Da un Miholjevic all’altro, la storia di Fran e suo padre Vladimir

04.05.2022
8 min
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Fran Miholjevic ha vinto la Carpathian Couriers Race, terzo successo di stagione dopo la tappa al Giro di Sicilia e il GP Vipava Valley di febbraio. Di lui si sa che indossa per il secondo anno la maglia del Cycling Team Friuli e che suo padre Vladimir è il team manager della Bahrain Victorious.

Finora vi abbiamo raccontato di Marta Cavalli attraverso gli occhi del padre Alberto. Ci siamo emozionati per l’esultanza di Elisa Balsamo e suo padre Sergio sul traguardo di Wevelgem. E giusto domenica abbiamo conosciuto Marco Fortunato, che continua a lavorare con i bambini alle porte di Bologna, mentre Lorenzo si prepara per il Giro. Ma cosa succede quando tuo padre è uno dell’ambiente e per giunta anche importante?

Ciclismo, no grazie

Lo abbiamo chiesto a Miholjevic senior, 48 anni, professionista dal 1997 al 2012 con 11 stagioni in squadre italiane: Alessio, Liquigas, Acqua & Sapone. Lo abbiamo pregato di parlare da padre e non da addetto ai lavori. Almeno finché è stato possibile tenere separati gli ambiti.

«Quando correvo – sorride – i bambini non volevano vedere le corse in televisione. Le odiavano. Così mia moglie le guardava da sola. Quando ho smesso, sono tornato a studiare Legge. Mi mancavano 10 esami. E intanto, una squadra di triathlon di Fiume, la mia città, mi chiamò per chiedermi di seguire i loro allenamenti. Ne parlai con mia moglie. Le dissi che senza un obbligo, non ce l’avrei fatta a risalire in bici. Così cominciai. E mentre mi stavo preparando per il primo allenamento, Fran mi chiese se poteva venire con me. Era il 2014, aveva 12 anni e una mountain bike di 20 chili che gli avevamo comprato qualche anno prima per la promozione».

Come andò a finire?

Erano ragazzi di 15 anni, quindi tre più di lui. Però Fran andava. Abbiamo la fortuna di vivere fuori città, vicino al bosco. Ancora oggi, ma a quel tempo di più, i bambini giocano in strada e lui era forte. Così tenne il ritmo.

L’orgoglio di papà?

Lo osservavo e credevo che gli sarebbe passata la voglia. In famiglia eravamo un po’ stufi dello sport, non vedevo i miei figli fare agonismo. Però, visto che mi chiese di riprovarci, gli diedi la Cannondale che la Liquigas ci aveva lasciato dopo la vittoria al Giro del 2007. Era una 56, lui ancora aveva bisogno di una 52. Però ci salì sopra e staccò tutti. Fu allora che pensai: «Forse qualcosa c’è!». Così chiamai l’Acqua & Sapone, che nel frattempo aveva chiuso, ma aveva ancora delle bici in magazzino. Chiesi se ne avessero una della sua taglia e mi mandarono quella di Betancur. E piano piano, si cominciò a capire che c’era del talento.

Al Trofeo Ucka del 2019, primo di categoria. Eccolo con padre, madre e sorella minore (foto Novi List)
Al Trofeo Ucka del 2019, primo di categoria. Eccolo con padre, madre e sorella minore (foto Novi List)
In che modo?

Lo portai a una gran fondo e la vinse. Poi si è iscritto al club dove avevo cominciato anche io. E da junior è andato alla Adria Mobil, che ai miei tempi si chiamava KRKA Telekom. Purtroppo anche lui è incappato nel lockdown. Nel 2020 aveva 18 anni, secondo anno junior. E come tutti i ragazzi della sua età ha perso la possibilità di dimostrare il suo valore. Mi faceva quasi compassione nel vedere quanta energia mettesse negli allenamenti senza poter correre. Il quarto posto agli europei di Plouay fu una grossa soddisfazione.

In che modo lo hai seguito?

Ho cercato di fargli capire le specifiche dello sport. Lo guardavo e cercavo di trasferire a lui la mia esperienza. Io non ero veloce, ma spesso riuscivo a fare selezione in salita e vincevo perché ero meno morto degli altri. Fran è sempre stato un bambino più intelligente di me. Io al confronto ero un… caprone forte. Mi chiedevo: a cosa mi serve l’astuzia, se li posso staccare tutti? E se poi rientravano e mi battevano in volata, ero contento lo stesso, perché comunque in salita ero stato più forte. Fran è più furbo. E’ veloce e va bene a crono.

Sei sempre stato presente?

Avere da junior il padre che sa di bici è un vantaggio. Da under 23 diventa un peso e così ho cercato di stare lontano. Ho chiamato per lui un agente, Mattia Galli, perché potesse seguirlo con una minima influenza da parte mia. Era strano che andassi a parlare io con le squadre. Sono venute offerte dalla Leopard in Lussemburgo. So che parlavano con la FDJ. Finché un giorno, ragionando con Pellizotti, il discorso è finito sui tanti corridori che venivano dal Cycling Team Friuli.

Dal 2021, Fran Miholjevic indossa la maglia del Cycling Team Friuli (foto Scanferla)
Dal 2021, Fran Miholjevic indossa la maglia del Cycling Team Friuli (foto Scanferla)
Non li conoscevi?

Li vedevo, ma non avevo mai approfondito. Parlando, ci siamo resi conto che vincevano, ma soprattutto avevano una buona riuscita nel professionismo. Ragazzi come De Marchi, Fabbro e Aleotti erano un bel biglietto da visita. “Pelli” diceva che lavorano bene, insistendo sull’educazione, senza pressioni, facendoli crescere. Così andai a parlare con Bressan.

Insomma, alla fine hai ceduto e ti sei fatto avanti tu…

Gli dissi di valutarlo come corridore (sorride, ndr), non come il figlio di Miholjevic. Se lo riteneva all’altezza, se ne poteva parlare. Roberto aveva già la lista piena, per non lasciare indietro i ragazzi che durante il Covid non si erano espressi, ma alla fine decise di dargli una possibilità. Così Fran ha iniziato a lavorare con Andrea Fusaz, ma anche con Alessio Mattiussi e Fabio Baronti. E poi ha trovato in Renzo Boscolo un diesse con grande visione di corsa e capacità di comunicazione. Se ci sono problemi, si chiariscono subito. Sanno dare anche delle sberle, ma in modo pedagogicamente giusto. Da padre, sono proprio contento.

Anche da manager, visto che nel frattempo è iniziata la collaborazione fra Bahrain e CTF…

Vero. Siamo sulla via giusta per farlo in modo davvero costruttivo. Costruire una continental richiede tanto entusiasmo e tanta energia, che poi viene ripagata quando i corridori li vedi crescere e vanno via. Abbiamo imparato reciprocamente. I nostri hanno visto la fame di arrivare dei ragazzi e anche a loro è scattata la molla di dimostrare quanto valgono. E tutti onorando gli stessi sponsor tecnici.

