Da Burgos all’europeo, la via di Simon Yates per tornare grande

04.08.2021
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Il 2018 sembrava essere l’anno della consacrazione per Simon Yates. Il britannico nelle prime due settimane del Giro d’Italia impressionò tutti con la sua condizione che sembrava lanciarlo verso la conquista della maglia rosa. Poi la famosa tappa del Colle delle Finestre fece cadere nel baratro il corridore dell’allora Mitchelton-Scott. I primi scricchiolii arrivarono già il giorno precedente con arrivo a Prato Nevoso dove perse 30 secondi da Froome, vincitore di quel Giro.

Quell’anno però conquistò la Vuelta e sembrava essersi ripreso definitivamente, tuttavia negli anni successivi non è più riuscito a riconfermarsi. Anche in questo 2021, dopo il Tour of the Alps i segnali erano incoraggianti, ma poi al Giro non è andata come ci aspettavamo. Ci facciamo raccontare gli ultimi anni di Simon da quello che è stato il suo diesse, Vittorio Algeri, le fragilità di quello che è un talento mai completamente esploso.

Buongiorno Vittorio, vorremmo capire cosa può lasciare nella testa di un corridore quel che è successo nel 2018 al Giro.

Partiamo dal presupposto che la condizione era strepitosa, Simon aveva una gamba impressionante. Stava vivendo una situazione stimolante e si è fatto prendere dall’emozione, arrivando a spremersi troppo nelle prime due settimane. Il contraccolpo psicologico è stato forte, per lui il Giro è diventata poi un’ossessione ed ha voluto riprovarci negli anni successivi.

Lo stesso anno si ripresentò alla Vuelta, vincendola in maniera netta. Nel 2019 non diede seguito ai risultati ottenuti, come mai?

La Vuelta del 2018 fu la sua rivincita, fece capire di non essere un fuoco di paglia. Il problema fu che arrivò stanco a fine stagione ed ebbe poco tempo per recuperare. A gennaio iniziò subito la preparazione per il Giro e arrivò prima della Corsa Rosa già scarico. Lì sbagliò la squadra, dovevamo ragionare di più, prendere tempo e preparare il Giro in maniera diversa.

Sul podio del Giro 2021: puntava a vincere, ha avuto grandi giorni come ad Alpe di Mera e crolli inattesi
Sul podio del Giro 2021: puntava a vincere, ha avuto grandi giorni come ad Alpe di Mera e crolli inattesi
Invece nel 2020?

L’anno scorso prese il Covid, probabilmente sull’aereo che lo ha portato a Palermo. Alla seconda tappa già avevamo segnali di malessere ed infatti all’ottava risultò positivo al tampone. Il Covid interruppe la sua stagione, che di conseguenza finì lì. 

Quest’anno al Tour of the Alps ha dato segnali incoraggianti, anche se poi non è riuscito ad esprimersi a quei livelli al Giro

In questo Giro d’Italia ha sofferto tanto il freddo, eravamo partiti con l’idea di nasconderci nelle prime settimane ed uscire nei momenti cruciali. Una delle tappe evidenziate sul calendario era quella di Cortina, dove però il meteo ha penalizzato tanto Simon, che soffre troppo il freddo. Anche a Sega di Ala e Alpe Motta speravamo in prestazioni più convincenti, credevamo di riuscire a recuperare più margine.

Simon Yates ed Egan Bernal sullo Zoncolan: il britannico per un giorno fa tremare la maglia rosa
Simon Yates ed Egan Bernal sullo Zoncolan: il britannico per un giorno fa tremare la maglia rosa
Con un clima migliore, Simon avrebbe preso più condizione, migliorando giorno dopo giorno?

Sì, non è matematico ma l’obiettivo era quello, arrivare al top nella settimana decisiva.

Ma visto che soffre così tanto il freddo non sarebbe meglio puntare su corse calde come Tour o Vuelta? Non è che questa ossessione del Giro lo abbia penalizzato troppo?

E’ una considerazione giusta, non gli ha fatto bene quell’esperienza (Giro 2018, ndr) e avrebbe voluto mettersela alle spalle con un trionfo. Forse invece di insistere così, sarebbe stato meglio cambiare corsa, così da prendere più sicurezza dei propri mezzi

Al Giro del 2018 iniziò a calare nella terza settimana, sul Finestre il blackout
Al Giro del 2018 iniziò a calare nella terza settimana, sul Finestre il blackout
Da quel che ci racconta sembra che il momento cruciale per Simon sia stato il Giro 2019, quando c’era uno spazio per inserirsi tra i campioni degli anni precedenti e quelli di ora.

Sì, senza dubbio, non era minimamente pensabile che il livello si alzasse in così poco tempo. Tuttavia, quell’anno per Simon sarebbe dovuto essere quello dell’incoronazione, ma così non è stato.

La divisione da Adam gli ha fatto bene oppure no?

Simon e Adam sono molto diversi, ma si stimolavano molto in allenamento ed in gara, avevano uno spirito competitivo che li portava a migliorarsi a vicenda. Senza il fratello Simon si è sicuramente trovato più peso sulle spalle, dovuto anche al fatto che alcuni corridori, come Hamilton e Chaves, non hanno reso come ci si aspettava. 

Adam e Simon alla Vuelta del 2018 corsa insieme. Da quest’anno Adam è alla Ineos Grenadiers
Adam e Simon alla Vuelta del 2018 corsa insieme. Da quest’anno Adam è alla Ineos Grenadiers
Per concludere, quali saranno i prossimi appuntamenti per Simon, ha delle corse nel mirino?

