Pensieri e parole di Vollering al debutto con la FDJ-Suez

12.02.2025
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Demi Vollering tornerà in gara domattina per la prima tappa della Setmana Ciclista Valenciana indossando una nuova maglia da quando nel 2021 lasciò la Parkhotel Valkenburg per approdare e successivamente sbocciare al Team SD Worx.

Per la campionessa olandese (immagine Instagram in apertura) che fa base da anni in Svizzera, il 2024 è stato un anno sicuramente positivo, tuttavia… ferito dalla sconfitta nelle due gare cui forse teneva di più. Se infatti nel computo delle vittorie rientrano la Vuelta, Itzulia Women, il Giro di Svizzera e la Vuelta a Burgos, i secondi posti al Tour de France e ancor di più il quinto ai mondiali di Zurigo restano come ferite ancora pruriginose.

La incontriamo virtualmente attraverso lo schermo di un computer nella conferenza stampa di vigilia della stagione alla FDJ-Suez, la ex squadra di Marta Cavalli, nata vent’anni fa per far crescere il ciclismo femminile e che ha di recente dichiarato senza mezzi termini di voler vincere il Tour de France. Per questo oltre a Vollering sono arrivati Juliette Labous e uno sponsor ambizioso come Specialized. Lei racconta, noi abbiamo la possibilità di riempirla di domande.

Come va con la nuova squadra?

Davvero bene. Ho fatto un’ottima preparazione invernale, mi sento già come in casa mia. Ovviamente all’inizio è stato spaventoso per me entrare a far parte di un nuovo team con così tante nuove persone intorno a me. Ma devo dire che i primi training camp sono stati davvero utili e ho scoperto che quelle facce nuove erano anche molto gentili. Qui alla FDJ-Suez ho trovato un’atmosfera molto rilassata, niente da dimostrare o qualcosa del genere. E’ davvero bello essere qui.

Il cambio di squadra ti ha ricordato il primo giorno in una nuova classe?

Il primo incontro fa sempre un po’ paura, ma per fortuna conoscevo già quasi tutti, come ci si conosce stando in gruppo. Appena ho firmato, ho cominciato a osservare tutto quello che facevano, proprio per farmi un’idea più precisa. Poi l’anno è finito e non c’è stato tanto da aspettare. Abbiamo degli ottimi sponsor, ho con me nuovamente Specialized e tutto è molto professionale.

Il precedente cambio di squadra c’era stato nel 2021. Quanto sei diversa come donna da allora?

Questa è una buona domanda. Ero ancora molto giovane e inesperta di questo sport, non sapevo molto, soprattutto parlando di tattica, ritrovandomi di colpo con compagne molto forti. In questi quattro anni, sono cresciuta tanto come donna. Penso anche di aver imparato a parlare molto meglio, perché prima ero molto timida. Sono cresciuta in tanti aspetti diversi. Ovviamente sono sempre la stessa Demi, ma ho imparato tanto e sono cresciuta per cui in parte sono davvero un’altra persona.

Vollering e Kung, ciascuno a suo modo un gigante. La FDJ-Suez e la Groupama-FDJ sono però entità distinte
Vollering e Kung, ciascuno a suo modo un gigante. La FDJ-Suez e la Groupama-FDJ sono però entità distinte
Dovrai condividere la leadership con Muzic e Labous, ma del resto sei abituata…

Certo. E’ sempre molto bello avere compagne di squadra così forti. Non solo Evita e Juliet, ma l’intera squadra è super forte. Penso che sia molto importante per tutte le gare cui puntiamo. Lavoriamo tutti molto duramente per raggiungere i nostri obiettivi e penso che tutti condividiamo la stessa passione e la stessa determinazione.

L’anno scorso il Tour ti è sfuggito per appena 4 secondi, sarà il tuo obiettivo principale per il 2025?

Il Tour de France è sempre stato un grande obiettivo per me e anche per la squadra, per cui sarà bello lavorare insieme per vincerlo. Ci saranno anche altri traguardi, anche se quello resta il bersaglio grosso.

C’è una grande differenza rispetto alle altre squadre in cui hai corso prima?

Molte persone pensano che far parte di una squadra francese significa dover parlare solo francese e lavorare in modo meno professionale. Per me in realtà è l’opposto. E’ davvero una bella squadra, pensano ad ogni dettaglio. Faccio un piccolo esempio. Quando eravamo al primo ritiro in Spagna, per tutto il tempo ho sentito il bisogno di cambiare qualcosa sulla mia bici, ma non sapevo cosa. Sono rimasta calma, ho continuato ad allenarmi e ho aspettato che il personale di Specialized tornasse per vedere cosa volessi modificare. Ho provato una sella diversa, ma non è cambiato molto. Allora mi hanno detto che forse avrei potuto provare un attacco manubrio più lungo, perché passando da Sram a Shimano, mi sentivo più corta rispetto al solito. Poteva essere una soluzione, ma ho pensato che non sarei riuscita a trovare un attacco più lungo lì in Spagna.

Demi Vollering ha vinto il Tour Femmes 2023, mentre è arrivata seconda nel 2024 per appena 4 secondi
Demi Vollering ha vinto il Tour Femmes 2023, mentre è arrivata seconda nel 2024 per appena 4 secondi
Invece?

Invece si sono presentati con un nuovo manubrio e una nuova bici e questo ha reso super facile testare le cose. Hanno caricato la mia vecchia bici sull’ammiraglia, in modo che potessi cambiare se non andava bene. Questi sono piccoli dettagli molto importanti per i corridori e dicono molto sulla squadra.

La scorsa stagione non è stata perfetta, hai cambiato qualcosa nell’approccio con questa?

Lavoro con un nuovo allenatore e già questo rende le cose diverse, anche se non penso di cambiare molto. Gli allenamenti sono un po’ diversi, ma alla fine la base è la stessa. Sei sempre su una bici e fai ore e lavori specifici. Di sicuro, questo inverno è stato molto più rilassato e calmo. L’anno scorso ho dovuto prendere tante decisioni e ricordo bene lo stress. Quest’anno invece ho potuto pensare soltanto ad allenarmi, per cui mi sento molto più pronta.

Che cosa intendi con le decisioni da prendere lo scorso inverno? Pensavi già di cambiare squadra?

Era una decisione importante che dovevo prendere ed è stata ovviamente molto difficile. L’anno prima era stato per me un tale successo che sarebbe stato molto difficile eguagliarlo nella stagione successiva. Per questo ho cominciato a pensare di cambiare squadra, ma volevo essere sicura di non sbagliare. Osservavo ogni piccolo dettaglio ed ero impegnata in molte conversazioni cercando di prendere però la decisione anche con il cuore. Volevo essere completamente sicura che fosse la migliore. Mi è costata tanto, ma credo sia stata ottima e spero che ne avremo conferma durante la stagione.

Demi Vollering è nata a Pijnacker, in Olanda, il 15 novembre 1996. E’ alta 1,72 per 57 chili (foto FDJ-Suez)
Demi Vollering è nata a Pijnacker, in Olanda, il 15 novembre 1996. E’ alta 1,72 per 57 chili (foto FDJ-Suez)
Molte persone non vedono l’ora di assistere alla battaglia tra voi e la SD Worx, tu cosa ti aspetti da Lotte Kopecky e Anna Van der Breggen, che era anche il tuo preparatore?

Prima di tutto, non la vedo come una battaglia tra le due squadre, penso che sia una sfida con tutte le altre squadre del gruppo. Penso che molte si faranno avanti con corridori forti e questa è una buona presentazione per la prossima stagione. Avremo atlete forti in quasi tutte le squadre. Ma ci tengo a dire che non voglio vendicarmi della SD Worx o qualcosa del genere, perché l’ho lasciata con buoni sentimenti. Ovviamente vogliamo batterli, ma questa è un’altra cosa.