Che corridore può diventare Fran?

Non è uno scalatore puro, né un velocista. E’ alto 1,90 e pesa 72 chili. E anche se con questi numeri qualcuno ha vinto i Giri, sono tanti chili da portare. Ha le abilità per le corse di un giorno, ma non ha provato quelle del Belgio, perché la nazionale croata juniores non ha i numeri per certe trasferte. Per questo il prossimo anno con il CTF vorremmo fare le gare più importanti del Belgio. Vogliamo internazionalizzare la squadra. La base sarà italiana, la sua forza. Ma abbiamo tante richieste da U23 e juniores che vogliono venire al Bahrain passando per il CT Friuli. Ed è davvero una grande conferma del buon lavoro.

Vacanze di famiglia: con Vladimir e Fran, la mamma Irena e le sorelle Tara e Lana
Vacanze di famiglia: con Vladimir e Fran, la mamma Irena e le sorelle Tara e Lana
Fran vive a casa o sta più spesso in ritiro?

La sede del team è a 135 chilometri da casa, per cui sta spesso a Fiume dove ci sono percorsi ottimi per allenarsi. Però si ferma volentieri anche in ritiro. Là c’è Stockwell, un bel corridore. Vanno d’accordo, per cui Fran parte un giorno prima e torna sempre un giorno dopo.

Alla fine hai capito perché non volevano vedere le gare in tivù?

La figlia più grande, Lana che ha 23 anni, non voleva guardare perché era gelosa delle miss sul palco. A Fran invece non interessava, non era un bambino che mostrava affinità con lo sport. Ha fatto basket, poi pallamano che da noi è famosa e forte. Infine ciclismo. Mi faceva pensare a suo zio, il fratello di mia moglie, forte in qualunque sport, ma senza la mentalità per approfondire. Credevo che Fran fosse così, che facesse sport finché era comodo, invece mi sbagliavo di grosso. Del resto, l’ho sempre detto (ride, ndr) che non sono bravo a valutare le persone…

Stavolta Thibaut non stecca. E con lui fa festa anche Bardet

22.04.2022
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Incredibile. Neanche il tempo di mettere l’articolo online che Thibaut Pinot era già fuga. E finalmente stavolta ce l’ha fatta. Stavolta ha voltato pagina. Stavolta sull’arrivo ci è un arrivato con la testa alta. E il sorriso. Basta confrontare le due foto di apertura dei due articoli.

Ma anche stavolta ad un certo punto i nuvoloni si sono fatti scuri per Thibaut. Il cielo si è fatto buio in discesa. Due volte. Nella prima, David De La Cruz lo ha staccato, nella seconda lo ha riacciuffato.

Ma quando uno scalatore stacca tutti in salita le sue energie si moltiplicano. Il suo scopo lo ha raggiunto e di colpo i dubbi diventano certezze. Il finale, che sulla carta, era più adatto al corridore spagnolo, Thibaut se lo è mangiato. Ha vinto “per distacco”.

«La seconda piazza di ieri – ha detto Pinot – mi ha dato fiducia».

Super Thibaut e Groupama-Fdj

Gioia dunque in casa Groupama-Fdj. Non solo per Thibaut. Una gioia nata dalle lacrime di ieri e da tanti piazzamenti colti in stagione. Però le cose stanno girando all’interno del gruppo di Marc Madiot. Guardiamo anche come vanno i suoi ragazzi della continental.

«In squadra – racconta Matteo Badilatti gregario doc della Groupama-Fdj – c’è un bel clima. Questa vittoria non è nata ieri sera a tavola dopo la sconfitta di Pinot, ma è frutto della buona atmosfera che si respira in squadra.

«Siamo uniti, lavoriamo sodo e prima o poi le cose vanno nella maniera giusta. Anche ieri sera Thibaut è stato positivo. Lui è un grande campione, una persona incredibile e sa fare bene in ogni occasione. Lui dà il massimo sempre, ci sprona ed è motivo di orgoglio anche per noi.

«Se sapevamo che Thibaut sarebbe andato subito in fuga? Beh – sorride Badilatti – la tappa oggi era difficile e quindi meglio stare davanti no? E poi con il gruppo che ha lasciato fare era perfetto per noi».

Intanto il diesse Thierry Bricaud si complimenta con Badilatti, arrivato quando Michael Storer è giusto sul podio. Gli dice come è andata. E aggiunge: «Non male, no!». Poi lo abbraccia.

Eh sì, perché la Groupama-Fdj è salita sul gradino più alto del podio anche come team.

«Oggi abbiamo ottenuto una bella prestazione di squadra – conclude Badilatti – e c’è soddisfazione. E’ stata una giornata positiva. Finalmente le cose iniziano ad andare bene. C’è motivazione. Adesso possiamo guardare in modo positivo alle prossime gare. Il segreto di questa Groupama? Lavorare!».

Bardet, re del Tour of the Alps

Da un clima di gioia all’altro. La Francia oggi fa festa. Tra i giornalisti dietro l’arrivo c’è chi azzarda una battuta: «Bardet brinda col Pinot!». Ci sta…

Romain, e ve lo avevamo raccontato giusto un paio di giorni fa, stava bene. Quello sguardo da furbetto ce lo aveva anche oggi. Ancora dopo il traguardo. Ha una grinta pazzesca. Una grinta che non gli si vedeva da tempo.

Anche per lui vale il discorso fatto con Pinot: quando lo scalatore sente le sensazioni positive in salita diventa una “macchina da guerra”.

Sullo Stronach, 3,1 chilometri durissimi, ha demolito anche psicologicamente Pello Bilbao. Ha fatto il forcing per tutta la salita. Prima con l’aiuto di Thymen Arensman e poi da solo. A mano a mano tutti si sono staccati. Tutti tranne appunto Storer e il suo giovane compagno.

Alla fine se questa è la squadra che davvero vedremo al Giro, ci sarà da stare attenti anche a loro. Arensman una volta in pianura ha fatto un lavoro eccezionale. E già prima dell’arrivo festeggiava con le braccia al cielo, forte del conoscere i distacchi per radio.

«Pensavo solo alla classifica finale – ha detto Bardet – anche perché Pello ha forato tre volte e tre volte ci siamo fermati ad attenderlo. Per questo la fuga, con Thibaut e David, ha preso così tanto margine. 

«Adesso pensiamo al Giro, ma senza pressione. Anche qui abbiamo ragionato giorno per giorno. E poi man mano è aumentata la sicurezza e stamattina abbiamo detto semplicemente: proviamoci».

Un Bardet così non si vedeva da un po’

«Nessun segreto. Lavoro diversamente: più corse, meno pressioni da parte della squadra, c’è un bell’ambiente e riesco ad esprimermi come voglio».