Ora è a Burgos (nella prima tappa, corsa ieri, Yates è arrivato 19° con un ritardo di 13” dal vincitore di giornata Planckaert), si sta preparando per il mondiale e per il campionato europeo. Al momento è difficile dire quali saranno gli altri obiettivi, la Vuelta è fuori discussione, dato che ha fatto Giro e Tour.

Il trenino delle ragazze prende le misure e punta su Parigi

04.08.2021
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Seste al mondo nella loro prima Olimpiade. Un gruppo giovane e affiatato, che nel mirino ha già Parigi 2024, ma che ieri al velodromo di Izu ha cominciato a prendere le misure col podio a cinque cerchi per farsi trovare preparato tra tre anni, proprio come avevano fatto i colleghi uomini, quinti nel 2016 a Rio e fra poche ore in pista per inseguire un sogno tutto d’oro.

Letizia Paternoster, Elisa Balsamo, Vittoria Guazzini e Rachele Barbieri hanno migliorato di più di un secondo il record italiano (4’10”063) nella sfida che valeva la finale, ma la Germania (poi medaglia d’oro) era inarrivabile e l’ha dimostrato anche nell’atto conclusivo in cui ha realizzato il secondo record del mondo in meno di due ore: 4’04”242 il nuovo limite planetario

Salvoldi sapeva bene da subito che Tokyo sarebbe stato una tappa verso Parigi 2024
Salvoldi sapeva bene da subito che Tokyo sarebbe stato una tappa verso Parigi 2024

Obiettivo Parigi

Così Letizia Paternoster: «Un po’ di rammarico c’è, però siamo serene per la nostra prestazione e di quello che abbiamo dato, perché ci siamo migliorate di più di un secondo dal precedente primato e avremmo battuto il record del mondo di Rio 2016. Solo quello era impensabile per noi, per cui siamo felici. Più di così non potevamo fare, le gambe che abbiamo sono queste». 

Le fa eco Elisa Balsamo: «Sono contenta, ho tirato più lungo di ieri e anche più forte. Forse dobbiamo ancora migliorare per restare ancor più compatte nelle prime fasi di gara, per cui lavoreremo su questo».

Paternoster, Balsamo, Guazzini: ultime pedalate del quartetto alle Olimpiadi di Tokyo
Paternoster, Balsamo, Guazzini: ultime pedalate del quartetto alle Olimpiadi di Tokyo

Tutto possibile

Nella finalina per il 5° posto poi, L’Italia si è arresa all’Australia, chiudendo in 4’11”108. Il ct Dino Salvoldi ha schierato Martina Alzini al posto di Rachele Barbieri. Le ragazze scendono dalla sella e prende la parola Elisa Balsamo. «Penso di parlare a nome di tutte – spiega – nel dire che non ce l’aspettavamo di fare questo tempo. Alla fine, abbiamo confermato che 4’10” o 4’11” ormai è nelle nostre gambe perché l’abbiamo fatto ben tre volte. Poi, ovviamente, abbiamo perso questa finalina e c’è un po’ delusione. Il livello è altissimo e nelle altre gare, che sono più di situazione, può succedere di tutto». 

Prima esperienza anche per Rachele Barbieri, la new entry del quartetto
Prima esperienza anche per Rachele Barbieri, la new entry del quartetto

Battesimo di fuoco

Racconta così la sua prova Rachele Barbieri, la ragazza delle Fiamme Oro arrivata a Tokyo scalando la piramide a suon di risultati.

«Era da diverso tempo che non correvo un quartetto – dice – e farlo alle Olimpiadi é stato qualcosa di speciale. Ho lavorato davvero duro per farmi trovare pronta per salire in pista e dare il 110 per cento e così è stato. Purtroppo sarebbe servita un po’ più di gamba nella seconda tirata per fare un ottimo lavoro (da parte mia). Sono partita molto forte, le ho lasciate molto veloci, nel primo quartetto sono riuscita a tirare un giro e mezzo e sono stata molto contenta, un po’ in calo l’ultima parte ma é uno sforzo duro e ho dato il massimo. Contro la Germania sono partita più forte, abbiamo girato a tempi che non avevamo mai visto prima e quando mi sono ritrovata davanti a tirare è stata dura, ma ho dato tutto quello che avevo. Vittoria ed Elisa (Guazzini e Balsamo, ndr) sono state fenomenali. Spero di rimanere a questo livello e accumulare più esperienza possibile nei quartetti per arrivare ai prossimi importanti appuntamenti».

Al parco giochi

Sorride Martina Alzini, all’esordio a cinque cerchi: «Sono molto contenta perché con questo gruppo non sono mesi, ma anni che lavoriamo insieme e possiamo dire che quest’Olimpiade è stata come una cosa costruita mattone per mattone, partita dagli Europei di Glasgow che è stata la prima qualifica, fino ad arrivare a oggi. Guardando la finale, leggevo le età delle nostre avversarie e dico che non abbiamo nulla da invidiare perché abbiamo tanti anni per migliorare noi stesse. Essendo la prima esperienza per me, come per tutte le altre, mi sentivo come al parco giochi perché nulla può competere con la magia dell’Olimpiade. Parigi è fra tre anni e speriamo di arrivare dove vogliamo».

Per alcune le Olimpiadi continuano: Salvoldi deciderà oggi quali ragazze schierare
Per alcune le Olimpiadi continuano: Salvoldi deciderà oggi quali ragazze schierare

Tokyo continua

Per le altre, invece, le gare non sono ancora finite e Letizia non vede l’ora di tornare in pista: «Sono super carica, non vedo l’ora di affrontare i prossimi impegni, perché le sensazioni stanno migliorando dopo un anno brutto e crudele. La testa è già lì, anche se non sappiamo ancora chi correrà». Al cittì Salvoldi l’ardua scelta, fra poco ne sapremo di più e ve ne daremo conto.

