Da solo sul Teide, la veglia d’armi di Sonny Colbrelli

18.02.2022
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Sonny è sul Teide ed è rimasto solo, da quando Caruso e gli altri sono scesi per andare a correre. Per fortuna aveva attorno lo staff del Team Bahrain Victorious – il preparatore Artuso, Ronny Baron per le bici e Pierluigi Marchioro per le sue gambe – che si è preso cura di lui nei giorni senza i compagni. Lassù il tempo passa lento. Perciò se durante il giorno si lavora con la catena sempre in tiro, il pomeriggio ha ritmi al rallentatore.

«Sono qui e guardo il vulcano ogni giorno – ammette – a volte è un po’ dura, perché non c’è niente. Però alla fine anche queste due settimane sono passate. Come è passato il ritiro di dicembre. Poi i due a Gran Canaria da solo, il secondo per supplire a quello del team saltato per delle positività. Dovevano venire anche Caruso e sua moglie, poi però la mia compagna non ha potuto per impegni di famiglia e Ornella, la moglie di Damiano, ha detto che avrebbe preferito non venire per stare tutto il tempo da sola. Così sono andato, è stato per una buona causa. E fra poco si comincia».

A Calpe con Caruso nel ritiro di dicembre. Quello di gennaio è stato annullato per Covid
A Calpe con Caruso nel ritiro di dicembre. Quello di gennaio è stato annullato per Covid

Debutto a Nord

Per cominciare hanno scelto per lui l’apertura in Belgio, Het Nieuwsblad e Kuurne. Sono le strade del Nord, il suo pane quotidiano. Ma debuttare lassù dopo aver vinto la Roubaix e senza corse nelle gambe sarà un bel passaggio. Sorride e lo ammette. E intanto pensa alla rifinitura da fare per trovare il ritmo che altri stanno costruendo con le corse.

«Inizio senza grandi obiettivi – dice – l’importante è stare bene. Ma non mi tiro indietro e ho fiducia di poter fare qualcosa. All’Het Nieuwsblad ci saranno certamente corridori con più condizione, però lassù mi aspettano, per questo non voglio partire piano. E per questo lunedì e martedì a casa chiederò a mio padre o a qualche amico ci aiutarmi dietro moto per velocizzare un po’ le gambe. E poi il 23 si parte per il Belgio».

Dopo la vittoria alla Roubaix di ottobre, le sfide del Nord per Sonny saranno il clou della stagione
Dopo la vittoria alla Roubaix di ottobre, le sfide del Nord per Sonny saranno il clou della stagione
Per uno come te, la primavera vale doppio?

E’ la mia stagione, per le corse che ci sono. E abbiamo scelto con attenzione. Non farò la Strade Bianche, anche se mi piace molto, perché vogliono tenermi più tranquillo. Non so ancora se ci sarà la Tirreno o la Parigi-Nizza. Di certo però ci sarà la Sanremo.

La corsa del sesto posto al secondo tentativo…

E’ il primo vero obiettivo stagionale. Mi stuzzica anche pensare alle varie ipotesi tattiche. Per me la cosa migliore sarebbe che si formasse un gruppetto sul Poggio, con cui andare all’arrivo per giocarci ciascuno le sue carte.

Ormai ti viene quasi più facile fare selezione in salita che giocarti le volate?

Mi sento veloce, ma non sono mai stato un velocista. Ho sempre voluto fare le volate, ma ne ho vinte ben poche. Nei primi Tour andavo da velocista, nell’ultimo sono andato in fuga nelle tappe di montagna. Ma gli sprint bisogna continuare a farli, per non perdere l’attitudine.

Nel 2014, alla seconda Sanremo, Sonny arriva sesto attaccando in finale
Nel 2014, alla seconda Sanremo, Sonny arriva sesto attaccando in finale
Avrai la squadra per te?

Ci sarà un bel gruppo. Mohoric ed io. Poi Caruso e Haussler. Una squadra molto bella, costruita per fare male.

Se non ti sei allenato da velocista, che allenamento hai fatto lassù?

Ho lavorato tanto sui cambi di ritmo quando le gambe bruciano. Quassù la catena è davvero sempre in tiro, pianura ce n’è gran poca. Ma trovo bello farsi del male in allenamento, perché significherà essere pronti in gara. Vincere mi ha dato convinzione, ma anche visibilità e importanza. Bisogna far vedere che il 2021 non è stato per caso.

Com’è negli ultimi giorni allenarsi da solo?

Meglio con i compagni (ride, ndr), soprattutto se è una bella compagnia. Quelle quattro battute mentre sei a tutta o quando molli un attimo aiutano a farla passare meglio. Ma in ogni caso ho la mia tabella, i miei lavori da fare…

Per Sonny Colbrelli ci sarà ancora la Merida Reacto con misure invariate
Per Sonny ci sarà ancora la Reacto con misure invariate
I tuoi colleghi hanno fatto prove di materiali e posizioni, tu cosa hai fatto?