Anche nel Team Dsm c’è gioia. E’ incredibile vedere come i ragazzi si abbraccino e si cerchino dopo l’arrivo. E con loro i massaggiatori, i diesse. Davvero: il ciclismo è uno sport di squadra.

Bilbao, pressione o lividi?

E si abbracciano anche in casa Bahrain Victorious. Franco Pellizotti si congratula con tutti i suoi ragazzi che tornano al bus alla spicciolata. Loro non gioiscono però. Hanno perso un Tour of the Alps dominato dalla prima alla penultima salita. 

«Sapevamo – spiega Pellizotti – che ci saremmo giocati tutto sull’ultima salita che era davvero dura. Bilbao non lo ha battuto un corridore qualunque. Tra l’altro un corridore che si sta ritrovando e mi sembra anche bene. Ho anche corso con lui, me lo ricordo da giovane ed era un bravo ragazzo in gruppo. Sono contento per lui».

«Cosa ci è mancato? Nulla, come detto c’è chi è andato più forte di noi. Sì, ieri sera Pello lamentava qualche dolore per la caduta. Mi ha detto che oggi aveva tanto freddo, tanto è vero che non si è mai tolto la mantellina. Ma non regge. E non regge neanche il discorso del rischiare il giusto (pensando al Giro, ndr). C’è chi è andato più forte. Punto».

A nostro avviso, il basco ha pagato molto la pressione. E’ vero che non si può giudicare dalle immagini in tv, però prima della salita finale sembrava molto teso. E anche stamattina, prima del via, era un po’ sulle sue. 

«Mah, pressione – conclude Pellizotti – sapete alla fine è la prima volta credo che si giocava una corsa a tappe. E credo che sia una step importante per la sua crescita e per il resto della sua carriera».

Show basco a Lana. Vince “capitan” Bilbao. E Landa tira

19.04.2022
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Rieccoli. Mikel Landa e Pello Bilbao. La Bahrain Victorious continua a schierare insieme i suoi due alfieri baschi. Non solo due grandi corridori, ma anche due grandi amici. E oggi, al Tour of the Alps verso Lana lo hanno dimostrato ancora una volta.

Una corsa difficile, entrata nel vivo sin dall’inizio con nomi importanti sul Passo Rolle. Ma questo non ha fatto altro che ribadire la grande condizione, e la voglia di Giro, da parte dei due spagnoli. Nel dopo tappa abbiamo parlato a quattrocchi con Franco Pellizotti, uno dei diesse della Bahrain-Victorious.

Come era pronosticabile, la corsa è esplosa già sulla prima salita, il Passo Rolle che si scalava in avvio. Subito sono rimasti in pochi
Come era pronosticabile, la corsa è esplosa già sulla prima salita, il Passo Rolle che si scalava in avvio. Subito sono rimasti in pochi
Franco una grande dimostrazione di squadra?

Abbiamo dimostrato – risponde con orgoglio – di essere una squadra forte e unita. Sappiamo correre bene.

Landa che lavora per Bilbao: è uno scambio di ruoli in vista del Giro?

Ma no, erano partiti alla pari. Sapevamo che Pello, come aveva dimostrato in questo ultimo periodo, era in una condizione migliore. Mikel invece arrivava da un periodo di allenamento in altura, pertanto non conoscevamo la sua forma. E poi c’è una cosa che non va sottovalutata: a Pello questa corsa piace tanto. E per questo era ancora più motivato nel fare bene. Poi sono due ragazzi onesti, l’uno con l’altro.

Franco lo abbiamo detto tante e non è una novità: Pello e ancora di più Landa, vanno forte, ma poi gli succede sempre qualcosa. Perché quest’anno dovrebbe essere la volta buona?

Eh perché forse siamo in credito con la fortuna! Il ciclismo è così: non è matematica. Non sai mai cosa ti aspetta dietro l’angolo. Quest’anno, come l’anno scorso, Mikel arriva al Giro in una grande condizione fisica. E’ un Giro adatto a lui con poca crono e con salite dure. Ci presentiamo con una squadra molto forte e quindi i presupposti per fare bene ci sono tutti. Però mentalmente lo vedo pronto e preparato.

Mentalmente…

E fisicamente. Bisognerà stare un po’ attenti nel modo di correre con Landa.

Nel senso che andrà protetto di più. E’ cambiato qualcosa nel suo approccio mentale, visto che ne hai parlato?

Direi di no. Alla fine si è preparato come gli anni scorsi. Durante l’ultimo Giro se non fosse caduto ne avremmo viste delle belle. Aveva dimostrato di essere in una super condizione. Dopo il Giro per lui è stato tutto un inseguire. Dopo la caduta è stato in ospedale e non è come finire il Giro, andare al mare, fare una settimana di vacanza e staccare di testa. No, ha corso dietro a mille problemi. Dopo il Lombardia ha azzerato tutto, è andato in vacanza ed è ripartito da lì.

Più lineare invece il percorso di Pello. Oggi Bilbao era capitano. Ma Landa ha gestito la squadra: cosa diceva Mikel per radio ai suoi?

Mikel non parla molto ma è un leader. Anche con i giovani li sprona, riesce a motivarli e a dargli le indicazioni giuste. E anche se è un co-leader, come oggi nei confronti di Bilbao, avere un corridore come lui è una manna dal cielo.

Torniamo alla corsa: è andata come vi aspettavate?

Non proprio. O almeno non pensavamo che attaccasse gente tanto forte all’inizio (il riferimento è soprattutto rivolto a Sivakov e Lopez, ndr). Anche se sapevamo che sarebbe potuto succedere. Se avessimo avuto davanti un altro corridore rispetto a Pernsteiner sarebbe andata in maniera diversa. 

Cosa intenti per un altro corridore rispetto a Pernsteiner?

Penso allo stesso Mikel o a Pello. Con Pernsteiner davanti magari avremmo colto un piazzamento. Ma noi siamo qui per vincere la corsa e non potevamo rischiare. Sapevamo di avere una squadra forte e quindi abbiamo corso in questa maniera.

Braccia alzate per Pello Bilbao. La sua squadra è stata perfetta anche nello sprint
Braccia alzate per Pello Bilbao. La sua squadra è stata perfetta anche nello sprint

L’uomo del giorno

E poi c’è l’uomo del giorno: Pello Bilbao. Il basco arriva in conferenza stampa vestito di verde, colore che contraddistingue il leader del Tour of the Alps. Composto come nel suo Dna, magrissimo e anche piuttosto disteso in volto (segno di buon recupero), risponde con piacere alle tante domande.

«Vero – dice Bilbao – tante volte ho aiutato io i miei compagni. Ma noi siamo una squadra e non importa chi sia il leader. L’importante è che riusciamo a vincere. Anche oggi si è visto come il ciclismo sia uno sport di squadra. Guardate Pernsteiner che era in fuga e si è fermato per venire a tirare…».

