Bennati a casa meritava una vera spiegazione?

08.03.2025
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SIENA – «A cose normali – dice Bennati – finito il rapporto avrebbero potuto convocarmi. Hanno uffici a Roma e Milano, il presidente ha il suo ufficio, dove ho firmato il contratto. Mi convocavano e avrebbero potuto spiegarmi qualsiasi tipo di ragione. Non sono arrivati i risultati? E’ una motivazione reale, che sarebbe da contestualizzare, ma è innegabile. Potevano dirmi che si aspettavano di meglio, per cui volevano voltare pagina. Invece alla fine sono stato io a chiamare Amadio. Eravamo a metà febbraio e gli ho chiesto che cosa avrei dovuto fare. E Roberto mi ha risposto che avevano appena finito la riunione in cui il presidente aveva deciso di non confermarmi».

La presentazione delle squadre della Strade Bianche è nel pieno, con Bennati sediamo sugli scalini nella Fortezza Medicea, mentre gli chiedono interviste e di fare qualche foto. Nelle scorse settimane tanti hanno parlato del commissario tecnico non confermato. Colleghi hanno scritto articoli molto duri e noi non avevamo ancora sentito la versione del toscano.

Il Consiglio federale di febbraio ha ratificato le nomine dei nuovi commissari tecnici. Quando la mancata conferma è stata ufficiale, Bennati ha scritto un post su Instagram. Ha ribadito il suo amore per l’azzurro. E ha lamentato le modalità della chiusura dei rapporti a causa delle quali ha rinunciato a importanti incarichi professionali. Richiesto nel merito pochi giorni fa, il team manager Amadio ha riconosciuto la serietà e l’impegno di Bennati e spiegato che la fine della collaborazione sia stata dovuta alla rottura dei rapporti fra il cittì e il presidente federale, cui spetta la prerogativa di nominare i tecnici.

La Strade Bianche partirà a breve, con il numero uno per Pogacar nella gara maschile e la sua compagna Urska fra le donne
La Strade Bianche partirà a breve, con il numero uno per Pogacar nella gara maschile e la sua compagna Urska fra le donne
Partiamo dalla fine: hai davvero rinunciato a un importante incarico professionale?

Avevo già ricevuto il contratto dalla Groupama-FDJ. Prima tramite Philippe Mauduit, poi Madiot e alla fine ho parlato con il direttore generale Thierry Cornec. Perso Demare, vogliono ricostruire un gruppo vincente attorno a un velocista forte e avrebbero affidato a me il progetto. Si trattava di individuarne uno libero e poi di costruirgli attorno un treno e un metodo di lavoro. Spero si possa riprendere il discorso che sul momento ho lasciato cadere perché aspettavo il Consiglio federale. Non avrei trovato corretto accettare un’altra offerta e per giunta all’estero.

La decisione è stata davvero presa per un problema di relazione fra Bennati e il presidente federale?

Probabilmente da un certo momento in poi qualcosa si è incrinato. Non ho accettato di accompagnarlo durante la campagna elettorale, ma quale altro tecnico lo ha fatto? Io credo che questa decisione sia stata presa molto prima di febbraio. Ovviamente nell’ultimo anno i problemi ci sono stati, spesso legati a incomprensioni. Ho fatto buon viso alla scelta di far correre Viviani su strada a Parigi. Alla fine è venuta la medaglia, hanno avuto ragione, ma confesso che a un certo punto ho anche pensato di dimettermi. Con il mio carattere non ho sempre detto di sì e qualche volta ho anche detto di no a situazioni in cui non mi trovavo. Non so se questo abbia portato alla decisione.

Che esperienza è stata per te questo viaggio di tre anni?

Alla nazionale non si può dire di no. Quando mi è stato proposto, io non conoscevo il presidente e lui non conosceva me. C’è stato un avvicinamento, poi due o tre incontri e alla fine ho preso la decisione, consapevole che il periodo sarebbe stato complicato. Va detto che quando ho accettato, Colbrelli aveva da poco vinto la Roubaix, era campione europeo e stava entrando in una dimensione internazionale importante. Sarebbe stato competitivo già dal primo mondiale in Australia, poi a Glasgow e anche alle Olimpiadi di Parigi. Sicuramente avremmo potuto chiudere il cerchio, però ovviamente è andata peggio a lui e mi dispiace tanto. A quel punto ho puntato sui corridori che avevamo e con cui ho lavorato bene. Trentin e Bettiol che, ad esempio, secondo il mio punto di vista era più in forma in Australia che a Glasgow. Sono stati tre anni difficili che sicuramente mi hanno dato la possibilità di crescere. Mi sono fatto le ossa, mi sono fatto tanta esperienza che non avevo per questo ruolo.

Quando Bennati ha firmato da cittì, Colbrelli era campione europeo e aveva da poco vinto la Roubaix
Quando Bennati ha firmato da cittì, Colbrelli era campione europeo e aveva da poco vinto la Roubaix
Anche Villa ha detto che nessuno nasce commissario tecnico.

Penso che anche il grande Franco (Ballerini, ndr) non avesse l’esperienza della nazionale. Dalla sua parte sicuramente aveva un parco atleti molto più consistente. Non voglio dire che fosse più facile, però sicuramente aiuta. 

Com’è stato il tuo rapporto con i corridori da non più corridore?

All’inizio è stato strano. Ero sceso da bici da poco tempo e avere questo rapporto così distaccato l’ho trovato particolare. Per fortuna non ci ho messo tanto a trovare le misure giuste.

Ti è parso che i corridori abbiano fatto sempre quello che gli hai chiesto?

Partiamo dal primo mondiale. Quello in Australia è stato molto positivo e lo ricordo con più piacere. I ragazzi hanno interpretato la corsa nella maniera giusta, c’era un bello spirito. Abbiamo sfiorato il podio con Rota e alla fine abbiamo salvato il risultato grazie a Trentin. Quel giorno Evenepoel era nettamente più forte, però il nostro approccio è stato un ottimo biglietto da visita, un modello per il futuro. E il copione, a mio modo di vedere, si è ripetuto anche a Glasgow. Anche lì la squadra ha lavorato bene, l’approccio è stato dei migliori. Bettiol si è giocato le sue carte con quella lunghissima fuga, anche se a un certo punto lo hanno messo nel mirino e poi gli hanno dato il colpo di grazia.

Nel mezzo ci sono stati gli europei di Monaco e Col du Vam.

A Monaco non avevamo ancora il Milan di adesso. Jonathan era agli inizi e il capitano doveva essere Nizzolo. Poi Giacomo è caduto e a quel punto è subentrato Viviani. I ragazzi hanno fatto un ottimo lavoro, poi Elia ha scelto di impostare la volata da davanti poiché avevamo la squadra per quel tipo di lavoro. A Col du Vam invece si puntava a fare bene con Ganna. Dal punto di vista dell’esperienza in questi appuntamenti Pippo non aveva ancora l’immensa sicurezza che ha in pista e nelle crono. Anche lì la squadra ha lavorato bene, ma nel finale per un’indecisione nel posizionamento, siamo scivolati troppo indietro, c’è stata la caduta e si è compromessa la gara.

Gli europei di Hasselt vedevano l’Italia in pole position con Milan e sono stati la delusione più cocente di Bennati
Gli europei di Hasselt vedevano l’Italia in pole position con Milan e sono stati la delusione più cocente di Bennati
L’europeo del 2024 si poteva vincere?

E’ stato la delusione più grande, dopo tre anni di bocconi amari. Era la prima volta che la nostra nazionale si presentava ai nastri di partenza con l’uomo da battere, vale a dire Milan. L’amarezza è stata grande. Alla fine io non ho fatto nessuna conferenza stampa, non ho fatto dichiarazioni ufficiali, nonostante quanto mi è stato rinfacciato. Finita la corsa, abbiamo fatto la riunione sul pullman, io ho usato parole dure e questa cosa è trapelata. Non avendo le radioline e vedendo un certo atteggiamento nel finale, non ho potuto correggere il loro errore ed ero frustrato. E’ normale che dopo la corsa ci sia un chiarimento e il mio sfogo è stato confermato dalla loro reazione.

