Frassi e il grande salto. Eccolo sull’ammiraglia della Israel

06.12.2024
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Un sogno che si avvera, ma costruito passo dopo passo con gavetta, passione e sacrificio. Così Francesco Frassi, direttore sportivo toscano, sintetizza il cammino che dalla realtà familiare della ASD Monte Pisano di qualche anno fa, lo ha portato, dalla prossima stagione, sull’ammiraglia della Israel-Premier Tech. Il passaggio rappresenta un’evoluzione naturale, dopo gli anni intensi e ricchi di sfide alla guida della Corratec-Vini Fantini, squadra che invece gli ha aperto le porte del professionismo.

Una carriera iniziata per passione, portando giovani talenti alle gare, e consolidata con ruoli man mano più importanti. Francesco, per esempio, è stato commissario tecnico della nazionale albanese, con cui ha colto successi storici. Frassi entra in una dimensione completamente diversa, quella di una “quasi” WorldTour dove competenza, organizzazione e internazionalità sono ai massimi livelli (in apertura foto @niccolo_lucarini).

Firenze 2013: tra gli juniores Frassi piazza sul podio Iltjan Nika, alle spalle di VdP e Pedersen. E’ la prima medaglia per l’Albania
Firenze 2013: tra gli juniores Frassi piazza sul podio Iltjan Nika, alle spalle di VdP e Pedersen. E’ la prima medaglia per l’Albania
Francesco dopo tanti anni di gavetta, finalmente approdi in una squadra importante. Come vivi questo cambiamento?

Mi sembra quasi irreale. Ho cominciato per pura passione, con mio padre Roberto, nella Monte Pisano, una squadra che seguivamo nei weekend sacrificando tutto il tempo libero. Non avrei mai immaginato di fare il direttore sportivo. Ma è bastato quel primo giorno con i bambini della Monte Pisano per innamorarmi.

Passione pura…

Ho fatto il mio percorso passo dopo passo: dalla gestione di ragazzi giovanissimi alla nazionale albanese, dove ho vissuto emozioni uniche: ho fatto con loro un’Olimpiade e diversi mondiali, riuscendo persino a conquistare la medaglia di bronzo mondiale con un giovane che avevo accompagnato fin dall’inizio. Ogni categoria ha avuto il suo fascino, ma oggi sono in un mondo completamente diverso.

Cosa ti ha lasciato l’esperienza con la Corratec-Vini Fantini?

Alla Corratec ho vissuto un’esperienza totalizzante. Non avevamo grandi risorse e dovevo coprire più ruoli: direttore sportivo, organizzatore, persino meccanico quando serviva. È stato faticoso, ma formativo. Ho dato tutto, lavorando senza orari, spesso fino a notte inoltrata. Questo impegno mi ha permesso di crescere. E oggi posso dire che ogni difficoltà affrontata è stata una lezione preziosa. Con la Corratec mi sono lasciato in ottimi rapporti: sono grato a loro per avermi dato l’opportunità di fare esperienza in una realtà professionistica.

Frassi è salito in ammiraglia nel 2015 (Amore&Vita). Negli ultimi 6 anni è stato nel gruppo della Corratec-Vini Fantini
Frassi è salito in ammiraglia nel 2015 (Amore&Vita). Negli ultimi 6 anni è stato nel gruppo della Corratec-Vini Fantini
Come è nata l’opportunità con Israel-Premier Tech?

Un po’ per caso, direi. Ho sempre avuto un buon rapporto con Ivano e Christian Fanini, che in passato avevano parlato bene di me a Kjell Carlstrom (team manager della Israel-Premier Tech, ndr). Poi, a novembre, è arrivata una telefonata: stavano cercando un direttore sportivo. Da lì è iniziato tutto. Ho fatto diversi colloqui e alla fine mi hanno scelto. È stato un processo trasparente anche con la Corratec.

Cioè?

Loro sono stati incredibili. Mi hanno sostenuto, permettendomi di portare avanti la trattativa con serenità. Mi hanno detto: «Se hai questa opportunità vai. Provaci. E se qualcosa non dovesse andare per il verso giusto sai che qui hai un posto». In tanti anni devo ringraziare Angelo Citracca che ai tempi della Vini Zabù mi ha fatto esordire nel professionismo, a Serge Parsani per questo ultimo periodo. Lascio una squadra piccola, ma una bella famiglia.

La Israel-Premier Tech andrà in ritiro nei pressi di Girona: sarà il primo vero contatto di Frassi col team (foto Instagram)
La Israel-Premier Tech andrà in ritiro nei pressi di Girona: sarà il primo vero contatto di Frassi col team (foto Instagram)
Quali saranno le tue principali responsabilità nel nuovo team?

La mia sarà una posizione più settoriale rispetto al passato. Quindi sarò più diesse nel vero senso della parola. Israel-Premier Tech è una squadra estremamente organizzata e il livello di professionalità che ho trovato è impressionante.

Chiaro, in Corratec come dicevi, dovevi svolgere più mansioni…

Ho già partecipato a riunioni con il team e conosciuto alcuni colleghi: mi hanno colpito sia la competenza tecnica sia l’umanità di persone come Carlstrom e Steve Bauer. A breve sarò in ritiro con la squadra, dove pianificheremo i primi dettagli della stagione. E lì davvero entrerò nel sistema.

È una squadra senza direttori sportivi italiani. Come vivi questo aspetto?

È vero, sarò l’unico italiano tra i direttori sportivi, ma nello staff ci sono persone che conosco bene: i fratelli Dizio, Paolo Zaggia, il meccanico Tonin, il massaggiatore Christian Valente… Se ho contato bene dello staff ci sono 13 italiani. È un ambiente molto internazionale, e questa è una delle cose che mi affascinano di più. Confrontarmi con culture e approcci diversi è una sfida stimolante, anche se richiede un periodo di adattamento.

Frigo sarà uno dei talenti che il tecnico toscano si troverà a dirigere
Frigo sarà uno dei talenti che il tecnico toscano si troverà a dirigere
Cosa ti aspetti dai corridori che seguirai? E soprattutto sai già chi seguirai? Ti spaventa un po’?

Il livello è altissimo e questo mi entusiasma. Parliamo di corridori come Derek Gee, protagonista al Giro d’Italia e al Tour, Hirt, Lutsenko, Woods, Fuglsang, Froome e giovani talenti come Blackmore, Strong, che hanno già dimostrato grande qualità. Il focus sarà sempre sul risultato, ma ciò che mi piace del ciclismo è il rapporto umano con gli atleti. Anche a questo livello, credo che la fiducia reciproca sia fondamentale per ottenere il meglio.

Però c’è anche un italiano: Marco Frigo… speriamo sia il suo anno.

Beh, lui me lo ricordo anche nelle corse che ho fatto e al Giro d’Italia, quando è andato in fuga. O questa estate l’ho visto – dalla tv – alla Vuelta. Lì è andato davvero forte. Marco è un gran bell’atleta: il motore per far bene ce l’ha. Magari deve migliorare qualcosina ancora, ma potrà emergere… il che sarebbe bello anche per il ciclismo italiano.