«E’ stata una tappa strana, difficile e con un grande dislivello. Non ci aspettavamo quella gente all’attacco sin dall’inizio. Però siamo riusciti a recuperare e a superare i momenti difficili della corsa, quando sembrava impossibile ricucire sui fuggitivi. Lì siamo stati bravi. Siamo rimasti calmi e abbiamo fatto un ottimo finale.

«Come ho gestito l’ultimo chilometro? In realtà non ho fatto molto. La squadra ha lavorato alla perfezione. Solo ai 300 metri ho detto a Landa di spostarsi a sinistra perché sarei passato a destra, la strada migliore per fare lo sprint. E così è andata. Temevo di più Romain Bardet, visto che anche ieri ha dimostrato che siamo molto vicini».

«Io sto bene – conclude il basco – Siamo qui per vincere e ogni anno punto molto su questo periodo della stagione. Io in rosa al Giro? Difficile per un corridore come me!».

Mohoric, un giorno da grande con Sonny per la testa

17.04.2022
3 min
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Aveva in testa Colbrelli e pensando a lui è andato in fuga. In piedi al centro del quartiere dei corridori al margine della pista, ora Matej Mohoric tiene le mani sui fianchi e fissa la bici, probabilmente senza guardare nulla di particolare. Aloni di sudore disegnano i suoi pantaloncini, mentre gli passano una bottiglietta d’acqua, che si ostina a non bere. Dalle transenne i microfoni lo chiamano. Lo sloveno si consiglia con l’addetta stampa della squadra, poi a fatica si avvicina.

Vincitore morale

Se esiste un vincitore morale della Roubaix, Matej è probabilmente il favorito. Si erano appena superate le tre ore di corsa e filavano oltre i 47 di media, quando ha raccolto il guanto di sfida lanciato da Davide Ballerini e si è offerto di dargli una mano. Il loro passo davanti è stato convincente e solido a lungo.

Senza la foratura, probabilmente Mohoric sarebbe arrivato più avanti: ne è certo
Senza la foratura, probabilmenteMohoric sarebbe arrivato più avanti: ne è certo

«Quest’anno alla fine – dice – ho provato ad anticipare. Quando è partito Ballerini, mi è sembrato presto, ma abbiamo voluto continuare insieme. Sfortunatamente ho forato e ho dovuto cambiare la gomma. Ho resistito finché ho potuto usando il tubeless, ma se non avessi bucato, avrei avuto più chance di restare davanti con Devriendt, il corridore della Intermarché».

Nessuna diavoleria

Quando stamattina è sceso dal pullman del Team Bahrain Victorious per andare alla firma, era tranquillo. Ha scherzato sul fatto che questa volta sulla sua bici non ci fossero strani meccanismi e semmai ha mostrato i nuovi guanti Prologo al debutto nella Roubaix.

In pista, ha sentito le gambe vuote, Avrebbe voluto anticipare lo sprint, ma Van Aert e Kung alle sue spalle erano in agguato.
In pista, ha sentito le gambe vuote, Avrebbe voluto anticipare lo sprint, ma Van Aert e Kung alle sue spalle erano in agguato.

«Non ci sono discese alla Roubaix – dice ricordando la battuta del mattino – non c’era bisogno del reggisella telescopico. Alla Sanremo si è deciso tutto in pochi minuti, questa volta ho fatto il mio meglio per tutto il giorno. Ho anticipato di nuovo nel finale, ma allo sprint non ho avuto le gambe. Speravo che Van Aert e Kung si guardassero e aspettassero l’ultima curva, per scattare per primo e prendere vantaggio, ma non ci sono riuscito. Il quinto posto è un bel risultato, sono orgoglioso. Ho fatto il meglio possibile».

Aspettando Sonny

Con tutto il peso delle inquadrature sulle spalle, la corsa di Mohoric e degli attaccanti che hanno preso il largo con lui è stata l’anticamera dell’azione decisiva che intanto si andava organizzando alle spalle.

Dopo cinque minuti a riordinare le idee, senza neppure sedersi, Mohoric ha fatto il primo sorso d’acqua
Dopo cinque minuti a riordinare le idee, senza neppure sedersi, Mohoric ha fatto il primo sorso d’acqua

«Sono stato sfortunato con la foratura – dice – ma in generale è andata bene. Ho fatto il massimo, ho dovuto cambiare la ruota e lo stesso mi sono ritrovato nel gruppo dei favoriti. Poi ho anticipato di nuovo con Lampaert, ma purtroppo lui non aveva gambe, poi è caduto. Perciò sono rientrati i più forti che erano Kung e Van Aert. Ho avuto per tutto il giorno Sonny nella mia testa, volevo regalargli la vittoria. Magari proveremo il prossimo anno, quando magari tornerà anche lui. Quest’anno le cose stanno andando bene. Abbiamo lavorato in modo importante durante l’inverno e il lavoro duro paga. Ci manca proprio Sonny. Con lui sarebbe stato più facile gestirsi, perché in due riesci a giocarti meglio le tue carte. Lo aspetto, ditegli che lo aspetto».

Sanremo, amore a prima vista. E ora Milan torna al Nord

22.03.2022
4 min
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Dopo la Sanremo e la vittoria di Mohoric, c’è stato appena il tempo per un po’ di baldoria sul pullman, poi gli uomini del Team Bahrain Victorious si sono sparpagliati verso le rispettive destinazioni. Jonathan Milan ha… vinto un viaggio di due settimane in Belgio, con il menù che comprende De Panne, Harelbeke, Gand-Wevelgem e Giro delle Fiandre. Il tutto dopo la prima Sanremo della carriera (in apertura è con Van der Poel), in un inizio di primavera che per il biondo friulano ha davvero degli splendidi colori.

«Sono uscito dalla Sanremo con una buona gamba – dice – contento per come mi sono gestito, soprattutto sul piano alimentare. Avevo le mie consegne e cose da fare e credo di essere riuscito a svolgere i compiti che mi hanno dato».

Johnny ha il tono entusiasta. Domenica non si è allenato, lunedì invece la squadra ha messo le ruote nuovamente sul pavé e fatto un lavoro più consistente in vista della prima corsa, domani a De Panne. Nonostante un oro olimpico e vari altri titoli in pista, Milan ha soltanto 21 anni ed è logico che il suo primo obiettivo sia mettere insieme le esperienze per diventare grande un po’ più in fretta.

Al sole accanto a Damiano Caruso all’interno del Vigorelli. In fondo c’è Mohoric
Al sole accanto a Damiano Caruso all’interno del Vigorelli. In fondo c’è Mohoric
Quali compiti avevi alla Sanremo?

Dovevo tenere Caruso davanti sul Turchino e lo abbiamo fatto quasi tutto intorno alla decima posizione. Poi avrei dovuto aiutare i capitani, anche andando a prendere qualche borraccia. Infine il compito più delicato era portarli a prendere la Cipressa nelle prime posizioni e penso di essere andato bene. A un certo punto mi sono ritrovato a tirare parallelamente a Ganna, ma dopo quella trenata ero davvero finito.