Pensi davvero che Lotte Kopecky possa diventare una rivale per i Grandi Giri?

Penso che Lotte abbia dimostrato di poter essere già molto forte in salita. Sono molto curiosa di sapere come si preparerà e come starà, ovviamente, in gara. Non ho dubbi però che possa essere una grande rivale per la vittoria assoluta del Tour.

Il 2025 della Kopecky. Partenza “lenta” e grandi obiettivi

25.01.2025
5 min
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Inutile girarci intorno: quello che attende Lotte Kopecky è un anno importante. Portando in giro quella maglia iridata che veste da quasi un anno e mezzo, la belga si prepara a una stagione intrigante e delicata che dovrà dire se sta davvero cambiando pelle. Nel consueto appuntamento con la stampa prima del via ufficiale, l’iridata ci tiene a mettere alcune cose in chiaro.

Lo fa partendo dalla coabitazione con la campionessa europea Lorena Wiebes, dalle caratteristiche tecniche anche abbastanza simili alle sue a differenza di quanto avveniva con la Vollering. Una coabitazione difficile in seno alla SD Worx? La campionessa di Rumst non è di questo parere.

Con la Wiebes c’è buon feeling. Le due verranno gestite attraverso obiettivi diversi
Con la Wiebes c’è buon feeling. Le due verranno gestite attraverso obiettivi diversi

«Abbiamo obiettivi diversi e anche se guardiamo all’anno scorso potete notare che è andato tutto abbastanza liscio tra noi due, quindi non vedo alcun problema in questo. Ognuna ha i suoi target e finché sappiamo l’uno dall’altro cosa vogliamo, penso che difficoltà non ce ne siano».

Ora ritroverai Demi Vollering come avversaria e non più come compagna di squadra, non averla più nel team quanto cambia come tattiche e gestione delle corse?

Sì, sarà tutto diverso. Ma penso che sia importante concentrarsi solo su noi stessi, sul nostro gruppo, su come lavorare. Non dovremo concentrarci troppo su di lei, sarà un’avversaria come un’altra.

La Kopecky insieme alla Vollering, seconda e prima al Tour 2023. Ora sono fiere avversarie
La Kopecky insieme alla Vollering, seconda e prima al Tour 2023. Ora sono fiere avversarie
Hai sfiorato la vittoria finale al Tour e al Giro, ti ritieni una ciclista da grandi corse a tappe o restano le classiche il tuo target?

Mi piacciono le classiche, questo è sicuro. E’ vero, ho chiuso due volte al secondo posto in un grande giro senza una preparazione specifica, senza una predisposizione, questo vale molto. Ma io resto la Lotte di sempre, che va a caccia di ogni traguardo e cerca di cogliere ogni occasione. Qui siamo tutti curiosi di sapere quanto lontano possiamo arrivare se ci proviamo. Quindi è chiaro che anche una maglia in un grande giro diventa un obiettivo.

Non hai paura che per migliorare in salita possa perdere qualcosa della tua esplosività allo sprint?

Beh, dipende da come ci alleniamo. Certo. Penso di essere riuscita a gestirlo abbastanza bene per mantenere l’equilibrio di quei componenti tra essere esplosivi e arrampicarsi bene, è come una bilancia e magari quest’anno penderà un po’ di più dalla parte della salita piuttosto che dello sprint. Ma le caratteristiche non cambiano, resto una delle più esplosive e quindi non vedo alcun problema in questo.

Ma hai cambiato qualcosa nella tua preparazione quest’anno?

Sì, dopo l’anno scorso così lungo e stressante ho avuto molto più riposo rispetto all’anno prima e abbiamo anche optato per una preparazione più facile verso la stagione che sta arrivando.

La Kopecky in allenamento. Nel 2024 ha corso per 48 giorni con 17 vittorie
La Kopecky in allenamento. Nel 2024 ha corso per 48 giorni con 17 vittorie
In questo e nel prossimo anno, prima dell’inizio delle qualificazioni olimpiche, la pista rimane nel tuo programma?

Credo di sì, anche se è un anno un po’ complicato. Per ora ci sono solo gli europei e una prova di Coppa delle Nazioni, a cui non correrò perché non si adatta al mio calendario. Per quanto riguarda i campionati del mondo alla fine dell’anno, ci sono ancora dei dubbi sul farli o non farli, ma per conto mio a un mondiale non direi mai di no.

Hai vinto tantissimo negli ultimi tre anni, qual è la corsa che vincendola ti farebbe sentire una ciclista completa?

La risposta è forse il Tour, ma forse solo per quanto questo tipo di corsa è lontana dalle mie caratteristiche di base.

Le classiche restano un obiettivo primario. Qui la vittoria in solitaria al Fiandre 2023
Le classiche restano un obiettivo primario. Qui la vittoria in solitaria al Fiandre 2023
Il tuo programma com’è strutturato?

Rispetto al passato ci saranno alcuni cambiamenti. Come dicevo, ho preso l’approccio in maniera molto più comoda, quindi inizieremo un po’ più tardi, ma partiremo subito forte con una novità come la Milano-Sanremo. La stagione sembrerà diversa dall’anno scorso e cercheremo di affrontarla anche in modo diverso rispetto a prima. Era già nei piani iniziare da lì per avere una preparazione più mirata e tranquilla. Avevo anche bisogno di staccare un po’ per via di problemi al ginocchio retaggio dell’ultima stagione.

I mondiali in Rwanda, visto che sono una corsa per scalatori, come li vedi?

Penso che il campionato del mondo sarà davvero duro. Voglio dire, questo è quello che ho sentito dire sul percorso. Ma ovviamente devo vederlo di persona per giudicare. Ma sono campionessa del mondo, è anche un dovere per me esserci. Cercherò di farlo al meglio.

Per la belga la pista resta un grande amore. Vuole essere presente ai mondiali di fine stagione
Per la belga la pista resta un grande amore. Vuole essere presente ai mondiali di fine stagione
Qual è la situazione del ciclismo femminile belga, Kopecky a parte?

Non siamo così grandi, questo è chiaro rispetto ad altri movimenti come Olanda o Italia, ma voglio dire, stiamo diventando più forti. Ci sono atlete che stanno crescendo a vista d’occhio, come la De Wilde ancora U23, o la Ghekiere. E poi ci sono alcune giovani, ne escono fuori ogni anno. Questa è la cosa più importante, continuiamo a crescere. Quindi forse non sarà questo o l’anno prossimo o l’anno dopo ancora, ma sono abbastanza sicura che in futuro avremo una nazionale davvero buona, Kopecky a parte…

Ma senti di essere un esempio trascinante per le altre?

Sì e questo è davvero importante. A volte non mi rendo conto di quanto mi ammirano o di quante cose loro vogliono imparare in realtà. Ma ci provo. Cerco di dare il buon esempio e questo è qualcosa che conta. Anche più di tante vittorie, se puoi lasciare qualcosa per il domani.

Stam e il record di vittorie della SD Worx. Un punto di partenza

27.10.2024
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64 vittorie. Basta questo dato per far capire la portata della stagione della SD Worx, salita di due gradini rispetto allo scorso anno. Solo la Uae Team Emirates di Sua Maestà Pogacar è riuscita a fare meglio con 81, ma per certi versi il dominio del team olandese nell’ambito femminile è ancora più schiacciante. Si dirà «Certo, con Kopecky, Vollering e Wiebes sono capaci tutti…». Ma siamo davvero sicuri che tenere nello stesso ambito tre campionesse simili sia così semplice?

L’unico a poter affrontare l’argomento è il grande capo Danny Stam, nel team sin dal 2011 e che è un po’ il regista di tutto l’apparato. Dopo qualche giorno necessario per ricaricare le pile, Stam ha già ripreso le redini del team in vista della prossima stagione: «Non posso proprio lamentarmi – afferma ridendo – abbiamo avuto una stagione molto, molto bella e ne siamo molto soddisfatti perché piena di momenti felici e di buone speranze per il prossimo anno».

