Pogacar e i freni: facciamoci spiegare come li sceglie

12.10.2021
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Quando anche le scelte tecniche diventano guerre di religione, si rischia di perdere l’obiettività. Con i freni a disco ormai è così. Perciò quando ci si rende conto che Pogacar vince il Lombardia con i freni di una volta, le fazioni si rianimano. Eppure, andando a vedere, Tadej usa bici montate con entrambi i sistemi frenanti (rim-brakes e appunto disc-brakes: freni sul cerchio e freni a disco) e vince lo stesso. Allora chi meglio del vincitore di due Tour può spiegarci il perché della sua scelta?

Scelte diverse

Basta voltarsi indietro di poche corse e ci si accorge che alla Tre Valli Varesine, sulla Colnago V3RS dello sloveno facevano bella mostra di sé i freni a disco. Pioveva e il percorso non presentava salite particolarmente impegnative (secondo i suoi standard, ovviamente). Nel giro di pochi giorni invece, proprio al Giro di Lombardia, la sua bici era tornata indietro ai freni di una volta. Al Tour stessa storia. Nella tappa vinta sotto la pioggia a Le Grand Bornand i freni a disco, in quella sul col du Portet i freni tradizionali.

Alla Liegi, ripida e asciutta, corre e vince con freni a disco
Alla Liegi, ripida e asciutta, corre e vince con freni a disco

Quasi 300 grammi

Sembra che la cosa lo diverta e probabilmente ha ragione lui. Il rapporto fra Pogacar e la bici è improntato a una sola regola: deve essere leggera.

«Il peso è molto importante per me – ci ha detto ieri – perché sulle salite il valore che comanda è il rapporto watt/chilo e io non sono di sicuro il corridore più leggero del gruppo (Tadej pesa 66 chili, ndr). Fra le due bici montate diversamente, la differenza è di 300 grammi. Molto, se pensate che per abitudine mi concentro molto sui dettagli. Anche la scelta delle scarpe con i lacci, ad esempio, che alla Vuelta del 2019 usavo solo io mentre ora in gruppo se ne vede già una decina, sono certamente molto belle, ma anche superleggere».

Al Tour, sul Col du Portet, usa freni tradizionali e vince
Al Tour, sul Col du Portet, usa freni tradizionali e vince

Ruote leggere

Torniamo però ai freni, punto caldo della storia, per capire se esista un criterio in base al quale Tadej scelga l’uno o l’altro. Se preferisca un sistema o l’altro quando piove, se ci sono discese difficili…

«In alcune corse – ha spiegato – abbiamo l’opzione di usare una bici o l’altra. A me piacciono entrambe e così prima del Lombardia mi sono lasciato guidare dall’istinto. Ho pensato che soprattutto nel finale c’erano due salite molto ripide e nel finale magari avrei potuto provare un’azione. Così ho pensato che sarebbero servite le ruote più leggere e quelle le hai soltanto con i freni normali. Non mi faccio condizionare dal meteo, i due sistemi per me vanno bene anche se piove. Comanda il peso. Per questo ho scelto di lasciare sul camion la bici con i dischi».

Tour 2021, Le Grand Bornand: piove, attacca da lontano, guadagna quasi 4 minuti con freni a disco
Tour 2021, Le Grand Bornand: piove, attacca da lontano, guadagna quasi 4 minuti con freni a disco

Un fatto di testa

A questo punto però la curiosità da utente ci porta a chiedergli se per lui sia così facile passare da una frenata all’altra, dato che la risposta della bici all’azione frenante è piuttosto diversa. La sua risposta fa pensare a quanto tutto gli riesca facile e la naturalezza con cui vive il suo feeling con la bici e con lo sport.

«La differenza c’è – ha risposto – ma non trovo che cambiare sia tanto difficile. Ne ho una montata con i dischi in Slovenia e una con i freni normali a Monaco, così mi alleno indistintamente con l’una e con l’altra. L’importante è avere la concentrazione di ricordarsi quale sto usando. Bastano due pinzate per riprendere le misure e poi si va tranquilli».

Potendo scegliere, i freni sono come le gomme: si cambiano a seconda dei percorsi e tutto sommato il discorso ha la sua logica. Aveva freni a disco alla Liegi, ad esempio, dove le pendenze estreme non mancano. Ha usato un sistema e l’altro, assecondando le sue sensazioni e a tratti le esigenze dello sponsor. Con estrema naturalezza, come fanno i campioni.

Sorgà, abbiamo trovato il nuovo Merckx. Parola di Eddy

11.10.2021
5 min
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«Ho sentito parecchie volte il nome del nuovo Merckx, ma stavolta mi sa che l’abbiamo trovato davvero. Lui – dice il grande Eddy indicando Pogacar con lo sguardo – lo è per quello che ha fatto e che può fare. La prima volta che mi impressionò fu alla Vuelta di due anni fa. Fece una fuga di 35 chilometri con tutta la Movistar dietro che lo inseguiva e arrivò da solo. Poteva aver vinto la Liegi già lo scorso anno…».

Pogacar è parso a tratti in imbarazzo davanti alla maestà belga
Pogacar è parso a tratti in imbarazzo davanti alla maestà belga

Il nuovo Merckx

Pogacar arrossisce, un po’ fedele al copione e un po’ perché sedere accanto a Eddy Merckx che per la prima volta valuta l’ipotesi di passare lo scettro, provoca imbarazzo. Mattina di sole a Sorgà, presso Ciclostar, concept store Dmt nella pianura tra Verona e Mantova.