Non ho toccato niente della bici. Sono messo allo stesso modo da quando sono in Bahrain e non ho intenzione di modificare qualcosa che funziona.

Shimano non produce più il 53, come si fa?

Tanto io ho sempre usato il 54. Semmai la differenza potrebbe farla il fatto che c’è il 40 invece del 39. Una volta sarebbe stato un problema, ma con 12 velocità al posteriore e la possibilità di avere il 30, anche quello non incide più di tanto.

Ruote per le classiche?

Het Nieuwsblad con un medio profilo, diciamo 40 o 45 millimetri, e con i tubeless. Alla Sanremo cerchi da 60 e tubolari, con cui mi trovo meglio. Non è un fatto di peso, piuttosto una questione di feeling. Sui tubolari mi sento meglio e per certe corse sentirsi bene è fondamentale.

Campione d’Italia e d’Europa: dopo il super 2021, l’obiettivo ora è confermarsi
Campione d’Italia e d’Europa: dopo il super 2021, l’obiettivo ora è confermarsi
Quanta gente c’è lassù?

C’è Formolo, che è solo come me. Ci sono dieci della Jumbo Visma e devo dire che Van Aert va davvero forte. Per le classiche hanno un gruppo davvero agguerrito. E oggi è arrivato Ballerini, ma lui non credo che comincerà all’Het Nieuwsblad. Siamo tutti quassù con una missione, cercando il modo di passare il tempo. Perciò adesso parlo con voi, poi do un’occhiata ai social. E poi magari vado a fare compagnia a Formolo. Che tipo Davide…

Dal Teide la sensazione di un Caruso ancora più tosto

04.02.2022
6 min
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Quando da Ragusa si affaccia verso Comiso, nei giorni limpidi Damiano Caruso vede chiaramente l’Etna. Quei 130 chilometri sono niente al cospetto dei 3.357 metri del gigante nero di Catania. Da un paio di giorni, il suo scenario è pieno di un altro vulcano, alto appena 200 metri di più, ma così vicino da poterlo toccare. Il Teide, luogo mitologico di eruzioni e campioni, che per due settimane farà compagnia alle sue uscite.

«Da un vulcano all’altro – sorride – uno lo vedo in alto, qua siamo quasi in cima. E’ il secondo ritiro di stagione, ho evitato di andare a quello di gennaio con la squadra per non rischiare contagi. Non era il momento per viaggiare. E alla fine è venuto fuori un inverno bello lungo, anche perché ho staccato abbastanza presto, il 5 settembre dopo la Vuelta. Sono arrivato a fine stagione con le batterie scariche e bisogno di tirare il fiato. Ho pedalato ancora a settembre e ottobre, perché da noi in quel periodo è ancora caldo. Poi quando a novembre, guardando la bici, ho avuto voglia di ripartire, ho ricominciato. A pedalare. A curare l’alimentazione. A lavorare, insomma…».

Sul Teide Caruso rifinirà la preparazione, in vista del debutto alla Ruta del Sol (foto Instagram)
Sul Teide Caruso rifinirà la preparazione, in vista del debutto alla Ruta del Sol (foto Instagram)

Il debutto della 14ª stagione da professionista di Damiano Caruso è fissato alla Ruta del Sol, fino ad allora resterà quassù a macinare chilometri e pensieri.

E’ sempre facile riprendere o dopo un po’ diventa complicato?

Dipende sempre da come finisci la stagione. Quando faccio il Tour e poi stacco, la condizione va giù ed è sempre più difficile. Questa volta, avendo fatto la Vuelta, la ripresa è stata buona, perché andando ancora in bici, il corpo non ha mai smesso in effetti di essere efficiente. E comunque anni e anni di adattamento alla bici e a certi meccanismi non si cancellano per poche settimane senza allenarsi.

Come è stato congedarsi dal 2021?

Se guardo indietro, è stato uno spasso. E’ filato tutto liscio. Guardo quello che ho fatto e mi faccio i complimenti, sono soddisfazioni. Sto ancora metabolizzando il tutto, perché un anno così proprio non me lo aspettavo. Anche se pensavo che dopo tanto lavoro, qualcosa di buono prima o poi sarebbe venuto fuori.

Fare la differenza nel gruppo dei migliori ha fatto crescere in Caruso la consapevolezza
Fare la differenza nel gruppo dei migliori ha fatto crescere in Caruso la consapevolezza
Un anno che fa alzare l’asticella?

E’ facile farsi prendere dall’euforia, soprattutto quando ci sei ancora dentro. Sappiamo tutti però che non tutte le annate sono uguali. E poi c’è la carta di identità che potrebbe presentare il conto, anche se continuando a lavorare con lo stesso impegno, il livello sarà ancora buono. Finché hai voglia di fare il tuo lavoro, le cose filano come devono.

Pensi di avere ancora margini?