Danny Stam, 52 anni, dal 2013 nel team dove ora è sports manager (foto Getty Images)
Danny Stam, 52 anni, dal 2013 nel team dove ora è sports manager (foto Getty Images)
Qual è stata la più grande soddisfazione di quest’anno e la più grande delusione?

Penso che la cosa più bella sia che abbiamo raggiunto lo stesso livello dell’anno scorso e che abbiamo potuto lottare per la vittoria in ogni gara e penso che la più grande delusione per noi sia stato il Tour de France. La prima tappa è stata decisiva per la perdita di quei maledetti 4 secondi costati la maglia gialla a Demi Vollering.

Il vostro team domina fra le donne come quello di Pogacar fra gli uomini: quali differenze ci sono a tuo parere?

Questa è una domanda difficile. Mettere a confronto due mondi che sembrano vicini ma non lo sono per me è sempre un azzardo. Posso parlare per noi e dire che mentre lo scorso anno dominavamo nelle grandi corse a tappe, quest’anno abbiamo preso le redini delle corse d’un giorno, ma tutto può cambiare molto rapidamente.

Lotte Kopecky e Demi Vollering: le loro strade si divideranno nel 2025
Lotte Kopecky e Demi Vollering: le loro strade si divideranno nel 2025
Un’altra domanda difficile. Come si mantiene l’equilibrio in una squadra con tre leader assoluti come Kopecki, Vollering e Wiebes?

Penso che il punto vero sia far capire che possono avere tutti un pezzo della torta. Ma se vogliono avere l’intera torta, il successo non ci sarà. Devono comprendere che non possono vincere l’una senza l’altra, perché è uno sport davvero di squadra, dove si arriva a un obiettivo lavorando tutti insieme. Effettivamente è un argomento delicato, credo che sia stata proprio questa la ricetta che ha fatto sì che abbiamo avuto un bilancio così soddisfacente e devo dire che le ragazze sono state davvero brave in questo.

L’addio di Vollering è legato anche alla volontà di fare di Lotte la leader nei grandi giri?

Vedremo. Non abbiamo così tanti leader per le corse a tappe, le classifiche, dipende anche un po’ dalle condizioni della sua schiena. Lotte non potrà fare tutto, dovremo studiare bene il calendario e porci degli obiettivi mirati, commisurando il resto alle forze che abbiamo.

L’ultima vittoria della Wiebes al Simac Ladies Tour. Le due gare titolate 2024 sono state appannaggio della SD Worx
L’ultima vittoria della Wiebes al Simac Ladies Tour. Le due gare titolate 2024 sono state appannaggio della SD Worx
Che cosa vi aspettate dal ritorno della Van der Breggen?

Io credo che sarà a un buon livello, inizialmente non mi aspetto che otteniamo lo stesso rendimento della Van der Breggen del passato, quella che voleva vincere ogni gara e molto spesso riusciva a farlo. Posso dire che Anna non è cambiata nello spirito, la sua voglia di emergere, di conquistare è la stessa. Se dubitasse di ritrovare quei livelli, non sarebbe tornata. In una grande gara sarà sempre da prendere in considerazione perché ha un’esperienza che pochissime altre possono vantare.

Vi aspettavate di più da Blanca Vas?

Non direi. Il suo sviluppo è un progresso lento e penso che vada avanti molto bene. Ha vinto una tappa al Tour, ha sfiorato il podio a Parigi. E’ entrata nelle prime 10 ai mondiali. Non vedo così tante giovani cicliste che hanno questi risultati. Quindi sono davvero soddisfatto soprattutto ragionando in prospettiva. Anzi, sono quasi sorpreso della domanda, perché mi sembra difficile che ci si potesse aspettare di più.

La magiara Vas a Parigi ha anche sfiorato il podio, come a Tokyo 2020 ma in mtb
La magiara Vas a Parigi ha anche sfiorato il podio, come a Tokyo 2020 ma in mtb
Il vostro roster per il 2025 è di 17 atlete: per coprire tutto il calendario ne servirebbero di più?

Il calendario sta diventando sempre più grande e più importante. E’ chiaro che tutti i team vorrebbero avere più atlete, vorrebbero che l’attività fosse gestita in maniera un po’ diversa, ma queste sono le regole. C’è un limite di 18 corridori e noi ci dobbiamo adeguare.

Da Specialized alla SD Worx, Mondini sale in ammiraglia

22.10.2024
6 min
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Quando ad aprile Specialized gli ha comunicato che a fine anno il suo contratto non sarebbe stato rinnovato, Gian Paolo Mondini si è trovato come chiunque perda il lavoro degli ultimi 14 anni e debba ricostruirsi una vita. Fortunatamente però il romagnolo, che dopo aver smesso di correre si è laureato in psicologia e non ha mai chiuso in modo fragoroso le porte dietro di sé, non ha dovuto aspettare molto per trovare un’altra strada.

«Conoscete qualcuno nel ciclismo – dice con un sorriso – che pensi che i contratti durino a vita? Mi sono sempre guardato in giro, pensando di dover avere un piano B e un piano C. Ultimamente mi ero accorto che cominciavo a fare sempre le stesse cose. Gli spunti che davo non erano più recepiti, quindi effettivamente può darsi che fossi arrivato a un punto di non ritorno e fosse necessario cambiare qualcosa».

L’occasione gliel’ha data Danny Stam, team manager del Team SD Worx-Protime, la squadra della neo campionessa del mondo Lotte Kopecky, della partente Demi Vollering e di Lorena Wiebes, oltre che di Elena Cecchini, Barbara Guarischi e Anna Van der Breggen che torna a correre. La squadra ha bici Specialized, Mondini ha avuto con loro frequentissimi rapporti di lavoro. Saputo che fosse su piazza, Stam non ha perso tempo.

E’ stato Danny Stam, team manager della squadra olandese, a contattare Mondini (foto SD Worx-Protime)
E’ stato Danny Stam, team manager della squadra olandese, a contattare Mondini (foto SD Worx-Protime)
Come è andata?

Ho comunicato subito alle squadre con le quali collaboravo che non avrei più lavorato con Specialized. Danny mi ha chiamato il giorno dopo e ha detto di volermi parlare. Io stavo facendo una piccola… vacanza al Giro di Sardegna cicloturistico e lui mi ha chiesto di raggiungerlo alla Vuelta che stavano vincendo con Demi Vollering. Mi ha preso il biglietto, ci siamo incontrati e il loro entusiasmo mi ha subito conquistato.

E’ un ruolo che ti aspettavi?

Era quello cui pensavo quando smisi di correre e decisi di fare Psicologia all’Università. Un ruolo di supporto ai team, che adesso avrei potuto riprendere, avendo in più 14 anni di esperienza sui materiali e sulla performance. Ho pensato che fosse l’occasione giusta. In questi anni con gli atleti ho avuto un rapporto molto aperto e sincero. Ascoltavo le loro esigenze e le trasmettevo all’azienda, cercando di aiutarli a trovare la giusta combinazione tra i vari materiali. Solo per il discorso scarpe, ho seguito quasi 200 corridori. Più tutti i test che abbiamo fatto sugli pneumatici e quelli in velodromo per l’aerodinamica. E’ stato un lavoro veramente ampio, che mi ha dato una bella mano per guardare avanti.

Ci si poteva aspettare che la prima mossa la facesse la SD Worx?