Che cosa hanno detto?

Si sono resi conto che, benché avessero fatto un lavoro straordinario, il finale non era stato gestito come si doveva. Di quella situazione avevamo parlato per una settimana, però probabilmente si sentivano talmente sicuri, che alla fine hanno sbagliato. Lo dico da corridore: le volte che ti senti più sicuro sono spesso quelle che ti va peggio. E questo poi me lo ha confermato Jonathan (Milan, ndr), quando ha ammesso che si poteva fare diversamente. Ma questo non è scaricare responsabilità sui corridori, anche perché io la responsabilità me la sono sempre presa. Come a Zurigo, che responsabilità vuoi dare ragazzi?

Che responsabilità vuoi dargli?

Non gli ho detto io di andare in corsa con quello spirito, sarei stato uno stupido. Nei tre anni abbiamo vissuto una parabola discendente, che secondo me non ci stava. Quello di Zurigo non era e non è assolutamente il nostro valore. Come ho detto anche in altre occasioni, il percorso non era adattissimo a Giulio (Ciccone, ndr), però secondo me era doveroso che vi partecipasse, anche e soprattutto in prospettiva del prossimo. Giulio ha 30 anni e non aveva mai corso un mondiale. Lo stesso valeva per Tiberi perché in prospettiva del mondiale in Rwanda, anche Antonio è un corridore da tenere in considerazione.

La partecipazione di Ciccone al mondiale di Zurigo è stata un investimento in vista del prossimo in Rwanda
La partecipazione di Ciccone al mondiale di Zurigo è stata un investimento in vista del prossimo in Rwanda
Perché dici che la decisione era stata presa prima?

Perché si capiva, poi magari mi sbaglio. Dopo il Giro d’Onore è stato fatto un incontro con i tecnici che avevano già firmato il contratto. Io non lo avevo fatto, perché mi hanno detto che non sarebbe stato corretto farmi firmare e lasciare eventualmente il mio contratto al presidente che avesse vinto le elezioni. Sono rimasto in silenzio per quasi tre mesi, perché avevano detto a me e in diverse interviste che Bennati faceva ancora parte del loro programma. Perché allora non farmi partecipare anche me a quella riunione? Forse perché ero già fuori?

Ballan: «Hirschi e Pidcock i principali outsider di Pogacar a Siena»

05.03.2025
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La Strade Bianche ha già il suo favorito numero uno ed è… il numero uno. Tadej Pogacar arriva a Siena con l’intenzione di prendersi la terza vittoria nella corsa toscana, un trionfo che lo proietterebbe a pari merito con Fabian Cancellara e che lo porterebbe diretto all’intitolazione di un settore sterrato in suo onore. Un’eventualità curiosa, considerando che come pure lo svizzero lo sloveno continuerebbe a correre e potrebbe ritrovarsi a transitare su un tratto che porta il suo nome.

Ma il focus di questo articolo non è Pogacar, bensì chi potrebbe dargli filo da torcere. Chi potrebbe emergere in questa edizione della Strade Bianche. Un tema che abbiamo approfondito con Alessandro Ballan. L’ex campione del mondo ha studiato con attenzione la starting list e ci ha fornito i suoi outsider più credibili per la classica del Nord più a Sud d’Europa.

Alessandro Ballan fu secondo nel 2008 a Siena alle spalle di Cancellara
Alessandro Ballan fu secondo nel 2008 a Siena alle spalle di Cancellara
Alessandro, chi possono essere dunque i principali rivali di Pogacar?

A guardare bene la start list, devo dire che poi non sono tantissimi, anzi… Tuttavia ho individuato due nomi in particolare: Tom Pidcock e Marc Hirschi (nella foto di apertura, ndr). Due che possono andare bene su questo percorso, che sono adatti alle classiche…

Perché Pidcock?

Pidcock perché ha vinto la Strade Bianche nel 2023 e già due gare quest’anno. Inoltre sappiamo che ha le qualità tecniche per affrontare i settori sterrati al meglio. Ha una grande facilità di guida. E poi sta bene. Le due vittorie, la nuova squadra… Di certo è uno dei grandi rivali. Se si presentasse l’andamento tattico dell’anno scorso, con Pogacar che scatta nella discesa di Monte Sante Marie, potrebbe rivelarsi pericoloso e seguire Tadej. Poi è chiaro tutto dipende da Pogacar.

E Hirschi?

Hirschi invece perché ha esperienza e può essere un cliente scomodo nei finali più tirati e duri. Anche lui è un atleta adatto a queste corse. L’anno scorso (quando era ancora in UAE Emirates, ndr) ha fatto vedere grandi cose, ha ottenuto numerose vittorie, alcune anche importanti. Quindi avrebbe le qualità per stare davanti. Però gli manca Alaphilippe, il quale dovendo fare la Parigi-Nizza non può essere alla Strade Bianche. Due così avrebbero consentito di correre in modo diverso.

Abilissimo nella guida e con ottime gambe: per Ballan, Pidcock è forse l’antagonista numero uno di Pogacar
Abilissimo nella guida e con ottime gambe: per Ballan, Pidcock è forse l’antagonista numero uno di Pogacar
Altri nomi? Noi abbiamo pensato a Kwiatkowski: anche lui l’ha già vinta e anche lui è tornato al successo quest’anno…

Certo anche lui, ma penso più all’insieme della EF Education-EasyPost. Loro hanno un roster molto interessante con Healy, Carapaz, Valgren e altri bei nomi. E un’altra buona squadra mi sembra la XDS-Astana, soprattutto perché ha Bettiol e Ulissi. Se parliamo di italiani loro due sono senza dubbio i nostri atleti più quotati.

Senza Pogacar, che corsa vedremmo?

Sarebbe una corsa completamente aperta, con più scenari e anche più combattuta. Così invece gli altri lasceranno che sia lui a fare la gara. Pogacar, quando partecipa, toglie ogni spazio agli altri, vince tutto quello che può vincere. Bisogna capire se sia una sua strategia o suna scelta di squadra, ma il risultato non cambia: se sta bene, domina. E’ un piccolo Merckx.

Quale potrebbe essere la tattica per batterlo? Come si può fare la classica imboscata?

Bisognerebbe anticipare di molto. Se si attende il finale, non ci sono molte possibilità. La chiave potrebbe essere un attacco di squadra, ma un attacco con dentro uomini interessanti e possibilmente con dentro uno o due uomini forti della UAE Emirates. Forse, ma solo forse, potrebbero attendere, lasciare fare. Perché tra le altre cose Pogacar ha anche la squadra più forte. Io ero sul posto l’anno scorso. Nel settore prima di Monte Sante Marie, dove lui ha attaccato, rimasi colpito dal fatto che tutti fossero affaticati mentre gli UAE spingevano forte, senza problemi e Pogacar ancora meglio dei suoi compagni.

Non solo Healy, la EF può contare anche su Rui Costa, Valgren e Carapaz
Non solo Healy, la EF può contare anche su Rui Costa, Valgren e Carapaz
Insomma è dura trovare outsider davvero tosti…

Eh sì. La realtà è che Pogacar c’è e vuole vincere. Alla fine, tutto dipende dalla sua condizione. Ormai, quando lui è al via, l’esito è quasi scontato, a meno che non si parli di un grande Giro dove ci sono altri corridori come Vingegaard a fargli da rivali.

Abbiamo fatto alcuni nomi, a partire da Pidcock e Hirschi, pensiamo anche a un corridore come Pelayo Sanchez, per dire, ma chi potrebbe essere la sorpresa totale della corsa?

Difficile dirlo, ci sono alcuni nomi interessanti, anche qualche giovane che ancora non abbiamo ben inquadrato. La Strade Bianche è una corsa che spesso regala sorprese.