Perché sei contento della gestione alimentare?

Perché la Sanremo è una corsa dal chilometraggio importante. Mi chiedevo se si dovesse mangiare più o meno di una gara di 200 chilometri. Ho ascoltato le dritte del nutrizionista e poi la palla è passata a me. Ho mangiato i miei gel, i paninetti, le ricecake e sono arrivato ai piedi della Cipressa senza il mal di stomaco che mi viene quando prendo troppe maltodestrine.

Lavoro ben riuscito, visto che alla fine avete vinto…

Sono contentissimo per Matej (Mohoric, ndr), credo che tutti abbiamo fatto un ottimo lavoro.

Quest’anno per Milan, prima il Saudi Tour e poi UAE Tour, nella foto
Quest’anno per Milan, prima il Saudi Tour e poi UAE Tour, nella foto
E adesso dunque sei in Belgio…

Pronto per mangiare pane e pietre, ma tutto sommato mi diverto a stare quassù. E soprattutto a De Panne cercherò di fare la volata per ottenere il miglior risultato possibile.

E poi si torna nei ranghi?

Per dare una mano ai capitani e fare una buona esperienza. Sono giovane, ho già fatto le classiche l’anno scorso. Ieri abbiamo visto qualche passaggio e ho scoperto che alcuni li riconoscevo. Sto costruendo gradualmente la mia esperienza. Tutto serve.

Anche per le scelte meccaniche, no?

Provare i settori di pavé e dare i primi feedback è un lavoro che mi piace. Dopo ogni tratto ci fermiamo, sistemiamo la pressione e ripartiamo. Anche il rapporto con i compagni che ne sanno di più mi arricchisce, per scegliere ad esempio la pressione in base al mio peso corporeo. Oppure per come gestirsi e prendere i vari settori, con una visione a 360 gradi.

Dopo la Gand, resterai su per una settimana?

Un paio di giorni serviranno per recuperare, poi farò una distanza e almeno un paio di ricognizioni. Siamo in tanti, ci si fa compagnia.

Da campione olimpico del quartetto, uno sguardo al Vigorelli si dà sempre volentieri
Da campione olimpico del quartetto, uno sguardo al Vigorelli si dà sempre volentieri
La Roubaix è sempre la corsa dei sogni?

Ormai devo dire che è una delle corse dei sogni. Adesso ci sono anche la Sanremo, le corse che ho sempre visto da piccolo e che mi piacciono sempre di più. 

Come si passa il tempo per due settimane al Nord?

Ho portato un libro, ma non so se si può dire il nome… (Niente teste di cazzo, edizione Mondadori). Un testo molto motivante, che insegna la lezione di leadership degli All Blacks. Però l’ho appena iniziato e me lo centellino, perché non vorrei rimanere senza troppo presto. Qualche film, massaggi e riunioni. Quando non si pedala, ci riposiamo. Il feeling col pavé? Si riprende subito, impossibile dimenticarlo…

Alé Pro Team Replica, le maglie e i pantaloncini dei pro’

19.03.2022
4 min
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La replica dei kit dei pro’ firmati Alé è ora disponibile e acquistabile. Maglie e pantaloncini fedeli a quelli indossate dai professionisti durante le stagioni agonistiche. Alé mette a disposizione dei ciclisti più esigenti l’abbigliamento dei team che collaborano con l’azienda italiana. Team Bike Exchange, uomo e donna, Bahrain Victorious e Groupama FDJ.

Questa maglia è leggerissima e ha un peso di soli 115 grammi
Questa maglia è leggerissima e ha un peso di soli 115 grammi

Come Bike Exchange e Bahrain

L’esclusiva maglia della linea PRS è Il top di gamma sviluppata in collaborazione con i pro-team. Progettata per il massimo livello tecnico di aerodinamicità e studiata sulla postura tipica dell’alteta professionista durante la competizione. Grazie alla tecnologia Body Mapping, ogni tessuto è strategicamente posizionato seguendo l’anatomia del corpo. Il connubio tra le qualità antistatiche del tessuto Rap Dry Carbon con filo di carbonio, e la leggerezza del Micro Aero capace di garantire ricircolo d’aria e rapida asciugatura, si unisce alla traspirabilità della rete Piuma su maniche e fianchi. Il tutto assicura un comfort ottimale e solo 115 grammi di peso.

Il fondo maglia anteriore con la costruzione sagomata J Stability System è studiato per mantenere efficacemente il capo a posto durante la corsa, permettendo una vestibilità  performante. La costruzione della manica a giro, perfettamente aderente al corpo, termina con l’aerodinamico e stabile inserto sagomato S-Stability System, a taglio vivo e con leggeri punti di silicone. Il fondo posteriore è realizzato con un elastico siliconato che aumenta l’aderenza e la stabilità della maglia rispetto al pantaloncino sottostante.

Replica Groupama FDJ

Grafica esclusiva del Pro Team Groupama FDJ, una maglia performante dalla vestibilità comfort adatta a più corporature. Si caratterizza per l’utilizzo di tessuti leggeri e traspiranti. Risulta infatti leggerissima, con un peso totale di 115 grammi. Il pannello anteriore e la schiena sono realizzati in tessuto Light Point con texture a microfori, un tessuto dalla mano morbida e piacevole sulla pelle, capace di consentire ricircolo dell’aria e una conseguente miglior traspirazione. 

Il fianco, realizzato in morbida rete Rip Pro Air, agevola ulteriormente la ventilazione corporea velocizzando l’asciugatura. La manica a giro è realizzata in tessuto Skin 120 a taglio vivo, aderente, confortevole e aerodinamico. Il collo basso e perfettamente anatomico segue la posizione ergonomica in bici evitando fastidiose pieghe. Il fondo con elastico interno siliconato, aumenta l’aderenza e la stabilità al pantaloncino. Costruzione frontale con zip nascosta da soffietto che assicura continuità grafica. La lampo migliora in resistenza ed è più facile da chiudere così da poter beneficiare della massima praticità in sella.

La maglia replica Groupama FDJ vanta caratteristiche fedeli alla versione utilizzata dai pro’
La maglia replica Groupama FDJ vanta caratteristiche fedeli alla versione utilizzata dai pro’

Pantaloncini e guanti

Esclusiva grafica dei pro-team per un pantaloncino con costruzione ergonomica e confortevole, capace di adattarsi a diversi tipi di corporatura. Tessuti capaci di garantire un adeguato sostegno muscolare, inserti in rete Mesh Dry per una costante traspirazione. La banda elastica sul fondo gamba assicura un’aderenza impeccabile sulla muscolatura in tutte le fasi della pedalata. Non manca infine l’attenzione alla sicurezza con dettagli rifrangenti strategicamente posizionati. 