I due cannibali, 76 e 22 anni, sono riuniti nella stessa stanza e ieri hanno anche cenato insieme. L’idea di metterli insieme è notevole, anche se il giovane sloveno rifugge i paragoni. Eddy è serio, Tadej sembra in soggezione.

«Davvero – dice – non capisco perché si debbano fare certi paragoni. Perché devo essere il nuovo di un altro quando posso essere semplicemente me stesso?».

«Quando arrivai io – fa eco Merckx – si misero a parlare del nuovo Van Looy. Poi del nuovo Anquetil. Non mi ha mai dato fastidio, la stampa fa il suo lavoro…».

Ecco le tre scarpe Dmt per le tre maglie conquistate da Pogacar al Tour
Ecco le tre scarpe Dmt per le tre maglie conquistate da Pogacar al Tour

POGACAR: «Non è mai tutto facile, sulla bici soffro anche io, soprattutto quando vado via da solo. Poi ci sono i giorni magici come a Le Grand Bornand. Sono partito con pochi secondi. Spingevo regolare e a un certo punto ho cominciato a sentire che avevo un minuto, poi due, tre, quattro… Di solito divido la strada in settori intermedi per restare concentrato, con il mal di gambe e un po’ il divertimento.  Al Lombardia, in mezzo a tutto quel pubblico sull’ultima salita, ho pensato che fosse una figata. Poi la gente è finita e ho cominciato a sentire la stanchezza. Nella discesa è stato un mix fra divertimento e adrenalina, perché sapevo di giocarmi la vittoria».

MERCKX: «Quello che posso consigliarti è di tenere sempre i piedi per terra. Ogni anno dovrai dimostrare un po’ di più quello che vali. Lui lo sa benissimo – dice guardando verso la platea – e se rimane com’è, potrà vincere tante altre corse. Ha 22 anni, arriverà col tempo. Un giorno andrà anche al Giro d’Italia per vincerlo, senz’altro. Sono sicuro che lui il Giro lo vincerà».

POGACAR: «Tante altre corse, ma di sicuro non la Sanremo. Vincerla per sette volte come ha fatto Eddy è incredibile. Ma francamente non penso a cosa potrò ambire in futuro. Ogni corridore vuole vincere il più possibile, così anche io cerco di fare del mio meglio, lottando su ogni traguardo. Sarebbe divertente se continuasse sempre così, ma potrei anche avere un anno difficile. Anche io ho giornate negative. A Tokyo avrei preferito un’altra medaglia, la maglia iridata è la più bella e mi manca. Anche la maglia rosa».

MERCKX: «Tutti hanno dei punti deboli. Ma se ci sono carattere, mentalità giusta e voglia di fare la professione, non c’è crisi che tenga. E’ il migliore della sua generazione, la gente guarda le sue imprese. E forse era così anche per me. Oggi mi sento una persona normale che ha fatto una professione del suo hobby. Adesso però sono in pensione, mi godo i nipoti, che sono la cosa più importante».

POGACAR .«Anche io dopo il 24 conto di godermi un po’ la famiglia. Fino ad allora avrò impegni e il primo ritiro della squadra. Magari già con i compagni giocheremo un po’ a calcio, ci divertiremo. Per un po’ niente bici e loro saranno contenti. Di solito mi alleno forte o più forte, capisco che a volte li metto in difficoltà».

Merckx ha riconosciuto il valore di Pogacar e lo ha definito suo degno erede
Merckx ha riconosciuto il valore di Pogacar e lo ha definito suo degno erede

La sintesi di Cipollini

La sintesi la fa Cipollini, sbucato a sorpresa da dietro le quinte e restio a mettersi accanto ai due campioni.

«Non c’entro niente con loro due – dice – c’è una bella differenza tra vincere le volate e staccare tutti in salita. Come possiamo spiegare due fenomeni del genere? La natura a volte crea cose straordinarie. Loro sono degli eletti, cui la genetica permette di fare cose fuori dal comune. Se si abbina questo alla forza mentale, si capisce che non hanno limiti. Basta guardare i loro occhi quando gareggiano, lo vedi che cercano sempre un obiettivo davanti…».

Cipollini ha parlato dei due come di due miracoli della genetica
Cipollini ha parlato dei due come di due miracoli della genetica

La previsione di Merckx

Chiusura migliore non poteva esserci. Pogacar si ferma a parlare d’altro, prima di andare via con Alex Carera ed Andrea Noè che l’hanno accompagnato. Mentre Merckx fa per salire su un’auto dell’azienda. Il gruppo si disperde, per alcuni la stagione è agli sgoccioli. Per Pogacar è finita, dopo 60 giorni di corsa, la Tirreno, la Liegi, il Tour e il Lombardia.

«Perché dovrebbe durare poco?», dice Merckx prima di chiudere lo sportello: «Corre meno di quanto corressimo noi, che per guadagnare di più eravamo costretti a fare anche 100 corse all’anno. Lui è ben allenato, ha tutto per gestire il recupero. Non so come andrà la storia, ma almeno per questo non vedo grossi motivi di preoccupazione. Smetterà quando si sarà stancato di vincere…».

Masnada, giorno indimenticabile nella sua Bergamo

09.10.2021
3 min
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A un certo punto non si è capito se la Deceuninck-Quick Step gli avesse ordinato di non tirare per far rientrare Alaphilippe, che in partenza era il leader della squadra. Sta di fatto che il francese dietro continuava a incitare i corridori di altre squadre perché tirassero per la loro parte, mentre davanti Masnada si è messo a ruota, parlando nervosamente alla radio. Al punto che a un certo punto l’ammiraglia lo ha affiancato. Se questo era il piano, non ha funzionato. Il vantaggio di Pogacar e del bergamasco è sceso fino a 28 secondi fintanto che all’inseguimento partecipava anche il campione del mondo, poi è preso a ricrescere.