In realtà mi ha colpito. Danny lo conosco da 10-12 anni. Abbiamo più o meno la stessa età, abbiamo fatto entrambi i corridori. L’ho sempre ammirato perché è riuscito sempre a gestire nella stessa squadra delle ragazze di alto livello, senza che si siano mai visti degli screzi. Quello che è stato detto sui presunti dissidi con Demi Vollering che va via è stato pretestuoso. E’ una lettura che lascia il tempo che trova. Danny è riuscito nuovamente a ottenere risultati impressionanti. Da due anni, quanto a vittorie sono stati secondi solo alla UAE Emirates di Pogacar. Facendo notare che le donne non corrono quanto gli uomini e come organico sono la metà. 

Vollering, Kopecky, Wiebes: per Mondini, la SD Worx-Protime è un modello di collaborazione fra grandi atlete
Vollering, Kopecky, Wiebes: la SD Worx-Protime è un modello di collaborazione fra grandi atlete
Che cosa ti ha detto Stam alla Vuelta?

Che sarei stato la persona giusta. Uno che conosce il mondo delle corse, conosce i materiali e può dare qualcosa in più al team. Io chiaramente ho detto quali sono stati i miei studi e quello che vorrei fare, aggiungendo che sono ancora uno sportivo attivo.

Un valore aggiunto?

Non è una cosa da poco. Quando parli con gli atleti, non puoi spiegare una bici o delle ruote se non conosci esattamente ciò di cui parli. Danny si allena con la squadra in tutti i training camp invernali. E’ il momento migliore per avvicinarsi agli atleti, mentre nelle squadre maschili il fatto che un direttore sportivo esca con i suoi atleti viene visto male. Secondo me è sbagliato, è una cosa che aiuta molto perché l’atleta si apre di più. E tu magari riesci a vedere qualche errore di impostazione in bici, una posizione sbagliata sulla sella, uno scivolamento che magari non avevi notato mentre facevi la biomeccanica.

Poi c’è anche il fatto che in bici si parla meglio che a tavolino, no?

Tutti sanno che in bici viene più facile confidare dei segreti. La pedalata è un elemento che aiuta a tirar fuori emozioni che normalmente tieni dentro. E’ veramente uno sport introspettivo, tanto che molti vanno in bici perché li aiuta a pensare alle loro cose. Non mi metterò a fare sedute individuali: se un atleta ha bisogno di fare un percorso di psicoterapia, serve un ambiente dedicato. In una squadra bisogna individuare degli obiettivi comuni. Parlare tutti la stessa lingua. Fare formazione. Aiutare gli atleti a capire come gestire le emozioni e preparare le corse. E’ qualcosa che abbiamo un po’ perso, perché abbiamo la tendenza a imboccare gli atleti con qualsiasi cosa. Quante calorie devi mangiare, quanto allenamento devi fare, a che ora devi partire, la valigia…

Due settimane fa, Mondini ha partecipato al campionato europeo gravel
Due settimane fa, Mondini ha partecipato al campionato europeo gravel
E non va bene?

Diamogli la possibilità di autogestirsi. Quando sono a casa, come agiscono? Come riescono a organizzare la loro giornata? Molti non lo fanno, non sono capaci. Dobbiamo riuscire a fare un passo indietro e dargli questo tipo di supporto. Dobbiamo insegnargli a gestire gli imprevisti, che invece spesso creano direttamente una situazione di panico e il panico in corsa è molto pericoloso. Puoi creare una caduta o ti fa arrendere perché pensi che una situazione sia irrecuperabile. Sarebbe importante approfondire questi temi e lavorare sul gruppo, comprendendo tutti gli elementi del team.

Anche lo staff?

Il direttore sportivo deve essere motivante. Il meccanico a volte se ne esce con dei commenti non proprio felici, davanti ai quali alcune persone si possono anche offendere o pensare di non essere accolte. Invece è fondamentale che il corridore sia libero di dire le cose, se ha dei dubbi sul materiale. Il meccanico deve essere paziente e accogliere la sua curiosità. 

Sarai anche un direttore sportivo sull’ammiraglia?

Certo, perché Anna van der Breggen torna in bici, quindi si è liberato un posto. Però mi dedicherò anche ai materiali, aiuterò i meccanici nella preparazione della bici e gli atleti nelle scelte. Comunque sempre in accordo con Danny. Lui mi chiede una mano ed è contento che io gestisca questa situazione, perché comunque lui deve seguire anche tutto il resto.

Van der Breggen, qui con il general manager Janssen, tornerà a indossare i panni dell’atleta
Van der Breggen, qui con il general manager Janssen, tornerà a indossare i panni dell’atleta
Al mosaico manca solo l’esame da direttore sportivo all’UCI?

Esatto. Il capitolo ammiraglia per me è completamente nuovo e devo imparare da zero. A parte le volte che ho guidato per aiutare dei direttori in qualche crono, altra esperienza non ho. Negli ultimi 14 anni ho fatto 200 giornate per stagione dietro ai corridori. So cos’è il mondo delle corse, però credo che la gara in ammiraglia abbia delle dinamiche che molti sottovalutano. Devo rimettermi a studiare, ma questo non mi ha mai fatto paura. Perciò adesso che è arrivato l’annuncio ufficiale, si comincia finalmente a lavorare.

Guarischi, finale col botto. Ma ora mettiamo la bici in garage

18.10.2024
5 min
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Venerdì scorso, giusto una settimana fa, sul traguardo di Ede in Olanda, Barbara Guarischi passava per prima sul traguardo della quarta tappa del Simac Ladies Tour. Fino a quel momento e in quelli a seguire, la storia delle volate nella corsa olandese aveva visto Lorena Wiebes imporsi su Elisa Balsamo ed era difficile immaginare che qualcuno potesse infilarsi nel mezzo: soprattutto colei che per contratto tira le volate alla campionessa europea. Sono cose che succedono raramente. Dieci anni fa Sagan e Viviani un paio di volte aiutarono a vincere Daniel Oss che fino a quel giorno aveva tirato per loro, ma erano altri tempi. Oggi vince chi deve vincere. E il livello è così alto che per farlo servono campioni in grande condizione.

La vittoria del gregario

Alla SD Worx-Protime invece succede almeno una volta all’anno. Lo scorso anno al Thuringen, ad esempio, proprio Guarischi si portò a casa la seconda tappa, davanti alla stessa Wiebes, lasciando intuire che nella squadra plurivittoriosa (63 vittorie nel 2024) contano i ruoli, ma anche i rapporti personali. La vittoria del gregario è un raggio di sole, anche se Barbara nel parlarne sembra quasi imbarazzata. Nonostante abbia vinto la prova in linea ai Giochi del Mediterraneo del 2022 e nella sua bacheca brillino anche altri successi fra cui una tappa al Giro d’Italia, la vittoria di Ede è la prima nel WorldTour.

«Non è una vittoria che mi cambia la carriera – dice quasi giustificandosi – però fa sempre piacere. E’ stato molto strano. Non sono più abituata a fare le volate per me stessa e quando non fai più gli arrivi, fai anche fatica ad avere i punti di riferimento, le sicurezze che servono in uno sprint. Sapevo che la ragazza arrivata seconda (la neozelandese Wollaston, ndr) era molto più veloce di me e allora ho giocato con l’esperienza. L’ho fatta partire per prima. Dalla radio sapevo che mi era ruota, l’avevo vista anche io. E allora ho cercato di farle sentire la pressione. Non mi sono mai mossa dall’ultima posizione e lei ha commesso l’errore di passarmi e partire per prima. A quel punto, era un arrivo che tendeva a salire, quindi chi arrivava da dietro era avvantaggiato…».

Recuperate le fatiche del Tour, agli europei si è vista un’ottima Guarischi
Recuperate le fatiche del Tour, agli europei si è vista un’ottima Guarischi

Riferimenti diversi

Non è un discorso banale. Se finora il suo traguardo era il cartello dei 300 metri, dal quale Wiebes o Kopecky di solito spiccano il volo, di colpo quello era il limite da cui tutto sarebbe iniziato. Non si trattava di un arrivo di gruppo compatto, con dei treni cui appoggiarsi. Erano una decina di atlete e Guarischi l’ha gestita con super lucidità.