Parte la Vuelta, cosa c’è nella valigia del dottore?

04.08.2021
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La prossima settimana parte la Vuelta. E come in passato abbiamo chiesto ai meccanici cosa mettano nella cassetta degli attrezzi e ai massaggiatori cosa portino nella borsa delle creme, questa volta ci siamo concentrati sul medico. E ci siamo intrattenuti con Luca Pollastri, 37 anni di Castello di Brianza (Lecco), medico del Team Bike Exchange, per sapere come sia fatta e cosa contenga la valigia del medico che a sua volta parte per un grande Giro. Pollastri è già in Spagna. Ha seguito la squadra a San Sebastian e ora alla Vuelta Burgos. Poi sarà tempo di Vuelta España.

«Abbiamo una valigia che contiene le medicazioni – spiega – e che rimane normalmente sul mezzo anche durante la competizione e una valigia, che la sera portiamo in camera, in cui ci sono i farmaci per gli interventi più comuni. Poi c’è una piccola quantità di farmaci che segue sempre il medico. Sono quelli che usiamo per le urgenze e alcuni sono all’interno della lista Wada, per cui non li lasciamo mai incustoditi. Quindi diciamo che teniamo separate le medicazioni che sono sempre sul bus e possono essere anche disposizione di altro personale che magari può dare una mano se non siamo presenti».

Luca Pollastri alla Vuelta Burgos con Damien Howson
Luca Pollastri alla Vuelta Burgos con Damien Howson
Quali sono gli interventi ordinari che si fanno in corsa?

Dobbiamo distinguere fra quelli traumatici, quindi causati da cadute, e poi quelli possiamo definire medici. Quando si cade, si passa dalle abrasioni superficiali alle ferite più profonde che magari necessitano anche un passaggio ospedaliero, quando addirittura non intervengono fratture. Se parliamo di abrasioni, anche dopo il passaggio in ospedale, dobbiamo garantire che non vi sia nessuna infezione nonostante i ragazzi prendano acqua e polvere.

Si dice che i corridori abbiano la soglia del dolore molto alta, per cui ripartirebbero in qualunque condizione.

Uno dei passaggi più importanti e spinosi è proprio quello di capire quando un atleta può tornare a gareggiare o no. Se può riprendere la corsa, che in caso di caduta è responsabilità del medico di gara. Però quando la scelta si sposta al termine la competizione, sta a noi decidere se ci sono le condizioni fisiche adeguate per andare avanti. A volte le opinioni possono essere diverse, per quelle che sono le aspettative dell’atleta che a volte superano la buona logica e la buona pratica medica. Quando racconto ad amici come alcuni siano riusciti a terminare alcune gare per svolgere sino in fondo il proprio compito, che magari semplicemente era aiutare il capitano, quasi non ci credono. 

Al Catalunya di quest’anno, Rui Costa completamente “pelato” riparte stringendo i denti
Al Catalunya di quest’anno, Rui Costa completamente “pelato” riparte stringendo i denti
Quali sono le altre problematiche?

Problemi intestinali e infezioni delle alte vie respiratorie sono le più frequenti. Poi ci sono gli sfregamenti nella regione perineale a contatto con la sella, che subisce uno stress molto importante e merita un’attenzione particolare, perché sono problemi che potrebbero impedire di performare bene. Per il resto, pensiamo a ogni cosa possa accadere a una persona che fa attività sportiva. Nella nostra valigia abbiamo anche degli antibiotici perché possono verificarsi infezioni. Abbiamo prodotti specifici per l’asma. Di solito però cerchiamo di lavorare in modo preventivo, anche per problemi apparentemente banali come una micosi alle dita dei piedi, che potrebbe rendere abbastanza difficile stare per 5 ore con gli scarpini stretti. E poi ci sono terapie per le urgenze, come gli antistaminici per eventuali allergie, fino al defibrillatore che teniamo sul pullman.

Hai parlato di problemi intestinali, cosa si fa se arrivano?

Si agisce con il supporto del nutrizionista e dello chef, cerchiamo delle strategie alternative di nutrizione perché mangino quel minimo che serve per andare avanti. Si ragiona molto sulle ore di corsa, si gestisce in funzione di esse ad esempio anche la dissenteria. La flora batterica cambia durante le tre settimane e cambia anche la loro dieta che diventa prevalentemente a base di carboidrati. Quindi può capitare che avvertano gonfiore o anche solo una pesantezza che riduce la voglia di ingerire qualsiasi cosa, che però va evitato assolutamente. Per cui si ricorda loro di mangiare durante la corsa: una cosa che fanno soprattutto i direttori sportivi che lo hanno capito bene. E spesso via radio, soprattutto a fronte di giornate particolarmente impegnative o calde, gli impediscono di svuotarsi. Come dicevo, è un lavoro di prevenzione.

Come si fa?

Dobbiamo fare in modo che non sorgano questi problemi. Si parte dalla ricerca quasi maniacale di igiene nel cibo, anche se non tutto si può evitare. Quando piove o ci sono giornate molto polverose, i ragazzi sono i primi che vengono a dirti a fine tappa di aver mangiato un sacco di schifezze…

Al Giro d’Italia, Battistella ha convissuto a lungo con una gastrite che gli impediva di mangiare
Al Giro d’Italia, Battistella ha convissuto a lungo con una gastrite che gli impediva di mangiare
Quanto è importante la comunicazione con l’atleta? Di fatto è lui che deve accorgersi del sintomo…

Avendo cambiato squadra quest’anno (fino al 2020 il dottor Pollastri era al Team Bahrain, ndr) una delle difficoltà più importante è proprio capire e riconoscere queste piccole sfaccettature. Ci sono atleti che segnalano la minima problematica, quindi c’è tutto il tempo per intervenire tempestivamente. E altri che si lamentano solo quando non ne possono più, quando è tardi. Non amo questa modalità, però ognuno è fatto a modo suo. Una volta che li conosciamo bene, sappiamo che quando la sera facciamo il nostro giro delle camere, dobbiamo stimolarne alcuni maggiormente per tirargli fuori se c’è qualche problemino. E’ una delle parti più belle, nel conoscerli e lavorarci in sintonia.

