Knit: dal filo alla scarpa, viaggio nel cuore di Dmt

28.06.2021
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Se si va sul sito di Dmt si leggerà in apertura: “Per la prima volta tutta la collezione Dmt utilizza la tecnologia Engineered Knit: nessun compromesso per nessuna specialità, ma il massimo per tutte”.

Prima di spiegare cosa sia questa tecnologia, vi diciamo che è quella che ha fatto cambiare marcia al brand veronese, tanto che non produce più solo per il ciclismo ma anche per altri sport e per la moda, che ha elevato la qualità dei suoi prodotti e che li ha resi innovativi.

Qualità massima

Dmt ci ha aperto le porte della sua azienda: dall’amministrazione alla produzione, dallo stoccaggio alle rifiniture. Con il brand director Glen McKibbben abbiamo fatto un viaggio entusiasmante che spesso ci ha stupito. E’ impossibile immaginare quanti passaggi ci siano dietro la fabbricazione di un modello, quante chicche, quante attenzioni. E più la gamma del prodotto è elevata e più i passaggi sono numerosi.

«Si può fare una stima – ci ha detto il patron Dmt, Philippe Zecchetto – perché sono davvero molti e cambiano sia in base alla gamma che alle colorazioni, visto che i modelli oggi sono anche personalizzabili, comunque si può arrivare a 150 passaggi».

La scarpa usata da Pogacar lo scorso anno al Tour prima di indossare la maglia gialla
La scarpa usata da Pogacar lo scorso anno al Tour prima di indossare la maglia gialla

Knit: dal filo alla scarpa

Quattro capannoni, uno più grande dell’altro, ognuno con delle specifiche destinazioni d’uso: la “corazzata” Dmt lavora a pieno regime con doppio turno. Per l’innovativa tecnologia Knit l’investimento è stato enorme. Ci sono decine e decine di macchinari il cui prezzo oscilla dai 30 ai 70 mila euro l’uno.

Ma cos’è Knit? Riassumendo al massimo potremmo dire che è quella tecnologia grazie alla quale si passa da un filo alla scarpa finita! In mezzo però c’è il mondo. E che mondo. 

Bisogna partire dal presupposto che una scarpa Dmt non ha cuciture e questo vale ormai anche per i modelli non top di gamma, e non solo per le Kr1 o Kr. A cambiare sono semmai i materiali. In ogni caso partendo da questo presupposto, una scarpa Dmt con tecnologia Knit è composta sostanzialmente da tre parti: tomaia, suola e legatura, sia essa con il sistema Boa che con quello a lacci, tanto caro a Tadej Pogacar.

Knit “interviene” in quella che è la parte più difficile, vale a dire la creazione della tomaia. Questo pezzo unico è fabbricato da quei macchinari che vi dicevamo. Per i modelli di alta gamma ogni macchinario produce due tomaie l’ora, qualcuno in più per quelli di gamma inferiore. La tomaia che ne esce è un “monoscocca”, tanto per restare in tema ciclistico, un pezzo unico che viene poi “saldato” a caldo con particolari resine sulla suola in carbonio (anch’essa oggetto di moltissimi studi anatomici). L’unica cucitura presente è quella sul tallone, dove in pratica si va a chiudere la tomaia e ad ottenere la scarpa stessa.

La tomaia (aperta) che esce dai macchinari: questo è il fulcro della tecnologia Knit
La tomaia (aperta) che esce dai macchinari: questo è il fulcro della tecnologia Knit

Chiusure inglobate

Il punto di forza di Knit però non si “limita” all’assenza di cuciture e al peso ridotto, ma anche al fatto che nella tomaia stessa sono già creati i canali per il passaggio della chiusura e le rispettive asole. In questo modo la scarpa è davvero un tutt’uno, un pezzo unico che garantisce così una calzata comoda e redditizia.

Bisogna poi sapere che per ottenere la certificazione Boa (il sistema di chiusura con rotella graduata) le asole dove passa il cavo devono avere determinati angoli di entrata e di uscita, altrimenti Boa non dà la possibilità di essere montato ufficialmente. Le tomaie dei modelli Dmt rispettano tali richieste e infatti la chiusura è ottimizzata.

Per filosofia aziendale, ogni prodotto è sempre sviluppato in anteprima con atleti professionisti. E possibilmente atleti di vertice. In passato c’è stato Contador, adesso ci sono Elia Viviani, specie per quel che concerne la pista, e Tadej Pogacar. Tutti cercano le scarpe strette e reattive e vanno in continuazione a stringerle prima degli sprint, Tadej con i lacci che chiaramente in corsa non può stringere ha vinto allo sprint la Liegi! E lasciamo stare il Tour…

Pogacar Parigi
Pogacar in giallo a Parigi con le sue Dmt Kr Tdf
Pogacar Parigi
Pogacar in giallo a Parigi con le sue Dmt Kr Tdf

Comfort e prestazioni

Ed è proprio qui che la visita al centro Dmt ci ha aperto un mondo. 

«Tutti – dicono in Dmt – ricercano una scarpa leggera e rigida, cioè che non disperda forza, ma bisognerebbe chiedersi: questa è anche confortevole? Alla lunga l’assenza di comfort incide sulla prestazione? E ancora: siamo sicuri che la scarpa debba essere tutta rigida? Oppure deve essere rigida in determinati punti (suola in carbonio) e lasciare respirare il piede in altri (tomaia)?».

Domande alle quali siamo riusciti a dare una risposta. Tra pochi giorni scatta il Tour de France. Pensiamo a quelle tappe nel sud della Francia in cui ci sono 35 gradi e l’asfalto è ad oltre 50 gradi. Un piede, che già di suo sotto sforzo produce calore, con la suola in carbonio che non lo disperde s’infuoca. E se vi aggiungiamo una tomaia che lo tiene stretto perché la scarpa deve essere rigida il piede scotta. Molti atleti hanno lamentato il problema del surriscaldamento. Con una tomaia in tessuto questo ostacolo viene aggirato totalmente. 

Inoltre, la tomaia in tessuto favorisce la circolazione, di conseguenza ne guadagna anche la prestazione. E nel ciclismo dei “marginal gains” non è poco. Non ci sono punti di pressione.

L’assenza di cuciture all’inizio dà l’effetto ciabatta – come in Dmt stessa ci hanno detto – ma bastano un paio di ore e si avverte la differenza: quanto il piede sia più libero e al tempo stesso stabile e pronto alla spinta.