«E’ proprio un altro meccanismo – spiega – nel senso che per tirare le volate, devi pensare per due o per uno. Quindi devi calcolare le distanze, la velocità… ci sono tanti fattori. Mentre se devi fare tu la volata e non hai nessuno che ti tira, devi calcolare l’avversario, quindi è molto diverso. Alla fine ho vinto. Ero molto felice, però ero anche un po’ spaesata. Probabilmente è vero quello che si dice: mi sento più appagata quando vincono Lorena e Lotte. Ma ho visto che quel giorno loro erano molto molto più contente di me. Sono due persone fantastiche, molto riconoscenti del lavoro della squadra.

«E’ una vittoria che mi manda in ferie col sorriso. Tra febbraio e aprile, sono stata fuori dalle corse per problemi di salute, ho perso parte della preparazione invernale. E anche in questo caso la squadra è stata molto brava, perché parlandone abbiamo trovato il modo migliore di arrivare al Tour. Chiudo l’anno con 53 gare, ma tanti sono stati giorni in cui lavoravo per ritrovare la gamba. Infatti dopo il Tour ho riposato una settimana e ho sentito che il mio fisico iniziava a lavorare normalmente. Già dagli europei sapevo di avere una condizione molto buona».

Si vince col gruppo

I ruoli che si ribaltano e comunque la felicità per la compagna che vince, a prescindere dal suo ruolo, fanno pensare che davvero il clima nella squadra sia quello giusto. E a ben vedere conferma ciò che nei giorni scorsi, parlando della capacità di questo team di costruire il futuro, ci aveva fatto notare un tecnico esperto come Walter Zini. La FDJ e la Movistar hanno portato via Vollering e Reusser, ma la SD Worx-Protime resta forte perché punta sul collettivo. Squadre piene di campionesse, come l’Olanda ai mondiali di Zurigo, si ritrovano spesso con un pugno di mosche.

Non bastano i campioni per vincere le corse: per come va oggi il ciclismo ci vuole la squadra. Se guardiamo proprio il Simac: probabilmente senza il gruppo per le ragazze di Danny Stam sarebbe stato molto difficile vincerlo. «Probabilmente solo col campione – riconosce Guarischi – vinci una gara su 100. Con una squadra forte invece, puoi vincere gran parte delle corse».

Adesso non resta che chiudere le valigie e prepararsi per uno stacco importante. Due settimane senza bici fra Malesia e Thailandia: qualche giorno più dei soliti dieci perché gli sforzi della stagione si sono concentrati tutti nel finale e la fatica si fa sentire. Nel frattempo la squadra è al lavoro per rinforzarsi e aggiungere nuovi ruoli e nuove figure. Quando Barbara tornerà dalle vacanze, il quadro sarà già pronto.

Majerus, la vittoria sfumata e la furia di Kopecky

11.06.2024
5 min
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Due anni di attesa. Certo, se guardate il palmarés di Christine Majerus ogni stagione compare la sua vittoria al campionato nazionale lussemburghese, ma lei stessa ne conosce il valore relativo. Ne ha vinti 31 fra gare in linea e a cronometro, ma non è la stessa cosa. Non è lo stesso di qualsiasi altra corsa, con compagne di squadra ed avversarie di ogni parte del mondo, di qualsiasi categoria sia. Era dall’11 marzo 2022 che aspettava di cogliere il risultato pieno e quando hai 37 anni sai che ogni occasione conta, il tempo ti sta sfuggendo di mano come sabbia tra le dita.

La lussemburghese è campionessa nazionale in linea ininterrottamente dal 2010, a cronometro dal 2007
La lussemburghese è campionessa nazionale in linea ininterrottamente dal 2010, a cronometro dal 2007

Christine, è il tuo giorno…

Tappa finale del Tour of Britain. La Sd Worx sta facendo il suo solito, comanda la classifica generale con l’iridata Lotte Kopecky, quella a squadre, quella a punti, se ci aggiungiamo le vittorie di tappa è il bottino al quale nel ciclismo si è ormai abituati. Al mattino, riunione prima della corsa, si valuta che cosa fare. La difesa del primato non è in discussione, ma si pensa che sarebbe bello fare qualcosa di diverso dal solito.

Durante la tappa, quasi 100 chilometri con partenza e arrivo a Manchester, il team trova l’accordo: si corre per Christine. E’ il giusto premio per il suo impegno. Questa volta Kopecky e Wiebes saranno le sue luogotenenti, la piloteranno verso il traguardo, ma poi starà a lei dare la zampata finale. La lussemburghese è fuori di sé dalla gioia, durante la corsa si vede il suo sorriso, sa che sta per succedere qualcosa che aspettava da tempo. E’ pur sempre una prova WorldTour, metterci la propria firma alla sua età non è cosa di tutti i giorni.

Per tantissime volte gregaria, per la Majerus quella britannica era la giornata per prendersi la sua soddisfazione
Per tantissime volte gregaria, per la Majerus quella britannica era la giornata per prendersi la sua soddisfazione

Fuori causa la Paternoster

Si arriva alle battute conclusive e a fare la volata non sono neanche in tante, il gruppo si è sfaldato. Non c’è neanche quella spina nel fianco della Paternoster, attardata da una foratura che le costerà il podio nella classifica generale. Loro però ci sono, in forze e la volata la lanciano come quelle che sanno di essere le padrone. Solo che questa volta i ruoli sono invertiti.

Christine si lancia, sicura, pregustando il tutto. Kopecky e Wiebes sono lì, quasi scudiere del suo successo, lontane pochi centimetri. Alza il braccio. Lo alza troppo presto, al suo fianco c’è inattesa Ruby Roseman-Gannon, la campionessa nazionale australiana. Neanche l’aveva vista.

La sfortunata volata della Majerus con l’australiana che la passa sulla sua sinistra
La sfortunata volata della Majerus con l’australiana che la passa sulla sua sinistra

Davide contro Golia

Già, perché l’assenza forzata della Paternoster aveva scombinato i piani della Liv Jayco Alula, con l’australiana che non sapeva più che la compagna non c’era, quindi niente più treno da mettere insieme, ma lei si è buttata lo stesso, con coraggio, quasi un Davide contro il Golia identificato nell’intero team olandese. Forse neanche si erano accorti che anche lei si stava precipitando verso l’arrivo.

E’ questione di centimetri. Un battito d’ali. Un tuffo al cuore. Il responso è impietoso: ha vinto l’australiana e in casa Sd Worx volano gli stracci. La Kopecky è un fiume in piena davanti ai primi taccuini: «Abbiamo scelto di puntare su Christine nello sprint e lo abbiamo fatto alla perfezione fino alla fine. Quando ho visto Christine andare ero sicura che avremmo vinto, invece è stato uno stupido errore. Avrebbe potuto essere un bel finale per Christine, ma abbiamo concluso bene come squadra» per poi andarsene verso il pullman della squadra. I dirigenti la calmano, le dicono di gettare acqua sul fuoco.

Christine insieme alle compagne dell’SD Worx. A Manchester tutto era filato liscio fino allo sprint…
Christine insieme alle compagne dell’SD Worx. A Manchester tutto era filato liscio fino allo sprint…

Parola d’ordine: ammorbidire i toni…

Gli addetti stampa fanno il loro mestiere che è anche quello di edulcorare quello che avviene. Le successive dichiarazioni sono molto più morbide, rilasciate via social (e naturalmente concordate): «Può sembrare sciocco, ma si può capire la nostra decisione solo se si sa quanto rispetto abbiamo l’una per l’altra. Abbiamo deciso di lasciare che Christine sprintasse per la vittoria. Anche se non è andata come previsto, avremmo comunque fatto la stessa scelta».

