Immaginate la sorpresa, avendolo dato ormai per pensionato, quando la settimana scorsa il nome di Sergio Henao è spuntato in cima alla classifica generale del Tour do Rio. Non aprivamo da un po’ il suo profilo, avendo annunciato e consumato il ritiro alla fine del 2021. Quando lo abbiamo fatto, ci siamo accorti della vittoria brasiliana, di alcune belle prestazioni al Clasico RCN, delle vittorie nella Clasica Marinilla Ramon Emilio Arcil e al Tour de Antioquia, a capo di una stagione da 49 giorni di gara. Non proprio il ruolino di un corridore ritirato. Così abbiamo recuperato il suo numero e lo abbiamo contattato.
Nella sua vita precedente, Sergio Luis Henao – 36 anni di Rionegro – era stato professionista dal 2012 al 2018 con il Team Sky. Era poi stato ingaggiato nel 2019 dal UAE Team Emirates restandoci per due stagioni. Aveva vissuto il 2021 con il Team Qhubeka e poi, non avendo più trovato un ingaggio WorldTour, non senza amarezza aveva annunciato il ritiro. Accanto al ruolo di gregario nei Grandi Giri, la sua bacheca contiene la Parigi-Nizza del 2017, una tappa al Giro dei Paesi Baschi e una al Polonia, tanti secondi posti e vittorie in patria. Gli abbiamo fatto perciò un po’ di domande.
Sei tornato a correre, come mai? E ti aspettavi di poter ancora vincere?
Penso che in questa squadra ho trovato un altro modo di godermi il ciclismo, senza pressioni. Ovviamente non con la stessa pressione sperimentata in Europa, ma godendomi un po’ di più le mie origini, pedalando in Sud America e in Colombia.
Hai vinto tre gare a tappe, alcune poco note in Europa: che corse sono?
Gare a tappe piuttosto folli, dove vai sempre a tutta dall’inizio alla fine. Diciamo che non si corre in modo così tecnico e millimetrico come in Europa. Qui è un po’ diverso, non guardi tanto ai watt, ma sempre alle sensazioni. Sono gare molto esplosive e molto diverse.
Puoi descrivere la Nu Colombia con cui corri?
Nu Colombia è un nuovo sponsor arrivato quest’anno. Nu è una banca digitale che è nata in Brasile e ora si trova anche in Messico e Colombia. La squadra è nata dalla sponsorizzazione da parte del signor David Vélez, che è il creatore di questo grande marchio. Il team è guidato da un tecnico di grande esperienza che ha trascorso diversi anni in Europa correndo la Vuelta a Espana, il Tour de France e l’intero calendario europeo con Postobón. Il suo nome è Raúl Mesa.
Con te in squadra ci sono anche Contreras, che ha corso in Quick Step e Astana, e anche Ardila, che ha vinto il Giro d’Italia U23 nel 2019: cosa è mancato a loro per diventare forti in Europa, soprattutto ad Ardila?
Ho potuto avere Ardila come compagno di squadra nella UAE Emirates, mentre è la prima volta che corro assieme a Contreras. Penso che a volte bisogna essere fortunati, sono corridori con un grande talento e soprattutto una grande dedizione. Rodrigo all’improvviso, quando era in Europa, non ha trovato una squadra che sapesse gestirlo e capire come lavorare con un corridore colombiano. E’ difficile per alcuni lasciare il Paese e arrivare in Europa per vivere da soli e abituarsi a un ciclismo diverso e nuovo, perché sono cresciuti correndo in Sud America e soprattutto in Colombia. Parlo per Rodrigo, perché ha avuto diversi infortuni e si è ritrovato a vivere in Belgio e fare gare che non erano per lui, come quelle sul pavé. Ho parlato con lui e gli ho detto che devi essere fortunato nel trovare la squadra giusta in cui emergere.
E Ardila?
Ardila era molto giovane e pensava che vincendo il Giro Baby avesse già raggiunto il massimo. Invece all’improvviso, quando è passato professionista alla UAE, si è reso conto che non era così. Aveva molto da imparare e bisogno di tempo per ben figurare nel WorldTour. La squadra però non ha avuto pazienza e non ha saputo aspettarlo (Ardila è rimasto per tre stagioni, fra cui il 2020 del Covid, ndr). All’improvviso è stato come se anche le sue speranze fossero sparite e non ha avuto altra scelta che andare alla Burgos BH e alla fine anche lui è dovuto tornare in Colombia.
Com’è andata la vita sportiva da quando hai lasciato il ciclismo europeo?