Quali sono le tue sensazioni per questa nuova avventura? C’è qualcosa che ti spaventa e qualcosa che invece ti piace?

Sono emozionato, ma anche consapevole delle difficoltà. Entrare in una squadra World Tour è come iniziare da zero in un certo senso. Mi sento pronto per questa sfida e voglio dare il massimo. Magari sarà più complicato essere l’unico diesse italiano, come accennavo prima, mentre mi piace molto questa internazionalità del team. Alla fine, è il coronamento di un percorso fatto di sacrificio e passione.

Body Milano, il bestseller estivo 2024 di Veloplus

24.08.2024
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Dopo aver spopolato tra i professionisti, l’utilizzo del body nelle gare in linea (oltre che nelle prove a cronometro) ha fatto breccia anche nei cuori degli amatori. Ormai tutti i brand di abbigliamento hanno nelle loro proposte questo prodotto e oggi presentiamo il body Milano, il bestseller estivo dall’azienda brianzola Veloplus.

Si tratta di un capo dedicato a chi cerca la prestazione, realizzato con materiali di alta qualità (tutti italiani, come da filosofia Veloplus) per raggiungere la massima aerodinamicità. Sviluppato e testato in gara dai professionisti del team Corratec. Andiamo a vederlo più da vicino.

Per favorire la traspirazione, degli inserti in mesh nei punti più soggetti a sudorazione
Per favorire la traspirazione, degli inserti in mesh nei punti più soggetti a sudorazione

Aerodinamica, leggerezza e traspirabilità

Naturalmente, essendo un body da competizione, la prima attenzione di Veloplus è andata all’aerodinamica. Questa è stata ottimizzata grazie al design che segue perfettamente le linee del corpo e all’utilizzo di tessuti speciali, per ridurre al minimo la resistenza al vento. I materiali sono inoltre tutti ultraleggeri e progettati ergonomicamente, dando al body una sensazione “di seconda pelle”, in cui la leggerezza estrema si accompagna al necessario supporto in ogni movimento.

Per quanto riguarda la traspirabilità sono state posizionate delle zone in mesh in punti strategici che garantiscono, a detta dell’azienda, una ventilazione eccellente anche nelle più impegnative uscite estive.

Body Milano punta sì all’aerodinamica, ma anche alla libertà di movimento in sella
Body Milano punta sì all’aerodinamica, ma anche alla libertà di movimento in sella

Fondello Progressive Road Man

Il fondello del body Milano è un concentrato di tecnologia. E’ stato progettato per dare il meglio nelle lunghe pedalate, grazie alla combinazione di diversi fattori. Primo fra tutti il nuovo tessuto Eco-Vic, realizzato per assorbire rapidamente il sudore, lasciando all’atleta una sensazione di comfort e freschezza.

Il fastidioso problema dello sfregamento è stato affrontato utilizzando nella costruzione una combinazione di schiume reticolate a taglio progressivo. L’inserto schiuma “anti-vibra” assicura invece la necessaria comodità anche dopo molte ore in bici. Tutto questo tradotto in una superficie di contatto liscia, per agevolare la pedalata e prevenire ulteriormente possibili irritazioni.

Infine – ma molto importante – si tratta di un prodotto eco-sostenibile, grazie all’utilizzo di tessuti sintetici riciclati.

Cura, colori e prezzi (scontati)

Dall’azienda fanno sapere che per una perfetta cura del body Milano la cosa importante è una: lavarlo a 30 gradi. Per il resto suggeriscono di non candeggiarlo, non lavarlo a secco, non asciugarlo in asciugatrice e non stirarlo.  Semplice ed essenziale, come un body dev’essere.

Per quanto riguarda le colorazioni è disponibile in 5 diverse versioni, Bianco, Bordeaux, Verde, Nero e Stripes, ed attualmente si trova sul sito di Veloplus al prezzo scontato di 127,80 euro (rispetto ai 140 euro di listino).

Veloplus

Sbaragli, l’obiettivo tricolore e le sfide fra Philipsen e Merlier

22.06.2024
7 min
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Storie di campionati nazionali e strani incroci. Domani sul traguardo di Sesto Fiorentino conosceremo il successore di Velasco, mentre in Belgio sarà Zottegem a salutare l’erede di Evenepoel. Storie di campionati nazionali e strani incroci. Lo scorso anno sul traguardo di Comano Terme, proprio alle spalle di Velasco e Lorenzo Rota, Kristian Sbaragli ottenne il miglior risultato degli ultimi mesi: terzo. Poi partecipò al mondiale di Glasgow e dopo quattro anni di onorato servizio scoprì di doversi trovare una squadra. La Alpecin-Deceuninck non lo avrebbe tenuto e approdò così al Team Corratec: il campionato italiano di domani potrebbe essere il modo di affacciarsi su un palcoscenico più prestigioso.

Contemporaneamente in Belgio due suoi ex compagni di squadra della Alpecin si troveranno contrapposti dopo una settimana di schiaffoni dati e presi al Baloise Belgium Tour. Merlier e Philipsen, due tappe per il primo e una per il secondo, a tenere viva una rivalità iniziata quando già condividevano maglia e datore di lavoro. Chi meglio di Sbaragli può farci da guida in questo intreccio di storie e nomi? Caso curioso per un tricolore che si assegnerà sulle strade toscane, il favorito numero uno sarà uno dei suoi migliori amici – Alberto Bettiol – con cui ha diviso a lungo allenamenti e sogni (i due sono insieme nella foto di apertura alla Grosser Preis des Kantons Aargau, vinta il 7 giugno da Van Gils con Bettiol al secondo posto).

Kristian è rientrato da poco dall’allenamento, domani (oggi, per chi legge) farà appena una sgambata e poi aspetterà la corsa. Sulla Toscana, come già a Grosseto per le crono, grava un cielo grigio e pesante che sa di caldo, anche se le previsioni per domenica danno anche la possibilità che piova.

Il podio al tricolore del 2023 fu per Sbaragli il lancio verso la convocazione per i mondiali di Glasgow
Il podio al tricolore del 2023 fu per Sbaragli il lancio verso la convocazione per i mondiali di Glasgow
Come arrivi al campionato italiano?

In modo un po’ diverso, perché non avendo fatto il Giro, magari c’è un po’ di base in meno. Però ho fatto diverse corse, come periodo in generale ho lavorato abbastanza bene per arrivare competitivo al campionato italiano, che è un obiettivo importante della stagione.

Il fatto di conoscere le strade e che si corra vicino casa dà qualche vantaggio?

Alla fine realmente cambia poco. Penso che le strade le avranno viste tutti: quelli che hanno già corso la Per Sempre Alfredo conoscono la salita e la discesa. Faremo cinque giri del circuito, avranno tempo di prendergli le misure, non è una gara in linea in cui ti puoi inventare qualcosa. Naturalmente però correre vicino a casa è uno stimolo in più, è il primo campionato italiano che mi capita di fare in Toscana.

Fare bene l’italiano può essere il modo di dare una svolta e un rilancio alla carriera?

