A VDP la prima sfida dei tre tenori. Ma Van Aert è vicino

04.12.2022
5 min
Salva

Se li chiamano i “tre tenori” non è un caso. Come avveniva con i concerti dei vari Pavarotti, Domingo e Carreras, quando c’erano tutti e tre era uno spettacolo unico, che valeva il prezzo del biglietto. Nel ciclocross avviene qualcosa di simile: quando Van Der Poel, Van Aert e Pidcock sono tutti e tre in gara, il livello è talmente alto che si tratta di uno spettacolo unico, che appassiona chi è sul posto e incolla allo schermo chi guarda. Gli altri diventano comprimari loro malgrado e sanno di esserlo.

Ad Anversa c’è stato il primo confronto fra i tre e gli spunti di riflessione non sono mancati. Sin dalla partenza. Guardate con molta attenzione le due foto a confronto: nella prima si vede la testa del gruppo, con Van Aert già impegnato in discesa e Van Der Poel alla curva. Il belga, sfruttando le vittorie dello scorso anno, ha comunque conservato un ranking più che valido, partendo dalla seconda fila. VDP invece è relegato in fondo al gruppo (nella passata stagione non ha praticamente mai gareggiato per colpa della schiena) ma il viso e la posizione del corpo dice chiaramente che sta recuperando.

Tre espressioni che dicono tutto…

L’olandese infatti è stato lestissimo a porsi alle spalle dei primi e questa volta i vari specialisti Vanthourenhout, Iserbyt, Sweeck non ci hanno neanche provato a fare la differenza e profittare della situazione. Idem per Van Aert, che a differenza di quel che avevano fatto all’esordio stagionale Pidcock e VDP (presentatisi in gara con solo pochissime ore di allenamento specifico) ha svolto una preparazione metodica. Ha provato la fuga iniziale con l’olandese Mees Hendricks, ma VDP è piombato su di lui già prima della fine del primo giro. E lì il belga ha capito come sarebbe finita.

Ma torniamo alle foto della partenza, la seconda. C’è la maglia iridata di Pidcock in evidenza, impicciato in mezzo al folto del gruppo. Il britannico, che solo il giorno prima nel Superprestige a Boom (complice anche una caduta di Mathieu) aveva inflitto all’olandese la sua prima sconfitta, ha vissuto una vera giornata no: intanto ha impiegato molto tempo per superare gli avversari e provare a recuperare, ma ormai i due avversari erano andati e Tom è andato avanti di conserva, finendo appena 8° a più di un minuto. Se si guarda la foto, si vede che nel campione della Ineos c’è la consapevolezza che la gara, appena iniziata, rischia di essere già compromessa non perché c’è troppa gente davanti, ma perché quei due sono già lontani.

Seconda vittoria in Coppa per l’olandese, con 25″ su Van Aert e 34″ su Vanthourenhout
Seconda vittoria in Coppa per l’olandese, con 25″ su Van Aert e 34″ su Vanthourenhout

La prima è di Van Der Poel

Alla fine Van Der Poel ha fatto valere la sua maggiore condizione specifica: nel secondo dei sette giri ha accelerato salutando la compagnia. Proprio la tattica che tante volte Van Aert ha messo in pratica logorandolo e questo nella mente dell’olandese accresce il sapore per la sua vittoria. Il campione della Jumbo Visma prima ha formato un terzetto all’inseguimento con Van Der Haar e Vanthourenhout, ma ha ben presto capito che non potevano dargli una mano e non che non lo volessero, considerato ad esempio che il campione europeo è in piena lotta per la conquista del trofeo di cristallo. Semplicemente, non potevano.

Così Van Aert ha provato l’inseguimento solitario, ma non riusciva mai a inquadrare il rivale, così alla fine si è adeguato al secondo posto. Almeno per stavolta. «Per oggi è bastato – ha sentenziato Van Der Poel – ma devo migliorare per tenergli testa, avevo detto che a Natale Wout sarà al massimo e dovrò esserlo anch’io. E’ stata dura correre due terzi di gara da solo, ma stavolta non ci sono stati errori tecnici come la domenica precedente e ho creato un margine di sicurezza».

Per Van Aert un esordio stagionale incoraggiante. Domenica a Dublino cercherà il primo centro
Per Van Aert un esordio stagionale incoraggiante. Domenica a Dublino cercherà il primo centro

In Spagna pensando alle classiche

Van Aert dal canto suo non se l’è presa più di tanto: «Ha fatto un giro super veloce e non ne avevo abbastanza per rispondere. E’ bello però aver tenuto a bada gli altri. Io un errore tecnico l’ho fatto e mi è costato una caduta sugli ostacoli, so che devo lavorarci sopra perché non l’ho fatto. Per il resto ho guidato un po’ sotto al mio limite per evitare proprio errori costosi».

Ora tutti aspettano la rivincita, ma non sarà immediata. Van Der Poel infatti parte per la Spagna, per il ritiro dell’Alpecin Deceuninck com’era previsto alla vigilia dell’inizio della stagione, visto come sono finora andate le cose, non ne è propriamente felice: «E’ un peccato perché sono appena entrato nel ritmo giusto, ci sto prendendo gusto e ritrovo sensazioni che pensavo di aver dimenticato dopo i problemi della passata stagione. Ma so che mi serve una base di lavoro per un altro grande obiettivo del 2023 che sono le classiche di primavera e non posso assolutamente saltare questa fase di allenamento. Il piano è questo e va rispettato».

Vanthourenhout è stato il migliore degli “altri”. Ha ripreso 3 punti a Sweeck, leader di Coppa
Vanthourenhout è stato il migliore degli “altri”. Ha ripreso 3 punti a Sweeck, leader di Coppa

Pidcock, rivincita a Dublino?

Van Aert ne potrà approfittare? Probabile, visto come si è comportato ad Anversa: «Sto meglio del previsto, reggo bene anche gli alti ritmi purché siano costanti, ma devo lavorare sulle variazioni. Per essere al 100 per cento servono altre settimane di lavoro, ma intanto va bene così». Domenica a Dublino andrà a caccia della prima vittoria proprio contro Pidcock. E state sicuri che il britannico ha già il dente avvelenato…

Veni, vidi, vici: Van Der Poel riparte alla sua maniera

28.11.2022
5 min
Salva

Guardando la gara di Hulst, tappa olandese della Coppa del mondo di ciclocross, la prima cosa che si capisce è perché quando entrano in campo i tre tenori cambia tutto, diventa un altro sport. Basterebbe guardare solo i primi due minuti della gara: Mathieu Van Der Poel scatta col numero 38, davanti ci sono tutti i protagonisti del circuito mondiale fra belgi e olandesi e l’altro tenore: il campione del mondo Tom Pidcock.