Il ciclismo continua ad essere la mia passione, ciò che mi rende felice, che mi fa provare adrenalina e porta disciplina nelle mie giornate. Ovviamente è ancora il mio lavoro, ma ora è legato maggiormente al divertimento. Sono tornato ad apprezzare un altro modo di insegnare ai giovani, di fare gare che non avrei mai immaginato in vita mia, come correre di nuovo in Colombia, in Sud America, in Guatemala. Nonostante la mia età, è come continuare a scoprire cose nuove.
Quali ricordi porti con te degli anni in Europa?
La mia squadra, quella che mi ha dato tutto e reso quello che sono e mi ha dato anche la mia famiglia è sempre stata Sky. Ho ricordi molto belli, ho grandi amici in un ambiente che mi ha insegnato tanto, che mi ha formato, ma soprattutto mi ha fatto eccellere nel ciclismo di altissimo livello.
Però sei andato via e alla UAE hai trovato il Pogacar neoprofessionista…
Pogacar, da quando è arrivato in squadra come neoprofessionista, ha dimostrato subito di avere grande talento. Nel poco tempo in cui sono stato con lui, ha mostrato sprazzi di grande qualità come alla Vuelta a España del 2019, vincendo tre tappe, ai Paesi Baschi e in tante classiche. Ma la verità è che non avrei mai immaginato che diventasse il miglior corridore del mondo, un uomo che tende a battere tutti i record.
Come ti hanno accolto i tifosi colombiani?
La Colombia ha un grande affetto per me, ho sempre apprezzato l’affetto speciale che il pubblico ha per noi, il sostegno che ci danno in tutto il mondo. I tifosi colombiani mi hanno visto risorgere da tante cadute, come alle Olimpiadi di Rio (Henao finì a terra assieme a Nibali, ndr), poi la caduta in Svizzera. Mi hanno visto rialzarmi e vincere e mi hanno sempre rispettato moltissimo e anche il mio affetto per loro è tanto. La Colombia è un Paese che risveglia tanta, tanta gioia e tanto entusiasmo tra i tifosi ed è quello che secondo me ha permesso a tanti campioni di nascere in questa terra.
Che cosa rappresenta per te oggi il ciclismo?
Mi piace. Mi piace ancora la routine del corridore, la vita, prendermi cura di me stesso, allenarmi, sentire l’adrenalina di gareggiare, di vincere. Il brivido prima di una corsa importante, il gusto di prendere un aereo e poi incontrare la mia famiglia quando torno. Mi piace ancora sentirmi un corridore. Adesso i miei sogni o i miei obiettivi sono, come ho detto prima, godermi quello che sto vivendo adesso, questa squadra colombiana. Essere più vicino alla mia famiglia, alla gente, ma soprattutto anche insegnare ai giovani. Abbiamo una grande possibilità che la squadra continui a crescere e abbia la possibilità di tornare in Europa a fare un Giro di Spagna o un Giro d’Italia, come squadra colombiana e come marchio colombiano. Sono e siamo consapevoli che dobbiamo rinforzarci con corridori più forti, per essere competitivi e aspirare a ottenere un ottimo risultato. Vorrei tornare anche io a certe corse, ma se non avrò il tempo di farlo come corridore, mi piacerebbe essere parte di questo processo e della crescita della squadra.
Qual è la situazione del ciclismo colombiano, ora che Uran si è ritirato, che Bernal stenta e Quintana ha perso lo smalto?
Siamo tutti alla ricerca di trovare un nuovo Nairo Quintana, un Egan Bernal, che possano lottare per i Grandi Giri. C’è ancora tanto talento, ma il livello e la velocità dei corridori in Europa, soprattutto dei giovani, è cambiato rispetto a quando c’erano Bernal, Rigoberto, Nairo e quando c’ero io. Penso che ora il livello sia molto veloce e dobbiamo aspettare che il corridore colombiano si adatti. A ogni stagione oppure ogni pochi anni, lo sport si evolve, migliora, quindi dobbiamo aspettare e dare ai giovani il tempo per adattarsi. Con i giovani colombiani abbiamo bisogno di questo, ma so che il talento è sempre lì e anche la qualità. Un giorno torneremo anche noi ai primi posti.
Ti piacerebbe farti un altro… giro nel WorldTour?
Mi piacerebbe, certo, ma servirebbe che avessi il livello per fare bene e non so se sia più possibile. Vorrei che lo facesse la squadra, che trovasse corridori in grado di competere o vincere una tappa in una corsa importante. Io sono stato lontano tanto tempo, ma mi piacerebbe tornare, magari per salutare in modo migliore e farlo con questa squadra colombiana.