Fisicamente magari no, non lo so. Però ho lavorato bene per tanto tempo, probabilmente senza ottenere quel che era giusto. Invece a 34 anni ho tirato fuori l’anno migliore. Contano tanto la determinazione e capire che non si deve essere al top in ogni corsa. A questo livello ne bastano 2-3 fatte al top e fai la differenza. Serve la testa per sopportare lo stress e i carichi di lavoro e questa viene con l’esperienza di anni e anni.

Su Instagram, un selfie con il figlio maggiore Oscar, prima di partire
Su Instagram, un selfie con il figlio maggiore Oscar, prima di partire
Come la mettiamo con i ragazzini degli ultimi due anni?

A parte i veri fenomeni, come Pogacar ed Evenepoel, sono curioso di vedere come evolverà la situazione nei prossimi 2-3 anni. Prima o poi il conto da pagare arriva e qui c’è gente che per euforia o necessità, ha corso 4 grandi Giri in un anno. Non siamo fatti per pedalare 40 mila chilometri a stagione. Io credo di aver trovato il giusto equilibrio che mi ha dato una carriera lunga, ma sono pronto a sentirmi dire che se un ragazzo riesce a guadagnare in 6 anni quello che io ho raggranellato in 15, allora può smettere prima. Di certo se quando sono passato fossi stato capace di certi risultati, neanche io mi sarei tirato indietro.

Hai pubblicato un messaggio di auguri a Bernal, con il podio del Giro e la speranza che torni quel sorriso.

Sto male per incidenti del genere, anche quando coinvolgono il vicino di casa. Capisci quanto siamo vulnerabili. Poi ho capito la dinamica e mi sono reso conto che Egan sia fortunato ad essere qui per raccontarlo. E credo che anche lui se ne starà rendendo conto.

Sul podio del Giro, Caruso con Bernal, cui dopo l’incidente va il suo pensiero
Sul podio del Giro, Caruso con Bernal, cui dopo l’incidente va il suo pensiero
Arrivasti in questa squadra per aiutare Nibali, però alla fine del primo anno lui se ne andò.

All’inizio fui spaesato, andava via la persona per cui ero arrivato. Ma mi sono detto che il Team Bahrain Victorious (allora si chiamava Bahrain-Merida, ndr) mi aveva voluto per i miei numeri e così iniziai a fare bene il mio. Cercavano un gregario e avevano trovato un altro corridore. Le cose della vita sono così, forse se lo scorso anno il povero Landa non avesse avuto quella caduta, non avrei mai fatto un Giro così. Ero partito con l’intenzione di vincere una tappa, sapevo che sarebbe venuta, perché avevo le carte per riuscirci.

E il Giro ha cambiato la consapevolezza?

Sono andato alla Vuelta sapendo che una tappa potevo vincerla ancora e così è stato.

In squadra c’è la stessa euforia dello scorso anno?

Se possibile anche di più. Chi ha fatto risultato vuole ripetersi o migliorarsi, gli altri non vogliono essere da meno. Ci sono i presupposti per fare bene. Se due anni fa ci avessero detto che avremmo vinto più di 30 gare, non ci avremmo creduto.

La vittoria di Caruso all’Alto de Velefique alla Vuelta ha dato più spessore a quella del Giro all’Alpe di Mera
La vittoria all’Alto de Velefique alla Vuelta ha dato più spessore a quella del Giro all’Alpe di Mera
Il Giro è stato la conseguenza di alcune situazioni, l’idea era vincere una tappa.

E’ la mia idea anche adesso. Fare un grande Giro per tenere duro tre settimane è logorante a livello mentale. Meglio partire con una buona condizione, puntando a una tappa e vedere se viene fuori altro. Il bello è che per vincere non devo andare in fuga. E vincere andando via dal gruppo dei migliori è una bella sensazione.

Debutto alla Ruta del Sol e poi?

E poi in Belgio a provare la tappa del pavé del Tour. Sfrutteremo i mezzi che sono su per l’Het Nieuwsblad e spero che piova. Voglio provare il pavé nelle condizioni in cui Sonny (Colbrelli, ndr) ha vinto la Roubaix. Affronterò quel giorno con serietà. Voglio mettermi a ruota di uno che conosce quelle strade. Mi piace ancora fare il mio lavoro…

Il Teide ci consegna un Bettiol rampante

04.05.2021
5 min
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Quando risponde al telefono il tono della voce di Alberto Bettiol è brillante. Il toscano viene da un inverno a dir poco difficile, costellato da problemi fisici. Lo avevamo sentito alla vigilia della Strade Bianche e il suo quadro fisico e atletico era parecchio basso.

Ma l’aria del vulcano, il Teide tanto per cambiare, deve avergli fatto bene. E adesso Alberto si appresta ad affrontare il suo secondo Giro d’Italia.

Alberto Bettiol (27 anni) in ritiro sul Teide, dove è stato per due settimane
Alberto Bettiol (27 anni) in ritiro sul Teide
Alberto come stai? Come è andata in ritiro?