Due minuti. Tanto impiega VDP a riportarsi avanti, al sesto posto, affiancato a un Pidcock che non si è neanche dannato l’anima, quasi sapesse che tanto il rivale si sarebbe subito agganciato. Come ha fatto? Grande potenza, certamente. Classe, non manca di certo. Ma soprattutto cattiveria agonistica e concentrazione. Quei due ingredienti che spesso fanno la differenza. Pontoni lo raccomanda di continuo soprattutto ai più giovani. Che forse dovrebbero riguardarsi quei due minuti al computer e impararli a memoria…

L’olandese era visibilmente soddisfatto a fine gara. Domenica nuovo test (foto Uci)
L’olandese era visibilmente soddisfatto a fine gara. Domenica nuovo test (foto Uci)

Il guanti tolti

Quando Mathieu Van Der Poel scende in gara, lo fa sempre con cognizione di causa, nel senso che sa bene che è in condizione di vincere. Lo era anche lo scorso anno, quando scese in pista a Dendermonde, ma era la pallida copia dal punto di vista fisico del campione che conosciamo. Quello di Hulst è un altro Van Der Poel, molto più in palla anche se a suo dire la schiena non è ancora a posto. E quando è così, difficilmente la vittoria gli sfugge. Dal 2015 è accaduto solo due volte e due resteranno.

La gara ha un’evoluzione abbastanza semplice. Prova veloce, su un terreno scivoloso e disputata molto prima del solito, per lasciare spazio televisivo alla sfida calcistica del Belgio ai mondiali. Van Der Poel nei primi due giri tiene il passo dei rivali a dispetto di evidenti problemi tecnici, che lo portano a scivolare due volte. Nel terzo giro Pidcock cambia marcia e si scrolla di dosso gli specialisti, l’olandese da par suo si toglie i guanti: un segno che sta cambiando qualcosa, che sta per partire?

A Hulst più di una caduta per VDP, apparso ancora in ritardo dal punto di vista tecnico
A Hulst più di una caduta per VDP, apparso ancora in ritardo dal punto di vista tecnico

Aspettando Van Aert

Nella quarta tornata sono rimasti solo loro due, ma Van Der Poel ne ha di più e se ne va, senza essere più raggiunto, anzi Pidcock alla fine abdica anche a causa di una caduta con problema al cerchio, tanto da essere costretto al ritiro. La prima sfida è a favore del padrone di casa, ma domenica sarà un’altra storia, anche perché arriverà il terzo incomodo, un certo Wout Van Aert.

Raramente capita di vedere il campione dell’Alpecin Deceuninck pienamente soddisfatto, ma negli attimi immediatamente successivi alla vittoria di Hulst si percepiva chiaramente che questa non è stata una vittoria come tutte le altre. E’ come se si fosse strappato di dosso i dubbi, il malumore figlio della stagione scorsa, durata la miseria di una gara e mezza. Una stagione cancellata, questa vittoria lo riaggancia al VDP di due anni fa.

«E’ una vittoria gratificante perché finalmente ho avuto tempo e buona salute per preparare la mia uscita nel ciclocross».

E sembra strano ascoltarlo, considerando che di allenamenti specifici ne ha fatti davvero pochi, proprio come Pidcock prima della sfida della domenica precedente a Overijse, persa per pochissimo contro Vanthourenhout.

Pidcock in gara a Kortrijk, prima vittoria per il britannico in maglia iridata
Nella gara di Kortrijk di sabato, prima vittoria per il britannico in maglia iridata

Pidcock: no al mondiale

Nella sua disamina post gara, Van Der Poel sottolinea quel che è andato e non: «La forma fisica è già buona e quella arriva grazie alla preparazione che è già iniziata per la stagione su strada. Tecnicamente però sono molto indietro e in gara si è visto. Per unire le due cose serve tempo, io spero di essere già molto diverso nel periodo delle feste». Cominciando magari da una settimana prima a Vermiglio, gara che ha cerchiato di rosso sul suo personalissimo calendario.

L’altro tenore, la sconfitta l’ha mandata giù senza troppo rimuginarci. Il giorno prima intanto aveva finalmente bagnato con una vittoria la sua maglia iridata, trionfando a Kortrijk nella prova dell’H2O Trofée. Una gara dominata, andando via al secondo giro e trasformando la corsa in un allenamento. Il britannico della Ineos Grenadiers alla fine di questo weekend ha confermato di essere in una forma migliore di quella dello scorso anno nello stesso periodo, ma ha anche ribadito il suo no alla difesa della maglia.

«Voglio onorarla dalla prima all’ultima gara che potrò fare – ha detto – ma poi dovrò pensare alla preparazione della stagione su strada che richiederà tempo e attenzione».

Il podio finale con Sweeck a 15″ e Iserbyt a 22″ (foto Sportpic-Agency)
Il podio finale con Sweeck, secondo a 15″ (foto Sportpic-Agency)

Essere campioni non basta più…

Che cosa resta della sfida di Hulst? Anche un’altra considerazione, la diversa immagine che, come avviene ormai ogni anno, assumono gli altri protagonisti. In occasione della tappa olandese, Iserbyt ad esempio ha perso la leadership della classifica generale a vantaggio di Sweeck, ma questo sembra quasi un inciso, quando invece in qualsiasi sport sarebbe forse il motivo principale di discussione. E’ probabile che, come dice lo stesso Iserbyt, la lotta andrà avanti fino alla fine, ma ora che sono entrati in scena i grossi calibri, se ne accorgeranno in pochi.

E’ il prezzo che si paga alla presenza dei fuoriclasse, quelli che solo con qualche ora di allenamento specifico arrivano e fanno la differenza. Non si può negare che, guardando i vari Iserbyt, Sweeck, Vanthourenhout viene un po’ di malinconia, condannati a vivere in un mondo dove essere campioni non basta più…

A Overijse di scena il nuovo Pidcock, battuto ma felice

22.11.2022
4 min
Salva

C’è stato un momento, nella prova di Coppa del Mondo di Overijse, nel quale si è ben capito perché i “tre tenori” fanno uno sport a parte rispetto agli altri. E’ stato nel primo giro, quando il campione del mondo Tom Pidcock (l’unico in gara, Van Der Poel e Van Aert esordiranno più avanti) è transitato dopo la partenza solitario in fondo al gruppo dei 43 partenti e pure con un certo distacco.

Il podio finale di Overijse, con Vanthourenhout davanti a Pidcock e a Van Der Haar
Il podio finale di Overijse, con Vanthourenhout davanti a Pidcock e a Van Der Haar

Un sorpasso dietro l’altro

Si saprà dopo l’arrivo che in un sol colpo il britannico ha avuto un problema alla catena e a una scarpa. Plausibile considerando che la gara belga si è svolta in un clima da “vero ciclocross”, con pioggia e freddo che avevano trasformato il percorso in una colata di fango. Ebbene, è stato allora che Pidcock ha fatto vedere di che pasta è fatto: una serie inesauribile di sorpassi, uno dopo l’altro con gli avversari che sembravano andare al rallentatore. Alla fine del primo giro era 9°, al secondo era già in testa con i due rivali belgi Vanthourenhout e Iserbyt.