Verso la Strade Bianche: Monte Sante Marie, l’analisi di Moser

04.03.2025
6 min
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Pochi giorni e finalmente sarà Strade Bianche, la classica del nord… più a sud. E a proposito di classiche, ognuna ha il suo passaggio simbolo, spesso anche decisivo: il Poggio per la Sanremo, la Foresta di Arenberg per la Roubaix, il Kwaremont per il Fiandre, il Cauberg per l’Amstel e così via. Alla Strade Bianche questo passaggio è Monte Sante Marie, quest’anno settore numero otto, posto a 71 chilometri dall’arrivo. I suoi dati: 11,5 chilometri (4,5 dei quali in salita), una pendenza massima del 18 per cento e anche una discesa molto, molto tosta.

Di Monte Sante Marie parliamo con l’unico italiano che sin qui è riuscito a vincere la Strade Bianche, Moreno Moser. Il trentino riuscì nell’impresa nel 2013. Oggi Moreno è un acuto commentatore ed opinionista del ciclismo e con lui facciamo un’analisi tecnico-tattica di questo settore.

Un tratto in pianura, una serie di strappi, una discesa, un’altra salita e un lungo falsopiano: gli 11,5 km di Monte Sante Marie
Un tratto in pianura, una serie di strappi, una discesa, un’altra salita e un lungo falsopiano: gli 11,5 km di Monte Sante Marie
Moreno, insomma Monte Sante Marie è il punto decisivo della corsa?

Sì, o meglio: dipende. Dipende da come viene interpretata la corsa. Con certi corridori come Pogacar lo è sicuramente. In alcuni anni, tipo quando l’ho vinta, invece non è stato un settore così fondamentale. Però mi rendo conto che quando correvo io c’era molto più attendismo. Sante Marie era il momento in cui si frazionava un po’ il gruppo, ma non si decideva ancora la corsa. Oggi, a 80 chilometri dall’arrivo, devi essere già praticamente in modalità finale.

Se facessimo un paragone coi muri fiamminghi: è il Kwaremont del Giro delle Fiandre?

Sì, lo è da un punto di vista tecnico, perché effettivamente è il più duro, il più lungo ed è quello dove se uno vuole, può fare selezione. Anche quando correvo io si diceva che da Sante Marie iniziava la corsa. Adesso rischia di essere il punto in cui la corsa finisce… Anche se poi forse dal punto di vista emotivo e per vicinanza all’arrivo il settore delle Tolfe è più coinvolgente. E’ il Cauberg dell’Amstel!

Come si affronta, come si gestisce il settore di Monte Sante Marie? Portaci in bici con te…

Ah – sorride – non si gestisce, se vanno a tutta devi stare dietro a chi va a tutta. Quando inizi Sante Marie hai già i battiti alti per la lotta alle posizioni. Il primo anno che ho fatto la Strade l’ho preso indietro e c’è stata una caduta che mi ha tagliato fuori. Eppure lì ho capito che quella corsa mi piaceva. Il primo tratto è duro, tendenzialmente devi stare seduto, a meno che il terreno non sia in condizioni ottimali, magari un po’ compattato dalla pioggia. Discesa e poi salitone.

Quando si parla di Monte Sante Marie tutti pensano al salitone finale, in realtà c’è una discesa affatto banale. Anzi, l’anno scorso proprio lì scattò l’asso sloveno. Cosa ci dici di questa discesa?

Quel tratto di discesa è davvero tosto. E’ uno dei punti in sterrato dove si raggiungono le velocità più alte. Bisogna lasciarla scorrere. Servono capacità e anche grossi attributi! Negli ultimi anni però i corridori sono molto più abituati a guidare sullo sterrato. Quando correvo io, c’era gente che non sapeva neanche dove fosse quando entrava sullo sterrato. Oggi quelli davanti sanno guidare.

Strade Bianche 2024: Pogacar è partito nel falsopiano in discesa prima della planata vera e propria (foto web Strade Bianche)
Strade Bianche 2024: Pogacar è partito nel falsopiano in discesa prima della planata vera e propria (foto web Strade Bianche)
Adesso sarai criticato!

Sicuro, in tanti mi dicono: «Ah, noi di una volta guidavamo meglio». Io non credo sia così, oggi in tanti sanno guidare. Se pensiamo ai corridori forti degli ultimi anni, a parte Evenepoel che comunque è migliorato, gli altri sono tutti fenomeni anche nel guidare la bici. Pidcock, Pogacar, per non parlare di Van Aert e Van der Poel: gente che sa cosa fare.

E tatticamente come si approccia Sante Marie?

Sul primo strappo soprattutto, dipende molto da quanti corridori ci sono nel gruppo di testa e da come si è svolta la gara sin lì. Il ciclismo ha una marea di variabili e l’andamento della gara influenza tutto. Se si presentano in 20 è un conto, se c’è una fuga che può andare all’arrivo è un altro. Se invece è una fuga scontata e il gruppo è compatto, magari non c’è il vero attacco ma solo la squadra che fa il ritmo. Oppure c’è il Pogacar che fa il vuoto… dopo il forcing della squadra. E va via dopo il primo strappo, nella discesa.

Ci dicevi dell’importanza di far scorrere la bici in discesa. In fondo c’è un ponticello e poi si passa subito a salire. E’ quello che in gergo viene chiamato “sciacquone”. Si deve passare dalla moltiplica grande a quella piccola… Può essere un momento delicato?

Sì, perché subito dopo la discesa c’è un’altra impennata. Devi essere lucido per cambiare rapporto nel momento giusto. Sullo sterrato la catena può saltare e se sei in difficoltà puoi fare errori. Se andiamo a vedere ai corridori lucidi e freschi, difficilmente succedono problemi meccanici. Quando invece sei al limite, schiacci il bottone a caso e la catena può prendere una frustata e andare giù. Di certo lì bisogna cambiare, perché poi le pendenze cambiano nettamente.

Mentre non è così decisivo il falsopiano dopo il salitone, dopo il Borgo di Sante Marie: perché?

Difficile dirlo, ma probabilmente oggi si va più forte nei tratti duri e quindi è più facile fare selezione prima. I corridori stanno molto più seduti perché si è visto che la pedalata è più efficiente. Rispetto a Pantani che faceva chilometri in piedi, oggi si è visto che si spreca meno energia da seduti. Tra l’altro alcuni calcoli hanno dimostrato che perdeva parecchio in aerodinamica.

Era il 2013 e a Monte Sante Marie, Moser (al centro) pedala al fianco dell’allora compagno di squadra Sagan
Era il 2013 e a Monte Sante Marie, Moser (al centro) pedala al fianco dell’allora compagno di squadra Sagan
Chiaro…

Difficilmente oggi trovi uno scalatore puro che salta tanto sui pedali alla Simoni. Però non saprei dire esattamente perché si fa meno selezione in quel falsopiano. Negli anni in cui correvo io, dopo Monte Sante Marie eravamo ancora in tanti. Magari c’era un attacco, ma rimanevano gruppetti da 15 corridori. Oggi, e torniamo al discorso di prima, la corsa si è già assestata.

Moreno, qual è la tua “foto” di Monte Sante Marie?

La mia foto è anche una foto reale. Risale all’anno in cui ho vinto, e quello scatto mi ritrae praticamente a bocca chiusa mentre salivo al fianco di Sagan e davanti a Cancellara. E dire che avevo preso il settore in quarantesima posizione. Ma con tre pedalate al lato della strada ero davanti con Peter (Sagan, ndr), Van Avermaet e gli altri migliori. Mi è rimasta impressa perché mi sentivo fortissimo.

Tu e solo tu conosci le sensazioni che avevi in quel preciso istante…

E infatti tra me e me iniziavo a pensare: «Però… Sarà, ma io qui non faccio fatica». Ricordo che mi succedeva spesso in quegli anni. Da neopro’ un giorno con ingenua sfrontatezza dissi ad Alan (Marangoni, ndr) che non sentivo mai mal di gambe. Sì, lo sentivo nel finale, ma era il mal di gambe bello, quello che hai quando vai forte e ti giochi la corsa. Quello che ti spinge a dare ancora di più.