Sicuramente. Penso che oggettivamente ci sono tanti corridori che stanno andando forte, che magari alla partenza sono più favoriti di noi. Però faremo il massimo e l’obiettivo è sempre uno: è un obiettivo importante.

Nel 2023 Sbaragli ha corso il mondiale di Glasgow: è andato in fuga e alla fine ha chiuso al 34° posto
Nel 2023 Sbaragli ha corso il mondiale di Glasgow: è andato in fuga e alla fine ha chiuso al 34° posto
La cosa singolare è che uno dei favoriti potrebbe essere il tuo “amicone” Bettiol…

Alla fine, se si vanno a vedere i risultati e la condizione attuale dei corridori, penso che Alberto sulla carta sia il favorito numero uno. Farà una bella corsa, per cui domenica sera si tirerà una riga e vedremo come è andata.

Negli anni scorsi facevi classiche, Giro oppure Tour: cosa ti pare di questa stagione lontano dalle luci della ribalta?

E’ un po’ diverso. E’ un ambiente più tranquillo, c’è meno stress dal punto di vista del risultato in sé per sé. Come in tutte le cose, ci sono lati positivi e lati leggermente più negativi. Non essere invitati al Giro d’Italia è stata una delusione che ha cambiato i piani nella prima parte di stagione. Mi sono trovato a fare delle gare che non conoscevo, però a livello di performance sono abbastanza soddisfatto, anche se a livello di risultati non abbiamo raccolto tanto. Però c’è ancora una bella fetta di stagione, quindi penso che ci sia la possibilità di rifarsi.

Invece cosa puoi dire dei tuoi ex colleghi: andavano d’accordo quando correvano insieme?

Diciamo che la rivalità interna c’è stata al Tour del 2021. Eravamo lì con una squadra per le volate, anche se poi abbiamo tenuto la maglia gialla per la prima settimana con Mathieu. Mi pare che la prima volata la vinse Merlier e Philipsen fece secondo. Jasper ha sei anni di meno e doveva ancora diventare quello che è oggi. Per noi il velocista di riferimento era Tim e quindi oggettivamente c’era un po’ di sana rivalità.

Philipsen faceva l’ultimo uomo di Merler?

Era un vincente, forse quel ruolo gli stava stretto. Quando Tim vinse la prima volata, i ruoli rimasero quelli, fino a che Merlier finì fuori tempo massimo e dovette tornare a casa. Per cui nella seconda parte del Tour fu Philipsen a fare le volate. Fece un paio di podi (arrivò due volte terzo e poi secondo a Parigi dietro Van Aert, ndr) e non riuscì a vincere, infatti mi ricordo era un po’ deluso. Invece nel 2022 si è rifatto bene e l’anno scorso ancora di più.

Quindi era prevedibile che nel 2023 Merlier andasse via?

Sì, oggettivamente, anche vista dall’interno, era un po’ prevedibile. In tutti i team, è molto difficile tenere due corridori con le stesse caratteristiche. Magari se c’è uno scalatore o un velocista, anche se non hai un budget altissimo, si trova spesso la possibilità di tenerli. Invece due corridori con le stesse caratteristiche sono proprio un problema. Anche se non fosse un fatto economico, potrebbe diventare un problema di calendari, perché alla fine noi eravamo una squadra basata sulle gare d’un giorno e sulle tappe. Non avevamo corridori da classifica, quindi alla fine le occasioni sono quelle. E se hai due leader, è difficile che la convivenza sia possibile. Per cui alla fine fu presa una decisione.

Al Giro del Belgio se le sono suonate di santa ragione, secondo te fra loro c’è una sana rivalità o un po’ di veleno?

Non credo ci sia veleno, penso più a una bella rivalità. Anche perché soprattutto Tim è una persona veramente tranquilla, pacifica. E’ difficile discuterci, è veramente super rilassato e comunque anche al Giro d’Italia ha dimostrato di essere competitivo e sono contento anche per lui. Si portava dietro la fama di quello che non riusciva a finire i Grandi Giri, invece quest’anno ha vinto bene all’inizio e ha vinto bene anche la tappa di Roma. Penso che per lui sia stata una vera soddisfazione.

Può aver inciso nella scelta il fatto che Philipsen sia così amico di Van der Poel?

Quelle sono cose un po’ più personali. Credo che le scelte vengano fatte al 99 per cento sull’aspetto tecnico e poi sul resto. Quindi immagino sia stato solo valutato quello che Jasper poteva portare di più alla squadra e con il senno di poi, penso che ci abbiano guadagnato entrambi. Quindi alla fine, tutti contenti…

Per il giorno di vigilia (oggi) sgambatina oppure riposo?

Sgambatina. Un’oretta e mezza, due al massimo. Tranquillo. E’ il giorno prima della gara, per fare fatica ci sarà tempo domenica.

A casa Iacchi, dove il ciclismo è una passione di famiglia

21.03.2024
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«Dai miei nonni fino a mio fratello più piccolo, in famiglia tutti pedaliamo o abbiamo corso. Ricordo la mia prima biciclettina, una Parkpre bianca. Ero felicissimo». Alessandro Iacchi ci apre le porte della casa di famiglia, da generazioni dedicata al ciclismo. Sport che ormai fa parte del loro Dna.

In questi anni di interviste e gare, spesso usciva fuori il nome degli Iacchi. Tra chi ricordava i nonni in sella, chi i più giovani e chi li ringraziava per aver vissuto presso di loro, vedi Svrcek.

Nella foto di apertura Alessandro è tra il fratello più piccolo, Niccolò, e quello maggiore, Lorenzo, ex pro’ che ha appeso la bici al chiodo nel 2022. Oggi quindi è lui il numero uno della dinastia. E’ infatti professionista con il Team Corratec. Grande impegno, grande passione e una buona costanza di rendimento che si spera possa migliorare.

Nonno Mauro vince una corsa tanti anni fa…
Nonno Mauro vince una corsa tanti anni fa…
Alessandro, come nasce dunque questa passione per il ciclismo da parte della famiglia Iacchi?

Nasce dai miei nonni, sia quello paterno, Piero, che da quello materno, Mauro Romani. Furono dilettanti ai tempi in cui le maglie erano ancora di lana! Una volta smesso e messo su famiglia, nonno Piero fondò il Pontassieve. Era lui che portava alle corse tanti ragazzini, tra cui mio papà Sauro, ma anche gli zii. Alla fine è stato tutto un tramandarsi, fino all’ultimo che va in bici, mio fratello Nicolò, il quale è uno juniores.

E tu come sei salito in bici? Ti ci hanno messo loro?

In realtà è venuto tutto naturalmente. Io da piccolo ho provato mille sport, tra cui il calcio e la pallavolo, ma mi piaceva pedalare. E già dai giovanissimi eccomi in bici. Tra l’altro iniziavano a sparire le squadre per i più piccoli e dopo tanti anni mio “babbo” fece con me quel che all’epoca aveva fatto mio nonno: vale a dire rifondare il Pontassieve. E fu un bel progetto. Eravamo una ventina di bambini. Ed è rimasto in piedi fino a che c’è stato mio fratello Niccolò. Poi purtroppo andare avanti era sempre più complicato, i bambini erano sempre meno e, passato tra gli esordienti Niccolò, hanno chiuso il team. Io dopo i giovanissimi ho fatto gli esordienti in una società mitica.