A molti quella cavalcata trionfale ha riportato alla memoria ricordi lontani, quelli di un certo Pirata che sulla salita di Oropa sfilava al fianco del gruppo alla spicciolata, superando un corridore dopo l’altro fino ad andare a vincere. Pidcock ormai sta diventando un habitué delle grandi imprese anche se quella di Overijse è rimasta a metà, perché a vincere è stato il campione europeo Vanthourenhout. Alla fine della gara però le attenzioni maggiori erano rivolte al campione del mondo e lo stesso Michael ha candidamente ammesso che la vittoria è stata un passaggio: «Il prossimo fine settimana le cose temo che andranno diversamente e sarà già un altro Pidcock».

Tra il belga e il britannico c’era stata già la sfida a Merksplas, ma a vincere era stato Sweeck
Tra il belga e il britannico c’era stata già la sfida a Merksplas, ma a vincere era stato Sweeck

Tre ore in bici e basta…

«Mi darei un bell’8 – ha affermato il campione della Ineos Grenadiers al suo arrivo – è stata una gara divertente che mi ha riportato alla mente i percorsi dei miei inizi in Gran Bretagna. D’altronde non potevo neanche pretendere molto di più considerando che nelle gambe avevo un allenamento di due ore in settimana e un’ora di gara al sabato nel Superprestige (concluso al 7° posto a Merksplas, ndr). La sconfitta è dovuta alla caduta nel penultimo giro, tra l’altro su uno dei pochi tratti in asfalto. Ho preso una botta che al lunedì si è fatta sentire…».

La notizia delle pochissime ore in bici ha lasciato gli interlocutori a bocca aperta. Questo è un altro fattore che fa ben capire come nel suo caso (ma da quel che si sa a proposito di Van Der Poel non ci sono così tante differenze…) si parli davvero di qualcosa di diverso rispetto agli altri e forse siano proprio queste cose che innescano una sorta di “inferiority complex” negli altri, come le dichiarazioni post-gara di Vanthourenhout fanno capire. Il suo allenatore Kurt Bogaerts era andato anche oltre parlando di una sola ora di lavoro specifico. In sala stampa Pidcock lo ha corretto, ma non è che poi le cose cambino di molto…

Per il campione europeo Vanthourenhout una vittoria di peso, ma da domenica la musica cambia…
Per il campione europeo Vanthourenhout una vittoria di peso, ma da domenica la musica cambia…

Galleggiare sul fango

Guardando la gara di Overijse con occhio attento, ad esempio non è sfuggita agli occhi esperti la sua straordinaria capacità di guida nei tratti più scivolosi, dove evitava accuratamente di toccare i freni lavorando molto con il manubrio e con gli spostamenti di equilibrio, usando quelle tecniche che lo hanno reso famoso e quasi imbattibile anche nella mountain bike.

Per questo quella caduta sull’asfalto lo ha fatto molto arrabbiare, deconcentrandolo anche mentalmente: «Nell’ultimo giro la gara era ancora recuperabile, ma non avevo la necessaria lucidità e la mia guida non è stata più così pulita, bravo alla fine Vanthourenhout a mantenere quei 3” di vantaggio».

Pidcock sta valutando di non difendere la maglia ai mondiali, anticipando il passaggio alla strada
Pidcock sta valutando di non difendere la maglia ai mondiali, anticipando il passaggio alla strada

E i mondiali? Vedremo…

Al di là del risultato, a fine gara è apparso comunque un Pidcock disteso, neanche troppo interessato al risultato finale e qualcuno glielo ha fatto notare: «Il mio grande obiettivo era vestire questa maglia da campione del mondo, ora quello che viene è un di più. Gareggio senza eccessive pressioni, per divertirmi, tanto che non è neanche detto che sarò al via del prossimo mondiale per difenderla, devo fare i conti con i programmi della squadra per la stagione su strada».

Intanto domenica arriva il primo scontro al vertice, con Van Der Poel: «Andrà sicuramente forte già alla sua prima gara, come ogni anno d’altro canto…».

Ferrand Prevot alla Ineos con Parigi nel mirino

16.10.2022
5 min
Salva

A 30 anni e avendo appena vinto a Cittadella l’oro nel mondiale gravel, Pauline Ferrand Prevot sta per diventare la prima donna a indossare la maglia del Team Ineos Grenadiers. Con cinque mondiali vinti in mountain bike e uno nel ciclocross, la francese è sicuramente una delle star del fuoristrada. Tuttavia è bene ricordarla iridata anche su strada a Ponferrada 2014, lo stesso anno in cui si prese la Freccia Vallone. L’anno dopo, in maglia iridata, ha conquistato invece la tappa di Aprica al Giro Donne. Su strada ha corso dal 2012 al 2020, poi ci ha messo una pietra sopra. Per ora, almeno…

A Ponferrada nel 2014, Ferrand Prevot vince il mondiale elite su strada, su Brennauer e Johannson
A Ponferrada nel 2014, Ferrand Prevot vince il mondiale elite su strada, su Brennauer e Johannson

Contatti a maggio

Non era un mistero che la francese volesse cambiare squadra, avendo perso il feeling con il team BMC. E probabilmente l’aver preso questa decisione ha reso più facile il lavoro di Carsten Jeppesen, che nel team britannico è il coordinatore degli sponsor tecnici, ma da qualche tempo ha ricevuto anche l’incarico di seguire Tom Pidcock nelle trasferte di mountain bike e ciclocross. Ed è stata proprio la frequentazione dei campi di gara offroad ad aver propiziato i contatti fra il danese e la Prevot.

Stando a L’Equipe, pare che il primo approccio sarebbe avvenuto nella prima quindicina di maggio, approfittando delle prove di Coppa del mondo di Albstadt e Nove Mesto. Da lì sono iniziate le trattative che la scorsa settimana hanno portato a ufficializzare l’accordo.

Obiettivo Parigi

Inizialmente, quando si trattava soltanto di anticipazioni, il passaggio era parso anche più clamoroso, perché sembrava che Ineos avesse finalmente aperto le porte al WorldTour femminile. Invece il comunicato ufficiale ha ristretto l’attività della Prevot all’attività fuoristrada, pur con il suo inserimento nello stesso roster di Pidcock, Bernal e compagni stradisti.

La francese, che ha vinto per quattro volte il mondiale di cross country, ha firmato per due anni con un’opzione sul rinnovo, con l’obiettivo dichiarato delle Olimpiadi di Parigi 2024.

«Quello è per tutti – ha spiegato – l’obiettivo principale. I mondiali saranno dei passaggi obbligati e l’occasione per provare materiali e condizione. Fino ad allora non è prevista alcuna attività su strada, poi non si sa…».

La porta non è chiusa del tutto, ma l’apertura all’attività su strada necessita di una serie di passaggi non banali. Non ultima la creazione di un team che per ora non c’è.

Pidcock tecnica
Tom Pidcock in azione ad Albstadt. Proprio in questi giorni di maggio avviene il contatto con Ferrand Prevot
Pidcock tecnica
Tom Pidcock ad Albstadt. In questi giorni di maggio avviene il contatto con Ferrand Prevot

Stage WorldTour

Un team all’interno del team in realtà c’è già ed è quello del fuoristrada, costruito attorno a Tom Pidcock, che ha fatto di Parigi il suo obiettivo principale, con il benestare o la rassegnazione dei suoi datori di lavoro. Di questa struttura, che si sposta con un super truck e il camion officina, si servirà anche la campionessa francese, che in aggiunta sarà aggregata al team maschile con una serie di stage.

