha perso meno, ha un buon peso, nonostante abbia corso di meno per via dell’incidente dello scorso inverno. Direi dunque che ha incentrato tutta la sua stagione sul Tour de France. In salita paga qualcosa a Pogacar e Vingegaard, ma a crono è più forte e quella di Caen, che ho visto, è molto adatta alle sue caratteristiche.

Perché?

Perché è una crono molto veloce, da specialisti. Peccato per lui che la seconda crono sia una cronoscalata.

Passiamo all’analisi della sua squadra in salita. Data per certa l’assenza di Landa e con la perdita di Vervaeke, per la salita avrà solo Paret-Peintre e Cattaneo…

E’ scoperto, parecchio scoperto rispetto agli altri due. Però potrà correre sulla difensiva: questo sarà un po’ il suo leitmotiv. E tutto sommato, se corri su di loro puoi difenderti bene e hai la possibilità di sprecare il meno possibile durante le tappe. Non solo, ma se Remco dovesse fare quel piccolo step in più in salita, può restare con loro là davanti più facilmente. Poi quando esplode la corsa si tratterà soprattutto di gambe.

Al Tour con Evenepoel ci sarà anche Merlier, fresco vincitore della prima tappa al Baloise Belgium Tour
Al Tour con Evenepoel ci sarà anche Merlier, fresco vincitore della prima tappa al Baloise Belgium Tour
Uno dei compagni di Evenepoel al Tour sarà Merlier, uno dei più grandi velocisti. Vista la situazione del Delfinato, ci si è chiesti se fosse corretto portare uno sprinter in una situazione simile, se si vuole puntare al podio. Tu che sei stato velocista e che hai corso in quella squadra, cosa ne pensi?

Merlier al Tour per me ci sta bene e gli potrà anche essere d’aiuto, perché sa anche tirare, si muove bene in gruppo… E poi quale scalatore forte avrebbero potuto portare al suo posto? Le altre due squadre sarebbero comunque state più forti. Non dimentichiamo che per la salita hanno anche Van Wilder, che è un ragazzo giovane, ha già fatto un Giro e se l’è cavata bene.

Quindi velocista sì al Tour?

Sì, anche perché parliamo di un grande velocista e di un ottimo passista, uno che sa affrontare i ventagli, il caos… La squadra, la Soudal, è questa. Se Remco avesse voluto una squadra più forte, dove sarebbe potuto andare? Alla Visma o alla UAE… che hanno già i loro leader. Oppure alla Red Bull-Bora o alla Ineos Grenadiers.

Chiaro…

E infatti le voci che lo vogliono verso questi due team rinascono ad ogni sessione di ciclomercato. Della Ineos se ne parla spesso. Lì avrebbe molta gente forte, anche per la salita: Arensman, De Plus… Ma ripeto, al momento la sua squadra è questa. Gli avevano preso Landa, e non è poco, ma se poi si è fatto male nessuno può farci nulla. Metti Landa, Cattaneo, Van Wilder per la salita, due o tre passisti per la pianura e sei a posto… nonostante il velocista.

Van Wilder è uno dei fidatissimo di Evenepoel e sarà chiamato a un lavoro straordinario
Van Wilder è uno dei fidatissimo di Evenepoel e sarà chiamato a un lavoro straordinario
Hai citato Mattia Cattaneo: che ruolo avrà Mattia?

Lui è un gran bel corridore, poliedrico, completo, esperto. Sa andare forte in pianura e in salita. E sa esserci nei momenti decisivi. Dovrà stargli vicino in salita. Ripeto, la squadra, al netto dei nomi che hanno in rosa, è ottima: gli manca Landa. E’ una signora squadra. Io ci sono stato ed è vero che si stanno ancora trasformando, ma serve del tempo. E’ un po’ il discorso di prima: non vinci le classiche del pavé, ma se non hai Pedersen, Van Aert o Van der Poel con chi vai? A loro è capitato Remco, che va bene per certe classiche e per i grandi Giri e su questo, piano piano, stanno costruendo il team.

L’otto che molto probabilmente vedremo al Tour dunque sarà: Evenepoel, Merlier, Van Lerberghe, Eenkhoorn, Paret-Peintre, Van Wilder, Cattaneo e uno tra Schachmann e Casper Pedersen…

Mi sembra una squadra giusta, ognuno con un ruolo ben preciso. Poi di certo, come in tutti i team, dovranno sceglierne otto, ma avranno lavorato come minimo su una base di 10-12 corridori perché poi alcuni magari non rendono, c’è quello che ha un imprevisto.

Ruoli ben definiti: quello meno definito ci sembra Pascal Eenkhoorn. Lui che tipo di corridore è?

E’ un attaccante e non ha paura di prendere vento in faccia, sia per scappare sia per tirare. E’ quel che si dice un pedalatore. In più sa anche tirare le volate e ricordo che c’è Merlier, che non è un velocista qualunque, ma uno di quelli che danno garanzie. Eenkhoorn, un po’ come Cattaneo, va bene dappertutto, anche se è più forte per le tappe veloci.

Seixas sta attento ai fuorigiri: per quest’anno niente Tour

20.06.2025
5 min
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«Se un corridore è pronto – dice Thomas Voecklerse ha la capacità mentale di gestire tutto, allora non puoi porti limiti. Ma il Tour de France non è come il Giro e la Vuelta, il ritmo è più intenso e non mi riferisco alla corsa in sé. Il Tour è ingrato, invece all’età di Seixas, bisogna sognare. Quindi troverei logico non mandarlo al Tour, non ne vedo il motivo. Il Delfinato è stato già una tappa importante dopo la sua prima preparazione in altura».