Christine è a terra. In tanti anni di carriera mai le era capitata una cosa simile, assaggiando tutto d’un colpo la delusione propria unita a quella delle compagne, delle capitane. Testa bassa, con le spalle che sembrano sostenere un peso enorme. I giornalisti sono impietosi, la notizia è la sua sconfitta, o meglio come essa è arrivata. Lei riesce a dire poche parole, in maniera sommessa: «È colpa mia se ho esultato troppo presto, ma complimenti a Ruby per aver creduto nelle sue possibilità fino al traguardo. Ringrazio le mie compagne per avermi dato la possibilità e mi dispiace di aver rovinato tutto».

Il fotofinish che all’Amstel ha punito la Wiebes, anche lei esultante troppo presto
Il fotofinish che all’Amstel ha punito la Wiebes, anche lei esultante troppo presto

Chi è senza peccato…

Conoscendo il suo impegno, la sua abnegazione, il rispetto per la sua carriera (è nel massimo circuito fin dal 2008) meritava un epilogo diverso. Anche perché qualcuno in passato diceva “Chi è senza peccato scagli la prima pietra” e non c’è neanche bisogno di andare troppo indietro nel tempo: Amstel Gold Race, la Wiebes alza la mano dal manubrio e la Vos la beffa. Forse prima di giudicare bisognerebbe pensarci due volte e venendo via da Manchester molti si chiedevano: ma le daranno un’altra chance?

Guarischi-SD Worx, secondo anno nella squadra dei sogni

23.01.2024
7 min
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Barbara Guarischi è di buon umore. Il ritiro in Spagna ha lasciato buone sensazioni. La presentazione del Team SD Worx appena andata in scena nella sede di Protime a Mechelen, in Belgio, è stata il varo della nave. Una bottiglia di champagne e poi via con le corse: debutto l’8 febbraio con il UAE Tour. L’ultima gara per l’atleta di Ponte San Pietro era stato il mondiale gravel del 7 ottobre, sono passati tre mesi e mezzo. E anche se non c’è stato il tempo per annoiarsi, la voglia di gareggiare inizia a farsi sentire.

«Dipende da come arrivi a fine stagione – ammette sorridendo – ma quando sei lì, vorresti non fermarti per essere subito pronta. Ho staccato due settimane, ma siccome sono matta per lo sport, dopo i primi sette giorni di vero riposo, ho ricominciato a camminare in montagna, una cosa che adoro, e ad affacciarmi in palestra. C’è stato poco da aspettare. Se pianifichi la preparazione, metti dentro due ritiri e cominci con il lavoro, le settimane volano via…».

Il ciclismo al top

Dal UAE Tour, la sua stagione non avrà soste fino alla Roubaix. Poi uno stacco, la Vuelta e le corse intorno. Un altro stacco e via al Tour de France. Sulla possibilità di essere convocata alle Olimpiadi ha messo una croce. Il mondiale di Zurigo sarà certamente troppo duro. Invece gli europei di settembre nel Limburgo potrebbero essere una buona occasione anche per giocare un ruolo da outsider e per questo dovrà arrivarci al 100 per cento. Il programma è potente e ambizioso. La squadra in cui corre da un anno ha chiuso il 2023 in testa al ranking UCI, con il doppio dei punti della Lidl-Trek: farne parte è motivo di orgoglio che cresce di mese in mese.

«Fino allo scorso anno – dice – non ci avevo mai pensato. Poi ho visto come si allenano e ho capito che cosa significa far parte di una delle più forti squadre al mondo. Entrarci per certi versi è stato facile, per altri ringrazio la presenza di Elena Cecchini che mi ha aiutato a capire anche alcune differenze anche culturali. Sono molto ligi al dovere, come piace a me. Ma a volte mi sono trovata davanti a cose nuove che non sapevo come affrontare. Ora abbiamo trovato una grande sintonia e partiamo con una bella intesa. Con Elena le stiamo un po’… italianizzando, nel senso che va bene essere rigorosi, ma quando si va fuori bisogna anche sapersi divertire.

«Da parte loro – prosegue la bergamasca, vincitrice nel 2022 dei Giochi del Mediterraneomi hanno mostrato il ciclismo in un’altra dimensione. La voglia di vincere non deve mai svanire, quando dovesse succedere, sarebbe il momento di riflettere sulla possibilità di ritirarsi. Però bisogna anche essere realisti e conoscere il proprio ruolo. Nelle grandi squadre nessuno è messo a caso e non sempre puoi arrivare alla fine e fare la tua corsa. E’ una scelta, non mi lamento. Potrei anche smettere adesso ed essere orgogliosa della carriera che ho fatto».

A ottobre, Guarischi ha partecipato alla Bellagio Sky Race: quasi 28 chilometri: metà a salire, il resto a scendere
A ottobre, Guarischi ha partecipato alla Bellagio Sky Race: quasi 28 chilometri: metà a salire, il resto a scendere

Il sogno di bambina

Una risata. Magari qualche altro anno si può continuare, ma il senso del discorso arriva forte e chiaro. Si parla di lavoro, ma anche della realizzazione di un sogno: quello di una ragazzina che con caparbietà decise di dedicarsi al ciclismo, pur senza un briciolo di garanzia che l’avrebbe portata da qualche parte.

«La mia è stata una scelta – dice facendosi seria – sapevo che non potevo viverci. Forse fu una scelta azzardata e per questo la mia famiglia non dico che fu contro, ma continuò a raccomandarmi di andarci con i piedi di piombo. E in fondo avevano ragione. Come era cominciata, così poteva finire da un giorno all’altro. Invece è andata bene, ho avuto fortuna. Ma penso anche che alla fortuna certe volte devi dargli una spinta affinché giri a tuo favore. E ha funzionato.

«Ho fatto tante scelte che mi hanno portato dove sono. Ho imparato tanto su me stessa e sulla vita in generale. Ogni giorno sulla bici è una scuola da cui prendere quel che serve per costruire la propria strada. Stando in questa squadra sono migliorata tantissimo. Spesso esco sfinita dagli allenamenti, ma quando il fisico li metabolizza, i miglioramenti sono evidenti. Il fatto che le distanze di gara aumentino viene a nostro favore. Le leader sono contente, perché lavoravano già tanto. E anche io nell’ultimo anno ho aumentato di parecchio qualità e quantità».

Van der Breggen come direttore e allenatore: per Guarischi un confronto al top (foto Getty Immages)
Van der Breggen come direttore e allenatore: per Guarischi un confronto al top (foto Getty Immages)

Un coach speciale

La regia delle sue fatiche è Anna Van der Breggen, direttore sportivo, ma anche preparatore. Barbara racconta che ancora adesso quando esce con loro in bici, continua a staccarle. E che la sua tendenza ad alzare l’asticella a un certo punto le ha portate a guardarsi negli occhi, per costruire una relazione ancora più produttiva.

«Fa un certo effetto pensare di averla come allenatore – spiega Guarischi e sorride per la battuta in arrivo – anche se a volte mi piacerebbe cambiarla… Stiamo lavorando tanto, a volte faccio fatica ad assimilare i lavori. Così a inizio anno sono andata a parlarle, perché mi dava allenamenti davvero tanto duri. Anna ha la mentalità di spingerti sempre in avanti e a quel punto dipende da come la prendi. Perché di base è giusto andare a cercare il limite, per capire dove crescere. Quando poi passa sull’ammiraglia, ha esperienza e carisma incredibile. Quando non ce la fai più o quando senti che sei vicina a mollare, quando non capisci il senso di tanta fatica, avere in macchina una persona che capisce cosa pensi fa la differenza fra mollare e tenere duro.