«E’ super interessante – commenta Prevot – avrò il mio gruppo intorno e non saranno due squadre diverse. Sarò integrata nella WorldTour, potrò divertirmi ad allenarmi con loro. E questo è ciò che mi è subito piaciuto del progetto. Ho accettato a condizione che io possa tenere Fabien, il mio meccanico, e scegliere il mio programma di gare. L’obiettivo è avere intorno persone che posso chiamare quando ne ho bisogno. In termini di formazione, ho ancora cose da imparare. Ma penso che lavorare con Ineos mi aiuterà a progredire».

Nel 2015 vince da iridata ad Aprica nel Giro Donne, chiudendo 6ª in classifica
Nel 2015 vince da iridata ad Aprica nel Giro Donne, chiudendo 6ª in classifica

Libertà tecnica

E qui si apre un fronte interessante, ispirato da alcune parole di Fausto Pinarello a Grenchen, in occasione dell’Ora di Ganna, quando parlò di nuovi progetti tecnici legati a Pidcock.

Il britannico per ora corre su una BMC Fourstroke, ma nulla vieta di pensare che l’azienda di Treviso, allo stesso modo in cui gli ha fornito il modello Crossista, potrebbe lanciare una mountain bike da gara. Ma appare certo che la cosa non accadrà il prossimo anno, dato che anche Ferrand Prevot avrà ampia libertà di scelta sul fronte dei materiali.

«E’ davvero una possibilità interessante – conferma – quello che mi interessa è che c’è dello sviluppo da fare, materiali da testare. Avrò la consapevolezza di potermi allenare per essere migliore atleticamente, sapendo di avere tutte le possibilità di poter scegliere i materiali migliori, senza vincoli con sponsorizzazioni troppo rigide».

Celestino, due appunti sugli azzurri e due su Pidcock

27.08.2022
6 min
Salva

Domani è un grande giorno per la mtb agonistica: a Les Gets, in Francia si assegnano infatti le maglie iridate della specialità principale, il cross country, quella olimpica. L’evento arriva un mesetto prima di quello su strada, che invece si disputerà a Wollongong, in Australia. Mirko Celestino, oggi commissario tecnico della nazionale mountain, ci introduce in questo viaggio iridato.

E il tecnico ligure lo fa con gli occhi e l’esperienza del grande ex di entrambe le specialità e non solo come cittì, appunto. Cosa potranno fare i nostri? E cosa Tom Pidcock, che abbiamo visto stravincere i recenti europei di Monaco?

Mirko, ecco i mondiali. Si sono già disputate alcune prove, su tutte il team relay: come ci arriviamo?

Direi bene. Sin qui abbiamo ottenuto buoni risultati in tutte le categorie in questa stagione. Tutti i ragazzi e tutte le ragazze sono motivate, a partire da Luca Braidot e Martina Berta, parlando degli elite. Ma anche i giovani sono belli carichi. Finalmente con loro stiamo lavorando bene. Marco Betteo e Valentina Corvi hanno dimostrato buone cose…

E infatti siamo partiti con un buon argento nella prova a squadre…

Sì, il team relay è una prova alla quale tengo particolarmente. E’ la prova di squadra per eccellenza. Avevamo una squadra forte e anche gli altri lo sapevano. Mi aspettavo prestazioni competitive.

All’Europeo di Monaco, dove si assegnava solo il titolo elite, hai portato un giovane come Jury Zanotti e non Luca Braidot, vincitore di due gare di Coppa e addirittura in lizza per la conquista della generale. Perché?

Vero, ho portato Zanotti che è un primo anno elite perché se lo meritava. E poi anche perché, visto il percorso non super tecnico, ho preferito far riposare Luca proprio in vista del mondiale.

Ecco Mirko, hai parlato di percorso poco tecnico, mentre a Les Gets le cose sono diverse…

Mah, alla fine i nostri si sono divertiti a Monaco e, tra virgolette, si è anche sottovalutato quel tracciato. I ragazzi mi hanno detto che era super impegnativo: non c’era un metro di recupero, mai un momento in cui poter tirare il fiato. Tante volte i percorsi facili diventano i più complicati da gestire. Certo, visto quanto siamo abituati ad affrontare in Coppa ci saremmo aspettati qualcosa di più, ma alla fine conta la location e quel che si ha disposizione. E sotto questo punto di vista devo dire che a Monaco si è corso in un parco stupendo e pieno di gente.

Dopo un inizio tranquillo, Pidcock si è sfogato. A Monaco ha sempre avuto la situazione sotto controllo
Dopo un inizio tranquillo, Pidcock si è sfogato. A Monaco ha sempre avuto la situazione sotto controllo
E un percorso così, dove c’era da spingere e con salite lunghe… ha avvantaggiato Pidcock?

Tom riesce a spingere rapporti lunghi e di certo con salite lunghe e regolari diventa perfetto per lui. Può mettere tutti in crisi, però abbiamo visto che riesce a farlo su tutti i terreni! Ha un cambio di marcia pazzesco…

Tu, più da ex di entrambe le discipline che da cittì, come lo hai visto?

Molto bene direi! Ho visto che in qualche modo riesce sempre ad accelerare. Quando è a tutta ho notato che ha ancora quella mezza cartuccia in più, come nei finali di salita o di gara. E questo credo sia demotivante per gli altri. Io ci sono passato e mi ricorda parecchio Paolo Bettini. Quando eri lì, lì per essere al gancio, lui si alzava sui pedali e ti faceva un gran male. E accusavi il colpo.

Aveva margine? 

Ho notato che in alcuni punti del percorso guardava il computerino. Oppure nei tornantini si voltava per controllare cosa succedesse sotto di lui. Aveva addosso quella consapevolezza come a dire: «Se vi avvicinate io ne ho ancora». Sembrava si stesse allenando.

E questo perché è un fenomeno lui o perché la strada gli dà tanto motore?

Sicuramente è la strada. Ha un altro colpo di pedale e ne è consapevole. Ne è consapevole sia da un punto di vista tecnico che di approccio. Quando è nella Mtb arriva in un mondo diverso e in qualche modo si sente superiore. La testa fa anche questo. Ricordiamoci i numeri che ha fatto anche lo scorso anno e non solo ai Giochi. Ad Albstadt, dove non aveva punti, è partito ultimo o quasi ed è arrivato quinto. Chi sa di Mtb sa che questo è un numero pazzesco. Un numero anche a livello mentale. E poi lavora bene. Io non riesco a capacitarmi tante volte. Come ho detto, ci sono passato ed è vero che ho fatto il cambio ad una certa età, ma a me per passare da una bici all’altra serviva sempre un bel po’ di tempo. Pidcock invece, ma anche Van Aert nel cross, riesce ad adattarsi subito. Per loro guidare questa o quella bici non fa differenza. Sono fenomeni.

Hai detto che la strada dà molto. E allora perché non far correre anche i nostri di più su strada?