Sto bene! E’ stato un buon ritiro. Charly Wegelius mi aveva accennato che sarei potuto essere coinvolto al Giro già prima del Belgio e una volta che tutto è diventato realtà abbiamo pensato che passare due settimane in ritiro fosse l’avvicinamento migliore. Sono state due settimane ottime. Ero da solo con il massaggiatore del team. Insomma ho fatto vita da monaco, quella che serve per andare forte.

E adesso il Giro dunque…

Si parte con una crono. L’ultima che ho fatto è stata quella della Tirreno. I valori sono buoni ma poi sarà la strada a parlare. Spero che questo Giro mi riporti ai mie livelli. Andrebbero bene anche quelli del 2020 in cui comunque andai forte prima e dopo il lock down.

Hai avuto un inverno difficile: cosa ti era successo?

Ho avuto un inverno altalenante dovuto ad una colite ulcerosa. Mi sono anche spaventato, vedevo del sangue. Andava oltre il discorso sportivo. Non stavo bene. Ho fatto una visita prima di andare in altura e adesso sto decisamente meglio. Continuo la cura, anche se è molto blanda, perché il medico ha detto che per queste cose le ricadute sono dietro l’angolo. Questo mi ha tolto mesi di buon allenamento. Non riuscivo a fare più di un’ora, avevo persino problemi a stare in macchina. Mi sono preoccupato e spaventato anche per il ragazzo che sono, non solo per l’atleta.

Come nasce questa tua colite? E’ un fattore di stress?

E’ una malattia psicosomatica. Io somatizzo lo stress così e può succedere nella fascia d’età tra i 25 e i 40 anni, indipendentemente dallo stress o dall’essere un atleta. E non dipende solo da fattori mentali, ma anche dalla vita frenetica che facciamo. Due giorni fa ero su un’aereo, adesso sono in macchina, dopodomani parto per il Giro… E vi assicuro che le visite stesse non sono state piacevoli! Questa colite dunque mi ha impedito di fare la base. Quindi ho faticato alla Sanremo, 300 chilometri, nel tappone della Tirreno, al Fiandre. Ho corso con gente che aveva tanti, ma tanti chilometri più di me. Per questo sono stato contento di essere andato in ritiro e di partire per il Giro. Non ho mai perso la fiducia.

«Mi aspetta una stagione importante, sono anche in scadenza di contratto», ha detto Bettiol
«Mi aspetta una stagione importante, sono anche in scadenza di contratto», ha detto Bettiol
Possiamo immaginare…

Ho entusiasmo per il Giro e non vedevo l’ora di farlo. L’ho chiesto io. E poi sono cinque anni che manco. Perché sì: bella l’America, bello il Tour ma io sono cresciuto a pane e Giro d’Italia! 

Che lavoro hai fatto sul Teide?

Con Piepoli, il mio preparatore, abbiamo puntato soprattutto a fare i chilometri che mi sono mancati quest’inverno. Ho fatto parecchi lavori specifici dopo le 4 ore, cosa che mi mancava. Ho fatto fatica in generale, approfittando del buon clima delle Canarie. Due settimane sono volate. E’ vero che le giornate sono lunghe, ma si passava anche tanto tempo in bici. La cosa buona è stata la continuità data al lavoro. Quando va così, cioè che riesco a fare il mio, sono sereno e tranquillo. E non ho paura di nessuno. Questa è una fortuna, ma anche una condanna, perché poi quando i risultati non arrivano evidentemente ho sbagliato qualcosa.

Eri da solo? 

Sì, con il massaggiatore Rui, lui è portoghese. Poi c’erano Landa con due suoi compagni e George Bennett con altri due suoi compagni.

E uscivate insieme?

Ma scherzi! E chi li fa 50 chilometri di salita con Landa! E con Bennett anche, cambiava poco. Ci vedevamo a colazione e la sera. Poi ognuno faceva il suo lavoro.

Sabato si parte con una crono e tu a crono sai andare forte… Gli hai dato uno sguardo?

Certo, un occhio ce l’ho buttato. La bici da cronometro l’ho ripresa ieri dopo il Teide. Ci farò un allenamento domani e la riprenderò venerdì.

Bettiol va molto forte a cronometro. L’anno scorso ha vinto quella dell’Etoile des Besseges
Bettiol va forte a crono. L’anno scorso ha vinto quella dell’Etoile des Besseges
Hai curato anche il peso sul Teide?

Ho curato tutto: riposo, alimentazione, allenamento… Sono sceso due chili abbondanti, ma è stata una conseguenza della buona vita fatta.

Che Giro ci possiamo aspettare da Bettiol?

Io cercherò di cogliere le mie opportunità, ma abbiamo Hugh Carthy che può fare bene, ha fatto un bel percorso di avvicinamento. Va forte sulle pendenze dure. L’anno scorso ha vinto sull’Angliru e quest’anno ci sarà lo Zoncolan. L’unico problema sarà verificarne la tenuta, anche mentale, sulle tre settimane perché non devi sbagliare nulla. Serve solidità. Io cercherò di stargli vicino, ma con un occhio di riguardo per me.