Quale? 

La SS Aquila, a Ponte a Ema, in pratica la squadra di Gino Bartali. La sede era al museo. Bellissimo.

Spesso quando certe passioni sono tanto forti e radicate, si finisce col mettere pressione ai ragazzi. E’ stato così anche per te?

No, no… assolutamente. Anzi, quando le cose non andavano bene, non mancavano parole di conforto. Mentre non mi hanno mai puntato il dito o detto: perché non sei arrivato? Perché non hai fatto così o colà?

In una famiglia così immaginiamo il tifo, le corse alla tv, l’occhio tecnico…

Mio nonno Mauro soprattutto era un tifosissimo di Pantani. Ogni volta che c’era una corsa non troppo lontana, saltava in macchina e andava a vederlo. Mi racconta sempre di quella volta che per andarlo a vedere nel maledetto giorno di Campiglio fece un sacco di strada a piedi. C’era talmente tanta gente che aveva dovuto lasciare la macchina lontano. Giusto qualche settimana fa, spostando dei mobili, sono riemerse delle vecchie pagine della Gazzetta dello Sport proprio di quei giorni.

Vi capita mai di uscire tutti insieme?

No, difficilissimo. Però con mio fratello che ora è junior a volte sì. Anche due giorni fa abbiamo fatto un paio d’ore insieme.

E poi, Alessandro, gli Iacchi sono stati anche un “porto sicuro” per alcuni vostri colleghi. Giusto?

Giusto. Da noi sono passati diversi corridori ma due si sono fermati a lungo. Uno è stato Martin Svrcek e l’altro Veljko Stojnic. Veljko arrivò che io ero dilettante di secondo anno. Eravamo alla Franco Ballerini. Venne con l’intento di trovare casa di lì a poco e rimase a lungo. Di fatto lo accogliemmo bene e lui si fece voler bene. Sempre rispettoso, educato, disponibile. Avevamo una “casetta” libera di nostra proprietà e lì rimase. Col tempo è diventato un fratello acquisito. Ci allenavamo insieme, uscivamo insieme… Tante volte voleva cucinare da solo, ma i miei nonni gli dicevano: «No, no, tu vieni da noi. Solo non ci stai». Anche se ora è tornato in Serbia, lui stesso si sente con la mia famiglia e i miei nonni.

Alessandro Iacchi e Veljko Stojnic nel 2022: squadre diverse, ma stessa casa
Alessandro Iacchi e Veljko Stojnic nel 2022: squadre diverse, ma stessa casa
Che storia!

Anche io sono stato a trovarlo in Serbia dalla sua famiglia. Ora corre per un team ungherese. E rivederci è sempre un piacere.

E Svrcek?

Più o meno la stessa storia. Tra noi c’è un bel rapporto. Ai miei genitori faceva piacere aiutarlo. Forse perché immaginavano se al suo posto ci fossi stato io. Pensavano a come si poteva sentire questo ragazzino da solo in un paese straniero.

Poi c’è tuo papà, Sauro, che aiuta gli allievi del team Cesaro-Franco Ballerini

Esatto. A papà alla fine è sempre piaciuto stare in mezzo alle corse, ai ragazzi. E’ rimasto lì anche dopo che mio fratello Niccolò è passato di categoria. Si è creato un bel gruppetto e ha deciso di portare avanti questo progetto. Non voleva lasciarli soli.

Alessandro in azione al Giro. Completare la corsa rosa è stata una vera soddisfazione e un orgoglio di famiglia
Alessandro in azione al Giro. Completare la corsa rosa è stata una vera soddisfazione e un orgoglio di famiglia
Insomma anche la Corratec è una famiglia allargata: dalla professional agli allievi, passando per gli juniores… E a proposito di famiglie allargate: tua nonna cucinava per tutti?

Eh sì. Era un porto di mare casa sua. Nonna Laura ci chiedeva e ci chiede sempre cosa dobbiamo mangiare. E’ diventata un’esperta di alimentazione per ciclisti. Sarebbe pronta per un team WorldTour!

Che poi tra chi va e chi viene, chi va a scuola, chi esce al mattino… avete orari diversi.

Esatto, la cucina è sempre aperta. Però lei è contenta. Anzi, se non andiamo, quasi si offende.

E tua mamma cosa dice?

Mia mamma, Gabriella, ormai ci è abituata. E per forza di cose alla fine anche lei spesso viene alle corse e si è appassionata.

Dove vive di preciso la famiglia Iacchi?

A Rufina, Firenze. Quest’anno ci passerà il Tour de France sotto casa. E’ un sogno

La fuga e i pensieri di Murgano, nel deserto verso Liwa

28.02.2024
5 min
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Quel 19 febbraio, Marco Murgano lo ricorderà a lungo. Prima tappa del Uae Tour, si va verso Liwa. Per il ligure è la prima assoluta in una gara del WorldTour. Mai aveva visto da vicino campioni come O’Connor, Bilbao, Yates e sì che quest’anno Pogacar non c’era. Dopo neanche 30 chilometri, in un gruppo dove stranamente regna la calma piatta, Murgano decide di andarsene e lo fa in compagnia del britannico Stewart: due Nazioni diverse ma lo stesso team: la Corratec-Vini Fantini. Resterà in fuga per due ore, nelle quali nella sua testa passeranno mille pensieri. Quello che segue è il suo racconto in prima persona, per come l’ha vissuto e come lo ricorda…

Per Murgano era la prima volta in assoluto nel WorldTour. Alla fine del UAE Tour sarà 76°
Per Murgano era la prima volta in assoluto nel WorldTour. Alla fine del UAE Tour sarà 76°

Un piano nato all’improvviso

«Chi l’avrebbe mai detto anche poco fa, alla partenza, che ci saremmo ritrovati qui. C’era vento, tutti ci dicevano che si potevano aprire ventagli. “Stai attento, Marco. Non farti trovare impreparato”. Io ero pronto, ma non si muoveva nessuno. Dicono che oggi tutti provano a portar via la fuga e invece restavano lì. Io almeno potrò dire di averci provato.

«La prima volta. E’ tutto diverso qui. Io sono al terzo anno alla Corratec, nel 2023 ho corso molto, ma a un livello più basso. E’ proprio vero che il WorldTour è qualcosa di unico. Lo capisci anche dalle piccole cose: quando si è tutti a cena, oppure l’attenzione che ogni corridore di un team ha intorno a sé e non sto neanche a parlare dei campionissimi… Per carità, non è che il nostro team ci faccia mancare qualcosa, ma quelli hanno un’organizzazione da paura, non gli manca proprio niente. E’ vero, anche qui sono i soldi a fare la differenza».