Quanti contatti ravvicinati si hanno nella giornata durante un Giro?

Il giro delle stanze serale si fa tutti i giorni. Poi li vediamo la mattina, prima o dopo colazione. Prima della corsa e nell’immediato post gara una volta sul bus. Almeno questi 4-5 appuntamenti sono fissi.

Con la conoscenza aumenta la capacità di riconoscere il disagio?

Si coglie dalle diverse modalità con cui si rivolgono agli altri membri dello staff, ai compagni e a noi medici. Sono sfumature, si vedono, ma anche noi dobbiamo essere bravi a trovare la giusta empatia perché non tutti i momenti sono uguali.

Al Tour 2021, nella prima tappa maxi caduta: Lemoine non riparte, fermato dal medico di gara
Al Tour 2021, nella prima tappa maxi caduta: Lemoine non riparte, fermato dal medico di gara
Il corridore parte per la Vuelta portando con sé i farmaci di cui ha bisogno?

No, per regolamento sanitario interno, non possono portare farmaci, se non quelli autorizzati e prescritti per una terapia cronica che hanno già in corso e che quindi fanno anche a casa. Tutto il resto viene fornito dal medico. E questo è il nostro compito, avere come dicevo prima tutto ciò che può servire, sia dal punto di vista dei medicinali sia dell’integrazione. Forniamo tutto noi, attingendo dalla famosa valigia, anche per la semplice aspirina.

Ci sono rapporti tra il medico della squadra e il medico di gara?

C’è uno scambio di dati. Diciamo che se le cose vanno bene, non c’è grandissima interazione. Se invece c’è un problema, soprattutto se ci servono altre informazioni che non abbiamo potuto valutare perché non eravamo presenti, a quel punto ci mettiamo in contatto e cerchiamo le informazioni necessarie. Adesso si parla tanto della concussione cerebrale e a volte conoscere l’esatta modalità con cui è avvenuto un incidente o comunque come il collega è intervenuto, può servire per decidere se e come continuare.

In Spagna andrete incontro a giornate molto calde, cosa si fa?

Si cerca assolutamente di operare preventivamente, nel senso che si cerca di attuare delle pratiche che possono portare una preparazione adeguata. La stessa Vuelta a Burgos che stiamo facendo ha lo scopo di far abituare al grande caldo i corridori che poi faranno la Vuelta, per ottenere un adattamento a queste temperature. Poi ci sono da valutare le problematiche cutanee legate all’esposizione solare, ma è qualcosa su cui non devo spingere troppo in questa squadra. Perché gli australiani sono molto attenti e difficilmente si scottano. In più ci sono i massaggiatori che ci danno una mano. Per la tappa di oggi avevamo chiesto in hotel di avere un sacco con 25 chili di ghiaccio per tenere in freddo le bevande e anche per metterlo in piccoli sacchetti che al rifornimento si passano ai corridori perché possano metterli sotto la maglia sul collo.

L’intervento leggero del medico di gara viene riferito in squadra dal corridore
L’intervento leggero del medico di gara viene riferito in squadra dal corridore
Si fa ancora la pesata mattutina per valutare la disidratazione?

Sempre. La mattina valutiamo il peso specifico delle urine e confrontiamo il peso pre e post gara, quindi raccogliamo una serie di informazioni che ci permettono di agire di concerto con i nutrizionisti e i massaggiatori. Non potremmo fare tutto da soli. E soprattutto è proprio bello lavorare con massaggiatori che hanno un’esperienza importante di anni e conoscono anche qualche trucchino da suggerirci, qualche modalità per sfuggire dal caldo.

C’è differenza fra squadre italiane e straniere, oppure ormai nel WorldTour anche il lavoro medico è allineato?

C’è grande omogeneità. Forse l’ambiente più anglosassone richiede protocolli un po’ più definiti, ma le modalità di lavoro non cambiano molto. Lo scorso anno con il Bahrain e l’arrivo di Ellingworth si era messo tutto un po’ più per iscritto. Senza poi in realtà sconvolgere le modalità di lavoro, ma per avere un riferimento nero su bianco a cui tutti potessero attingere nel momento in cui ci fossero dubbi: questa è forse la più grande differenza. Poi dal punto di vista operativo non posso dire che ci siano grosse differenze perché ormai ogni squadra a livello internazionale si è allineata agli stessi standard.

Tutto pronto per la Vuelta?

Sono in Spagna già da una settimana, ho dovuto preparare una valigia davvero grande. Ma per fortuna a metà Vuelta mi daranno il cambio. Un mesetto fuori però non me lo toglie nessuno…

Alexander Konychev: «Sono ancora tutto da scoprire»

12.06.2021
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Alexander Konychev è al Giro di Slovenia. Il corridore del Team BikeExchange si sta lentamente ritrovando dopo un inizio di stagione a dir poco complicato. Lui fa infatti fa parte di quella ristretta schiera di coloro che il Covid lo ha preso due volte. E la seconda volta non è stata una passeggiata.

Era fine dicembre. Usciva in allenamento e non si sentiva bene. Le prime volte immaginava fosse stanchezza. Il che ci stava. Un pro’ riprende a darci sotto proprio in quel periodo, ma poi il figlio d’arte (papà Dimitri ex pro’ degli anni ’90-2000) ha capito che non era stanchezza. A quel punto è stato fermo per quasi un mese.