E c’è anche la tappa di Montalcino nella tua Toscana…

Ho degli amici che hanno un’azienda vinicola lungo quelle strade e mi dicono sia molto dura. Ma poi lo vedo dai file che ci manda la squadra. Negli ultimi 70 chilometri ci sono 1.600 metri di dislivello. Arriva dopo il giorno di riposo e già questo è un bel punto interrogativo e il meteo potrebbe incidere tantissimo. E perché – rilancia Bettiol – la tappa del giorno dopo, quella di Bagni di Romagna? Si passa da Firenze e Sesto Fiorentino, a casa di Alfredo (Martini, ndr) per me che sono toscano è una bella emozione. Poi si fa la Consuma, la Calla… quelle salite le conosco.

Saremo di parte, ma sentire un Bettiol così motivato e in buona salute ci fa piacere. Questo ragazzo è un patrimonio del nostro ciclismo. Un Fiandre non lo vinci per caso. Abbiamo bisogno di ritrovare talenti assoluti e di caratura internazionale. La sua storia per certi aspetti è simile a quella di Moscon. Ed abbiamo visto come il trentino sia andato al Tour of the Alps, dopo la sua altura.

Parador del Teide, la seconda casa dei corridori

28.04.2021
7 min
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Qualcuno c’è stato, altri leggono gli articoli o scorrono i social dei corridori che vanno a preparare i grandi appuntamenti. Il Teide è la montagna più alta di Spagna, un vulcano di 3.718 metri e, vista la sua collocazione geografica, anche d’inverno il clima lassù tende a essere mite. Ma il punto è un altro: dove alloggiano i corridori? 

Costruito nel 1960

Chi scrive ebbe la fortuna di passare un paio di giorni al Parador de Las Cañadas del Teide nel 2011, quando la Liquigas invitò i giornalisti interessati, per spiegare il lavoro che veniva svolto. La struttura portava a fatica il peso degli anni, inaugurato nel 1960, spartano come si conviene a un hotel a 2.000 metri. I corridori si facevano bastare quel che trovavano, lamentandosi semmai quando il wifi non arrivava bene nelle stanze. Quel che contava era il posto, sull’hotel si chiudeva un occhio. Perciò potrete immaginare la sorpresa nel fare un giro sul sito e scoprire che in questi ultimi 10 anni le cose sono cambiate radicalmente. Merito dei corridori?

Alejandro Garcia Valerio ha 38 anni e dirige il Parador da tre stagioni
Alejandro Garcia Valerio ha 38 anni e dirige il Parador da tre

Alejandro, il direttore

Abbiamo pensato di chiederlo ad Alejandro Garcia Valerio, 38 anni, Erasmus in Italia e da tre anni direttore dell’hotel. E’ lui il padrone di casa ed è lui a gestire l’andirivieni delle squadre che spesso riempiono le 37 stanze del Parador.

«Guardando le foto – sorride in un italiano eccellente – si nota che c’è stato uno sviluppo. E’ anche vero che il 2009-2010 non furono per la Spagna gli anni migliori. Le squadre si sono aggiunte anno dopo anno. Il posto è unico e nel 2020 abbiamo fatto un ulteriore restyling della camere, inserendo altri materiali e nuovi colori, anche se a causa del Covid non abbiano ancora ricevuto tutto. Diciamo che è fisiologico fare delle ristrutturazioni, ma il ciclismo ha inciso. La maggioranza dei nostri clienti sono ciclisti professionisti, oppure gruppi di amatori che vengono a farsi la vacanza provando ad allenarsi come i campioni. Le famiglie invece hanno esigenze diverse».

In quel periodo, il Team Sky teneva su il suo materiale. E’ ancora così?

Abbiamo un’organizzazione, ma stiamo pensando di fare un passo in più per sistemare tutto. Capita che ci siano contemporaneamente 6-7 squadre e servirebbe uno spazio per ciascuna. E’ tutto un fatto di comunicazione fra l’hotel e gli allenatori, anche perché in questi tempi non è tanto comodo viaggiare per l’Europa portando con sé materiale tecnico.

Le squadre prenotano con tanto anticipo?

Sempre, in base al calendario Uci. Diciamo che gli ultimi slittamenti delle date ha complicato un po’ le cose, però sanno quando verranno. Ormai sono periodi abbastanza collaudati.

Il ciclismo ti piaceva o ti ci sei trovato dentro?

Per me è strano. Conoscevo il ciclismo, perché mio padre era molto appassionato. Ricordo Miguel Indurain e gli anni di Pantani, che mi piaceva tanto. Poi l’interesse è calato, ma è riesploso da quando sono quassù.

Che idea ti sei fatto dei corridori che vengono ad allenarsi sul Teide?