Oltre 90 chilometri di fuga per Murgano e Stewart. Soli in mezzo al deserto. Per il ligure un evento da ricordare
Oltre 90 chilometri di fuga per Murgano e Stewart. Soli in mezzo al deserto. Per il ligure un evento da ricordare

I traguardi volanti

«Mezz’ora di fuga, io e Mark continuiamo a spingere, il vantaggio sale, ma non è che possiamo farci troppe illusioni. Un vantaggio però c’è: i due traguardi volanti. Lui è più veloce di me, ha più possibilità. Se prende quei punti, magari ha buone possibilità di spuntarla anche nella classifica dedicata. Ogni tanto ci parliamo, ci scambiamo opinioni e anche qualche barretta energetica. Da dietro intanto nessuna nuova, noi tiriamo avanti.

«Mark è forte, tanto. Non è un caso se fa parte del quartetto britannico d’inseguimento. Lì sono tutti campioni, ma lui anche su strada dirà la sua, ne sono sicuro. Io faccio il mio, da buon passista scalatore. Alla Corratec mi trovo bene, sto crescendo per gradi, sto trovando la mia collocazione. Non sono certo queste le gare dove posso cercare il risultato, quello magari lo porta a casa Kuba (Jakub Mareczko, che nella tappa finirà terzo, ndr), noi dobbiamo fare il possibile per animare la corsa e farci vedere».

L’italiano con Stewart, neoacquisto di 28 anni, sul podio nel 2023 a Larciano e “Coppi e Bartali”
L’italiano con Stewart, neoacquisto di 28 anni, sul podio nel 2023 a Larciano e “Coppi e Bartali”

E’ nato un uomo da fughe?

«Incredibile, mi dicono che sui social e sui siti sportivi non si fa altro che parlare della mia fuga. Mai avuta tanta attenzione, e sì che qualche risultato, qualche piazzamento l’ho portato a casa. Ma mai avuta tanta audience. E’ il potere del “tutto e subito” che l’era dei social porta con sé: è come se centinaia, migliaia di persone pedalassero con me, anche coloro che la corsa non la stanno vedendo in tv.

«Io poi non è che sia un corridore da fughe, anche se mi piacerebbe, non posso negarlo. C’è gente come Pellaud o i fratelli Bais che ci hanno costruito una carriera e poi magari la fuga va anche in porto… Ma qui non siamo al Giro e neanche ci potrò provare, visto che alla corsa rosa non parteciperemo e l’audience che c’è lì non la trovi dappertutto. Qui potrebbe anche avvenire che arriviamo al traguardo, ma servirebbe molto più vento, servirebbe che il gruppo si frazionasse. E non accade».

Murgano si era distinto lo scorso anno alla Coppi e Bartali finendo 3° fra gli scalatori
Murgano si era distinto lo scorso anno alla Coppi e Bartali finendo 3° fra gli scalatori

Pogacar come ispirazione

«Ormai è quasi un’ora e mezza che stiamo in fuga. Dietro cominciano a muoversi le squadre dei velocisti. Perso per perso, però, andiamo avanti finché ce la faremo. Anche Mark è d’accordo. Pancia a terra e andiamo a tutta, succeda quel che succeda.

«Qui Pogacar ha vinto due volte. Perché penso a lui? Siamo quasi coetanei, eppure per me è un’ispirazione. Io l’ho visto nascere ciclisticamente, ho condiviso le sue prime avventure, poi le nostre strade si sono giocoforza divise. Lui è uno che attacca sempre, è questo che mi piace e io voglio fare un po’ come lui. Non sarò mai Pogacar, questo lo so, ma se ci metto questo impegno, qualcosa succederà».

La tappa di Liwa alla fine premia Tim Merlier, vincitore per ben tre volte al Uae Tour 2024
La tappa di Liwa alla fine premia Tim Merlier, vincitore per ben tre volte al Uae Tour 2024

Ora vengono le mie gare…

«Il gruppo è vicino. Tra poco sarà tutto finito. Mi sono comunque divertito, è stata un’esperienza diversa che mi lascia dentro qualcosa. Soprattutto la consapevolezza che per essere davvero a questo livello bisogna lavorare, e tanto. In allenamento, in gara, stando attenti all’alimentazione. Insomma, mettendosi in discussione, perché questi sono ciclisti al 100 per cento e noi dobbiamo esserlo ancora di più. Ora verranno gare a me più congeniali, ad esempio l’Istrian Spring Trophy. Lo scorso anno sono finito quarto nella classifica del Tour of Qinghai Lake, significa che a quel livello posso giocarmela. Voglio portare punti alla causa del team, per il suo ranking e voglio dimostrare che questa fuga non è stata casuale…».

Marco Murgano finirà la tappa al 53° posto, nel gruppo messo in fila dallo scatenato Tim Merlier. Dopo l’arrivo i complimenti da parte dei diesse del team sono il suo premio, insieme alla consapevolezza di aver scritto un brandello di storia che, nell’era digitale, resterà per sempre. Basta scrivere “Marco Murgano fuga” su Google…

Konychev alla Vorarlberg: chiamata sul filo di lana

28.02.2024
4 min
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Dopo Domenico Pozzovivo, ecco un altro corridore che si è accasato all’ultimo minuto: Alexander Konychev. Il veronese infatti ha trovato spazio nelle fila del Team Vorarlberg, continental austriaca. Per questo classe 1998, di grandi speranze appena passato pro’, c’è dunque ancora una possibilità.

Quando lo abbiamo raggiunto al telefono Konychev si stava allenando in palestra. Un buon segno. Il ragazzo non ha mollato, nonostante un inverno turbolento, come è facile intuire. Ieri Alex si trovava a Rankweil, paesotto nella regione del Voralberg appunto, in pratica a due passi da Liechtenstein e Svizzera.

«Sono qui per prendere i materiali, le maglie, conoscere il team e di fatto iniziare la stagione», dice Konyshev con tono squillante.

Il gruppo del Team Vorarlberg (in giallonero) vanta oltre 25 stagioni tra i pro’
Il gruppo del Team Vorarlberg (in giallonero) vanta oltre 25 stagioni tra i pro’
Alex, come è andato dunque questo tuo inverno?

Non ho mai smesso del tutto di allenarmi, sono sempre uscito in bici. Ma pedalare senza sapere del proprio futuro non è facile. Non è facile per trovare le motivazioni. Non ho passato un inverno come gli altri, diciamo così.

Come sei arrivato al Team Vorarlberg?

Anche questo non è stato facile, era davvero tardi per accasarsi. Per loro era difficile prendere un altro corridore. E’ un costo non indifferente, anche perché tengono moltissimo ai materiali, ne usano solo di alta o altissima qualità e spesso li comprano (hanno bici BMC, ndr). Ma alla fine siamo riusciti a trovare un accordo.

La Vorarlberg l’hai trovata tramite il tuo procuratore?

No, ho fatto da solo. Da qualche tempo ho deciso che è meglio parlare in prima persona. Essere diretti. E se quest’anno andrò bene e sarò un buon corridore non mi lasceranno a piedi. Vedremo.