Konychev (classe 1998) in testa al gruppo per i suoi compagni
Konychev (classe 1998) in testa al gruppo per i suoi compagni
Alexander, partiamo dalla fine, stai correndo in Slovenia: come sta andando?

Nella prima tappa ero ero in fuga. Direi che va… Fisicamente mi sento bene. Nell’arrivo in volata della prima tappa sono stato un po’ sfortunato, ma sapete che le professional e soprattutto con le continental, che si ritrovano a correre con le WorldTour, qualcuno di loro rischia più del dovuto per mettersi in mostra e cogliere il risultato.

Cosa prevede la tua estate?

Dopo lo Slovenia farò il campionato italiano e poi andrò al Gp Lugano. Staccherò qualche giorno e salirò in altura per preparare il Polonia o la Vuelta, i programmi non sono ancora ben definiti.

E invece quest’inverno come è andata? Raccontaci di questo doppio Covid…

Ho avuto un inizio difficoltoso. Il mio obiettivo era di puntare a far bene nelle classiche di marzo. Hanno annullato anche delle gare in Spagna tra fine gennaio e febbraio che mi sarebbero state utili, ma alla fine con il Covid mi sarebbe cambiato poco. Poi sono andato alla Parigi-Nizza. E per fortuna che è stata un’edizione anomala senza freddo, senza vento, ma lì e nelle corse poi in Belgio ho sofferto molto perché per quelle gare devi essere al top e io non lo ero.

E poi hai staccato?

Poi a maggio sono stato parecchio tempo su a Livigno. Negli ultimi giorni sono arrivati anche quelli del Giro, come Nibali e Brambilla. Adesso sto meglio. Ma c’è tanto da lavorare.

Il veronese ha disputato la crono iridata U23 nel 2019 ed europea elite nel 2020
Il veronese ha disputato la crono iridata U23 nel 2019 ed europea elite nel 2020
Tanto da lavorare…

Devo capire che corridore posso essere. Mi piacciono i finali veloci e in un gruppo ridotto, posso stare in mezzo al gruppo e aiutare gli altri, posso aiutare gli sprinter come Mezgec o portare gli scalatori davanti in salita e magari tirare per loro nella prima parte.

In pratica Alexander Konyshev è un “cantiere aperto”?

Sì, per ora sono molto versatile. Come detto posso andare in fuga, aiutare gli altri. Mi devo scoprire, però una cosa di buono ce l’ho e cioè che vedo bene la corsa, guardo bene cosa accade davanti al gruppo e questo mi può aiutare. Continuerò a cercare le fughe e con un po’ di fortuna magari arriva un buon risultato.

Tu sei anche un buon cronoman stai portando avanti questa specialità?

Eh quest’anno sinceramente ci ho lavorato poco. Ho fatto i mondiali e gli europei con la maglia azzurra, ma in questa stagione di cronometro nel mio calendario ce n’erano poche. Però questo è un aspetto che mi piace e che voglio portare avanti. Magari concentrami bene sui prologhi, sulle brevi crono. In squadra abbiamo la fortuna di avere Marco Pinotti, che è ha davvero tanta esperienza.

Un piccolissimo Alexander sulle spalle di papà Dimitri durante la premiazione di un vecchio Giro
Un piccolissimo Alexander sulle spalle di papà Dimitri durante la premiazione di un vecchio Giro
A proposito di esperienza e di consigli, tu hai tuo padre…

Sì, a casa parliamo spesso di ciclismo, mi dà consigli, mi sta vicino. Ed è bello come qui allo Slovenia che siamo venuti insieme (Dimitri è uno dei diesse della Gazprom-RusVelo, anch’essa impegnata allo Slovenia ndr).

Che analogie ci sono tra te e tuo padre?

Fisicamente siamo simili. Lui per me è un grande esempio. Diciamo che fare quello che ha fatto lui sarebbe tanto. Portare questo cognome sulle spalle mi motiva.

Domanda secca: una caratteristica che vorresti ereditare da tuo padre corridore?

La classe. Anzi no, la furbizia e la scaltrezza che aveva in corsa.

Le misteriose ruote di Yates sembrano Vision inedite

28.05.2021
2 min
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Fra le curiosità tecniche del Giro d’Italia, dopo aver… pizzicato le nuove scarpe Dmt utilizzate da Elia Viviani, da qualche giorno ci siamo accorti che Simon Yates sta utilizzando in salita delle ruote misteriose e prive di scritte, montate con gomme tubeless, che alla squadra australiana sono fornite da Pirelli. Le avevamo adocchiate sullo Zoncolan, ma sono tornate nella tappa di Cortina e poi in quella di Sega di Ala e anche ieri, come si vede bene anche nella foto di apertura. Di cosa si tratta, visto che la squadra, come già scritto su bici.PRO, utilizza ruote Shimano per le prove in linea e Vision per le crono?

Vision, forse…

A prima vista, si potrebbe trattare di un modello di ruote in carbonio a medio profilo per disco che, se non fosse stato per il Covid, Vision avrebbe già lanciato sul mercato. Ruote da 45, con 21 raggi davanti e 24 dietro, che saranno svelate prossimamente e sono state progettate per utilizzare anche pneumatici tubeless. Resta da capire se l’utilizzo delle ruote misteriose resterà limitato al Giro o il team stia valutando nuovi materiali per il futuro.

Egan non abbocca, ma adesso Yates “punta” Caruso

28.05.2021
4 min
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Stavolta gli schiaffi di Yates hanno fatto meno male che a Sega di Ala, ma gli hanno reso la vittoria di tappa. Per questo il britannico in cima a questo monte così verde ha il sorriso dei giorni migliori. Chissà, forse è stato davvero il sole a dargli la forza per attaccare a 6,4 chilometri dall’arrivo. Ora dice che l’ha fatto per la tappa, ma il piano era ben più ambizioso e consisteva nel misurare la temperatura a Bernal. Questa volta però Egan è stato gelido nel reagire e l’attacco di Yates si è molto ridimensionato. Anche se ora il britannico punta dritto al secondo posto di Caruso.