Tutti dei bravi ragazzi. Il nostro ruolo è offrirgli il miglior servizio, lasciandogli il tempo e la privacy per allenarsi. Non sapevo tanto di loro, ma la cosa più importante del ciclismo è che sono tutti impegnati al massimo nel loro lavoro. Per cui quando sei davanti a certe dimostrazioni di volontà, quasi ti vergogni a disturbarli. Anche i più famosi sono persone normalissime.

La qualifica di direttore è a tempo?

I Parador sono 97 alberghi in tutta la Spagna, una catena privata, di cui lo Stato è l’azionista di maggioranza. Il mio ruolo non ha scadenza. Ci viene data l’opportunità di dirigere un hotel e se stai bene, rimani. Poi magari capita che ti venga fatta la proposta di cambiare, se ne parla e poi si decide. Abbiamo tanti posti bellissimi.

E il Teide che posto è?

E’ un posto speciale. Qualunque strada percorri per salire in cima, ti sembra di vedere sempre paesaggi diversi. Sembra di essere su Marte. Ogni giorno è diverso, ma la vera bellezza c’è di notte. Alzi lo sguardo e ti sembra di avere le stelle sulla testa, come in un planetario. Ogni giorno salgo su in macchina, ho circa un’ora di tempo che mi godo pensando alle mie cose. Non vado in bici, ma il Teide è speciale anche per me.

Chi c’è ora lassù?

La Jumbo Visma e la Bahrain Victorious, ma a breve ne arriveranno altre.

Torna in gruppo il Battistella sparito: era sul Teide

19.04.2021
4 min
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Corridori che arrivano, corridori che vanno e corridori che spariscono. Sarà per le mascherine, il casco e gli occhiali, ma a un certo punto ci siamo accorti che Samuele Battistella era introvabile. E andando a scavare ci siamo resi conto che dal quarto giorno della Parigi-Nizza del veneto si erano perse le tracce. Era sul Teide, dice. Perciò potete immaginare che piacere rivederlo fra i partenti dell’Amstel Gold Race.

«Anche se non l’ho finita – ammette – era impossibile dopo venti giorni sul Teide e tutto il carico di lavoro fatto per il Giro d’Italia. Dal primo metro ho fatto una fatica incredibile. Sono venuto quassù per tirare e l’ho fatto al massimo fino al circuito del Cauberg, poi li ho visti andar via…».

E’ arrivato all’Amstel dopo tre settimane sul Teide (foto Instagram)
E’ arrivato all’Amstel dopo tre settimane sul Teide (foto Instagram)

Il vulcano dei ciclisti

Ecco dov’era finito! Il Teide da anni è un vulcano al contrario: anziché sputar fuori lapilli e lava, inghiotte corridori. E quando li restituisce, solitamente sono più forti, temprati e a prova di fatica. E così anche Samuele, iridato under 23 ad Harrogate 2019, era lassù lavorando per il Giro: prima grande corsa a tappe della sua giovane carriera. Dopo che proprio il Giro dello scorso anno ha cambiato significativamente la cilindrata e le prospettive del suo compagno Matteo Sobrero.

Però eri sparito da prima, alla Parigi-Nizza…

Nella seconda tappa, mi è venuta una gastrite fortissima, ho provato a tenere duro, ma alla fine sono stato costretto a tornare a casa. E a quel punto mi sono beccato delle belle placche in gola, per le quali ho dovuto fare una settimana di antibiotici, da cui è stato difficile recuperare. Ho anche verificato con un tampone che non fosse altro e per fortuna non lo era. E poi è venuto il momento di andare sul Teide, non c’era tempo per correre o fare altro.

Parigi-Nizza, terza tappa: il giorno dopo il ritiro
Parigi-Nizza, terza tappa: il giorno dopo il ritiro
Come è fatto un blocco di lavoro pesante per il Giro lassù?

Non c’è pianura, pochissima. Anche sotto. Si fanno dislivello ed ore, con il corpo che ne esce stremato perché di fatto simuli lo stress di una corsa. Nell’ultima settimana abbiamo fatto anche lavori dietro moto per cercare il ritmo. Tranne un paio di volte che siamo scesi e risaliti in ammiraglia per fare dei lavori con le bici da crono, ogni giorno si tornava su in bicicletta. Era parte dell’allenamento. Ed è tanto lunga…

Con chi eri?

Con Sobrero e Felline, Vlasov, Tejada e Pronskiy. Doveva venire anche Gorka Izagirre, ma la figlia a scuola ha avuto un contatto con un positivo e in Spagna, in questi casi, mettono in quarantena tutta la famiglia per una settimana. Anche con tampone negativo. Per cui alla fine Gorka è rimasto a casa.

Se hai lavorato per il Giro, perché venire nelle Ardenne e non scegliere il Tour of the Alps?