Masnada si è tuffato in discesa con la sicurezza del padrone di casa
Masnada si è tuffato in discesa con la sicurezza del padrone di casa

Finale ad alta tensione

E così Fausto Masnada – bergamasco di Laxolo, 28 anni il prossimo 6 novembre – è andato incontro al finale di corsa sapendo di avere una sola chance: staccare Pogacar nel falsopiano dopo lo strappo di Città Alta (foto di apertura). Qualsiasi altra soluzione, pur percorribile, lo avrebbe visto perdente. Il ricordo della volata con Colbrelli al campionato italiano era troppo fresco per essere stato dimenticato.

«Sono felice – dice – è il mio primo podio in una prova monumento e centrarlo nella mia città rende tutto ancora più speciale. So che il secondo posto non è una vittoria, ma so di essere stato superato da uno dei migliori corridori del mondo, che oggi era impossibile da battere».

Ha lavorato sodo per Alaphilippe, che gli ha dato poi via libera
Ha lavorato sodo per Alaphilippe, che gli ha dato poi via libera

Attacco concordato

Le sue parole dopo l’arrivo in qualche modo stridono con quello che si è visto nelle immagini televisive.

«Durante la corsa – dice – ho parlato con Julian (Alaphilippe, ndr) e mi ha detto di provare qualcosa se sentivo di avere le gambe. Così sono andato a tutto gas dopo il passo di Ganda, con la fiducia al massimo perché conoscevo la discesa e quelle strade. Questa stagione non è stata delle mie migliori, con diversi infortuni che mi hanno fatto saltare molte gare, perciò finire così è fantastico».

Masnada è il primo bergamasco da ventidue anni sul podio di un Lombardia finito a Bergamo
Masnada è il primo bergamasco da ventidue anni sul podio di un Lombardia finito a Bergamo

Per Bergamo e i bergamaschi

Masnada è il primo bergamasco in 22 anni a concludere fra i primi tre Il Lombardia che si sia concluso a Bergamo. Per questo la sua dedica alla città ha infiammato i tanti tifosi che lungo tutto il finale lo hanno incitato.

«Era la prima volta che facevo il Colle Aperto in gara – ammette – e l’atmosfera in quella stradina così stretta da questi fantastici tifosi è qualcosa che rimarrà per sempre con me. Mi vengono i brividi solo a pensarci. Questo posto sul podio è per loro e per l’intera città di Bergamo, così duramente colpita durante la pandemia. Non dimenticherò mai questo giorno incredibile».

Pogacar, un solo colpo, ma giusto per vincere il Lombardia

09.10.2021
5 min
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Doveva solo decidere dove e quando, anche se non tutti pensavano che stavolta fosse forte abbastanza. Nell’anno dei vincitori debuttanti, dopo Colbrelli alla Roubaix, Tadej Pogacar si porta a casa il Giro di Lombardia con un’azione delle sue. Tutti aspettavano Roglic dopo le prove all’Emilia e al Gran Piemonte, ma forse a fine stagione si fa meglio a dosare le forse per giocarsi tutto sul bersaglio grande.

«Non so lui – dice il giovane sloveno – nel mio caso non direi che in quelle corse ho cercato di risparmiarmi. Semplicemente i brutti giorni possono capitare. Io ho sempre cercato di fare il massimo. Non sapevo cosa sarebbe successo qui oggi…».

Dopo l’arrivo è crollato sull’asfalto, sfinito e incredulo
Dopo l’arrivo è crollato sull’asfalto, sfinito e incredulo

Da Como a Bergamo

Il Lombardia da Como a Bergamo è sempre un boccone faticoso da masticare, pur riconoscendo il valore di tornare con una simile festa nella Bergamo straziata dal Covid. Sapevamo che sarebbe stato bello, ma forse la corsa avrebbe diritto ad un’identità più precisa, che renda possibile comparazioni e racconti incrociati. Non è forse vero che fra tutte le prove monumento, questa sia la sola che cambia spesso percorso e salite?

Ci arrivi a fine stagione, come quando alla fine di un lungo viaggio vai a sederti nella trattoria di sempre. Solo che invece di trovare i piatti e i sapori che rendono classico quell’appuntamento a tavola, un giorno scopri un menù totalmente diverso. Il cuoco è bravo, non mangerai male. Ma è innegabile che per un po’ dovrai convivere con la sorpresa.

Davvero strano il Ghisallo in partenza e percorso al contrario…
Davvero strano il Ghisallo in partenza e percorso al contrario…

Un bel momento

Mancavano 36 chilometri all’arrivo, quando Pogacar ha colto l’ispirazione ed è partito. In quei frangenti è questione di attimi. E se dal gruppetto di testa sul passo Ganda va via Pogacar, uno come Alaphilippe deve seguirlo: non fare calcoli o pensare che si rialzerà. Pogacar non attacca mai a vanvera. Invece il campione del mondo ha esitato, forse non avendo le gambe per fare diversamente. E così nella scia dello sloveno si è lanciato Fausto Masnada, che le strade qui intorno le conosce molto bene, visto che ci è nato.

«Era già da un po’ – racconta Pogacar – che Formolo e Majka venivano a chiedermi cosa avremmo fatto, ma onestamente fino all’ultima salita non ne avevo idea. In quel momento invece mi è venuta l’idea di capire come stessero gli altri e ho provato. E’ stato un bel momento. Sapevo dov’ero e cosa stavo facendo.