Qual è stata la prima impressione quando sei arrivato in sede?

Molto bella devo dire! Ho trovato un ambiente semplice ma ben organizzato. Efficace, questo è il termine giusto. Ognuno ha il proprio compito. Vediamo poi in ritiro come sarà.

La BMC di Alex, che da oggi è in volo verso la Grecia
La BMC di Alex, che da oggi è in volo verso la Grecia
Conoscevi già qualcuno?

Sì, un ragazzo, Lukas Meiler, un tedesco, che avevo conosciuto casualmente in allenamento sul Pordoi qualche tempo fa. E conoscevo anche uno dei direttori sportivi, Werner Salmen: con lui già in passato avevo un buon rapporto. 

E ora come va? Come ti senti?

Ora è tutto diverso. Ho una squadra, degli obiettivi e appena ho avuto la conferma del team è sicuramente cambiato qualcosa dentro di me. Già so che farò il Tour of Rhodes, per esempio. In ogni caso andrò in Grecia, dove ci sono alcune corse nei prossimi giorni. Questo ritiro mi servirà anche per valutare la condizione e da lì capire l’immediato percorso di gare.

Si vede la luce, insomma…

Di testa è cambiato molto. Già il solo fatto di poter parlare di programmi con un team conta tanto. Posso stabilire un programma di preparazione anche con il mio coach. Come dicevo, quest’inverno ho pedalato in modo diverso, senza potenziometro, e almeno da questo punto di vista, guardando il bicchiere mezzo pieno, ho riscoperto il piacere di andare in bici. Sono sollevato di poter correre ancora un anno… almeno. E se poi proprio il ciclismo non dovesse essere la mia strada, allora non avrò rimpianti.

Cosa non ha funzionato lo scorso anno?

Sono diverse annate ad essere state difficili. Ma io credo e spero di avere ancora un posto in questo mondo, anche se cambia velocemente. Non voglio lasciare il ciclismo alla prima difficoltà. Anche perché se oggi esci, poi non rientri. O è estremamente difficile.

Lo scorso anno Konychev ha concluso il Giro d’Italia, dove ha centrato due fughe. Eccolo verso Tortona
Lo scorso anno Konychev ha concluso il Giro d’Italia, dove ha centrato due fughe. Eccolo verso Tortona
Pensi di aver fatto qualche errore nella recente stagione alla Corratec?

In realtà no. Anzi, ero riuscito anche ad essere costante, ad ottenere buoni risultati personali e attraverso i compagni. Ho lavorato spesso per i velocisti, come per Attilio Viviani. Mi sembrava di aver fatto le cose in modo meticoloso. 

E allora cosa è successo?

Credo esigenze di team. Io al 90 per cento ero convinto di restare. Di rinnovare con loro. Tra l’altro mi trovavo bene con la squadra e con i compagni. C’era un buon rapporto con tutti. Quando non mi hanno rinnovato sinceramente sono rimasto spiazzato. Era novembre: quello è il periodo in cui si riprende la preparazione e sono rimasto senza squadra. E’ stata una mazzata.

Per ora si riparte dalla Grecia. Immaginiamo tu debba anche ritrovare la condizione giusta…

Esatto. Come ho detto ora si va in Grecia. Valuterò la condizione. Poi con squadra e coach stileremo un programma più preciso. Cosa che tra l’altro stando in una continental, fortemente legata agli inviti, non è facilissimo. Un goal importante per questo team è il Giro d’Austria. Ma io sono pronto a dare il massimo. E lo farò.

Vacek firma con la Burgos. E ha qualcosa da dire sulla Corratec

16.02.2024
5 min
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Da venerdì scorso, Karel Vacek è un corridore della Burgos BH, squadra professional spagnola. Per il ragazzo ceko è l’ennesimo team, il sesto in sei stagioni per un corridore di appena 23 anni che si è fatto la fama di giramondo senza volerlo, perché chi conosce la sua storia sa delle traversie attraversate, come lo scioglimento della Qhubeka ad esempio.

Anche l’ultima non è male, perché a dir la verità nessuno si sarebbe aspettato che Vacek fosse costretto a cercarsi un’altra squadra dopo il suo 2023, illuminato dalla seconda piazza nella tappa del Gran Sasso al Giro d’Italia. Invece il Team Corratec non lo ha confermato e Karel si è messo a cercare un team che credesse in lui praticamente fuori tempo massimo. Risultato: contratto firmato il 9 febbraio e il giorno dopo era già in gara.

Firmato il contratto e chiamato per la prima corsa: Vacek è il terzo da destra (foto Instagram)
Firmato il contratto e chiamato per la prima corsa: Vacek è l’uomo al centro (foto Instagram)

«Il Team Burgos mi ha potuto mettere sotto contratto grazie a una deroga dell’Uci perché il ciclomercato è già chiuso. Molti corridori della squadra sono al momento infortunati, così appena firmato mi hanno mandato subito a correre a Murcia, solo che non avevo il materiale a disposizione. Così ho corso con una divisa più grande della mia taglia e una bici fuori misura. Risultato: un mal di schiena che te lo raccomando… Ho fatto quel che ho potuto, nelle prossime corse, dopo aver settato la bici, andrà sicuramente meglio».

Hai avuto paura di rimanere fuori dall’ambiente?

Sì, molta. Sinceramente non mi aspettavo di dovermi rimettere su piazza, credevo che quanto fatto durante l’anno mi garantisse la prosecuzione del contratto. Ero tranquillo, per questo la mancata conferma mi ha preso proprio di sorpresa. Al Giro ero andato senza neanche essere stato preselezionato, eppure ho portato a casa un risultato prestigioso, poi nella stagione ho preso punti per il team. D’altronde anche chi ne ha raccolti di più, come Dalla Valle o Konychev si sono ritrovati nella mia stessa situazione. Così mi sono trovato a passare tre mesi d’inferno, un Natale davvero triste.

Il ceko con Bais e Petilli nella tappa del Gran Sasso, dove si è lanciato in fuga finendo a 9″ da Bais
Il ceko con Bais nella tappa del Gran Sasso, dove si è lanciato in fuga finendo a 9″ dal rivale
Com’è stato allenarsi durante l’inverno senza alcuna certezza?

Io non ho mai mollato, ma quando ti ritrovi in una situazione simile paghi dazio. Non ho fatto ritiri con il team, mi sono dovuto allenare sempre da solo, chiaramente ora sono indietro. Devo però dire solamente grazie ai dirigenti spagnoli che hanno comunque creduto in me. E’ una squadra professional e per me era importante almeno rimanere nello stesso livello, visto che speravo davvero di trovare un contratto per una formazione WT. Almeno così posso continuare a lottare per raggiungere il mio obiettivo. Sinceramente, se non fosse arrivata questa chiamata avrei smesso e mi sarei messo a lavorare in un altro ambito.

Ti sei chiesto che cosa non abbia funzionato?