Perché in futuro questo è il mio tipo di corse. Quando si tratterà di venire per vincerle, avrò le idee più chiare. Ieri non avevo la gamba, però l’Amstel mi ha ricordato tanto il percorso di Harrogate. Questo tipo di strade mi si addice. Ora torno alla Freccia e alla Liegi che ho fatto l’anno scorso per approfondire la conoscenza. E comunque non siamo andati male. Fuglsang è arrivato nella scia dei primi ed è stato spesso davanti, ma diceva che forse ha sbagliato a prendere troppo indietro l’ultimo Cauberg.

Come arriverai al Giro?

Molto bene. Dopo la Liegi farò un’altra settimana di altura e in tutto saranno 25 giorni. Mai fatta tanta in vita mia. Andrò per una settimana sul Pordoi, mi sono organizzato da me. La squadra ci ha pagato il Teide, parlando con Mazzoleni e Cucinotta è venuto fuori che quella settimana potrebbe essere importante e allora andrò su.

L’obiettivo dell’Astana al Giro è fare bene con Vlasov?

L’obiettivo dell’Astana al Giro è vincere con Vlasov. Lo conoscevo da prima, quando era under 23 in Italia. E’ russo, ma per certi versi è italiano anche lui. Vado ad aiutarlo molto volentieri. Sono stato in stanza con lui nelle due settimane di ritiro a inizio anno, è un bravissimo ragazzo.

Mondiali Harrogate, Samuele Battistella (Italy) - Stefan Bissegger (Suisse) - Thomas Pidcock (Great Britain)
Sul podio dei mondiali U23 di Harrogate, accanto a Bisseger e Battistella c’è Pidcock, che ieri si è giocato l’Amstel
Mondiali Harrogate, Samuele Battistella (Italy) - Thomas Pidcock (Great Britain) 2019
Con Pidcock sul podio di Harrogate 2019: all’Amstel scenari differenti
Soddisfatto del passaggio in Astana?

Come crescita personale, mi sto trovando molto bene. C’è un grande livello di serietà e di organizzazione. La preparazione è buona, lavoro con Cucinotta, ma di fatto è sempre in collegamento con Mazzoleni.

E’ cambiato qualcosa nel tuo modo di lavorare?

Parecchio, in realtà. Non faccio più tanti lavori di soglia e fuori soglia, ma abbiamo alzato il volume del medio. Come sensazioni, sento che la gamba spinge bene. Per andare bene al Giro immagino sia quello che serve. E questo ora è il mio obiettivo.

Una giornata sul Teide con Antonio Nibali

03.04.2021
6 min
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La Trek-Segafredo, o meglio il suo “gruppo Giro” è in ritiro a Tenerife sulle alture del Teide. Nel bel mezzo dell’Oceano Atlantico questa è una delle palestre preferite dai corridori. Clima buono, altezza importante, strade per (quasi) ogni evenienza e poche distrazioni sono gli elementi che la rendono speciale. Di questo gruppo fa parte anche Antonio Nibali e con lui cerchiamo di scoprire la “giornata in quota” del corridore.

In questa situazione la routine è ancora più marcata. I tempi sono scanditi esclusivamente da allenamenti e alimentazione.

Antonio Nibali esce da una buona Coppi e Bartali, dove ha lottato per maglia dei Gpm
Antonio Nibali esce da una buona Coppi e Bartali
Antonio, siete in altura: si esce subito “forte” o si osserva un periodo di adattamento?

Siamo arrivati il 29 marzo e resteremo quassù per sedici giorni. La prima uscita si fa un po’ più piano, perché ti manca il fiato, hai i battiti alti… Inoltre venivamo da alcune corse e così nelle prime sedute si va tranquilli sia per recuperare un po’ che per adattarci.

Quanto dura questo acclimatamento?

Tre giorni: due di bici e uno di riposo. Poi si inizia a fare sul serio.

A che quota siete di stanza?

A 2.110 metri.

Come si svolgono queste prime uscite?

Si fanno tre e quattro ore cercando di restare sempre in quota. E si va ad un ritmo regolare, piano, piano…

Piano, piano… quanti battiti? Che velocità fate?

Eh, il nostro piano magari sono 27 all’ora o anche più di media. Diciamo che siamo sui 140 battiti. S’imposta un passo regolare ma che al tempo stesso ti consenta di fare chilometri

Il Teide è un vulcano, uno s’immagina il classico “cono”: come fate a restare sempre in in alto? Scendete da un versante e ad una quota “X” vi rigirate, oppure avete a disposizione altre strade?

Qui c’è un altopiano. E’ un po’ vallonato ma si riesce a stare sul filo dei 2.000 metri sempre. Di pianura vera e propria però non ce n’è.

Pianura non ce n’è: ti capita mai di utilizzare i rulli allora per simularla? O per scioglierti?

Normalmente no, ma c’è chi li usa. I rulli servono per recuperare uno “sforzone” fatto nel finale di un allenamento o di una gara, ma almeno io se faccio uno sforzo massimale in allenamento poi eseguo una fase di defaticamento per smaltire l’acido lattico.