«E anche quando Masnada ha smesso di tirare, ho capito che non potevo costringerlo. Alla radio sentivo i vantaggi, sapevo di dover andare il più regolare possibile e poi fare la salita finale al massimo. Mentre allo sprint… Poteva anche rimontarmi, ma sapevo che potevo giocarmela».

Nel 2022 un altro Tour

I paragoni si rincorrono e tutto sommato viene da chiedersi a cosa serva chiedere e cosa ci si aspetta che risponda quando gli dici che solo Coppi e Merckx prima di lui hanno vinto nello stesso anno il Tour e due prove monumento. Nel suo caso la Liegi e il Lombardia.

Le misteriose gomme azzurre della Jumbo? Ce le spiega Vittoria
Le misteriose gomme azzurre della Jumbo? Ce le spiega Vittoria

«Mi piace correre – dice col massimo candore – mi piacciono le classiche e le corse a tappe, che per certi versi sono più interessanti. Fare paragoni è difficile. Alla storia francamente non ci penso. Quello che mi piace fare è andare sulla mia bici, godermi il momento e non pensare a cosa farò da grande. Il mio sogno è godermi il ciclismo più che posso. E quando tutto questo finirà, cercherò altri obiettivi. Ma non è ancora il momento.

«Presto si parlerà di programmi per il prossimo anno e sarà composto da grandi corse, ma non dal Giro. Mi piacerebbe fare Giro, Tour e Vuelta. Ma è impossibile fare tutto e l’anno prossimo l’obiettivo principale sarà nuovamente il Tour».

Pensiero a Peiper

Chi sperava di vederlo al Giro, avrà ora un brutto colpo. La sensazione è che l’italianità supposta della Uae, in cui ci ostiniamo a vedere le vestigia della Lampre, sia ormai tramontata da un pezzo. Per cui il fascino immenso del Giro, che da italiani sentiamo forte e a suo modo sacro, non attacca in un corridore che non preoccupandosi (giustamente) di entrare nella storia, forse non sa neanche troppo bene chi sia quel Coppi cui ci si ostina a paragonarlo. Ma l’ultimo pensiero per Allan Peiper è pieno di delicatezza.

«Lo conobbi anni fa – dice – alla corsa di Cadel Evans in Australia. Poi abbiamo iniziato a collaborare e abbiamo vinto insieme il Tour. Gli auguro tutto il meglio e di portare avanti la sua lotta».

Il tecnico australiano del UAE Team Emirates sta lottando contro un cancro e le sue apparizioni nel ciclismo sono sempre più rare. Nel parlare di lui, il pacifico Tadej Pogacar è parso commuoversi.

Pogacar, le gambe e la testa per vincere il Lombardia

06.10.2021
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Il problema è la testa, diceva ieri Pogacar sorridendo. La Tre Valli Varesine gli ha ridato morale, in una ripresa dopo le Olimpiadi che, fatto salvo il quinto posto agli europei, lo ha visto faticare più del solito. E ci sta, il mito degli uomini inscalfibili e sempre al massimo richiede di una revisione quanto mai necessaria.

«La gamba è buona – ha spiegato lo sloveno – e la condizione cresce, ma in certi giorni la mente va girando nei campi lungo le strade e le giornate possono essere molto buone o davvero pessime. Il Giro dell’Emilia, (vinto dall’amico Roglic, ndr) è capitato in una giornata bruttissima. Ieri, nella Tre Valli Varesine di De Marchi, le cose sono andate decisamente meglio. Alla fine di una stagione così lunga, sono cose che possono succedere».

Alla partenza dagli stabilimenti Eolo di Busto Arsizio, con la voglia di fare la corsa
Alla partenza dagli stabilimenti Eolo, con la voglia di fare la corsa

Corsa d’attacco

A Varese lo sloveno ha attaccato, ci ha messo la faccia anche se la giornata era pessima. Forse per abituarsi a un clima di fine stagione che non promette grossi miglioramenti.

«E’ stata una giornata davvero dura – ha commentato dopo l’arrivo e dopo essersi infilato nei panni finalmente asciutti – ha piovuto per tutto il giorno e come squadra abbiamo cercato di renderla dura. Avevamo Formolo davanti, abbiamo fatto secondo e terzo. Ma per come è andata la corsa, possiamo essere soddisfatti».

Al Giro dell’Emilia le gambe c’erano, non così la testa. Per Pogacar, corsa da dimenticare
Al Giro dell’Emilia le gambe c’erano, non così la testa. Corsa da dimenticare

Test a fondo

L’autunno in arrivo sta mettendo a dura prova i ragazzi fenomenali della primavera e dell’estate. Lo stesso Pogacar, come Van Aert e Van der Poel, inizia a pagare la fatica, ma come loro non tira i remi in barca. Quello che colpisce di lui, al di là dei modi gentili di cui ha parlato nei giorni scorsi Gilbert, sono la lungimiranza e la professionalità.

La prima messa in mostra ad esempio con la partecipazione ai mondiali della crono: non perché avesse velleità di vittoria, al netto del sensazionalismo, ma per mettere a punto le fasi di un esercizio che gli tornerà utile nelle corse a tappe. La seconda messa in mostra anche ieri, con un correre senza risparmiarsi.

«Ci siamo messi alla prova – dice riferendosi a tutto il team – ho dato il meglio, sapendo di avere davanti ancora la Milano-Torino e poi il Giro di Lombardia. Sabato spero di stare bene e che sia una giornata buona. Dovrò concentrarmi perché la testa sia al suo posto. Davvero ci sono giorni che va per i fatti suoi. La stagione è stata impegnativa, è più difficile tenere la concentrazione che la condizione».