Conti e la Solution Tech: Strade Bianche, Sanremo e tanto altro

17.02.2025
5 min
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Valerio Conti si prepara a un 2025 ricco di sfide con la Solution Tech-Vini Fantini. La squadra toscana ha ottenuto una wild card per due tra le corse più prestigiose della stagione italiana: Strade Bianche e Milano-Sanremo. Due opportunità importanti per mettersi in mostra contro i grandi team WorldTour, ma anche due gare dove per una professional il divario con i migliori può rendere difficile puntare al risultato.

Come affronteranno dunque queste competizioni? Ha senso sognare il colpaccio (se non altro per ben figurare) o meglio puntare su obiettivi più alla portata? Valerio ci racconta il suo approccio a queste corse, ma anche le sensazioni sulla nuova stagione: dai nuovi materiali, al team rinnovato.

Secondo Conti sta nascendo un gruppo giovane e più competitivo dell’anno scorso. Come affronteranno Strade Bianche e Sanremo?
Secondo Conti sta nascendo un gruppo giovane e più competitivo dell’anno scorso. Come affronteranno Strade Bianche e Sanremo?
Valerio, partiamo da qui: parteciperai a Strade Bianche e Milano-Sanremo?

All’inizio la Strade Bianche non era nel mio programma, ma mi sta venendo voglia di farla e al 99 per cento ci sarò. Proprio nel weekend ho fatto la richiesta alla squadra. Riguardo alla Milano-Sanremo invece dipenderà dal mio calendario. Se andrò in Taiwan e in Thailandia, corse molto importanti per noi, non potrò esserci, perché sono concomitanti con la Classicissima.

Come mai questa voglia?

Perché tutto sommato sento di stare bene. Sto pedalando benone e la gamba è buona. Inizierò pochi giorni prima a Laigueglia e queste due gare insieme potrebbero darmi qualcosa in più.

Per una squadra professional come la vostra, come si affrontano queste due corse così importanti?

Correre in Italia in gare così prestigiose è bellissimo e porta visibilità agli sponsor. Oltre al risultato, che è difficile da ottenere, per noi anche una fuga ben assortita è importante. Stare in diretta per ore ci dà valore. L’obiettivo è essere presenti, cercare appunto la fuga o anche un piazzamento. E questo potrebbe essere possibile soprattutto in una gara come la Sanremo.

Perché più alla Sanremo?

Primo perché è una Monumento e poi perché alla Sanremo è più semplice per noi e per entrare in fuga. L’anno scorso ci siamo riusciti io e Tsarenko. La Strade Bianche è più dura, si corre di gambe e anche la fuga va via di gambe. Gli scatti iniziano subito e spesso la fuga buona non parte nemmeno o ci mette moltissimo. Alla Strade Bianche meglio stare davanti che restare nel gruppo, ma non è facile. Alla Sanremo invece, dopo che la fuga è partita, salvo rarissimi casi, si resta avanti per molti chilometri.

Cosa si pensa una volta in fuga alla Sanremo? Quasi 300 chilometri di gara: non sono pochi…

Pensi che almeno sei in televisione! Scherzi a parte, essere davanti non è facile, anche molte WorldTour vogliono entrare in fuga ormai. Quando sei in fuga è bello, ti godi il momento. Poi, man mano che ti avvicini ai Capi, alla Cipressa, la testa lavora ancora di più, ma sai che il gruppo arriverà. A quel punto l’obiettivo è resistere il più possibile, magari fino all’inizio della Cipressa.

Conti (a sinistra) in fuga lo scorso anno alla Sanremo: ben 243 km di attacco
Conti (a sinistra) in fuga lo scorso anno alla Sanremo: ben 243 km di attacco
Quali sono le strategie in una fuga lunga come quella della Sanremo?

Devi fare un ritmo costante, quasi come fosse una cronometro, ma non subito a tutta. Se rompi il gruppetto della fuga troppo presto e si resta in pochi, ti riprendono prima. Meglio una doppia fila fatta bene, compatta, tenere un passo regolare e aumentare piano, piano. Il traguardo a quel punto non è tanto la linea d’arrivo, ma vedere fino a che punto si riesce a stare davanti. L’obiettivo è fare più chilometri possibili in fuga.

Valerio, hai accennato alle corse in Asia, gare che danno punti e che sono più accessibili per le professional e ormai anche per alcune WorldTour. Di conseguenza questi grandi obiettivi come Strade Bianche e Sanremo come si approcciano? Meglio schierare le formazioni top nelle corse asiatiche?

Cerchiamo comunque di arrivarci bene. Siamo coscienti che non sono obiettivi alla nostra portata, ma c’è comunque la voglia di fare bene, di mettersi in mostra, di onorare la gara. Si dà il massimo assolutamente.

Avete un nuovo sponsor, Solution Tech: quali sono le impressioni di questa “nuova” squadra?

Per me la squadra ha fatto uno step in avanti. Molti corridori non sono stati rinnovati, mentre sono arrivati tanti giovani con grinta e voglia di emergere. Lorenzo Quartucci, per esempio, ha già mostrato buone cose. Idem Alexandre Balmer. Gli altri li valuteremo in gara. Avere una squadra professional in Italia è difficile, ma il nostro obiettivo è fare i punti per entrare nel ranking (top 30, ndr) e avere di nuovo la possibilità di andare al Giro d’Italia.

Tu e Sbaragli ormai siete i veterani: questo è anche il vostro ruolo nel team?

Un po’ sì, perché qui l’ambiente è ancora quello di qualche anno fa, dove si imparava dai veterani. Oggi il ciclismo è cambiato: la tecnologia ha creato la perfezione, i giovani sanno già tutto. Non c’è più bisogno della maturazione, delle esperienze trasmesse dai “vecchi”. Scendi a colazione e hai già i grammi di cibo pesati, per dire… Questo ha reso più forti i giovani, ma ha tolto qualcosa ai veterani, almeno come insegnanti.

Un bel cambio, anche dal punto di vista dei materiali…

Quest’anno abbiamo fatto un salto di qualità: va detto. Le bici Pardus sono più leggere e veloci. La mia pesa un chilo spaccato in meno rispetto all’anno scorso. E anche le ruote Elitewheels, sono super scorrevoli. Materiali così ti danno fiducia e stimoli in più.

Nelle prime gare qualche buon piazzamento e persino una vittoria (quella di Rajovic nella prima tappa del Tour de Sharjah) per la Solution Tech
Nelle prime gare qualche buon piazzamento e persino una vittoria (quella di Rajovic nella prima tappa del Tour de Sharjah) per la Solution Tech
Quale sarà il tuo calendario, Valerio?

Inizio con Laigueglia. Poi appunto Strade Bianche e credo farò Taiwan e Thailandia. A seguire ci sarà una primavera piuttosto piena con il Giro d’Abruzzo e probabilmente il Tour of the Alps. Se non andrò in Trentino andrò al Giro di Turchia.

Quanto cambia una stagione senza un Grande Giro?

Cambia tanto. Un Grande Giro ti porta al top della forma e ti migliora anche per la seconda parte della stagione. Se non lo fai, devi gestirti diversamente, allenarti alla perfezione, fare più richiami, più gare. Con un grande Giro invece, la gamba viene da sola. E se ti sai gestire bene, il volume di quella condizione che ti lasciano le tre settimane, te lo porti dietro per il resto della stagione.

Con l’addio di Frassi, chi sarà il vostro direttore di riferimento?

Francesco Frassi era un punto di riferimento enorme. Non solo un grande direttore sportivo, ma anche una persona speciale. Qui aveva un ruolo totale. Ha ricevuto la chiamata dalla Israel-Premier Tech e ha accettato. Quest’anno ci saranno ancora Marco Zamparella, Serge Parsani e i nuovi arrivati Leonardo Canciani e Filippo Fuochi, che collaboreranno tutti insieme.

La rivolta di Moser: «A chi piace il ciclismo senza scontri?»