L’ottavo posto del campione del mondo juniores della crono al Criterium du Dauphine (che dal prossimo anno prenderà il nome di Tour Auvergne-Rhone Alpes) ha destato scalpore in Francia. Il ragazzino ha un notevole appeal sui tifosi. Lo hanno visto vincere il Giro della Lunigiana e battagliare in tutte le altre corse a tappe juniores e oggi non è come quando alla categoria prestavano attenzione solo pochi appassionati. Oggi i social ti rendono personaggio anche a 17 anni e così le attese attorno al nome di Seixas sono esplose. Al punto che, avendolo visto correre da leader al Delfinato, qualcuno si è chiesto se potesse essere schierato anche al Tour de France (in apertura foto Decatlhon-Ag2R/KBLB).

I piedi per terra

Paul ha appena 18 anni, ma i piedi saldamente per terra. Appare ben fondato atleticamente. E’ in grado di parlare un ottimo inglese, essendo studente dell’Em Lyon Business School, la più antica scuola di economia d’Europa, fondata nel 1872. E quando gli è stato chiesto se gli piacerebbe correre il Tour, ha dimostrato che i sogni sono una cosa, la consapevolezza un’altra. Ed è solida come la sua scarsa propensione a dare credito ai social e alle voci dall’esterno.

«Il Tour è certamente un sogno – ha detto dopo l’arrivo in salita di Valmeinier – ma non credo abbia senso farlo ora. A prescindere dal risultato di qui, non mi vedrete alla partenza di Lille, anche se da più parti si scrive in questo senso. In tempi normali ignoro completamente il telefono, ma a maggior ragione in questi ultimi giorni preferisco non perdere tempo a guardarlo inutilmente».

Seixas in Francia è già un beniamino dei tifosi: giusto tutelarlo dalle attese (foto Decatlhon-Ag2R/KBLB)
Seixas in Francia è già un beniamino dei tifosi: giusto tutelarlo dalle attese (foto Decatlhon-Ag2R/KBLB)

Il rischio di bruciarlo

Non ha senso bruciare le tappe quando si hanno così tanto talento e fulgide prospettive di carriera. Seixas è passato dal 2024 in cui le distanze di gara fra gli juniores erano di 100-120 chilometri a quelle ben superiori del professionismo. Così se da un lato sarebbe una sfida interessante vederlo alla prova del Tour, dall’altro si avrebbe la sensazione di un voler bruciare le tappe forzato e privo di logica.

«C’è sicuramente un curriculum da convalidare – ha spiegato a L’Equipe Jean-Baptiste Quiclet, responsabile della performance della Decathlon-Ag2R – prima di affrontare un Grande Giro in termini di carico di lavoro e intensità. Il Tour è la corsa più intensa, la più dura dell’anno, e se vi partecipasse, potrebbe avere un aumento del carico di lavoro del 15 o 20 percento nell’arco di un mese. Dato che ha talento, potrebbe superarla senza intoppi, ma si potrebbe anche entrare in una fase di superlavoro o sovrallenamento. E questo potrebbe ostacolare la sua progressione».

Due volte secondo al Tour of the Alps. Qui a Lienz, dietro al compagno Prodhomme
Due volte secondo al Tour of the Alps. Qui a Lienz, dietro al compagno Prodhomme

Uno studente modello

La scelta è ovviamente condivisa anche dai compagni più esperti, che tuttavia si sono detti tutti stupiti per la serenità del ragazzino davanti alle prove più impegnative, dal UAE Tour di inizio stagione ai percorsi ben più severi del Delfinato.

«Non abbiamo molto da insegnargli sugli aspetti fisici, tattici o di gara – ha detto Aurelien Paret-Peintre, che scherzando i compagni hanno eletto come il padre di Seixas – semmai qualcosa di più sugli effetti collaterali, come recupero, programmi e fasi di decompressione. E’ importante perché gli verrà chiesto di assumere un ruolo di leadership, cosa che ha iniziato a fare in questa settimana. E sta imparando in fretta. E’ un buon ascoltatore ed è ambizioso, quindi è sicuramente desideroso di progredire sempre più velocemente».

Scortato dall’addetto stampa Pierre Muglach: anche le interviste sono accuratamente dosate (foto Decatlhon-Ag2R/KBLB)
Scortato dall’addetto stampa Pierre Muglach: anche le interviste sono accuratamente dosate (foto Decatlhon-Ag2R/KBLB)

Tour de l’Avenir, sì o no?

In sintesi: Seixas potrebbe essere alla partenza del Tour e a tratti potrebbe essere anche all’altezza della situazione. Tuttavia potrebbe bruciarsi e pagarne le conseguenze a lungo: per questo motivo la scelta più ovvia è stata quella di prevedere per lui un programma diverso, in cui non rientra neppure la Vuelta.

E’ certa la partecipazione ai campionati nazionali a cronometro, mentre nel mirino ci sarebbe il Tour de l’Avenir, ma con un punto interrogativo. Anche se la riforma UCI prevede che ancora per quest’anno gli atleti professionisti potranno prendervi parte (saranno invece banditi dal 2026), pare che la Federazione francese potrebbe portare in gara una squadra coerente con quella che poi porterà ai mondiali in Rwanda. In quel caso, essendo già tesserato in una WorldTour, Seixas non potrebbe correre e questo lo escluderebbe dall’Avenir. A meno che la FFC non decida di fare un’eccezione per il suo caso così speciale.

Resta l’opzione dei mondiali dei professionisti. E qui, tornando da Voeckler, si scopre che il cittì francese non avrebbe alcuna controindicazione per una sua chiamata in nazionale, se non il rispetto della giovane età e la volontà di agire di concerto con chi lo gestisce. Il talento è tanto e limpido, la gabbia intorno serve per evitare di disperderlo.