Meglio in fuga

Anche lui si è accorto, essendo peraltro uno dei principali artefici di tanti attacchi, che le corse si decidono sempre più spesso con azioni da lontano.

«In parte è vero – ha detto Pogacar prima di andare – anche se sulle strade di ieri alla Tre Valli, piene di su e giù e tante curve e soprattutto col bagnato, era più sicuro stare in fuga che restare in gruppo a sentire freddo e correre rischi. In ogni caso la tendenza ad attaccare da lontano c’è ed è molto interessante».

Difficile immaginare come correrà al Lombardia, che con il nuovo percorso strizza effettivamente l’occhio ad attacchi garibaldini. Si può essere certi che se quel giorno la testa sarà forte al pari delle gambe, prima di andare in vacanza, Tadej un ultimo colpo proverà a darlo.

Colnago inventa il passaporto elettronico della bici

02.10.2021
4 min
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Colnago V3Rs Ice & Fire, la bici che Tadej Pogacar ha utilizzato nel mondiale belga di Leuven, è stata la prima bici da corsa al mondo ad integrare la tecnologia blockchain. Un’intuizione del marchio italiano di Cambiago che apre letteralmente una porta sul futuro al servizio di tutti. Colnago è il primo costruttore a collegare i suoi prodotti fisici ad un registro virtuale e distribuito. Un progetto d’avanguardia per garantire l’autenticità e la prova della proprietà dei nuovi telai. Il commercio dei modelli con questa tecnologia partirà dal 2022, così come la bici utilizzata e disegnata personalmente dal 23enne slovacco che sarà battuta all’asta al momento del lancio del nuovo sito web e della app Colnago. 

La tecnologia Blockchain

Il partner di Colnago per questo progetto innovativo è la società tecnologica italiana MyLime, sviluppatasi originariamente nel mercato del lusso. MyLime collegherà i telai Colnago alla Automotive Blockchain® dove verranno registrati i dati di produzione, trasporto e vendita del telaio. Poiché i dati archiviati sulla blockchain sono distribuiti, non possono essere falsificati o modificati una volta registrati, fornendo la prova definitiva della proprietà.  

La Colnago V3Rs Ice & Fire di Pogacar ai mondiali integrava la tecnologia Blockchain
La Colnago V3Rs Ice & Fire di Pogacar ai mondiali integrava la tecnologia Blockchain

Se la bici viene venduta?

MyLime ha sviluppato e creato un tag RFID che è indissolubilmente legato al telaio e consente l’accesso alle informazioni nel passaporto digitale della bicicletta tramite un’app per smartphone collegata alla blockchain. Quando il telaio viene venduto ad un nuovo proprietario, il passaggio di proprietà può essere gestito con il processo brevettato dall’azienda tech italiana. La trasparenza offerta dalla soluzione blockchain permetterà una tracciabilità assoluta e garantirà il valore della bicicletta nel tempo.

La bici firmata da Pogacar

La V3Rs di Pogacar, si caratterizza per la presenza dell’innovativa tecnologia applicata direttamente al telaio. Il Tag diventerà dunque un vero e proprio passaporto elettronico della bici e consentirà di creare un legame ancora più forte tra brand e cliente. Un altro dettaglio estremamente importante e unico è dato dalla livrea, denominata Ice & Fire, proposta e creata dallo stesso campione sloveno al suo debutto in qualità di designer.

«E’ la prima volta – ha detto – che progetto una bici. Lavorare con ingegneri e designer Colnago è stato molto entusiasmante. L’idea di base è stata quella che la mia testa è fredda come il ghiaccio in corsa, ma le mie gambe sono sempre fuoco puro. Colnago ha utilizzato i colori Frozen per rappresentare questa dicotomia».

Propensione al futuro

Un progetto che rivoluzionerà il mercato delle due ruote. E a farlo è stato un’azienda che non si è mai tirata in dietro quando si parla di sviluppo e innovazione, come ha dichiarato Nicola Rosin, Amministratore Delegato di Colnago.

«Che si tratti di freni a disco – ha detto – utilizzo della fibra di carbonio o design aerodinamico, Colnago è sempre stata un’azienda che porta innovazione sul mercato prima degli altri marchi di ciclismo».

Manolo Bertocchi, Direttore Marketing di Colnago, ha aggiunto: «Abbiamo esaminato la sicurezza fornita dalla tecnologia blockchain. Vogliamo dare ai nostri clienti la sicurezza di sapere che il telaio che stanno acquistando è autentico e per avere una prova di proprietà perpetua. Annunceremo anche altre funzioni basate su tecnologia blockchain con il nuovo anno».

Thomas, Roglic e Pogacar: per Malori lo stesso schema

14.09.2021
4 min
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Il primo fu Geraint Thomas (foto di apertura), anche se probabilmente fu costretto a farlo per necessità. L’idea di questo approfondimento è venuta a Malori, per cercare di decifrare il modo di correre di Roglic e Pogacar. L’ex corridore emiliano infatti si è accorto che i due mettono in atto spesso lo stesso copione. Nelle frazioni nervose o alla fine di ogni tappa di montagna, sono in grado di imprimere terrificanti accelerazioni grazie alle quali vincono le corse e guadagnano secondi sui rivali.