31.03.2024
7 min
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Moreno Moser è ormai a un passo dalla laurea in Design della Comunicazione all’Istituto Europeo di Design. Nel frattempo segue l’area social delle corse RCS e commenta su Eurosport: la prossima volta sarà alla Roubaix. E siccome Moreno non le ha mai mandate a dire, già da un pezzetto insiste sul fatto che servirebbe una regola che obblighi i corridori più forti a scontrarsi nelle corse più belle. Altrimenti succede come alla Strade Bianche, al Catalunya e alla Tirreno, in cui uno solo stritola gli altri senza avere troppo contraddittorio. E allora che ciclismo è?

Oggi si corre il Fiandre, che per vari motivi dovrà fare a meno di Pidcock, Van Aert, Stuyven e Pogacar. Come vedremo alla fine dell’interessante confronto con il trentino, la regola di far correre i migliori sempre insieme c’era ben prima che si inventasse il WorldTour. Poi sono arrivati i soldi e un certo modo di fare ciclismo rischia di andare in malora. Ma non mettiamo il carro davanti ai buoi, auguriamo a tutti Buona Pasqua e procediamo con ordine.

Moreno Moser, classe 1990, è stato pro’ dal 2012 al 2019, si sta laureando allo IED di Milano (foto Instagram)
Moreno Moser, classe 1990, è stato pro’ dal 2012 al 2019, si sta laureando allo IED di Milano (foto Instagram)
Qualche giorno fa hai detto per l’ennesima volta che servirebbe una regola…

Sto dicendo queste cose da un pezzo e secondo me è la prima cosa cui dovrebbe pensare l’UCI in questo momento. Non esiste nessun altro sport dove i campioni si schivano, si evitano e vincono le corse per conto loro. Uno guarda la MotoGP e ogni domenica li vede che si scontrano. La Formula 1 e li vede che si scontrano. Nel ciclismo è diverso, perché ci sono caratteristiche tecniche diverse, per cui alcuni corridori fanno sport diversi fra loro. Vingegaard e Van Aert fanno due sport diversi, ma perlomeno quelli che hanno le stesse caratteristiche non è possibile che non si scontrino mai.

Hai usato il verbo “schivare”.

Non penso che lo facciano apposta, non sono così complottista. Però ovviamente, potendo scegliere, ognuno si fa il calendario che gli conviene e va a finire che alla fine si schivano. Mi fa un po’ strano vedere alla Strade Bianche Pogacar così solo. L’anno scorso non l’ha fatta per scelta e c’era solo Pidcock. Due anni fa l’ha dominata allo stesso modo di quest’anno. Ma io alla Strade Bianche vorrei vedere Van Aert, Van der Poel e anche Remco e Vingegaard. Come Van Aert avrei voluto vederlo alla Gand e ad Harelbeke. E alla Liegi, oltre Pogacar e Remco, mi piacerebbe che ci fosse Vingegaard.

Le programmazioni sono così sofisticate da risultare cervellotiche e se poi cadi…

Sono certo che Van Aert avrebbe fatto un grande Fiandre, ma certe programmazioni sono rischiose, il ciclismo è uno sport rischioso. Perché se poi cadi e ti fai male, perdi tutto. Magari hanno ragione loro, se il risultato è andare così forte, però la mia sensazione è un’altra e si è visto l’altro giorno dopo Waregem.

Gli attacchi di Kung poi quello vincente di Jorgenson a Waregem sono stati allunghi più che scatti
Gli attacchi di Kung poi quello vincente di Jorgenson a Waregem sono stati allunghi più che scatti
Che cosa si è visto?

Si parla tanto del ciclismo che sta cambiando, di questi che arrivano e vanno subito forte, ma è una cosa che riguarda veramente pochi corridori. Riguarda quei 5-6 che fanno una differenza abissale, mentre sotto il livellamento è lo stesso di 15 anni fa in cui nessuno riesce a fare la differenza. Dopo la caduta di Van Aert, Stuyven e Pedersen, mi è sembrato di rivedere le corse che vedevamo 15 anni fa. Nessuno riusciva veramente a fare uno scatto, nessuno ha fatto la differenza.

Secondo Pozzato è così perché vanno tutti fortissimo alla stessa maniera e nessuno, tranne quei pochi, può andare di più.

Infatti Van der Poel ci riesce e tira delle fucilate impossibili per tutti gli altri. Quelli di Kung e Jorgenson a Waregem non erano attacchi, dietro si staccavano perché erano finiti. Per cui secondo me, se non ci fossero davanti quei 4-5 così superiori, il ciclismo sarebbe identico a quello di qualche anno fa. E se questi qua non si scontrano, vedi corse con un dominatore e dietro un gruppo rassegnato. Intendiamoci, non è colpa dei corridori. Non li puoi accusare perché non possono fare tutte le corse, sono troppe. Forse si dovrebbero creare delle gare che siano più WorldTour delle altre, ma vi rendete conto di che casino sia ormai il ciclismo? Quando mi metto a spiegarlo a gente che non l’ha mai visto, mi rendo conto anche io che è troppo complesso. Ci sono corse che nessuno quasi conosce…

In realtà quello di cui parli esisteva già: si chiamava Coppa del mondo e funzionava molto bene…

Infatti quando ne abbiamo parlato in diretta, sia Bettini sia Bartoli mi hanno detto: «Guarda che quando c’era la Coppa del mondo, non potevi saltarne più di due». Quindi alla fine a tutte queste cose ci avevano già pensato. Non stiamo dicendo cose nuove, c’erano già vent’anni fa.

La Coppa del mondo si è svolta dal 1989 al 2004: era composta da 10 prove, con possibilità di 2 scarti. Bettini ha vinto le ultime 3 edizioni
La Coppa del mondo si è svolta dal 1989 al 2004: era composta da 10 prove, con possibilità di 2 scarti. Bettini ha vinto le ultime 3
Prima che capissero di poter guadagnare facendo pagare l’inserimento delle corse nel WorldTour, esatto!

Quello che rovina lo sport è che certe cose non sono fatte nell’interesse di avere un ciclismo più bello. Se davvero ci fosse la voglia di fare un ciclismo interessante, bisognerebbe strutturarlo in maniera totalmente diversa.

Facciamo una cosa che non si dovrebbe fare: se fossi oggi corridore, ti troveresti a tuo agio con certi programmi così diversi da quelli di quando correvi?

Non lo so, è difficile ragionare e immaginare le cose col senno di poi, ma c’è una riflessione che sto facendo in questi giorni con tutta l’umiltà possibile. Non voglio essere quello che dice che se corresse oggi, vincerebbe di più. Ho sentito già troppe volte certi discorsi in bocca a gente che ha smesso 40 anni fa. Li lascio parlare e penso che probabilmente gli è andata bene ad aver smesso 40 anni fa. Però penso anche, vedendo come è stata la mia carriera e quali erano le mie caratteristiche, cioè il fatto che andavo forte a inizio stagione, che avrei preferito un approccio come l’attuale, in cui si corre molto più sulla freschezza che sullo sfinimento. Ho vinto Laigueglia, che era la seconda corsa. Ho vinto Strade Bianche, che era la seconda corsa. Ero uno che saliva in bici e andava forte dopo due settimane di preparazione.

Oggi freschezza e prima sfinimento?

In tanti momenti, quando andavo piano, mi ritrovavo a correre a oltranza e andavo sempre più piano. Quindi sicuramente questo tipo di approccio probabilmente in qualche modo mi avrebbe giovato. Al contempo mi rendo conto anche che il ciclismo sia molto più intenso, più impegnativo e molto più stressante. Quindi non so come sarebbe andata. Circa i programmi, non so quanto conti la volontà del corridore. A Van Aert piace correre, fa il cross, non si tira indietro. Mi chiedo anche io se lui preferisca l’approccio di quest’anno o se l’abbiano deciso in squadra. O se ancora considerino anche il fatto che correre poco vuol dire rischiare meno anche di cadere.

La Visma-Lease a Bike sa che nelle corse a tappe si corrono meno rischi, controllando la corsa dalla testa
La Visma-Lease a Bike sa che nelle corse a tappe si corrono meno rischi, controllando il gruppo dalla testa
Pensi sia possibile?