L’idea della strada c’è e mi piacerebbe portarla avanti. Ma poi bisogna fare i conti con il calendario e trovare i momenti giusti. Non è semplice. E poi con che squadra? Non bastano 2-3 atleti per correre (ipotizzando di farlo con i rispettivi team, ndr). Certo, aiuterebbe soprattutto i più giovani a crescere.

Torniamo a Tom, ma stavolta dal punto di vista contrario: dal biker prestato alla strada. La sua discesa dal Galibier è stata memorabile. Si è notata una grande differenza di guida tra lui e gli altri. Quanto c’era del Pidcock biker nell’impresa dell’Alpe?

Tanto. Con le debite proporzioni mi sono rivisto io in discesa su strada. Quando stavo bene staccavo il cervello. Avevo determinazione, cattiveria, voglia vincere. Da fuori ti dicono: «Questo è pazzo. Ora si ammazza». Ma in quel momento tu non fai calcoli. Sei concentrato e determinato. Io feci così nel Giro di Lombardia che vinsi: rischiai tantissimo nella discesa dalla Val Taleggio e questo mi consentì di prendere il margine necessario.

E un campione così i nostri ragazzi lo temono ancora di più?

Non mi piace molto fare certi paragoni o alimentare altre tensioni, ma ai ragazzi dico sempre che anche quando si è super favoriti ci può essere la giornata storta. Che non bisogna mai partire battuti. Luca Braidot, per esempio, sta bene. Dopo le vittorie in Coppa ha preso consapevolezza dei suoi mezzi. Ha capito che anche lui è in grado di fare certe cose. E poi occhio a Martina Berta, sta crescendo bene. E’ migliorata molto. Ed è ancora giovane.

Puccio ci accompagna nella Ineos del futuro

05.08.2022
5 min
Salva

L’impegno al Giro di Polonia è quasi alle spalle. Salvatore Puccio ne ha approfittato non solo per svolgere i suoi abituali compiti in seno alla Ineos Grenadiers, ma anche per vivere qualche giorno a temperature più miti: «Prima di venire qui ero a casa a Montecarlo e ci si cuoceva. Avevo anche rinunciato al ritiro ad Andorra, ma chi c’è andato mi ha detto che faceva tanto caldo anche lì…».

Puccio è per la Ineos una colonna. Dal 2012, anno del suo ingresso fra i professionisti, non ha mai cambiato casacca, ha già in tasca il contratto per la prossima stagione e ha vissuto sulla sua pelle tutte le trasformazioni del team.

Non solo nel nome da Sky a Ineos, ma anche nella stessa essenza della squadra, passata dai periodi del dominio assoluto, soprattutto nei grandi Giri, a quelli della lotta all’arma bianca anche solo per un posto sul podio.

Puccio Ineos 2022
Puccio è nato il 31 agosto 1989. E’ alla sua 11ª stagione alla Ineos
Puccio Ineos 2022
Puccio è nato il 31 agosto 1989. E’ alla sua 11ª stagione alla Ineos

Che forza i fratelli Hayter

La squadra, reduce dalla terza piazza al Tour di Thomas che come Puccio è uno dei decani della squadra, sta preparando la sua ennesima rivoluzione. Il corridore di Menfi non si scompone e la sua analisi parte dall’ultimo acquisto, il giovane Leo Hayter.

«Non è uno sconosciuto per noi, intanto perché da noi c’è suo fratello Ethan che già va fortissimo ed è una delle nostre punte, poi perché aveva già fatto con noi il ritiro a Mallorca a inizio stagione. I suoi risultati non ci hanno stupito, è un vero talento, altrimenti non vinci la Liegi U23 come ha fatto lo scorso anno e soprattutto fai quello che ha fatto al Giro d’Italia di categoria, con la concorrenza che c’era».

Pidcock Yates 2022
Pidcock e Adam Yates: nel 2023 la Ineos avrà una maggior presenza di inglesi anche per esigenze di sponsor
Pidcock Yates 2022
Pidcock e Adam Yates: nel 2023 la Ineos avrà una maggior presenza di inglesi anche per esigenze di sponsor
La sensazione è che la Ineos stia tornando all’antico: la scelta di avere al fianco dello zoccolo duro inglese un altro gruppo a trazione sudamericana viene quasi rinnegata con la rinuncia a Carapaz e con l’arrivo dei giovani talenti britannici come Leo Hayter…

La squadra ha sempre avuto un forte spirito inglese, con un pizzico di nazionalismo forse più pronunciato che per altre squadre del WorldTour. Prima con Sky c’era uno sponsor multinazionale, ora è più rivolto al mercato interno. Ma non è nulla di nuovo. Anche le squadre italiane d’inizio secolo erano così. Questo non significa che non si guardi anche oltre i confini. Io ne sono la prova, poi in base al valore e a quello che sai fare trovi la tua collocazione.

Quando sei passato professionista c’era ancora una forte componente di squadre italiane?

I tempi stavano già cambiando. C’erano ancora Liquigas e Lampre che poi è diventata il nucleo dell’attuale UAE Team Emirates, ma già il vento stava cambiando. A noi una squadra nel WT manca davvero tanto, ma per averla servono budget enormi non solo per i corridori e l’attività, ma soprattutto per garantire prodotti e strutture all’avanguardia. Qui mi ricollego al discorso di prima: Filippo Ganna è fortissimo e ha a disposizione davvero il top in termini tecnici per ottenere il meglio. Se non resti aggiornato e non investi sull’aerodinamica, non emergi in questo mondo.

In base alla tua esperienza, come verranno accolti i nuovi?

Penso che saranno introdotti nel team in maniera graduale, attraverso un calendario apposito, evitando inizialmente i grandi appuntamenti come i tre Giri. Ma attenzione: quando si parla di calendario secondario si commette un errore, perché ormai di gare secondarie non ne abbiamo più, si va sempre a tutta. Io per esempio quest’anno ho fatto per la prima volta la Coppi e Bartali, ma si andava fortissimo…

Leo Hayter 2019
Leo Hayter, qui agli europei 2019, passerà pro’ alla Ineos ritrovando il fratello Ethan
Leo Hayter 2019
Leo Hayter, qui agli europei 2019, passerà pro’ alla Ineos ritrovando il fratello Ethan
C’è ancora una sorta di “protezione” nei confronti dei più giovani?

Non direi, vengono gettati nella mischia in base a quel che sanno fare. Guardate Sheffield, il nostro americano, a vent’anni ha già vinto una classica in Belgio e si è fatto vedere più volte. Se vali, i modi per farti vedere ci sono eccome…

Pidcock è un esempio?

Tom è talento puro, non vinci le Olimpiadi per caso. Io sono stato con lui alla Vuelta dello scorso anno, veniva da Tokyo e dalla mtb, all’inizio era un po’ frastornato, ma nell’ultima settimana andava forte. Quest’anno al Tour ha dato un saggio delle sue capacità, ma non dimentichiamo quel che aveva fatto prima. E’ un vincente nato.