Nella fuga del mattino un brillante Aleotti: il “ragazzino” ha grande recupero
Nella fuga del mattino un brillante Aleotti: il “ragazzino” ha grande recupero

Avvio faticoso

Che cosa sia successo fra il Tour of the Alps e l’inizio del Giro non è chiaro e magari neanche c’è tanto da spiegare.

«Sono arrivato al Giro con una buona forma – dice il capitano del Team Bike Exchange – poi ho cominciato a perdere terreno qua e là, soffrendo anche il freddo. Ho avuto male alla gamba destra e anche problemi di torcicollo. La verità è che in una corsa di tre settimane non puoi permetterti di lasciare troppo tempo per strada, per cui forse è vero che la condizione sia arrivata in ritardo e proprio per approfittarne domani cercheremo di fare il massimo, ma sarà difficile, perché il distacco è ancora grande».

Yates è partito da solo a 6,4 chilometri dall’arrivo: uno scatto notevole e ora punta alla rosa?
Yates è partito da solo a 6,4 chilometri dall’arrivo: uno scatto notevole

Caruso in trappola

Oggi alla sua trappola ha abboccato Caruso e nel sentirlo parlare dopo l’arrivo, mentre ammetteva con la solita onestà l’errore, ci si è stretto il cuore. I 20 secondi che li dividono sono davvero poca cosa e domani sarà un altro giorno duro, con la crono di domenica che sulla carta potrebbe favorire Damiano, ma di solito nell’ultima settimana premia le forze più fresche.

«L’ho fatto per le persone cui l’ho promesso – ha detto il siciliano – non potevo lasciarlo andare. Lo devo a me stesso e chi mi ha chiesto di provarci. Onore a Yates che oggi in salita è stato il più forte. Io andrò avanti una tappa alla volta e domenica tireremo le somme».

Sarà per averne letto l’intervista poche ore fa, nel sentirlo parlare abbiamo immaginato gli occhi lucidi di sua moglie Ornella e pensato che domani saremo tutti al suo fianco spingendolo col cuore.

Questa volta Caruso ha risposto allo scatto di Yates che minacciava il 2° posto e ha pagato…
Questa volta Caruso ha risposto allo scatto di Yates che minacciava il 2° posto e ha pagato…

Sfida in alta quota

A Yates ridono gli occhi e basta poco per ricordare la sfortuna che l’ha colpito negli ultimi mesi e come la vittoria sia il balsamo migliore.
«Sono davvero contento – dice – la squadra ha fatto un lavoro fantastico oggi, ha davvero controllato l’inizio, ha lavorato molto e sono riuscito a finirlo, quindi sono davvero molto felice. Ho visto che i ragazzi di Ineos erano felici di scandire il tempo e ho avuto la sensazione che mi avrebbero lasciato andare oggi. Non appena ho attaccato, ho visto che avevo pensato giusto, quindi ho provato a dare tutto gas, anche se la tappa non è stata dura. Loro però si sono confermati fortissimi e questo per la tappa di domani rende tutto più complicato. Sarà molto dura, di nuovo in alta quota. Vedremo cosa posso fare, sto facendo del mio meglio..».

La vittoria basterà a Yates o domani proverà ancora? Punta al 2° posto
La vittoria basterà a Yates o domani proverà ancora? Punta al 2° posto

Giro, mon amour

Il Giro gli si attaglia alla perfezione, peccato che spesso sia lui ad essere fuori sincro.

«Il Giro – dice – lo guardavo in televisione quando ero più piccolo. Vedevo le immagini dei tapponi di montagna. Mi piacciono i percorsi, mi piace il cibo, mi piace la gente che ha grande passione. C’è un solo modo per riaprire questa corsa ed è attaccare da lontano, ma Ineos ha una grande squadra e io dovrò capire come staranno le mie gambe. Di certo darò il 100 per cento. E poi si vedrà…».

Oggi Yates li ha presi tutti a schiaffi, Bernal compreso…

26.05.2021
4 min
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Yates attraversa la linea e non si ferma. Il massaggiatore continua a corrergli accanto, ma l’inglese continua a pedalare piano verso quel che resta di una salita che parrebbe infinita. Non potendo corrergli accanto come una volta, immaginiamo il battito del suo cuore che rallenta, il respiro che si normalizza. Fa esercizi per il collo e ancora pedala. Piano, come in una slow motion. E’ evidente che voglia essere lasciato da solo, per questo e per il fiatone, anche l’uomo del Team Bike Exchange smette di correre e lo raggiunge quando si ferma. Si scambiano uno sguardo. Simon inarca la schiena all’indietro, come quando togli lo zaino pesante. Poi scuote il capo, fa mezzo sorriso e torna indietro dove il resto dei massaggiatori aspetta i compagni. Molla la bici. E finalmente, dopo un giorno di schiaffi presi e dati, si siede per terra.