Sì, ma non ho risposte. Le ho cercate, ho provato a contattare i dirigenti, il presidente, gli ho anche scritto, ma non mi è arrivata alcuna reazione. Io praticamente non ho mai saputo ufficialmente di essere stato escluso dal team, vorrei tanto sapere il perché. Mi sarei aspettato almeno una telefonata. Ora comunque non è neanche più così importante, posso finalmente girare pagina.

L’anno alla Qhubeka era stato positivo, in un ambiente dove Vacek aveva trovato davvero casa
L’anno alla Qhubeka era stato positivo, in un ambiente dove Vacek aveva trovato davvero casa
Hai cambiato sei squadre in sei stagioni. Ti pesa questa fama e dove ti sei trovato meglio e peggio?

Partiamo dalla prima domanda: sì, un po’ mi pesa perché non era questo che speravo approdando al ciclismo internazionale. Credevo anzi che alla Corratec era arrivato il momento di un po’ di stabilità, dopo quello che avevamo fatto in primavera. Per il resto, non mi sentirei di condannare nessun team perché dappertutto trovi cose buone e altre un po’ meno. Spesso influisce molto la fortuna.

Alla Qhubeka ad esempio non ne hai avuta molta…

Lì eravamo tutti convinti di avere un futuro luminoso davanti a noi, so che non ci sarebbero stati problemi per la mia riconferma: è stata una delusione generale. All’Hagens Berman Axeon ero al mio primo anno, dovevo ancora imparare tante cose, ma fu comunque una bella esperienza e lo stesso potrei dire delle altre squadre, della Colpack dove il Covid ha davvero tarpato le ali a tutti, della stessa Corratec perché il gruppo che si era formato era molto unito, si lavorava bene insieme. Per questo sono rimasto così sorpreso.

Karel dal 2019 ha corso in 6 team, quasi un record per un corridore di 23 anni. Qui alla Tirol Ktm
Karel dal 2019 ha corso in 6 team, quasi un record per un corridore di 23 anni. Qui alla Tirol Ktm
Ora comunque hai una nuova maglia e devi solo lavorare per recuperare il tempo perduto…

Sono più tranquillo, lo stesso team ha specificato come l’evento principale della stagione è la Vuelta, per la quale manca ancora tanto tempo, quindi posso lavorare con calma per farmi trovare pronto quando servirà. Io d’altro canto già da tre anni sono in Spagna, in Andalusia, ma ormai sono tantissimi i ciclisti che stazionano lì. Se tutto va bene prenderò anche la residenza in Spagna, come avevo fatto in Italia i primi tempi, quando c’era anche mia madre a badare a me e Matthias (suo fratello che corre alla Lidl-Trek, ndr). Vedremo come andrà, certo un po’ di stabilità non guasterebbe…

Stojnic va in Ungheria per ritrovare la strada per l’Italia

08.01.2024
5 min
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C’è chi non si arrende. Chi vede intorno a sé nuovi giovani che approdano al massimo consesso del ciclismo ancora immaturi, oppure corridori affermati che lasciano le squadre del WorldTour trovando spazio nelle professional a danno di più giovani, o ancora ciclisti che, pur essendo ancora pienamente in grado di competere, sono costretti ad appendere la bici al chiodo. Veliko Stojnic non fa parte di queste categorie.

Il corridore serbo, a cui non è stato rinnovato il contratto dalla Corratec, ci crede ancora: vuole continuare a correre e per far questo è tornato un po’ alle sue radici, approdando in una squadra, il LotuS Cycling Team, che non è neanche una continental, ma che resta pur sempre un “gancio” per rimanere ancorato a questo circo sfrenato, dove è facilissimo perdere i riferimenti.

«Io ho aspettato una risposta dalla Corratec», racconta Stojnic da Sombor, a casa sua, dove finalmente dopo 5 anni in giro per il mondo ha potuto festeggiare ieri il Natale ortodosso con la famiglia. «Sapevo che arrivando corridori da squadre WorldTour, i posti sarebbero diminuiti. A metà dicembre ho capito che per me non c’era più posto, ma ormai altre strade non c’erano. Il mio preparatore mi ha allora proposto di seguirlo al LotuS Team, una squadra con licenza ungherese, ma con forte matrice serba. Ormai non avevo altre opzioni aperte, così ho accettato».

Il serbo ha militato in Italia per 4 anni, i primi due alla Vini Zabù, poi al Team Corratec. Qui con Konychev
Il serbo ha militato in Italia per 4 anni, i primi due alla Vini Zabù, poi al Team Corratec. Qui con Konychev
Che tipo di squadra è?

E’ un po’ come un team under 23 italiano. Io avevo già lavorato con loro nelle categorie giovanili, come detto la LotuS ha una radice serba. Ora sta cercando proprio attraverso questo club di allargare i suoi orizzonti per dare ai ragazzi una direzione per poter crescere in questo ambiente. L’attività sarà prevalentemente svolta nelle gare balcaniche e fra Croazia e Slovenia. Prove di categoria Uci 1.2. E’ una squadra multinazionale come ormai sono la maggior parte dei team: ci sono 3 ungheresi e 3 serbi, ma anche atleti da Israele, Svezia, Repubblica Ceka, Kazakistan. Se dovessi trovare un corrispettivo mi viene in mente l’iniziativa di Zappi, ma a un livello un po’ più basso, anche se l’ambizione è quella di diventare intanto una continental.

E’ chiaro che per te cambia molto. Approdi però in una Nazione dove il ciclismo è in grande evoluzione…

Sicuramente, sulla spinta di Attila Valter diventato una colonna della Visma-Lease a Bike ma anche di altri corridori di ottimo livello. E’ un circuito virtuoso: i corridori di livello portano attenzione e quindi un maggior afflusso di denaro. Molte aziende ungheresi stanno investendo nel ciclismo e questo favorisce la crescita del movimento.

Per Veliko vestire la maglia della nazionale è un onore, ma non sempre la Serbia accede alle gare titolate
Per Veliko vestire la maglia della nazionale è un onore, ma non sempre la Serbia accede alle gare titolate
Avviene lo stesso da te in Serbia?

No, il livello è molto più basso perché non c’è tradizione e non ci sono corridori di riferimento. Per noi trovare una strada per emergere è molto difficile, per questo iniziative come quella della LotuS possono essere molto importanti, perché danno una direzione. Il problema vero è che mancano gli sponsor, le aziende che hanno voglia di investire.

Eppure nei Paesi vicini l’attività è molto maggiore…

In Slovenia sicuramente, ma è un caso a parte. Anche la Croazia è nella nostra stessa situazione. Non c’è un esempio da seguire. In Serbia lo sport è tutto “palle e palline”: calcio, basket, tennis, le discipline di riferimento sono queste. La bici è vista solamente come un mezzo di trasporto, da questo punto di vista ce ne sono sicuramente molte di più che in Italia.

Nel 2020 Stojnic è stato protagonista al Uae Tour, perdendo di poco la maglia a punti contro Ewan
Nel 2020 Stojnic è stato protagonista al Uae Tour, perdendo di poco la maglia a punti contro Ewan
Ti manca un po’ il nostro Paese?