Tu sei già andato ben oltre i 50 giorni di gara…

Sono sempre quello che alla fine ha più giorni di gara, tra i 70 e gli 80. Non è stata una stagione facile, all’inizio ho avuto il Covid, poi la caduta alla Strade Bianche, fino al Tour of the Alps proprio non andavo. Poi la condizione è arrivata e credo di aver fatto un buon Giro, lavorando molto per Carapaz.

Puccio Swift 2022
Puccio con l’ex campione britannico Ben Swift. La forte componente inglese è sempre stata insita nella Ineos
Puccio Swift 2022
Puccio con l’ex campione britannico Ben Swift. La forte componente inglese è sempre stata insita nella Ineos
In squadra come stanno vivendo questa stagione? Al di là della bella prova di Thomas al Tour, quel marchio impresso sulla corsa non si è visto più.

Credo che i vertici siano soddisfatti. Alle classiche non siamo mai andati così bene, al Giro e al Tour abbiamo comunque preso il podio. Certo, tanti si erano abituati alle vittorie in serie, ma fa parte dei cicli. Magari qualche “batostina” fa anche bene, sarà così più bello tornare a vincere e credo che l’investimento sul futuro sia teso proprio a questo.

Che programmi hai?

Aspetto di sapere se sarò convocato per la Vuelta e magari, andando in Spagna, potrò guadagnarmi una maglia per i mondiali. E’ sempre bello vestire la maglia azzurra ma puoi farlo solo se stai davvero bene, con la gamba tonica come si deve. Manca un mese e mezzo e a questi ritmi, con il covid sempre in agguato, è davvero difficile fare previsioni…

Sta nascendo la Ineos dei giovani: Ellingworth il loro capo

02.06.2022
5 min
Salva

La sera del Fedaia, in casa Ineos Grenadiers si sono resi conto probabilmente che per la prima volta dal 2012 potrebbero chiudere la stagione senza aver vinto un grande Giro.

L’incidente di Bernal ha ridotto il potenziale per il Tour, mentre sarà dura andare contro il… solito Roglic della Vuelta. Il ciclismo offre spazio a variabili imprevedibili, ma in sede di bilancio bisogna essere realisti. D’altro canto il mercato dei corridori di punta è blindato da un pezzo. Lo stesso team britannico parrebbe sul punto di rinnovare il contratto di Ganna, che pure scade alla fine del 2023. E così, non potendo prendere Pogacar, sotto contratto fino al 2027, il team di sir David Brailsford ha iniziato a costruirsi il futuro in casa. E nel frattempo ha prolungato fino al 2027 il contratto con Pidcock.

Parlando con i team manager in giro per le corse, questa è l’osservazione che più circola: vedrete fra 3-4 anni una Ineos ben più incisiva.

Rod Ellingworth, Tour de France 2020
Una vita al Team Sky, poi un anno alla Bahrain McLaren e dal 2021 Ellingworth è tornato alla Ineos
Rod Ellingworth, Tour de France 2020
Una vita al Team Sky, poi un anno alla Bahrain McLaren e dal 2021 Ellingworth è tornato alla Ineos

Sedici corridori U26

Su 31 corridori del team, ce ne sono 14 al di sotto dei 25 anni. Nomi come Bernal (25), Ganna (25), Dunbar (25), Narvaez (25), Sivakov (24), Hayter (23), Pidcock (22), Plapp (21), Rodriguez (21, foto di apertura), Tulett (20), Sheffield (20). Martinez, Rivera e De Plus ne hanno 26. Ragazzi che hanno già vinto e anche bene e che stanno seguendo un percorso di crescita progressivo che punta dritto verso il futuro. Quelli più maturi servono invece a garantire il presente.

Individuare il talento

Tra i motivi che due anni fa spinsero Brailsford a richiamare Rod Ellingworth nel suo team ci fu proprio la voglia di rifondarlo. Il “rosso di Burnley” aveva voltato la pagina e nel 2020 era approdato al Team Bahrain, portando con sé la mentalità Sky. Aveva reimpostato lavoro e rapporti interpersonali. E anche se non tutti riuscivano allora a farsene una ragione, i buoni risultati odierni del team di Miholjevic dipendono anche da quel tipo di inquadramento. Ma non fu mai del tutto amore, tanto che nel 2021 Rod è tornato alla casa madre.

Sivakov ha 24 anni e ha corso il Giro in appoggio a Carapaz. Ha un futuro da leader?
Sivakov ha 24 anni e ha corso il Giro in appoggio a Carapaz. Ha un futuro da leader?

«Tra i motivi del ritorno – ci ha raccontato il mattino di Verona, prima che iniziasse la crono finale del Giro – ci fu anche l’intenzione di iniziare un lavoro diverso sul piano dello sviluppo con i corridori più giovani. Non ci è mai interessato aprire una continental, è solo un modo di legarsi le mani. Ma è innegabile che il ciclismo stia cambiando molto e serviva un modo nuovo per scoprire e gestire il talento».

Programma interno

Il ciclismo che cambia sta anche nella necessità di anticipare la selezione. Mentre prima nessun giovane britannico si sarebbe sognato di passare professionista senza prima fare un passaggio con il team di Brailsford, aver perso l’aggancio diretto con British Cycling ha fatto sì che nel 2020 Ben Tulett abbia firmato con la Alpecin-Fenix ad appena 19 anni. Riprenderlo era una missione e così è stato.

Tulett è arrivato quest’anno alla Ineos dopo due stagioni alla Alpecin. Al Giro, è stato 5° in entrambe le crono
Tulett è arrivato quest’anno alla Ineos dopo due stagioni alla Alpecin. Al Giro, è stato 5° in entrambe le crono

«Ben è un giovane – ha sorriso Ellingworth – che seguivamo da un po’. Ha fatto progressi impressionanti nell’ultimo anno e il suo approccio e il suo atteggiamento sono esattamente ciò che cerchiamo. La sua passione per le corse unita all’ambiente del nostro team lo aiuterà a salire un altro scalino. Quel che vorrei sottolineare infatti è che abbiamo iniziato subito con un nostro programma interno. Certo ricorriamo anche ai suggerimenti dei procuratori, ma soprattutto puntiamo su un mix tra il nostro lavoro di scouting e i buoni rapporti con i club più piccoli e le federazioni. Avere buoni rapporti con loro serve a sapere che magari ci sono dei ragazzi giovanissimi in arrivo».

Diversi livelli di accesso

Il programma interno prevede anche la possibilità indicata giorni fa da Fabrizio Tacchino. Il giovane che voglia essere valutato e che non rientri nel programma di scouting del team può essere considerato previa valutazione di tutti i suoi allenamenti e le gare dell’ultimo anno.

Pidcock Kwiatkowski 2022
Pidcock ha il contratto fino al 2027: come Pogacar alla UAE, blindato per evitare sorprese
Pidcock Kwiatkowski 2022
Pidcock ha il contratto fino al 2027: come Pogacar alla UAE, blindato per evitare sorprese

«Conosco Tacchino – ha confermato Ellingworth – e quello che ha detto è vero. Abbiamo diversi livelli di accesso al nostro team. Chiunque può entrare in contatto con noi, ma è chiaro che se non lo conosciamo, abbiamo bisogno di valutarlo. In questo modo, possiamo renderci conto del suo livello e valutare se approfondire o meno la conoscenza».