«Siamo davvero una grande squadra, sotto tutti i punti di vista. Le nuove bici, le SL8, sono davvero un materiale top di gamma. Ogni anno cerchiamo di lavorare sulla posizione, per essere più performanti, ma anche comode viste le distanze superiori. Cerchiamo di diventare sempre più professionali in tutto, anche nell’alimentazione. Sto facendo il lavoro dei miei sogni nella miglior squadra del mondo, sono davvero contenta».

Fratelli Fisher-Black, il 2023 in prima linea come da piccoli

27.09.2023
8 min
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Il 2023 che sta facendo scorrere i titoli di coda ha mandato in scena anche i primi ruoli da protagonisti di due fratelli che arrivano da molto lontano. Quelli di Finn e Niamh Fisher-Black sono copioni ancora agli albori per farne diventare un colossal, ma intanto quest’anno si sono tolti entrambi la soddisfazione di essere protagonisti per un giorno, tagliando il traguardo in solitaria per la loro prima vittoria da pro’.

I due Fisher-Black sono figli del nuovo millennio (Niamh è del 2000, Finn più giovane di un anno) ma soprattutto sono figli di un mondo agli antipodi dal nostro. Nascono in Nuova Zelanda poi crescono corridori in Europa, dove stanno trovando l’affermazione. Tra aprile e giugno – nello spazio di 70 giorni – hanno timbrato il proprio cartellino. Finn, forse un po’ a sorpresa, ha conquistato la prima tappa del Giro di Sicilia illuminando la Valle dei Templi di Agrigento con una stoccata da perfetto finisseur. Niamh ha replicato al fratello due mesi dopo cogliendo la quarta frazione del Tour de Suisse sulle alte colline di Ebnat-Kappel grazie ad un allungo poderoso negli ultimi metri di gara. Tuttavia il loro nome non è una novità nel panorama internazionale. Anche se Niamh l’abbiamo conosciuta da vicino al Giro Donne 2022, abbiamo provato a ripercorrere il percorso dei due giovani neozelandesi.

Le prime pedalate da rivali

I fratelli Fisher-Black hanno iniziato a pedalare molto giovani in sella ad una Mtb disputando gare su una pista di cemento di cinquecento metri che circondava un campo da rugby (sport nazionale) nella loro città natale di Nelson, a nord dell’Isola del Sud della Nuova Zelanda. Finn fu il primo a partecipare e Niamh riavvolge il nastro della memoria.

«Ero un po’ spaventata per correre – ricorda la sorella – quindi ho preferito guardare la sua corsa. Quando però ho visto che aveva vinto una sorta di medaglia sono stata un po’ invidiosa e così mi sono detta che la settimana dopo avrei corso anch’io. A quel punto non ho potuto più tornare indietro nella decisione. La competizione fra fratelli può creare dipendenza e abbiamo scoperto che potevamo esserlo fra noi, migliorandoci. All’epoca volevo ottenere un premio prima di lui o addirittura batterlo. In pratica questo è ciò che ci ha motivato col passare degli anni».

Finn e Niamh (che si pronuncia “Niif”) sono molto legati anche se si vedono poco durante la stagione (foto instagram)
Finn e Niamh (che si pronuncia “Niif”) sono molto legati anche se si vedono poco durante la stagione (foto instagram)

«E’ verissimo ciò che racconta lei – le fa eco Finn sorridendo – qualunque cosa facesse lei, io avrei voluta farla meglio. E’ stato fantastico perché ci spingevamo davvero a vicenda cercando di essere uno migliore dell’altra. Niamh per un breve periodo è stata più veloce di me però so che lei ricorda poco volentieri il periodo in cui ho iniziato ad essere più forte io. Lei dice che era frustrante ma abbiamo imparato da giovanissimi che lavorando assieme in gara potevamo avere la meglio sugli avversari. Oggi mi sento di dire che la nostra rivalità da bambini si è trasformata in rispetto e sostegno reciproci».

Ammirazione fraterna

La storia di Niamh e Finn Fisher-Black è simile a quella di tanti fratelli che gareggiano e vincono nel medesimo sport. Adesso sono atleti di formazioni al top che credono fortemente in loro. Niamh corre per la SD-Worx, Finn per la UAE Emirates. Entrambi sono in rampa di lancio e l’uno è orgoglioso dell’altra quando arrivano i grandi risultati.

«Ho sempre ammirato il mio fratellino (come lo chiama confidenzialmente ancora oggi, ndr) – dice Niamh – ed anche se sono io ad aver vinto il primo titolo internazionale su strada prima di lui (il mondiale U23 a Wollongong nel 2022, ndr), gli chiedo sempre consigli. In verità è lui quello che è sempre stato bravo a vincere le gare. Gliel’ho visto fare in tante corse, perché lo guardo sempre se non sono alle corse anch’io. Però è anche vero che Finn spesso mi fa domande. Anche questo nostro continuo confronto è un vantaggio per le nostre rispettive carriere».

«Durante l’anno – prosegue la sorella – siamo entrambi molto lontano da casa. Se attraverso un momento difficile oppure ho nostalgia della nostra terra, so che lui capisce quella sensazione. E’ bello avere qualcuno con cui relazionarsi e quindi tirarsi su di morale».

«Mia sorella – ribatte Finn virando l’argomento sul piano tecnico – è una persona che si adatta bene alle giornate difficili in corsa e alle gare a tappe. I suoi progressi in queste gare sono evidenti. Benché fisicamente sia piuttosto minuta, l’esatto contrario mio (Niamh è alta 1,60 metri, Finn invece 1,90, ndr), è un’atleta molto potente e forse più di una semplice scalatrice».

Finn “olandese”

Ben prima del titolo iridato di Niamh nel 2022, Finn era stato campione del mondo juniores nell’inseguimento a squadre ad Aigle nel 2018. La Nuova Zelanda d’altronde è sempre stata una Nazione con grande tradizione in pista. E’ stato però nel 2020 che hanno vissuto un paio di giorni di festa assieme. Finn vince il campionato nazionale U23 a crono, Niamh centra il titolo elite su strada.

«E’ stato davvero speciale – racconta il fratello – perché ricordo di aver tagliato il traguardo ed aver sentito che anche Niamh aveva vinto. Entrambi eravamo al nostro primo anno in Europa. Io ero stato preso dal Devo Team della Jumbo-Visma, lei dalla Bigla. Quindi è stato bello conquistare e indossare le maglie nazionali durante quella stagione».

«Personalmente – continua Finn – anche in pista ho passato belle giornate. Come quando ho battuto il record mondiale juniores dell’inseguimento individuale ai campionati neozelandesi nel 2019. Quella mattina non me lo sarei mai aspettato. E’ stato proprio quel risultato a dare una svolta alla mia carriera visto che un mese dopo ero su un aereo per andare a correre in Europa».

Fu preso infatti dal team Willebrord Vil Vooruit, una sorta di vivaio antesignano del Devo Team Jumbo-Visma, dove alcuni suoi compagni furono Kooij, Tulett, Van Sintmaartensdijk.

Niamh globetrotter

Nel 2019 anche Niamh era su quel volo primaverile verso l’Europa. Lei lasciava il Team Mike Greer Homes con cui comunque aveva corso il Thuringen Tour, mentre Finn salutava il Team Skoda Racing. La destinazione della sorella era la Bigla Pro Cycling, con cui farà l’esordio al Giro delle Marche vinto da Paladin su Cavalli. L’anno successivo un altro debutto “italiano”, quello in una gara WorldTour alle Strade Bianche.

«Sono stati anni importanti quelli – spiega Niamh – nonostante di mezzo ci sia stato il Covid. Correndo in Europa con la mia squadra neozelandese mi sono fatta vedere dalla Bigla, con la quale mi sono messa in mostra fino a guadagnarmi la chiamata dalla SD Worx nel 2021. E’ stato un sogno per me correre assieme ad una super campionessa come Anna Van der Breggen, che oggi è la mia diesse. Quell’anno ho avuto le mie possibilità, e le sto avendo tuttora, fino ad arrivare ad indossare le maglie di leader in una corsa WorldTour come la Vuelta a Burgos».