«Se andate a riguardare le cronache del Tour de France del 2018 – ricorda Adriano – vi accorgerete che la tattica di Thomas era proprio la stessa. Guadagnava a cronometro, in salita resisteva al passo dei migliori. E poi negli ultimi 500 metri era in grado di cambiare ritmo e andava a prendersi i secondi di abbuono. I due sloveni in qualche modo hanno sviluppato le stesse doti. Unite però al fatto che in salita sono tra i più forti al mondo, è facile rendersi conto come mai siano pressoché imbattibili».

Nello scontro diretto, qui ai Paesi Baschi, se ne vedono delle belle. Chissà se il modo di correre di Thomas li ha ispirati
Nello scontro diretto, qui ai Paesi Baschi, se ne vedono delle belle. Chissà se il modo di correre di Thomas li ha ispirati

Tanto lavoro

Il motivo di interesse sta dunque nel capire se si tratti di doti innate o se, al contrario, i due campioni abbiano lavorato per affinare simili attitudini.

«Credo che ci sia dietro un grande lavoro – prosegue Malori – perché riuscire ad esprimere così tanta potenza dopo una corsa di sei ore non viene da sé, anche se probabilmente madre natura ci ha messo lo zampino. Immagino che anche quando sono a casa, dopo allenamenti duri e lunghi, possano fare sedute di esplosività proprio per sviluppare questa dote».

Pogacar a ruota

Quello che appare sicuramente singolare è proprio il fatto che la stessa dote e lo stesso modo di correre accomuni due corridori che provengono dallo stesso Paese, sia pure correndo in squadre diverse e con una sostanziale differenza di età.

«Thomas fu il primo – rilancia Malori – poi a questo tipo di tattica è arrivato Roglic, che se non altro per età ha raggiunto certi standard prima di Pogacar. Io credo che Tadej, che per sua stessa ammissione ha sempre preso Roglic come modello, si sia ispirato a lui anche per questo tipo di atteggiamento tattico. Sta di fatto che nell’ultimo Tour de France ha attuato la stessa tattica con Vingegaard e Carapaz. Mentre alla Vuelta, Roglic se ne è servito contro Mas».

Al Tour de France, Pogacar si è servito dello stesso schema per arginare Vingegaard e Carapaz
Al Tour de France, Pogacar si è servito dello stesso schema per arginare Vingegaard e Carapaz

Fieno in cascina

La singolare attitudine permette ai due campioni di arrivare agli scontri più importanti avendo accumulato già un piccolo vantaggio sui rivali. Questa dote infatti si rivela molto redditizia anche nelle tappe che si concludono su muri o che selezionano gruppetti grazie a tracciati molto nervosi.

«Uno scalatore puro – Malori allarga le braccia – non ha queste doti. Quei due sono l’esempio perfetto di corridori per le corse a tappe, che di anno in anno migliorano e lavorano per perfezionarsi sui fronti che gli hanno creato qualche problema. Migliorano le loro lacune. Tanto che è difficile immaginare come finirebbe fra loro in uno scontro al top. Difficile dire chi si ha il più forte. Penso che se Roglic non avesse avuto un crollo psicologico nel 2020, quel Tour lo avrebbe vinto lui. Pogacar non gli avrebbe mai dato un distacco così grande nella cronometro alla Planche des Belles Filles, perché Primoz in quella specialità vale molto più di ciò che mostrò quel giorno. Tokyo dice questo».

Contro Mas a Valdepenas de Jaen, alla Vuelta, Roglic ha giocato come il gatto col topo
Contro Mas a Valdepenas de Jaen, alla Vuelta, Roglic ha giocato come il gatto col topo

Senza limiti

Il problema semmai e che i due non si accontentano, per modo di dire, dei grandi Giri. Ed hanno esteso il loro dominio anche alle classiche più dure.

«Non è per caso – prosegue Malori – che siano proprio loro due gli ultimi due vincitori della Liegi, una classica che strizza l’occhio anche a corridori forti in salita. Non sono molti nella storia i corridori capaci di vincere i Giri e anche le classiche. Immagino quanto sia stato felice Alaphilippe di vederli arrivare nel suo terreno di caccia.

«Anche lui… sconfinò nel 2019. In quel Tour vinse la crono e arrivò a un passo dal bersaglio grosso correndo come loro. Fu un caso evidente di stato di grazia che non sai se tornerà, loro due invece sono così sempre. Hanno creato un dualismo che andrà avanti per anni e sono certo che Roglic starà già studiando il modo per migliorare ancora e sorprenderlo alla prossima sfida. Un dubbio? Quanta autonomia possano avere a quel livello. Il terzo incomodo? Potrebbe essere Bernal, anche se lo aspetto al confronto diretto. Vinse un Tour a dir poco singolare in cui tutti guardavano Thomas e la tappa regina fu tagliata. Poi ha vinto il Giro in cui i nostri due amici non c’erano, lottando più contro il mal di schiena che contro i rivali. Magari il prossimo Tour ci dirà qualcosa di più. Sono molto curioso…».

Fosdinovo, Pogacar stracciato da nove ragazzini

04.09.2021
5 min
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Lenny Martinez vince a Fivizzano, alle sue spalle Martin Svrcek, uno che da noi era considerato quasi imbattibile. Curiosamente i primi due posti di tappa sono anche quelli della classifica. Al terzo posto del Giro della Lunigiana un italiano, finalmente: Ludovico Crescioli, squadra di casa anche se è nato e vive ai piedi di San Baronto. Ma intanto nel gruppo si parla ancora di Fosdinovo.