Dopo questi giorni iniziali di ambientamento s’inizia a fare sul serio.

Esatto, le uscite si allungano e i ritmi si alzano un po’. Si fanno poi anche dei lavori, soprattutto di potenziamento.

Facci un esempio di lavoro di potenziamento… E soprattutto c’è differenza tra il farlo a casa e in quota?

Essendoci meno ossigeno fai più fatica, però è anche vero che qui in particolare puoi farlo anche in modo più prolungato. Ci sono salite da un’ora e più. A casa (Nibali vive nelle Marche, ndr) dove le trovo così lunghe? Cosa facciamo: magari 5′ di Sfr e 2′ di agilità, il tutto per quattro volte. Poi fai 5′ di recupero blandissimo e riparti. Così fino a fare un’ora di Sfr.

Antonio è molto attento all’alimentazione sia in corsa che in allenamento
Antonio è molto attento all’alimentazione sia in corsa che in allenamento
A quale intensità esegui le tre fasi: Sfr, agilità e recupero?

Le Sfr sui 300 watt direi, i 2′ in agilità sui 220-230 watt a 90, anche 100 rpm, e la fase di recupero è a sensazione, comunque molto tranquilla.

Prima abbiamo accennato ai battiti, mediamente quanto si alzano rispetto alla norma?

Io ne ho 6-7 in più ma, soprattutto se si è freschi, possono essere anche 10 in più.

In questo ritiro che dura due settimane piene quante distanze fai?

Sono dodici sedute, quindi almeno tre distanze.

E quanto sono lunghe?

Circa 175 chilometri: facciamo 6 ore, con 5.000 metri di dislivello.

Caspita! E il tempo passa in fretta?

Ma sì dai, alla fine siamo un bel gruppo e tra una risata e l’altra passa bene.

Antonio a colazione nel ritiro sul Teide con la sua omelette
Antonio a colazione nel ritiro sul Teide con la sua omelette
Invece di lavori massimali non ne fai?

No, è molto difficile che capiti. Anche perché poi si scende da qui e si va a correre solitamente. E certi ritmi li raggiungi in corsa.

Capitolo alimentazione: è come a casa o c’è differenza?

In linea di massima è come a casa. Forse si mangia qualche proteina in più perché si va un po’ più sotto sforzo.

E come le assumente queste proteine: a tavola con il cibo o con gli integratori?

Dipende, ognuno fa i suoi calcoli della quantità proteica giornaliera che deve assumere e se non ci arriva fa un’aggiunta con quelle in polvere.

Giorno della distanza: cosa mangia Antonio Nibali a colazione?

Mi sveglio alle 8 e alle 8,15, giusto il tempo di andare in bagno e vestirsi, sono a colazione. Per prima cosa prendo un caffè, così mi sveglio! Poi io mangio il porridge: yogurt o latte, frutta secca, cerali e qui, che si trova molta buona, metto anche la papaya. Poi mangio un’omelette, solitamente con prosciutto e formaggio, meno spesso liscia. E se ho particolarmente fame aggiungo una fetta di pane e marmellata.

E partite alle?

Alle 9,30 massimo partiamo.

Durante la seduta cosa mangi?

I massaggiatori ci preparano dei paninetti al prosciutto o le rice cake. Di solito ci mettono anche della frutta secca come mandorle o noci. Anche se la mia preferita è quella con il cocco.

E mangi con cadenze predefinite o a sensazione?

All’incirca mangio ogni 40′, se invece l’allenamento è più easy quando ho fame. Comunque può capitare che quando ci si ferma i massaggiatori ci chiedano se vogliamo una barretta o una rice cake in più e se ne ho voglia la prendo.

rice cake
Le rice cake sono ormai usatissime dai corridori anche in allenamento
Le rice cake sono ormai usatissime dai corridori anche in allenamento
Borracce: quante ne consumate? E sono con acqua o anche con altro?

Qui sul Teide fa parecchio caldo quindi se ne consumano. Normalmente sono solo con acqua, ma dopo tre ore ci sta che ce ne sia una con delle maltodestrine. Diciamo che ogni tre borracce d’acqua ce n’è una di maltodestrine.

Poi tornate in hotel…

Facciamo una doccia e poi andiamo a mangiare. Non mangiamo molto perché è già tardi. Prendiamo del riso o della pasta. Di solito è in bianco e ci si aggiunge una scatoletta di tonno. Niente verdura. Non si mangia altro, semmai un po’ di frutta.

E a cena?

Dopo aver fatto il massaggio ed esserci riposati andiamo a cena. Ed è la classica cena dopo la distanza, ma va considerato anche che dopo questo allenamento lungo, il giorno dopo noi facciamo scarico, quindi non è abbondantissima. Si mangia un’insalata o una zuppa o una vellutata, del pollo o del salmone o una fettina di carne, verdure alla piastra e semmai della frutta o un yogurt.

Niente dolcetto?

Nulla. E che siamo in vacanza!