A 3,3 chilometri dall’arrivo si è reso conto che Bernal soffriva ed ha attaccato
A 3,3 chilometri dall’arrivo si è reso conto che Bernal soffriva ed ha attaccato

Un bel giorno

Ha attaccato a 3,3 chilometri dall’arrivo, dove la strada è nel bosco e la pendenza bastarda come un pugno sotto lo sterno. Se andate a riguardarvi la foto pubblicata su bici.PRO all’indomani del Tour of the Alps, vedrete che è stata scattata proprio in quel settore di salita. Bernal ha risposto alla prima botta e anche alla seconda, ma mentre Yates davanti pedalava composto, si è visto subito che la maglia rosa aveva la bocca aperta come sullo Zoncolan. Ma questa volta mancava più strada. Il momento in cui Bernal si stacca e lo vede andare via è quello su cui i più grandi giornalisti costruirebbero la storia del giorno. Ma Yates in quel momento non pensa alla storia, soltanto a spingere e dare schiaffi. Ha preso troppi schiaffi in questo Giro, che era venuto a vincere, per sbilanciarsi anche soltanto con la fantasia. E poi voi credete che su una salita così dura, forse la più dura del Giro, ci sia stato tempo per la fantasia?

Dopo l’arrivo Simon ha continuato a pedalare ed è tornato dopo 5 minuti buoni
Dopo l’arrivo Simon ha continuato a pedalare ed è tornato dopo 5 minuti buoni

Meglio col sole

«Ci siamo persi la fuga – dice – e volevo provare a vincere la tappa oggi. Quando davanti sono partiti c’erano solo 60 chilometri prima del San Valentino, la prima salita, perciò inseguire non è stato un lavoro enorme. I ragazzi hanno fatto un ottimo lavoro e io ho cercato di fare la mia parte. E’ stato un giorno davvero folle. Ma avevo buone gambe e il sole splendeva e ho avuto per tutto il giorno buone sensazioni di poter fare questa cosa».

La più dura

Ha il casco in testa con gli occhiali infilati e capovolti. Sul naso c’è ancora il cerotto per respirare meglio e attorno al collo un asciugamano di spugna azzurro gli impedirà di prendere freddo in discesa, perché i pullman sono stati parcheggiati in basso e i corridori per tornarci hanno dovuto ripercorrere la salita al contrario. E chissà che facendolo, non si siano resi conto di essersi lasciati alle spalle l’arrivo più impegnativo del Giro.

«Eravamo stati a fare la ricognizione – dice – per questo la squadra ha tirato sin dal San Valentino. Sapevamo che sarebbe stata una salita molto dura, per me la più dura della corsa. Sapevo che c’era margine per provare, così ho tentato di fare la differenza e ho guadagnato un buon tempo. Dire se potrò fare meglio, avendo più di un minuto da Caruso, che resta secondo… Se avrò gambe proverò ancora, ma adesso non mi sembra di avere molto altro da dire».

Si è seduto per terra e finalmente ha iniziato a mandare giù qualcosa
Si è seduto per terra e finalmente ha iniziato a mandare giù qualcosa

Gira la bici, corridori continuano ad arrivare alla spicciolata. Lui si avvia verso la discesa, dopo un giorno per lui migliore dello Zoncolan, in cui l’attacco gli era stato ricacciato in gola. Per la prima volta in questo Giro, ha visto Bernal in difficoltà, come per la prima volta a Prato Nevoso, Froome iniziò a minare la sua sicurezza nel 2018. Il Giro ha davanti ancora due tappe di montagna e una crono. Difficile, dopo quanto visto a Sega di Ala, dire che il tempo degli schiaffi sia finito.

Un lampo di Simon Yates che (forse) preoccupa Bernal

22.05.2021
3 min
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Nelle note del mattino, Marco Saligari in diretta aveva usato parole intelligenti. Si ragionava sulla tattica di Simon Yates, visto andare fortissimo al Tour of the Alps, e sul fatto che rispetto al 2018 stesse vivendo un Giro più tranquillo, per venire fuori meglio nella terza settimana. «Può darsi – aveva detto Saligari — ma usare una tattica prudente non significa staccarsi, al massimo significa non contrattaccare. Ma se nelle tappe delicate perdi le ruote, forse significa che non hai le gambe».

Ai 300 metri dall’arrivo, lo scatto di Bernal, che guadagna 11 secondi
Ai 300 metri dall’arrivo, lo scatto di Bernal, che guadagna 11 secondi

900 lunghissimi metri

La svolta c’è stata a 900 metri dall’arrivo, che a riguardare le immagini sono durati una vita. Simon Yates ha risalito il gruppo sulla destra, in piedi e con le mani sopra. Li ha guardati un secondo, mentre davanti c’era ancora Dani Martinez ed è partito secco. Bernal se la sentiva e si è subito accodato, mentre alle loro spalle la testa del gruppo si sfocava alle spalle.

«Ho sentito le gambe che stavano meglio – commenta il britannico – hanno ricominciato a girare. Sono felice per la prestazione, anche se Bernal ad ora è imbattibile. Speravo di uscire da questa giornata con una classifica come questa e anche se è difficile, continuerò ad attaccare, provando a prendermi la maglia rosa».

Sul traguardo, l’umore di Yates nettamente migliore che nei giorni scorsi
Sul traguardo, l’umore di Yates nettamente migliore che nei giorni scorsi

La grande illusione

Bernal è furbo. E siccome non lascia niente di intentato e tantomeno cade nell’errore di sottovalutare gli avversari, gli è bastato uno sguardo per vedere Evenepoel staccato e Vlasov in difficoltà. E a quel punto, per mettere anche Yates al suo posto, negli ultimi 300 metri ha piazzato uno scatto che il capitano della Bike Exchange ha pagato con 11 secondi di distacco sulla riga.

«Oggi era una tappa test – spiega Vittorio Algeri, diesse del team – aspettavamo questa risposta, perciò stamattina c’era l’attesa dei giorni importanti. Quello che è successo o che non è successo finora si deve probabilmente al fatto che ci aspettavamo tutti di più, dopo averlo visto vincere al Tour of the Alps. Ci siamo resi conto che lui andava forte e che lì c’erano comunque Vlasov e altri rivali che sono qui. Ma non c’erano Bernal e questa Ineos, che hanno un livello superiore».