Tappa combattuta oggi al Lunigiana. Gli italiani si sono rincorsi, forse alla ricerca di un posto in azzurro
Tappa combattuta oggi al Lunigiana. Gli italiani si sono rincorsi, forse alla ricerca di un posto in azzurro

Sono ore strane, se non altro per gli atleti italiani. Stamattina proprio Svrcek chiedeva al suo tecnico Bardelli quali saranno i suoi avversari azzurri agli europei e Bardelli non ha saputo dirlo. Perché i nomi non ci sono, verranno fuori. E allora ogni tappa diventa una rincorsa, mentre gli avversari stranieri – francesi, slovacchi e norvegesi su tutti – sanno da un pezzo chi correrà a Trento e per questo si stanno preparando. Forse per questo e per il fatto che tutti sono diventati nemici di tutti nel nome della maglia azzurra, la tappa più attesa e indicata per diventare la chiave della classifica, si è risolta con lo sprint di un gruppetto bello ricco: quasi 40 corridori, regolati da Lenny Martinez.

Crescioli e la scuola

Uno di quelli che rischia di sfinirsi nella rincorsa al piazzamento è appunto Crescioli, anche se alla fine l’ha imparata ed evita di fasciarsi la testa.

«E’ già una bella emozione essere qui al Lunigiana – dice il corridore del Team Casano – ricordando quando lo guardavo da più piccolo e sognavo di partecipare. Il primo che ricordo? Forse quello vinto da Evenepoel nel 2018, perché ci correva mio fratello. E’ la mia seconda corsa a tappe, l’obiettivo era fare classifica. Ora sono terzo, ma la speranza è l’ultima a morire, si prova ogni giorno».

Crescioli ad ora è terzo della classifica dietro Martinez e Svrcek
Crescioli ad ora è terzo della classifica dietro Martinez e Svrcek

Poi il discorso cade su uno dei temi più dibattuto delle ultime ore: la velocità pazzesca con cui ieri Martinez ha scalato Fosdinovo e Crescioli annuisce.

«E’ andato forte – dice – e mi ha dato 25 secondi (il suo tempo è stato dunque il terzo di sempre, ndr). Era quello che mi aspettavo, si va forte».

Ci sarebbe di che volare alto e magari prendere la strada del professionismo come Pinarello e Pellizzari, ma Crescioli mette le mani avanti.

«Io ho deciso di intraprendere un’altra strada – dice – il prossimo anno vado alla Mastromarco, che è vicino casa. L’obiettivo 2022 è finire la scuola da perito informatico robotico. Sennò si poteva anche tentare il salto, ma credo che nella vita sia importante avere un piano B».

Ecco la tabella con i tempi, i watt e la Vam dell’ascesa di Fosdinovo degli ultimi anni
Ecco la tabella con i tempi, i watt e la Vam dell’ascesa di Fosdinovo degli ultimi anni

Pogacar stracciato

Fosdinovo resta nei discorsi. Ieri Oioli ha vinto la tappa, ma quello che nel frattempo si scatenava alle sue spalle ha scritto la storia del Lunigiana. Lenny Martinez con il suo tempo di scalata di 14’58” a 23,400 di media e con una Vam di 1.667,7, sulla stessa scalata ha dato 49 secondi al Pogacar del 2016. Come si fa a immaginare che nel giro di così pochi anni gli standard degli juniores si stiano alzando così tanto?

«Si cerca tutti di capire – dice Paolo Alberati, che assieme a Maurizio Fondriest segue anche degli juniores – il mondo va avanti e a volte penso che forse ai nostri dovremmo chiedere di più, oppure avere la pazienza di farli crescere bene per raccogliere a lungo termine. Una volta davanti a certe prestazioni si sarebbe pensato male, ma vengono da Paesi diversi e squadre diverse, quindi ci sono altre motivazioni. Visto i francesi ai mondiali di mountanin bike? Hanno vinto tutto, quindi forse c’è chi lavora alla grande. E oggi su una salita di 6 chilometri, nove ragazzi hanno fatto meglio di Pogacar che dominò il Lunigiana del 2016. Gente che è salita con 6,4 watt/kg. Un professionista lo fa dopo 180 chilometri, loro lo fanno quando gli viene chiesto. Mosca, un ragazzino umbro che alleno, ha fatto Fosdinovo a 6,2 watt/kg ed è un ragazzo… normale, ma pur sempre un ottimo atleta».

Con la classifica in ballo, Piemonte e Veneto hanno provato ad attaccare i francesi, ma invano
Con la classifica in ballo, Piemonte e Veneto hanno provato ad attaccare i francesi, ma invano

Marginal gains

Stiamo parlando di evoluzione della specie? Oggi Malori spiegava che nelle crono il progresso tecnologico ha scavato un solco, ma in salita?

«Il livello si è alzato enormemente – dice ancora Alberati – lo vedo anche nella mountain bike. C’è un insieme di marginal gains da indagare. Si parla di alimentazione, in primis. Basta zuccheri tanto per prenderli e largo alla pasta e ai carboidrati quando servono. Si parla di misuratore di potenza, che anche se non lo guardano i ragazzi, serve ai preparatori per dirgli come lavorare. E si parla di materiali. Qua non si parla a caso. Fra i primi di Fosdinovo, hanno tutti il misuratore di potenza, i watt indicati sono veri».

Domani il Lunigiana vivrà l’ultima tappa, i numeri sono sul tappeto e sono in crescita. Se tanto ha potuto fare Pogacar, che cosa ci aspetta per i prossimi anni?