Sicuramente su Vingegaard lo tengono in considerazione. Secondo me non lo mandano alla Strade Bianche proprio perché non vogliono metterlo in corse così stressanti. Sanno che nelle corse a tappe prendono in mano la corsa e rischiano molto meno, perché sono sempre davanti. Invece nella gara di un giorno c’è più caos e sono tutti più aggressivi. Vingegaard sa limare, perché lo vediamo sempre lì davanti. Però magari non gli viene facile come per esempio a Pogacar, penso che farlo gli costi molto stress. Mi dà l’idea di una persona che quando ha un obiettivo in testa, riesce anche a rimanere super concentrato. Ma sono anche convinto che quelle cinque ore a tutta gli costino più che ad altri. Proprio un fatto di consumo mentale.

Chi vince il Fiandre?

Anch’io dico che vince per forza Van der Poel, non vedo chi possa batterlo. Peccato che Pedersen abbia perso mezza squadra, perché anche lui potrebbe essere un bel nome. Le gare per fortuna sono sempre imprevedibili, stiamo a vedere. Semmai ci risentiamo lunedì e capiamo se ci abbiamo preso. E per ora, Buona Pasqua a tutti!

Intanto Zana incamera chilometri pensando al Giro e non solo

26.03.2024
5 min
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Con il 19° posto alla Tirreno-Adriatico, l’ex campione italiano Filippo Zana ha chiuso la prima porzione stagionale. Chi guarda solamente ai numeri potrebbe dire che squilli non si sono sentiti, eppure dei segnali ci sono stati, soprattutto in ottica Giro d’Italia che è il suo vero obiettivo stagionale. Zana ha assommato 14 giorni di gara, appena uno in meno rispetto alla passata stagione, quando la miglior forma era ancora di là dall’arrivare.

Zana ha tenuto un rendimento costante alla Tirreno-Adriatico, senza particolari squilli, chiudendo 19° a 6′ da Vingegaard
Zana ha tenuto un rendimento costante alla Tirreno, chiudendo 19° a 6′ da Vingegaard

Lo stesso si può dire stia succedendo quest’anno, ma Filippo sente che qualcosa è cambiato: «Per me è stato un buon inizio. Qualche gara è cambiata, ad esempio ho saltato le prime classiche francesi e il Catalogna partecipando invece alla Tirreno-Adriatico e il 19° posto finale dice che sono sulla strada giusta perché la corsa a tappe italiana era davvero ben frequentata e con corridori già molto avanti nella condizione, molto più di me. Nel complesso posso dire di stare meglio rispetto allo scorso anno e questo mi rende ottimista».

Sei solito partire abbastanza tranquillo, quasi col freno a mano tirato. E’ parte di un tuo modo di essere, di una tua assuefazione maggiore ai mesi caldi?

Probabilmente è così, la mia condizione cresce proporzionalmente all’aumento dei gradi che percepiamo. A inizio anno non vado mai molto forte, vedremo come saranno le cose con il prosieguo della stagione, ma so che queste gare sono fondamentali proprio per quello, infatti non guardo molto i risultati.

Il successo di Zana al Giro 2023, rimontando Pinot nello sprint a due
Il successo di Zana al Giro 2023, rimontando Pinot nello sprint a due
Dopo il Giro dello scorso anno con la vittoria di tappa e il vederti protagonista anche nei tapponi alpini, molti preventivavano per te un Giro da caccia alla classifica. Sarà così?

No, non parto per la corsa rosa con questo obiettivo dichiarato. Io punterò a qualche tappa, lavorando per Eddie Dunbar che sicuramente può far bene ed è ben attrezzato per cercare un piazzamento di prestigio. Se poi la corsa si metterà in un certo modo vedremo come gestirla, ma io andrò soprattutto a caccia di occasioni e per farlo la forma dovrà essere quella giusta.

Ha colpito la tua prestazione alla Strade Bianche, quel 9° posto finale è stato finora il tuo squillo maggiore. Te lo aspettavi?

La Strade Bianche mi piace moltissimo, probabilmente in quella gara riesco a esprimere le mie radici che vengono dal ciclocross. Mi piace molto e mi esalta correre su quel tracciato così diverso dal solito, infatti riesco sempre a ottenere buoni risultati, pur non essendo al massimo della forma.

La Strade Bianche è stata la sua miglior prestazione fino ad ora: 9° posto a 4’49” da Pogacar
La Strade Bianche è stata la sua miglior prestazione fino ad ora: 9° posto a 4’49” da Pogacar
Cominci a capire che tipo di corridore sei e quindi in quali gare riesci maggiormente a emergere?

Credo che la mia dimensione ideale sia quella delle corse a tappe brevi, quelle fino a 5-6 giorni dove posso puntare anche alla classifica. D’altronde un elemento che vedo è in crescita è la resistenza, anche al Giro d’Italia nella terza settimana stavo bene, avevo recuperato dagli sforzi e tenevo anche i più forti, ma da questo a puntare alla classifica finale ce ne corre, perché in quel caso non puoi avere defaillance e questo non è semplice. Io comunque per indole guardo a qualsiasi gara come a un’occasione per me.

Questo è il tuo secondo anno alla Jayco AlUla, come ti stai trovando?

Con loro mi sono trovato bene da subito, in questa squadra ho i miei spazi, credono in me e nelle mie possibilità e soprattutto mi stanno dando il tempo per maturare, alzando ogni anno l’asticella di un po’. E proprio questa situazione mi sta dando quella tranquillità necessaria per concentrarmi sui miei obiettivi.

L’ultima vittoria del corridore di Thiene è al Giro di Slovenia 2023
L’ultima vittoria del corridore di Thiene è al Giro di Slovenia 2023
A fine marzo comunque 14 giorni di gara non sono molti se confrontati con altri che ambiscono alla corsa rosa…

E’ una scelta che reputo giusta per arrivare il più fresco possibile all’obiettivo, ma se guardate bene anche altri che puntano al Giro, a prescindere dalle finalità, stanno facendo lo stesso. Ad esempio lo stesso Pogacar ha ridotto di molto i suoi impegni. Se vuoi essere competitivo per tutte e tre le settimane devi programmarle per tempo e risparmiare le energie perché ho imparato che il Giro consuma molto. La mia stagione poi non si fermerà certo alla corsa rosa…

A tal proposito, pensi di riprovare con la Vuelta? Lo scorso anno la tua esperienza spagnola è durata poco…

Sicuramente ho una grande voglia di riprovarci. Nel 2023 ero partito con le migliori intenzioni, ma tutta la preparazione è stata buttata via per colpa della caduta e della conseguente frattura della clavicola. La Vuelta per me è ancora da scoprire, uno stimolo molto forte al quale però penserò quando sarà il momento.

Per Zana una Vuelta 2023 sfortunata, appena 5 tappe con una caduta che l’ha estromesso anzitempo
Per Zana una Vuelta 2023 sfortunata, appena 5 tappe con una caduta che l’ha estromesso anzitempo
Prima di quella ci sono però le Olimpiadi. E’ vero che di posti a disposizione ce ne sono appena tre, pensi di poter comunque rientrare nella rosa se avrai prestazioni all’altezza al Giro e al campionato italiano?

Credo che il percorso per la sua conformazione sia più adatto a un altro genere di corridore, ma per ora voglio pensare al Giro. Se si paleserà la possibilità di guadagnarmi un posto mi farò comunque trovare pronto, questo è sicuro. La logica dice che non ho grandi speranze, ma in fondo un pensierino c’è…

Enervit (“complice” Suntimes) presenta il nuovo spot televisivo

11.03.2024
3 min
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In occasione della recente Strade Bianche – quale migliore coincidenza, verrebbe voglia di dire… – Enervit è tornata in televisione con un proprio originale spot per raccontare Tadej Pogacar, e i suoi successi, con il “behind performance” del talento sloveno. E a firmare questa coinvolgente campagna di comunicazione ha pensato ancora SUNTIMES, l’agenzia strategico-creativa milanese, ma dal cuore spezzino, legata ad Enervit già dal 2022.