«Non capita spesso – chiude Niamh – di poter vincere un mondiale, così come giocarsi le proprie carte in una gara importante come il Giro Donne (dove ha vinto la classifica giovani nel 2021 e 2002, ndr). Non lo avevo mai fatto prima ma lavorare con questo tipo di pressione addosso mi ha aperto gli occhi su una parte nuova di me nel ciclismo. Mi piace decisamente quel tipo di pressione. I miei obiettivi restano le classiche delle Ardenne e la generale nei grandi giri. Spero di crescere di livello ogni giorno che passa».

Il resto è storia dei giorni nostri. Finn ha dato seguito al centro in Sicilia disputando una bella Vuelta e sfiorando la vittoria nella sedicesima tappa, battuto solo dal suo amico ed ex compagno Vingegaard. Le sue caratteristiche sono adatte per le classiche mosse ed il suo nome è da segnare per i prossimi anni. Niamh, anche grazie al supporto di Cecchini, sta studiando da leader e quello al Tour de Suisse è il successo che ci voleva per consapevolizzarla ancora di più.

Balsamo contro Wiebes? Guarischi non ha dubbi

18.09.2023
5 min
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Abbiamo parlato con Giorgia Bronzini del duello fra Wiebes e Balsamo e di come questo rappresenti il confronto fra la scuola olandese e quella italiana. Poi abbiamo sentito da Ilaria Sanguineti sui ragionamenti della Lidl-Trek prima delle corse in cui si finirà in volata contro Wiebes. Non resta a questo punto che ascoltare la campana della Sd Worx, interpellando l’azzurra che da quest’anno è diventata il pilota della campionessa europea nelle sue volate: Barbara Guarischi.

Lo scorso anno Guarischi ha vinto i Giochi del Mediterraneo, con la volata tirata da Sanguineti (foto Coni)
Lo scorso anno Guarischi ha vinto i Giochi del Mediterraneo, con la volata tirata da Sanguineti (foto Coni)

Fra Balsamo e Kool

Anche lei reduce dal Simac Ladies Tour, dietro quasi tutte le vittorie dell’olandese ci sono le sue traiettorie e le sue intuizioni. Come si ragiona quando si prospetta un finale contro Elisa Balsamo e il treno della Lidl-Trek? E soprattutto, la piemontese è considerata un’avversaria particolarmente pericolosa?

«Il punto è questo – dice subito Guarischi – al momento per certi arrivi consideriamo molto di più Charlotte Kool, anche per un fatto di costituzione. Elisa ha vinto al Simac, ha fatto una volata lineare, però secondo me Kool è molto più pericolosa quando si fa uno sprint davvero veloce».

Con il cittì Sangalli: Guarischi ha partecipato ai mondiali di Glasgow ed è nella rosa per gli europei
Con il cittì Sangalli: Guarischi ha partecipato ai mondiali di Glasgow ed è nella rosa per gli europei
Invece sui percorsi più impegnativi?

Secondo me Lorena è ancora molto più veloce. Inoltre sta facendo anche un salto di qualità atletico, lavorando di più per le salite più lunghe, perché ha l’obiettivo delle Olimpiadi.

Qual è il limite? In quali arrivi, magari quelli più tecnici, Balsamo vi può dare qualche grattacapo?

Gli arrivi tecnici sono difficili per tutti, possono andarti bene come possono andarti male. Sul terzo traguardo del Simac, Lorena ha fatto seconda, ma è rimasta chiusa dal treno della Jayco. E lì è una frazione di secondo. O vai a destra o vai a sinistra. Quindi penso che negli arrivi così caotici, il limite c’è per tutti e anche per nessuno, perché comunque i treni sono molto ben forniti in tutte e tre le squadre di cui parliamo (Sd Worx, DSM Firmenich, Lidl-Trek, ndr).

Wiebes rimetterà in palio la maglia di campionessa europea il prossimo fine settimana a Drenthe, in Olanda
Wiebes rimetterà in palio la maglia di campionessa europea il prossimo fine settimana a Drenthe, in Olanda
E qui entrano in gioco i leadout. Secondo Giorgia Bronzini, l’80 per cento del successo di una volata è sulle vostre spalle…

Sì, questo posso dire che è vero. Nella volata dove Lorena è stata chiusa, il mio lavoro è stato fondamentale, nel senso che avevo dietro di me la Kopecky e se non ci fossi stata io in quel chilometro, non sarebbero arrivate davanti per fare la volata.

Lorena ha bisogno sempre dello stesso lavoro oppure il tuo ruolo cambia in base ai finali?

Si interpreta in base al finale e al tipo di volata, se è tecnica, se è lunga, se è caotica…

Preferite gestire voi la volata o appoggiarvi al treno di un’avversaria?

Preferiamo fare da noi, perché in qualche modo hai sempre una via d’uscita, a meno che non sei veramente lungo da far saltare tutto il treno. In quel caso però significa che hai sbagliato qualcosa. Andare sulle ruote di altri è sempre una confusione e un rischio, perché ci sono 180 persone che fanno le volate anche quando non dovrebbero. Per cui il lavoro è portarla almeno agli ultimi 400-500 metri, poi si vede se siamo lunghe e se conviene prendere la ruota di qualcuno o meno.

Nel 2022 Guarischi ha partecipato al mondiale gravel, quest’anno sarà agli europei di specialità del 1° ottobre in Belgio
Nel 2022 Guarischi ha partecipato al mondiale gravel, quest’anno sarà agli europei di specialità del 1° ottobre in Belgio
Fra voi leadout c’è comunicazione durante la corsa oppure ognuno è chiuso nel suo gruppo?

In genere ci si parla solo se bisogna andare a chiudere una fuga o se si ha l’interesse comune di arrivare in volata. Se magari la corsa parte e già dal chilometro zero ci sono scatti e controscatti, allora si parla subito e si uniscono le forze. Nei finali invece è diverso, perché ognuno fa il suo lavoro.

Quanto tempo hai impiegato per trovare l’intesa giusta con Lorena?

Molto poco. Siamo andati al UAE Tour e c’era già un buon feeling. Si è fidata ciecamente di me. Praticamente quando ho dietro lei, non mi devo quasi mai girare, perché so che ce l’ho a ruota, qualsiasi cosa io faccia. E questa è una gran fortuna, vuol dire che c’è fiducia reciproca.

Nella terza tappa del Thuringen, Guarischi ha battuto “capitan” Wiebes allo sprint
Nella terza tappa del Thuringen, Guarischi ha battuto “capitan” Wiebes allo sprint
Insomma, sembra di capire che sei soddisfatta del passaggio in SD Works.

Decisamente. Tra l’altro, rispetto all’inizio dell’anno le cose stanno andando anche molto meglio in termini di allenamenti. Sono riuscita ad assimilare bene i lavori che la squadra mi sta dando, mentre all’inizio dell’anno ho faticato molto perché i carichi sono aumentati notevolmente. Adesso invece ho finito in crescendo, quindi sono molto contenta. Anche perché questa cosa mi dà morale per l’inverno.

E’ una squadra in cui si lavora più che nelle altre?

Si lavora veramente tanto. Penso che in tutti gli sport di alto livello, se vuoi fare davvero la differenza, si debba lavorare tanto. Devi fare sacrifici e in questa squadra se ne fanno veramente tanti. Poche volte ho visto tanta dedizione. A volte guardo gli ordini d’arrivo e se prima potevo pensare che in qualcuno potevo esserci anche io, ora capisco che sto lavorando per la campionessa del mondo o la campionessa europea, per gente che veramente va forte. Perciò, quando fai la corsa e tutte le ragazze lavorano bene e si vince o si fa prima e seconda, è una soddisfazione immensa.