Giro Friuli 2021

Giro della Regione FVG, alla scoperta di nuovi Pogacar

01.09.2021
5 min
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Venerdì si riparte. Il Giro della Regione Friuli Venezia Giulia è pronto per affrontare la sua edizione numero 57. La corsa che si era dovuta fermare nel 1976 per il nefasto terremoto e nel 2016-17 per la mancanza di una società che si facesse carico della sua organizzazione, ha trovato nella Libertas Ceresetto il sodalizio che l’ha fatto risorgere dalle sue ceneri, riportando in vita la competizione più antica della categoria.

Un evento che ha avuto nel suo passato grandi nomi iscritti nel suo albo d’oro. Basti pensare a Felice Gimondi che si aggiudicò la seconda edizione nel 1963, ma anche Moreno Argentin nel 1981, Claudio Chiappucci nel 1984, Gilberto Simoni autore addirittura di una doppietta nel 1991 e ’93, primatista in tal senso del Giro del Friuli in coabitazione con Nicola Ongarato (1996-97) e il russo Ruslan Pidgornyy (2001-03). Alla sua ripresa, la gara è stata illuminata dallo sloveno Tadej Pogacar, che già da under 23 aveva preso la “bella abitudine” di vincere ogni competizione a tappe alla quale prendeva parte…

Leknessund Friuli 2020
Il norvegese Andreas Leknessund, vincitore del Friuli 2020 davanti al francese Guerin e allo spagnolo Adrià
Leknessund Friuli 2020
Il norvegese Andreas Leknessund, vincitore del Friuli 2020 davanti al francese Guerin e allo spagnolo Adrià

Arriva Murro

Artefice della ripartenza del Giro della Regione FVG è stato innanzitutto Cristian Murro, ex pro’ lombardo passato anche per la Lampre e vincitore nel 2007 della Tre Valli Varesine, in grado di allestirlo anche nei durissimi mesi della pandemia (nel 2020 la gara è stata vinta dal norvegese Andreas Leknessund).

«Appena smesso di correre – dice – mi sono dedicato alla società e al suo settore giovanile, arrivato ora a oltre 50 ragazzi che fanno ciclismo, una soddisfazione immensa. Nel 2018 ci siamo presi questo compito e cerco di portarlo a termine nella maniera migliore, abbinando le necessità dei team a quelle del territorio che attraverso il Giro può mostrarsi al mondo in tutta la sua bellezza»

Quest’anno parteciperanno 33 squadre, ognuna con 5 elementi. A quante però avevate mandato l’invito?

Non ci crederete, ma noi non abbiamo invitato nessuno, eppure ci sono arrivate oltre 70 richieste di partecipazione. E’ questa la grande forza del Giro del Friuli, ha un prestigio tale che è ormai un riferimento per ogni squadra di ogni latitudine. Abbiamo dovuto dire una marea di no e non fa mai piacere, ma abbiamo messo insieme un cast di alto livello anche perché il Giro ha dimostrato negli ultimi anni di essere ideale per preparare le prove titolate.

Murro Friuli 2021
Cristian Murro, pro’ dal 2003 al 2008, da allora tecnico giovanile alla Libertas Ceresetto e dal 2018 organizzatore del Giro della Regione FVG
Murro Friuli 2021
Cristian Murro, pro’ dal 2003 al 2008, da allora tecnico giovanile alla Libertas Ceresetto e dal 2018 organizzatore del Giro della Regione FVG
Gli europei di Trento arrivano però a meno di una settimana dalla sua conclusione…

Io credo che una corsa a tappe breve come la nostra e soprattutto così strutturata possa garantire la miglior condizione anche per la gara europea che si correrà dopo 6 giorni. Certo, per i mondiali, in programma dopo altre due settimane, il discorso è ancora più valido, per questo abbiamo al via nazionali come ad esempio Svizzera e Russia. Ma abbiamo team anche da Spagna, Francia, naturalmente Croazia e Slovenia, addirittura da Messico e Sud Africa…

Veniamo alle caratteristiche della corsa…

Si comincia venerdì 3 settembre con la Rive d’Arcano-Tarvisio di 151,4 chilometri. La prima parte è un circuito vallonato nelle colline del San Daniele, poi c’è la lunga salita della Sella Cereschiatis, di 9 chilometri, che anche se non presenta grandi pendenze darà sicuramente una prima scrematura al gruppo, chi ha ambizioni di classifica non potrà star fermo. Dalla vetta mancheranno oltre 30 chilometri, tutti nervosi, con arrivo nel centro di Tarvisio.

Questa è l’unica tappa udinese, poi ci si sposta verso Pordenone…

Esatto, con la seconda frazione che sarà decisiva, la Casarsa della Delizia-Piancavallo di 142 chilometri. La prima parte è in pianura, fino alla salita di Clauzetto a metà gara. Poi altro piccolo strappo a Crociera San Floriano e infine da Alzano la salita verso Piancavallo, 14 chilometri che hanno esaltato anche Marco Pantani che qui ha costruito la sua vittoria al Giro d’Italia del 1998. Qui le pendenze si fanno sentire, ci sarà grande selezione.

Nella terza c’è spazio per rimescolare le carte?

Con gli Under 23 non si può mai dire, ma è chiaro che la frazione è tutta in pianura e si candida per un arrivo in volata. Si va da Mortegliano a Pordenone per 157 chilometri, il problema semmai è che i team saranno composti da soli 5 corridori, è difficile controllare la corsa con così pochi effettivi.

Avendo vissuto l’esperienza da entrambe le parti della barricata, prima come corridore e poi come organizzatore, dì la verità, hai cambiato idea sulle gare?

Sono diverse prospettive, questo è sicuro. Una cosa la posso garantire: fisicamente si fatica di meno, ma mentalmente molto di più…