Il nodo Rodriguez

E così il Team Ineos Grenadiers si affaccia sul futuro dovendo ancora rinnovare il contratto di Carapaz, con Richie Porte che si ritirerà a fine stagione e corridori come Thomas e Swift impegnati sino a fine 2023. Quella è anche la data di fine contratto di Carlos Rodriguez e sarà curioso capire se si procederà presto al rinnovo, dato che si tratta di uno dei ragazzi più promettenti, che però al pari di Ayuso è nell’orbita di Matxin. La corte britannica saprà trattenerlo oppure rimarrà anche lui… vittima della seduzione araba?

Pidcock iride 2022

Pidcock guarda al Tour e pensa alla… tripla corona

22.05.2022
5 min
Salva

«Tom, noi andiamo». Il ristretto staff che segue Tom Pidcock sta per lasciare l’albergo di Albstadt, dove il giorno prima il giovane britannico è tornato al successo in Coppa del Mondo di Mtb. Da un momento all’altro dovrebbe scendere e salire sul pullman che lo porterà a Nove Mesto. Quando compare nella hall, tutti però rimangono di stucco, perché Tom è preparato di tutto punto per andare in bici. «Partite pure, ci vediamo lì». Lì significa che Pidcock si sorbirà 190 chilometri e più di 2.000 metri di dislivello, a un’andatura tranquilla ma neanche troppo, per una media di 32 chilometri all’ora. Si è fermato a circa 200 chilometri dalla meta, raggiunto dal suo entourage.

Pidcock strava 2022
Il file Strava postato dallo stesso Pidcock a testimoniare la sua “avventura” del lunedì
Pidcock strava 2022
Il file Strava postato dallo stesso Pidcock a testimoniare la sua “avventura” del lunedì

Un bis quasi annunciato

Non è la prima volta che Pidders, il suo nomignolo, fa una cosa del genere, anzi la sua scelta è stata anche un po’ scaramantica, perché aveva fatto lo stesso lo scorso anno e la tappa ceka si concluse con il suo clamoroso successo ai danni di Mathieu Van Der Poel. A conti fatti, la sua scelta è stata indovinata, perché la domenica successiva a Nove Mesto ha fatto il bis. Ha battuto in una bellissima volata un altro giovane rampante della mtb come il rumeno Vlad Dascalu. Ha anche contenuto il furioso ritorno dell’iridato svizzero Nino Schurter, capace di rimontare nell’ultimo giro dalla 17esima alla terza posizione dopo una caduta.

Pidcock Nove Mesto 2022
La volata vincente del britannico su Dascalu a Nove Mesto, seconda vittoria in 7 giorni (foto Getty Images)
Pidcock Nove Mesto 2022
La volata vincente del britannico su Dascalu a Nove Mesto, seconda vittoria in 7 giorni (foto Getty Images)

L’esempio della Ferrand Prevot

Due vittorie di seguito. Non male la campagna primaverile di Pidcock sulle ruote grasse e molti si chiedono ancora perché non sia al Giro, come spalla ma magari anche alternativa a Carapaz ricordando quanto fu capace di fare al Giro U23 del 2020. Non è stato un ripiego, ma una precisa scelta quella del britannico. Che d’altronde quest’anno ha un’idea in testa, maturata nelle ore immediatamente successive alla conquista della maglia iridata di ciclocross nella lontana Fayetteville.

«Nessuno ha mai vinto tre maglie iridate in tre specialità nello stesso anno, ma Pauline Ferrand Prevot lo ha fatto fra le donne, nel senso che si è trovata a essere campionessa del mondo nello stesso momento. Io no, voglio proprio vincere il titolo nello stesso anno solare nel ciclocross, nella mtb e su strada, essere il primo a ottenere questa triplice corona nel ciclismo».

Pidcock Kwiatkowski 2022
Pidcock e Kwiatkowski alla Liegi: il giorno dopo escursione sul pavé del prossimo Tour
Pidcock Kwiatkowski 2022
Pidcock e Kwiatkowski alla Liegi: il giorno dopo escursione sul pavé del prossimo Tour

Un assaggio di pavé

Il suo calendario è stato quindi costruito di conseguenza e per questo Pidcock sarà al Tour de France. Con quali finalità e prospettive è tutto da verificare, ma che ci tenga è chiaro. Il giorno dopo la Liegi-Bastogne-Liegi, ha effettuato una lunga escursione con Kwiatkowski sul percorso della quinta frazione, quella del pavè. Per sua stessa ammissione, il britannico non si sente ancora a suo agio nelle gare a tappe. Meglio quelle d’un giorno dove ha già fatto vedere il suo valore: «Il discorso però è un po’ più complesso – ha avuto modo di affermare all’indomani dei problemi gastrici che di fatto hanno invalidato la sua campagna del Nord – la bici da corsa secondo me è più competitiva, ma per fisico e corporatura io sono più portato per la mtb».

Il campione della Ineos sa anche e molto bene che il suo futuro deve essere su strada. Tenere il piede in varie staffe non può durare a lungo. Gli stessi Van Aert e Van Der Poel se ne sono accorti sulla loro pelle e stanno progressivamente diminuendo le loro apparizioni extra-strada. Pidcock è più giovane e si è preso ancora del tempo anche perché vuole cogliere i suoi obiettivi: «Non aumenterò le mie presenze sulla mtb – ha sottolineato dopo il trionfo di Nove Mesto – quindi non seguirò il cammino di Coppa del Mondo. Sarò sicuramente ai mondiali e il Tour de France mi servirà per prepararli, acquisendo la base di fondo necessaria. Poi tornerò alla strada e andrò al Giro di Gran Bretagna per essere a punto per i mondiali su strada di Wollongong».

Pidcock programmi 2022
Ora il talento della Ineos torna alla strada, con obiettivo la Grande Boucle
Pidcock programmi 2022
Ora il talento della Ineos torna alla strada, con obiettivo la Grande Boucle

Dopo il 2024 si cambia

Il tracciato australiano è sì adatto ai velocisti, ma a ben guardare un corridore con le sue caratteristiche dovrebbe essere perfettamente a suo agio su quel percorso, pensando magari a una fuga decisiva con pochi corridori nella quale far valere il suo spunto. Per questo il ferro va battuto adesso, questo treno passa ora, poi prenderà le sue decisioni, tenendo però sempre presente che a Parigi 2024 vuole assolutamente difendere il suo titolo olimpico nella mtb. Probabilmente poi si dedicherà a tempo pieno alla strada e zi vedranno finalmente quali possono essere i suoi limiti. Alla Ineos sono comunque disposti a dargli tempo, intanto il suo contratto è stato allungato fino al 2027…

Pidcock mtb 2022

Intanto Pidcock in mtb non ha perso il suo vizio: vincere…

09.05.2022
5 min
Salva

Raramente si è visto Tom Pidcock sorridere come dopo la sua vittoria ad Albstadt, nella prima prova europea della Coppa del Mondo di mtb. Il perché non è dato tanto dalla portata pur significativa dell’evento, quanto da quando questa vittoria è arrivata, ossia dopo un periodo di classiche del Nord che per il britannico non è davvero andato come sperava. Per questo, per capire che cosa davvero Tom ha fatto in terra tedesca, non si può non partire da un paio di settimane prima.