Grafica esclusiva del pro-team Bahrain Victorious. Estremamente leggero grazie al tessuto Mesh Dragon e alla finitura taglio vivo sulle dita e sul polso che garantisce un’eccellente aderenza e protezione. Il pollice è dotato di inserto in spugna tergisudore, mentre il palmo morbido con protezioni in gel antishock per una perfetta aderenza sul manubrio.

Il pantaloncino replica ha una costruzione ergonomica e confortevole
Il pantaloncino replica ha una costruzione ergonomica e confortevole

Prezzi e taglie

Le repliche sono disponibili sul sito o presso i rivenditori autorizzati. Le taglie selezionabili sono sette da XS a 3XL. I prezzi variano in base al modello e al differente tessuto. Le maglie partono dagli 89,95 euro fino a 139,95 euro. I pantaloncini vanno da 99,95 euro a 149,95 euro. Guanti Bahrain Victorious 49,95 euro. 

Alé

Voci di Giro e la testa sul Tour: l’enigma di Caruso

15.03.2022
4 min
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A un certo punto della Tirreno, tra le voci di cui prendere nota, è saltata fuori quella per cui Damiano Caruso farebbe uno strappo al programma e devierebbe sul Giro d’Italia. Se tanto era stato lo stupore nel sapere che per il 2022 avrebbe fatto rotta sul Tour, la possibilità di riaverlo sulle strade che lo scorso anno lo hanno in qualche modo consacrato, ha fatto drizzare le antenne a tifosi, giornalisti e organizzatori.

Intendiamoci, per ora non è nulla più d’una suggestione, che troverebbe terreno fertile se ad esempio Landa, sentendosi particolarmente sicuro, decidesse di giocarsi tutto sul Tour e in quel caso il Team Bahrain Victorious potrebbe puntare su Damiano in Italia, magari affiancandogli Gino Mader.

Nella crono di Camaiore passivo di 1’06” contro dei veri specialisti
Nella crono di Camaiore passivo di 1’06” contro dei veri specialisti

Apertura sul Giro

Che la sua affermazione all’inizio di un… tranquillo giorno di corsa potesse suscitare qualche curiosità, il siciliano probabilmente se l’aspettava. Non credeva però che la notizia partisse come la pallina di un flipper.

«Ho semplicemente detto – ha sorriso il giorno dopo – che è per ora il programma rimane di fare il Tour, però non si può mai sapere cosa succederà da qui a maggio. Quindi per ora rimaniamo legati al progetto Tour de France senza cambiamenti in vista. Però il periodo è quello che è. Abbiamo visto tanti cambiamenti dell’ultimo minuto legati al Covid e problematiche varie. L’importante sarà farsi trovare pronti, ma detto questo, lungi da me voler creare aspettative».

A Bellante, finale di 8 minuti in salita, anche per lui valori altissimi: sopra i 7 watt/kg
A Bellante, finale di 8 minuti in salita, anche per lui valori altissimi: sopra i 7 watt/kg

Il primo italiano

Però intanto la Tirreno-Adriatico, ben lontana dai suoi primi obiettivi, ha detto che il miglior italiano della classifica generale è stato nuovamente lui (7° a 3’20” da Pogacar). E se anche, come ci ha raccontato, non ha grandi margini di miglioramento atletico, è pur vero che i lavori sulla qualità che ha incrementato nell’ultimo periodo potrebbero permettergli di salire un altro gradino. Non certo di raggiungere i numeri di Pogacar e Roglic, ma di lasciarsi indietro altri brutti clienti.

«Il risultato non rispecchia la condizione – dice – ma vi posso assicurare che stiamo parlando di un ciclismo incredibile. Stiamo facendo tutti i record di tutte le salite, dei wattaggi non comuni. Ci sono 15-20 corridori che stanno pedalando veramente forte, anche se Pogacar sembra di un’altra categoria. Con lui attualmente si corre per il secondo posto, con la consapevolezza che potrebbe vincere anche la Sanremo. Siamo andati come dei treni anche nelle tappe con tanto dislivello. L’obiettivo di squadra era cercare di centrare il podio, visto che eravamo in tre lì vicino e ci siamo riusciti con Landa. Abbiamo giocato bene le nostre carte e approfittato di qualche cedimento. In certe fasi bisogna fare così, non è che si possa inventare sempre chissà quale tattica».

Caruso quinto a Carpegna, 46″ dopo il compagno Landa, arrivato terzo, dietro Pogacar e Vingegaard
Caruso quinto a Carpegna, 46″ dopo il compagno Landa, arrivato terzo, dietro Pogacar e Vingegaard

Fondista a Carpegna

La classifica si è fatta nel giorno di Carpegna, in cui Caruso ha tagliato il traguardo in quinta posizione, a 1’49” da Pogacar, ma solo 46″ alle spalle di Vingegaard e Landa. La sua regolarità è stata quindi in parte premiata.

«La tappa di Carpegna – dice – è stata bella e difficile. Conoscevamo tutti la salita, meno la discesa che all’inizio era sporca e anche un po’ pericolosa. Alle fine sono venute fuori le mie doti di fondista. Per questo sono molto contento, perché mi sono sentito bene insieme ai più forti corridori al mondo. Se andiamo a vedere, nei primi 10 c’era solo gente fortissima, quindi per ora sono più che soddisfatto. E’ l’elite del ciclismo mondiale. Alcuni erano in Italia, pochi altri alla Parigi-Nizza. Stare con loro motiva ed è allenante».

Il programma di Caruso prevede il Tour, ma si apre ora qualche spiraglio sul Giro
Il programma di Caruso prevede il Tour, ma si apre ora qualche spiraglio sul Giro

Direzione Tour

Che però la sua strada porti al Tour lo conferma il sopralluogo fatto alla vigilia della Omloop Het Nieuwsblad sul percorso della quinta tappa, quella del pavé da Lille Metropole ad Arenberg Port du Hainaut.

«La ricognizione è andata più che bene – dice – e l’abbiamo fatta in due giorni. Una proprio sul percorso della tappa e l’abbiamo provata nelle peggiori condizioni possibili, quindi con vento e pavé bagnato. E’ stata utile per trovare la giusta combinazione nel settaggio della bici ed era importante per non arrivare al giorno della gara con qualche sorpresa. Quindi tubolari da 30 a bassa pressione, fra 2,8 e 3 atmosfere. Invece il giorno dopo abbiamo fatto il percorso della Het Nieuwsblad e anche quello è stato interessante. L’abbiamo fatta con i ragazzi esperti del pavé e abbiamo capito che l’andatura con loro è veramente differente. Sarà sicuramente una tappa determinante, perché puoi perdere tutto in un solo giorno».