Il nuovo spot Enervit, pensato da Suntimes e girato in Spagna a dicembre, parte dai successi a dir poco “stellari” centrati da Pogacar in passato, per poi svelarne i retroscena. Su tutti, l’attenzione minuziosa e costante ad ogni singolo e più piccolo dettaglio per arrivare nelle migliori condizioni in quei momenti decisivi che possono portare alla vittoria.

Una vera e propria narrazione ritmata e incalzante dei “Momenti per cui vivo” del corridore fenomeno del UAE Team Emirates. Lo spot, come già anticipato andato in onda per la prima volta sabato 2 marzo durante le Strade Bianche, sarà “on air” nei prossimi mesi con un’importante pianificazione sia su Eurosport che sui canali RAI. La stessa campagna vivrà contemporaneamente anche su digital e su social.

Con questa grafica, Enervit ha celebrato la vittoria di Pogacar alla Strade Bianche sui suoi social

Uno spot coinvolgente

«Siamo molto soddisfatti di aver girato, con un Ambassador come Pogacar, questo spot che in pochi secondi racconta ed emoziona – ha dichiarato Paolo Calabresi, il Direttore Marketing Sport & Fitness di Enervit – uno spot in grado di mostrare alcuni momenti intimi e intensi che sono dietro alle quinte della performance e delle vittorie di un campione davvero unico. In questi anni abbiamo instaurato un rapporto proficuo con tutto lo staff del Team UAE e con Pogacar stesso, per mettere a punto prodotti altamente innovativi che soddisfino appieno le esigenze del ciclismo moderno. Da questa collaborazione è difatti nata la nuova linea Enervit C2:1PRO».

«Siamo estremamente felici del percorso che stiamo facendo con la Divisione Sport di Enervit – ha ribattuto Francesco Pelosi, founder di Suntimes – perché la nostra è una partnership di assoluto valore che ci consente di sostenere la leadership di Enervit. E questo spot ne è in qualche modo la conferma. Durante il 2023, Tadej Pogacar ha fatto qualcosa di incredibile e da subito abbiamo pensato a come interpretare e valorizzare questo atleta. Abbiamo girato in tempi davvero… sfidanti, sulle strade spagnole attorno a Benidorm, in dicembre, ma grazie all’expertise verticale del nostro team sport siamo riusciti a costruire uno spot ingaggiante  e molto coinvolgente».

Enervit

EDITORIALE / Il fenomeno è solo uno, si chiama Pogacar

04.03.2024
5 min
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La bellezza di uno sguardo. Sono le 14,34, chilometro 134 di corsa, quando Pogacar si ritrova in testa nella seconda parte di Monte Sante Marie. Si volta e forse per un secondo il dubbio balena nei pensieri. Poi incrocia lo sguardo di Wellens, vede che dietro sono tutti in dolorosa fila indiana e i dubbi spariscono. E’ il momento dell’attacco, con il coraggio che si richiede a un leader che sia davvero tale. Si alza. Dieci pedalate e dietro si fa il buco.

La cavalcata dello sloveno verso la seconda Strade Bianche della carriera inizia così, con 81 chilometri davanti e la sensazione di averla fatta davvero grossa. Incontrerà nuovamente Wellens e il suo sguardo sei minuti dopo aver vinto. Nell’attesa (speriamo breve) che il ciclismo italiano trovi un Sinner, un Tomba, un Pantani o un nuovo Nibali, questo sloveno è un capitale da tenersi stretto.

Chiuso il cross con i mondiali, Van der Poel tornerà alla Sanremo. Forse vincerà, ma non vi sembra tutto un po’… freddo?
Chiuso il cross con i mondiali, Van der Poel tornerà alla Sanremo. Forse vincerà, ma non vi sembra tutto un po’… freddo?

Dove sono i fenomeni?

Qualcuno ha detto che gli è riuscita facile, non avendo fra i piedi rivali del suo livello: quelli che ugualmente piegò lo scorso anno al Giro delle Fiandre. Tuttavia, nel rigettare l’obiezione, cogliamo l’osservazione per andare oltre. Dove sono finiti i fenomeni?

Tempo fa, parlando con Bartoli dell’esuberanza di Van der Poel e Van Aert, giungemmo alla conclusione che prima o poi avrebbero dovuto darsi una regolata: il momento è arrivato. In realtà qualcosa ha iniziato a cambiare dallo scorso anno, quando proprio Van der Poel selezionò tre obiettivi – Sanremo, Roubaix e mondiale – e ad essi sacrificò il resto. Scordatevi il VdP della Strade Bianche e degli attacchi alla Tirreno. Mathieu usò la corsa dei Due Mari per prepararsi alla Classicissima, tirando le volate a Philipsen. Vinse la Sanremo e si portò avanti la condizione fino alle classiche: secondo ad Harelbeke e al Fiandre, primo a Roubaix. Anche il Tour diventò banco di prova per il mondiale: nessuna rincorsa alla maglia gialla o risultati parziali, ancora volate da tirare e alla fine ebbe ragione lui. A Glasgow si pappò la concorrenza con una superiorità imbarazzante.

Per Van Aert è arrivato il momento delle scelte: meno istinto e più programmazione: la resa sarà migliore?
Per Van Aert è arrivato il momento delle scelte: meno istinto e più programmazione: la resa sarà migliore?

Van Aert in crisi

Bettini l’ha detto chiaro e a ragion veduta, pur attirandosi i commenti degli altrui tifosi: Van Aert è sempre protagonista, ma cosa ha vinto? E Wout ha iniziato a far di conto, ritrovandosi nei panni di quelli che dal 1999 al 2005 sognarono di vincere il Tour. Bisognava specializzarsi, altrimenti contro Armstrong tanto valeva non andarci. Lasciamo stare il motivo di tanta superiorità, quel che scattò a livello psicologico nei rivali e nei loro tecnici somiglia molto a quanto sta mettendo in atto Van Aert.

Il Fiandre e la Roubaix sono un’ossessione, Van der Poel è il suo demone e per batterlo il belga ha cancellato tutto. Niente più corse dal 25 febbraio al 22 marzo: un mese in cui lavorare in altura per sfidare il rivale di sempre. Ha rinunciato alla Strade Bianche e alla Sanremo dicendo di averle già vinte: punterà tutto sui due Monumenti del Nord, poi verrà al Giro, ma con quali obiettivi? A Van Aert piace vincere, si butta dentro e si afferma anche non essendo al top, come a Kuurne. Ha scelto lui il nuovo programma oppure qualcuno lo ha scritto per lui?

Anche altri hanno evitato la sfida della Strade Bianche. E se “paperino” Pidcock è sempre lì che lotta e come nel cross alla fine gli tocca accontentarsi delle briciole, la scelta di puntare sulla Parigi-Nizza ha fatto sì che a Siena mancassero Bernal, Evenepoel, Roglic e lo stesso Moscon. Mentre Vingegaard, atteso alla Tirreno-Adriatico, ha preferito lasciare spazio alle riserve della Visma-Lease a Bike, che non sono state all’altezza dei capitani. Il campione europeo Laporte è arrivato oltre i sei minuti e gli altri ancora più indietro.

Ironia, buon umore, leggerezza: questo atteggiamento di Pogacar non passa inosservato (foto Instagram)
Ironia, buon umore, leggerezza: questo atteggiamento di Pogacar non passa inosservato (foto Instagram)

Benedetto sia Pogacar

In tutto questo programmare, necessario per raggiungere gli obiettivi e avere una carriera più lunga, Pogacar resta un’eccezione. E’ vero che non prenderà parte alla Tirreno e non è alla Parigi-Nizza, ma lo vedremo alla Sanremo, alla Liegi, al Giro, al Tour, alle Olimpiadi e ai mondiali, con mezza porticina sulla Vuelta che non si chiude perché non c’è necessità di farlo ora. La differenza rispetto a Van der Poel, è che Pogacar lotterà per vincere in ciascuna di queste corse, unico esempio di uomo da grandi Giri che vince anche le classiche, in attesa che Evenepoel individui la sua strada.