Sì, mi manca il ciclismo italiano. Ci riflettevo in questi giorni, solitamente a questo punto ero già nel pieno dei ritiri, dell’attività. Ritrovarmi fermo da una parte mi fa piacere perché posso stare con la mia famiglia, dall’altra però mi sento strano. Mi manca l’adrenalina dell’attesa, il lavoro con i compagni di squadra. So che appena comincerà l’attività mi mancheranno le corse, ma dovrò abituarmi.

Hai 24 anni, ritieni questo un passo indietro?

Diciamo che lo ritengo un modo per rimanere in gruppo. Non mi dispiacerebbe tornare in Italia, trovare un nuovo approdo a livello più alto. Ma perché ciò avvenga devo meritarmelo e per fortuna devo dire che il programma di gare del team è già abbastanza qualificato, le occasioni per emergere ci sono.

Stojnic ha corso l’ultimo Giro d’Italia finendo 100°, con un 21° posto come miglior risultato parziale
Stojnic ha corso l’ultimo Giro d’Italia finendo 100°, con un 21° posto come miglior risultato parziale
Ti vedremo ancora correre da queste parti?

So che sono state inviate richieste anche per molte gare italiane, ma trovare un invito è difficile, ci sono molti team in Italia e quindi giustamente lo spazio principale viene dato a loro. Io spero che comunque maturi qualche occasione per tornare in Italia dove ho molti amici.

Quando inizierà la vostra stagione?

Dal 10 al 28 gennaio saremo in ritiro in Spagna e ne effettueremo un secondo a febbraio prima di una serie di gare fra Croazia e Slovenia. Intanto per ora mi godo la famiglia e mi alleno a casa, anche se il clima non è proprio l’ideale…

Un contratto per Natale. Attilio Viviani riparte con fiducia

02.01.2024
4 min
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Miglior regalo di Natale Attilio Viviani non poteva proprio trovarlo sotto il suo albero: il rinnovo del suo contratto con la Corratec per un’altra stagione, a mettere le cose a posto e scacciare via i brutti pensieri. Il “fratello d’arte” resta nel giro che conta e lo farà anche con qualche piccola novità rispetto al recente passato.

La sua voce, di ritorno dal primo ritiro prestagionale è estremamente rilassata ma al contempo carica e concentrata su quel che l’aspetta. Il rinnovo d’altronde non è stato una grande sorpresa: «Ero abbastanza tranquillo, sapevo che il rinnovo era nell’aria e sarebbe arrivato. Non posso però negare che qualche brutto pensiero mi è venuto, è una situazione nella quale mi sono già trovato in passato, ho avuto brutti trascorsi. Sapevo però che non dipendeva da me e mi sono fatto in proposito una certa idea guardando il ciclomercato globale».

Viviani durante il primo ritiro prestagionale, presa di contatto soprattutto per i nuovi (foto Team Corratec)
Viviani durante il primo ritiro prestagionale, presa di contatto soprattutto per i nuovi (foto Team Corratec)
Quale?

Tutto è stato ritardato dalla lunga trattativa di fusione tra Jumbo e QuickStep, durata due mesi e poi abortita. Questo ha tenuto fermo il mercato perché chiaramente tutte le squadre guardavano a quanto sarebbe successo, alle numerose fuoriuscite dal nuovo team. Non solo le squadre del WorldTour ma anche quelle immediatamente sotto, come anche la Corratec. Così tutto è stato ritardato: non è normale che tanti rinnovi o nuovi accessi siano stati firmati a dicembre…

Pensi che ciò abbia influito?

Sicuramente, i manager restavano fermi in attesa degli eventi, era una cosa talmente grande che avrebbe influenzato tutto. Anche un elemento marginale di questi due colossi avrebbe potuto avere un peso di non poco conto in qualsiasi altro team.

Nel 2023 Viviani ha avuto 65 giorni di corsa, con un successo e 14 Top 10
Nel 2023 Viviani ha avuto 65 giorni di corsa, con un successo e 14 Top 10
Tornando alla tua squadra, con il tuo rinnovo pensi sia completa?

Io credo di sì e la vedo molto più competitiva e forte. E’ chiaro che questi ritardi hanno influito, ci siamo ritrovati dopo un po’ e ci siamo subito accorti del nuovo vento. Lo scorso anno io e Conti eravamo un po’ le chiocce del gruppo, con Konychev. Quest’anno sono arrivati Sbaragli, Mareczko, l’età media della squadra è cresciuta anche se resta un gruppo giovane. Ma più competitivo e questo aiuta. E’ un team che cresce bene. Io ho già dato la mia disponibilità anche a tirare la volata a Jakub, insieme possiamo fare grandi cose.

Sai già come sarà improntato il tuo calendario?

Se ne sta parlando, ma molto dipenderà da quali gare faremo, gli inviti stanno arrivando in questo periodo. Spero ci sia già qualche impegno a gennaio: io a dicembre mi sento sempre un mezzo corridore, anche all’ultimo ritiro ero in ritardo rispetto a molti, ma non mi preoccupo, so che poi a gennaio sono un altro corridore, che quando sente odore di gara si trasforma.

Uno dei tanti momenti difficili della scorsa stagione per il veronese, a caccia del riscatto
Uno dei tanti momenti difficili della scorsa stagione per il veronese, a caccia del riscatto
Come giudichi l’anno che è appena passato?

Una stagione con alti e bassi. Contraddistinta da tanti piccoli infortuni che alla fine hanno inciso sul rendimento generale, ma so che fa parte del gioco. La cosa che mi è dispiaciuta di più è non aver potuto disputare il Giro d’Italia: lo avevo già fatto, la mia esperienza sarebbe servita, ma non ero in condizione per affrontare un simile impegno. E’ stato davvero un peccato, spero tanto di potermi rifare.

Per un corridore che da anni vive in quest’ambiente e che arriva alle ultime settimane senza ancora certezze, il ritiro diventa uno spauracchio?

E’ una questione molto delicata, ho seguito il destino di alcuni miei colleghi. Vedo ritiri di corridori sempre più giovani, ma soprattutto vedo ragazzini che entrano in questo mondo annunciati come fenomeni e dopo 2-3 anni messi da parte. Non è più lo sport dei miei inizi, il ciclismo è cambiato, è metodico, robotico, davvero meno divertente. Io credo che le carriere dureranno sempre meno con questo modo di allenarsi e di correre così frenetico. Una volta le corse servivano anche per prepararsi, ora devi essere sempre pronto, sempre. Soprattutto un velocista come me e questo consuma dentro.

Attilio ai tempi della Bingoal con suo fratello Elia. Il 2024 è fondamentale per entrambi
Attilio ai tempi della Bingoal con suo fratello Elia. Il 2024 è fondamentale per entrambi
Che propositi ti sei fatto per il nuovo anno?

Non chiedo nulla di particolare, mi basterebbe evitare gli alti e bassi dell’ultima stagione. So che certe volte sbaglio io, sono esagerato, ad esempio trascuro una piccola caduta e ne risento per due settimane. Se avrò un po’ di fortuna e farò più attenzione nella mia gestione, penso che potrà essere un anno migliore.