Da solo sul Teide, la veglia d’armi di Sonny Colbrelli

18.02.2022
5 min
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Sonny è sul Teide ed è rimasto solo, da quando Caruso e gli altri sono scesi per andare a correre. Per fortuna aveva attorno lo staff del Team Bahrain Victorious – il preparatore Artuso, Ronny Baron per le bici e Pierluigi Marchioro per le sue gambe – che si è preso cura di lui nei giorni senza i compagni. Lassù il tempo passa lento. Perciò se durante il giorno si lavora con la catena sempre in tiro, il pomeriggio ha ritmi al rallentatore.

«Sono qui e guardo il vulcano ogni giorno – ammette – a volte è un po’ dura, perché non c’è niente. Però alla fine anche queste due settimane sono passate. Come è passato il ritiro di dicembre. Poi i due a Gran Canaria da solo, il secondo per supplire a quello del team saltato per delle positività. Dovevano venire anche Caruso e sua moglie, poi però la mia compagna non ha potuto per impegni di famiglia e Ornella, la moglie di Damiano, ha detto che avrebbe preferito non venire per stare tutto il tempo da sola. Così sono andato, è stato per una buona causa. E fra poco si comincia».

A Calpe con Caruso nel ritiro di dicembre. Quello di gennaio è stato annullato per Covid
A Calpe con Caruso nel ritiro di dicembre. Quello di gennaio è stato annullato per Covid

Debutto a Nord

Per cominciare hanno scelto per lui l’apertura in Belgio, Het Nieuwsblad e Kuurne. Sono le strade del Nord, il suo pane quotidiano. Ma debuttare lassù dopo aver vinto la Roubaix e senza corse nelle gambe sarà un bel passaggio. Sorride e lo ammette. E intanto pensa alla rifinitura da fare per trovare il ritmo che altri stanno costruendo con le corse.

«Inizio senza grandi obiettivi – dice – l’importante è stare bene. Ma non mi tiro indietro e ho fiducia di poter fare qualcosa. All’Het Nieuwsblad ci saranno certamente corridori con più condizione, però lassù mi aspettano, per questo non voglio partire piano. E per questo lunedì e martedì a casa chiederò a mio padre o a qualche amico ci aiutarmi dietro moto per velocizzare un po’ le gambe. E poi il 23 si parte per il Belgio».

Dopo la vittoria alla Roubaix di ottobre, le sfide del Nord per Sonny saranno il clou della stagione
Dopo la vittoria alla Roubaix di ottobre, le sfide del Nord per Sonny saranno il clou della stagione
Per uno come te, la primavera vale doppio?

E’ la mia stagione, per le corse che ci sono. E abbiamo scelto con attenzione. Non farò la Strade Bianche, anche se mi piace molto, perché vogliono tenermi più tranquillo. Non so ancora se ci sarà la Tirreno o la Parigi-Nizza. Di certo però ci sarà la Sanremo.

La corsa del sesto posto al secondo tentativo…

E’ il primo vero obiettivo stagionale. Mi stuzzica anche pensare alle varie ipotesi tattiche. Per me la cosa migliore sarebbe che si formasse un gruppetto sul Poggio, con cui andare all’arrivo per giocarci ciascuno le sue carte.

Ormai ti viene quasi più facile fare selezione in salita che giocarti le volate?

Mi sento veloce, ma non sono mai stato un velocista. Ho sempre voluto fare le volate, ma ne ho vinte ben poche. Nei primi Tour andavo da velocista, nell’ultimo sono andato in fuga nelle tappe di montagna. Ma gli sprint bisogna continuare a farli, per non perdere l’attitudine.

Nel 2014, alla seconda Sanremo, Sonny arriva sesto attaccando in finale
Nel 2014, alla seconda Sanremo, Sonny arriva sesto attaccando in finale
Avrai la squadra per te?

Ci sarà un bel gruppo. Mohoric ed io. Poi Caruso e Haussler. Una squadra molto bella, costruita per fare male.

Se non ti sei allenato da velocista, che allenamento hai fatto lassù?

Ho lavorato tanto sui cambi di ritmo quando le gambe bruciano. Quassù la catena è davvero sempre in tiro, pianura ce n’è gran poca. Ma trovo bello farsi del male in allenamento, perché significherà essere pronti in gara. Vincere mi ha dato convinzione, ma anche visibilità e importanza. Bisogna far vedere che il 2021 non è stato per caso.

Com’è negli ultimi giorni allenarsi da solo?

Meglio con i compagni (ride, ndr), soprattutto se è una bella compagnia. Quelle quattro battute mentre sei a tutta o quando molli un attimo aiutano a farla passare meglio. Ma in ogni caso ho la mia tabella, i miei lavori da fare…

Per Sonny Colbrelli ci sarà ancora la Merida Reacto con misure invariate
Per Sonny ci sarà ancora la Reacto con misure invariate
I tuoi colleghi hanno fatto prove di materiali e posizioni, tu cosa hai fatto?

Non ho toccato niente della bici. Sono messo allo stesso modo da quando sono in Bahrain e non ho intenzione di modificare qualcosa che funziona.

Shimano non produce più il 53, come si fa?

Tanto io ho sempre usato il 54. Semmai la differenza potrebbe farla il fatto che c’è il 40 invece del 39. Una volta sarebbe stato un problema, ma con 12 velocità al posteriore e la possibilità di avere il 30, anche quello non incide più di tanto.

Ruote per le classiche?

Het Nieuwsblad con un medio profilo, diciamo 40 o 45 millimetri, e con i tubeless. Alla Sanremo cerchi da 60 e tubolari, con cui mi trovo meglio. Non è un fatto di peso, piuttosto una questione di feeling. Sui tubolari mi sento meglio e per certe corse sentirsi bene è fondamentale.

Campione d’Italia e d’Europa: dopo il super 2021, l’obiettivo ora è confermarsi
Campione d’Italia e d’Europa: dopo il super 2021, l’obiettivo ora è confermarsi
Quanta gente c’è lassù?

C’è Formolo, che è solo come me. Ci sono dieci della Jumbo Visma e devo dire che Van Aert va davvero forte. Per le classiche hanno un gruppo davvero agguerrito. E oggi è arrivato Ballerini, ma lui non credo che comincerà all’Het Nieuwsblad. Siamo tutti quassù con una missione, cercando il modo di passare il tempo. Perciò adesso parlo con voi, poi do un’occhiata ai social. E poi magari vado a fare compagnia a Formolo. Che tipo Davide…

Dal Teide la sensazione di un Caruso ancora più tosto

04.02.2022
6 min
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Quando da Ragusa si affaccia verso Comiso, nei giorni limpidi Damiano Caruso vede chiaramente l’Etna. Quei 130 chilometri sono niente al cospetto dei 3.357 metri del gigante nero di Catania. Da un paio di giorni, il suo scenario è pieno di un altro vulcano, alto appena 200 metri di più, ma così vicino da poterlo toccare. Il Teide, luogo mitologico di eruzioni e campioni, che per due settimane farà compagnia alle sue uscite.