Pogacar piace perché preferisce allenarsi piuttosto che correre in modo deludente, ma quando corre lascia il segno. Al netto delle grandi vittorie e delle sconfitte che probabilmente si troverà a vivere, il vero fenomeno è lui. Gli altri sono grandi atleti, grandissimi atleti, con motori impressionanti, ma con qualche deficit a livello di empatia.

L’anno del Covid ha falsato il contesto, perché ha permesso a pochi di essere in forma nelle pochissime gare disputate. Ora che i calendari sono nuovamente pieni, anche i fenomeni degli anni scorsi hanno capito di non poter fare tutto. Solo Pogacar continua a tenere l’asticella molto in alto. Che sia per talento, incoscienza o per il piacere di correre in bici, noi ce lo teniamo stretto. Non sarà italiano e probabilmente anche al Giro non incontrerà avversari del suo livello, ma da che mondo è mondo, la colpa è degli assenti. Chi vince ha sempre ragione.

Francesco Busatto, debutto tra i giganti senza paura

04.03.2024
5 min
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SIENA – Sotto al fango si nasconde un sorriso profondo sul volto di Francesco Busatto. Il ragazzino della Intermarché-Wanty all’improvviso si è ritrovato tra i giganti. In una corsa storica già di suo ed esaltata dall’impresa di Tadej Pogacar, c’è anche lui… al debutto nel WorldTour.

Il campione italiano under 23 e re della Liegi 2023, firma autografi e racconta non senza stupore. «Era già tanto stare lì, ritrovarmi con i più forti poi… Non pensavo neanche io ad un debutto così. Sono contento. La Strade Bianche è la mia gara preferita. Ero felicissimo di essere  davanti, poi quando ero lì la motivazione è aumentata».

Francesco Busatto (classe 2002) firma autografi in Piazza del Campo. La Strade Bianche è stata la sua prima gara WT
Francesco Busatto (classe 2002) firma autografi in Piazza del Campo. La Strade Bianche è stata la sua prima gara WT

La sua corsa

Regna stupore dunque in Busatto. Ed è normale. Ha tagliato il traguardo tra Healy e Wellens. Madouas e Bardet. Il veneto è passato quest’anno nelle file della prima squadra. Prima faceva parte della devo belga. Ha affrontato un buon inverno. «Un inverno con più chilometri, più intensità perché con certe corse non si scherza. E la differenza l’ho avvertita. Ma anche prima delle corse perché un anno in più si è fatto sentire».

E infatti la sua stagione è iniziata benone. Il quinto posto alla Muscat Classic diceva di un ragazzo che aveva lavorato bene. E che sa correre. Anche lo scorso anno, quando Francesco ci ha raccontato del tricolore, aveva ragionato con grande lucidità, nonostante l’acido lattico che offusca i pensieri. Anche questa è una delle doti di un campione.

«Ho cercato di stare davanti – spiega Busatto in Piazza del Campo – per risparmiare più energie possibili, evitare buchi e cadute. Non ero in grado di seguire gli uomini migliori, ma di tenere duro e cercare di portare il miglior risultato possibile. Però sono fiducioso, per le prossime corse e per i prossimi anni.

«Sul Monte Sante Marie quando ho visto che ero rimasto davanti con 20-25 corridori mi sono detto: Cavolo, qui si può far bene veramente. Mentre ho sofferto parecchio sul Colle Pinzuto. Lì, mi sono staccato dai primi dieci. A quel punto ho continuato a cercare di fare del mio meglio. Ma negli ultimo 30 chilometri è stata una lotta con i crampi».

Non solo, Busatto racconta di un “piccolo” rimpianto. Nel settore prima di Sante Marie ha forato. «In pratica sono rimasto dietro. Eravamo rimasti uno per uno. Mi sono ritrovato con Bardet, Huiguita… per rientrare. Devo ringraziare Colleoni che mi ha dato un bella mano. Solo che per tornare in gruppo ci ho messo 20 chilometri e ho speso davvero tanto. Magari si poteva entrare nei primi dieci».

La corsa del veneto ha avuto qualche intoppo (foratura delle ruota posteriore) ma Francesco non si è fatto intimorire
La corsa del veneto ha avuto qualche intoppo (foratura delle ruota posteriore) ma Francesco non si è fatto intimorire

Testa da campione

All’arrivo la classifica dice : 14° a 6’26” da Pogacar: lui, Lenny Martinez e Romain Gregoire sono stati i più giovani a concludere la Strade Bianche. Certo, quel gap può fare spavento, ma se poi vedi gli altri ti puoi consolare. Tuttavia chi mira a vincere però guarda la testa della corsa.

«Almeno per il momento – dice Busatto – Pogacar è irraggiungibile. Io cerco di lavorare il meglio possibile e vedremo di ridurre questo gap. Cosa mi insegna la Strade Bianche? Che devi crederci sempre, fino alla fine. La questione è tutta lì. Tutti alla fine siamo cotti e diventa solo una questione di testa. Chi ci crede di più porta a casa il risultato migliore. E poi mi dà un po’ di maturazione in più».

Tra l’altro mentre parla sembra recuperare meglio di tanti altri intorno. C’è chi si accascia sulla bici. Chi addirittura si getta a terra e ha bisogno di assistenza, come Healy. Sarà la felicità, ma Busatto è palesemente il più fresco di coloro che ci sono attorno.

Busatto in azione. A prima vista una grande facilità di pedalata e di scioltezza sugli sterrati (foto Lisa Paletti)
Busatto in azione. A prima vista una grande facilità di pedalata e di scioltezza sugli sterrati (foto Lisa Paletti)

Sopralluogo in solitudine 

Prima Francesco ha parlato della Strade Bianche come la sua corsa preferita. Ci teneva molto a questo suo debutto nel WT. Sentite cosa ha combinato.

«Due settimane fa – prosegue Francesco – sono venuto qui da solo. Ho provato gli ultimi 120 chilometri proprio perché ci tenevo molto. Devo dire che in allenamento con velocità più basse gli strappi mi sembravano più duri. Per assurdo in corsa è stata più facile! La squadra me l’aveva messa in calendario. Ma se non lo avesse fatto, avrei alzato la mano e credo non ci sarebbero stati problemi perché sono flessibili e credono molto in me.

«Avere vicino due corridori come Rota e Petilli è stato un bell’aiuto, mi hanno dato consigli. Petilli è un gran limatore. Non si tratta solo di prendere i settori davanti, ma di fare le linee giuste, stare riparati e comunque navigare nelle prime posizioni. Certe volte meglio spendere un po’ prima ma stare davanti, che poi spendere dopo per recuperare.

«E anche aver potuto vedere da dentro Rui Costa l’anno scorso (l’ex iridato fu quarto, ndr) mi ha consentito di imparare molto. Vedevo come correva. Tutti loro per me sono stati fondamentali. In più d’inverno esco spesso in mtb e forse sullo sterrato mi sono trovato bene anche per quello. Mi diverte guidarci».

Ancora una volta Francesco colpisce per la sua lucidità. La sua voglia d’imparare. Guardate che non è banale quella frase su Rui Costa. Dice di un ragazzo attento, che studia, incamera, riflette.

A ruota di Pidcock. Chissà che adrenalina per Francesco… (foto Simona Bernardini)
A ruota di Pidcock. Chissà che adrenalina per Francesco… (foto Simona Bernardini)

Sognando il Fiandre

Da domani lo vedremo alla Tirreno-Adriatico. Poi dovrebbe tirare un po’ il fiato. Niente Giro d’Italia dunque, dove è inserito come riserva. Ma un talento così, consentiteci di dire, va gettato nella mischia. Anche perché i tempi sono quelli che sono e i giovani li vediamo cosa combinano. E Busatto ci sembra più pronto di tanti altri.

«Mi piacerebbe fare il Giro – saluta – c’è anche una tappa vicino casa, quella del Monte Grappa e avrei tanto tifo. Comunque ci sono tante corse belle. Penso al Giro di Svizzera, che potrebbe essere adatto alle mie caratteristiche. Un sogno è quello di correre da qui a breve il Giro delle Fiandre».