All’arrivo la maglia rosa è rimasta per un paio di minuti a riprendere fiato
All’arrivo la maglia rosa è rimasta per un paio di minuti a riprendere fiato

La fiducia ritrovata

Il risultato di giornata riapre la porta sulla classifica. Yates è salito al secondo posto a 1’33” da Bernal, Caruso resiste al terzo posto a 1’51” e poi c’è Vlasov a 1’57”.

«E’ chiaro che ogni giorno fa storia a sé – saluta Algeri – per cui non si può dare per certo che lunedì a Cortina il risultato sarà altrettanto buono, ma neppure si può escludere. Il fatto di avere una partenza meno spinta del 2018 era uno dei fattori che volevamo raggiungere e indubbiamente questo è successo. Oggi si è ricominciato a vedere il Simon che conosciamo e che ci aspettavamo, soprattutto un corridore che aveva bisogno di fiducia. E adesso ce l’ha. E’ tornato al pullman con un bel sorriso. Tanto è stato fatto, ma tanto c’è da fare. Bernal per ora bisognerebbe lasciarlo stare, ma ci proveremo sino alla fine».

Zigart Pogacar 2021

Urska Zigart, non più solo la fidanzata di Pogacar

14.05.2021
4 min
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Nell’incessante susseguirsi di eventi e notizie che contraddistinguono ognuna di queste giornate ciclistiche, quella relativa alla vittoria di Urska Zigart nell’ultima tappa della Vuelta Valenciana era passata un po’ inosservata, eppure la 24enne slovena di Lubiana non è un personaggio comune perché stiamo parlando della fidanzata di Tadej Pogacar, il numero 1 del ciclismo contemporaneo. Il vincitore del Tour, attualmente in preparazione per la difesa della maglia gialla al Tour.

Per la Zigart, nata a Slovenska Bistrika, questa è stata la seconda vittoria in carriera, dopo il titolo nazionale a cronometro nel 2020 e può segnare il superamento di un confine, un salto di qualità da lei atteso: «Credo di poter migliorare molto e di avere tanto potenziale, mi sento forte ma posso diventarlo molto di più, ho solo bisogno di credere nelle mie doti. In un team di alto livello posso solo migliorare, le vittorie così potrebbero arrivare più facilmente».

La carriera professionistica è iniziata in una città, Lubiana, famosa più per sport come il basket che per il ciclismo, che cosa ti ha spinto a cercare gloria con la bicicletta?

Lubiana è una città multisportiva, dove le discipline più diffuse sono il calcio, la pallavolo e anche il basket. Io ho iniziato a praticare il ciclismo nel 2015, avevo 17 anni, qui c’è l’unica squadra slovena di livello internazionale e volevo farne parte perché poteva essere un modo per girare il mondo.

Che tipo di ciclista sei?

Sicuramente una scalatrice, vado bene soprattutto sulle ascese non estreme, ma in salita vado meglio.

Le salite sono il terreno migliore per Urska Zigart, che però ha qualità anche a cronometro
Le salite sono il terreno migliore per Urska Zigart, che però ha qualità anche a cronometro
Nella tua carriera quanto ti è stato vicino Tadej e quanto tu lo sei per lui?

Difficile dirlo. Abbiamo una storia ciclistica ancora recente – aggiunge la Zigart – non so quanto gli possa essere d’aiuto, ma di certo faccio di tutto per essergli accanto, stiamo insieme da 3 anni, abbiamo condiviso più corse. Lui fa lo stesso con me (nella foto d’apertura alla partenza del Trofeo Binda, ndr) e questa credo che sia la cosa più importante.

Da quando ha vinto il Tour, la pressione dei media su di lui è aumentata, quanto questo pesa sulla vostra vita di coppia?

Diciamo che sembra che ognuno voglia un pezzo di lui… Cerchiamo se possibile di stare un po’ alla larga dai riflettori per avere un po’ di tempo per noi noi stessi ma sappiamo che questo fa parte del gioco, è un prezzo da pagare, sta a noi adeguarci.

L’arrivo della Zigart nell’ultima tappa della Vuelta Comunitat Valenciana, chiusa al 52° posto
Zivart Valenciana 2021
L’arrivo della Zigart nell’ultima tappa della Vuelta Comunitat Valenciana, chiusa al 52° posto
Quali sono i sogni di Urska Zigart?

Quella di domenica è stata solo la prima vittoria e questo era già un sogno, spero che ne seguano altre e che possa competere per le classiche di maggior livello. La Liegi-Bastogne-Liegi è quella che mi affascina di più, ma devo crescere ancora tanto per essere a quel livello.

Sai che il prossimo anno ci sarà anche il Tour femminile…

Certo e questo è un altro sogno. So di poter dare il meglio nelle corse a tappe proprio perché sono a mio agio in salita. Per poter puntare alla vittoria devo migliorare a cronometro, ma magari un giorno sarà Tadej a festeggiare una mia maglia gialla…

Zivart Alé BCT 2020
Lo scorso anno Urska Zigart ha militato all’Alé BCT Ljubljana
Lo scorso anno Urska Zigart ha militato all’Alé BCT Ljubljana
Fino allo scorso anno eri all’Alé BTC Ljubljana, società slovena con una forte componente italiana. Sei mai stata dalle nostre parti?

Molte volte, siamo “vicini di casa”, non parlo bene l’italiano ma lo capisco, ho corso con atlete italiane di spessore e visto molte città. Adoro poi le Dolomiti per sciare. In squadra, alla Alé BTC Ljubljana stavo molto bene, ma sapevo che avevo bisogno di cambiare per continuare il mio cammino di crescita e i risultati al Team Bikeexchange mi stanno dando ragione.