«Da un vulcano all’altro – sorride – uno lo vedo in alto, qua siamo quasi in cima. E’ il secondo ritiro di stagione, ho evitato di andare a quello di gennaio con la squadra per non rischiare contagi. Non era il momento per viaggiare. E alla fine è venuto fuori un inverno bello lungo, anche perché ho staccato abbastanza presto, il 5 settembre dopo la Vuelta. Sono arrivato a fine stagione con le batterie scariche e bisogno di tirare il fiato. Ho pedalato ancora a settembre e ottobre, perché da noi in quel periodo è ancora caldo. Poi quando a novembre, guardando la bici, ho avuto voglia di ripartire, ho ricominciato. A pedalare. A curare l’alimentazione. A lavorare, insomma…».

Sul Teide Caruso rifinirà la preparazione, in vista del debutto alla Ruta del Sol (foto Instagram)
Sul Teide Caruso rifinirà la preparazione, in vista del debutto alla Ruta del Sol (foto Instagram)

Il debutto della 14ª stagione da professionista di Damiano Caruso è fissato alla Ruta del Sol, fino ad allora resterà quassù a macinare chilometri e pensieri.

E’ sempre facile riprendere o dopo un po’ diventa complicato?

Dipende sempre da come finisci la stagione. Quando faccio il Tour e poi stacco, la condizione va giù ed è sempre più difficile. Questa volta, avendo fatto la Vuelta, la ripresa è stata buona, perché andando ancora in bici, il corpo non ha mai smesso in effetti di essere efficiente. E comunque anni e anni di adattamento alla bici e a certi meccanismi non si cancellano per poche settimane senza allenarsi.

Come è stato congedarsi dal 2021?

Se guardo indietro, è stato uno spasso. E’ filato tutto liscio. Guardo quello che ho fatto e mi faccio i complimenti, sono soddisfazioni. Sto ancora metabolizzando il tutto, perché un anno così proprio non me lo aspettavo. Anche se pensavo che dopo tanto lavoro, qualcosa di buono prima o poi sarebbe venuto fuori.

Fare la differenza nel gruppo dei migliori ha fatto crescere in Caruso la consapevolezza
Fare la differenza nel gruppo dei migliori ha fatto crescere in Caruso la consapevolezza
Un anno che fa alzare l’asticella?

E’ facile farsi prendere dall’euforia, soprattutto quando ci sei ancora dentro. Sappiamo tutti però che non tutte le annate sono uguali. E poi c’è la carta di identità che potrebbe presentare il conto, anche se continuando a lavorare con lo stesso impegno, il livello sarà ancora buono. Finché hai voglia di fare il tuo lavoro, le cose filano come devono.

Pensi di avere ancora margini?

Fisicamente magari no, non lo so. Però ho lavorato bene per tanto tempo, probabilmente senza ottenere quel che era giusto. Invece a 34 anni ho tirato fuori l’anno migliore. Contano tanto la determinazione e capire che non si deve essere al top in ogni corsa. A questo livello ne bastano 2-3 fatte al top e fai la differenza. Serve la testa per sopportare lo stress e i carichi di lavoro e questa viene con l’esperienza di anni e anni.

Su Instagram, un selfie con il figlio maggiore Oscar, prima di partire
Su Instagram, un selfie con il figlio maggiore Oscar, prima di partire
Come la mettiamo con i ragazzini degli ultimi due anni?

A parte i veri fenomeni, come Pogacar ed Evenepoel, sono curioso di vedere come evolverà la situazione nei prossimi 2-3 anni. Prima o poi il conto da pagare arriva e qui c’è gente che per euforia o necessità, ha corso 4 grandi Giri in un anno. Non siamo fatti per pedalare 40 mila chilometri a stagione. Io credo di aver trovato il giusto equilibrio che mi ha dato una carriera lunga, ma sono pronto a sentirmi dire che se un ragazzo riesce a guadagnare in 6 anni quello che io ho raggranellato in 15, allora può smettere prima. Di certo se quando sono passato fossi stato capace di certi risultati, neanche io mi sarei tirato indietro.

Hai pubblicato un messaggio di auguri a Bernal, con il podio del Giro e la speranza che torni quel sorriso.

Sto male per incidenti del genere, anche quando coinvolgono il vicino di casa. Capisci quanto siamo vulnerabili. Poi ho capito la dinamica e mi sono reso conto che Egan sia fortunato ad essere qui per raccontarlo. E credo che anche lui se ne starà rendendo conto.

Sul podio del Giro, Caruso con Bernal, cui dopo l’incidente va il suo pensiero
Sul podio del Giro, Caruso con Bernal, cui dopo l’incidente va il suo pensiero
Arrivasti in questa squadra per aiutare Nibali, però alla fine del primo anno lui se ne andò.

All’inizio fui spaesato, andava via la persona per cui ero arrivato. Ma mi sono detto che il Team Bahrain Victorious (allora si chiamava Bahrain-Merida, ndr) mi aveva voluto per i miei numeri e così iniziai a fare bene il mio. Cercavano un gregario e avevano trovato un altro corridore. Le cose della vita sono così, forse se lo scorso anno il povero Landa non avesse avuto quella caduta, non avrei mai fatto un Giro così. Ero partito con l’intenzione di vincere una tappa, sapevo che sarebbe venuta, perché avevo le carte per riuscirci.

E il Giro ha cambiato la consapevolezza?

Sono andato alla Vuelta sapendo che una tappa potevo vincerla ancora e così è stato.

In squadra c’è la stessa euforia dello scorso anno?

Se possibile anche di più. Chi ha fatto risultato vuole ripetersi o migliorarsi, gli altri non vogliono essere da meno. Ci sono i presupposti per fare bene. Se due anni fa ci avessero detto che avremmo vinto più di 30 gare, non ci avremmo creduto.

La vittoria di Caruso all’Alto de Velefique alla Vuelta ha dato più spessore a quella del Giro all’Alpe di Mera
La vittoria all’Alto de Velefique alla Vuelta ha dato più spessore a quella del Giro all’Alpe di Mera
Il Giro è stato la conseguenza di alcune situazioni, l’idea era vincere una tappa.

E’ la mia idea anche adesso. Fare un grande Giro per tenere duro tre settimane è logorante a livello mentale. Meglio partire con una buona condizione, puntando a una tappa e vedere se viene fuori altro. Il bello è che per vincere non devo andare in fuga. E vincere andando via dal gruppo dei migliori è una bella sensazione.

Debutto alla Ruta del Sol e poi?

E poi in Belgio a provare la tappa del pavé del Tour. Sfrutteremo i mezzi che sono su per l’Het Nieuwsblad e spero che piova. Voglio provare il pavé nelle condizioni in cui Sonny (Colbrelli, ndr) ha vinto la Roubaix. Affronterò quel giorno con serietà. Voglio mettermi a ruota di uno che conosce quelle strade. Mi piace ancora fare il mio lavoro…