Pidcock Albstadt 2022
Abstadt è un posto magico per la mtb, in migliaia ad assistere alle gare (foto Alessandro Di Donato)
Pidcock Albstadt 2022
Abstadt è un posto magico per la mtb, in migliaia ad assistere alle gare (foto Alessandro Di Donato)

La caduta della Doyenne

Liegi-Bastogne-Liegi. Pidcock cerca il riscatto, dopo una stagione di corse in linea dalla quale si aspettava molto di più. Ha portato a casa il terzo posto alla Dwars door Vlaanderen e il 5° alla Freccia del Brabante, poco rispetto a quanto si attendeva. La sua Doyenne si chiude però a una sessantina di chilometri dal traguardo, in quella maxi caduta costata buona parte della stagione al campione del mondo Alaphilippe e infortuni diffusi a buona parte del gruppo. Anche Pidcock non ne è esente: «Volete sapere una cosa? Ho sacrificato una delle mie nove vite…

«Un corridore della Total Energies (identificato poi in Jeremy Cabot, ndr) ha fatto una mossa da irresponsabile cercando di passare dove non si poteva e questo è il risultato. Io ho riportato forse un dito rotto e posso dirmi fortunato».

Pidcock discesa
Il britannico è rimasto sulle sue per due terzi di gara, ma quando ha forzato, ha chiuso i conti (foto Alessandro Di Donato)
Pidcock discesa
Il britannico è rimasto sulle sue per due terzi di gara, ma quando ha forzato, ha chiuso i conti (foto Alessandro Di Donato)

Una gara dominata

Alla fine poi quel dito non era fratturato, ma Tom è uscito dal periodo con un diavolo per capello. Tornare alla mtb è stato come riappropriarsi delle sue radici, resettare tutto dopo un periodo che gli ha dato più dolori che gioie. E’ vero, in mtb non si era allenato molto dall’inizio della stagione, non c’era neanche la possibilità, ma sapendo di avere qualche giorno a disposizione per Albstadt si è messo al lavoro con un piglio nuovo, con una rabbia interiore che gli ha dato quel qualcosa in più.

In terra tedesca Pidcock è tornato alle corse fuoristrada dopo la splendida stagione di ciclocross, culminata con il trionfo ai mondiali di Fayetteville, ma in fin dei conti non prendeva in mano una mtb dalla vittoria olimpica di Tokyo. Appena si è rimesso a girare però è come se tutto fosse tornato come in quel magico giorno giapponese. Aveva dominato allora, lo ha fatto anche in Germania.

Pidcock tecnica
Nuova forcella? Un’evoluzione elettronica della Suntour usata a Tokyo? (foto Alessandro Di Donato)
Pidcock tecnica
Nuova forcella? Un’evoluzione elettronica della Suntour usata a Tokyo? (foto Alessandro Di Donato)

Poco allenamento in mtb

In Germania, in quel che è considerato ormai un tempio della mtb, Pidcock inizialmente ha lasciato fare agli specialisti, con un folto gruppo in testa guidato dal vincitore della passata edizione, quel Victor Koretzky, francese, che ha scelto la stessa via del britannico dedicandosi quest’anno più alla strada correndo nella B&B. Più volte era Nino Schurter, il pluricampione del mondo svizzero a provare a fare selezione, senza però riuscirci.

«Quando ho visto che le acque non si smuovevano ho provato io a fare qualcosa – ha raccontato Pidcock alla fine della gara – e ho visto che si era creato un divario, anche più facilmente di quanto immaginassi. Vi posso assicurare che è stata più dura di quel che si è visto, proprio perché in mtb mi sono allenato poco, ma d’altronde il principio di base è sempre vero: quando impari ad andare in bici, poi non lo dimentichi più…».

Pidcock arrivo
Impennata per salutare il pubblico, dopo un ultimo giro senza spingere (foto Alessandro Di Donato)
Pidcock arrivo
Impennata per salutare il pubblico, dopo un ultimo giro senza spingere (foto Alessandro Di Donato)

In Coppa sempre più stradisti

Effettivamente il britannico della Ineos Grenadiers ha scavato un solco fra lui e gli altri ben più grande di quel che i risultati finali dicono, perché l’ultimo giro si è trasformato in una passerella per lui, che salutava il pubblico e dava spettacolo sulla sua bici, mentre gli avversari si dannavano per le posizioni di rincalzo, ha ricordato molto quel che si era visto a Fayetteville, con quel volo d’angelo sul traguardo del quale tanto si è discusso.

Guardando la classifica di Albstadt, si nota come la commistione fra strada e mtb stia diventando sempre più abituale nell’offroad. Detto di Koretzky, andato in verità spegnendosi nel corso della gara, c’è stato l’ottavo posto di Filippo Colombo, lo svizzero sempre più coinvolto dalle gare su strada e del quale vi abbiamo già raccontato. 20° è stato Ondrej Cink, 31enne tornato alla Mtb dopo un’esperienza poco rimarchevole alla Bahrain. Solo 41° invece Samuel Gaze, neozelandese dell’Alpecin Fenix che due giorni prima però aveva fatto saltare il banco nello short track, la gara breve che da quest’anno ha una vita propria nella mtb, con un proprio circuito di coppa del mondo (anche se continua ad assegnare i posti principali in griglia di partenza alla domenica) e avrà anche la sua prova ai mondiali.

Gaze Albstadt
Nel giorno del trionfo rosa di VDP, Gaze esalta l’Alpecin Fenix anche ad Albstadt (foto Alessandro Di Donato)
Gaze Albstadt
Nel giorno del trionfo rosa di VDP, Gaze esalta l’Alpecin Fenix anche ad Albstadt (foto Alessandro Di Donato)

Un kiwi alla corte di VDP

Gaze era considerato un grande talento fin dalle categorie giovanili con due titoli mondiali U23 al suo attivo, ma su di lui ha poggiato gli occhi la sfortuna, che lo ha martoriato. Basti pensare che quest’anno, dopo che si era messo in luce al Tour of Antalya con una Top 10, si è dovuto fermare per un’operazione a entrambe le ginocchia. Nel 2019 aveva deciso di provare la strada, era entrato a far parte della Deceuninck Quick Step, ma dopo un anno la sua parabola sembrava già conclusa.

Conoscendolo da vicino, Mathieu Van Der Poel ha invece deciso di prenderlo sotto la sua ala, convincendo i dirigenti dell’Alpecin Fenix a dargli una possibilità, per condividere gli sforzi sia su strada che nella mtb. In fin dei conti ha ancora 26 anni e può dare molto, soprattutto è pronto a fare di tutto per il suo capitano olandese, che nel suo sogno di vincere tre titoli mondiali in tre discipline diverse, avrà bisogno di un sostegno anche al di fuori della nazionale orange.